Hobbiton XX, Comastri: «L’elfico che passione»

Linguisti: Gianluca ComastriInizia oggi la Hobbiton di Montefiorino, organizzata dalla Società Tolkieniana Italiana (ne avevamo già scritto qui). Montefiorino fu il centro dell’omonima Repubblica Partigiana, il primo tra i più noti territori che durante la Resistenza riuscirono a liberarsi militarmente dall’occupazione nazifascista. Il paese sull’Appennino per tre giorni, dal 13 al 15 settembre, ospita ora la manifestazione ricca di eventi, mercatini e spettacoli, interamente dedicata agli appassionati di J.R.R. Tolkien. È quindi l’occasione giusta per ascoltare Gianluca Comastri, che terrà sabato un incontro su Le lingue degli Elfi della Terra di Mezzo oltre a vere e proprie lezioni linguistiche (il programma si può leggere qui).

Studiare le lingue elfiche

Libro: La Numerazione degli Elfi e la trasmissione del pensieroStudioso, ricercatore, Gianluca Comastri è un personaggio noto ai nostri lettori. È presidente di Eldalie, un’associazione tolkieniana particolarmente dedita allo studio delle lingue elfiche. E questo è il campo di studio specifico del suo presidente. A gennaio a Modena, all’interno del corso Con Lo Hobbit alla scoperta di Tolkien, presso la sede dell’Istituto Filosofico di Studi Tomistici, Comastri ha tenuto un intervento dal tema: Le lingue nella Terra di Mezzo (ne avevamo parlato qui) ed eventi simili si sono svolti il 9 giugno, presso la Società Operaia di Porto San Giorgio e il 9 luglio a Serravalle, il castello più popoloso ed esteso di San Marino (ne avevamo parlato qui). Inoltre, Comastri ha messo a disposizione la sua competenza in campo linguistico al Gruppo di studio che ha portato alla pubblicazione de La trasmissione del pensiero e la numerazione degli Elfi della casa editrice Marietti
1820
. E, fatto ancor più importante,  il 27 e 28 aprile a Lanuvio (Roma), ha organizzato il primo seminario sulle lingue tolkieniane, «Le lingue e i canti degli Elfi». (ne avevamo parlato qui) Possiamo, quindi, approfondire un aspetto poco noto delle opere dello scrittore inglese: la creazione e lo sviluppo dei principali linguaggi della Terra di Mezzo!

L’intervista

Studiosi: Gianluca ComastriChe cosa è la linguistica tolkieniana?
«Penso che la risposta a questa domanda sarà più chiara alla fine di questa nostra chiacchierata; un eventuale preambolo rischierebbe di essere o troppo lungo o troppo incompleto».

Cosa ti ha portato a occuparti di lingue elfiche?
«Nella seconda metà degli anni ’90, quando iniziai ad armeggiare su internet, presi a cercare informazioni e documentazione sulle opere di Tolkien. A quei tempi, come ricorderete bene, parlare di studi tolkieniani in Italia era pionieristico: in libreria vi era ben poco oltre alle opere classiche e a quei tempi non frequentavo ancora ambienti come la Società Tolkieniana Italiana. Navigando però mi accorsi ben presto che per quanto riguarda l’estero le cose erano molto diverse e vi erano già vari siti web che trattavano, a vario livello di approfondimento, spunti e tematiche legate al ciclo della Terra di Mezzo. Naturalmente, come tutti i lettori, ero rimasto colpito dalle citazioni in lingue degli Elfi ma non pensavo assolutamente di farne un campo di interesse primario, non avendo alle spalle studi specifici né particolari passioni del genere. Però accadde che, mentre cercavo cronache e storie dei popoli elfici, mi imbattei nel sito Ardalambion. Lì venni traumaticamente a conoscenza del fatto che le lingue dei Popoli Liberi erano parte integrante, addirittura centrale, della loro storia. Capii d’impatto che per cogliere l’essenza intima della narrazione non potevo non considerare l’aspetto delle lingue. Poi, leggendo gli articoli introduttivi di quel sito, venni a conoscenza di come era maturata in Tolkien la visione della Terra di Mezzo, una visione che mosse essenzialmente dalle lingue. Decisi così, in preda a un misto di curiosità (per la particolarità dell’argomento e per l’importanza che vi diede Tolkien) e d’irritazione (per il fatto di dovermi muovere in un ambiente che non era affatto il mio) che era indispensabile approfondire l’argomento».

