Risposta a un articolo di Ivano Sassanelli

Claudio Testi - studio 2018PREMESSA

Nel suo documentato articolo “La tematica religiosa in Tolkien: analisi di alcune vie interpretative” (Mareghett A. – Sassanelli I., “Vive in fondo alle cose la freschezza più cara”, Aracne, Roma, 2022 pp. 91-117), Ivano Sassanelli ancora una volta presta attenzione a Santi Pagani nella Terra di Mezzo di Tolkien (ESD, Bologna, 2014). Qui, pur negli apprezzamenti, mi rivolge alcune critiche a cui mi sento obbligato a dare breve replica, in aggiunta a quanto già da me rilevato in un precedente articolo, convinto che il dibattito, se fatto in maniera seria, non pregiudizialmetne orientata e documentata è sempre utile

Nella prima parte del citato saggio Sassanelli afferma che nel dibattito sulla religione in Tolkien vi sono state due direttrici fondamentali: quella che considera l’opera di Tolkien Pagana e/o/aut Cristiana [par. 1.1 nel suo saggio] e quella che considera il suo mondo poco religioso perché vi vede un Dio immensamente lontano [1.2]. Egli poi [2] illustra quattro approcci alternativi, tra quali appare anche il suo, esposto ne Il Vangelo di Gollum e poi ribadito nella conclusione [3]). Santi Pagani è discusso soprattutto nella prima parte e parzialmente nella seconda.

PAGANO, CRISTIANO, CATTOLICO, RELIGIOSO

L’articolo esordisce con l’invito, del tutto condivisibile, a basare lo studio dell’opera tolkieniana soprattutto sui suoi testi di Tolkien (pp. 92-93), dopo di che, all’inizio del paragrafo 1.1, afferma:

“le aggettivazioni “pagana” e “cristiana”, non essendo mai state richiamate dall’autore come elementi descrittivi dei suoi racconti, risultano piuttosto essere prevalentemente (se non esclusivamente) tipiche del Mondo Primario, ossia del mondo dell’autore, del lettore e degli studiosi e mal si conciliano col Mondo Secondario della Terra di Mezzo in cui non sussistono, dal punto di vista religioso e storico, gli stessi presupposti riscontrabili nel “nostro mondo). Per queste motivazioni solo le “fonti”, i “principi generali” (poi esemplificati nel testo) o i “motivi particolari” (poi usati nella storia narrata) possono essere definiti o descritti come “pagani”, “cristiani”, “cattolici”, “moderni”, “pre–moderni”, “post–moderni”, “tradizionali” e cosi via. (“La tematica..”, p.93, corsivi aggiunti)

Sassanelli dice qui che è errato attribuire gli aggettivi di “cristiano” o “pagano” (così come quelli di “cattolico”, “moderno” ecc…: si veda la seconda frase) ai racconti di Tolkien in quanto:
a) l’autore non li ha mai usati
b) sono prevalentemente tipici del mondo primario.

Ovviamente una tale posizione implica una critica a Santi Pagani ove questi aggettivi vengono “massicciamente” usati perché si sostiene sostanzialmente che il mondo di Tolkien è specificamente pagano ma in armonia col cristianesimo e per questo la sua opera è cattolica (cfr. Santi Pagani, pp. 100-101).

Il principio sopra enucleato da Sassanelli è però molto “forte” e impegnativo da “sostenere”, anche alla luce dei alcuni testi tolkieniani, che Sassanelli, conosce bene e che correttamente ricorda:

Certamente qualcuno potrebbe osservare che Tolkien stesso nella lettera (n. 165) del giugno 1955 inviata alla Houghton Mifflin Co., ha affermato: ≪In ogni caso io sono cristiano; ma la “Terza Era” non era un mondo cristiano≫; oppure che nella bozza di lettera (n. 186) dell’aprile 1956 destinata a Joanna de Bortadano, egli scriveva: “La storia in realtà e la storia di cosa e accaduto nell’anno X a.C., e si dà il caso che sia accaduta a persone che erano in quel modo!” (“La tematica…”, p.96)

Per spiegare come la lettera 165 non contraddica il principio proposto da Sassanelli, secondo il quale l’aggettivo “cristiano” non è stato richiamato dall’autore per descrivere i suoi racconti, scrive:

In primo luogo nella lettera del 1955, Tolkien ha affermato la non cristianità della Terza Era come risposta tanto al rischio dell’allegoria quanto alle critiche secondo cui nel suo racconto non era presente la religione. Ciò ha condotto l’oxoniense a sottolineare che il suo Legendarium era stato impostato su un mondo monoteista di “teologia naturale” (“La tematica…”, p. 97, corsivi aggiunti)

Un rilievo giusto questo di Sassanelli, che però non mi pare riesca a “parare il colpo”. Che Tolkien affermi che il suo è un mondo non cristiano in cui però è presente un monoteismo basato sulla teologia naturale, non toglie il fatto che egli stesso usi l’aggettivo “cristiano” per caratterizzare ciò che un suo racconto non è1.

