Tolkien and the Mystery of Literary Creation. La Recensione

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Lo scorso 3 Luglio 2025 è stato pubblicato per la Cambridge University Press il saggio di Giuseppe Pezzini Tolkien and the Mystery of Literary Creation. Pezzini è Fellow e Tutor presso il Corpus Christi College di Oxford e Professore Associato di Lingua e Letteratura Latina all’Università di Oxford. Classicista di formazione, ha pubblicato ampiamente sulla lingua e letteratura latina, sulla commedia romana, sulla filosofia antica del linguaggio e sulla teoria della narrativa, antica e moderna. Con ulteriori interessi nella critica testuale e nelle discipline umanistiche digitali, è anche un importante studioso tolkieniano; ha ricevuto nel 2021 il Philip Leverhulme Prize ed è attualmente Tolkien Editor per il Journal of Inklings Studies.

Di seguito pubblichiamo la recensione del saggio di Giuseppe Pezzini redatta da Claudio Antonio Testi, saggista e socio AIST.

Risposta a un articolo di Ivano Sassanelli

Claudio Testi - studio 2018PREMESSA

Nel suo documentato articolo “La tematica religiosa in Tolkien: analisi di alcune vie interpretative” (Mareghett A. – Sassanelli I., “Vive in fondo alle cose la freschezza più cara”, Aracne, Roma, 2022 pp. 91-117), Ivano Sassanelli ancora una volta presta attenzione a Santi Pagani nella Terra di Mezzo di Tolkien (ESD, Bologna, 2014). Qui, pur negli apprezzamenti, mi rivolge alcune critiche a cui mi sento obbligato a dare breve replica, in aggiunta a quanto già da me rilevato in un precedente articolo, convinto che il dibattito, se fatto in maniera seria, non pregiudizialmetne orientata e documentata è sempre utile

Nella prima parte del citato saggio Sassanelli afferma che nel dibattito sulla religione in Tolkien vi sono state due direttrici fondamentali: quella che considera l’opera di Tolkien Pagana e/o/aut Cristiana [par. 1.1 nel suo saggio] e quella che considera il suo mondo poco religioso perché vi vede un Dio immensamente lontano [1.2]. Egli poi [2] illustra quattro approcci alternativi, tra quali appare anche il suo, esposto ne Il Vangelo di Gollum e poi ribadito nella conclusione [3]). Santi Pagani è discusso soprattutto nella prima parte e parzialmente nella seconda.

PAGANO, CRISTIANO, CATTOLICO, RELIGIOSO

L’articolo esordisce con l’invito, del tutto condivisibile, a basare lo studio dell’opera tolkieniana soprattutto sui suoi testi di Tolkien (pp. 92-93), dopo di che, all’inizio del paragrafo 1.1, afferma:

“le aggettivazioni “pagana” e “cristiana”, non essendo mai state richiamate dall’autore come elementi descrittivi dei suoi racconti, risultano piuttosto essere prevalentemente (se non esclusivamente) tipiche del Mondo Primario, ossia del mondo dell’autore, del lettore e degli studiosi e mal si conciliano col Mondo Secondario della Terra di Mezzo in cui non sussistono, dal punto di vista religioso e storico, gli stessi presupposti riscontrabili nel “nostro mondo). Per queste motivazioni solo le “fonti”, i “principi generali” (poi esemplificati nel testo) o i “motivi particolari” (poi usati nella storia narrata) possono essere definiti o descritti come “pagani”, “cristiani”, “cattolici”, “moderni”, “pre–moderni”, “post–moderni”, “tradizionali” e cosi via. (“La tematica..”, p.93, corsivi aggiunti)

Sassanelli dice qui che è errato attribuire gli aggettivi di “cristiano” o “pagano” (così come quelli di “cattolico”, “moderno” ecc…: si veda la seconda frase) ai racconti di Tolkien in quanto:
a) l’autore non li ha mai usati
b) sono prevalentemente tipici del mondo primario.

Ovviamente una tale posizione implica una critica a Santi Pagani ove questi aggettivi vengono “massicciamente” usati perché si sostiene sostanzialmente che il mondo di Tolkien è specificamente pagano ma in armonia col cristianesimo e per questo la sua opera è cattolica (cfr. Santi Pagani, pp. 100-101).

