Tolkien a Verona, un ricordo del convegno

Arena di VeronaDopo il successo del convegno svoltosi a maggio 2015 a Trento, nei giorni di venerdì 20 e sabato 21 maggio 2016 a Verona, presso la Sala Convegni Unicredit, a due passi da Piazza delle Erbe, si è tenuto il Convegno tolkieniano internazionale “La Generazione Perduta: miti che nascono dalla Grande Guerra. J.R.R. Tolkien, C.S. Lewis e l’esperienza degli autori inglesi nel primo conflitto mondiale”. Questo il titolo e la tematica che l’Associazione Italiana Studi Tolkieniani ha deciso di affrontare, in collaborazione con l’Università degli Studi di Trento – Dipartimento di Lettere e Filosofia, l’Associazione Culturale Rohirrim di Verona, la Compagnia degli Argonath di Verona e l’Associazione Fantàsia e grazie al sostegno di Funivia Malcesine Monte Baldo, AGSM, Del Miglio editore ed LT Progetti.
Locandina Convengo di Verona 2016Prosegue così la già collaudata esperienza di collaborazione con le associazioni veronesi, inaugurata con successo in occasione dell’evento “Voci dalla Terra di Mezzo” tenutosi sempre a Verona lo scorso 3 ottobre 2015. Nel centenario della Grande Guerra […] propongono un evento legato all’esperienza bellica del celebre scrittore inglese J.R.R. Tolkien attraverso immagini e parole. Con questo incipit si apre la brochure che viene distribuita all’ingresso della sala ed effettivamente, si tratterà di un convegno che grazie alle parole dei relatori ed alle immagini che li accompagneranno per tutta la due giorni, condurranno il pubblico attraverso un percorso inusuale ma denso di significati letterari e soprattutto umani.

