“The fall of Arthur” di J.R.R. Tolkien è ufficiale

Dipinti: "La Morte D'Arthur" di John Mulcaster CarrickLa notizia, anche se solo in sordina era già trapelata e anche noi ne avevamo parlato nel luglio scorso. Ora però è ufficiale: sia la HarperCollins Publishers che la sua “sorella Usa”, la Houghton Mifflin Harcourt, pubblicheranno un nuovo inedito di J.R.R. Tolkien nel 2013. La novità è che “The Fall of Arthur” sarà sicuramente nelle librerie dalla primavera prossima, precisamente il 23 maggio 2013 (e ne sono già state annunciate le traduzioni in francese e spagnolo). Ci sono alcuni dettagli in più, e alcune smentite, rispetto alla notizia di luglio. Tutto è iniziato quando Christopher Tolkien, figlio di John Ronald Reuel ed esecutore letterario delle sue opere, si è presentato alla casa editrice a Londra. «Credo che vi potrebbe interessare pubblicare questo», ha detto al direttore editoriale Chris Smith, mostrando un manoscritto. «Si intitola: La caduta di Artù». Un poema inedito, non concluso, di circa mille versi, ispirato da un quadro del pittore inglese John Mulcaster Carrick, in cui si vede il mitologico sovrano a terra, sollevato per un braccio da un cavaliere. Entrambi sono rivolti verso il mare dove una nave si allontana confusa nelle nebbie del tramonto. Non è chiaro se Artù sia ancora vivo.

Una riscrittura moderna

Libri: copertina di lavoro di "The fall of Arthur"“The Fall of Arthur” (“La caduta di Arthur”) è un poema allitterativo – ma non in rima – di circa mille versi (si interrompe al verso 954), basato sulle leggende del ciclo arturiano. L’esistenza del poema era conosciuta solo dalle brevi menzioni fatte in due lettere e dalle sei righe che biografo dello scrittore, Humphrey Carpenter, ebbe il permesso di pubblicare. Tolkien ne parla al suo editore in una lettera del 1955: «Scrivo versi allitterativi con gran piacere, benché abbia pubblicato molto poco aldilà dei frammenti contenuti nel Signore degli Anelli, se si eccettua Il ritorno a casa di Beorhtnoth… un dialogo sulla natura dell’“eroismo” e della “cavalleria”. Spero tuttora di finire un lungo poema sulla “The Fall of Arthur” usando la stessa metrica» (Lettere, n. 165).
«Non avevamo mai visto il manoscritto fino a quando non ci è stato consegnato», ha detto Chris Smith. «È completamente inedito, a parte la manciata di righe della biografia di Carpenter. Nelle due lettere, ci sono solo riferimenti vaghi, ma al tempo stesso molto intriganti. Questo è il motivo per cui lo si conosce, ma nessuno ha avuto accesso al manoscritto finora». Christopher Tolkien non è stato in grado di stabilire con esattezza quando il poema è stato scritto: sembra che Tolkien vi lavoròDipinti: "Boys King Arthur" di N.C. Wyeth (1922) nei primi anni Trenta, nello stesso periodo in cui aveva iniziato a scrivere Lo Hobbit, ma il poema non fu mai completato. L’autore ha fatto un solo riferimento ad essa in una lettera del 1955 e in un’altra del 1934 a un suo amico, R.W. Chambers, professore di inglese alla University College di Londra, che gli ha scritto dopo averlo letto: «È davvero molto bello… davvero eroico… Lo devi per forza finire». Dopo la morte dello scrittore nel 1973, il poema è rimasto nascosto in una zona riservata della Bodleian Library di Oxford, città in cui Tolkien fu per decenni professore di anglosassone. Anche gli studiosi non vi hanno avuto accesso. Si tratta del secondo inedito di Tolkien ad essere portato alla luce dopo l’uscita della “Leggenda di Sigurd e Gudrun” nel 2009.

