Leggere Tolkien ai tempi dei cambiamenti climatici

IsengardLe letture allegoriche del Signore degli Anelli infastidivano Tolkien. Nella prefazione alla seconda edizione del romanzo, ha scritto della propria avversione per l’allegoria in tutte le sue forme: «Preferisco di gran lunga la storia, vera o fittizia». E l’ambientalismo che traspare palesemente da tutte le cronache della Terra di mezzo, dalla ribellione della Foresta di Fangorn al Repulisti della Contea fino alla distruzione dei Due Alberi di Valinor? Scaturisce fondamentalmente dalla sua storia personale, da un’infanzia in cui «il Paese in cui vivevo veniva miseramente distrutto prima che avessi dieci anni», resa, però, mitica. Prima che compissi dieci anni veniva pubblicato il terzo di una serie di rapporti scientifici internazionali sul surriscaldamento della nostra Terra, e il Protocollo di Kyoto stabiliva obiettivi per i paesi al fine di ridurre le emissioni di gas serra. Prima di questi sviluppi, Svante Arrhenius aveva collegato la combustione del carbone all’aumento dei livelli di anidride carbonica e al surriscaldamento del clima, John Tyndall aveva individuato i gas responsabili dell’effetto serra ed Eunice Foote aveva realizzato che l’anidride carbonica poteva intrappolare il calore del sole. In effetti, Arrhenius aveva svolto il suo lavoro molto prima che io nascessi, in prossimità della nascita di Tolkien e Tyndall e Foote, prima di questa.
Quando si tratta di ciò che è vero e di ciò che è falso, la storicità del cambiamento climatico è un fatto accertato, e la negazione intenzionale di questa realtà è una narrazione tossica. Il cambiamento climatico era già in atto negli anni in cui Tolkien viveva e scriveva. Anche se forse non era al corrente della crescente comprensione del riscaldamento globale, penso che il suo lavoro sia direttamente applicabile per tutti noi che sperimentiamo l’attuale proliferare di titoli spaventosi sui disastri climatici e pensiamo, come Frodo: «Vorrei che non fosse successo nel corso della mia vita». Tolkien, se non era un ambientalista dichiarato, era certamente un autore bucolico, un amante degli alberi e della campagna e un oppositore dell’industrializzazione inquinante. Ent, Aquile, Beorniani e altre forme di personificazione della natura riempiono la sua opera, così come i nodi della trama e gli sviluppi che derivano dalla distruzione di uno o più alberi (o Alberi). Le sue lettere lo dicono ancora più chiaramente: «Il violento rumore delle motosega non è mai silenzioso ovunque crescano gli alberi» (NdT – Lettera #339) . Il cambiamento climatico è la deforestazione industriale su larga scala. Per me non c’è autore che dia al mondo naturale ciò che gli è dovuto come Tolkien.
Con la serie Gli Anelli del Potere di Amazon che suscita una nuova ondata di interesse popolar-culturale per la Terra di Mezzo e, allo stesso tempo, con le temperature globali che stanno infrangendo ogni record e causando eventi meteorologici estremi in tutto il mondo, mi sono ritrovata a desiderare Tolkien o una voce simile alla sua per il ventunesimo secolo: qualcuno che esprima parole sul mondo vivente, una scrittura che emerga da un amore manifesto e sincero per la natura. La crescente minaccia del cambiamento climatico mi spinge a tornare alle preferenze della mia infanzia per cercare la saggezza per affrontare le lunghe sconfitte in questo Secolo di Disastri, per cercare una luce al di là, in un tempo buio per il pianeta e i suoi abitanti.

Il mio preferito tra tutti i lavori di Tolkien è Il Silmarillion. Di gran lunga il più bello, è il Legendarium della Terra di Mezzo e di Arda, il mito dettagliato che rievoca le Metamorfosi, il Kalevala e Beowulf. Nei luoghi che i lettori incontrano attraverso Il Silmarillion e altrove negli scritti di Tolkien – Lothlórien, Il Doriath e Boscuro – osserviamo gli Elfi (o almeno gli Elfi Sindar) vivere in simbiosi con le foreste e i paesaggi che li circondano. Ma sebbene Gondolin, la Città Nascosta tra le montagne, tragga vantaggio dalla sua geografia per isolarsi dal resto del Beleriand e dalle forze di Morgoth, la città è rinchiusa dietro ad alte mura che servono a trattenere dentro oltre che fuori. La decisione dei Gondolindrim di rimanere nella loro valle nascosta, deliberatamente ignari delle traversie degli Elfi come degli Uomini, che, al di fuori, soffrono le redini infuocate di Morgoth, si rivela tragicamente miope.
A questo punto, molti fra i Noldor possono essere definiti artigiani più che ambientalisti. Il re di Gondolin, Turgon, viene addirittura avvertito dal dio Ulmo di non amare “troppo il lavoro delle proprie mani”. Turgon ignora due volte gli avvertimenti dei Vala, e alla fine è proprio il nipote di Turgon a essere spinto al tradimento da Morgoth. La città cade di fronte ai mostri d’ombra e fuoco di Morgoth; coloro che fuggono da Gondolin trovano la via d’uscita, attraverso fumo e confusione, solo grazie alla preparazione della figlia di Turgon, Idril. Volendo leggere questo allegoricamente, nella nostra attuale era di disastri climatici – un Balrog o un drago sono forse peggio di un violento incendio? – i sopravvissuti della caduta Gondolin sarebbero rifugiati climatici. Non sono gli ultimi; quando la Prima Era finisce con la Guerra dei Valar, la geografia e, in un certo senso, l’ecologia della Terra di Mezzo sono drasticamente cambiate. Il Beleriand sprofonda sotto le onde e forse un terzo del continente della Terra di Mezzo è perduto. I suoi abitanti (quelli che non possono o non vogliono salpare per Valinor) migrano verso il Lindon o più a est, in regioni della mappa che i lettori riconosceranno dalla Seconda Era in poi.
È questo il modo “corretto” di leggere Il Silmarillion? L’allegoria non regge pienamente; potrebbe anche sfiorare i confini della fanfiction. Tuttavia, nelle successive stampe de Il Signore degli Anelli, Tolkien riconosce l’applicabilità, così come respinse l’allegoria, scrivendo nella Prefazione che molte persone spesso confondevano le due cose. Trovo che applicare la lente del cambiamento climatico sia utile, persino ottimista, considerando la resilienza e la sopravvivenza dei personaggi di Tolkien che, come Idril e Tuor, possedevano la preveggenza e il coraggio per riconoscere e pianificare contro la speranza vana.
Ne La Compagnia dell’Anello, Galadriel – che non era presente alla caduta di Gondolin ma sopravvisse a numerosi altri disastri (in)naturali – dice ai membri della Compagnia che lei e Celeborn hanno combattuto per anni “la lunga sconfitta”. La distruzione dell’Anello e la fine di Sauron comporteranno per gli Elfi sia la vittoria che la sconfitta, poiché il potere dei loro stessi anelli svanirà e loro dovranno andarsene. È a Lothlórien che Sam guarda nello Specchio di Galadriel e vede la devastazione della Contea, non semplicemente una premonizione, come scoprono in seguito i quattro Hobbit della Compagnia. Dopo la distruzione dell’Anello, viaggiando verso casa, vengono accolti da una Contea recintata, bruciata e in rovina nel penultimo capitolo del racconto epico. La distruzione della campagna verde e pacifica evoca tutto ciò che va contro l’ambientalismo di Tolkien: brutte case fatiscenti dove un tempo c’erano gli alberi; Bywater e Hobbiton annerite, inquinate e bruciate; la distruzione sfrenata di alberi e boschi apparentemente per il gusto di farlo; e a Casa Baggins, Saruman, con la sua famigerata “mente di metallo e d’ingranaggi”.
Sopra tutto aleggia, letteralmente, il fumo nero e il fetore del carbone usato per alimentare i mulini. Tolkien non aveva bisogno di essere un chimico per capire che la combustione del carbone avrebbe alterato per sempre il paesaggio di un luogo, né il contadino Cotton aveva bisogno di essere un ecologista per capire che se Sharkey/Saruman voleva “trasformare la Contea in un deserto, [aveva] imboccato la strada giusta”. Le esperienze di Frodo, Sam, Merry e Pippin sono più di un avvertimento che gli avventurieri non tornano immutati dalle loro avventure. La Contea stessa è cambiata. Come sottolineano sia Sam che Saruman in modi diversi e con parole diverse, è difficile tornare indietro da un cambiamento quando sulla linea del fronte c’è casa tua. Forse, come da Sam (prima che si ricordi della polvere elfica ricevuta da Galadriel e inizi a riseminare), verrebbe da chiedersi quante generazioni passeranno prima che i nostri discendenti siano in grado di vedere gli alberi come facevamo noi una volta.

