Tolkien odiava insegnare? Ecco perché è falso

Asta presso BonhamsCapita sempre così. L’ultima novità viene sparata come fosse una scoperta epocale, che cambierà la nostra percezione su un’opera o un autore. Anche per J.R.R. Tolkien è così. Dopo le registrazioni audio che dovrebbero svelare addirittura il «vero significato» del Signore degli Anelli, ora spunta una lettera inedita. La novità? In essa, lo scrittore inglese rivelerebbe che per lui insegnare era «faticoso e deprimente». A Tolkien non piaceva insegnare, quindi? Tutti gli articoli usciti sulla lettera inedita sembrano indicare questa novità. Cerchiamo di sfatare un po’ questi sensazionalismi tipici di certa stampa scandalistica, che mirano più che altro a far vendere a un prezzo più alto la lettera. Sì, perché, guarda caso, la lettera non solo è stata scoperta, ma tra qualche giorno andrà all’asta al migliore offerente.

La storia della lettera

Lettera di Tolkien a MountfieldIniziamo allora a leggere la notizia per quello che è: il 19 giugno una lettera inedita di Tolkien sarà venduta dalla casa d’aste Bonhams a Londra. La lettera costituirà il Lotto numero 277 dell’asta di quel giorno e gli organizzatori sperano di ricavare tra i 1.500 e le 2.000 sterline (1.900 – 2.500 euro). Un prezzo un po’ basso per una lettera autografa. «Sono arrivate sul mercato un sacco di lettere di Tolkien», si è giustificato Simon Roberts, responsabile delle valutazioni per libri e manoscritti di Bonhams. «La cosa bella di quest’ultima è la storia che c’è dietro. “Faticoso e deprimente” è, ovviamente, un’opinione condivisa da molte persone che fanno gli insegnanti». Ci permettiamo di correggere il tiro di queste affermazioni, perché il signor Roberts è un mercante e, giustamente, fa il suo lavoro. È vero che molte lettere firmate da Tolkien sono giunte negli ultimi mesi sul mercato (si può leggere qui e qui), ma il vero motivo perché la lettera ha una quotazione così bassa è che è stata scritta a macchina, dattiloscritta, anche se poi l’autore di suo pugno ha aggiunto una nota. Le lettere manoscritte, si sa, valgono di più nel mercato del collezionismo. È normale, quindi, concentrare l’attenzione sul contenuto, dichiarando che «Tolkien pensava che insegnare fosse faticoso e deprimente». Ma prima di affrontare quest’aspetto, possiamo dire che una parte di verità nella frase di Roberts c’è, ed è quella che riguarda «la storia che c’è dietro» la lettera rinvenuta. La lettera è stato rinvenuta da un’insegnante di inglese in pensione, Anne Mountfield, dopo che era rimasta nascosta in casa sua all’interno di un libro per quasi mezzo secolo. Nel 1963, fresca di laurea, la donna aveva iniziato a insegnare alla Eltham Green School, nella periferia sud di Londra. Cercando di coinvolgere la sua classe di inquieti tredicenni, la giovane insegnante lesse loro il romanzo di Tolkien, Lo Hobbit. Gli alunni adorarono il libro al punto che la maestra propose loro di scrivere lettere all’autore per spiegare i motivi di un giudizio così positivo. Dopo aver letto le lettere, la maestra scelse la migliore e la spedì a Tolkien, con una lettera d’accompagnamento in cui lei lo ringraziava perché il suo romanzo era riuscito a far tacere la classe. «Lo Hobbit sembra andar molto bene a scuola», rispose affettuosamente lo scrittore con la lettera datata il 17 gennaio 1964: «Ho ricevuto diverse lettere che mi hanno descritto le attività di classe derivanti dall’interesse suscitato dal libro. Anne MountfieldMa non tutte sono scritte così bene come questa…». A quel punto, Tolkien aveva aggiunto di suo pugno una postilla per l’insegnante, in cui compare la frase sopra descritta. «I ragazzi furono molto colpiti», ha raccontato la signora Mountfield: «La lettera di Tolkien fece loro capire che gli scrittori sono persone, che esistono realmente e che possono rispondere ai lettori». L’insegnante aveva dimenticato tutto l’episodio e la lettera di Tolkien era finita nella sua copia del libro Albero e Foglia. Poi, lo scorso anno, ha ricevuto lei stessa una lettera da un ex allievo che le descriveva l’influenza che lo scrittore aveva avuto su di lui. Da lì, la scoperta della lettera. «Mi piace attribuire la coincidenza a un piccolo tocco di magia di Gandalf», ha detto Mountfield. «Quanto ha ragione Tolkien nel dire che gli insegnanti hanno raramente un riscontro sul fatto se hanno avuto qualche effetto sugli studenti. Ed è bellissimo quando, a 50 anni dall’evento, questo succede».