Il principio sopra enucleato da Sassanelli è però molto “forte” e impegnativo da “sostenere”, anche alla luce dei alcuni testi tolkieniani, che Sassanelli, conosce bene e che correttamente ricorda:

Certamente qualcuno potrebbe osservare che Tolkien stesso nella lettera (n. 165) del giugno 1955 inviata alla Houghton Mifflin Co., ha affermato: ≪In ogni caso io sono cristiano; ma la “Terza Era” non era un mondo cristiano≫; oppure che nella bozza di lettera (n. 186) dell’aprile 1956 destinata a Joanna de Bortadano, egli scriveva: “La storia in realtà e la storia di cosa e accaduto nell’anno X a.C., e si dà il caso che sia accaduta a persone che erano in quel modo!” (“La tematica…”, p.96)

Per spiegare come la lettera 165 non contraddica il principio proposto da Sassanelli, secondo il quale l’aggettivo “cristiano” non è stato richiamato dall’autore per descrivere i suoi racconti, scrive:

In primo luogo nella lettera del 1955, Tolkien ha affermato la non cristianità della Terza Era come risposta tanto al rischio dell’allegoria quanto alle critiche secondo cui nel suo racconto non era presente la religione. Ciò ha condotto l’oxoniense a sottolineare che il suo Legendarium era stato impostato su un mondo monoteista di “teologia naturale” (“La tematica…”, p. 97, corsivi aggiunti)

Un rilievo giusto questo di Sassanelli, che però non mi pare riesca a “parare il colpo”. Che Tolkien affermi che il suo è un mondo non cristiano in cui però è presente un monoteismo basato sulla teologia naturale, non toglie il fatto che egli stesso usi l’aggettivo “cristiano” per caratterizzare ciò che un suo racconto non è1.

Sassanelli in merito considera anche un’altra lettera “problematica”, la 142, ove Tolkien come noto afferma che “Il SDA è un’opera fondamentalmente religiosa e cattolica”. Da ciò infatti segue ovviamente che “il SDA è un’opera cattolica”, ma anche che è un’opera “cristiana”, dato che il cattolicesimo è una certa interpretazione del cristianesimo. Per evitare l’inferenza Sassanelli spiegherà che questi aggettivi vanno riservati alle fonti e non all’opera, ma anche facendo ciò non riuscirà a evitare una contraddizione (cfr. sotto IV.).
Inoltre, non si capisce perché, mentre “pagano” e “cristiano” non si possono applicare ai racconti di Tolkien in quanto tipici del mondo primario, Sassanelli poi applichi ai medesimi racconti gli aggettivi “religioso” (cfr. sotto IV), “monoteista” e “di teologia naturale” che sono anch’essi tipici del Mondo Primario. In questo senso l’applicazione inversa (che rimprovera, peraltro correttamente, al mio approccio: si veda la citazione sotto riportata al paragrafo III) è a mio avviso inevitabile: è infatti impossibile studiare un’opera senza approcciarla e qualificarla con termini usati in primis per il nostro mondo.

Per questo il seguente rilievo, che nega la qualifica di accademico a una marea di studi tra cui, oltre al mio, anche quelli di Shippey, Flieger e… di Tolkien medesimo, è molto discutibile:

Ciò implica che in nessun caso, soprattutto in un contesto di riflessione accademica, la Terra di Mezzo può essere associata a un periodo storico e a un mondo “pagano”, “precristiano”, “cristiano”, “cattolico”, “moderno” o “pre–moderno” che sia. (“La tematica…”, p. 103)

DIO, NATURALE E SOPRANNATURALE

Nella parte 1.2 del suo saggio Sassanelli esamina poi il filone che vede la lontananza e quasi l’assenza di Dio nelle vicende della Terra di Mezzo (p.103 ss.). Qui gli autori di riferimento sono soprattutto Shippey, Flieger e Wu Ming 4, ma si accenna ancora a Santi Pagani:

Una delle problematiche più evidenti di quest’ultima impostazione, riguarda il fatto che ogni affermazione, da parte di critici e studiosi, circa l’intervento diretto di Dio, dei Valar o di qualsivoglia entità soprannaturale nel Mondo Secondario dell’oxoniense, risulterebbe, di per ciò stesso, una “cristianizzazione dell’opera tolkieniana”.
Ciò, però, come si vedrà nelle pagine seguenti, non può essere condiviso in quanto le categorie concettuali di “naturale” e “soprannaturale” — la cui esistenza, compresenza e correlazione costituiscono l’ossatura dell’essenza “religiosa” della narrativa tolkieniana e segnatamente de Il Signore degli Anelli — non possono essere equiparate a quelle di “pagano” e “cristiano”, in quanto, come detto in precedenza, e come evidenziato dalle stesse parole di Testi quando afferma “Tenendo ben ferme le distinzioni e definizioni sopra espresse e applicandole all’opera tolkieniana” (corsivo nostro), questa eguaglianza e quest’accostamento sono da identificarsi non tanto come un’interpretazione delle opere del Professore ma, piuttosto, come una semplice “applicazione” (da noi definita inversa) al Mondo Secondario tolkieniano di concetti tipici del Mondo Primario e del tutto estranei alla Terra di Mezzo. A voler usare le parole di Tolkien si potrebbe dire che le ossa del bue portano con se questi attributi del Mondo Primario — in quanto da esso derivano — ma una volta che esse entrano nel calderone della narrazione del Mondo Secondario, la minestra che ci viene ammannita dall’autore non può più avere le stesse categorie del Mondo Primario, pena vedere realizzata una “applicazione inversa”” (“La tematica…”, p. 106, corsivi aggiunti)

Il brano mi offre l’opportunità di chiarire un punto di Santi Pagani che da qualcuno è stato frainteso, ovvero quello della relazione tra l’esistenza di Dio e il paganesimo. A volte ho l’impressione che chi legge Santi Pagani consideri “paganesimo” sinonimo di “ateismo”. Nel mio libro ho invece chiaramente detto che il paganesimo non implica l’ateismo (Santi Pagani pp. 135-136) e che anzi l’esistenza di Dio è un contenuto proprio della cultura pagana, come attesta ad esempio l’opera pagana di Aristotele, che arriva a dimostrare l’esistenza di un motore immobile (Santi Pagani, p. 133). Il concetto di “paganesimo” inteso come inconciliabile col cristianesimo e negante la trascendenza di Dio è invece propria degli approcci di Curry e Madsen, che io critico aspramente (Santi Pagani pp. 49 sgg.)2. Per questo, almeno per quanto riguarda la mia prospettiva, non è vero, come dice Sassanelli, che un intervento di Dio implica la cristianizzazione di un’opera. Eru nel Legendarium è una presenza innegabile e quando Tolkien, vuol dirci che Eru fa qualcosa, lo scrive chiaramente senza alcun bisogno di trovare significati nascosti tramite complicate interpretazioni dei suoi testi, come ben si vede nell’affondamento di Nùmenor:

Ilùvatar però sfoderò il proprio potere, mutando la faccia del mondo; e un grande abisso si spalancò nel mare tra Nùmenor e le Terre Imperiture, e le acque vi si precipitarono, e il frastuono e il fumo delle cateratte salì al cielo, e il mondo ne fu scosso. E tutte le flotte dei Nùmenóreani furono trascinate nell’abisso, dove si sprofondarono e vennero per sempre inghiottite (Il Silmarillion, Akallabéth, corsivi aggiunti)

Questo però non implica che allora il Silmarillion sia cristiano. Ripeto: la presenza e l’intervento di Dio sono presenti anche nella cultura pagana e non sono specifici di quella cristiana. Quello che è invece è specifico di questa cultura e che riguarda quello che io indico come piano soprannaturale e frutto di una rivelazione a cui l’uomo, con le solo forze della ragione non può accedere, è ad esempio la Uni-Trinità di Dio, e la sua incarnazione-morte-resurrezione et similia (Santi Pagani p. 96). Ecco perché è vero che in Santi Pagani si propone una equivalenza tra pagano-naturale e cristiano-soprannaturale: ma questa è una semplice questione di vocabolario, per quanto non gratuita, e ogni autore può usare certe “definizioni” nella misura in cui le spieghi chiaramente (cfr. Santi Pagani, pp. 96-99).
Proprio su questa terminologia ho l’impressione che tra me e Sassanelli vi sia un fraintendimento. Quando afferma che l’armonia tra naturale e soprannaturale sia interna ai racconti di Tolkien, mi pare infatti che consideri “soprannaturale” come sinonimo di “Divino” o in qualche modo “legato a Dio”. Dice ad esempio:

Infatti la letteratura tolkieniana può essere, a giusta ragione, definita una “divine narrative” oppure un “De vera religione” narrativo in cui la presenza del “religioso” (ossia del dialogo tra “naturale” e “soprannaturale”) risulta continua, seppur in molti casi non direttamente ed esplicitamente percepibile. (“La tematica…”, p. 115)

Se così stanno le cose, allora anche io accetto questo discorso senza problemi. E questo discorso è compatibilissimo con la prospettiva di Santi Pagani in cui, ripeto, “soprannaturale” indica ciò che è specifico della rivelazione giudaico-cristiana.