Il primo giorno

Convegno VeronaI lavori vengono aperti ufficialmente dal presidente AIST, Roberto Arduini, e dal Professor Fulvio Ferrari, referente e portavoce dell’Università degli Studi di Trento. Dopo gli iniziali saluti e ringraziamenti la parola passa al primo relatore, Wu Ming 4. A lui il compito di inaugurare la serie di interventi. Senza sminuire gli altri relatori possiamo affermare che l’intervento di Wu Ming 4, L’Ombra del guerriero. Guerra e antimilitarismo nella Terra di Mezzo, è stato uno dei più “alti”, sia per gli argomenti trattati sia per l’esposizione. Evidentemente dotato di un’arte oratoria non indifferente, Wu Ming 4 è riuscito a catturare l’attenzione fin dalle prime parole, accompagnando gli spettatori attraverso un percorso di conoscenza che travalica le competenze tolkieniane. Il suo intervento è stato il ponte ideale per collegare la realtà degli appassionati delle opere del Professore con la realtà in cui sono nate e l’esperienza di vita di Tolkien che, a detta anche degli altri relatori, è servita a far nascere il legendarium tolkieniano (anche se le sue opere non sono allegoriche, come ha sottolineato anche Verlyn Flieger). Siamo così entrati nella realtà vissuta negli anni della Prima Guerra mondiale, con un Tolkien reduce dalla battaglia della Somme, esperienza che gli fece maturare un sentimento antimilitarista ma non pacifista. Prendendo spunto dai dialoghi tra Frodo e Merry prima della battaglia per liberare Hobbiville, si intuisce il senso dell’insensatezza della morte in battaglia e, rispetto alle guerre combattute prima del 1914, si coglie l’assenza di epica. Nonostante questo, nessuno vuole perdere quando si trova nel mezzo di uno scontro, soprattutto perché “morire in battaglia non è epico, è brutto ed inutile”. La disamina del personaggio di Faramir è stata molto interessante, soprattutto il parallelismo con le tecniche di guerriglia utilizzate dai Ranger per affrontare gli Haradrim con quelle utilizzate durante la Grande Guerra, in cui lo stesso Tolkien si rispecchiava e che verosimilmente ha utilizzato. In epoche di guerra non riusciamo a cogliere la distinzione tra gloria “marziale” e quella “vera”, dove i guerrieri sono considerati i migliori rappresentanti della società, rispetto ad altri che svolgono altri ruoli o mansioni, esclusivamente in quanto guerrieri e non perché reali rappresentati della migliore società, portando la società stessa all’esaltazione della figura del guerriero (non sempre meritata). L’intervento si conclude con un pensiero rivolto all’utilità della guerra: non amare la guerra in quanto tale (dimostrazione di forza; atto di supremazia; ecc) ma accettare che venga usata per proteggere la libertà, come mezzo estremo di tutela.
Verona: Bonechi e PeroniL’intervento di Simone Bonechi, Il loro nome vive per sempre. La memoria dei caduti nella subcreazione tolkieniana, pone al centro dell’attenzione il trattamento riservato ai caduti. La morte è un grande livellatore sociale, ed il concetto di “uguaglianza nel sacrificio” è alla base del trattamento riservato nelle sepolture e nella memoria dei caduti; ufficiali e semplici soldati vengono sepolti senza distinzioni di rango. Questa uguaglianza è un sentimento condiviso ed espresso dagli stessi militari (di ogni grado), rispettando il valore del cameratismo sviluppato in trincea (“fratellanza delle trincee”). Nell’opera tolkieniana i caduti sono molti e, escludendo Aragorn, si tratta quasi unicamente di morti in battaglia.
Anche Tolkien rappresenta, a suo modo, un cimitero senza distinzioni: le Paludi Morte. Infatti esse sono un esempio di “sepoltura” con il criterio di “uguaglianza nel sacrificio”; elfi, uomini, orchi, tutti morti e putridi allo stesso modo. La funzione del ricordo e della commemorazione è altresì importante, per i caduti e tanto più per i vivi. Questa permette infatti di ricordare parenti e amici, dando un senso (seppur minimo) alla perdita. Oltre a ciò, Bonechi sottolinea come sia giusto dare valore ai caduti in nome della patria o di un ideale. Da qui la creazione di cimiteri e monumenti a ricordo del loro sacrificio. Da non dimenticare anche il ruolo di veterani e reduci che porteranno con loro stessi la perenne domanda “perché i miei compagni sono morti ed io no”.
La tematica presentata da Stefano Giorgianni, Un vittoriano in trincea. Tolkien, Dickens e la ricezione dickensiana durante la Grande Guerra, è risultava tra le più “estranee” all’oggetto del convegno, ma grazie ad un lavoro certosino, che traspariva, si è potuto godere di un accostamento particolare ed anche appropriato, per quanto inusuale. La presentazione è stata vivace, soprattutto grazie ad un registro meno formale e più scanzonato, supportato da numerose citazioni ed esempi con foto esplicative. Il primo parallelismo proposto ha visto l’esperienza della perdita del padre dei due autori protagonisti dell’intervento, seppure con modalità lievemente diverse (il padre di Tolkien muore, il padre di Dickens va in carcere), entrambi vivono situazioni disagevoli e provanti dal punto di vista emotivo. Il secondo parallelismo proposto è una visione arguta delle opinioni personali dei due autori in merito all’industrialismo ed all’industrializzazione che, nata negli anni dickensiani, prosegue senza sosta nel periodo tolkieniano (tutti rammentiamo la figura di Saruman come personaggio simbolo dell’avanzata del progresso indiscriminato e della conseguente distruzione della natura).
