Owen Barfield, Tolkien e la teoria del linguaggio

Owen BarfieldIl 14 dicembre non è una data molto nota fra gli appassionati tolkieniani. Oltre alla pubblicazione del decimo volume della The History of Middle-earth, Morgoth’s Ring, negli Stati Uniti, v’è ben poco da ricordare in questo giorno. Eppure c’è una persona molto importante per la formazione di J.R.R. Tolkien che è scomparsa il 14 dicembre di diciotto anni fa; si tratta del filosofo, scrittore e poeta Owen Barfield (1898-1997). Membro degli Inklings, tanto da esserne definito il primo e ultimo, il suo ruolo fu fondamentale nella creazione degli universi di Arda e Narnia (Il leone, la strega e l’armadio e Il principe Caspian sono stati dedicati da Lewis ai figli di Barfield). Conosciamo dunque Owen Barfield e sfioriamo, in modo molto superficiale, le sue teorie (per una spiegazione più dettagliata leggete l’articolo di Giovanni Maddalena).

Chi era Owen Barfield?

c.1915 - Owen, Highgate school-boyNato a Londra il 9 novembre 1898, il più vecchio dei due figli di Arthur Owen Barfield, avvocato londinese, ed Elizabeth Shoults Barfield, fervente femminista e suffragetta, studiò presso la Highgate School e dopo il servizio militare prestato durante la Grande Guerra si iscrisse al Wadham College, uno dei collegi che fanno parte dell’università di Oxford, dove conseguì, nel 1920, la laurea in Lingua e Letteratura Inglese. Non intraprese la carriera accademica, a differenza di Tolkien e C.S. Lewis, tanto che dal 1934 la sua professione divenne quella di avvocato nella capitale britannica (suo padre era proprietario dello studio Barfield&Barfield), "Salvare le apparenze" di Owen Barfieldmestiere che svolse sino al 1959, anno in cui andò in pensione ed a partire dal quale si rivolse allo studio delle materie che realmente lo appassionavano. Parallelamente al suddetto lavoro Barfield continuò ad interessarsi di letteratura e filosofia ed alcuni dei suoi libri, fra cui Saving the Appearances: a Study in Idolatry (1957), tradotto in italiano nel 2010 per la casa editrice Marietti, riscossero un discreto successo negli Stati Uniti. Proprio nel Paese della bandiera a stelle e strisce il filosofo del linguaggio svolse numerose conferenze e si dedicò all’insegnamento in diversi atenei dall’inizio degli anni Sessanta. Il suo interesse concerneva in maniera specifica, sin dal periodo di studi accademici, sull’antroposofia derivante dagli insegnamenti di Rudolf Steiner, in particolare il suo campo di ricerca si concentrava sulla comune evoluzione della coscienza e del linguaggio. In Poetic Diction, Barfield sostenne che la percezione e il linguaggio sono interconnessi ed interdipendenti, e che l’una dà origine all’altro. Owen BarfieldInoltre, egli ipotizzò che nel principio il linguaggio non separava l’astratto dal concreto e nemmeno distingueva il letterale dal figurativo o dal metaforico. Nella teoria barfieldiana la conoscenza umana proviene da una realtà percepita da rappresentazioni (immagini mentali e linguistiche), che formano e sono inscindibili dalla coscienza. Una coscienza dunque costruita mediante metodo scientifico, un percorso di creazione della coscienza di approccio epistemologico. Il linguaggio è perciò parte imprescindibile della coscienza, elemento partecipante attivo della percezione della realtà, espressione del senso, della maniera in cui si percepiscono le cose.