CONTRADDIZIONE E CONCLUSIONE

Mi pare infine che la proposta di Sassanelli abbia al suo interno una contraddizione perché:
Da un lato afferma che l’aggettivo “cristiano”, pagano”, “cattolico” non possono essere usati per caratterizzare l’opera di Tolkien perché usati principalmente per il mondo primario. Per questo egli dice che al limite possono essere usati per caratterizzare le fonti dell’opera di Tolkien (le ossa del bue: cfr. supra II)
Dall’altro, oltre a non dare una convincente spiegazione delle lettere 165 e 142 e della differenza tra “pagano” e “religioso” rispetto allo loro origine nel mondo primario (cfr. supra II.), dice esplicitamente delle narrazioni di Tolkien che:

Tali opere sono:
a) “Religiose” (nella narrazione);
b) “Cattoliche” (nelle fonti);
c) “Santificate” (nella loro essenza eucatastrofica). (“La tematica…”, p. 115)

Ora, se come scrive Sassanelli le “opere [di Tolkien] sono Cattoliche nelle fonti”, ne segue banalmente che sono Cattoliche almeno sotto un certo aspetto, e quindi sono Cattoliche e anche “Cristiane” (cfr. supra II.). Allo stesso modo, se io sono modenese nelle origini, allora sono anche “genericamente” modenese, come lo è chi è modenese per adozione, e sarà anche vero che entrambi siamo italiani. Ecco che quindi Sassanelli usa l’aggettivo “Cattolico” (e quindi “Cristiano”: cfr. supra II) proprio per caratterizzare l’opera di Tolkien (la minestra, e non le ossa), contraddicendo così il principio da lui enucleato (II). Per evitare questa aporia, Sassanelli avrebbe invece dovuto scrivere che “le fonti dell’opera di Tolkien sono cattoliche”: ma questo fatto banalmente vero, dovrebbe essere enunciato unitamente a un altro fatto, pure questo banalmente vero, in base al quale “le fonti delle opere di Tolkien sono (anche) pagane”, cosa che invece Sassanelli non fa.

Concludendo, la proposta di Sassanelli, il cui contenuto è molto argomentato e ben documentato, continua a non apparirmi, specie nelle intuizioni più profonde, in antitesi con la prospettiva di Santi Pagani, la cui più semplice articolazione evita però molte complicazioni e pericolose contraddizioni.

 

NOTE

1 Sorvolo sulla spiegazione della lettera 186 perché a mio avviso qui non si dice altro se non che l’ambientazione era fatta in un’epoca anteriore alla nascita di Cristo.
2 Mentre scrivo queste note leggo il medesimo fraintendimento nel libro di Giuseppe Scattolini (Guidami Luce Gentile, L’Arco e la Corte, 2022), che equipara la mia posizione a quella della Madsen (Guidami…, p. 235) e ritiene che per me la verità pagana sia più ampia di quella cristiana (p. 193), cosa che esplicitamente nego citando anche Newman (Santi Pagani p. 175) che invece secondo Scattolini ribalta la mia posizione. Per questo non caspico bene perché egli mi rimproveri di non aver riportato il nome dell’oratorio “S.Filippo Neri” quasi volessi occultare qualcosa (Guidami…, p. 179 nota 518). Né in Santi Pagani si trova affermato che i piani naturale e soprannaturale sono separati o che il primo non sia originariamente ordinato al secondo, come invece mi fa dire Scattolini opponendomi a Danielou (Guidami…, p.233). Distinguere infatti non significa separare o dividere estrinsecamente: io del resto condivido la lezione teologica di De Lubac sul nesso tra naturale e soprannaturale (Santi Pagani p. 169, 175) e dico esplicitamente che “tra il piano della Natura e quello della Sopra-Natura non c’è separazione ma profondo legame” (Santi Pagani, p. 107) e che secondo il cattolicesimo i due piani “risultano essere non separati” (p.166).