Che senso ha, al giorno d’oggi, studiare una lingua inventata da uno scrittore? Cosa avrebbe da insegnare alla dimensione digitalizzata che viviamo?
«Purtroppo o per fortuna, i tempi sono cambiati. Ai giorni nostri nessuno potrebbe più comporre opere letterarie come faceva Tolkien e sperare di vederle pubblicate – e in effetti nessuno lo fa. Non sono affatto un esperto di letteratura, ma che io sappia non esistono altri universi letterari in cui l’aspetto linguistico abbia una preminenza simile e una centralità paragonabile a ciò che il Quenya o il Sindarin rappresentano per gli Elfi della Terra di Mezzo. Di certo, le lingue della Terra di Mezzo piacciono anche perché sono belle, una mirabile sintesi di tecnica ed estetica. Proprio per non farci omologare dalla
digitalizzazione furente odierna, è indispensabile saper mantenere il gusto per il bello in tutte le sue forme, suggerimento che Tolkien inserisce fra le righe praticamente di ogni sua pagina».

Lingue: tabella delle lettereIn quale contesto internazionale lo studio della linguistica tolkieniana è particolarmente vivace?
«Beh, basta varcare le Alpi per rendersi conto che in tutto il resto d’Europa e negli Stati Uniti non è raro imbattersi in iniziative e pubblicazioni legate alle lingue di Arda. Nel Belpaese conosciamo i libri di Edouard Kloczko, che anni addietro sono stati tradotti in italiano, ma opere analoghe hanno visto la luce anche in Spagna e in Germania. Uno dei siti web più ricchi di materiale linguistico, soprattutto opere originali in prosa e versi, è polacco (all’interno della Elvish Linguistic Fellowship).  Ardalambion è opera di un autore norvegese, uno dei maggiori sindarinisti di sempre è quel David Salo che Peter Jackson ha pensato bene di coinvolgere per i dialoghi originali inseriti nei film. Insomma, ovunque nel mondo occidentale esiste uno studioso o un gruppo di studio che attende con impazienza l’uscita di nuove pubblicazioni da parte di Carl Hostetter, su Parma Eldalamberon o su Vinyar Tengwar, per aggiornare grammatiche e dizionari con le esclusive che è periodicamente autorizzato a diffondere».

Può dirci il nome di almeno un linguista per cui hai particolare considerazione?
«Naturalmente Helge Fauskanger, l’autore di Ardalambion. Relativamente al Sindarin, credo ci si debba inchinare alla perizia di Didier Willis che ha compilato i dizionari a cui tutti fanno riferimento, inserendoli in una griglia web che permette consultazioni e filtraggi pressoché per ogni esigenza».

Ci spieghi meglio dove le tue “posizioni” sono più vicine a quelle di questo linguista e in quali aspetti differiscono?
«Premetto che io non azzardo a formulare teorie “mie” sugli aspetti linguistici meno definiti, non essendo titolato. In generale trovo che sia più stimolante l’approccio che parte dai materiali originali di Tolkien per arrivare a ipotizzare, quando esempi e regole inferite lo rendono possibile, di completare almeno parzialmente le lacune dei materiali originali stessi: questo approccio mira ad ottenere forme di NeoQuenya e NeoSindarin (le altre lingue non si possono approfondire più di tanto) che, nel pieno rispetto delle regole di Tolkien ed evidenziando a dovere le forme ricostruite non originali, permetta di arricchire il patrimonio linguistico disponibile. Fauskanger è un deciso fautore di questa metodica».

Lingue: a lezione di elficoIn decenni di ricerca nel campo qual è la lezione più importante che hai imparato?
«Che buone intuizioni possono averne tanti, ma la verità in
tasca, tolto Tolkien (che pure era solito cambiare idea ripetutamente anche su concetti già di pubblico dominio…), non l’ha nessuno. Quindi è più utile confrontarsi e ragionare apertamente sulle rispettive conclusioni piuttosto che, poniamo, rifiutare ogni contatto con chi la pensa diversamente – c’è chi lo fa e, ovviamente, si tratta degli studiosi più ortodossi e appiattiti sulla fedeltà assoluta ai materiali originali».

Cosa è cambiato nello studio della linguistica tolkieniana in questi anni?
«In Italia se ne è acquisita maggior consapevolezza, nonostante il fatto che noi non siamo affatto un popolo versato nello studio delle lingue. All’estero mi sento di poter dire che ha via via acquisito la dignità di vera e propria materia di studio tolkieniano. D’altronde ricorderete che anche il Gruppo di studio (di cui con voi faccio parte), nel redigere La trasmissione del pensiero e la numerazione degli Elfi, dovemmo fare i conti col fatto che Tolkien inseriva riferimenti in lingue elfiche pressoché in ogni suo appunto esplicativo».

