Trascorsa una settimana, come preannunciato, eccoci nuovamente immersi nel mondo dell’arte ispirata a Tolkien, alla ricerca dell’illustrazione che più catturi, secondo l’opinione dei nostri lettori, l’essenza del drago Smaug. In questa seconda manche troveremo altre 25 immagini, tra le quali sono presenti opere appartenenti ad uno degli illustratori più famosi del mondo tolkieniano, ovvero John Howe, conosciuto anche per la sua partecipazione alla realizzazione dei film di Peter Jackson. Howe ha pertanto influenzato più di altri artisti l’immaginario legato alla Terra di Mezzo, ma con quale spirito egli si è approcciato a questo mondo?
John Howe, nel suo Artbook edito dalla Nestiveqnen Éditions (2004), descrive il mondo della Terra di Mezzo come intensamente visivo ed allo stesso tempo difficile da rappresentare, in quanto secondo l’illustratore per Tolkien ciascuna parola vale un milione di immagini. Secondo l’illustratore, la relazione tra l’arte figurativa e le opere di Tolkien ha una caratterizzazione assai peculiare: “Le Seigneur des Anneaux et la Terre du Milieu ne peuvent pas être illustrés. Bien sûr, on peut dessiner des images, en aligner les tableaux dans des galeries, en faire des livres illustrés, en tirer des films, mais aucune de ces images ne saurait être définitives. Elles ne peuvent définir le monde lui-même, ou en faire la somme, ou le cartographier una fois pour toutes. Ce sont des esquisses, des aperçus imparfaits vus à travers des nuages ou de la brume changeante. Ce sont des réalisations partielles car la nécessité de fixer la vision sur une page la réduit à épingler sur une planche les papillons aperçus dans le jardin.” (Il Signore degli Anelli e la Terra di Mezzo non possono essere illustrati. Certo, si possono disegnare delle immagini, allineare i quadri nelle gallerie, fare dei libri illustrati, girare dei film, ma nessuna di queste immagini saprà essere definitiva. Esse non potranno definire il mondo stesso, o rappresentarlo per intero, o mapparlo una volta per tutte. Sono degli schizzi, degli scorci imperfetti visti attraverso le nuvole o la nebbia in continuo cambiamento. Sono delle realizzazioni parziali poiché la necessità di fissare la visione su una pagina la riduce all’appuntare su una tavola le farfalle scorte nel giardino.).
Questa riflessione potrebbe portare ad abbandonare l’idea di tentare di rappresentare il mondo creato dal professore, ma così non è: Howe rimarca che Tolkien stesso, seppure fosse generalmente scettico nei confronti della rappresentazione visiva delle opere di fantasia, prese in mano matita e pennello per illustrare i suoi scritti. Spostando il focus dall’autore ai moderni illustratori, Howe espone la propria opinione in merito: “« Illustration » est cependant un terme adéquat pour décrire la peinture des Terres du Milieu. Étymologiquement, cela signifie apporter la lumière, c’est l’acte de rendre lumineux ou clair, de semer un peu de clarté ici ou là. Ne pas être obligé d’en montrer trop; éviter le besoin de compter les virgules, mais choisir où iront la lumière et l’obscurité. Permettre à l’intuitif de prendre le pas sur l’encyclopédique.” («Illustrazione» è, ciononostante, un termine adeguato per descrivere il dipingere la Terra di Mezzo. Etimologicamente, significa portare la luce, è l’atto di rendere luminoso o chiaro, di spargere un po’ di chiarezza qui o là. Non si è obbligati a mostrare troppo; evitare il bisogno di mettere i puntini sulle i, ma scegliere dove andrà la luce e l’oscurità. Permettere a l’intuitivo di prendere il sopravvento sull’enciclopedico.).
L’approccio di Howe alle opere tolkieniane spicca per la completezza della sua visione: gli scritti del professore non sono visti solamente come letteratura fantasy, ma come degni dello stesso rispetto riservato alla Storia e alla mitologia nel momento in cui l’artista si appresta ad illustrarli.