La Trama

Particolare del pavimento a mosaico della cattedrale di Otranto (1165)Sulla trama di “The Fall of Arthur” si conosce soltanto l’episodio da cui parte l’azione. Il Dux Bellorum (il Signore delle Guerre, così era chiamato Artù) e Galvano, il più valoroso dei cavalieri della Tavola Rotonda – imbattibile alla luce del giorno, più vulnerabile al calar della sera -, vanno in guerra verso la terra dei Sassoni ma vengono richiamati a casa dalla notizia del tradimento di Mordred. Alcuni estratti dal poemetto sono stati pubblicati nella biografia su JRR Tolkien di Humphrey Carpenter: «I versi del poemetto hanno l’allitterazione, ma non la rima [e] non toccano l’argomento del sacro Graal. Inizia con una rappresentazione individuale della “Morte d’Arthur” di Thomas Malory, in cui il re e Gawain vanno in guerra nelle “terre dei Sassoni”, ma sono richiamati a casa dalla notizia del tradimento di Mordred». Mentre il mondo della Terra di Mezzo si sviluppa a partire dalla conoscenza e dalla passione di Tolkien per le lingue e per il folclore, “The Fall of Arthur” è scritto usando un inglese moderno eppure ispirato alla lingua e ai versi dell’undicesimo secolo.
Palazzo Trinci a Foligno: affresco con re Artù e Carlo Magno (1412)Una delle ispirazioni di quest’opera è sicuramente Le Morte d’Arthur scritta in inglese medio da Thomas Malory nel 1469 (pubblicata da William Caxton nel 1485), che fonde insieme diversi romanzi francesi e inglesi su Re Artù, anche se contiene materiale originale scritto da Malory. Con la sua morale cavalleresca è il testo che ha più influenzato la visione della leggenda arturiana, rappresentando la transizione dal romanzo medievale a quello moderno.

Il lavoro di Christopher

Christopher TolkienChristopher Tolkien contribuisce al libro con tre saggi che esplorano il mondo letterario di Re Artù, rivelano il significato più profondo dei versi e il paziente lavoro
che suo padre intraprese per portare il poema a una forma definitiva, e i collegamenti che si possono cogliere tra “The Fall of Arthur” e la più grande creazione di Tolkien, le opere che riguardano la Terra di Mezzo. «È ben noto l’interesse principale di mio padre per l’antica poesia “nordica” allitterativa, che egli inserì nel mondo della Terra di Mezzo (in particolare nei lunghi lai, anche se non finiti, dei Figli di Húrin) al dialogo drammatico Il ritorno di Beorhtnoth (The Homecoming of Beorhtnoth, derivante dal poema antico inglese la Battaglia di Maldon) e nelle sue versioni “antico norrene” delle saghe The New Lay of the Völsungs e The New Lay of Gudrún (a cui fa riferimento in un lettera del 1967 come «una cosa che ho fatto molti anni fa quando cercavo di imparare l’arte di scrivere in poesia allitterativa»)», ha detto Christopher. «Nel Sir Gawain e il Cavaliere Verde mio padre ha mostrato la sua abilità nella resa del verso allitterativo del XIV secolo nello stesso metro in inglese moderno. A questi si aggiunge ora il suo poema incompiuto e inedito The Fall di Arthur». Già molto amareggiato da come sono state travisate le opere del padre nelle varie versioni cinematografiche di Peter Jackson (come detto in un’intervista a Le Monde), Christopher Tolkien, che per tutta la vita si è dedicato al recupero degli scritti inediti del padre, ha chiarito che i diritti cinematografici non saranno disponibili. Home 7: "Return of the Shadow"«Hanno sbudellato i libri fino a farne un action movie per ragazzi tra i 15 e i 25 anni», aveva detto. «La distanza che si è creata tra la bellezza e la serietà del lavoro di mio padre e quello che lo hanno fatto diventare, va oltre la mia capacità di sopportazione». Le opere più conosciute erano solo un epifenomeno agli occhi del loro autore. Un piccolo assaggio del vasto mondo di Tolkien, ma il risultato è stato che hanno oscurato tutte le altre. Soprattutto, Il Silmarillion, il racconto dei tempi più antichi del suo universo, cui il professore di Oxford aveva lavorato tutta la vita. E così ha fatto Christopher, che è riuscito a far pubblicare l’intero corpus di leggende della Terra di Mezzo scritte dal padre, sotto il nome di History of Middle-earth.