Il repulisti della Contea e le sue conseguenze non sono semplicemente a favore degli alberi: sono a favore della gestione responsabile e contro l’inquinamento. L’ombra della sconfitta tocca ogni fronte. Ci sono, proprio adesso, persone sulla nostra Terra che combattono il Big Oil e il Big Pipeline sui palcoscenici globali più grandi, ma ci sono anche persone nelle loro città che resistono all’ultimo tentativo di far rinascere un inceneritore, espandere un impianto di plastica cancerogena, o far passare un treno carico di gas naturale liquido attraverso il centro. Pro-alberi, anti-inquinamento: è tutto parte integrante dell’affrontare il complesso sistema di gineprai che sono il cambiamento climatico, la perdita della biodiversità, la lunga e deludente serie di disastri e sconfitte ecologiche.
Dopo che gli Hobbit si uniscono e riprendono la Contea da Sharkey/Saruman, è Sam Gamgee a portare avanti la causa, attingendo a un’eredità familiare di gestione della terra e di tutto ciò che vive su di essa. I Sam Gamgee del mondo sono quelli che prendono posizione e dicono: «Per dire che è finita bisogna prima togliere di mezzo tutto questo macello». È un’idea presente in tutti i racconti sugli Hobbit, che culmina con il Fattore Cotton e il popolo della Contea che si sollevano insieme per intrappolare i ruffiani di Sharkey, dopo che Merry e Pippin accendono in loro la scintilla della ribellione. La stessa idea risale a centinaia di pagine prima, alla formazione della Compagnia a Valforra. Ci sono certamente vari modi per mappare il Monomito, o una qualsiasi delle tante formulazioni moderne della del Viaggio dell’Eroe, sulla struttura del Signore degli Anelli, incluso il Ritorno al mondo ordinario attraverso il Repulisti della Contea. Ma io non leggo la storia di Frodo in questo modo. Per prima cosa, sappiamo che Frodo fallisce negli ultimi istanti della sua cerca e sono Gollum (e Sam!) che assicurano la distruzione dell’Anello. D’altro canto è inerente alla creazione stessa della Compagnia dell’Anello la consapevolezza che il compito è troppo arduo per essere portato a termine da chiunque, da solo.
Aragorn è un re, ma il suo ritorno a Gondor non significa nulla se l’Anello non viene distrutto. Boromir è nobile ma viene tradito dalla sua stessa idea eroismo. Gandalf ha i poteri di un semidio, ma riconosce che nemmeno qualcuno potente come un Signore degli Elfi potrebbe assaltare Mordor per aprire la strada a Frodo. Gli altri membri della Compagnia non sono semplicemente aiutanti o mentori di Frodo. Combattono battaglie (metaforiche e letterali) sia sulle pagine che dietro le quinte, nonostante gli esiti molto incerti per loro stessi e per la Cerca nel suo insieme.
Su un libro pubblicato nel 2016 intitolato The Great Derangement, l’autore Amitav Ghosh ha sostenuto che fino a quel momento, la quantità di narrativa (o almeno di narrativa letteraria) che faceva i conti con il cambiamento climatico era piccolissima in proporzione alla scala e alla portata della crisi. Anche se penso che questo stia cambiando (meglio tardi che mai), forse un po’ più di rilettura revisionista servirebbe a ridurre il divario tra ciò che c’è e ciò che potrebbe ancora esserci. Rileggere Tolkien, non per la speranza di un’allegoria, ma per la possibilità di paralleli che si applichino alle nostre circostanze attuali, offre conforto, saggezza e avvertimenti. Il percorso da seguire non sarà facile e non esiste alcuna figura messianica in arrivo per salvarci dal cambiamento climatico. Siamo tutti Hobbit adesso.

Traduzione di “The Long Defeat”: Reading Tolkien in the Time of Climate Change di Alyssa Hull.
Alyssa Hull è una scrittrice, educatrice e una filosofa della scienza che vive nel piccolo (ma grazioso) stato del Delaware. I suoi scritti sono stati pubblicati in precedenza sul McSweeney’s and Literary Hub.

Ascolta la live “Ecologia e ambientalismo in Tolkien” con Paolo Nardi e Wu Ming 4

LINK ESTERNI:
– Vai all’articolo originale: The Long Defeat”: Reading Tolkien in the Time of Climate Change 
– Vai alla Lettera Lettera #339  su TolkienGuide
– Vai al sito ufficiale del libro The Great Derangement

La natura in Tolkien? Un nuovo libro se ne occupa

Tolkien appoggiato ad un alberoNuovo libro per Eterea Edizioni alla scoperta del perché la Natura nella Terra di Mezzo sia a tutti gli effetti il decimo membro della Compagnia, e non un semplice sfondo per epiche avventure. «Amo i giardini, gli alberi e le fattorie non meccanizzate», scriveva J.R.R. Tolkien in una lettera (n. 213) ed è evidente nelle sue opere. Il volume Paesaggi della Terra di Mezzo – La natura nelle opere di J.R.R. Tolkien, curato da Roberto Arduini e Cecilia Barella (20 euro, splendida illustrazione di copertina di Ivan Cavini) costituisce un vero e proprio viaggio nella Terra di Mezzo, alla scoperta dei diversi habitat naturali, della flora e della fauna, di come il paesaggio influisca sui protagonisti e sia determinante in alcune scene della storia.