Influenza su J.R.R. Tolkien

Poetic Diction di Owen BarfieldIn molti punti delle sue teorie della concezione del linguaggio, Barfield incontrava il pensiero di Tolkien, al punto tale che quest’ultime ebbero un fortissimo impatto sulla visione della funzione e del potere della lingua(ggio) nell’opera tolkieniana. Dopo aver letto Poetic Diction nel 1928, il Professore oxoniense fece notare a Lewis che il concetto barfieldiano di antica unità semantica aveva modificato il suo modo di vedere il linguaggio. A quel tempo l’embrionica glottopoiesi e mitologia tolkieniana giunsero quindi ad un punto di rottura e cominciarono ad essere concepite come noi le conosciamo, ovvero come ciò che si può osservare soprattutto all’interno de Il Silmarillion. Tolkien concretizzò ciò che Barfield aveva ipotizzato, centralizzando la coscienza umana come generatrice e riflettore del linguaggio. Nell’universo tolkieniano coscienza, linguaggio, mito e leggenda sono interdipendenti e si sostengono a vicenda, nascendo ed esistendo in relazione gli uni agli altri. Di conseguenza si evince che non può esserci mito senza linguaggio che lo possa esprimere, lingua senza esseri umani che possano parlarla, esseri umani senza mito che possa esprimere il loro mondo.

ARTICOLI PRECEDENTI
– Vai all’articolo J.R.R. Tolkien contro T.S. Eliot: ha ragione Owen Barfield?

LINK ESTERNI
– Vai alla pagina di “Salvare le apparenze” sul sito della casa editrice Marietti

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“Soli verdi” di Verlyn Flieger: ecco la recensione

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Nuovo libro Verlyn FliegerMolti lettori ci hanno scritto chiedendoci informazioni più dettagliate sugli scritti di Verlyn Flieger. Ecco la recensione al suo ultimo libro, l’antologia che raccoglie i saggi degli ultimi 30 anni. Scritta da Douglas C. Kane, è apparsa su Mythprint n.49, nel luglio 2012, la rivista della Mythopoeic Society. La Traduzione è curata da Erin, che ringraziamo cordialmente. Buona lettura:
La pubblicazione dell’ultimo libro di Verlyn Flieger “Green Suns and Faërie: Essays on J.R.R. Tolkien” è un importante pietra miliare nel settore degli studi su Tolkien. Ho esitato a chiamarlo il libro più importante della Flieger, dopo tutto, ognuno dei suoi precedenti 3 libri sullo stesso argomento sono una lettura essenziale per chiunque sia interessato ad aumentare la comprensione del lavoro di Tolkien, ed il suo primo libro, Splintered Light (Schegge di luce), ha letteralmente rivoluzionato il settore. Tuttavia, Green Suns è certamente il lavoro più personale della Flieger, in quanto documenta lo sviluppo della sua lunga riflessione sul corpus di Tolkien, riflessione avvenuta nel corso di più di 30 anni. Questo lo rende, di per sé, un lavoro importante. Ciononostante, la maggior parte dei saggi contenuti in questo libro, sono stati pubblicati precedentemente ed in circostanze diverse. La domanda che mi è sorta quando, per la prima volta, ho sentito parlare di questo libro in attesa di pubblicazione era se il risultato sarebbe stato una serie di pezzi sconnessi o se, riportarli insieme, avrebbe creato un tutt’uno coerente. Sono lieto di comunicare che, in tal senso, il libro ha superato tutte le mie aspettative. Praticamente tutti i saggi (molti dei quali da me letti in precedenza) prendono un nuovo significato quando vengono considerati insieme ai loro vicini e nel contesto del tema principale del libro; come i singoli fiori che, già graziosi presi singolarmente, assumono nuovi e più profondi aspetti quando diventano parte di un giardino ben curato ed elegantemente coreografico. Verlyn FliegerIl tema prevalente è basato sui due termini che formano il titolo del libro – “Green Suns” e “Faerie” – entrambi sono stati presi dal saggio di Tolkien Sulle Fiabe (On Fairy-stories). Molti autori hanno descritto con successo il loro lavoro, come fatto anche da Tolkien in questo saggio (intende nel saggio On Fairy-Stories, N.d.T.) , e nessuno ha fatto un lavoro migliore della Flieger nell’interpretare ed espandere quella autoriflessione. Ciascuno dei saggi, in questo libro,
contribuisce in diversi modi alla comprensione del successo unico di Tolkien nel creare un mondo secondario fattibile e convincente che continua ad avere rilevanza nel mondo reale del ventunesimo secolo.