Tolkien ha più volte espresso la sua contrarietà all’industrializzazione sfrenata, manifestando invece un amore particolare per la più tranquilla vita rurale; Dickens, anche se non apertamente favorevole ad un’industrializzazione massiccia, non si è mai dichiarato contrario, lasciando intendere di non apprezzare l’industrialismo sfrenato ma di comprenderne i benefici che questo comportava, accettando anche gli effetti negativi. Passando alla ricezione dickensiana durante la Grande Guerra, si assiste (anche oggi) ad un revival delle sue opere soprattutto nel periodo natalizio (A Christmas Carol, su tutte), e gli anni dal 1914 al 1918 non fanno eccezione; infatti le opere di Dickens venivano distribuite anche nelle trincee. Vista la scelta dell’autore di rifiutare di ignorare la morte nelle sue opere (il fantasma del Natale futuro ne Il Canto di Natale infatti, rappresenta proprio la Morte), lo porta ad essere uno dei maggiori esponenti della letteratura da diffondere proprio tra i soldati che si trovavano al fronte, per infondere coraggio. Infine l’apprezzamento delle virtù cardine dell’esistenza umana, quali: l’umanitarismo, l’onestà, la capacità di resistere, la capacità di combattere contro le avversità, la bontà di spirito, il disgusto verso l’ipocrisia, l’ingiustizia nei confronti dei più deboli, sono valori pienamente identificabili con l’opera tolkieniana e sono stati ben rappresentati sul campo di battaglia con la “tregua di natale” del 1914 tra le truppe britanniche e tedesche schierate al fronte.
Remembering the War PoetsMichele Peroni, con il suo From War Poets to Historical Novelists: prospettive sulla letteratura inglese della Grande Guerra, presenta un intervento che apre la visione ad altre realtà letterarie, sviluppatesi durante il primo conflitto mondiale, sottolineando come “la conclusione della guerra non rappresenta la fine delle scritture che dalla guerra nascono e che della guerra parlano” ma, al contrario segna l’inizio di quello che può tranquillamente essere considerato un genere letterario, quello della letteratura di guerra. Per questa tipologia di opere viene privilegiato il canone poetico, essenzialmente per la sua brevità (e semplicità di realizzazione) e per la maggiore potenza simbolica che esso possiede rispetto alla prosa. Nonostante il diverso registro letterario scelto, anche Tolkien può rientrare tra i war poets (assieme a Lewis), proprio per l’esperienza personale vissuta e descritta indirettamente nelle sue opere. In quest’ottica si sviluppa una maggiore attenzione al contenuto, anteponendo il “cosa” e non il “come” si racconta. Anche grazie a questa particolare attenzione, si assiste ad un cambiamento del lessico utilizzato, con l’introduzione di nuove parole, quali: filo spinato, ratti, trincea; queste servono a dare al lettore una visione apocalittica della guerra. Inoltre si è riscontrata una enorme difficoltà dei reduci nella descrizione degli orrori vissuti, infatti essi non riescono o non vogliono descrivere la realtà vissuta; preferendo la citazione, la creazione e l’artificio letterario. Infine è stato proposto un breve escursus sugli Historical Novelist, scrittori moderni che hanno attinto dalle esperienze della Grande Guerra e dalle opere dei war poets per raccontare la guerra del 1914-1918, prevalentemente con il romanzo storico.
Valerij BrujsovNonostante l’evidente agitazione della relatrice, l’intervento di Sofi Hakobyan Patriottismo e pacifismo nella Prima guerra mondiale: Valerij Brujsov e J.R.R. Tolkien è stato molto interessante. Infatti ha consentito di dare uno sguardo alla Prima Guerra mondiale da una prospettiva diversa, quella del fronte orientale e più specificatamente dal punto di vista russo. La Russia si dimostrò fin da subito favorevole all’entrata in guerra, principalmente per patriottismo e per la difesa dei suoi territori. Per sostenere questa decisione, il governo chiese il sostegno della classe intellettuale che doveva appoggiare la causa e tenere sollevato lo spirito della popolazione, facendo credere che le scelte fatte erano le migliori per il paese; in pratica il governo “elevò” gli intellettuali russi al rango di “sostenitori della propaganda”. Brujsov era un fervente sostenitore della guerra e pensava che fosse un bene per il suo Paese, per rinnovare e migliorare la società. Anche Tolkien, almeno inizialmente, riteneva che la guerra fosse necessaria e produttiva (da un suo intervento in un comizio studentesco nel 1914). Nonostante questo, come abbiamo già visto negli interventi precedenti, anche non essendo un pacifista militante, non era favorevole alla guerra e non avrebbe voluto prendervi parte. Al contrario Brujsov bramava la partecipazione alla guerra, per il suo carattere molto curioso, voleva assistere in prima persona a questo scontro e vivere le situazioni che essa comportava (evidente il condizionamento della propaganda ed il retaggio dell’ideale romantico della guerra).
Quando però si trovò nel mezzo della battaglia, e si rese conto di cosa volesse significare la guerra nella realtà, Brujsov modificò la sua idea ed al suo rientro in Patria fu “profondamente deluso della guerra”, ed anche i suoi lavori futuri subirono questa influenza maggiormente scettica e disincantata nei confronti dello scontro bellico.
Al termine degli interventi si sono susseguite numerose domande da parte del pubblico che, si è dimostrato attento e curioso, riuscendo a stimolare il dibattito anche tra gli stessi relatori. Prima di chiudere questa prima giornata di convegno, è stato proiettato il documentario della BBC “Tolkien’s Great War” che ha permesso di approfondire e fissare alcune delle tematiche fin qui affrontate. Al termine della proiezione, il presidente AIST, nelle vesti di moderatore, ha congedato i presenti invitandoli a seguire il secondo giorno di lavori. Dopo aver salutato il pubblico, i relatori e gli organizzatori si sono dati appuntamento per cena, dove tra un risotto all’amarone ed una panna cotta, hanno proseguito l’opera di fraternizzazione.