Tolkien insegnante

Michael Hilary Reuel TolkienCome molti sanno, Tolkien insegnò per molti anni alle università di Leeds e Oxford, tenendo la cattedra di Anglosassone e di Lingua e letteratura inglese. Quindi insegnare agli studenti era una parte della sua professione. Ne conosceva pregi e difetti e, durante la sua carriera, avrà avuto sicuramente momenti di sconforto. Però, non sembra corretto usare la lettera appena rinvenuta per dire, come hanno fatto in questi giorni molte testate giornalistiche, che «Tolkien pensava che insegnare fosse faticoso e deprimente». Per smentire questa illazione è sufficiente leggere… le lettere, cioè quelle pubblicate in Italia nel volume La Realtà in trasparenza. Ma si può fare ancora meglio, si possono leggere poche lettere del periodo in cui fu scritta la lettera ad Anne Mountfield. Si potrà scoprire così che, in quei mesi, l’insegnamento era una dei temi su cui stava riflettendo di più. Lo scrittore, che era andato in pensione da quattro anni, seguiva infatti con apprensione le vicende del figlio Michael e del nipote Michael George. Il primo, secondogenito nato nel 1920, era divenuto guarda caso insegnante di scuola e nel 1963-1964 lavorava all’Ampleforth College nel North Yorkshire. Il figlio di quest’ultimo, Michael George, aveva iniziato l’università e si era trasferito da poco in Scozia. «Mi dispiace molto che tu ti senta depresso», scrive Tolkien al figlio Michael in una lettera del primo novembre 1963 (n. 250), «Spero che sia in parte do­vuto alla tua indisposizione. Ma temo che sia soprattutto dovuto al lavoro». Ecco il punto: Michael aveva difficoltà nell’insegnamento e si sentiva depresso. Da qui la riflessione del padre su cosa significa insegnare: «Mi ricordo an­cora bene quando avevo la tua età (nel 1935). Ero tornato dieci anni prima a Oxford (ancora pieno di illusioni da ragazzo) e ora disprezza­vo gli studenti e il loro modo di comportarsi, e avevo cominciato a ca­pire davvero i professori. Anni prima avevo respinto le parole ammo­nitrici del vecchio Joseph Wright perché mi sembravano frutto del disgustante cinismo di un vecchio grossolano. “Che cosa credi che sia Oxford, ragazzo?”. “Una università, un luogo di apprendimento”. “No, ragazzo, è una fabbrica! E a che cosa serve? Te lo dico io. A far soldi. Mettitelo bene in testa e allora comincerai a capire come girano le cose”. Ahimè! Nel 1935 avevo capito che era perfettamente vero. In ogni caso per quanto riguardava il comportamento dei professori. Ve­ro, ma non del tutto vero. Ho incontrato l’ostruzioni­smo e sono stato ostacolato nei miei sforzi (ero professore di livello B con un salario ridotto, anche se svolgevo compiti da livello A) per il bene dei miei allievi e per la riforma dell’insegnamento, dagli interes­si nascosti degli stipendi e dai membri interni del College. Ma alme­no non ho sofferto quello che stai soffrendo tu: Michael George Tolkien e J.R.R. Tolkiennon sono mai stato obbligato a insegnare niente che non amassi con inestinguibile entu­siasmo. (Tranne che per un breve periodo dopo il cambio di cattedra nel 1945: è stato terribile). La fedeltà all’insegnamento, in quanto tale e senza riferimento alla propria reputazione, è una vocazione elevata». Tolkien quindi amava insegnare nonostante tutte le difficoltà incontrate ed ebbe la fortuna di farlo con materie che «amava con inestinguibile entu­siasmo». Ma lo scrittore aggiunge: «Quanto a me, mi sembra di diventare meno cinico invece che più cinico – ricordando i miei peccati e le mie fol­lie». E qui la mente corre ai suoi ricordi di quando era uno studente. Padre e figlio continuarono la fitta corrispondenza, incentrata sui problemi lavorativi del figlio anche durante tutto il mese di dicembre, come conferma l’epistolario. Evidentemente, i problemi di Michael non si risolsero e dovette continuare a insegnare una materia che non amava. Per questo a partire dal 1965 cambiò scuola, trasferendosi nella campagna del Lancashire, dove insegnò al Stonyhurst College, che da allora divenne meta frequente dei viaggi del padre.