J.R.R. Tolkien contro T.S. Eliot: ha ragione Owen Barfield?

"Salvare le apparenze" di Owen BarfieldLa nostra poesia e, più in generale, la nostra letteratura rivelano una concezione positivista della realtà e del linguaggio che blocca la vera creatività? È la tesi sostenuta da Poetic Diction, “un saggio sul significato”, pubblicato da Owen Barfield nel 1927 e ripubblicato l’anno scorso in Inghilterra. Barfield sviluppò le sue idee alternative sul linguaggio in Saving the Appearances, di cui nel 2010 è uscita la traduzione italiana: Salvare le apparenze, per la casa editrice Marietti.
Barfield è il teorico degli Inklings, il gruppetto informale di autori costituito tra gli altri da C.S. Lewis e J.R.R. Tolkien. I due celebri scrittori devono molto a Barfield e alla sua teoria del significato, come è ben raccontato da Carpenter (Gli Inklings, Marietti 2011); in particolare, è una conversazione con Tolkien su questa teoria che pare abbia rappresentato il passo decisivo di Lewis dall’ateismo all’anglicanesimo.

La teoria del significato è quella dell’unità semantica originaria. Secondo Barfield, contrariamente a molti indirizzi linguistici degli ultimi due secoli, all’inizio della storia della coscienza e del linguaggio umano si trova una profonda unità di realtà-linguaggio-significato. All’inizio nominare qualcosa voleva dire anche esprimerne il significato e attestarne la realtà. Questo plesso unitario è l’essenza del principio poetico, un principio sintetico della nostra ragione che si rivela ancora in ogni capacità creativa di significato, capacità che non riguarda solo la letteratura o l’arte, ma anche la matematica o la scienza. Alcuni membri del gruppo degli InklingsTale unità semantica originaria si sarebbe poi progressivamente divisa in una molteplicità di significati specializzati secondo un principio logico-analitico, che aiuta a precisare le espressioni e a suddividere le funzioni ma allontana anche dalla ricchezza iniziale. In questo senso all’inizio del linguaggio non ci sarebbero le famose “radici” che indicavano qualche percezione puramente fisica ed elementare, da cui poi si sarebbe sviluppato il nostro linguaggio per via di progressive astrazioni metaforiche. Al contrario, all’inizio del linguaggio ci sarebbe una percezione di realtà piena di significato (“significati concreti”) che poi avrebbe trovato una progressiva specificazione anche attraverso l’uso delle “radici”. Gli uomini primitivi non difettavano in percezione di significati astratti quanto in espressione. Le “radici” stesse rappresenterebbero uno stadio nel quale una primitiva
espressività cerca di dare forma distinta a un’enorme percezione di significati. Un’eco di questo percorso si trova nella ricchezza di significati delle parole antiche. “Pneuma” significa sia “spirito” che “vento” o “soffio” mentre successivamente i significati sono distinti e isolati. La storia della coscienza vista dal punto di vista della poesia dovrebbe dunque raccontare anche il percolare dei significati all’interno della nostra espressività. La poesia è un’espressione estetica (diction) dell’unità semantica originaria ed è quindi innanzi tutto una forma di conoscenza della realtà e dei significati.

Owen BarfieldVisto che si tratta di un’espressione ha bisogno del principio logico-analitico, ma quest’ultimo è vano senza la capacità di immergersi nell’unità originaria. L’equilibrio fra i due principi, il poetico e il logico, è ciò che definisce un “grande” poeta. Lo strumento principe del grande poeta è la metafora, intesa come un principio raffigurativo (pictorial) di quei significati che si vogliono esprimere.
Nella metafora, dunque, il poeta non trova solo una bella figura, ma dando un nuovo significato a parole o espressioni, fa conoscere nuovi aspetti di quella realtà originaria che egli non può inventare ma che il suo pensiero può aiutare a mettere in luce. Anzi, senza l’opera del poeta, quei significati non sarebbero mai emersi e in questo senso egli è collaboratore della creazione o, per dirla con Tolkien, sub-creatore. In tale prospettiva anche una nuova teoria scientifica o matematica che esprime una relazione della realtà è una creazione poetica.
Perché questa teoria della creatività dovrebbe accusare di positivismo la poesia e, più in generale, la conoscenza della nostra epoca? Perché, secondo Barfield, la poesia contemporanea nasce da una concezione della realtà come estranea alla nostra conoscenza e al nostro pensiero.

