Lucca, laboratorio sullo Hobbit: il report

All’interno della cornice Junior dell’edizione 2024 di Lucca Comics & Games si è svolto un laboratorio per ragazzi tutto tolkieniano. Due appuntamenti riservati alle scuole che hanno visto una classe di quinta elementare e una di terza media addentrarsi nelle prime pagine de Lo Hobbit e destreggiarsi con il mondo finzionale creato da J.R.R. Tolkien. Entrambe le classi sono state guidate nell’individuazione di alcune delle categorie del world building con il fine di dare modo agli studenti di creare il loro mondo finzionale.

Il resoconto

Il laboratorio si è svolto nell’area Junior del Real Collegio di Lucca, un luogo molto evocativo che ha forse permesso ai ragazzi ospiti di entrare non solo nell’immaginario lucchese del festival ma anche un po’ in quello tolkieniano.
Il laboratorio si è aperto con i libri: ho posto ai ragazzi una serie di domande di accoglienza sulle loro abitudini di lettura e, soprattutto, sul perché si trovassero lì. Le risposte hanno spaziato dal “non lo so” al “dobbiamo fare qualcosa con i libri”, tipiche di un’età in cui un’audace onestà si mescola a un umorismo dell’infanzia ancora non perso del tutto per strada. Una cosa era certa per tutti: avremmo avuto a che fare con i libri. Per quanto riguarda le abitudini di lettura, il riscontro è stato fedele a ciò che spesso si nota nello stacco tra le scuole elementari e le medie: i lettori sono di più nella prima fascia, ancora seguiti dalla guida di una persona di fiducia (come l’insegnante), piuttosto che nella seconda, dove spesso lo studente viene purtroppo lasciato di più a sé stesso.
Il laboratorio è stato diviso in quattro fasi, in modo che i ragazzi potessero avere a che fare sia con il materiale libro, con il testo vero e proprio che con le categorie del world building alla base del laboratorio. Una parte fondamentale è stata dedicata alle varie edizioni de Lo Hobbit presenti in commercio. I ragazzi hanno potuto vedere girare tra i banchi la più recente edizione Bompiani con la nuova traduzione di Wu Ming 4, Lo Hobbit a fumetti (Bompiani, 2000), la versione illustrata da Jemima Caitlin in inglese (essendo quella italiana ormai sfortunatamente fuori catalogo) e l’edizione Bompiani illustrata da Alan Lee (Bompiani, 2017). L’obiettivo di questa primissima fase è stato dare la possibilità ai ragazzi di maneggiare il testo di cui avrebbero poi sentito un estratto, un passaggio fondamentale nell’educazione alla lettura poiché dà la misura (anche letterale) di cos’è un libro.

La seconda fase: la lettura ad alta voce

In un laboratorio basato principalmente sulla lettura si è voluto dare un’importanza significativa alla lettura ad alta voce di alcune parti del romanzo. Questo passaggio, di vitale importanza, è necessario per assaporare non solo la musicalità del testo ma anche per entrare nel mondo immaginativo dell’autore senza dover seguire la lettura con gli occhi. I bambini di quinta elementare forse erano più abituati a una pratica del genere e infatti si sono trovati subito a loro agio di fronte alla richiesta di chiudere gli occhi e mettersi comodi durante la lettura. Per i ragazzi di terza media, invece, il compito è risultato un pochino più bizzarro: questa fascia d’età non è quasi più abituata a un adulto che legge loro ad alta voce; perciò, durante il laboratorio molti ragazzi hanno preferito rimanere ad occhi aperti e, inoltre, ho notato un tempo di attenzione e coinvolgimento di poco minore rispetto alla classe di quinta elementare.
Per la terza media si è scelto l’incipit del romanzo fino all’arrivo di Gandalf, invece per la quinta elementare ho optato per il momento in cui Bilbo entra nelle pendici della Montagna Solitaria e vede per la prima volta Smaug. La scelta è stata dettata dal tipo di analisi che poi si sarebbe fatta dopo la lettura: da una parte l’incipit si presta a riflessioni di tipo più narrativo riguardo chi sia il narratore, da quale punto di vista venga inquadrata la storia e che tipo di personaggi siano Bilbo e Gandalf in questa prima parte della storia; inoltre, il passaggio offre spunti per parlare dell’ambiente nel quale avviene l’incontro tra i due personaggi citati e delle creature che abitano il mondo fantastico di Tolkien. Al contrario, l’incontro con Smaug pone degli interrogativi riguardo ai personaggi nello specifico: che tipo è Bilbo? Perché viene detto che ha paura ma entra comunque nei meandri della montagna? Quali sono le caratteristiche del coraggio, a questo punto? E come sono fatti i draghi? In conclusione, si è voluto dare enfasi a diverse parti della narrazione, soffermandosi di più su quelle discorsive con la quinta elementare e quelle più tecniche con la terza media, probabilmente già avvezza alla terminologia di tipo narratologico.
La restituzione da parte dei ragazzi è stata davvero variegata: una buona parte di loro già conosceva le strutture narrative di un romanzo e si è interrogata su chi fosse effettivamente il narratore de Lo Hobbit. I ragazzi di quinta sono stati capaci di chiedersi e discutere tra di loro cosa succedesse nell’animo di Bilbo di fronte a Smaug e se fosse, infine, un personaggio coraggioso o meno, collegando l’esperienza con la loro individuale. Il verdetto è stato, come pensavo, poco unanime: tra chi sosteneva che Bilbo era poco coraggioso e chi, invece, tendeva per il contrario, il personaggio non è stato risparmiato dalle critiche per i suoi pensieri e azioni.

