«La musica e Tolkien? È un intero universo»

OrchestraNon esiste solo Howard Shore. Se c’è un binomio consolidato è proprio quello tra la musica classica e le opere di J.R.R. Tolkien. Fin dal 1967, quando con l’approvazione dello stesso scrittore inglese, Donald Swann scrisse un ciclo di canzoni per le poesie del Signore degli Anelli, sono stati moltissimi i compositori che hanno creato intere sinfonie tolkieniane. Tra i primi Leonard Rosenman che compose la colonna sonora per i cartoni animati di Ralph Bakshi traendone poi quattro composizioni, a Johan de Meij che dal 1984 al 1987 compose una sinfonia in 5 movimenti separati, ognuno per un personaggio o un episodio del libro, da uno dei più importanti compositori di musica classica della Finlandia, Aulis Sallinen, che nel 1996 musicò la Sinfonia No. 7, «The Dreams of Gandalf», per la Göteborg Symphony Orchestra, fino alla Tolkien Ensemble, che con l’approvazione della Tolkien Estate pubblicò quattro album dal 1997 al 2005 con l’obiettivo di creare «la prima interpretazione musicale completa del mondo delle poesie e canzoni del Signore degli Anelli». Insomma, la musica classica tolkieniana ha una lunga tradizione e lo stesso Howard Shore, in maniera simile alla cantata sinfonica che Sergej Sergeevič Prokof’ev trasse dalla sua colonna sonora per il film Aleksandr Nevskij, ha recentemente completato una revisione in un contesto sinfonico della musica da lui scritta per la trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson.
Sinfonia del Signore degli Anelli Howard ShoreLa composizione di Shore è intitolata The Lord of the Rings Symphony: Six Movements for Orchestra & Chorus, ha esordito in prima mondiale nel 2003 a Wellington, in Nuova Zelanda, e da allora ha collezionato una serie lunghissima di esecuzioni in tutto il mondo, conclusasi soltanto a fine 2012. In occasione della lezione del corso di Modena dedicata alla Musica nella Terra di Mezzo, ne parliamo con il relatore, Edoardo Volpi Kellermann, che è un musicista e un compositore tolkieniano.

