I saggi dell’AisT: Tolkien e Platone

PlatoneSi è fatto attendere molto il contributo che presentiamo oggi e non per colpa dell’autore. Un testo scritto da tempo che ha richiesto diverso tempo per essere formattato, perché soprattutto andava metabolizzato e doveva uscire in un momento propizio, non troppo vicino al , non troppo vicino al convegno internazionale di Verona, che oltre a catalizzare tutte le energie dell’Associazione, avrebbe rischiato di oscurare la pubblicazione sul sito web di un saggio come questo, che è molto approfondito e merita una riflessione serena e senza distrazioni.
Studiosi: Salvatore Marco PonzioL’autore, Salvatore Marco Ponzio (Policoro, 1985), è uno studioso di Storia della Filosofia antica e si occupa di didattica della Filosofia per le scuole superiori. Laureatosi in Filosofia all’Università di Siena, ha conseguito nel 2013 l’abilitazione per l’insegnamento della Storia e della Filosofia nella Scuola Secondaria di II grado. Ad oggi collabora con il blog Lavoro Culturale per cui è autore di alcuni articoli sul mondo della scuola e sull’innovazione e la ricerca didattica. Per La Medusa editore ha pubblicato Cosmo e Demiurgo sulla metafora artigianale nel Timeo di Platone.

All’origine del mondo

Affresco PlatoneIl saggio che presentiamo, Sub-creazione tolkeniana e demiurgia platonica La nascita del cosmo tra l’Ainulindalë e il Timeo, non può quindi che essere incentrato sul tema dell’origine del mondo. Se J.R.R. Tolkien nel Silmarillion non ha fatto altro che metter su carta un vero e proprio mito cosmogonico (come scriveva Verlyn Flieger in un saggio precedente), la critica non può che associarlo ai molti altri miti cosmogonici scritti in passato. J.R.R. Tolkien affermò chiaramente che il piano metafisico della narrazione costituiva il vero perno di tutto il romanzo. La Musica degli Ainur o Ainulindalë, per quanto concerne sia lo spessore poetico sia il contenuto narrativo, può tranquillamente essere accostato a uno dei testi cosmogonici più conosciuti della filosofia occidentale, il Timeo di Platone. Studiosi: Salvatore Marco PonzioIl mito delle origini narrato nell’Ainulindalë, infatti, presenta chiaramente numerosi elementi di somiglianza con il dialogo platonico, soprattutto in relazione alla natura del processo demiurgico che in esso è descritto. È bene chiarire sin da subito che non si intende proporre un’ipotetica “storia delle fonti” del testo tolkeniano, né tantomeno si intende ricostruire una genealogia dell’Ainulindalë a partire dal testo platonico. Aldilà di queste oggettive limitazioni, è comunque innegabile che tra i due testi esistano alcuni elementi di chiara sovrapposizione. Buona lettura!

Scarica il saggio di Salvatore Marco Ponzio:
Sub-creazione tolkeniana e demiurgia platonica La nascita del cosmo tra l’Ainulindalë e il Timeo

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13 Comments to “I saggi dell’AisT: Tolkien e Platone”

  1. Eva ha detto:

    Complimenti!

  2. Claudio Testi ha detto:

    Ho letto con grande interesse il bel saggio e mi permetto di complimentarmi con l’autore. Il tema è ovviamente vastissimo ma il contributo è ottimamente scritto e documentato. Vi sono molte tesi e mi pare che venga ben centrato il “nucleo” essenziale del discorso tolkieniano rispetto a quello platonico, ove gioca un ruolo decisivo la differenza tra idea creazionistica e “demiurgica” nell’origine del mondo.
    propongo di seguito solo alcuni appunti sul tema della creazione, sperando di contribuire al dibattito e all’approfondimento.

