Il Signore degli Anelli di Ralph Bakshi sfiora la soglia dei 50 anni, eppure continua a far parlare di sé. Un cult che, infatti, con Amazon sarà ridistribuito in Blu-ray in un edizione rimasterizzata deluxe, accompagnata da un’intervista esclusiva al suo stesso autore. Si tratta di un grande passo in avanti, soprattutto per l’edizione italiana che non ha ancora visto una ristampa home video, se non quella in DVD del 2010. Non male, insomma, considerando che fin dalla sua uscita nelle sale il film è stato ritenuto un mezzo flop.
Il Signore degli Anelli nella versione animata dal regista originario di Brooklyn è infatti un sogno mai realizzato, almeno non per intero; un capolavoro di sperimentazione tecnica e di avanguardia visiva, che ha sfidato i tempi immaturi della produzione statunitense. Questo perché, anche se il pubblico era pronto per una grande trasposizione su grande schermo, quelli che non osavano fare il grande passo erano proprio coloro che a Hollywood si scervellavano su come rendere realtà un progetto di simile portata. Risultato? Un film a metà, tagliato di netto dopo la battaglia del Fosso di Helm, con un finale sospeso in attesa di un seguito che non arriverà mai.
Il viaggio travagliato di un racconto “infilmabile”
Asettica, indigesta, la “prima parte” si conclude infatti con le parole quasi profetiche del narratore: «Le forze dell’Oscurità vennero ricacciate per sempre dalla faccia della Terra di Mezzo. E con la fine della loro vittoriosa battaglia, finisce anche il primo grande favoloso racconto del Signore degli Anelli». Quel «Per sempre», che allora suonava più come un “Non è finita qua”, è diventato poi di fatto la lapide tombale del progetto.
Eppure le premesse sembravano buone, tanto che la Tolkien Estate (al tempo rappresentata dai figli del Professore) aveva dato il proprio benestare. Dopo 20 anni dall’uscita della Compagnia dell’Anello, contatti continui, spesso a vuoto, tra Oxford e Los Angeles, un progetto fallito con il regista e sceneggiatore John Boorman e un altro – si vocifera – ideato e interpretato dai Beatles (ma castrato sul nascere da Tolkien in persona), si stava producendo il primo vero adattamento cinematografico in assoluto del romanzo. Non una novità per i racconti di Tolkien in generale (prima di tutto arrivò Lo Hobbit della coppia Rankin/Bass), ma di sicuro una novità per quello che era considerato come un libro “infilmabile”, un viaggio ritenuto impraticabile e intricato tanto quanto quello di Frodo e Sam lungo la strada per Mordor.
Troppe erano le incognite, e altrettanti i conflitti con la United Artists, che aveva acquisito i diritti e che curò anche le prime fasi della sceneggiatura di Boorman. I produttori infatti spingevano per raccogliere la storia in un film solo, proprio come nei piani dello sceneggiatore statunitense. Alla fine Bakshi riuscì ad accordarsi per due capitoli. I tanti problemi di produzione continuarono però anche durante la produzione: Bakshi inizialmente pensò, ad esempio, ai Led Zeppelin per la colonna sonora, ma la produzione insistette per chiamare invece un compositore Usa, Leonard Rosenman, che diede alle musiche un’aria tanto epica quanto distaccata dal profilo estetico del film, risultando quasi aliena.
Ralph Bakshi
Nonostante le critiche e il flop commerciale di pubblico e di critica (anche attuale), l’opera di Bakshi rappresenta tuttavia ancora oggi un’avanguardistica quanto leggendaria trasposizione del Signore degli Anelli: coraggiosa, sperimentale ed evocativa, in una misura cui nemmeno lo stesso Ralph Bakshi era abituato. Il suo fantasy si mischia alla satira politica e alla slapstick cartoonesca, con quel sapore critico sprezzante contro la società contemporanea (Fritz the Cat, Heavy Traffic, Coonskin) che viene dipinta e catturata nel suo essere più basso e nascosto, e quindi autentico. Bakshi era perfetto: riusciva a dare al romanzo quel gusto pop e postmoderno che interessava specialmente ai produttori, mantenendo tuttavia quella stessa fedeltà e attaccamento all’opera originale. Non sorprende dunque l’amore che sbocciò tra lui e il fantasy, e infatti, proprio come John Boorman, che riciclò alcune intuizioni dalla sua sceneggiatura di 700 pagine del Signore degli Anelli per girare Excalibur, anche Bakshi si innamora del fantasy. Durante la lavorazione a intermittenza, tra un’interruzione produttiva e l’altra, girerà Wizards, film animato in rotoscopio che il regista unisce al found footage, dove viene rappresentato un pianeta terra distrutto da una guerra nucleare in cui l’unica eredità rimasta dell’essere umano è la propaganda nazista.
Ma per tornare al romanzo di Tolkien: Bakshi lavora con l’high fantasy e porta avanti un tipo di operazione diversa, scendendo nei bassifondi, mettendosi in comunicazione con i reietti, proiettando (soprattutto con lo stile e la forma) una propria idea di racconto e critica al blocco occidentale della Guerra Fredda, mantenendo allo stesso tempo intatto il sostrato mitico e reale del messaggio tolkieniano. A metà tra la citazione creativa e gli elementi iconografici del XX secolo, Ralph Bakshi è diventato, forse, uno dei primi autori in assoluto a proporre un genere fantastico diverso, meno aulico ma sicuramente pregnante, autentico e contemporaneo. Un anello di congiunzione tra l’uomo del primo Novecento di Tolkien e la generazione postmoderna che si è innamorata dei film di Peter Jackson (non a caso, un grande ammiratore dell’autore newyorkese). Il Signore degli Anelli del 1978 rappresenta così la pura passione tolkieniana, giustamente imperfetta, canonicamente immortale, che entra di petto nel suo stesso Legendarium.
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LINK ESTERNI:
– Vai al sito web di Ralph Bakshi
– Vai al sito della Middle-earth Enterprises, divisione della Saul Zaentz Company
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