L’intervista

Compositori: Edoardo Volpi KellermannHai sempre suonato o è una passione nata in età adulta? «La passione nacque quando avevo 9
anni, non ricordo come o perché. Mi “fissai” che volevo suonare pianoforte, nonostante i dubbi dei miei genitori. Ero sempre stato molto sensibile alla musica: da bambino tutte le volte che iniziavano i programmi RAI ascoltavo l’ouverture dell’Otello e piangevo come una fontana…». Si può dire esista una musica classica tolkieniana? «Direi di sì, nel senso che molti autori (fra i quali il sottoscritto) hanno utilizzato canoni classici per i loro brani ispirati alla Terra di Mezzo. Ma anche molto Rock, molto Metal, molto Folk, anche Jazz e altre interessanti contaminazioni. Nella musica tolkieniana esiste la complessità musicale di un intero mondo». Cosa ti ha portato a occuparti di musica tolkieniana? «Questo lo ricordo bene. Andai al cinema a vedere il cartone animato Il Signore degli Anelli di Ralph Bakshi e ne rimasi colpito, nonostante la confusione del finale. Poi un amico mi consigliò di leggere il libro e ne fui talmente sconvolto che iniziai a comporre musica. Ero al 6° anno di conservatorio e fino ad allora non avevo mai scritto qualcosa di mio. Il libro mi mandò letteralmente in crisi. Avevo 17 anni e la realtà della Terra di Mezzo mi appariva molto più bella e reale di quella quotidiana. La musica fu una specie di portale per rientrare in quel mondo così “autentico”». Ci spieghi meglio la tua teoria circa la musica nelle opere di Tolkien? «Più che una teoria è una proposta stilistica. Da una parte, sono rimasto colpito da come Tolkien sia l’autore moderno che più in assoluto ha ispirato musica: d’altronde ha creato un intero corpus mitico che, volenti o nolenti, ha permeato il nostro immaginario. Dall’altra, ho maturato la convinzione che Tolkien ci abbia semplicemente mostrato una strada per recuperare un contatto autentico con le nostre “radici profonde” come esseri umani “parte di un tutto”, di una natura che non è più qualcosa da temere o da dominare, ma qualcosa a cui appartenere. E la musica, come linguaggio universale, ha la capacità di rinforzare tale messaggio, di rendere la strada più ampia e più percorribile.Ecco perché ritengo che nessuno stile musicale si possa arrogare il diritto di definirsi “la giusta musica per la Terra di Mezzo”. Ognuno utilizzi lo stile che più gli corrisponde, la ricchezza di un mondo non può essere inscatolata. L’importante è non travisare il messaggio, non trasformare la “fantasia” in “morbosa illusione”». Se dovessi definire il ritmo nella musica tolkieniana, cosa diresti? «Un ritmo complesso, incalzante in alcuni punti, lento e sognante in altri, il respiro di un intero universo narrativo. Anche i libri di Tolkien hanno i loro ritmi (molti li trovano “noiosi”. Magari gli stessi che trovano “noiosa” la musica classica?) e su questi ritmi ci si deve basare. Esiste cosa più bella di avere a disposizione una tavolozza di milioni di colori? Ecco, per la musica ispirata alla Terra di Mezzo è lo stesso, perché la Terra di Mezzo “è”». Volpi Kellerman: concerto a CourmayeurQuando si pensa a un compositore, lo si immagina sepolto tra spartiti e note, immerso nella scrittura davanti a un pianoforte. Come lavori davvero? «Sono un nerd nel senso più classico del termine. Nel 1992 a Courmayeur, quando suonai alla serata inaugurale del Fancon/Italcon, credo di avere presentato uno dei primi “concerti multimediali” in Italia… suonavo il pianoforte e il mio Amiga 500 pilotava una tastiera Yamaha SY55 che eseguiva in contemporanea le “parti orchestrali”. Sono sempre stato interessato alla computer music, anche perché nel tempo è diventato un modo semplice ed economico di avere un’intera orchestra a disposizione. Quindi sì, sono sepolto fra sparititi e note ma anche fra schermi e tastiere». Quindi, in quest’era digitale,
che senso ha fare musica sinfonica? Vi è un contrasto tra i due mondi?
«Io penso di no. All’inizio molti temevano che la digitalizzazione avrebbe ucciso gli strumenti classici ma così non è avvenuto. D’altronde la stessa cosa è successa con l’immagine e adesso sta succedendo con i libri. Queste tecnologie non chiudono delle porte, casomai ne aprono di nuove». Cos’è “Verso Minas Tirith”? «Il frutto di 23 anni di lavoro. Tutti i brani del disco sono stati composti al pianoforte fra il 1981 e il 1984. Poi col tempo la ricchezza polifonica di alcuni di essi mi ha incoraggiato a tentare delle prime orchestrazioni. Negli anni mi sono specializzato in “orchestrazione digitale” e il risultato è il disco, uscito nel 2004. Auto-prodotto in casa, poi re-mixato in uno studio professionale». Parlaci, allora, delle difficoltà che comporta suonare con un’orchestra dal vivo. Compositori: Edoardo Volpi Kellermann«La prima difficoltà è smettere. Suonare con gli altri è un’esperienza bellissima, dovrebbe essere obbligatoria nelle