Creatività e comunità: Glyer sugli Inklings

Alcuni membri del gruppo degli InklingsEra il 1959 quando fu chiesto a Clive Staples Lewis se avesse, in qualche modo, influenzato le opere dell’amico J.R.R. Tolkien, o se gli incontri settimanali degli Inklings, il gruppo oxoniense da loro fondato, potessero aver sortito tale effetto. Lewis rispose che nessuno influenzava Tolkien in alcun modo, e che tanto valeva cercare di influenzare un Bandafferra – un Bandersnatch, in lingua originale, creatura mitologica sfuggente e aggressiva creata dalla mente di Lewis Carroll.
È da questa premessa che nasce Bandersnatch: C. S. Lewis, J. R. R. Tolkien, and the Creative Collaboration of the Inklings di Diana Pavlac Glyer (2016, The Kent State University Press, con illustrazioni di James A. Owen). E secondo l’autrice, l’affermazione di Lewis non corrisponde completamente al vero.

Una collaborazione creativa

Diana Glyer è docente di Inglese all’Azusa Pacific University in California; il suo lavoro si concentra sugli Inklings e sulle opere di Tolkien e Lewis, e nel 2009 era ospite d’onore alla quarantesima Mythcon, la conferenza organizzata annualmente dalla Mythopoeic Society. È del 2007 The Company They Keep (The Kent State University Press), che descriveva le interazioni e l’influenza creativa tra gli Inklings, dando nuova linfa agli studi sull’argomento e ribaltando le concezioni sino a quel momento ritenute più valide. Il testo, che le è valso il Mythopoeic Society Scholarship Award, propone la seguente la tesi: che gli Inklings, in realtà, si influenzassero a vicenda, e a sostegno porta opere pubblicate e inedite, carte, e lettere che provano quanto il gruppo letterario fosse un collettivo, una “collaborazione creativa” la cui funzione era darsi ispirazione l’un altro e incoraggiarsi attraverso critiche e commenti.
Bandersnatch elabora ulteriormente la questione, ma lo fa applicando le sue conclusioni ai gruppi di scrittura creativa, affermando che chiunque può mettere in pratica la lezione degli Inklings e avere un’esperienza creativa più ricca, vibrante, e divertente. Una concezione artistico-creativa cui Glyer crede fermamente (di lei, il preside David Weeks dice che “ama aiutare gli altri a scrivere”) e che traspare dalla presentazione del libro tenutasi all’Azusa Pacific University in occasione della sua pubblicazione, e che potete vedere a fine articolo.
Mostrare i frutti del proprio lavoro – ci dice Glyer – è sempre una cosa che terrorizza, soprattutto se si tratta di un lavoro in itinere. Per questo la risposta di C.S. Lewis menzionata in precedenza le era sempre parsa strana; se gli incontri degli Inklings non portavano a nulla di concreto, perché continuare a vedersi e a sottoporsi a tale ordalia? I membri principali – Tolkien e Lewis, cui si aggiunsero poi il filosofo Owen Barfield, lo scrittore Charles Williams, gli accademici Adam Fox e Hugo Dyson, e il fratello di Lewis, Warren Hamilton Lewis – si incontrarono settimanalmente per diciassette anni, diciassette anni di critiche feroci, ma mai ostili, e di incoraggiamenti. È questa la chiave: Lewis, e con lui gli altri Inklings, non la riconoscono come influenza perché sono studiosi, letterati, e hanno una visione limitata di cosa si possa definire “influenza”. Lewis afferma che nessuno poteva influenzare Tolkien perché non vide mai con i suoi occhi quanto l’amico prendeva sul serio quanto detto agli incontri; l’influenza che gli Inklings ebbero uno sull’altro si posa sullo sforzo collaborativo.