Articolo gentilmente concesso dall’autore e apparso sul sito “Il Sussidiario”.

Locandina Tolkien SeminarDal 25 al 26 novembre 2011 si terrà a Modena il primo dei Tolkien Seminar italiani, con il patrocinio della Tolkien Society inglese e della Provincia di Modena. Sarà anche l’occasione di un confronto diretto all’interno del Gruppo di studio sullo Hobbit con chi analizza e insegna negli Usa le opere del Professore di Oxford. Il momento pubblico del seminario si svolgerà venerdì 25 novembre, nella sede della Camera di Commercio di Modena (via Ganaceto, 134). Alle ore 21, a ingresso libero, sarà possibile ascoltare Verlyn Flieger e Giovanni Maddalena nella conferenza Mito e verità: la narrazione tra realtà e mistero.

 



I dieci luoghi più “letterari” del mondo

Libreria a ParigiDieci luoghi per perdersi e ritrovarsi con l’autore preferito. Sul sito Gadling Jessica Festa mette in fila dieci ritrovi del cuore nel vasto mondo, storicizzati e in qualche modo resi eterni dalla penna o dalla semplice presenza di grandi scrittori. Nell’ordine, si parte dalla libreria Shakespeare and company di Parigi dove nel secolo scorso sono passati Fitzgerald ed Hemingway, la cui casa a Key West in Florida è il secondo dei luoghi letterari menzionati. Qui al 907 di Whitehead Street l’autore di Addio alle Armi ultimò molti dei suoi romanzi. Per terzo viene il Globe Theatre di Londra con il suo implicito richiamo shakespeariano, anche il teatro che possiamo visitare oggi è stato ricostruito dopo un incendio nel 1844. E poi Walden Pond a Concord nel Massachussettes, legato alla memoria di Thoreau e Emerson; il Vesuvio Cafe di San Francisco, culla della Beat Generation, il Chelsea Hotel di New York, la Dublino di Joyce (sì in questo caso la giornalista ha scelto proprio la città intera come luogo d’elezione); un’altra città sebbene di dimensioni più modeste come la Hannibal del Missouri è stata invece consegnata alla storia letteraria dalla presenza di Mark Twain, mentre il museo di Haworth in Inghilterra racchiude la memoria delle sorelle Bronte.

Sbarcano anche in Italia i Tolkien Seminar

Locandina Tolkien SeminarNe abbiamo sempre parlato con una punta d’invidia. Abbiamo segnalato ogni occasione di incontro all’estero, abbiamo presentato sempre il programma degli interventi, presentato i relatori e, quando possibile, abbiamo anticipato i contenuti delle diverse conferenze. Sì, i Tolkien Seminar sono un po’ il nostro pallino. Lezioni simili a quelle tenute all’università, curate da esperti, studiosi e saggisti di fama internazionale, per parlare delle opere di J.R.R. Tolkien, approfondirne le tematiche, illustrare la sua vita, creando un ambiente adatto in cui lo scrittore inglese possa essere lo stimolo per nuovi studi, nuovi lavori, nuove opere d’arte. Bene, ora tutto questo sarà anche una realtà italiana. Con profondo orgoglio possiamo annunciare che anche l’Italia avrà i suoi Tolkien Seminar, i seminari tolkieniani. Sulla scia del convegno di Modena, tenutosi il 24 maggio del 2010, per non far cadere un’esperienza che ha arricchito tutti quelli che vi avevano partecipato, l’Istituto Filosofico di Studi Tomistici di Modena in collaborazione con l’Associazione romana studi Tolkieniani, ha deciso di istituire un incontro annuale completamente dedicato agli studi delle opere di Tolkien e del gruppo degli Inklings.