Ecco perché l’elfico è meglio dell’Esperanto

Philip SeargeantAbbiamo già trattato il tema di Tolkien e l’Esperanto, l’ultima volta in occasione della lezione Il vizio segreto di Tolkien: un passione per le lingue tenuta da Roberto Arduini all’Università di Parma all’interno del corso di linguistica generale tenuto da Davide Astori. La giornata era poi proseguita con un aperitivo linguistico, dove c’è stato modo di confrontarsi in un interessante dibattito avente come argomento le lingue programmate, l’Esperanto, le lingue di Tolkien e i meccanismi con i quali tali lingue si diffondono o meno.
Per contribuire a tale dibattito, riportiamo quindi la traduzione di un articolo di Philip Seargeant, studioso di Linguista e Senior Lecturer in Linguistica Applicata presso la Open University (l’originale si può trovare qui).

J.R.R. Tolkien iniziò a scrivere La Caduta di Gondolin durante il periodo di malattia che lo colpì mentre prestava servizio nell’esercito durante la prima guerra mondiale, esattamente cent’anni fa. Questa fu la prima storia che andò a comporre il suo legendarium, la mitologia che sta alla base del Signore degli Anelli. Ma alla base delle storie ci fu il suo interesse verso un altro tipo di creazione: la costruzione di linguaggi immaginari.
Nello stesso anno, dall’altra parte dell’Europa, Ludwik Zamenhof morì nella sua natia Polonia. Anche Zamenhof fu ossessionato dall’invenzione di linguaggi e nel 1887 pubblicò un libro che illustrava la sua creazione. Lo firmò con lo pseudonimo di Doktoro Esperanto, che nel tempo divenne il nome del linguaggio stesso.
La creazione di linguaggi immaginari, o conlang, ha una lunga storia, che risale al dodicesimo secolo; Tolkien e Zamenhof sono due dei protagonisti che ebbero maggior successo. Tuttavia i loro intenti furono assai differenti, e mostrano infatti punti di vista opposti su cosa il linguaggio stesso sia in effetti.
Zamenhof, un ebreo polacco cresciuto in un paese pieno di tensioni culturali ed etniche, era convinto che l’esistenza di un linguaggio universale fosse la chiave per una convivenza pacifica. Scrisse infatti che il linguaggio è “il primo motore della civilizzazione; la diversità della lingua è causa di avversione, se non addirittura di odio, tra le persone”.Esperanto museum Il suo obiettivo fu quello di elaborare qualcosa che fosse semplice da imparare, non legato ad una nazione o a una cultura, e che potesse unire anziché dividere l’umanità.
Come “lingua ausiliaria internazionale”, l’Esperanto ha avuto molto successo. Nel suo momento di maggior successo, contava milioni di parlanti, anche se è difficile calcolare una stima esatta; oggi lo usa ancora all’incirca un milione di persone. Esiste un ampio corpo di letteratura; c’è un museo in Cina dedicato esclusivamente a questa lingua e in Giappone a Zamenhof stesso è considerato come un dio da una particolare setta di shintoisti che utilizza l’Esperanto (ndt. la setta Oomoto).
Ciononostante, non raggiunse mai vicino al suo obiettivo di creare un’armonia mondiale. E alla sua morte, quando la prima guerra mondiale stava devastando l’Europa, l’ottimismo che aveva accompagnato questo sogno divenne perlopiù disillusione.

Linguaggi Fantastici

MoriaTolkien stesso fu un sostenitore dell’Esperanto, poiché pensava che potesse aiutare a riunire l’Europa dopo la prima guerra mondiale. Ma il suo interesse personale riguardo all’invenzione di linguaggi fu molto diverso. Il suo intento non era quello di intervenire nel mondo in cui viveva, ma di creare un linguaggio completamente nuovo in un mondo immaginario. Lo chiamava il suo “vizio segreto”, e spiegò che per lui si trattava di questione di estetica, più che di pragmatica. Il punto centrale è la meraviglia di creare suoni, forme e significati in maniera completamente nuova.
Come parte del processo atto a dare sostanza alle lingue che stava inventando, fu necessario creare una mitologia nella quale inserirle. In quanto entità viventi e soggette a evoluzione, le lingue traggono vitalità dalle culture delle persone che le utilizzano: fu esattamente questo il punto alla base creazione del suo mondo immaginario. Non per nulla scrisse: “Alla base c’è l’invenzione dei linguaggi. Le “storie” furono create per fornire un mondo ai linguaggi e non il contrario”.
David J. PetersonE per quanto riguarda i linguaggi programmati oggi? Cento anni dopo la morte di Zamenhof, l’arte della costruzione di linguaggi è più viva che mai. Uno degli esempi contemporanei più celebri è il Dothraki di Games of Thrones. Creata da David J. Peterson per la serie televisiva tratta dalla serie Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Marin, l’ispirazione per questa lingua parte sia da Zamenhof che da Tolkien.
La prima volta che Peterson si interessò alla costruzione dei linguaggi fu infatti all’università, seguendo una lezione dedicata all’Esperanto; mentre Martin ha dichiarato che la sua saga è, in diversi modi, una risposta al Signore degli Anelli. E come tributo, si possono rintracciare nei suoi libri piccoli riferimenti linguistici al mondo di Tolkien: ad esempio “warg”. Per Martin è un essere umano che sa proiettare la propria coscienza nella mente degli animali, in Tolkien si tratta di una razza di grossi lupi.
Perciò, nel complesso, si può dire che la tradizione Tolkieniana della creazione di mondi fantastici abbia prevalso. Ci sono forse due ragioni per questo.
La prima è linguistica. Paradossalmente, l’idea di Tolkien è più vicina al modo in cui le lingue funzionano nel mondo reale. Le lingue elfiche nella sua opera sono infatti rappresentate come vive e mutevoli: si evolvono per riflettere la cultura dei popoli che le parlano. L’idea di un linguaggio ausiliario internazionale, invece, è quella di fornire un codice stabile e fisso, che possa facilmente essere imparato da chiunque. Ma le lingue umane non sono mai statiche, sono sempre dinamiche. Per questo motivo l’Esperanto ha un difetto fondamentale nella sua concezione.
E la seconda ragione? Ecco, forse in questi giorni siamo più felici di dedicarci alla creazione di mondi fantastici, piuttosto che cercare modi per riparare il nostro.

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Tolkien all’università: le lingue elfiche a Parma

LINK ESTERNI:
– Vai al sito Why Tolkien’s fantastic imaginary languages have had more impact than Esperanto
– Vai al sito di David J. Peterson

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