DOCUMENTI
– Leggi la recensione su The Journal of Inklings Studies
– Leggi la recensione su Hither Shore

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Santi Pagani, risposta di Testi alle recensioni all’estero
– Leggi l’articolo Santi Pagani, quante recensioni all’estero!
– Leggi l’articolo Santi Pagani, ecco il carteggio Monda-Testi
– Leggi l’articolo Santi pagani, la recensione di Wu Ming 4 (1 parte)
– Leggi l’articolo Santi pagani, la recensione di Wu Ming 4 (2 parte)

LINK ESTERNI:
– Vai al sito della Walking Tree Publishers
– Vai al sito di Journal of Tolkien Research

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Spigolature da Tolkien: la recensione di Testi

Logo Recensione a: Vink, René, Gleanings from Tolkien’s Garden. Selected Essays, Uitgeverij IJmond, Beverwijk, Netherlands, 2020

Renée VinkQuesto volume raccoglie alcuni degli scritti di una tra la più competenti e profonde conoscitrici dell’opera di J.R.R. Tolkien. Per questo la pubblicazione dell’antologia va accolta con grande gioia e riconoscenza. La gioia deriva dal fatto di poter avere in un solo testo degli articoli sempre interessantissimi, la cui lettura complessiva riesce a farci cogliere il “timbro” inconfondibile dell’opera di Reneé Vink. La riconoscenza va non solo verso l’editore, ma verso la stessa autrice, che instancabilmente ha esplorato come pochi altri i tanti e differenti aspetti dell’opera tolkieniana. La raccolta, come spiega anche Jan van Breda nella sua pregevole introduzione, è infatti opportunamente divisa in quattro sezioni, che rendono giustizia del percorso critico della Vink:
Translation: raccoglie due saggi sulla traduzione in olandese del Signore degli Anelli (Vink è infatti anche traduttrice in olandese di moltissime opere di Tolkien), più un articolo su Tolkien come traduttore;
Elvish Affairs: questa sezione è più orientata alla “tolkienologia” nel senso che i contributi esaminano nei minimi dettagli alcune tematiche essenzialmente legate alla storia e alla genesi di alcuni personaggi del legendarium;
Tolkien and some Women Authors si compone di tre saggi i cui l’autore del Lord of the Rings è messo a confronto con, rispettivamente, Dorothy Sawyers, Simon de Beauvoir e A.S. Byatt;
Varia è l’ultima sezione che raccoglie articoli dedicati ai nani, alla fan-fiction e a Wagner.

La versione di Fatica: contributo per una messa a fuoco

Claudio Testi - studio 2018Siccome molti amici mi hanno chiesto se “mi piace” la nuova traduzione de La Compagnia dell’Anello e vedendo in giro una gran confusione (sia concettuale che “sociale”) ho deciso di scrivere questo articolo per:
1 – Contribuire a chiarire quali sono i dati che abbiamo a disposizione
2 – Mostrare in base a questi la paradossalità di alcune ricorrenti affermazioni
3 – Esprimere il mio personale giudizio sulla versione di Fatica.

Claudio Testi replica su Provvidenza e “Destino”

Cop-Endore20 Endòre di Lorenzo DanieleDopo aver reso nota, con piacere, l’uscita del ventunesimo numero della rivista Endòre, pubblichiamo oggi una riflessione del nostro vicepresidente Claudio Antonio Testi su uno degli articoli in esso contenuti, ovvero Provvidenza e “Destino” tra Tolkien e Socrate di Mattia Lusetti. La Provvidenza nell’opera del Professore è uno degli aspetti trattati nel libro di Testi interamente dedicato alla questione religiosa in Tolkien, Santi Pagani nella Terra di Mezzo di Tolkien, e alla quale lo studioso ha dedicato numerose conferenze, anche in ambito internazionale.
Con le migliori premesse, vi auguriamo una buona lettura!