Paesaggi realistici e creature meravigliose

Cover NaturaLa cura che Tolkien infuse nelle sue descrizioni dei paesaggi è tale che essi permangono nell’immaginazione dei lettori quanto i personaggi della storia. La Natura spesso non riveste solo una funzione di sfondo, per quanto particolareggiato, ma contribuisce allo svolgimento degli eventi e a volte assurge al ruolo di coprotagonista. Possiamo toccare l’erba, sentire l’odore, apprezzare i colori di questi paesaggi e riconoscerli perché, nel mondo immaginario creato da Tolkien, gli ambienti naturali sono “reali”. Il mutare della natura nel tempo (all’interno del giorno come nel trascorrere dell’anno) è uno degli aspetti che Tolkien riesce a trasmettere con straordinaria maestria, capacità frutto di un’osservazione attenta e di un amore profondo: in particolare alberi e foreste sono cari al Professore, che arriva a dipingerli come esseri dotati di una mente creando figure quali gli Ent, i Pastori di Alberi, giganti dall’aspetto di albero, una delle sue creazioni più originali, non basate cioè su figure fantastico-mitologiche preesistenti. Oltre gli Ent, è proprio il differente atteggiamento dei diversi popoli della Terra di Mezzo verso l’ambiente ad essere molto convincente sul piano filologico. Per Tolkien, che amava appassionatamente gli alberi e le piante in generale, la foresta è un’entità dotata di una vita propria, indipendente da quella degli Uomini, ma non per questo meno “viva” e intensa, una vita di cui i personaggi si rendono conto solo quando essa si dimostra ostile, come nel caso della Vecchia Foresta ai confini della Contea, i cui alberi sembrano congiurare per ostacolare e sviare i viaggiatori, o del Vecchio Uomo Salice, che li attira e li incanta per poi intrappolarli all’interno del proprio tronco o annegarli nel fiume sulle cui rive cresce. Il volume vuole esplorare tutto questo, partendo innanzitutto dalle origini di un interesse così centrale, ravvisandole in vicende biografiche di Tolkien quali l’infanzia trascorsa in campagna, la precoce morte della madre e l’esperienza del fronte durante la Prima Guerra Mondiale, ma anche nell’ambiente sociale, culturale e intellettuale. L’Inghilterra di fine ‘800-inizi ‘900, infatti, cominciava a sperimentare gli effetti a lungo termine sull’ambiente rurale e naturale della cosiddetta Rivoluzione Industriale, che aveva fatto precocemente germinare in Inghilterra i semi del Romanticismo, con il suo sentimento elegiaco nei confronti della natura e la sua nostalgia per un passato mitizzato.

Non solo Ent ed Entesse

Ivan Cavini: "Treebeard"Questa natura ricca e varia è abitata da creature mitiche altrettanto particolareggiate, frutto di uno studio e una elaborazione non inferiori. Il libro guida il lettore tra gli habitat della Terra di Mezzo, facendogli incontrare le creature fantastiche che li popolano: Baccador la figlia del fiume, Shelob il ragno gigante delle caverne, Barbalbero il pastore di alberi. Su tutti, emerge il personaggio di Tom Bombadil, una delle figure più amate da Tolkien, ma anche una di quelle più neglette, perché non c’è nei film, non c’è quasi mai giochi, ma è un personaggio fondamentale. Per comprendere il suo ruolo è utile una citazione da Il Signore degli Anelli: «Il più anziano, ecco chi sono… Tom ricorda la prima goccia di pioggia e la prima ghianda… Conosceva l’oscurità sotto le stelle quando non incuteva paura: prima che l’Oscuro Signore giungesse da Fuori». All’estremo opposto viene in mente la figura di Shelob (“she-lob“, la femmina del ragno, in italiano Aragne) che è la traduzione dell’elfico Ungol, “ragno”. È discendente dei ragni giganti nelle leggende della Prima Era, che sono tutti discendenti di Ungoliant, il primordiale divoratore di luce che sotto forma di ragno affiancava il Potere Oscuro, ma alla fine litigò con lui. Non c’è alleanza, quindi, fra Shelob e Sauron, l’incaricato del Potere Oscuro; solo un identico odio. E questo vale anche per altre scene del romanzo, in cui la natura è letteralmente «animata»: dal Vecchio Uomo Salice al Caradhras. È uno degli insegnamenti di Tolkien: la natura, le creature che la popolano non sono buone o cattive, semplicemente seguono il loro istinto e non possono essere controllati. Nel volume è stato approfondito anche l’aspetto iconografico dell’opera di Tolkien, con un approfondimento del lato botanico e l’inserimento di illustrazioni in bianco e nero specifiche da grandi erbari. Il libro è corredato da una nutrita bibliografia ragionata sul tema della natura nelle opere dell’autore inglese.

Redazione

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ARTICOLI PRECEDENTI:
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Radio3, la 6a puntata: la Natura e il jazz

Cop_Loredana-Lipperini_Alturo-StàlteriProsegue l’appuntamento radiofonico con la trasmissione Pantheon e la serie di otto puntate monografiche “Tolkien: un viaggio inaspettato”, condotte da Loredana Lipperini e Arturo Stàltieri, curate da Federica Barozzi con la regia di Diego Marras.
Sabato 11 è stata trasmessa la sesta puntata, la quale ha visto intervistato Roberto Arduini, presidente AIST: gli aspetti dell’opera tolkieniana toccati sono vari, tra cui spicca soprattutto l’attenzione per la natura del Professore.
Il momento musicale vede la partecipazione di Andrea Pellegrini, nel cui album Middle Earth Tolkien e il jazz si incontrano, e l’ascolto del brano The Old Forest di Bo Hansson.

Paesaggi realistici e creature meravigliose

Ivan Cavini: "Treebeard"La cura che Tolkien infuse nelle sue descrizioni dei paesaggi è tale che essi permangono nell’immaginazione dei lettori quanto i personaggi della narrazione, anzi la Natura diviene essa stessa co-protagonista in varie occasioni, contribuendo allo svolgersi della storia. Possiamo toccare l’erba, sentire l’odore, apprezzare i colori di questi paesaggi e riconoscerli perché, nel mondo immaginario creato da Tolkien, gli ambienti naturali sono “reali”. Il mutare della natura nel tempo (all’interno del giorno come nel trascorrere dell’anno) è uno degli aspetti che Tolkien riesce a trasmettere con straordinaria maestria, capacità frutto di un’osservazione attenta e di un amore profondo: in particolare alberi e foreste sono cari al Professore, che arriva a dipingerli come esseri dotati di una mente creando figure quali gli Ent, i Pastori di Alberi, giganti dall’aspetto di albero, una delle sue creazioni più originali, non basate cioè su figure fantastico-mitologiche preesistenti. Per Tolkien, che amava appassionatamente gli alberi e le piante in generale, la foresta è un’entità dotata di una vita propria, indipendente da quella degli Uomini, ma non per questo meno “viva” e intensa, una vita di cui i personaggi si rendono conto solo quando essa si dimostra ostile, come nel caso della Vecchia Foresta ai confini della Contea, i cui alberi sembrano congiurare per ostacolare e sviare i viaggiatori, o del Vecchio Uomo Salice, che li attira e li incanta per poi intrappolarli all’interno del proprio tronco o annegarli nel fiume sulle cui rive cresce.
Questa natura ricca e varia è abitata da creature mitiche altrettanto particolareggiate, frutto di uno studio ed una elaborazione non inferiori.
Libro: Beowulf di TolkienPrimo fra tutti sovviene il drago, considerato da Tolkien la creatura di fantasia per eccellenza: «Il drago portava il marchio made in Feeria impresso a chiare lettere; e, quale che sia il mondo in cui porta avanti la sua esistenza, si tratta sempre di un Altro Mondo» (Sulle fiabe, in Il Medioevo e il Fantastico, Bompiani). Il Professore indica esplicitamente due fonti per la scena di Bilbo e Smaug: il Beowulf per quanto riguarda il furto della coppa, la leggenda di Sigfrido e il drago Fáfnir per la conversazione fra l’eroe e il drago. Smaug, però, se ne distingue per alcune caratteristiche importanti. Tolkien sentiva che le figure dei draghi della letteratura medievale erano troppo astratte e non sufficientemente caratterizzate: come dice a proposito del Beowulf, vi è troppa “draconitas” e troppo poco “draco“, non vi è abbastanza del «verme reale, della sua vita bestiale e dei suoi pensieri» (Beowulf: the Monsters and the Critics, HarperCollins, t.n.).
Shelob (“she-lob“, la femmina del ragno) è la traduzione dell’elfico Ungol, “ragno”. È discendente dei ragni giganti nelle leggende della Prima Era, che sono tutti discendenti di Ungoliant, il primordiale divoratore di luce che sotto forma di ragno affiancava il Potere Oscuro, ma alla fine litigò con lui. Non c’è alleanza, quindi, fra Shelob e Sauron, l’incaricato del Potere Oscuro; solo un identico odio. E questo è l’insegnamento di Tolkien: la natura, le creature che la popolano non sono buone o cattive, semplicemente seguono il loro istinto e non possono essere controllati.