Sassanelli in merito considera anche un’altra lettera “problematica”, la 142, ove Tolkien come noto afferma che “Il SDA è un’opera fondamentalmente religiosa e cattolica”. Da ciò infatti segue ovviamente che “il SDA è un’opera cattolica”, ma anche che è un’opera “cristiana”, dato che il cattolicesimo è una certa interpretazione del cristianesimo. Per evitare l’inferenza Sassanelli spiegherà che questi aggettivi vanno riservati alle fonti e non all’opera, ma anche facendo ciò non riuscirà a evitare una contraddizione (cfr. sotto IV.).
Inoltre, non si capisce perché, mentre “pagano” e “cristiano” non si possono applicare ai racconti di Tolkien in quanto tipici del mondo primario, Sassanelli poi applichi ai medesimi racconti gli aggettivi “religioso” (cfr. sotto IV), “monoteista” e “di teologia naturale” che sono anch’essi tipici del Mondo Primario. In questo senso l’applicazione inversa (che rimprovera, peraltro correttamente, al mio approccio: si veda la citazione sotto riportata al paragrafo III) è a mio avviso inevitabile: è infatti impossibile studiare un’opera senza approcciarla e qualificarla con termini usati in primis per il nostro mondo.

Per questo il seguente rilievo, che nega la qualifica di accademico a una marea di studi tra cui, oltre al mio, anche quelli di Shippey, Flieger e… di Tolkien medesimo, è molto discutibile:

Ciò implica che in nessun caso, soprattutto in un contesto di riflessione accademica, la Terra di Mezzo può essere associata a un periodo storico e a un mondo “pagano”, “precristiano”, “cristiano”, “cattolico”, “moderno” o “pre–moderno” che sia. (“La tematica…”, p. 103)

DIO, NATURALE E SOPRANNATURALE

Nella parte 1.2 del suo saggio Sassanelli esamina poi il filone che vede la lontananza e quasi l’assenza di Dio nelle vicende della Terra di Mezzo (p.103 ss.). Qui gli autori di riferimento sono soprattutto Shippey, Flieger e Wu Ming 4, ma si accenna ancora a Santi Pagani:

Una delle problematiche più evidenti di quest’ultima impostazione, riguarda il fatto che ogni affermazione, da parte di critici e studiosi, circa l’intervento diretto di Dio, dei Valar o di qualsivoglia entità soprannaturale nel Mondo Secondario dell’oxoniense, risulterebbe, di per ciò stesso, una “cristianizzazione dell’opera tolkieniana”.
Ciò, però, come si vedrà nelle pagine seguenti, non può essere condiviso in quanto le categorie concettuali di “naturale” e “soprannaturale” — la cui esistenza, compresenza e correlazione costituiscono l’ossatura dell’essenza “religiosa” della narrativa tolkieniana e segnatamente de Il Signore degli Anelli — non possono essere equiparate a quelle di “pagano” e “cristiano”, in quanto, come detto in precedenza, e come evidenziato dalle stesse parole di Testi quando afferma “Tenendo ben ferme le distinzioni e definizioni sopra espresse e applicandole all’opera tolkieniana” (corsivo nostro), questa eguaglianza e quest’accostamento sono da identificarsi non tanto come un’interpretazione delle opere del Professore ma, piuttosto, come una semplice “applicazione” (da noi definita inversa) al Mondo Secondario tolkieniano di concetti tipici del Mondo Primario e del tutto estranei alla Terra di Mezzo. A voler usare le parole di Tolkien si potrebbe dire che le ossa del bue portano con se questi attributi del Mondo Primario — in quanto da esso derivano — ma una volta che esse entrano nel calderone della narrazione del Mondo Secondario, la minestra che ci viene ammannita dall’autore non può più avere le stesse categorie del Mondo Primario, pena vedere realizzata una “applicazione inversa”” (“La tematica…”, p. 106, corsivi aggiunti)