Due recensioni “italiane” nei Tolkien Studies

Queen's College OxfordCon grande soddisfazione pubblichiamo la traduzione italiana di due recensioni in inglese apparse sull’ultimo numero dei Tolkien Studies (XIII-2016) a ulteriore dimostrazione di come il livello degli studi italiani, dopo anni di autarchia e provincialismo, ha ormai raggiunto una dignità riconosciuta anche dai maggiori esperti all’estero. Le pensioni si aggiungono alla lunga serie di elogi che hanno accolto le due produzioni “italiane” all’estero, cioè la traduzione inglese di due volumi della collana Marietti: La Falce Spezzata (The Broken Scythe) e Tolkien e la Filosofia (Tolkien and Philosophy), oltre alle numerose conferenze tenute dai membri del Comitato Scientifico della collana “Tolkien e Dintorni” tenuti in Inghilterra, Francia e Germania a partire dall’incontro di Birmingham nel 2005, per passare a Loughborough 2012, Cerisy 2012 e Aachen 2013.

Tolkien Studies 13 - 2016La prima è scritta da Andrew Higgins e riguarda il testo curato da Roberto Arduini e Claudio A. Testi (attuali Presidente e Vice Presidente dell’AIST) dal titolo Tolkien and Philosophy (Walking Tree Publishers, Zurich 2014). Si tratta della traduzione inglese del volume Tolkien e la Filosofia (Marietti 1820, Milano, 2012) che raccoglie gli atti del convegno da noi co-organizzato a Modena nel Maggio 2010 dedicato a questo tema, che per la prima volta vide presenti nel nostro paese Tom Shippey e Verlyn Flieger. Il libro, che è il secondo volume curato dall’AIST a essere tradotto in inglese dopo La Falce Spezzata (cosa questa mai prima avvenuta per l’Italia: si veda la pagina in merito sul sito TolkienLab) contiene, oltre ai due autori sopra citati, testi di Franco Manni (Presidente onorario della nostra associazione), Wu Ming 4 e Giampaolo Canzonieri (entrambi nostri soci), Andrea Monda e Christopher Garbowski.
Scarica e leggi la Recensione a Tolkien e la Filosofia dei Tolkien studies

Tolkien Studies 10La seconda è redatta John Wm. Houghton ed esamina l’articolo “Tolkien’s work: is it Christian or Pagan? A Syntetic Approach” di Claudio A. Testi (che recentemente è entrato del Board of Advisor della rivista internazionale Hither Shore), pubblicato in Tolkien Studies X-2013: Janet Brennan Croft aveva già elogiato il saggio come un “invaluable lead article” (si veda la pagina in merito sul sito TolkienLab).
Scarica e leggi la Recensione a Tolkien’s work, is it Christian or Pagan dei Tolkien studies

Che dire? Gli sforzi fatti per inserire gli studi tolkieniani italiani nel contesto internazionale sono stati molti se si considerano le traduzioni fatte, i testi critici pubblicati, i convegni e le conferenze organizzate, ma ne è certo valsa la pena: infatti tanti altri studiosi si stanno muovendo in questa direzione, e questo non può che rendere felici tutti gli ammiratori di J.R.R.Tolkien!

(La traduzione delle recensioni è di Alberto Ladavas)

LINK ESTERNI:
– Vai al sito TolkienLab, La falce spezzata
– Vai al sito TolkienLab, “Tolkien’s work: christian or pagan?”

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Il nuovo libro Marietti? Sarà L’effigie des Elfes

Tolkien LabLa notizia è di quelle non banali perché inaspettate: il prossimo volume della Collana «Tolkien e dintorni» avrà come autore… J.R.R. Tolkien!!! Dopo una lunga corrispondenza intrattenuta tra i responsabili scientifici della collana, la Tolkien Estate, l’editore Marietti 1820 e l’editrice francese Bragellone, si è riusciti ad avere il permesso di tradurre alcuni testi di Tolkien sulla reincarnazione degli elfi e a tematiche correlate. Poter avere per la seconda volta (la prima volta fu con La trasmissione del pensiero e la numerazione degli Elfi) il permesso della Tolkien Estate ci riempirebbe di “orgoglio”, se non fosse che Tolkien ci ha già messo in guardia dall’ofermod! Si tratterà di una vera “perla” per noi tolkieniani perché potremo ancora una volta ammirare la straordinaria capacità sub-creativa del nostro autore preferito, che è arrivata a tali livelli di dettaglio e profondità da lasciare davvero sbalorditi.
Studiosi: Claudio TestiPer averne un “assaggio”, vi invitiamo a partecipare al Tolkien Lab – Laboratorio tolkieniano permanente di Modena del 9 marzo, lo spazio mensile e gratuito organizzato a Modena da AIST e l’Istituto Filosofico di Studi Tomistici, in cui Claudio Testi (vice-presidente dell’Aist nonché direttore delle collana “Tolkien e dintorni”) parlerà delle reincarnazione degli elfi confrontandola col il pensiero di Tommaso d’Aquino sulla resurrezione dei morti (qui il seminario del 9 marzo a Modena).
E se proprio non riuscirete a venire a Modena, potrete almeno leggere la recensione al volume in cui sono contenuti questi scritti tolkieniani che tradurremo. Il volume uscirà a novembre 2016 a cura di Roberto Arduini e Claudio Testi, che tradurranno anche assieme alla pregevole introduzione di Michaël Devaux; i traduttori dei testi tolkieniani saranno invece Alberto Ladavas, Lorenzo Gammarelli e Giampaolo Canzonieri.