scuole. Poi tutto dipende dal brano, dall’orchestra e dal direttore. E anche dal tempo che si può dedicare alle prove… in Italia sempre troppo poco purtroppo, perché i soldi per la cultura latitano». Nel contesto internazionale lo studio della musica classica tolkieniana è particolarmente vivace? «Non siamo ancora arrivati a un tale livello di “riconoscimento”, ma i tempi stanno maturando… dopo la saga cinematografica sono usciti molti dischi che tendevano a fare un po’ il verso a Howard Shore, dei tentativi di cavalcare l’onda. Diciamo che ci troviamo in uno stato intermedio: dopo la fase pionieristica (di cui posso vantarmi di aver fatto parte, almeno per quanto concerne l’Italia) stiamo ora uscendo da una fase “commerciale”. Mi aspetto per i prossimi anni una nuova fioritura, anche grazie alla Rete e al lavoro di persone come Chris Seeman, che ha creato la Tolkien Music List». Può dirci il nome di almeno un musicista per cui hai particolare considerazione? «Non uno solo, né vorrei far toro a qualcuno… rimanendo nell’accezione “classica” sono rimasto colpito dal lavoro di Alessandro Ferrari, violinista alla Scala e direttore d’Orchestra, con il quale ho collaborato diversi anni creando la “Sinfonica Tolkieniana”, un progetto che adesso dorme in un cassetto. Fra gli altri miei colleghi italiani che conosco, citerei gli ottimi dischi di Arturo Stalteri e Marco lo Muscio. Howard Shore ha fatto un gran lavoro per i film, ma prima di lui altri compositori si erano cimentati nella musica sinfonica di matrice tolkieniana: notevole è stato ad esempio il compositore olandese Johan De Meij, con la sua Prima Sinfonia “The Lord of the Rings”. Ma dato che per me il Jazz è come la musica classica, non posso dimenticare la “Marcia degli Ent” di Andrea Pellegrini dal suo disco Ainulindale. Infine non scordiamoci un “classico fra i classici”: Donald Swann, compositore inglese, che musicò diverse poesie del signore degli anelli in uno stile che piacque molto al professor Tolkien». In decenni di ricerca in questo campo qual è la lezione più importante che hai imparato? «Che con la musica tolkieniana non si vive. No, a parte gli scherzi, ho imparato che con la fretta non si costruisce granché, e che non ci si deve arrendere. Mai. Seminando, prima o poi qualcosa si raccoglie…». È cambiato qualcosa nello studio della musica tolkieniana in questi anni? «Per quanto riguarda la mia esperienza, l’orizzonte si è davvero molto allargato. Dai “tempi non sospetti” in cui, almeno nel nostro Paese, eravamo quattro gatti, adesso c’è un rinnovo d’interesse, grazie anche al lavoro paziente di chi, come voi, ha portato avanti gli studi “accademici” su Tolkien. Un
interesse che si fa via via più serio e profondo». Compositori: Edoardo Volpi KellermannChe spazio trova la musica tolkieniana in Italia? «Allo stato attuale è bellamente ignorata. Nonostante il tentativo che il maestro Ferrari ed io compimmo per portarla alla ribalta, al teatro Dal Verme di Milano si presentarono 500 persone. Poi su YouTube abbiamo superato le 750mila visualizzazioni, provenienti sopratutto dal mondo anglosassone». Se dovessi consigliare 3 opere classiche ispirate a Tolkien, su cosa punteresti? «La Sinfonia degli Anelli e Stelle d’Irlanda (ispirata alla leggenda di San Brendano) di Alessandro Ferrari. The road goes ever on di Donald Swann. Il mio disco posso citarlo?». Hai qualche nuovo progetto musicale in cantiere? «Forse… dopo la pubblicazione del mio primo romanzo (The Montecristo Project, il 7 marzo in e-book, ed. Spider&Fish) ho in mente di comporre musica ispirata ad esso. Non tolkieniana quindi, ma sempre nell’ambito del fantastico, visto che si tratta di un romanzo di fantascienza». La musica tolkieniana è una forma d’arte o semplice intrattenimento? «Dipende da chi la compone, da chi la esegue e da chi la ascolta. Lasciando il linguaggio politichese, direi che è arte quando non si auto-limita ad un’espressione solo personale, ma si sforza di essere universale e di far rivivere ad altri le sensazioni vissute durante la lettura. In questo senso non ho alcuna preclusione di carattere stilistico, adoro ad esempio tutto il lavoro dei Lingalad e di Giuseppe Festa, e ho apprezzato molto anche gli Ainur».
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GUARDA IL CONCERTO:
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ALTRI ARTICOLI:
– Vai all’articolo sui corsi su Tolkien: Modena, Bologna, Roma
– Vai all’articolo sui Lezione sulle lingue elfiche
– Vai all’articolo sulla Sinfonia di Howard Shore

LINK ESTERNI:
– Vai al sito di Edoardo Volpi Kellermann
– Vai al sito del progetto Tolkieniana
– Vai al sito dell’Istituto Filosofico di Studi Tomistici
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1 Comment to “«La musica e Tolkien? È un intero universo»”

  1. Ilaria ha detto:

    Bravissimo 🙂

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