Il brano mi offre l’opportunità di chiarire un punto di Santi Pagani che da qualcuno è stato frainteso, ovvero quello della relazione tra l’esistenza di Dio e il paganesimo. A volte ho l’impressione che chi legge Santi Pagani consideri “paganesimo” sinonimo di “ateismo”. Nel mio libro ho invece chiaramente detto che il paganesimo non implica l’ateismo (Santi Pagani pp. 135-136) e che anzi l’esistenza di Dio è un contenuto proprio della cultura pagana, come attesta ad esempio l’opera pagana di Aristotele, che arriva a dimostrare l’esistenza di un motore immobile (Santi Pagani, p. 133). Il concetto di “paganesimo” inteso come inconciliabile col cristianesimo e negante la trascendenza di Dio è invece propria degli approcci di Curry e Madsen, che io critico aspramente (Santi Pagani pp. 49 sgg.)2. Per questo, almeno per quanto riguarda la mia prospettiva, non è vero, come dice Sassanelli, che un intervento di Dio implica la cristianizzazione di un’opera. Eru nel Legendarium è una presenza innegabile e quando Tolkien, vuol dirci che Eru fa qualcosa, lo scrive chiaramente senza alcun bisogno di trovare significati nascosti tramite complicate interpretazioni dei suoi testi, come ben si vede nell’affondamento di Nùmenor:

Ilùvatar però sfoderò il proprio potere, mutando la faccia del mondo; e un grande abisso si spalancò nel mare tra Nùmenor e le Terre Imperiture, e le acque vi si precipitarono, e il frastuono e il fumo delle cateratte salì al cielo, e il mondo ne fu scosso. E tutte le flotte dei Nùmenóreani furono trascinate nell’abisso, dove si sprofondarono e vennero per sempre inghiottite (Il Silmarillion, Akallabéth, corsivi aggiunti)

Questo però non implica che allora il Silmarillion sia cristiano. Ripeto: la presenza e l’intervento di Dio sono presenti anche nella cultura pagana e non sono specifici di quella cristiana. Quello che è invece è specifico di questa cultura e che riguarda quello che io indico come piano soprannaturale e frutto di una rivelazione a cui l’uomo, con le solo forze della ragione non può accedere, è ad esempio la Uni-Trinità di Dio, e la sua incarnazione-morte-resurrezione et similia (Santi Pagani p. 96). Ecco perché è vero che in Santi Pagani si propone una equivalenza tra pagano-naturale e cristiano-soprannaturale: ma questa è una semplice questione di vocabolario, per quanto non gratuita, e ogni autore può usare certe “definizioni” nella misura in cui le spieghi chiaramente (cfr. Santi Pagani, pp. 96-99).
Proprio su questa terminologia ho l’impressione che tra me e Sassanelli vi sia un fraintendimento. Quando afferma che l’armonia tra naturale e soprannaturale sia interna ai racconti di Tolkien, mi pare infatti che consideri “soprannaturale” come sinonimo di “Divino” o in qualche modo “legato a Dio”. Dice ad esempio:

Infatti la letteratura tolkieniana può essere, a giusta ragione, definita una “divine narrative” oppure un “De vera religione” narrativo in cui la presenza del “religioso” (ossia del dialogo tra “naturale” e “soprannaturale”) risulta continua, seppur in molti casi non direttamente ed esplicitamente percepibile. (“La tematica…”, p. 115)

Se così stanno le cose, allora anche io accetto questo discorso senza problemi. E questo discorso è compatibilissimo con la prospettiva di Santi Pagani in cui, ripeto, “soprannaturale” indica ciò che è specifico della rivelazione giudaico-cristiana.

CONTRADDIZIONE E CONCLUSIONE

Mi pare infine che la proposta di Sassanelli abbia al suo interno una contraddizione perché:
Da un lato afferma che l’aggettivo “cristiano”, pagano”, “cattolico” non possono essere usati per caratterizzare l’opera di Tolkien perché usati principalmente per il mondo primario. Per questo egli dice che al limite possono essere usati per caratterizzare le fonti dell’opera di Tolkien (le ossa del bue: cfr. supra II)
Dall’altro, oltre a non dare una convincente spiegazione delle lettere 165 e 142 e della differenza tra “pagano” e “religioso” rispetto allo loro origine nel mondo primario (cfr. supra II.), dice esplicitamente delle narrazioni di Tolkien che:

Tali opere sono:
a) “Religiose” (nella narrazione);
b) “Cattoliche” (nelle fonti);
c) “Santificate” (nella loro essenza eucatastrofica). (“La tematica…”, p. 115)

Ora, se come scrive Sassanelli le “opere [di Tolkien] sono Cattoliche nelle fonti”, ne segue banalmente che sono Cattoliche almeno sotto un certo aspetto, e quindi sono Cattoliche e anche “Cristiane” (cfr. supra II.). Allo stesso modo, se io sono modenese nelle origini, allora sono anche “genericamente” modenese, come lo è chi è modenese per adozione, e sarà anche vero che entrambi siamo italiani. Ecco che quindi Sassanelli usa l’aggettivo “Cattolico” (e quindi “Cristiano”: cfr. supra II) proprio per caratterizzare l’opera di Tolkien (la minestra, e non le ossa), contraddicendo così il principio da lui enucleato (II). Per evitare questa aporia, Sassanelli avrebbe invece dovuto scrivere che “le fonti dell’opera di Tolkien sono cattoliche”: ma questo fatto banalmente vero, dovrebbe essere enunciato unitamente a un altro fatto, pure questo banalmente vero, in base al quale “le fonti delle opere di Tolkien sono (anche) pagane”, cosa che invece Sassanelli non fa.