Se per J.R.R. Tolkien è «questione di tempo»

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Libri: A question of TimeNegli ultimi anni dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento compaiono in Gran Bretagna varie opere di narrativa e saggistica in cui i temi del tempo, del viaggio nel tempo e dell’unità sovratemporale di singole coscienze appartenenti a epoche diverse trovano manifestazione, come risposta al disagio provato dai loro autori nei confronti di un presente percepito come estraneo. Tolkien condivise questo clima culturale e anche per lui il “viaggio nel tempo” rappresentò una via per “sfuggire” al presente – o, per meglio dire, il mezzo per ipotizzare e far proprio un punto di vista più ampio sulla realtà (una sorta di esperienza narrativa dell’eternità, si potrebbe dire). È da questa contastazione che parte Verlyn Flieger per trattare A question of time: J.R.R. Tolkien’s Road to Faërie, pubblicato dalla Kent State University Press nel 1997. La studiosa statunitense è considerata la maggiore studiosa di Tolkien a livello mondiale insieme a Tom Shippey. Ha infatti curato Sulle Fiabe e Il fabbro di Wootton Major, dirige la rivista accademica Tolkien Studies: An Annual Scholarly Review, ha vinto ben tre Mythopoeic Award per i suoi studi e l’ultimo suo lavoro è una raccolta di suoi saggi (Green Suns and Faerie, ne abbiamo parlato qui) e il suo secondo romanzo, The Inn at Corbies’ Caww. In questo libro la Flieger tratta di temi abbastanza circoscritti: come Tolkien ha trattato il Tempo e come ha approfondito la relazione tra Mondo Primario e Secondario nelle sue opere letterarie. Il volume è interessante per il tentativo dell’autrice di proporre un percorso di lettura tematico dell’intera opera di Tolkien; tentativo che conduce ad analisi originali di passi ben noti. Notevole per la sua accuratezza è poi lo studio di due romanzi incompiuti, che si rivelano essenziali nel processo di maturazione della narrativa tolkieniana. Proponiamo una recensione del libro firmata da Claudio Testi, riportando prima le parole di Douglas A. Anderson nella sua recensione sul numero 192 di Mythprint nel marzo 1998 (qui si può leggere la versione integrale): «A Question of Time è un’esplorazione di prim’ordine nell’ossessione che Tolkien aveva per il tempo e lo studio si è guadagnato una presenza certa sullo scaffale di libri assolutamente essenziali da avere per comprendere le opere di Tolkien».

L’origine degli Hobbit? È nelle fate vittoriane!