Che spazio trova la linguistica tolkieniana in Italia? Ci sono altri studiosi che se ne occupano?
«Ahinoi, non più. Dieci anni fa la situazione era diversa, sulla ruota dell’entusiasmo per la prima trilogia cinematografica alcuni nomi si misero in evidenza per la loro propensione alle lingue elfiche: Ilaria Gelichi e Alberto Ladavas per il Sindarin, Luca Timponelli con un compendio grammaticale sul Quenya che ancor oggi gira in rete ed è apprezzato per l’immediatezza con cui tratta i vari argomenti, Ugo Truffelli che con la sua spietata attenzione alle cronologie e alle fasi compositive tolkieniane rifiuta qualsiasi concetto di sintesi finale… Probabilmente, dopo la traduzione in italiano degli articoli e del corso di Quenya di Ardalambion (entrambi da rivedere da tempo, ammetto pubblicamente i miei ritardi), che sono testi molto corposi ed esaustivi, molti hanno pensato che non vi fosse più nulla da aggiungere. Invece l’ideale sarebbe che si formasse un gruppetto italiano che riprendesse un po’ le fila dei discorsi e delle nuove uscite linguistiche degli ultimi anni: inoltre, siccome la maggior parte degli studi viene dal mondo anglofono, si potrebbe riadattare la presentazione dei materiali linguistici per renderli più comprensibili ai lettori italiani. Insomma, ci sarebbe molto da fare anche per noi».

Lingue: un momento della Conferenza OmentielvaQual è il metodo più veloce ed efficiente per imparare una lingua elfica?
«Il metodo più intuitivo consiste, secondo me, nel prendere familiarità con le frasi e con i testi contenuti nelle opere principali (Il Signore degli Anelli e il Silmarillion prevalentemente) per poi confrontarle con la loro traduzione commentata. Questo già è sufficiente a dare un’idea di come funzionano le lingue elfiche e, in genere, invoglia ad andare oltre, iniziando a consultare le note grammaticali e i dizionari per ampliare un po’ gli orizzonti. Successivamente, chi si sentisse portato a
uno studio più organico potrebbe studiare i corsi reperibili in rete. Il corso Quenya di Ardalambion è sufficientemente completo e strutturato, il corso di Sindarin sul citato gruppo all’interno della Elvish Linguistic Fellowship è un po’ meno ricco a causa della minor disponibilità di note di Tolkien in merito al funzionamento del Grigio-elfico».

Quali consigli ti senti di dare a chi vuole iniziare a studiare le lingue elfiche?
«Altra domanda trabocchetto: sappiamo bene che i consigli son doni pericolosi e tutto il resto. Posso solo dire che rispondo volentieri alle domande e ai dubbi di chi si accinge a parlare elfico, quindi diamo pure i miei recapiti. Aggiungo che può essere utile, anche se non è affatto indispensabile, imparare a scrivere l’elfico in Tengwar: è un esercizio che in qualche modo porta a “pensare in elfico” e quindi può rendere più fluente l’apprendimento dei meccanismi di costruzione delle parole e delle frasi».

Quali sono le domande più frequenti che i tuoi studenti ti rivolgono?
«Premesso che studenti “miei” veri e propri non ne ho ancora avuti, nel senso che un vero e proprio corso continuativo su più lezioni non ho ancora avuto modo di tenerlo, in genere le domande più comuni che mi vengono rivolte riguardano la traduzione di semplici frasi di uso comune: saluti, auguri e simili. C’è anche una certa curiosità nei confronti delle parolacce, ovviamente. Non sono affatto domande banali, però, perché danno modo di spiegare come certi modi di dire e certo frasario siano intimamente legati alla cultura e al modo di pensare di un dato popolo: in tal modo riesco a dare un senso pratico al concetto di “pensare in elfico” cui accennavo pocanzi».

Chiunque volesse studiare le lingue elfiche o unirsi al nuovo progetto dell’Associazione romana studi Tolkieniani può scrivere all’indirizzo mail. Per qualsiasi dubbio sulle lingue elfiche si può contattare direttamente  l’esperto Gianluca Comastri all’indirizzo gianluca.comastri@jrrtolkien.it

ARTICOLI PRECEDENTI:
Scrivere in elfico
Le lingue elfiche al corso di Modena
Tolkien a San Marino: un omaggio allo Hobbit
Lingue elfiche: il primo seminario anche in Italia

LINK:
– Vai al sito dell’associazione tolkieniana Eldalie
– Vai al sito di Ardalambion
– Vai al sito della Hobbiton XX

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