Condivisione e incoraggiamento

Glyer si è posta una semplice domanda: possibile che i commenti offerti durante questi incontri non abbiano modificato in alcun modo i testi, considerato anche che si trattava di progetti lunghi e che, quando venivano letti agli altri membri, si trattava di bozze alle prime versioni? E dunque la studiosa si è messa alla ricerca di quella che definisce “la sequenza perfetta”: rimettendo insieme diari, lettere, e qualsiasi testimonianza di quel che veniva detto durante gli incontri, Glyer ha cercato e isolato sequenze di “bozze-commenti-versione definitiva” che le hanno infine permesso di affermare che tutti gli Inklings, Tolkien compreso, facevano tesoro di quanto veniva detto. E non solo dei consigli – la diverte immaginare Tolkien spiegare con irritazione i “quattordici motivi” per cui le modifiche proposte non possono funzionare, per poi arrivare a casa e decidere di seguire il consiglio, magari tagliando qualche dialogo tra gli hobbit – ma anche dell’ambiente positivo e incoraggiante.
Le interazioni degli Inklings erano talmente ordinarie e naturali, talmente fondate sulla loro profonda amicizia, che essi non si rendevano conto che stesse accadendo una cosa straordinaria. Senza quei legami, senza quel senso di comunità, molte delle opere degli Inklings non avrebbero visto la luce. Il Signore degli Anelli non esisterebbe: Tolkien si stufò dell’opera per ben due volte, e per entrambe le volte Glyer ha rintracciato i momenti in cui Lewis lo incoraggiò a riprendere in mano le bozze. Non esisterebbero Il problema della sofferenza di C.S. Lewis, i sette volumi storiografici di Warren Lewis, All Hallows’ Eve di Charles Williams. “Tutti i membri del gruppo furono cambiati significativamente dal gruppo”, afferma Glyer, “e proprio perché hanno lavorato insieme, gli Inklings hanno pubblicato più di cento libri.” Tutti loro si affidavano al gruppo, avevano bisogno l’uno dell’altro. Hanno prosperato perché non hanno cercato di sorreggere da soli la propria visione creativa, ma si sono invece sfidati e corretti a vicenda, incoraggiati, criticati ed elogiati. È la collaborazione, la creatività nella comunità, che ha permesso loro di primeggiare.
Si davano anche aiuti di natura più pratica. Andavano alla caccia di refusi, come quando si resero conto che Tolkien aveva sbagliato il colore del cappuccio di un Nano; scrivevano recensioni sulle opere degli altri membri, mettevano in contatto gli amici con i propri editori; e durante la Seconda Guerra Mondiale, quando trovare carta era pressoché impossibile, ciascuno di loro portava alle riunioni quanti più ritagli e fogli usati solo da un lato potesse trovare, in modo da condividere quella risorsa così preziosa. Non è raro, conclude Glyer, trovare sull’altro lato di bozze o lettere una bozza, o una lettera, o una lista della spesa di un altro membro degli Inklings.
Non solo la creatività, dunque, prospera nelle comunità, ma la condivisione da vita a un legame duraturo e proficuo. Una lezione di vita dagli Inklings, che tutti dovremmo seguire.

Elena Sanna

GUARDA LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO BANDERSNATCH

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LINK ESTERNI:
– Vai al sito di Diana Glyer
– Vai al sito della Azusa Pacific University
– Vai al sito della Mythopoeic Society

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Honegger: «Lo Hobbit tra Tolkien e Jackson»

Studiosi: Thomas Honegger (c) TolkiendilIl Festival Fantastika di Dozza (Bologna) si avvicina ed è bene conoscere meglio una delle guest star della manifestazione. Per i nostri lettori, ecco allora in esclusiva un’intervista a Thomas Honegger. Professore presso il dipartimento di Studi Inglesi dell’Università Friedrich Schiller di Jena, in Germania, è uno specialista nel periodo medievale. Tra i suoi interessi, si possono trovare anche le opere di J.R.R. Tolkien, su cui ha ampiamente dedicato studi e pubblicazioni. Nato a Zurigo, ma naturalizzato tedesco, è in realtà un gigante degli studi tolkieniani: è curatore di quasi tutti i volumi della collana Cormarë Series della casa editrice Walking Tree e membro del comitato scientifico di Hither Shore, rivista letteraria della Tolkien Society tedesca. Non si contano i suoi studi e saggi e le sue partecipazioni ai convegni internazionali su Tolkien ed è il “motore” dei convegni annuali su Tolkien dell’università di Jena. Insomma, dopo Tom Shippey e Verlyn Flieger, a buon diritto Honegger è uno dei maggiori studiosi al mondo di Tolkien. È, inoltre, appena divenuto neo-segretario della nascente Tolkien Society svizzera (Seryn Ennor), che ha il suo centro a Jenins, sede del Greisinger Museum, tutto dedicato alla Terra di Mezzo. Il 28 settembre a Fantastika terrà una conferenza dal titolo «I draghi nelle opere di J.R.R Tolkien».

L’intervista

Professor Honegger, cosa l’ha attratta all’inizio delle opere di Tolkien?
Studiosi: Thomas Honegger«Il mio approccio iniziale a Tolkien è stato quello da “collega medievalista” e molte delle mie pubblicazioni accademiche riguardano le sue fonti e ispirazioni. Tuttavia, quello che ho anche trovato è che l’opera dello scrittore inglese apre vie impreviste verso una vasta gamma di tematiche – dal viaggio nel tempo alla botanica. Così sono rimasto un po’ sorpreso quando un giornalista mi ha chiesto cosa avrei fatto in futuro dopo che avevo “fatto con Tolkien”?! Con lui non si finisce mai! La pubblicazione del suo poema allitterativo The Fall of Arthur, per esempio, terrà occupati i medievalisti per qualche tempo, per non parlare delle migliaia di pagine di note e testi accademici custoditi nella Bodleian Library di Oxford, che sono di scarso interesse per la critica letteraria, ma di grande valore per i medievalisti».