 

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18 Comments to ““The fall of Arthur” di J.R.R. Tolkien è ufficiale”

  1. Gwindor ha detto:

    Penso che in realtà la nave del quadro stia arrivando.
    Per il resto, non so: mille versi sono probabilmente superiori alle mie forze persino se sono di Tolkien, e nelle poche prove sostenute finora ho sempre trovato i versi allitterativi del tutto inascoltabili (decisamente orecchie mediterranee, le mie…)
    Bye
    Gwindor

    • Balin ha detto:

      Dal mio punto di vista, mille versi sono decisamente pochi, invece! 🙂
      Intendo, che non credo che la storia andrà molto avanti, sicuramente non giungerà mai alla morte (o al sonno) di re Artù…
      Ciao!

  2. Wu Ming 4 ha detto:

    La notizia offre l’occasione per far notare ancora una volta il pietoso stato della divulgazione sull’opera di Tolkien in Italia. Si dia un’occhiata all’intervista rilasciata sulla notizia in questione da Paolo Gulisano, un personaggio sulla cui pagina Wikipedia si legge che è “uno dei più grandi esperti mondiali” di J.R.R.Tolkien:
    http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2012/10/8/TOLKIEN-Gulisano-La-caduta-di-Artu-Usciranno-altri-manoscritti-inediti/327291/
    Gulisano parte affermando che “in realtà non si tratta di un inedito”. Dopodiché prosegue: “Io stesso così come molti altri studiosi lo avevano potuto leggere e analizzare, in quanto custodito nella Bodleian Library di Oxford. E’ vero invece che sarà pubblicato e dunque reso pubblico per tutti dal prossimo maggio in edizione inglese”.
    A parte il fatto che Gulisano confonde il significato di due verbi italiani, è pure vero che il pubblico può in effetti avere accesso a un testo anche se questo non è stato editato, ma non è comunque il caso di The Fall of Arthur. Il testo è sì custodito alla Bodleian Library, ma nella parte riservata, non accessibile al pubblico. Infatti nessuno studioso prima d’ora, se non forse il biografo Carpenter, ha potuto visionare questo testo in maniera approfondita, tant’è che nella letteratura secondaria su Tolkien compaiono solo sporadici accenni. Allora, come può Gulisano avere letto The Fall of Arthur? I dubbi in proposito aumentano due risposte più in là: “Sono molto contento che finalmente possa essere pubblicato quello che il figlio ha portato all’editore, è una versione finalmente integrale di questo poema di un migliaio di versi”. Ma The Fall of Arthur è un poema incompiuto, non integrale. Cosa che Gulisano saprebbe bene se l’avesse letto. Invece della notizia letta in rete ricorda il numero dei versi ma non il dato essenziale dell’incompiutezza del testo. Pare che a volte la memoria tradisca anche i massimi esperti mondiali di Tolkien! :-)))))))))))))

    • Norbert ha detto:

      Nella seconda pagina dell’articolo citato da Wu Ming 4 si legge

      [Chistopher] Già negli anni scorsi portò a editori degli inediti anche se erano conosciuti, già presenti nel Silmarillion”

      Inediti già pubblicati??

    • Paolo Gulisano ha detto:

      Che fosse incompiuto lo sapevo e lo avevo scritto già nel 2001 nel mio volume Tolkien il mito e la grazia che la tua presunzione ti ha probabilmente impedito di leggere. Insulta meno e documentati di più!

