Dal vocabolario Treccani: “ècfraṡi (o ècfraṡis; anche èkphrasis) s. f. [adattamento, o traslitterazione, del greco ἔκϕρασις, derivato da ἐκϕράζω «esporre, descrivere; descrivere con eleganza»]. – Nome che i retori greci davano alla descrizione di un oggetto, di una persona, o all’esposizione circostanziata di un avvenimento, e più in particolare alla descrizione di luoghi e di opere d’arte fatta con stile virtuosisticamente elaborato in modo da gareggiare in forza espressiva con la cosa stessa descritta”.
La formula che è venuta in mente a Ivan Cavini, uno dei più noti e capaci illustratori tolkieniani italiani, socio fondatore dell’AIST, è proprio l’ecfrasi. È il progetto “Parole Dipinte”, che ha visto la luce durante l’ultima edizione di FantastikA, la biennale di illustrazione fantasy, che si è svolta a Dozza (BO) lo scorso settembre, e di cui Cavini è ideatore e direttore artistico fin dal 2014.
Tre soggetti, tre personaggi dell’universo tolkieniano, e altrettanti commenti a opera di due studiose e uno studioso dell’AIST, che hanno fatto dialogare le opere di Cavini con le pagine di Tolkien. Si tratta di una formula modulare, perché può essere riproposta per tanti dei ritratti di Cavini, e chissà che questo non accada nel prossimo futuro, visto il successo riscontrato durante FantastikA.
Galadriel, Melkor e Gollum
Galadriel appare come una sacerdotessa circondata da gigli bianchi, nel gesto di invitare chi osserva a guardare nello specchio. Impossibile non ritrovarci un riferimento ai personaggi femminili di Alfons Mucha (1860-1939), dell’Art Nouveau e dei pittori Preraffaeliti di metà Ottocento. Elisabetta Marchi indaga le fonti di ispirazione del ritratto, ma soprattutto coglie i tanti dettagli che compongono un’illustrazione complessa per i suoi rimandi interni ed esterni rispetto al testo letterario:
«Ivan Cavini ha realizzato un’opera in cui l’arte si riflette nell’Arte. Lo specchio di Galadriel, la sua magia elfica, intreccia le immagini mostrandoci cose che furono, cose che sono e cose che potrebbero essere. Per questo lo specchio è il vero protagonista. Perché in questo modo l’artista riesce a dare spazio ai cambiamenti nell’arco narrativo e nelle intenzioni di Tolkien sulla questione Galadriel, intreccia mondo primario e secondario inserendo rimandi all’universo jacksoniano, a Mucha, e come vedremo a Waterhouse, rimodellando ogni flusso d’informazione attraverso il suo personale punto di vista».
Melkor si presenta in una triplice veste: in primissimo piano, con il viso coperto da una maschera di ferro; poi a viso scoperto, un viso anziano e serafico; ma anche in campo lungo, nel momento di accettare la sfida a duello del re elfico Fingolfin. Barbara Sanguineti legge nei tratti del viso, nello sguardo del personaggio, nel grande cranio oblungo, sopra il quale spicca il Silmaril, la natura ingannatrice del maggiore nemico dei Valar, un «essere ancor più mostruoso perché dotato di volto saggio e giusto»:
«L’aspetto più inquietante ed evidente di questa testa, ovvero l’elongazione del cranio, potrebbe in chiave positiva alludere a una conoscenza, volontà e consapevolezza superiori. In negativo ciò si ribalta in prevaricazione e controllo mentale: un potere che può superare l’inespressività della maschera e arrivare alle menti dei suoi sudditi, o schiavi. Ivan Cavini afferma di essersi ispirato alla mitra, copricapo tipico del clero, ricordando che nella Terra di Mezzo è esistito un unico culto ‘formale’, che si afferma a Númenor nella Seconda Era, in cui Sauron proponeva al popolo Morgoth come dio, con tutto il conseguente apparato di riti e sacrifici umani. Se la guardiamo con i nostri occhi da mondo primario questa caratteristica, cioè la sproporzione della fronte, può anche suggerire la superbia e orgoglio smisurati che caratterizzano il personaggio. Nel nostro mondo la superbia è stigmatizzata come gravissimo peccato capitale».
Il terzo ritratto è quello di Gollum, in una veste particolarmente umana, da uomo anziano, appassito, e dallo sguardo azzurro e profondo, con il viso tra le mani. Wu Ming 4 lo racconta così, esaltando gli aspetti del personaggio letterario colti dall’artista:
«Se il Gollum iconico e ormai celeberrimo di Peter Jackson e di Andy Serkis era smilzo, glabro, viscido, con la pelle diafana… questo Gollum è quasi l’opposto. La vecchiaia la porta incisa in un corpo che non è animalesco, ma normale, almeno per quanto ne vediamo. Questo è un volto molto più umano rispetto a come siamo abituati a vedere Gollum. L’artista qui ci sta dicendo qualcosa di diverso rispetto a quello che ci è stato detto finora dalle trasposizioni audiovisive. O meglio, sta esaltando un aspetto del personaggio letterario. Se Jackson calcava la mano sulla mostruosità deforme di Gollum, qui noi lo vediamo in tutta la sua umanità… vediamo il vecchio Sméagol. Che ci guarda, o meglio, ci sbircia».
Tre letture che si sono tenute dal vivo, durante il festival, e che vengono qui riproposte in altrettanti pdf scaricabili per chi fosse interessato e non avesse potuto partecipare a FantastikA.
Buona lettura.
L’INTERVENTO DI ELISABETTA MARCHI
L’INTERVENTO DI BARBARA SANGUINETI
LINK ESTERNI:
– Vai al sito ufficiale di Fantastika
– Vai alla pagina facebook Centro Studi – la Tana del Drago
– Vai al sito ufficiale della Fondazione Dozza Città d’Arte
– Vai al sito di Ivan Cavini
ARTICOLI PRECEDENTI:
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