Quella terra di mezzo tra ispirazione e plagio

Fratelli HildebrandtÈ di questi giorni la notizia delle incredibili analogie che accomunano l’ultimo film di Zack Snyder L’uomo d’acciaio e la trilogia di Matrix: i riferimenti a Gesù Cristo, le inquadratore e addirittura gli stessi attori non protagonisti. Un approfondimento si può leggere qui. Vero o falso che sia, fantasia o realtà, lo spunto di cronaca mi ha fatto pensare ad altre «strane analogie». Accade che casualmente, riguardando le foto scattate nel 2004 in Polonia, in occasione della mostra Swiat Tolkiena a Danzica,  che noto la somiglianza di una famosa cattedrale con un’altrettanto nota nell’illustrazione dei fratelli Greg e Tim Hildebrandt. 
Diventa difficile pensare che non ci sia una connessione. Da qui lo spunto per una riflessione sulle opere di fantasia frutto della creatività umana e sulle connessioni con altre opere simili: riflessioni critiche e obiettive, ma che non vogliono dare un giudizio “morale”.

Peter Jackson e la Weta

Chiesa di Urnes e MeduseldIl mondo dell’immagine in generale è pieno di opere frutto dell’ingegno di un artista palesemente ispirate a opere altrui, ma le somiglianze più incredibili si notano soprattutto nel cinema dei blockbuster hollywoodiani. Prendiamo come primo esempio i film di Peter Jackson. Non è un mistero che anche i concept artist della Weta si siano palesemente ispirati alla storia dell’arte delle nostre civiltà arcaiche: cito ad esempio le architetture di Rohan e Pontelagolungo, ma gli esempi sono numerosi. Una copiatura? A mio avviso, per rendere visivamente verosimile una storia fantastica, è fondamentale rifarsi a parametri fissati nella storia dell’uomo: dall’architettura ai costumi fino all’anatomia animale per le creature fantastiche (lo stesso Smaug cinematografico è stato reso più reale attraverso l’utilizzo di dettagli presi da coccodrilli e serpenti). Spostare il punto d’osservazione di un’opera della creatività o attingere dalla realtà per renderla credibile può essere un bene, e poi chi lo sa, magari tra qualche anno, un altro regista deciderà di dirigere un “reboot” del Signore degli Anelli e tutti noi avremo un’altra visione delle opere di Tolkien: magari con un personaggio completamente “dimenticato” da Jackson come Tom Bombadil. Detto questo, possono piacere o meno, ma obiettivamente le trilogie cinematografiche hanno avuto il merito di dare una scossa stimolante al modo di interpretare Tolkien. Alan Lee, John Howe e gli altri artisti della Weta hanno contribuito a svecchiare alcuni steriotipi tolkieniani: Laketown - Pontelagolungoprima dei film, ad esempio, i nani avevano tutti la stessa lunga barba e i vestiti si differenziavano quasi esclusivamente per il colore, mentre gli artisti odierni sono andati molto avanti, mettendo molta più immaginazione nel design delle creature o dando maggior spessore alle personalità di alcuni personaggi.