      • Wu Ming 4 ha detto:

        E che dire della presunzione di chi si presenta a commentare su un thread di un anno fa? E senza nemmeno leggerlo tutto il thread, altrimenti si sarebbe accorto che nei commenti il sottoscritto – dall’alto della propria presunzione – aveva già riconosciuto di avere malinterpretato il termine “integrale” e fatto “ammenda”.
        Ma soprattutto, vede, Gulisano, io sono perfino disposto a chiederle scusa tre volte, se lei è in grado di dimostrare che risponde al vero la sua affermazione rilasciata al Sussidiario.net (e linkata nel mio intervento qui sopra) circa il fatto che lei avrebbe letto il testo di “The Fall of Arthur” prima che venisse reso pubblico e dato alle stampe. Cito le sue parole: “Io stesso così come molti altri studiosi lo avevamo potuto leggere e analizzare, in quanto custodito nella biblioteca Bodleian di Oxford.”
        Se lei e molti altri studiosi avete potuto leggere il poema alla Bodleian, come mai l’unica citazione esistente è quella di H. Carpenter nella biografia autorizzata del 1977? Per caso la Tolkien Estate vi ha fatto sottoscrivere un vincolo di segretezza? E’ davvero sicuro che il manoscritto si trovasse nella parte accessibile della Bodleian Library e che fosse possibile visionarlo senza il permesso e la supervisione di Christopher Tolkien? O per caso Lei, Gulisano, ha potuto mettere il naso nel lavoro dello stesso Christopher? Se così fosse, allora non potrei che scusarmi tre volte. In caso contrario mi toccherebbe invece chiederle chi è il più presuntuoso tra chi cerca di accreditarsi come un grande studioso di Tolkien affermando il falso e chi non legge i saggi di un millantatore.

  3. Gwindor ha detto:

    Concordo su quasi tutto riguardo a Gulisano, tranne su una cosa (che non è tanto su Gulisano quanto sull’Italiano. “Integrale” e “incompiuto” non sono in contraddizione. “Incompiuto” si riferisce all’opera e vuol dire che non è stata completata dall’Autore, “Integrale” si riferise all’edizione e vuol dire che essa include tutto quel che l’Autore ha scritto prima di interrompersi, senza tagli né adattamenti.
    Bye
    Gwindor

  4. Wu Ming 4 ha detto:

    @ Gwindor

    Giusta osservazione semantica. Faccio ammenda. Ma ammetterai che per uno che sostiene di avere letto The Fall of Arthur è strano che in nessuna risposta faccia riferimento al fatto che il poema non è completo. Si spinge a definirlo “molto bello”, ma non dice che è incompleto. Tanto meno viene specificato nell’articolo, come se nemmeno l’intervistatore ne fosse informato. Ma del resto, nell’articolo si dice anche che Gulisano è l’autore dell’unica monografia italiana su Tolkien. Va be’.

  5. Gwindor ha detto:

    Beh, ho già detto che concordo su tutto il resto, no?

  6. Gabriele ha detto:

    Riguardo a Gulisano, non c’è in realtà ombra di alcuna contraddizione.
    Carpenter non ha usato più di quei miseri stralci per un’esclusiva questione (probabilmente) di diritti e/o per il contesto in cui sono stati inseriti. Altri non han potuto parlarne per citazione per la medesima questione sui diritti di pubblicazione. Credo che la Tolkien Estate abbia posto un veto sul parziale utilizzo di questo e consimili per evitare che trapelasse il contenuto di un’opera priva della sua propria (anche se incompiuta) unità, visto che perfino quando sono unite e compiute le righe di Tolkien sembrano le principali vittime del fraintendimento deliberante e di dichiarata ignoranza.

    Siamo spesso portati a pensare, da critici che non hanno realmente avuto accesso a simili manoscritti, che l’interesse di Tolkien sul Ciclo Arturiano fosse limitato esclusivamente alla traduzione di Sir Gawain and the Green Knight: secondo questo masticato e rimasticato messaggio, il Professore non solo non riterrebbe l’epica dei cicli di Bretagna un’indebita professione inglese di materia franca, ma quel poco di dignità effettiva di tali vicende risiederebbe solo nella componente linguistica. Seppure la prima risieda in minima parte anche nelle parole del Prof, The Fall of Arthur dovrebbe invece considerare quell’altra parte, quella massima, per cui anche chi ha spiccate preferenze per lo spirito norreno non può che stimare ed approcciarsi con cuore desideroso alla storia di Malory. Diciamo che per molti studiosi (anche alcuni validissimi) uno svincolo all’insofferenza bretone non è forse abbastanza interessante da scomodarli a rivedere le proprie preconfezionate visioni architettate tra l’amore per un tema e il disprezzo per un altro, così semplice, così ordinato, nella semantica, tra due principi letterari. Soprattutto se questo incomodo costringe a sedersi ad un banco della Bodleian Library di Oxford, forse l’oggetto non vale il viaggio. Tolkien ha dimostrato che, ancora una volta, non solo non è riducibile a sistema tra coloro che lo snobbano per supposto deficit di letteratura, ma persino tra coloro che lo innalzano, snobbando il resto. Insomma, Tolkien era aperto a tutte le cose belle, fossero esse di Malory o di Sturlson, il suo cuore era aperto ad ogni bellezza.