    1) a p. 10 si scrive “Iluvatar si limita a generare la materia di Ea, affidando ai Valar il compito di completare l’universo nei suoi aspetti specifici. Secondo questo rispetto dunque il primo principio di Tolkien è molto più simile al demiurgo timeiaco di quanto non possa sembrare a prima vista”. La tesi è forte (tanto più che in altri passaggi l’autore sottolinea come Eru sia l’unico creatore ex nihilo) e a mio avviso non tiene conto che:
    a) Eru crea dal nulla tutto: Ainur, Musica, raffigurazione, “concretizzazione” della Musica. “Dal Nulla” significa appunto “non da qualcosa”: e questo lo differenzia da demiurgo di Platone ma anche dagli stessi Valar che operano plasmando una materia già esistente
    b) Eru infatti resta presente anche nelle fasi successive all’ “Ea”. Egli è presente (tramite la Fiamma Imperitura) in tutto lo svolgimento della storia di Arda, quindi anche in ciò che viene plasmato dai Valar (e/o corrotto da Melkor): «La Fiamma Imperitura […] Si riferisce piuttosto al mistero della ‘paternità’, tramite la quale l’autore, sebbene resti ‘al di fuori ed indipendente dalla sua opera, allo stesso tempo è ‘insito’ in essa, sul un piano derivativo inferiore al proprio, come fonte e garanzia dell’essere dell’opera prodotta» (Athrabeth, Commento, Nota 10, MR 345.
    Peraltro Salvatore Marco Ponzio nel saggio più volte sottolinea le l’unicità del Principio che distingue Eru dal Demiurgo, e giustamente mette in bel rilievo le strette somiglianze tra opera dei Valar e opera demiurgica.

    2) In nota 7 e 16 giustamente si sottolinea la vicinanza tra idee tolkieniane e neoplatoniche. Io vorrei aggiungere che il neoplatonismo è stata una delle principali fonti di tutta la teologia medievale: Tommaso d’Aquino, ne è largamente debitore e l’ha usato proprio per tematizzare la creatio ex nihilo.

    3) Infine, a p. 17 si dice che i Valar sono in grado di “creare” solo le sostanze materiali. Qui sarei qui prudente nell’usare la parola “creare”: Tolkien su questo in tutta la sua produzione è “rigorosissimo” e la usa solo per Eru, mai per le potenze inferiori (Valar, Elfi o Uomini). Ricordiamoci che questo potere è quello che desiderava Melkor, alla vana ricerca della Fiamma Imperitura. E anche nei dialoghi che vengono citati (Athrabeth, Converse) si parla di “ricostituzione del corpo” e non di “creazione” di corpi (se la memoria non mi inganna).

    Questi sono solo alcuni spunti che spero possano servire al dibattito su un tema così vasto: ribadisco quindi, se mi è permesso, un grazie e un bravo per l’ottimo saggio (e per l’ottima cura redazionale del medesimo)!

    • Salvatore Ponzio ha detto:

      Innanzitutto, ringrazio la redazione dell’AIST per lo spazio che ha voluto dedicare al saggio. E altrettanto vorrei fare con il prof. Testi, dato che il suo puntuale commento, non solo mi risulta particolarmente gradito, ma mi fornisce anche il modo di chiarire alcuni aspetti del testo che forse sono rimasti un po’ opachi.
      Nel farlo, rispondo per punti, mantenendo la stessa numerazione e scusandomi in anticipo per il ritardo nella risposta:

      1a) Sono completamente d’accordo con il rilievo. Con tutta evidenza, lo scarto che separa il dio tolkeniano dal demiurgo platonico è sostanziale ed ineliminabile proprio nella misura in cui solo il primo dei due crea ex nihilo le realtà seconde, traendo completamente da se stesso i diversi prodotti della sua opera. Infatti, ferma restando questa fondamentale differenza, ciò che a mio avviso accomuna i due miti non è una impropria identità di funzione tra i due personggi, ma piuttosto la presenza di un rapporto che potrei definire di delegazione demiurgica tra il primo principio e gli dei derivati, e che viene istituito sia da Eru sia dal demiurgo timaico in favore delle loro rispettive divinità subordinate, Valar e Secondi Dei.