Tolkien raccontato in jazz e rock

Middle Earth - Andrea PellegriniAndrea Pellegrini, proveniente da una famiglia di musicisti, inizia a studiare pianoforte a 6 anni, per poi approcciare molti altri strumenti quali percussioni, chitarra e contrabbasso. Ha conseguito il Diploma accademico in Jazz presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali P. Mascagni con una tesi sul jazz a Livorno e in 25 anni di attività ha suonato e tenuto lezioni in vari stati d’Europa. Nel 1993 crea assieme a Chico De Majo l’Ensemble Ainulindalë (in quenya, “Musica degli Ainur”), un duo che crescerà fino ad includere 11 elementi. Assieme a Paul McCandless, l’Ensemble Ainulindalë produce l’album Middle Earth, uscito nel 2000 (distribuito da Harmonia Mundi). La Suite Tolkieniana contenuta nell’album è composta da cinque brani: Mithlond, Lothlórien, Elen Sila Lúmenn Omentielmo, Minas Tirith e Ent (La Vendetta degli Uomini Albero).

Music Inspired by Lord of the Rings - Bo HanssonBo Hansson (1943-2010), artista svedese precedentemente parte del duo Hansson & Karlsson, è l’autore del brano The Old Forest, proveniente dal concept album interamente strumentale Music Inspired by Lord of the Rings. Considerato progressive rock o psychedelic rock, l’album uscì in Svezia per l’etichetta Silence col titolo Sagan om ringen (“la saga dell’anello”) nel 1970 e nel 1972 venne diffuso internazionalmente col titolo Music Inspired by Lord of the Rings, con l’aggiunta di tre tracce.

ASCOLTA L’AUDIO

– 00:00 Introduzione di Arturo Stàltieri e Loredana Lipperini sui luoghi e le creature della Terra di Mezzo con “gli indovinelli di Gollum e Bilbo”
– 02:53 Roberto Arduini sulla differenza tra passatismo e medievalismo e la loro relazione con Tolkien
– 06:22 Il rapporto tra Tolkien e la Natura: i paesaggi nelle opere del Professore, l’amore di Tolkien per gli alberi, il contesto culturale
– 09:27 I paesaggi costruiti da Tolkien, le loro caratteristiche, i rimandi al mondo primario, i personaggi che li abitano (in particolare gli Ent)
– 11:12 Lipperini e Stàltieri sugli Ent, i paesaggi e i ragni
– 12:05 Stàltieri su Bo Hansson, Music Inspired by Lord of the Rings
– 12:50 The Old Forest di Bo Hansson
– 15:07 Stàltieri su Bo Hansson
– 15:25 Roberto Arduini sulle mappe nelle opere di Tolkien, l’attenzione e la coerenza con cui egli (o il figlio Christopher) le realizzava
– 18:17 Roberto Arduini sulle creature di Arda, il “bestiario di Tolkien”: rendere l’antica grandezza e complessità delle creature mitologiche preesistenti, il drago made in Feeria e dalle origini antiche, Shelob il ragno
– 21:30 Stàltieri su Andrea Pellegrini, il gruppo Ainulindalë e Tolkien in jazz
– 22:00 Minas Tirith dall’album Middle Earth
– 23:40 Andrea Pellegrini sul jazz e il mondo tolkieniano come terre di mezzo, la composizione e la complessità, la Suite Tolkieniana, le influenze musicali
– 27:50 Andrea Pellegrini sui progetti futuri, un possibile ritorno alla Terra di Mezzo
– 28:20 a sabato prossimo con gli epigoni di Tolkien

LE PUNTATE DI TOLKIEN: UN VIAGGIO INASPETTATO

1) In onda il 7 gennaio.
Il viaggio di Tolkien: gli antenati della Terra di Mezzo. Conversazione con Piero Boitani, filologo, linguista, professore ordinario di letteratura comparata. Tolkien e il mito: Beowulf, Sir Gawain e il Cavaliere verde, le saghe nordiche. Come nasce l’universo tolkieniano.
2) In onda il 14 gennaio.
Un universo di parole: le lingue della Terra di Mezzo. Conversazione con Roberto Arduini, giornalista, studioso di Tolkien e presidente dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani. In principio fu l’elfico: come Tolkien immaginò un mondo dove i personaggi potessero parlare le lingue che inventava.
3) In onda il 21 gennaio.
Un guerriero piccolo piccolo: il ribaltamento dell’eroe classico. Conversazione con Federico Guglielmi, Wu Ming 4, scrittore, studioso di Tolkien. L’eroe arturiano diventa imperfetto: l’innovazione di Tolkien e le imperfezioni dei nuovi guerrieri.
4) In onda il 28 gennaio.
L’Anello è mio: la questione del Male. Conversazione con Federico Guglielmi, Wu Ming 4, scrittore, studioso di Tolkien. Nessuno è perfetto: come Tolkien inserisce vulnerabilità anche nei personaggi positivi.
5) In onda il 4 febbraio.
Principesse elfiche e combattenti mascherate: le figure femminili. Conversazione con Michela Murgia, scrittrice, e Saverio Simonelli, giornalista e studioso di Tolkien. Dama Galadriel, Arwen, Éowyn: Tolkien riesce a immaginare una figura femminile che si distacca fino in fondo dalla tradizione?
6) In onda l’11 febbraio.
Creature fantastiche e dove trovarle: bestiario e paesaggio in Tolkien. Conversazione con Roberto Arduini, giornalista, studioso di Tolkien e presidente dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani. Razze, animali, alberi, mondi: cosa vive nella Terra di Mezzo.
7) In onda il 18 febbraio.
Tutti figli di Tolkien: gli epigoni nel fumetto, nel cinema, nella letteratura, nei giochi. Conversazione con Roberto Arduini, giornalista, studioso di Tolkien e presidente dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani. La letteratura fantasy, i giochi di ruolo, i videogiochi, i fumetti, il cinema, le serie televisive: da Guerre Stellari a Harry Potter e Game of Thrones, l’immaginario che Tolkien ha influenzato.
8) In onda il 25 febbraio.
Opera aperta: lo straordinario mondo del fandom. Conversazione con Alessandro D’Avenia, scrittore, e Michela Murgia, scrittrice. C’è chi ha cominciato a leggere grazie a Tolkien, c’è chi grazie a Tolkien, e ai giochi di ruolo a lui ispirati, ha cominciato a scrivere. Storie di fan.