Tolkien studente

King Edward's School a BirminghamSe l’autore del Signore degli Anelli fu insegnante per molti anni, in precedenza era stato studente. E come aveva detto al figlio, lo scrittore ricordava quei giorni di alunno distratto. Il 9 gennaio 1964, Denis Tyndall, un vecchio compagno di Tolkien nella scuola King Edwards, a Birmingham, gli aveva scritto ricordando i tempi passati insieme a scuola. «Mi comportavo molto male – rispose Tolkien (lettera n. 254) -, insieme a quel Christopher Wiseman che sarebbe diventato in seguito un modello di rettitudine e di serietà professorale», cioè divenne preside del Queen’s College, a Taunton. Lo scrittore ricorda anche alcuni suoi professori, tra cui R.W. «Dickie» Reynolds: «Non era un insegnante che ispirasse entusiasmo e rendeva la storia greca e romana tanto noiose quanto sospetto che lui stesso le trovasse; ma era molto interessante come persona». E conclude così: «Ho compiuto 72 anni il 3 gennaio e il mio nipote più grande (che ora è all’università di St An­drews) sabato prossimo diventerà maggiorenne». Si tratta guarda caso proprio di Michael George, figlio di Michael, le cui difficoltà con l’anglosassone erano stati uno degli argomenti della lettera n. 250 tra padre e figlio insegnante di scuola. Mettendo insieme tutti questi elementi la lettera inedita appena ritrovata, scritta qualche giorno dopo quella a Tyndall, assume tutto un’altra luce. È evidentemente che Tolkien seguisse con apprensione le difficoltà del figlio, insegnante a volte depresso costretto a insegnare materie non sue, e del nipote, studente alle prime difficoltà con le lezioni universitarie e con l’anglosassone. È evidente che scrivendo alla maestra londinese, Tolkien avesse in mente la propria esperienza, ma anche la situazione che i suoi parenti stavano vivendo in quei mesi. «Tutto l’insegnamento è faticoso e deprimente e si è raramente confortati dal sapere quando si ha avuto un certo effetto». Tutto l’insegnamento scrive Tolkien, cioè a tutti i livelli, dalle elementari all’università, non si può mai sapere quando si è efficaci con gli allievi. E guarda caso, Tolkien fa riferimento anche qui ai giorni in cui lui stesso era stato studente, come aveva scritto qualche giorno prima a Tyndall: Tolkien e i prefetti del King Edwards (credito: foto di John Garth)«Vorrei poter dirlo ora ad alcuni dei miei [insegnanti], di tempo fa, come loro e le cose che mi hanno detto, anche se ero (solo, come appariva) uno che guardava fuori dalla finestra o ridacchiava col compagno di banco». Lui e Wiseman (il suo compagno di banco, appunto, che nella foto è quello evidenziato a destra) ai tempi di scuola erano stati studenti distratti, ma poi hanno fatto tesoro delle lezioni dei professori. Questo intendeva Tolkien nella postilla ad Anne Mountfield. Ancora qualche dubbio? Leggiamo allora la lettera scritta all’altro figlio, Christopher (lettera n. 314): «Io sono completamente dalla parte delle “zucche”! Una volta ho avuto una notevole esperienza con quelli che sono/erano probabilmente gli studenti più noiosi e “duri” di tutta l’Inghilterra […] Un numero sorprendentemente elevato si dimostrò “educabi­le” […] Insegnare è un impegno molto faticoso. Ma io preferisco spendere le mie energie per queste “zucche dure”, ricavandone un terreno da cui possa na­scere un’altra generazione un po’ più intelligente». Quindi, insegnare è faticoso, ma non ci sono dubbi che Tolkien amava farlo.

ARTICOLI PRECEDENTI:
I timori di J.R.R. Tolkien in una lettera inedita
Spunta una lettera inedita di J.R.R. Tolkien
Spunta un’audio inedito: Tolkien tra gli hobbit

LINK ESTERNI
– vai al sito della casa d’aste Bonhams

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2 Comments to “Tolkien odiava insegnare? Ecco perché è falso”

  1. Annamaria ha detto:

    Vengo da una famiglia di insegnanti e da qualche anno io stessa insegno.
    Credo che tutti i professori, specialmente coloro che amano il proprio lavoro, abbiano passato dei momenti di sconforto e disillusione legati al proprio mestiere. Detto ciò, insegnare all’Università è un caso a parte. Nel docente universitario si fondono le figure dello studioso e del professore. Ci sono grandi studiosi che amano la propria disciplina e amano fare ricerca, ma non amano allo stesso modo entrare in aula e svolgere attività didattica. Di solito gli studenti lo percepiscono lontano un miglio e, durante le lezioni, si annoiano da morire. Altri studiosi sono eccellenti ricercatori e grandi professori. Ci sono perfino professori eccezionali, adorati dagli alunni, che di fatto sono studiosi mediocri. Tolkien era sicuramente uno studioso valente e un eccellente filologo, se poi amasse (e in che misura)insegnare e se fosse in grado di catturare e mantenere l’attenzione della classe, credo che potrebbero dircelo solo i suoi, ormai ex, allievi. Si conoscono testimonianze in tal senso?

    • redazione ha detto:

      Cara Annamaria,
      ce ne sono a iosa di testimonianze! Due sue allieve hanno pubblicato studi che Shippey, Drout e altri studiosi sospettano siano soprattutto farina del suo sacco (alcuni li attribuiscono direttamente a Tolkien!). Altri due studiosi hanno scritto libri sulla loro esperienza con Tolkien e uno di questi ha ufficialmente pubblicato gli appunti che Tolkien stesso gli aveva passato su una specifica tematica. Infine, un gruppo nutrito di studentesse (almeno cinque) che si laurearono con lui, debbono alle sue lezioni la passione di scrivere. D’altro canto, qualche aneddoto non manca: soprattutto negli ultimi anni di insegnamento, si dice che Tolkien fosse incomprensibile, parlava a bassa voce, masticando le parole e rivolto verso la lavagna… ma stiamo parlando dopo i suoi 65 anni! 🙂
      Roberto

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