      1b) Come giustamente notato dal prof. Testi, l’azione di Eru non si limita alla creazione di una materia prima in senso aristotelico, dato che la sua volontà permane nel mondo anche successivamente all’atto creativo, guidando provvidenzialmente il ritmo delle storie presenti nel Legendarium.
      Effettivamente, sotto questo rispetto, devo riconoscere che il saggio è un po’ troppo ingeneroso nei confronti della dimensione provvidenziale con cui il primo principio tolkeniano manifesta se stesso nella Storia.
      Allo scopo di colmare almeno parzialmente questa lacuna vorrei dunque rilanciare con alcune considerazioni che potrebbero alimentare questa discussione:

      – Sempre tenendo un occhio al Timeo e alle sue riprese medioevali, si potrebbe proporre un accostamento tra l’Anima del Mondo e la Fiamma Imperitura del Silmarillion. Entrambe, infatti, esercitano una funzione d’ordine immanente al cosmo creato e, in un certo senso, manifestano in esso la provvidenza del creatore. Tuttavia, nonostante questo aspetto comune, mentre per Platone l’Anima del Mondo rimane una realtà derivata dai primi principi e soggetta ad un processo di generazione (Tim: 34a – 40d), la Fiamma dell’Ainulindale, come giustamente ricordato, rappresenta più che altro un simbolo della funzione creativa di Eru e, in quanto tale, non sembra avere uno statuto ontologico completamente indipendente dal creatore.

      – Proprio in funzione di questa sua natura ingenerata, più che con l’Anima Mundi timaica la Fiamma Imperitura potrebbe poter essere identificata con più profitto con lo Spirito Creatore del racconto della Genesi. Tuttavia, a questo proposito è forse opportuno ricordare come anche l’Anima del Mondo sia stata accostata allo Spirito che aleggia sulle acque. Soprattutto durante il Medioevo, infatti, sono state elaborate parecchie cosmogonie che, nel tentativo di armonizzare il racconto dei sei giorni della Genesi con il mito platonico, hanno esplicitamente identificato l’Anima del Mondo con la terza persona della Trinità, rimarcando la dimensione provvidenziale di entrambe – mi riferisco ad esempio alle dottrine di alcuni esponenti della cosiddetta Scuola di Chartres: Teodorico e Guglielmo di Conches.

      – Infine, anche e soprattutto il neoplatonismo di Plotino ha più volte identificato in maniera esplicita l’Ipostasi dell’Anima del Mondo con la Provvidenza (Enn.: III, 2 e III 3). E, a questo proposito, è già stato ricordato dal professor Testi come la tradizione neoplatonica abbia orientato in maniera determinante gli sviluppi del pensiero teologico cristiano durante tutto il medioevo, ibridando la rinascente filosofia aristotelica e, per certi versi, garantendone la digeribilità da parte delle università cristiane e, azzardo a dire, forse anche da parte di Tolkien.

      3) Anche in merito a questo punto mi trovo abbastanza d’accordo con il rilievo del Prof. Testi. Soprattutto, mi trova d’accordo la preoccupazione interpretativa da lui sollevata in merito alla sbrigativa attribuzione ai Valar di termini fortemente connotati in senso creazionista. E’ verissimo che, nella geografia fantastica disegnata da Tolkien, solo Eru può dirsi un Creatore onnipotente. Ed è altrettanto vero che, tagliando con l’accetta, per Tolkien il male non è altro che il desiderio di replicare in maniera indebita il potere creativo dell’unico Dio. Cionondimeno, rimango comunque convinto che, soprattutto nel testo della Conversazione, Tolkien manifesti una chiara tendenza ad assegnare ai Valar la potestà di manipolare in senso demiurgico la materia dei corpi degli elfi, seppur in relazione alla loro rigenerazione. In questo testo, mentre Eru viene descritto come l’indiscusso creatore delle anime, sono i Valar a ricreare i corpi degli elfi morti anzitempo, ottemperando in questo ad uno specifico comando del primo principio (MR, p. 362). Pertanto, a mio avviso, pur rimanendo Eru il solo e unico creatore onnipotente del vero sé degli elfi – corrispondente ai fear – è possibile dire, seppur in riferimento ad una materia pre-esistente, che i Valar possiedono ed esercitano la capacità di ‘creare’ i corpi.
      D’altra parte, il caso della creazione dei Nani da parte di Aule dimostra in modo indiretto che la potestà dei Valar nel modellare i corpi da una materia pre-esistente non è limitata in modo ‘assoluto’, bensì in modo ‘ordinato’ rispetto al sentimento morale di obbedienza che essi provano di fronte al volere di Eru.
      Cosa che, per converso, equivale a dire che, in casi particolari e nel pieno rispetto dei decreti di Iluvatar, i Valar possono creare i corpi a partire da una base materiale già data.