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Radio3, la 5a puntata: Murgia e Simonelli sulle donne
– Leggi l’articolo Radio3, la 4a puntata: WM4 e il “pagano convertito”
– Leggi l’articolo Radio3, la 3a puntata: WM4 e l’eroe tolkieniano
– Leggi l’articolo Radio3, 2a puntata: le lingue e Ted Nasmith
– Leggi l’articolo Tolkien su Radio3: Boitani e la 1a puntata
– Leggi l’articolo Dal 7 gennaio l’AisT e Tolkien su Rai Radio3

LINK ESTERNI:
– Vai al sito del programma Pantheon su Rai Radio3
– Vai al sito di Andrea Pellegrini
– Vai al sito della casa discografica Silence

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Telperion e Laurelin si trovano a Oxford

Oxford University Park: sentiero lungo il fiume«Ecco dal tumulo levarsi due snelli virgulti; e in quel momento il silenzio stava sul mondo intero, e altro suono non si udiva salvo il cantico di Yavanna. Alle sue note, gli alberelli crebbero e divennero belli e alti e si coprirono di fiori; e così nacquero al mondo i Due Alberi di Valinor. Di tutte le cose fatte da Yavanna, sono essi le più rinomate, e tutte le narrazioni dei Giorni Antichi si imperniano sul loro destino».
Oxford University Park: Telperion nel 2007Nel Silmarillion il computo del tempo iniziò così, con la creazione dei Due Alberi: Telperion, dalle foglie verde scuro e argento, e Laurelin, dalle foglie verde chiaro e dai fiori dorati. Entrambi emanavano luce propria, e l’alternarsi dei loro periodi di splendore, rispettivamente argentato e dorato, scandì le giornate di Valinor, fino all’Ottenebramento a opera di Melkor. Yavanna raccoglieva in pozze la rugiada luminosa che cadeva dalle loro foglie, e anch’esse erano fonte di luce, la stessa che Fëanor instillò nei suoi Silmarilli; la Valie inoltre creò la luna e il sole dall’ultimo fiore e dall’ultimo frutto degli Alberi, e Varda creò dalla luce di Telperion nuove stelle per la venuta degli Elfi.

A Oxford una panchina in memoria

Oxford: panchina con targa su TolkienSi tratta dunque di due elementi fondamentali nella mitologia tolkieniana, oltre che molto suggestivi: quale migliore omaggio si potrebbe fare al Professore, piantando due alberi che li ricordino e portino gli stessi nomi? A Oxford accadde proprio questo nel 1992, in occasione della Tolkien Centenary Conference, che celebrò i cent’anni dalla nascita dello scrittore, e si tenne al Keble College dal 16 al 24 agosto, organizzata dalla Tolkien Society e dalla Mythopoeic Society. Per ricordare Tolkien, venne anche affissa una targa commemorativa nell’Oxford University Parks, su una panchina sulla riva del fiume Cherwell: sul loro blog, Wayne Hammond e Christina Scull descrivono il luogo come molto pacifico, visitato solo da papere e corridori occasionali. Poco lontano, nella stessa occasione vennero appunto piantati Telperion e Laurelin. A oltre vent’anni, ora il memoriale è stato restaurato, dopo i molti danni causati dalla continua esposizione alle intemperie. Oxford: targa vecchiaIl sito della Tolkien Society ha dato la notizia che la panchina è stata riverniciata e la targa è stata sostituita con una nuova; quella vecchia è ora custodita negli archivi della società, visitabili al Surrey History Centre prendendo appuntamento con l’archivista Pat Reynolds. La scritta sulla nuova targa è identica alla prima, e riporta la dicitura: «In memory of J.R.R Tolkien, 1892-1973. This bench and the two trees nearby representing Telperion and Laurelin were donated by the Tolkien Centenary Conference 1992».

Due alberi divenuti realtà

Oxford: i due alberi Telperion e LaurelinSe identificare la panchina risulta immediato, a detta dei visitatori un po’ meno lo è per quanto riguarda Telperion e Laurelin citati nella targa. I due alberi sono rispettivamente un acero, dalle foglie verde scuro sopra e leggermente argentate sotto, e un’acacia (anche conosciuta come robinia), dalle foglie verde brillante. Entrambi gli alberi sono oggi visibili e rintracciabili (in questo articolo sul sito della Tolkien Society è possibile trovare la mappa precisa); in un certo periodo sono stati addirittura tre. Laurelin infatti fu accidentalmente danneggiato da una falciatrice, ed è rimasto perciò molto più piccolo di Telperion. Per rimediare al danno, fu piantato un secondo Laurelin, che però si ammalò e fu rimosso dopo la morte nel 2014. Simile destino nello stesso anno era toccato al Pinus Nigra preferito di Tolkien, nel Giardino Botanico dell’università: per via di una malattia aveva perduto uno dei rami più grandi, pregiudicando la stabilità dell’intero tronco: è stato così necessario abbatterlo (ne avevamo parlato qui).
Oxford University Parks: mappaGli Oxford University Parks sono costituiti da circa 30 ettari di parco sulla riva occidentale del fiume Cherwell, cui si aggiungono sull’altra riva altri 1,5 ettari di uno sperone di terra che corre verso sud. I Parchi comprendono aree sportive e una grande collezione di piante e alberi in uno splendido scenario paesaggistico. Sembra che Tolkien si sia ispirato ad alcuni alberi presenti nel parco. Gli Ucorni, inevitabilmente scambiati per alberi, nel Signore degli Anelli (Le Due Torri III,8) sono descritti in dettaglio: «Le estremità dei lunghi rami ondeggianti pendevano come dita intente a perquisire, le radici uscivano dal terreno come membra di strani mostri e buie caverne si aprivano sotto di essi». La descrizione si addice alle specie arboree con ramificazione pendula, come l’ibrido di salice piangente che vive in Gran Bretagna (Salix chrysocoma) o il faggio pendulo (Fagus sylvatica ‘Pendula’), di cui un esempio impressionante si trova proprio nell’Oxford University Parks. Per aiutare a trovare i due alberi, la Tolkien Society ha inserito nel proprio sito tutte le indicazioni per raggiungere il luogo in cui si trovano: Oxford University Park: i due alberi nel 2015«Dopo aver raggiunto l’incrocio del ponte High Bridge, si deve prendere il sentiero che costeggia il fiume Cherwell, dirigendosi verso sud-est. La panchina in memoria di Tolkien è la seconda panchina si incontra lungo il bordo del fiume. I due alberi, Laurelin e Tedlperion si trovano non sono lontano dietro la panchina, ma possono essere difficili da individuare tra gli altri alberi che sono cresciuti lì interno in questi ultimi anni. Hanno un medio fusto e sono divisi da alberi molto più giovani».

 

LINK ESTERNI
– Vai all’articolo articolo sui memoriali tolkieniani, sul sito della Tolkien Society
– Vai al blog di Wayne Hammond e Christina Scull
– Vai al sito dell’Oxford University Parks
– Vai alla pagina della targa originale nell’archivio digitale della Tolkien Society
– Vai all’indice del volume che raccoglie i lavori della Tolkien Centenary Conference, sul sito della Mythopoeic Society

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Oxford, sarà abbattuto l’albero di J.R.R. Tolkien

Oxford Botanical GardenCerte notizie, anche se tristi, bisogna darle comunque. L’albero amato da Tolkien a Oxford sarà abbattuto perché è malato. Si trova all’interno del giardino botanico, luogo che lo scrittore visitava spesso per passeggiare o fare un picnic. L’amore del professore per gli alberi nacque in tenera età. Da bambino li immaginava protagonisti di racconti e amava le storie in cui gli alberi rivestono un ruolo importante. «Ogni albero ha il suo nemico, pochi hanno un avvocato», scrive nelle lettere.