La terza fase: le illustrazioni e le categorie

Questa è stata la parte centrale di tutto il laboratorio e quella più simile per entrambe le classi. Ho proposto ai ragazzi diverse illustrazioni prese non solo dai libri che avevano maneggiato prima ma anche da altre edizioni a loro sconosciute. L’obiettivo, come all’inizio, era stimolare quella parte visiva della storia che, soprattutto alle scuole medie, in parte viene persa. Inoltre, le illustrazioni sarebbero state le protagoniste del compito successivo, ovvero dividerle nelle categorie del worldbuilding. Queste ultime sono state semplificate per l’uso del laboratorio, così che potessero rappresentare dei punti di partenza per riflettere sulla creazione di un mondo fantastico. In questo modo, gli studenti si sono trovati a riflettere sulle categorie di geografia, storia, nomi e luoghi, popoli e magia rispetto al tipo di illustrazione che gli era stata sottoposta.
Anche in questo caso, le restituzioni sono state poco unanimi, ma la discussione che ne è scaturita estremamente stimolante. Entrambe le classi si sono ritrovate a discutere sulle loro scelte, collaborare e mediare per trovare la risposta che per loro funzionasse di più. Non ce n’erano di giuste o errate, ma avrebbero poi dovuto giustificarle in gruppo.
In particolare, da parte della terza media è stata fatta una riflessione molto interessante sul tipo di storia che viene raccontata: i ragazzi, infatti, si sono chiesti se la categoria si riferisse alla storia narrata (l’intreccio, per dirla in termini narratologici) o la storia dentro la storia. Questo si è rivelato molto utile per capire in quale categoria inserire l’illustrazione presa da Lo Hobbit a fumetti in cui i nani raccontano la storia del re Thrór e della Montagna Solitaria a Bilbo. Al contrario, con la quinta elementare sono venute a galla tutte le curiosità sulla geografia della Contea e sulle caratteristiche dei draghi. Rispetto a quest’ultimo particolare, i ragazzi si sono chiesti se un drago come Smaug potesse essere inserito nella categoria “popoli”. Hanno osservato che l’antropomorfizzazione del drago (il fatto che parli e che sia molto scaltro, per esempio) lo escluda automaticamente da una categoria addizionale come quella delle creature animalesche. Inoltre, i ragazzi hanno anche notato che la categoria “popoli” è una categoria collettiva e che, quindi, un singolo personaggio potrebbe non farne del tutto parte, a meno che non vengano citati altri componenti della stessa. Insomma, la giornata non poteva dare maggiori soddisfazioni. Anche se non tutti hanno partecipato attivamente, si è creata una stimolante atmosfera di scambio e interesse nei confronti della letteratura di Tolkien.

Francesca Titolo
Foto di Paolo Panfili

 

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