      Infine, come suggerito da un bell’Articolo – J. W. Houghton, Augustine in the cottage of lost play – non è necessario ricorrere al Timeo per giustificare l’utilizzo dello schema della doppia demiurgia da parte di Tolkien, dato che quest’ultimo potrebbe benissimo essere stato ispirato dalla conoscenza, diretta o indiretta, del De Genesis ad litteram di Agostino. Ma sinceramente, non possedendo una conoscenza né sommaria né approfondita della biblioteca di Tolkien, su questo punto non saprei dire nulla di buono…

  3. Claudio Testi ha detto:

    Ho letto le puntualizzazioni che mi sembrano molto chiarificanti. Particolarmente interessante è il parallelo Fiamma Imperitura – Anima Mundi, che varrebbe davvero la pena approfondire. Sul ruolo dei Valar nella ricostruzione del corpo degli elfi reincarnati, ne avremo sicuramente occasione di ridiscuterne quando uscirà il testo che stiamo curando proprio su questi temi. Infine, se per te va bene, possiamo tranquillamente darci del tu togliendo i titoli vari ;-). Ancora complimenti e attendo altro tuo saggio su Fiamma Imepritura- Anima Mundi!

  4. Salvatore Ponzio ha detto:

    Senza dubbio, diamoci del tu.
    Aspetto con molto interesse il vostro testo, quando dovrebbe uscire?
    Anima Mundi – Fiamma è un’ottima idea. La metto in cantiere, in attesa di tempi migliori 🙂
    un saluto

  5. Norbert ha detto:

    Domanda da ignorante di filosofia & teologia

    Stante che i Valar creano (montagne, pioggia, acqua, alberi, animali, metalli …) è possibile che Morgoth crei (naturalmente non esseri animati)?

    Personaggi della Terza Era (penso a Frodo o a Barbalbero) mi sembra escludano anche questo tipo di potere creativo per Morgoth e per Sauron reputando che possano solo corrompere: troll dagli ent (anche se a me sembrano mooolto diversi: petrosi i primi e ‘vegetali’ i secondi), orchi dagli elfi, …)

    Personalmente reputo sia possibile che Melkor (ma probabilmente non Sauron) potesse “costruire” dei corpi, che poi doveva telecomandare (come i Nani di Aule prima dell’intervento di Eru) o poi in cui far entrare spiriti (Glaurung, di cui è scritto “e lo spirito che era in lui disse”, potrebbe essere un esempio). E altrettanto avrebbe probabilmente potuto “costruire” piante o animali o metalli

    Che possa “modificare” un essere vivente è evidente con Carcharoth, per fare un esempio.

    • Claudio Testi ha detto:

      Il punto importante è che i Valar NON CREANO.
      Questo è solo di Eru: ripeto, qui Tolkien è iper-rigoroso.
      I Valar plasmano qualcosa che c’è già, ordinano la materia facendone emergere da essa nuove forme, ma NON CREANO dal nulla.

      • Norbert ha detto:

        Accidenti, mi è sfuggito un “creare” – pensavo di averli sostituiti tutti con “costruire”.

        Ovviamente concordo che solo Eru crei, e che i Valar (Morgoth compreso?) possano solo plasmare la materia in nuove forme

        • Claudio Testi ha detto:

          Allora mi pare evidente che Melkor e Sauron possano “costruire”: pensa solo all’anello! E una delle varie ipotesi sugli orchi è proprio che siano pupazzi teleguidati da Melkor (un poco come i Nani ante ricevimento del Fea da parte di Eru).

    • Salvatore Ponzio ha detto:

      A mio avviso, per provare a rispondere, forse può essere utile effettuare una distinzione preliminare in relazione ai possibili significati indicati dal verbo creare. Infatti, secondo me è possibile distinguere due differenti modalità del processo genetico:

      1)Creazione in senso assoluto / intesa come creazione dal nulla: è una prerogativa del solo Eru e si estende sia alla materia sia agli spiriti delle creature razionali;
      2)Creazione in senso relativo / intesa come manipolazione artigianale di una materia preesistente al fine di produrre una forma tridimensionale: pur rientrando chiaramente nel potere creativo di Eru, a mio avviso è anche una prerogativa attribuita ai Valar.