L’amore per la natura

Suzanne Helmigh: "Treebeard"L’amore di Tolkien per la natura traspare quasi in ogni pagina delle sue opere. Tolkien aveva una vera passione per alberi e foreste, e ne popolò Il Signore degli Anelli. Alberi, boschi, foreste e i loro abitanti, sono presenti in molte parti di: Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli, Il Silmarillion, Fabbro di Wootton Major e, naturalmente, “Foglia” di Niggle. Alcuni di loro sono particolari, magici e favolosi, mentre altri sono oscuri, inquietanti e pericolosi. Dalla Vecchia Foresta ai mallorn di Lothlórien, da Fangorn al malevolo Vecchio Uomo Salice. Gli alberi possono anche avere un valore simbolico che può essere esplorato e considerato come, ad esempio, Laurelin e Telperion, i due alberi di Valinor o l’Albero Bianco di Gondor. Una delle sue creazioni più originali sono proprio gli Ent, ossia i “Pastori degli Alberi”: figure gigantesche dall’aspetto arboreo, ma capaci di parlare e di muoversi autonomamente, il cui compito è di custodire le foreste. Perché per Tolkien la foresta è un’entità dotata di una vita propria, indipendente da quella degli Uomini (e degli Elfi, e dei Nani…), ma non per questo meno “viva” e intensa, una vita di cui i personaggi si rendono conto solo quando essa si dimostra ostile, come nel caso della Vecchia Foresta ai confini della Contea, i cui alberi sembrano congiurare per ostacolare e sviare i viaggiatori, o del Vecchio Uomo Salice, che li attira e li incanta per poi intrappolarli all’interno del proprio tronco o annegarli nel fiume sulle cui rive cresce.

Una lettera e una commemorazione

Tolkien all'Orto Botanico di OxfordA questo lungo elenco si deve aggiungere un elemento biografico: l’albero più caro e amato dall’autore, appunto. Si tratta di un ultracentenario Pinus nigra, collocato in un vasto prato dell’Orto Botanico ad Oxford. Piantato nel 1800 da James Benwell è attualmente il più antico esemplaro di questa specie in Gran Bretagna. Tolkien veniva spesso a leggere o riflettere sotto i suoi rami possenti. Proprio lì è stata scattata una delle ultime foto conosciute dello scrittore (qui a sinistra), fatta dal nipote Michael il 9 agosto 1973, meno di un mese prima della scomparsa. Tolkien è appoggiato al suo vecchio amico vegetale, che chiamava amichevolmente Laocoon. Proprio il pinus è stato l’oggetto della lettera che il direttore del Giardino Botanico di Oxford ha inviato al presidente della Tolkien Society inglese, Shaun Gunner. «Come vi sarà senza dubbio familiare, uno dei nostri alberi più rappresentativi, il pino nero, è segnalato per essere stato l’albero preferito di Tolkien. Vi scrivo per farvi sapere che, molto tristemente, due grandi rami sono caduti dall’albero lo scorso fine settimana, per fortuna senza causare feriti. Tuttavia, la stabilità strutturale del pino è ora a rischio. Abbiamo dovuto prendere una decisione molto difficile: l’albero sarà tagliato. Volevo farvi sapere personalmente questa difficile decisione essendo voi Presidente della Tolkien Society. Ci piacerebbe molto celebrare l’albero e le sue associazioni letterarie nelle prossime settimane, mesi o anni a venire. Spero potremo lavorare insieme per raggiungere un calendario opportunamente celebrativo di eventi». Accolto l’invito, la Tolkien Society si è messa subito al lavoro Il Pinus nigra amato da Tolkien com'è oggiper trovare il modo più adatto per salutare Laocoon. Tra le ipotesi finora proposte ci sono quella di piantare una porzione dell’albero per iniziare una nuova generazione, come accadde per l’Albero Bianco e usare il legno del tronco può realizzare una panchina commemorativa da sistemare nel giardino botanico. Appena sarà deciso, daremo notizia sul nostro sito di eventuali cerimonie o manifestazioni per il pinus nigra di Tolkien.
 

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– Vai al sito dell’Orto Botanico ad Oxford




Alberi parlanti: ecco gli Ent del mondo reale

La marcia degli EntChe Tolkien fosse un amante della natura non è un mistero per nessuno; anche a chi si accosta alla sua opera solo superficialmente non può sfuggire la cura e il dettaglio con cui il Professore di Oxford descrive gli ambienti in cui i suoi personaggi si muovono, fin quasi a renderli co-protagonisti della storia. Una delle sue creazioni più originali, non basate cioè su figure fantastico-mitologiche preesistenti (come possono essere gli Elfi o i Nani o gli Orchi), sono proprio gli Ent, ossia i “Pastori degli Alberi”: figure gigantesche dall’aspetto arboreo, ma capaci di parlare e di muoversi autonomamente, il cui compito è di custodire le foreste. Perché per Tolkien, che amava appassionatamente gli alberi e le piante in generale, la foresta è un’entità dotata di una vita propria, indipendente da quella degli Uomini (e degli Elfi, e dei Nani…), ma non per questo meno “viva” e intensa, una vita di cui i personaggi si rendono conto solo quando essa si dimostra ostile, come nel caso della Vecchia Foresta ai confini della Contea, i cui alberi sembrano congiurare per ostacolare e sviare i viaggiatori, o del Vecchio Uomo Salice, che li attira e li incanta per poi intrappolarli all’interno del proprio tronco o annegarli nel fiume sulle cui rive cresce. Naturalmente tutto questo è solo frutto di immaginazione. Oppure no?

“Alberi Madre” e reti di funghi: come gli alberi comunicano tra loro nel sottosuolo

Dottoressa Suzanne SimardLa dottoressa Suzanne Simard, ecologa forestale all’Università della British Columbia, già da molto tempo ha ipotizzato che tra gli alberi di una foresta avvenga una sorta di “comunicazione” tramite il fitto reticolo di ife dei funghi che vivono in simbiosi sulle loro radici, detti “micorrize” (dal greco mykos = fungo e riza = radice). In questa simbiosi, i funghi avvolgono e compenetrano le radici degli alberi a cui si associano con un fitto reticolo di ife (i sottili filamenti che costituiscono il vero fungo, di cui il familiare “frutto” a ombrello costituisce solo un mezzo per la propagazione delle spore): in questo modo essi sono in grado di sfruttare il carbonio prodotto dalla pianta tramite la fotosintesi per il proprio nutrimento (i funghi non effettuano la fotosintesi, quindi non sono in grado di autoprodursi il proprio nutrimento come le piante), mentre a sua volta la pianta sfrutta le capacità del fungo di rendere più “assimilabili” per la pianta i minerali del suolo o dell’aria (ad es. l’azoto), o di difenderla dai parassiti tramite la produzione di tossine. Generalmente si formano associazioni “preferenziali” tra certe specie di piante e certe specie di funghi, tra cui ben note agli appassionati italiani sono quelle tra querce e tartufi e tra porcini e castagni. Esistono poche specie vegetali non “micorrizate”, e si stima che almeno l’80% delle piante esistenti al mondo presenti questo tipo di simbiosi.

Ife, i funghi alle radiciMa la dottoressa Simard ha dimostrato che il reticolo di ife fungine non si limita ad avvolgere le radici di un solo albero per volta, bensì si espande nel terreno a grande distanza, connettendosi ad altri
reticoli micorrizici provenienti dagli alberi circostanti, al punto che si può considerare l’intero suolo di una foresta come percorso da un vero e proprio “wood wide web”. Attraverso questa “rete” avviene un costante scambio di nutrienti (acqua, sali minerali, sostanze organiche) che permette di ridistribuire almeno in parte le risorse del suolo forestale, che altrimenti verrebbero accaparrate solo dagli alberi più grandi e vecchi, ossia quelli con i reticoli micorrizici più estesi. In questo modo viene anche agevolata la crescita dei giovani alberelli, che altrimenti, all’ombra delle grandi chiome degli alberi più anziani e in un suolo impoverito dalla loro azione di “pompaggio” dei nutrienti, avrebbero grosse difficoltà a sopravvivere e crescere.  È questa azione protettiva nei confronti delle nuove generazioni di alberi che hanno portato la dottoressa Simard a parlare di “alberi madre”, un concetto che (insieme a quello della “rete” di comunicazione a livello radicale), benché non indicato in modo specifico nell’opera di Tolkien, è alla base di un’altra recente saga fantastica di grande successo, ossia il film “Avatar” di James Cameron.