Concludendo, la proposta di Sassanelli, il cui contenuto è molto argomentato e ben documentato, continua a non apparirmi, specie nelle intuizioni più profonde, in antitesi con la prospettiva di Santi Pagani, la cui più semplice articolazione evita però molte complicazioni e pericolose contraddizioni.

 

NOTE

1 Sorvolo sulla spiegazione della lettera 186 perché a mio avviso qui non si dice altro se non che l’ambientazione era fatta in un’epoca anteriore alla nascita di Cristo.
2 Mentre scrivo queste note leggo il medesimo fraintendimento nel libro di Giuseppe Scattolini (Guidami Luce Gentile, L’Arco e la Corte, 2022), che equipara la mia posizione a quella della Madsen (Guidami…, p. 235) e ritiene che per me la verità pagana sia più ampia di quella cristiana (p. 193), cosa che esplicitamente nego citando anche Newman (Santi Pagani p. 175) che invece secondo Scattolini ribalta la mia posizione. Per questo non caspico bene perché egli mi rimproveri di non aver riportato il nome dell’oratorio “S.Filippo Neri” quasi volessi occultare qualcosa (Guidami…, p. 179 nota 518). Né in Santi Pagani si trova affermato che i piani naturale e soprannaturale sono separati o che il primo non sia originariamente ordinato al secondo, come invece mi fa dire Scattolini opponendomi a Danielou (Guidami…, p.233). Distinguere infatti non significa separare o dividere estrinsecamente: io del resto condivido la lezione teologica di De Lubac sul nesso tra naturale e soprannaturale (Santi Pagani p. 169, 175) e dico esplicitamente che “tra il piano della Natura e quello della Sopra-Natura non c’è separazione ma profondo legame” (Santi Pagani, p. 107) e che secondo il cattolicesimo i due piani “risultano essere non separati” (p.166).

DOCUMENTI
– Leggi la recensione su The Journal of Inklings Studies
– Leggi la recensione su Hither Shore

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Santi Pagani, risposta di Testi alle recensioni all’estero
– Leggi l’articolo Santi Pagani, quante recensioni all’estero!
– Leggi l’articolo Santi Pagani, ecco il carteggio Monda-Testi
– Leggi l’articolo Santi pagani, la recensione di Wu Ming 4 (1 parte)
– Leggi l’articolo Santi pagani, la recensione di Wu Ming 4 (2 parte)

LINK ESTERNI:
– Vai al sito della Walking Tree Publishers
– Vai al sito di Journal of Tolkien Research

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1 Comment to “Risposta a un articolo di Ivano Sassanelli”

  1. La mia posizione è semplice, che il Legendarium nel suo complesso ha senso interamente come narrazione eucatastrofica e perciò avventizia ed escatologica, e che al di fuori di questa prospettiva resta una sorta di bozza di mosaico mai completato i cui pezzi non combaciano. Parlare di semplice armonia con il Cristianesimo significa disconoscere che il Cattolicesimo (perché non è ortodosso nè protestante) è il mare in cui il fiume del Legendarium sfocia naturalmente, come direzione indicata spontaneamente dall’autore oltre che per intento voluto, e questo oltre al fatto che il Cattolicesimo è anche la fonte del fiume. Non è ortodosso perché la teologia trinitaria implicata dall’Ainulindale rende chiara la consustanzialità delle tre Persone, e non è protestante perché la prospettiva salvifica è chiaramente quella della compresenza della Grazia nelle opere, e quindi l’armonia (qui sì) tra predestinazione e libero arbitrio. Il fiume sfocia nel mare non perché chiunque legga si debba per forza convertire, ma perché quella è la direzione del testo, senza costringere nessun navigatore a salpare verso Ovest una volta giunti all’estuario, ma lasciando sapere a chi ammaina le vele e si ferma al porticciolo che il viaggio in barca lungo il corso del fiume può essere, se vuole, e se crede all’autore, il preludio della partenza per le Terre Imperiture.

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