      Alla luce di questa distinzione, secondo me è possibile sostenere che i Valar – e dunque anche Melkor – siano dei soggetti creativi ‘‘in senso relativo’’, ossia in grado di costruire demiurgicamente dei corpi a partire da una materia data.
      Inoltre, sostenere una simile interpretazione non mi sembra in contrasto con quanto affermato da Frodo e da Barbalbero, dato che l’effettivo diniego pronunciato da entrambi i personaggi nel SdA potrebbe riguardare direttamente la possibilità di creare in senso assoluto, ovvero di creare esseri razionali composti di materia e spirito. Sotto questo rispetto, infatti, tutti i Valar, e dunque anche Melkor, sono chiaramente incapaci di creare la sostanza spirituale, pur rimanendo capaci di costruire ex novo una sostanza corporea – Es: i nani di Aule – o di corrompere esseri razionali precedentemente creati da Eru – Es: Orchi, Goblin.

      Infine, per quanto riguarda Glaurung, a mio avviso non è necessario interpretare la frase citata come un segnale in favore della capacità di Melkor di manipolare demiurgicamente la materia. Diversamente, l’inciso “e lo spirito che era in lui disse” potrebbe sottolineare più semplicemente che il drago, in quanto dotato di spirito, possiede una natura razionale, e che tale natura si esprime in modo eminente mediante l’uso del linguaggio.

      Spero di aver risposto in qualche modo…

      • Norbert ha detto:

        Mi dispiace ma su Glaurung dissento.

        A mia (fallace) memoria da nessuna altra parte del legandarium di un essere razionale si dice “e lo spirito che era in lui parlò”

        Per me è segno che uno spirito “alieno” si è incarnato in Glaurung. Che *forse* era “solo” un serpente, ma poi cresciuto a dismisura dal potere di Morgoth, come Carcharoth.

        • Salvatore Ponzio ha detto:

          Certo, può benissimo essere come dice lei Norbert.
          La citazione può benissimo supportare anche questa interpretazione.
          Infine, per concludere il discorso su Melkor, che questo possa manipolare la materia a piacimento forse è deducibile anche dal fatto che, proprio la sostanza di Arda – come affermato più volte dallo stesso Tolkien (MR pp. 394 – 395) – è stata irrimediabilmente corrotta dal suo potere che, disperdendosi in essa, è venuto a mischiarsi con le componenti materiali del cosmo.
          Data la natura ‘corrotta’ della materia di Arda, a maggior ragione mi sembra plausibile che quest’ultima risponda all’attività demiurgica esercitata dalla causa della corruzione.

  6. romano veronese ha detto:

    Il Silmarill inizia con la parola “made” che noi traduciamo con “creò”.
    Io credo che Tolkien prese a prestito da molte tradizioni
    Io trovo che Plotino con le sue emanazioni sia una spiegazione più convincente
    Come nell’albero sephirotico prima di Keter ci sono i veli di En Soph e poi emanazione dopo emanazione da Luce negativa (inconcepile per noi) e persino l’Unità è al di là della nostra limitata conoscenza E
    Gli Ainur sono i pensieri di Iluvatar. e Iluvatar “dialoga” con i suoi pensieri uno alla volta-
    Ha un progetto in mente: creare dei nuovi pensieri usando tutta L’orchestra
    E abbiamo la dimora di Iluvatar e una musica che si espande nel vuoto.
    E dopo dall’ascolto si passa alla visione infine alla esistenza

    Ma Iluvatar rimane ai confini del mondo con alcuni Ainur-
    Ma Iluvatar NON può esistere ne mondo materiale se non come fiamma imperitura-

    Lunica volta che Si manifesta come voce è a Aule quando ha “fatto” i NAni
    Ma è una voce, è Iluvatar “dentro” Aule e la fiamma imperitura da vita ai Naugrin.

    Sarebbe molto interessante scoprire cos significhi i primo ema quello sorridente della mano sinistra che MAggiormente conosce Manve

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