Tolkien e gli Inklings: Diario dalla Francia – 2

Cerisy: Anne Besson e Vincent FerrèGiorno 2
Mattina coperta, con nuvole, ma niente pioggia. Temperatura calda, ma migliore di quella italiana. Il mare è solo a venti chilometri e questo aiuta, perché il vento c’è sempre. Un programma molto fitto oggi ha permesso di avere ben cinque interventi, con i momenti di dibattito che durano quasi quanto i rispettivi interventi!

1) Irène FERNANDEZ: Une lecture sceptique de Narnia – [Una lettura scettica di Narnia].
Fernandez è un po’ la decana degli studi di letteratura fantastica in Francia. Diplomata alla “Scuola Normale Superiore” di Parigi, docente associata di filosofia, esperta soprattutto di C.S. Lewis (sono suoi i maggiori studi critici in lingua francese), è autrice di articoli di teologia e bioetica. In Italia è stato pubblicato il suo “La spiritualità del Signore degli Anelli” (Et si on parlait… du Seigneur des Anneaux – Ellenici 2003, pp. 96, 8 euro). L’intervento è stato purtroppo noioso, un po’ per lo stile, un po’ per l’argomento, un po’ per l’esposizione poco lineare. In estrema sintesi, Fernandez ha cercato di convincere il pubblico in sala che il mondo descritto nelle Cronache di Narnia è “l’espressione letteraria del desiderio di Lewis di un posto perfetto”. Citando Lévi-Strauss e il saggio “Sulle Fiabe” di Tolkien, ha spiegato come il desiderio di comprendere la natura, che può funzionare solo nei mondi pre-industriali (la maggioranza di quelli della letteratura fantastica) è un anelito dell’umanità. Lewis amava Spenser. Narnia non è solo l’attuazione di un topos letterario: è una esperienza sensoriale , una “sospensione involontaria dell’incredulità”, come scriveva Tolkien. Narnia è “il sogno universale di giardino felice”, per citare Lewis, un mondo Altro che non non è religioso, ma di fantasia. Per questo una lettura scettica del ciclo è l’unico modo per apprezzare l’opera come una poema, come letteratura, che le conferisce la sua forza teologica.

2) Marguerite MOUTON: J.R.R. Tolkien et la création d’une “Langue Commune” [Tolkien e la creazione di una « Lingua Comune »]. Mouton è dottoranda all’Università di Parigi XIII, sotto la supervisione di Vincent Ferrè. Il suo intervento è stato caratterizzato dal rigore teorico, quasi “desaussuriano” (cioè della fedeltà all’inventore della linguistica De Saussure) dell’approccio linguistico alla “Lingua Comune” nelle opere di Tolkien. Le lingue partecipano pienamente alla creazione de mondo immaginario di Tolkien. Anzi, ne sono l’origine, come spiega bene lo stesso autore in più occasioni nelle lettere. Ma il dibattito critico su di lui è dominato da una mitizzazione della scrittura dell’autore. Non ci sono studi sul funzionamento lessicale dell’inglese usato nel Signore degli Anelli. Una critica comune è che il suo lavoro sarebbe anacronistico o acronico. Non è così: la percentuale di brani di linguaggi inventati in SdA è in realtà molto bassa. Gli Hobbit non hanno una lingua e questo giustifica il fatto di scrivere SdA in inglese. Lo studio è basato sul lessico della lingua usata da Tolkien, che rende un specifica un’opera letteraria. Ad esempio, il termine “song” (“canzone”) in SdA ha molti usi a seconda dei diversi contesti. “Song” a volte è applicato a una poesia recitata nella tradizione medievale, altre semplicemente per una musica… Queste parole polisemiche con differenti connotazioni culturali sono problematiche nella traduzione.
L’immagine dell’Uomo sulla luna nelle avventure di Tom Bombadil è ispirata a una tradizione medievale. Ma il termine “song” per la canzone dell’Uomo sulla luna fatta al Puledro Impennato
non è tradizionale. Nel mondo immaginario, come parte della storia c’è l’autore della canzone, Bilbo, e anche la dimenticanza di alcune parole. Viene citata M.A. Paveau e la teoria del discorso aperto: l’accumulo dei diversi contesti in cui appare il termine “song”. Il discorso è stato ancora più lungo, interessante e approfondito, con tanto di schema linguistico finale, che ha messo in evidenza un paradosso: la continua revisione e riscrittura del romanzo da parte dell’autore, ha pregiudicato la realizzazione di una “lingua comune” dello scrittore. Unica nota dolente dell’intervento: non è stato esaminato l’apporto su Tolkien delle teorie linguistiche di Owen Barfield.