La fantascienza di Avatar

Film: AvatarPer citare il caso più eclatante di “ispirazione” però, devo fare un ampio exursus nella fantascienza con Avatar di James Cameron. Aldilà del suo incredibile impatto visivo e del merito (o colpa) d’aver riportato il 3D al cinema, come non ammettere che i na’vi hanno molte cose in comune con gli indiani d’America? Abili a cavalcare, si dipingono il viso, usano arco e frecce, credono nella spiritualità della natura, ma vengono invasi e sterminati dalla civiltà dell’uomo bianco. Ovviamente Avatar è stato declinato tutto in chiave fanta/tecnologica quindi le similitudini visive sono difficili da comparare, ma è palese che è una storia assolutamente già vista in Balla coi lupi e L’ultimo samurai: un ex eroe di guerra entra in contatto con un popolo selvaggio nemico, ma scopre i nativi “spirituali, coraggiosi, in armonia con la natura” e ne resta affascinato, diventando parte integrante della tribù e guidandola in una giusta crociata contro la sua stessa corrotta civiltà. Ma per Avatar le similitudini non finiscono qui. Esiste anche un vecchio romanzo del lontano 1957, Call Me Joe di Poul Anderson, che narra, di un giovane paraplegico che si connette telepaticamente con una forma di vita artificiale per esplorare la superficie di un pianeta ostile alla vita umana, finendo per identificarsi maggiormente con il suo nuovo corpo e con la cultura dei nativi. Come se non bastasse, 
Boris Strugackij, uno scrittore russo, sostiene che Avatar sia un plagio del suo Noon Universe, dove si narra di un pianeta denominato casualmente Pandora, abitato, altrettanto casualmente, da una stirpe di alieni chiamata Nave! La 20th Century Fox, che ha distribuito il film, ha preferito non commentare, nonostante il clamore internazionale.
Poi ancora accuse dalla Scandinavia: la pellicola sembrerebbe simile anche ad un altro film d’animazione, abbastanza sconosciuto, dal titolo: Delgo, che è stato in vendita in edicola fino ad un paio di settimane fa.
AvatarFin qui le similitudini della storia, ma il web è inflessibile e inarrestabile anche su altri fronti, infatti si possono facilmente trovare decine di post che denunciano la somiglianza stilistico/visiva di Avatar con il film d’animazione del 2001 Aida degli alberi.
 Ma allora James Cameron ha copiato il design del suo film dal regista Guido Manuli? Non credo, ma se ha realmente copiato dal cartone animato italiano, allora qualcuno mi deve spiegare chi dei due si è ispirato al fumetto Timespirits disegnato nel lontano 1985…
 Le similitudini sono impressionanti.
Vogliamo parlare anche delle montagne volanti di Pandora? Per chi oggi ha più di quarant’anni e ha amato la musica degli Yes, le montagne volanti sono un ricordo strettamente collegato alle copertine di questo gruppo rock, disegnate dall’artista Roger Dean. Che Cameron abbia trovato ispirazione nelle sue illustrazioni, diventa certezza esaminando anche le altre copertine realizzate dall’artista inglese; ad esempio, le rocce a forma di arco di Keys For Ascension del 1996 e sulla copertina di Union del 1991.
Artisti: Roger DeanSi potrebbe andare avanti, invece voglio citare qui un altro film che prende spunto anch’esso in modo evidente da Roger Dean: Battaglia per la Terra, non il film discutibile di John Travolta, ma il film d’animazione intitolato in originale Battle for Terra. In questo caso niente montagne volanti, ma i richiami a Dean sono evidenti nelle navicelle volanti (viste sulla copertina di Fragile) e le città fungo che ricordano a loro volta ancora le montagne di Yessongs. Tra l’altro anche la trama è curiosamente molto simile a quella di Avatar: i malvagi terrestri invadono con tutta la loro tecnologia un pianeta abitato da alieni pacifici e puri, poi un soldato terrestre viene salvato dagli alieni e finisce per battersi al loro fianco, contro i suoi simili.
Comunque gli esempi in questa direzione si sprecano: ricordate I sette Samurai di Akira Kurosawa o I magnifici sette, il film western di Jim Sturges?
 Se questi due titoli non vi dicono nulla, cosa ne dite del secondo film d’animazione della Pixar A bugs life? Ovviamente parliamo di tre generi cinematografici molto diversi, ma è curioso notare che la storia è sempre la stessa: un gruppo di guerrieri (o presunti tali) vengono assoldati per risolvere una questione con una banda di banditi che picchiano e derubano gli abitanti di un piccolo villaggio. La storia è pressoché simile, i guerrieri all’inizio avidi e titubanti, pur essendo in minoranza rispetto ai banditi, decidono di rimanere anche senza essere retribuiti, perchè capiscono di rappresentare l’unica speranza per i poveri abitanti del villaggio. In questi casi i riferimenti al film di Kurosawa sono dichiarati e consapevoli, ma cosa succede quando qualcuno copia se stesso? È legittimo?
Parrebbe proprio di sì, ma la Walt Disney in passato ha superato se stessa: Robin Hood è in gran parte ricalcato su Biancaneve e i sette nani, Il libro della giungla e Gli Aristogatti. Marian fa le stesse mosse di Biancaneve 36 anni prima, Mowgli riceve la stessa leccata canina di Semola ne «La spada della roccia» e in «Winnie The Pooh», Christopher Robin si arrampica sullo stesso albero che Mowgli ha percorso un decennio prima (si può guardare qui il video)…

Solo citazioni?

Cerchia di Rembrandt e CaviniUn ampio dibattito si è tenuto sulla questione di quale sia il limite tra plagio e citazione. Anche Quentin Tarantino, da parte sua, non ha mai negato tutti i suoi riferimenti ad altre pellicole, affermando che «i grandi artisti non copiano, rubano». Una bella affermazione, ironica e originale… Peccato non sia la sua, ma del compositore Igor’ Stravinskij, secondo il quale gli artisti maturi non imitano, ma rubano. In conclusione, qual è la linea sottile che delimita quella “terra di mezzo” tra ispirazione e plagio? L’arte è frutto anche di emozioni ed esperienze prese in prestito da altri, io stesso quando nel 2006 ho realizzato il dipinto King of Rohan mi sono ispirato allo splendido olio L’uomo dall’elmo d’oro realizzato in Olanda, ma il mio è dichiaratamente, una citazione in omaggio ad un’opera d’arte e al Secolo d’oro, un periodo che adoro. Nel caso di Avatar, forse, sarebbe bastato inserire nei titoli di coda i nomi degli autori e degli artisti che hanno ispirato il film, fosse anche solo come ringraziamento, ma con il mega successo del film, questa autodenuncia avrebbe esposto ulteriormente il regista al rischio di vedersi arrivare decine di cause per risarcimento. Intanto sul sito dell’illustratore Roger Dean, nessuna dichiarazione, solo un link che rimanda a una ricerca su Google: “Avatar + Roger Dean”. Come dire, io non dico niente, ma lo dice mezzo mondo…

LINK ESTERNI:
–  – Vai al sito di Ivan Cavini

 

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4 Comments to “Quella terra di mezzo tra ispirazione e plagio”

  1. Daniela ha detto:

    Bell’articolo complimenti Ivan.
    Ma pensa dove hanno sconfinato questi registi, hanno spaziato ovunque e razziato ovunque.
    Ma si sa le storie d’avventura o d’amore più o meno si somigliano tutte.
    Che per ISDA e Lo Hobbit si siano ispirati a popolazioni esistite o esistenti sulla terra non è poi così male come dici tu, in fin dei conti quando vediamo un film, un grande film, per immergerci completamente nella storia dobbiamo comunque avere dei riferimenti a noi conosciuti anche se inconsciamente non ce ne accorgiamo.

    • Ivan ha detto:

      sì, infatti Daniela. Nessun giudizio: l’importante è non prendersi troppo sul serio, ma fare le cose seriamente, poi ci pensano gli altri a giudicarci 😉

  2. Gwindor ha detto:

    Bell’articolo, Ivan, ma hai dimenticato di dire che tutti quanti, alla fine, anche se gli americani in particolare e Cameron ancor più in particolare, non hanno fatto altro che ri-raccontare la storia di Pocahontas 🙂

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