Il secondo giorno

Convegno di VeronaLa mattina successiva i lavori iniziano presto, con Claudio Antonio Testi in qualità di moderatore a presentare il primo intervento del secondo giorno di convegno. L’intervento di Roberta Tosi: Cronache dal fronte: l’arte di Fred A. Farrell, non è possibile affrontarlo in maniera adeguata in questo resoconto, trattandosi di una selezione del lavoro di un artista, bisognerebbe avere davanti agli occhi le opere descritte. Possiamo comunque notare come, involontariamente, gli organizzatori abbiamo scelto proprio un illustrazione di Farrell a fare da sfondo per la locandina del convegno; immagine che ben rappresenta la condizione dei bunker nelle trincee della Prima Guerra mondiale. Farrell è uno degli “artisti di guerra” incaricati dal governo britannico di rappresentare e promuovere lo sforzo bellico nella popolazione rimasta a casa. Proprio in quest’ottica, non desta particolare scalpore la direttiva governativa che vietava espressamente di rappresentare i caduti sul campo di battaglia. Il legame tra Farrell e Tolkien, non è relegato alla sola partecipazione nella Grande Guerra ma, vi è un legame (forse) anche più personale. Infatti sul giornale cattolico australiano “The Advocate” del 9 agosto 1934, all’interno della rubrica “A letter from London”, compare un ritratto del professore di Oxford firmato proprio da Farrell.
Convegno di VeronaIl presidente AIST, Roberto Arduini, con Da William Morris alla Somme: l’evidenza della guerra in The Fall of Gondolin, concentra l’attenzione sull’onnipresenza della guerra nelle opere di Tolkien. Il professore di Oxford da a queste un ruolo fondamentale, iniziando dall’Ainulindale; basti pensare che le tre Ere della Terra di Mezzo hanno fine/inizio proprio con delle guerre:
– fine della Prima Era: Guerra dell’Ira;
– fine della Seconda Era: Guerra dell’Ultima Alleanza;
– fine della Terza Era: Guerra dell’Anello.
Il ripetersi di queste situazioni deriva dal pensiero dello stesso Tolkien, «la guerra e la natura del male sono intimamente legati […] è praticamente impossibile sradicare completamente e per sempre il male, esso tenderà sempre a ripresentarsi». Il collegamento con Morris ci viene presentato tramite una considerazione di Tolkien, secondo cui proprio Morris fu l’inventore del genere fantasy con il suo The Wood Beyond the World dove, ad esempio è presente una riunione di “pastori di alberi” prima di scendere in battaglia. Inoltre nella descrizione della caduta di Gondolin, sono evidenti le influenze dell’esperienza bellica di Tolkien, con la descrizione di scene e situazioni a cui lo stesso autore ha, molto probabilmente, assistito in prima persona nella battaglia della Somme. Infine, secondo Tolkien, la rappresentazione degli orchi incarna “il male, l’odio” e questi risiedono da entrambe le parti; al contrario, gli Elfi di Gondolin rappresentano “la bellezza, la grazia”, virtù delle quali nessuna nazione ha il monopolio.
Convegno di Verona: Fulvio FerrariL’intervento di Fulvio Ferrari, Il medioevo mobilitato: propaganda e temi medievali nella Prima guerra mondiale, ha spostato l’attenzione sulla propaganda militare utilizzata dai principali governi coinvolti nel conflitto modiale, sottolinenando come l’immaginario medievale sia stato “saccheggiato” per promuovere lo sforzo bellico. Ferrari ha sottolineato come, per i francesi, il ruolo fondamentale sia stato svolto dalla figura di Giovanna d’Arco; per i tedeschi invece il ruolo centrale è stato svolto dalla saga dei Nibelunghi e dalla rappresentazione dei cavalieri teutonici; per la Gran Bretagna, in assenza di un poema epico nazionale che potesse raccogliere su di se le attenzioni, e considerando come già nel 1914 si parlasse di Impero Britannico, con tutte le differenze culturali che questo comportava, si è preferito concentrarsi sul concetto di cavalleria, dando centralità alla figura di San Giorgio che, nella sua vittoriosa lotta contro il drago, ben incarnava gli ideali cavallereschi medievali da riproporre e propagandare. Un’altra fonte importante da cui hanno attinto gli inglesi è sicuramente l’immaginario evocato nel ciclo arturiano (interessante l’esempio proposto di una cartolina, in risposta all’affondamento del Lusitania da parte dei tedeschi, con in primo piano una “Dama del Lago” che invoca a raccogliere la “spada della giustizia”).
Tutto questo serviva a dare una reinterpretazione eroica della guerra, ad un eroizzazione dell’impegno bellico, per raccogliere non solo volontari che scendessero in prima linea sul campo di battaglia, ma anche consensi da un più prosaico punto di vista economico (la guerra è una macchina divora soldi).
Convegno di Verona: Verlyn FliegerDell’intervento della professoressa Verlyn Flieger, Faёrie and War: How Experience Changes Art, non scrivo nulla perché non è riassumibile in poche righe la maestosità e l’imponenza della sua figura che si sono percepiti nella Sala Convegni e l’emozione che ha destato nei presenti quando lei stessa si è commossa (arrivando a versare qualche lacrima). Lasciamo, a voi che state leggendo questo resoconto, l’emozione di vivere quei momenti in prima persona, per chi non ha avuto modo e piacere di incontrarla dal vivo nella due giorni veronese. Per questo motivo vi rimandiamo alla prossima pubblicazione degli atti di questo convegno (e chissà che non ci siano novità interessanti anche su questo fronte).