Il Canto degli Alberi: come gli alberi comunicano attraverso l’aria

Film: "E venne il giorno" di M. Night ShyamalanC’è un altro recente film fantastico che mette in scena l’idea di una comunicazione tra gli alberi, ed è E venne il giorno di M. Night Shyamalan: qui si ipotizza che un bel giorno, senza alcun preavviso, gli alberi di tutto il mondo, prima in episodi isolati che si allargano poi man mano a macchia d’olio, comincino ad emettere nell’aria delle sostanze chimiche che inducono gli esseri umani alla disperazione e alla violenza, provocando ondate di suicidi e di omicidi. Ora, una simile premessa non è del tutto fantascientifica: è infatti stato ripetutamente dimostrato che le piante sottoposte a stress (attacchi di erbivori o di insetti, o infestazioni di parassiti, o danni meccanici) emettono nell’aria, attraverso le foglie danneggiate, delle sostanze volatili che stimolano le altre foglie a produrre delle tossine che le proteggano dall’attacco. Ma ciò che più colpisce è che anche altre piante vicine, pur non avendo subito danni, rispondono al segnale e producono le stesse tossine, come se tra di esse avvenisse una vera e propria comunicazione “olfattiva”, simile a quella tra gli animali. Ovviamente una simile comunicazione è del tutto passiva e non intenzionale, e si distingue quindi da quanto Tolkien descrive a proposito non solo degli Ent (che comunque, checché se ne dica, NON sono veri alberi, nonostante ne abbiano l’aspetto), ma anche degli alberi della Vecchia Foresta o della Foresta di Fangorn. Pipino e Merry con BarbalberoE tuttavia permane una sottile suggestione nel leggere del sussurro melodioso con cui il Vecchio Uomo Salice incanta Frodo, Sam, Merry e Pipino, cantando “parole fresche, che parlavano d’acqua e di sonno”, così come del sibilo rabbioso che emettono le sue foglie quando Frodo e Sam cercano di dargli fuoco, scatenando “fremiti di collera che si ripercuotevano in tutta la Foresta”, e sapere che nella realtà avverrebbe probabilmente qualcosa di molto simile, anche se non altrettanto drammatico. Una suggestione che potrebbe permetterci di guardare il mondo vegetale con occhi diversi, magari riuscendo, come capita ai quattro Hobbit ascoltando i racconti di Tom Bombadil, “a capire la vita della Foresta,
una vita distaccata da loro, indipendente e armoniosa”.

 

 

 

Per approfondire:
http://www.canadiangeographic.ca/magazine/jf11/fungal_systems.asp
http://www.nature.com/nature/journal/v388/n6642/full/388579a0.html
http://www.sciencemag.org/content/221/4607/277.short
http://nativeplantwildlifegarden.com/mycorrhizae-and-the-web-of-life/

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Scozia, inaugurato un giardino botanico dedicato a Rivendell

Rivendell: inaugurazione con Lord John ThursoUn nuovo giardino botanico è stato appena inaugurato nel Caithness, la contea più a nord della Scozia. Poco lontano dal capoluogo Wick, il sito ha una particolarità: si chiama “Rivendell”. Il nome naturalmente è tratto dal nome della “Ultima Casa Accogliente” nella Terra-di-mezzo inventata da J.R.R. Tolkien. È Gran Burrone, la dimora di Elrond, dove gli Elfi ancora riescono a vivere in equilibrio con la natura. E proprio questo è lo scopo di Glyn e Benjamin Salisbury, padre e figlio che si sono imbarcati nell’impresa di riqualificare il sito in rovina della stazione di benzina Lochshell. All’inaugurazione del nuovo giardino, sabato 14 aprile, ha partecipato anche Lord John Thurso, parlamentare eletto nel distretto locale di Caithness, Sutherland e Easter Ross e terzo visconte del capoluogo Thurso.

Bag End, casa della famiglia Salisbury (Wick, in Scozia)Glyn Salisbury (al centro nella fotografia in alto) è uno scrittore che vive da anni nella contea scozzese con la moglie, Su, le due figlie Jenny ed Elizabeth, e il figlio Benjamin. Ha sempre avuto un interesse per la natura e la scelta di trasferirsi a Wick è stata dettata proprio da un contatto più costante con un paesaggio meno industrializzato. la bellissima costa settentrionale della contea di Caithness è lo sfondo sul quale ha ambientato “Oscar”, romanzo thriller in cui lo sfruttamento sconsiderato della natura è al centro di una storia che parte dalla macabra scoperta di una carcassa di un cetaceo sulle rive di Duncansby Head. Salisbury ha in programma di scrivere una trilogia basata sul Caithness.

Giardino botanico RivendellIl progetto del giardino botanico è un tassello per riportare l’equilibrio naturale in un sito devastato dall’uomo. «Abbiamo scelto questo nome», rivela Glyn all’ArsT, «perché naturalmente amiamo Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien. Rivendell è un luogo di bellezza e questo è il nostro programma. La casa dove viviamo l’abbiamo chiamata Bag End, come la casa di Bilbo e Frodo Baggins. Non abbiamo potuto resistere a mettere una porta rotonda verde del diametro di 6 metri, con tanto di maniglie gialle!». Il luogo è completamente trasformato: dove prima c’era una pompa di benzina in disuso e una discarica abusiva ora c’è un giardino, una caffetteria, un negozio per la vendita dei prodotti agricoli e l’artigianato locale. Glyn e Benjamin hanno lavorato instancabilmente con un investimento molto esiguo, ma sono
riusciti nell’intento di realizzare il centro. Ma i due lo vedono come una tappa di un progetto più ampio. Rivedell dovrà divenire, lentamente, un vero e proprio giardino botanico, con piante tipiche delle Highland e anche esemplari esotici. Questo perché, come scrive Tolkien: «Ogni albero ha il suo nemico, pochi hanno un avvocato». Tra qualche giorno sarà anche attivo il sito web del giardino botanico di Rivendell (il link sarà attivo entro questa settimana).

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Vai al sito web del giardino botanico di Rivendell (il link sarà attivo entro questa settimana).
Vai al sito di Glyn Salisbury

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Case Hobbit, viaggio intorno al mondo

Case Hobbit - 05Sin dai tempi antichi la casa ha avuto per l’uomo un valore inestimabile: ogni uomo o donna, in qualunque parte del mondo, ha la sua visione della dimora ideale e costruisce o arreda la propria nel modo più consono e utile per sé e per la propria famiglia. Oggi siamo abituati a pensare alle abitazioni così come le vediamo realizzate nelle nostre città, magari alcune bizzarre e altre dai colori improponibili, ma sempre costrette in un ambiente cittadino rumoroso, inquinato e molto affollato. Pensate a qualcosa di diverso, pensate di poter costruire una casa in base a un libro della letteratura inglese… Per chi scrive, non c’è cosa più straordinaria al mondo. Stiamo parlando di case a misura di hobbit. Sì, avete capito bene, il famosissimo libro del nostro amato Professore, J.R.R. Tolkien, ha dato vita a un fenomeno in ascesa: dimore immerse nella natura e addirittura facenti parte di essa, inglobandola all’interno. Ne avevamo già parlato in un articolo, ma vista l’alta richiesta dei nostri lettori abbiamo deciso di tornare sull’argomento.