    Mi riesce più difficile credere, invece, come sostiene Wu, che l’accessibilità a tale manoscritto sia così limitata.

  7. Wu Ming 4 ha detto:

    @ Gabriele

    La Tolkien Estate può impedire che si citino i versi del poema, è vero, ma con Carpenter non l’ha fatto. E certamente non può impedire a uno studioso che abbia letto il poema di parlarne a ragion veduta, anche senza citarne i versi protetti da copyright. Penso che se il manoscritto fosse stato accessibile prima d’ora, i più grossi studiosi mondiali di Tolkien (quelli veri) se ne sarebbero occupati, avrebbero almeno riassunto la trama, ne avrebbero parlato proprio per chiarire il problema mai del tutto risolto della connessione tra Tolkien e il ciclo arturiano.
    E’ possibile dunque che un filologo come Shippey non ne abbia mai parlato? Non trovo traccia di riferimenti a questo poema in “The Road to Middle-Earth”, né in “Roots and Branches”, né in “Tolkien, autore del secolo”. Verlyn Flieger ne parla in “Interrupted Music”, nel capitolo sulla relazione tra Tolkien e il ciclo arturiano, ma si limita a fare riferimento alle lettere in cui Tolkien accenna al poema incompiuto, non entra nel merito del testo, non riassume nemmeno la trama a grandi linee. In rete digitando “The Fall of Arthur + Tolkien” non compaiono risultati precedenti all’estate scorsa, quando è uscita la notizia della prossima pubblicazione. Sarà anche difficile crederlo, ma a me sembra evidente che questo testo non è stato visionato se non da pochissimi ammessi nella cerchia di fiducia di Christopher Tolkien (forse il solo Carpenter).

    • Gabriele ha detto:

      Io non sono stupito che non se ne sia parlato se non per cenni proprio per quanto già dichiarato in due punti sul precedente commento. Carpenter deve aver ottenuto uno strappo alla regola per chi è stato lui, uno “di famiglia”.

      Ho scritto, in merito ad altri, ritenuti “veri” da te e con anche la mia concordia, ma tengo a precisare non la venerazione totalitaria, che non ne hanno, probabilmente, l’interesse. Ai fini di “Interrupted Music”, immagino, The Fall of Arthur non dovrebbe rappresentare comunque una dettagliata visione di sé.

      Gulisano, parlando al ilsussidiario.net, si rivolge ad un pubblico comunque mediamente erudito e colto di Tolkien, essendo un quotidiano online molto frequentato da persone appartenenti al Movimento di Comunione e Liberazione e quindi credo che non abbia usato parole di facile smentita.
      Vorrei infine far notare che tale manoscritto non dovrebbe essere sotto la giurisdizione di Christopher Tolkien nell’ambito del suo studio, ma che egli dovrebbe avere potere di veto solo nell’utile di una pubblicazione.

  8. Roberto ha detto:

    @ Gabriele
    “Mi riesce più difficile credere, invece, come sostiene Wu, che l’accessibilità a tale manoscritto sia così limitata.”