Le conclusioni

Verona AisTA seguire l’intervento conclusivo si sono succedute numerose domande che il pubblico ha rivolto ai relatori, suscitando nuovamente il dibattito tra loro stessi. In conclusione il presidente AIST, Roberto Arduini, ha ringraziato il pubblico e gli organizzatori di questa due giorni che ha permesso di fare una panoramica, approfondita anche se rapida, sulla figura di Tolkien e dei War Poets, nonché sull’immaginario medievale e mitologico, fonte di ispirazione per molti autori (primo tra tutti J.R.R. Tolkien), da cui i paesi coinvolti nella Prima Guerra mondiale hanno attinto a piene mani per la loro propaganda.
Possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che sono stati due giorni intensi ed appassionanti, apprezzati da tutti, relatori e pubblico, e con dei contenuti veramente validi e importanti, che hanno permesso di affrontare tematiche che il tolkieniano medio difficilmente conosce, aprendo così uno squarcio negli studi degli scritti del Professore di Oxford e negli autori suoi contemporanei, ma non solo. Non possiamo far altro che, come il presidente Arduini, ringraziare tutti i partecipanti, i relatori, i collaboratori ed i sostenitori. Abbiamo vissuto due giorni che probabilmente resteranno nell’immaginario collettivo come un’esperienza unica, grazie soprattutto agli interventi dei relatori ed alla presenza di un Silmarill come Verlyn Flieger (così l’ha definita Arduini), che ha sicuramente impreziosito le fila dei relatori presenti a Verona. Infine un plauso anche alle associazioni veronesi (Rohirrim, Argonath, Fantàsia) che hanno fatto in modo che tutto “filasse liscio”. Vi aspettiamo nel 2017 per il prossimo convegno, sicuri della qualità che ci attende! Vi lasciamo con la citazione tolkieniana riportata sul volantino del convegno e citata più volte dai relatori in questo convegno:

“Era per Sam la prima immagine di una battaglia e non gli piacque… Avrebbe voluto sapere da dove veniva e come si chiamava quell’uomo, se era davvero d’animo malvagio, o se non erano state piuttosto menzogne e minacce a costringerlo ad una lunga marcia lontano da casa; se non avrebbe invece preferito restarsene lì in pace…”. [da Il Signore degli Anelli, di J.R.R. Tolkien]

Luigi Dassi


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3 Comments to “Tolkien a Verona, un ricordo del convegno”

  1. Feder ha detto:

    Un sentito ringraziamento per il compito che vi siete prefissati e che state esaurendo in modo consono, professionale, esauriente e, perché no, passionale. Ci voleva proprio questa realtà di studi tolkieniani a fronte di anni e anni di appropriazione indebita dell’opera del professore di Oxford e delle vergognose ‘ermeneutiche’ da parte di gente male intenzionata a livello critico e culturale. Aspettando un’edizione del Signore degli Anelli con contributi critici di Arduini, Testi e Wu Ming 4, che comprenda ovviamente l’introduzione di Tolkien stesso e che ci risparmi finalmente da quelle squallide di Zolla e Principe, vi faccio i complimenti per il convegno veronese.

  2. Norbert ha detto:

    Splendido convegno, organizzazione impeccabile. E’ solo durato troppo poco

  3. Eva ha detto:

    MAGNIFICA, MAGNIFICO CONVEGNO!!!Con il Centenario dalla Grande Guerra è una iniziativa commovente e molto Importante, per la Nostra Memoria. Grazie, di cuore, dalla Toscana!
    C’ero col cuore, col corpo ero al lavoro…..

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