3) Nicole GUÉDENEY: Le Seigneur des Anneaux ou comment survivre au désespoir et à la peur: une lecture par la théorie de l’attachement [Il Signore degli Anelli, o come sopravvivere alla disperazione e alla paura : una lettura attraverso la teoria dell’attaccamento]. Nicole Guedeney è una neuropsichiatra infantile, lavora in un ospedale ed è dottoressa in scienze presso l’Institut Mutualiste Montsouris di Parigi, Francia. È autrice di numerosi libri e articoli di psicologia. Esperta soprattutto di teoria dell’attaccamento, sviluppata dallo psichiatra inglese John Bowlby, che in questo caso ha voluto applicare al Signore degli Anelli. Stati d’animo come paura e disperazione si verificano quando qualcuno si trova ad affrontare situazioni d’isolamento e pericolo. Tutti i personaggi in SdA provano la paura, e ci sono diverse situazioni: isolamento, minaccia di separazione, luoghi sconosciuti… sono tutte emozioni associate a un malessere, la vulnerabilità è provata anche dal più forte. Contenere la paura è un compito centrale del bambino umano, che ha bisogno di adulti che lo aiutino. È una regolazione dei rapporti interpersonali. Quali personaggi agiscono come figure paterne di attaccamento in SdA? Gandalf, Galadriel, Aragorn, Faramir… La loro semplice menzione può rivelare questo ruolo, come accade quando Merry catturato dagli Orchi invoca il nome di Strider. Non ci sono solo relazioni adulto/bambino, ma anche relazioni paritetiche, a coppie: Merry/Pipino, Frodo/Sam, Gimli/Legolas… tutti gli eroi nell’opera si trovano in difficoltà in alcuni momenti e chiedono l’aiuto di chi è più forte o più saggio che rispetto. E chiedono aiuto in modo esplicito. Nel suo incontro con Saruman Gandalf pensa anche a Frodo e Sam; nella tana di Shelob Sam si prende letteralmente cura di Frodo, fisicamente. È un sistema tipico del dare assistenza da parte del “soccorritore”: nel libro, i personaggi che offrono assistenza sono molto attenti a coloro che proteggono, soprattutto se c’è un legame di parentela o amicizia. Il discorso è stato ancor più lungo e ha toccato molti altri punti. Il dibattito finale è stato serrato e una quasi spontanea “standing ovation” ha concluso l’incontro.

4) Chloé DOTTOR: L’intertexte médiéval de Tolkien, autour de la sagesse et de la folie [L’intertesto medievale di Tolkien, autore di saggezza e di follia]. Dottor è dottoranda all’Università di Parigi XIII, sotto la supervisione di Vincent Ferrè. Nel Medioevo, la pazzia non si oppone alla ragione, ma per saggezza. Nelle opere di Chétien de Troyes, nella leggenda di Tristano e Isotta, gli archetipi della follia e della saggezza sono speculari, ma si completano a vicenda. Nell’intervento sono stati presentati diversi episodi in cui follia e saggezza tipica dei testi medievali sono presenti nelle opere di Tolkien, in particolare del Signore degli Anelli. La follia è differenziata per gradi, da una semplice incoerenza, ad eccesso, fino al caso della demenza.

5) Michaël DEVAUX: Lire Le Seigneur des Anneaux avec C.S. Lewis [Leggere il Signore degli Anelli con C.S. Lewis]. Michaël Devaux insegna filosofia dell’educazione presso la IUFM di Alençon e insegna le opere di Tolkien collegio des Bernardins a Parigi. Presiede l’associazione  “La Compagnia
della Contea” e dirige la rivista amatoriale “La Feuille de la Compagnie”. Ha curato due volumi: “Tolkien, les racines du légendaire” (2003) e co-editato “Tolkien aujourd’hui” (2011). Vecchio marpione, ha cambiato il tema della conferenza all’ultimo momento (doveva tenere “Tolkien et la philosophie”), riciclando un intervento che ho già letto da qualche parte… Comunque, dopo la pubblicazione del Signore degli Anelli nel 1954, Lewis scrisse che il libro era già paragonabile ad Ariosto. Deveaux ha proposto di studiare le possibili letture del libro in base ai criteri definiti in “Una esperienza nella critica letteraria” (1961). In che modo Il Signore degli Anelli è buona letteratura per Lewis? Deveaux ha ripreso uno per uno gli elementi cruciali della sua teoria della critica per considerare i diversi tipi di lettura che si possono fare del volume,  evidenziando anche tutti i livelli in cui ci si può identificare.

Dopo oggi, due giorni di pausa: domani si va a Mont Saint Michel e domenica al museo di Bayeux per vedere il famoso arazzo!

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3 Comments to “Tolkien e gli Inklings: Diario dalla Francia – 2”

  1. Gwindor ha detto:

    Bella la nota sui voti senza i voti :-)))))

  2. redazione ha detto:

    I voti sono stati eliminati dopo che qui si è diffusa la notizia che facevamo un reportage giornaliero! 😛

  3. Gwindor ha detto:

    Mi sembra una mossa diplomatica condivisible 🙂

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