Il Signore degli Anelli di Ralph Bakshi sfiora la soglia dei 50 anni, eppure continua a far parlare di sé. Un cult che, infatti, con Amazon sarà ridistribuito in Blu-ray in un edizione rimasterizzata deluxe, accompagnata da un’intervista esclusiva al suo stesso autore. Si tratta di un grande passo in avanti, soprattutto per l’edizione italiana che non ha ancora visto una ristampa home video, se non quella in DVD del 2010. Non male, insomma, considerando che fin dalla sua uscita nelle sale il film è stato ritenuto un mezzo flop.
Il Signore degli Anelli nella versione animata dal regista originario di Brooklyn è infatti un sogno mai realizzato, almeno non per intero; un capolavoro di sperimentazione tecnica e di avanguardia visiva, che ha sfidato i tempi immaturi della produzione statunitense. Questo perché, anche se il pubblico era pronto per una grande trasposizione su grande schermo, quelli che non osavano fare il grande passo erano proprio coloro che a Hollywood si scervellavano su come rendere realtà un progetto di simile portata. Risultato? Un film a metà, tagliato di netto dopo la battaglia del Fosso di Helm, con un finale sospeso in attesa di un seguito che non arriverà mai.
Autore: Andrea Marcianò
The Hunt for Gollum: le novità sul nuovo film
Prima il divieto sul fan-film The Hunt for Gollum (ritirato subito dopo), poi la foto girata sui social che mostrava Andy Serkis insieme a una presunta troupe della produzione a Hobbiton in Nuova Zelanda, poi ancora gli storici attori del cast originale che avrebbero preso parte al nuovo avvincente capitolo della saga. Ora anche il rinvio di un anno dell’uscita: dal 2026, come annunciato dalla Warner Bros lo scorso maggio, alla fine del 2027, come specificato invece da Andy Serkis in persona durante il Fan Expo Vancouver di febbraio. Insomma, Lord of the Rings: Hunt for Gollum non è neppure stato scritto e ha già fatto parlare di sé più di qualsiasi altra produzione fantasy dell’ultimo anno. L’hype dei fan non è alle stelle: di più, e ciò significa che a questo giro, a differenza de Gli Anelli del Potere e de La Guerra dei Rohirrim, è vietato sbagliare. In gioco c’è la potenziale credibilità dei futuri film sul Legendarium, che rischierebbe così di sprofondare, cinematograficamente parlando, in un baratro paragonabile solo a quello che ci fu fino agli anni ’90, periodo antecedente al capolavoro (e quindi a questo punto miracolo?) della trilogia di casa New Line Cinema.
La guerra dei Rohirrim: La recensione del film
Dopo esser passato nella seconda parte di Dicembre nel resto del mondo, Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim arriva finalmente al cinema anche da noi. È approdato infatti in sala il 1° gennaio 2025, dopo una lunghissima attesa più che giustificata, dato che il film diretto da Kenji Kamiyama si porta dietro alcune interessanti e inedite premesse. Innanzitutto, si tratta di un’opera in stile anime, una tecnica finora mai utilizzata per un adattamento del Legendarium, ma, ancora più importante, è il fatto che il film rappresenta un prequel della trilogia di Peter Jackson, diventando così un capitolo ufficiale della saga del Signore degli Anelli, iniziata 25 anni fa e continuata qualche decennio successivo con Lo Hobbit.
Un documentario sulla vita di Tolkien su Arte
Il Reale nella letteratura fantastica è spesso fonte di infinito dibattito. Scavare a fondo in un’opera significa d’altronde entrare nella testa del suo autore, un modo di comprenderne le ispirazioni e intenzioni anche se, spesso, si trasforma in un gioco morboso che si allontana dal significato del fine autoriale per avvicinarsi, invece, al più mero pettegolezzo. Lo stesso Tolkien, per rispondere alle teorie dei lettori sui riferimenti realmente esistenti e poi allegorizzati nella Terra di Mezzo, aveva chiarito dividendo nettamente le due cose. Esiste un mondo primario (il nostro) e un mondo secondario (quello mitopoietico). Due realtà in generale connesse, che dialogano tra loro, ma equidistanti allo stesso tempo e parallele.
Eppure, la mente dei “fan” non ha mai smesso di vagare, nonostante le numerose smentite, alla ricerca di luoghi, episodi nel tempo, culture, colline, angoli di bosco e grotte che abbiano potuto influenzare il professore di Oxford nel procreare il suo compendio leggendario.
Di cosa tratta il nuovo documentario sul Signore degli Anelli?

Un ulteriore capitolo della saga “Sulle tracce tolkieniane” si è aggiunto qualche settimana fa, il 5 dicembre 2024, con l’uscita del documentario di produzione franco-tedesca intitolato Tolkien: la vera storia del Signore degli Anelli (Tolkien: Die wahre Geschichte der Ringe / Tolkien: la véritable histoire des anneaux), diretto da Jean-Christoph Caron e Matthias Schmidt e messo a disposizione gratuitamente sulla piattaforma Arte fino almeno al 5 marzo 2025. Un viaggio introspettivo nella vita dello scrittore e nelle esperienze che potrebbero averlo influenzato nella creazione del mondo di Arda. Vengono trattati così gli episodi più noti: la Prima guerra mondiale, l’infanzia a Birmingham, il rapporto prima con la madre e poi con la zia, i primi anni a Oxford, ma soprattutto il viaggio sulle Alpi in Svizzera (dove Tolkien rischiò di perdere la vita), al quale viene dato molto spazio grazie all’equipe di documentaristi che ha percorso i suoi stessi passi, tra rifugi e sentieri sulle montagne intorno al Lauterbrunnen.
