Il rapporto del professore oxoniense col genere femminile è un argomento oggetto di molte discussioni, spesso interpretato in maniera fin troppo semplice, traendo conclusioni principalmente dalle evidenze più superficiali, ma per una risposta realmente soddisfacente è necessario uno sguardo tanto ampio quanto penetrante. Non basta infatti la mera proporzione numerica tra personaggi maschili e femminili per definire l’atteggiamento di Tolkien nei confronti della donna.
Molti avranno notato la mancanza di donne che svolgano un ruolo diretto nello Hobbit, ma più raramente si sottolinea il fatto che il lato avventuroso di Bilbo è un’eredità materna.
Spesso si lamenta il fatto che Éowyn abbandoni le vesti dell’eroina del campo di battaglia per indossare i panni di moglie, ma pochi notano il fatto che se la fanciulla di Rohan sa impugnare una spada significa che qualcuno si è assunto il compito di insegnarle a combattere.
Per comprendere al meglio la posizione di Tolkien nel delicato quadro degli studi di genere è importante prestare attenzione tanto alla storia del professore quanto alle storie che egli scrisse.
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È Natale, le Lettere di J.R.R. Tolkien ai figli
Ogni dicembre, poco prima di Natale, una busta con un francobollo proveniente dal Polo Nord arrivava per i figli di J.R.R. Tolkien. All’interno c’era una lettera scritta in fretta e furia e dei bellissimi disegni o schizzi a colori. Le lettere portavano la firma di Babbo Natale in persona. Chi le scriveva era in realtà il compassato professore di Oxford, che dieci anni dopo si sarebbe trovato a scrivere Lo Hobbit e in seguito il suo capolavoro, Il Signore degli Anelli. La prima delle Lettere di Babbo Natale porta la data del 1920 ed è rivolta al primogenito di casa Tolkien, John, che all’epoca ha soltanto tre anni. L’ultimo messaggio, invece, risale al 1943 ed è indirizzato alla quarta e ultima figlia dello scrittore, Priscilla, già quattordicenne ma, a quanto pare, decisamente restia a troncare i rapporti con il caro vecchio «Babbo Natale». Infilate in buste bianche di neve, ornate di disegni, affrancate con francobolli delle Poste Polari e contenenti narrazioni illustrate e poesie, in tutti quegli anni esse continuarono ad arrivare a casa Tolkien, portate dal postino o da altri misteriosi ambasciatori per i figli del professore: oltre John e Priscilla anche per Michael e Christopher. Le lettere erano anche contraddistinte da differenti grafie: energica anche se un po’ tremolante quella di Babbo Natale; grossolana e all’occorrenza scorretta quella del suo principale aiutante l’irruente Orso Polare; raffinata e filiforme infine quella dell’elfo Ilbereth, che fa la sua comparsa nel 1936, proprio quando Tolkien sta ultimando la stesura dello Hobbit. Babbo Natale vive al Polo Nord, nella grande Casa di Roccia.
Con lui vivono l’Orso Polare e i cuccioli suoi nipoti, tra cui Paksu e Valkotukka (“Grasso” e “Pelobianco”); gli Uomini-di-neve e i loro bambini; gli Gnomi Rossi e gli Elfi (uno dei quali è appunto Ilbereth, che diventerà segretario di Babbo Natale). L’Orso Polare (detto, in lingua artica, anche “Karhu”) lo aiuta a confezionare i pacchi con i doni; Paksu e Valkotukka gli scombinano l’organizzazione della casa; le renne lo accompagnano nei viaggi; gli Elfi difendono tutti contro i Folletti; e Babbo Natale, tra un fuoco d’artificio dell’Aurora Boreale e una visita dell’Uomo della Luna (impegnato a mettere ordine tra le stelle), passa il tempo, oltre che a consegnare doni, a descrivere (a disegnare) con ordinato disordine il disordinato ordine del suo mondo.