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Libro: Dimitra Fimi è tra i più promettenti giovani studiosi delle opere di J.R.R. Tolkien. Non è un caso che il libro che qui recensiamo, Tolkien, Race and Cultural History. From fairies to Hobbits, nel 2010 sia giunta prima nella sezione saggistica dei Mythopoeic Fantasy Award, i prestigiosi premi della Mythopoeic Society, la Società tolkieniana negli Usa. Docente di inglese in Galles, presso la Cardiff Metropolitan University, Fimi è greca d’origine, ma da anni vive in Gran Bretagna. La giovane studiosa non solo insegna e fa ricerche su molti autori di letteratura fantastica di età vittoriana ed eduardiana, ma ha inaugurato da qualche anno corsi on line molto frequentati. Fimi ha anche collaborato alla stesura dell’ultimo lavoro del gruppo di studio dell’Associazione romana studi Tolkieniani e dell’Istituto filosofico di studi tomistici, C’era una volta… Lo Hobbit – Alle origini del Signore degli Anelli, pubblicato dalla casa editrice Marietti (pp. 312, 20 euro). «Il libro è iniziato come mia tesi di dottorato», spiega Dimitra Fimi all’ArsT, «Per tre anni ho letto in maniera frenetica tutta l’esteso legendarium di Tolkien, prendendo moltissime note. Ho avuto la fortuna di studiare i manoscritti dello scrittore alla Marquette University e nella magnifica Bodleian Library di Oxford. Ho anche trascorso lungo tempo nelle ricerche sul contesto intellettuale e culturale dell’opera di Tolkien». Ci può dire una cosa che l’ha piacevolmente sorpresa durante le sue ricerche? «Essendo greca, mi sono commessa nel vedere l’uso che Tolkien fa della mia lingua: il termine “eucatastrofe”, l'”ecumene” per indicare la Terra di Mezzo. Ma la mia parola preferita è “mitopoiesi”, una parola che è diventata parte del vocabolario standard di molti studiosi quando si studia la fantasia e il fantastico in letteratura, da William Blake a Harry Potter». Un augurio ai lettori del nostro sito? «Quello che mi auguro che il mio libro possa incoraggiare nuovi studiosi a guardare in modo serio al legendarium di Tolkien (e non solo Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli). Leggere la History of Middle-earth è un’impresa scoraggiante, ma alla fine è così gratificante per la conoscenza di Tolkien, i suoi brillanti momenti d’ispirazione e la creatività espressa. C’è
ancora tanto da dire sul grande progetto mitologico dello scrittore inglese, specialmente alla luce delle sempre nuove pubblicazioni dei suoi lavori in campo accademico e linguistico».

Ecco come Christopher pubblicò il Silmarillion

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Libro: Arda ReconstructedTalvolta anche un outsider fa meglio degli esperti. Douglas C. Kane è un avvocato statunitense specializzato nelle discriminazioni e i casi di molestie sul lavoro. Ma è anche un appassionato di J.R.R. Tolkien e delle sue opere da oltre trent’anni, ha fondato e gestisce il forum The hall of fire. Il suo primo libro, Arda Reconstructed: The Creation of the Published Silmarillion, è stato pubblicato dalla Lehigh University Press nel 2009, ed è stato inserito nel 2010 e nel 2011 nella cinquina dei finalisti della sezione saggistica dei Mythopoeic Fantasy Award, i prestigiosi premi della Mythopoeic Society, la Società tolkieniana negli Usa. Un’edizione tascabile è stata pubblicata quest’anno. Nella sua casa di Santa Cruz, in California, Kane si è letto Il Silmarillion, probabilmente un migliaio di volte. Tanto deve essere servito per analizzarlo e capire come si è arrivati alla sua pubblicazione. Proponiamo una recensione del libro firmata da Claudio Testi, riportando prima le parole di Christopher Tolkien nell’introduzione al Silmarillion: «… Mi è risultato evidente che lo sforzo inteso a presentare, in un unico volume, materiali così disparati – di offrire Il Silmarillion quale è in realtà, un atto di creazione continua, la cui evoluzione è durata oltre mezzo secolo — non avrebbe che ingenerato confusione, obnubilando quanto vi è di essenziale. Ragion per cui mi sono accinto a elaborare un testo unico, scegliendo e ordinando i materiali in modo tale da attribuire loro l’aspetto di una narrazione più coerente e priva di contraddizioni…». E poi ancora: «Il lettore non si aspetti di trovare un’assoluta coerenza (né nell’ambito del Silmarillion stesso, né tra questo e altri scritti di mio padre dati alle stampe), che del resto potrebbe essere raggiunta, semmai, soltanto a prezzo assai caro e oltretutto inutile». Christopher, quindi, era stato molto onesto fin dall’inizio circa la natura del testo. Secondo Verlyn Flieger, il libro di Kane affianca la History: mentre il secondo «ricostruisce quale versione fosse intesa risalire a quale tradizione», il primo «disseziona la storia estremamente complicata delle scritture e riscritture dell’evento da parte di Tolkien».