    Sarà difficile, ma è proprio così! 🙂 Visto che alla Bodleian Library ci sono stato insieme ad altri due amici, ho controllato la lista dei manoscritti e “The Fall of Arthur” non c’è, probabilmente è in una delle tre sezioni riservate (denominate Tolkien B, E/16 ed S).
    Ma più di me, faccio parlare chi l’autorevolezza ce l’ha sicuramente: Secondo quanto scrive Carl Phelpstead nel premiatissimo studio “Tolkien and Wales”, scritto nel 2011, «the unfinished poem [The Fall of Arthur] has never been published or made accessible to scholars and […] must now be the most eagerly awaited of unpublished writings by Tolkien. Until Tolkien Estate approve publication of the poem we remain reliant on the brief description of it by Humphrey Carpenter, who was given access to the manuscript for his biography of Tolkien». Quindi quel che ha detto Wu Ming 4 è esatto: nessuno ha potuto accedere al manoscritto a parte Carpenter oltre 30 anni fa…

    Ah, per la cronaca, il libro è dedicato all’interesse che Tolkien aveva per le “cose celtiche” e tutta una serie di opere medievali, soprattutto gallesi e bretoni. E questo è il terzo libro sull’argomento dopo quelli di Mark T. Hooker e soprattutto di Dimitra Fimi. Anche i Tolkien Studies da anni ospitano saggi dedicati ai molti contatti con le lingue e letterature celtiche. Nel libro di Phelpstead un lungo capitolo è dedicato anche alla “letteratura arturiana”.

    Ciao!
    Roberto

    • Gabriele ha detto:

      Non sono ancora riuscito a procurarmi quella lettura, avevo solo avuto modo di capire le grandi linee del contenuto. Be’, che sia in una sezione riservata era già chiaro e t’invidio enormemente per la tua possibilità di visionare anche solo quella più accessibile, già da solo questo appunto sottolinea il distacco che subisco da te.

      Ma mi chiedo, Gulisano ha raccontato una balla? Posto che Phelpstead abbia un rating (e quindi una stima dalla direzione della) Bobleian superiore nelle pubblicazioni su Tolkien, che egli non abbia visto il manoscritto(ovvio) e che senza un permesso speciale The Fall of Arthur non sia nemmeno leggibile : Phelpstead, la Flieger, Hooker e Fimi hanno richiesto di poterlo leggere o no? E, soprattutto, da cui la precedente dipende, è necessario che tale richiesta passi al vaglio di Christopher o lui ha potere solo nel censurare un esplicita citazione o un prolungato riferimento?

      Perché senza queste risposte, pare che l’unica conclusione sia una balla di Gulisano. E allora lì ci si chiede “Perchè?”.

      • Roberto ha detto:

        “Be’, che sia in una sezione riservata era già chiaro”. Diciamo, caro Gabriele, che ora è chiaro che il manoscritto è in una sezione riservata a cui nessuno può avere accesso. Chi dice il contrario, mente. 🙂

        “Ma mi chiedo, Gulisano ha raccontato una balla?”. Beh, ce lo chiediamo tutti! 🙂

        Per avere accesso ai manoscritti della sezione riservata si deve compilare una richiesta scritta, che i bibliotecari della Bodleian Library inviano alla Tolkien Estate (che poi significa che Christopher è quello che concede o rifiuta il permesso per vedere i manoscritti). I tempi solitamente sono lunghissimi, quindi i bibliotecari consigliano di andare da loro avendo già il permesso firmato della Tolkien Estate. So per certo che la Flieger ha avuto accesso solo ai manoscritti di “On Fairy-stories” e “Smith of Wootton Major”, le opere di cui ha poi curato l’edizione. Dimitra Fimi, invece, inviò la richiesta alla Tolkien Estate al primo anno di università e il consenso a visionare alcune cose giunse 4 anni dopo! Questo è dovuto all’enorme quantità di richieste che arrivano ogni anno… Dimitra si è poi letta tutti, e dico tutti, pagina per pagina, i manoscritti ad accesso pubblico. E così hanno fatto sia Douglas A. Anderson e il duo Wayne G. Hammond e Christina Scull.

        Ciao!
        Roberto

  9. Gabriele ha detto:

    Grazie per la spiegazione.

  10. Paige ha detto:

    Annunciate le traduzioni in francese e spagnolo..perchè noi siamo sempre gli ultimi? -.-

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