«In un buco nel terreno viveva uno hobbit»

Case Hobbit - 03: Rocky Pillsbury e la sua casa a Portland (Maine, Usa)Alcuni esempi ci sono già (il più famoso è quello di Simon Dale), e le felicissime persone che hanno realizzato questo loro sogno sono orgogliose di mostrare al mondo le loro abitazioni. Non solo: a Portland, nel Maine, nord-est Stati Uniti, Rocy Pillsbury, carpentiere e papà, ha voluto costruire una piccola casa Hobbit per far giocare i figli; dopo aver studiato varie alternative, specialmente per la porta e le finestre tonde, ha creato un prodotto finale notevole, di tale successo che ha dovuto farne altre, perché molto richieste. Queste case, a detta del costruttore, possono essere utilizzate come casetta giochi per bambini, sauna, ufficio, ricovero per cani, polli o piante, riparo per la fermata dell’autobus e addirittura cottage, magari da posizionare in riva a un lago. Case Hobbit - 08: la famiglia di Rocy Pillsbury - photo by David LeamingPer i governi di quasi tutto il globo, il problema abitativo è senza dubbio prioritario. Recentemente, il governo inglese ha varato il nuovo piano regolatore per il quartiere periferico Harlow, nell’Essex. Il
piano è stato realizzato per incrementare la vendita immobiliare e la costruzione di strade, al fine di stimolare la crescita economica tra i timori di una doppia recessione. Purtroppo queste abitazioni, chiamate “Manhattan pods” (ovvero “baccelli Manhattan”), hanno una metratura massima di appena 34 metri quadrati. Ciò ha causato feroci polemiche: lo scopo è costruire case che possano permettersi in molti, però questo va a discapito della vivibilità degli stessi alloggi. Boris Johnson, il sindaco di Londra,
Case Hobbit: appartamenti minuscoli a Liverpool ha infatti deplorato il fatto che «questi nuovi edifici hanno alcune camere che sono le più piccole d’Europa» e ha parlato quindi di «case per Hobbit». Il sindaco ha promesso di reintrodurre le norme stabilite da Sir Parker Morris, Presidente del Central Housing Advisory Committee nel 1961, che raccomandava metrature minime per lo spazio e il design negli alloggi in Inghilterra.

Copiando Peter Jackson

Case Hobbit: la dimora di Peter Archer a Southern PennC’è anche chi ha copiato le scenografie realizzate per i film di Peter Jackson; era inevitabile, visto che quelle pellicole hanno dato vita e corpo a qualcosa che prima poteva solo essere immaginato. Certo la trilogia cinematografica, come ormai detto da molti, ha influenzato gran parte dell’immaginazione collettiva, ma le abitazioni a essa ispirate sono comunque molto suggestive e, pare, anche assai comode, a detta dei loro possessori. Ecco qui un video della casa hobbit che l’architetto Peter Archer si è costruito a Southern Penn. I risultati sono veramente stupefacenti: non sono abitazioni realizzate grazie a una sorta di “fai da te”, ma affidate a ditte specializzate, quindi solide e rispettose dei canoni di costruzione e della natura. E anche se l’altezza è confacente ai suoi abitanti, quindi non proprio hobbit, rimangono pur sempre delle costruzioni invidiabili. Dare vita al proprio sogno, a chi non piacerebbe? Altri esempi di case molto fantasiose
Case Hobbit: la costruzione del set di Hobbiton, a Wakatipu Lake in Nuova ZelandaD’altro canto, anche Peter Jackson , a suo tempo, ha avuto problemi nel costruire Hobbiton. La prima location era stata individuata vicino al Lago Wakatipu in Nuova Zelanda, nella stazione di Arcadia e Paradise, ma purtroppo i permessi per fare di quei luoghi un set sono arrivati tardi e, oltre tutto, concedevano un periodo di lavoro
troppo breve. Così le riprese si sono spostate altrove.
Dal 2001 è possibile visitare tra le verdi colline di Matamata, nell’Isola del Nord, il set usato per ricreare Hobbiton e la Contea degli Hobbit, da dove tutto ebbe inizio. Tra le varie costruzioni spicca la fattoria privata messa a disposizione dai proprietari (la Alexander family) per essere usata come casa Baggins, dimora di Bilbo e Frodo. Il via libera per sfruttare la prima scelta è stato dato il 3 ottobre; Case Hobbit - 06: set di Hobbiton a Matamata, nell’Isola del Nord, in Nuova Zelanda per le riprese erano disponibili solo 5 giorni: dal 17 al 21 novembre. La troupe si è messa alacremente al lavoro, posizionando alberi veri e artificiali, massi finti, innalzando le strutture delle abitazioni e anche tutte le costruzioni e tende necessarie al set: catering, sartoria, trucco e parrucco, locali tecnici e molto altro. Nel frattempo, per non perdere tempo le riprese sono continuate nella “vecchia” Hobbiton. A lavoro finito, in sole tre settimane tutto il luogo è stato ripristinato come era prima.

Il regno degli Elfi

Case Hobbit - 14Rimane il fatto che i coraggiosi artisti che decidono di cambiare vita per costruire una casa Hobbit siano da ammirare e da invidiare, in senso buono s’intende. C’è chi ha anche pensato di emulare gli Elfi e i loro flet e questi ne sono solo un paio di esempi. Il numero 142 di Park Road, a Pitsford (New York, Usa) sembra un incrocio tra una pista d’atterraggio per astronavi aliene e un grappolo di case Hobbit su palafitte e ha appena avuto una riduzione di prezzo di ben 300mila dollari (oltre 226mila euro) scendendo a un costo di “appena” 799,900 dollari (604.581 euro). Case degli Hobbit: dimore degli Elfi a Pitsford (New York, Usa) Questa «vera e propria opera d’arte abitativa» è stata progettata dall’architetto James Johnson nel 1971 che ha modellato questa antica dimora ispirandosi a un merletto della regina Anna. È suddivisa in cinque piattaforme collegate tra loro per un totale di 387 mq. A quanto pare, il bagno è in ottime condizioni perché appena ristrutturato. È stata aggiunta una grande sala con camino a gas e vasca idromassaggio. L’unica omissione sul cartello di vendita è che dall’interno la casa sembra una caverna…

Modellino dimore degli ElfiPer concludere, anche se tutto questo rimarrà un sogno per molti di noi, ci potremo consolare come ha fatto questa ragazza statunitense, Obelia Medusa, che ha realizzato una casa Hobbit in miniatura e inviata i lettori a una visita guidata! Sbirciando attraverso le finestre si possono così ammirare le innumerevoli stanze, la cucina, lo studio di Bilbo, la camera da letto di Frodo e il salotto. L’autrice si scusa anche per la sproporzione tra le foto della zona giorno e quelli della zona notte: questo perché cucina e salotto sono molto fotogeniche! Il tempo necessario per completare l’opera è stato di un anno e mezzo, per una spesa complessiva, tra esterni e interni, di circa 800 dollari (615 euro), per la maggior parte dovuti al legno per le suppellettili e alle luci.
In fin dei conti sognare e volare con la fantasia è sempre qualcosa che appaga e non si paga, e oggi questo ha un valore inestimabile, molto di più che nei tempi remoti.

GUARDA IL VIDEO:

– Il sito di Simon Dale
– Il sito di Peter Archer, con sezione speciale
– Il sito per l’acquisto della dimora degli Elfi, a Pittsford (Stato di New York)
– Il sito di Obelia Medusa

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