Sul viaggio svizzero, che Tolkien compì nel 1911, gli autori non hanno dubbi: si tratta, addirittura, di un episodio determinante nella creazione di diversi personaggi (Gandalf e gli hobbit stessi) e fonte di ispirazione per numerosi luoghi (i Monti Brumosi, il Monte Fato, le stesse Morte Paludi). Il tutto narrato senza nascondere una certa fierezza (il documentario è infatti prodotto anche dalla ZDF, tv di stato tedesca), dove si cerca un dialogo con la cultura nordica, con la quale Tolkien possedeva, invece, un rapporto burrascoso a causa delle devianze nazionalsocialiste del suo secolo. Come non ricordare la Lettera n. 30 all’editore Rütten & Loening, che chiese a Tolkien i diritti dello Hobbit insieme a un “certificato di arianità”, missiva alla quale il professore rispose con il suo tipico humour: «Mi dispiace, ma sembra che io non abbia antenati di quel popolo dotato» (riferendosi a quello ebraico), o il fatto che Sauron non fosse in realtà un’allegoria della figura moderna del dittatore totalitario, come Hitler. Si ricorda, inoltre, del primo conflitto e di come esso fosse stato di ispirazione per gli orchi, che, si badi bene, non sono i nemici naturali di quella guerra (i tedeschi, dal punto di vista degli inglesi), posto deputato che invece spetta al medesimo contesto bellico massificato («In trincea eravamo tutti orchi» come scrisse Tolkien, in una lettera citata nel documentario).
Il ritratto tolkieniano fan-oriented: artista unico, oltre gli stereotipi
Il film è così un documento interessante arricchito di dettagli non così scontati, in grado di affrontare le più importanti tematiche a cui era legato Tolkien in vita. Si veda per esempio la sua visione della Storia, della perduta mitologia britannica, e del rapporto tra uomo e natura, in senso non ambientalistico fine a sé stesso, ma costruttivo di una visione più ampia e in un certo qual modo nostalgico. Il tutto è avvalorato da numerosi interventi di importanti esperti orbitanti soprattutto intorno all’accademia franco-tedesca degli studi tolkieniani: Thomas Dillinger, John Garth, Thomas Honegger, ma anche Stuart Lee, Vincent Ferré, Annika Röttinger, Dimitra Fimi, Marcel R. Bülles e Martin S. Monsch.
Soprattutto spicca il Tolkien artista, quello “unico” e “inimitabile” (che «Non esistono artisti come lui» lo ricorda anche lo studioso francese Vincent Ferré), come definito anche dalla studiosa nostrana Roberta Tosi nel suo L’arte di Tolkien. C’è inoltre il tema della donna, spesso veicolo di dibattiti, specie negli ultimi anni: la rivalutazione di un autore che – come se lo avessimo scoperto solo ora – ha in realtà scritto di grandi personaggi femminili (si citano Lúthien e Galadriel, ovviamente). Tolkien: la vera storia sa perfettamente dove andare a parare: è un tassello iniziale fan-oriented di chi si è approcciato all’autore da poco, con un focus principalmente indirizzato verso quella che è la cultura nordica-germanica, il racconto cronachistico della sua vita relazionata al Signore degli Anelli. Ma, a onor del vero, è anche un interessante racconto che non si risparmia chicche per i più amatori, tra cui la mitica teoria delle “ossa della minestra”. Ce n’é, insomma, per tutti i gusti.
Regia: Jean-Christoph Caron e Matthias Schmidt
Paese: Germania – Francia
Anno: 2024
Durata: 202491 min
Disponibilità: fino al 05/03/2025 a questo link
Descrizione: «Io stesso mi sento un Hobbit, tranne per la statura”. J.R.R. Tolkien, grande pioniere dei romanzi fantasy, capace di ispirare autori successivi (e persino musicisti come i Beatles), ha lasciato un segno indelebile nella letteratura mondiale del XX° secolo. Focalizzandosi su luoghi, esperienze ed eventi chiave della sua vita, a partire dalle sue amatissime West Midlands in Gran Bretagna, questo documentario risale alle fonti che hanno ispirato e alimentato la fertile immaginazione del Padre del Signore degli Anelli».
ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Esce il documentario Il Creatore di mondi
– Leggi l’articolo Come la Warner Bros produsse Il Signore degli Anelli
– Leggi l’articolo La vita di Tolkien: un film a lungo atteso?
– Leggi l’articolo Il biopic su Tolkien e la Prima Guerra Mondiale
LINK ESTERNI:
– Vai al sito del canale tv francese Arte
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FantastikA 2024: ecco la forma del fantastico
Il 2024 corona un’altra edizione di FantastikA, la biennale d’illustrazione dedicata al fantastico e in particolar modo all’illustrazione fantasy italiana. Come sempre, teatro dell’evento, svoltosi nel weekend del 21-22 settembre scorso, è il borgo di Dozza (BO), in un contesto semi-borderline causa alluvione. Nonostante siamo arrivati alla 7^ edizione, sono passati ufficialmente 10 anni da quel 2014 in cui, da un’intuizione di Ivan Cavini, si organizzò il primo FantastikA. Da quel momento il festival ha spesso cambiato volto, rimanendo però costantemente ancorato ai suoi luoghi prediletti: la Rocca sforzesca cinquecentesca, le mura di Dozza, ma anche la Tana del Drago, la sede dell’AIST. Stessa spiaggia stesso mare, ma non la formula e soprattutto la forma. Workshop, conferenze, incontri e mostre: tutto è servito per alimentare La Forma del Drago, difatti il tema che ha inaugurato questi dieci anni di festival.