Tolkien stesso ha pubblicato numerosi saggi accademici. Lei usa queste sue opere nei seminari e nelle conferenze? Sono scritti ancora validi per i medievalisti? «Naturalmente, il tempo passa per tutti e gli orientamenti della disciplina seguono la loro strada. Ma sono ancora validissimi il suo lavoro sul Beowulf e le sue lezioni su altri argomenti (i saggi Sulle Fiabe, Inglese e gallese, Un vizio segreto). Li uso regolarmente, come uso le sue traduzioni molto accurate e leggibili di Sir Gawain and the Green Knight, Sir Orfeo e Pearl. A lezione, ho usato anche l’edizione del Sir Gawain da lui curata insieme a E.V. Gordon».

Cosa l’affascina di più dei lavori di Tolkien? Ci sono contatti tra il suo studio e la sua produzione artistica? «Bella domanda! I contatti sono talmente tanti che non posso nemmeno enumerarli. Molto del lavoro accademico del professore si è riversato nelle sue opere di fantasia. Tra le cose che preferisco di più, che sono poi due punti di contatto fondamentali, ci sono il suo stile nel Signore degli Anelli e la profondità delle sue allusioni e riferimenti intertestuali al Beowulf. Per questo, si può leggere quel che ne ha scritto Shippey…».

Lei è un professore universitario: pensa che il mondo accademico stia cominciando ad accettare questo tipo di letteratura come qualcosa che vale la pena studiare? «Studiare Tolkien è accettato o meno come studiare altri argomenti non canonici (ad esempio, i vampiri). La svolta negli studi di Tolkien è venuto con la nascita di riviste accademiche peer-reviewed e pubblicazioni di libri, in particolare i Tolkien Studies (della University of West Virginia Press) e le Cormarë Series della nostra casa editrice Walking Tree Publishers. Io (e molti altri studiosi di Tolkien) ho pubblicato anche in altre riviste accademiche o raccolte di saggi e supervisiono tesi e dottorati su argomenti correlate a Tolkien. In tal modo Tolkien è un autore “sotto i riflettori” seppur non ancora “canonico”».

Passiamo ai film di Peter Jackson. Qual è la sua opinione riguardo l’adattamento dello Hobbit? Ha mantenuto lo spirito del romanzo di Tolkien? Studiosi: Thomas Honegger«Ho apprezzato molto i film, la seconda volta più della prima volta. Anche se Peter Jackson rimane spesso molto vicino al testo originale, ovviamente il fatto di realizzare tre film è più vicino nello spirito alla sua trilogia sul Signore degli Anelli che alla fiaba dello Hobbit. Mi sarebbe piaciuto un film di tre ore per ragazzi che seguisse la trama e lo spirito del libro, ma sono altrettanto felice nel vedere questa trilogia epica di Jackson, che ha trasformato l’originale in qualcosa di molto diverso. Tolkien stesso aveva in programma di riscrivere Lo Hobbit, al fine di trasformarlo in un prequel del Signore degli Anelli, ma non è mai riuscito a farlo (forse è una fortuna così). Quindi, una volta accettato il fatto che Jackson non ha mantenuto lo spirito del romanzo di Tolkien (per ragioni di “compatibilità”) si possono giudicare i suoi film in maniera più equa per quello che sono: film ispirati da un testo, ma non “traduzioni” del libro in immagini».

È giusto, in ogni caso, giudicare un film per la sua fedeltà al lavoro letterario su cui si basa? «Certamente, ma non in questo caso. Dal momento che Jackson ovviamente non ha tradotto una fiaba di 280 pagine in una pellicola di 3 ore per ragazzi, si farebbe torto sia il libro che al film, indipendentemente da quello che dicono Jackson o dei suoi collaboratori. Il caso è stato un po’ diverso con Il Signore degli Anelli, dove abbiamo tre volumi epici trasformati in tre film epici. In questo caso, penso sia giusto fare il confronto. Per ulteriori approfondimenti vi consiglio l’articolo di Vincent Ferré “Tolkien, our Judge of Peter Jackson”, in cui si analizza il parere che Tolkien aveva sul ​​cinema e sull’adattabilità del Signore degli Anelli, come espresso nelle sue lettere, quindi si confrontano i criteri e il giudizio dello scrittore con la story-line sottopostagli nel 1957-1958, con i film di Ralph Bakshi del 1978 e “La Compagnia dell’Anello” di Jackson del 2001».

Torniamo all’autore. Negli ultimi anni, sono stati pubblicati diversi nuovi libri di Tolkien non riguardano più la Terra di Mezzo. Si tratta di quella che è stata chiamata dagli studiosi la «filologia creativa» del professore di Oxford. Si tratta di La leggenda di Sigurd e Gudrùn, poema ispirato alle saghe norrene, The Fall of Arthur, ispirato al mito di Re Artù, e Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm, che approfondisce il poema in antico inglese The Battle of Maldon. Aldilà dello studio di queste opere in sé, cosa pensa possano aggiungere alla conoscenza e allo studio della Terra di Mezzo? Libro: La caduta di Artù«Queste ultime opere sono importanti per conoscere il lavoro e lo stile di Tolkien. Si può capire molto di cosa pensava su determinati temi e su come funzionava il suo processo creativo. Sicuramente, si è aperto un nuovo campo di studio, come giustamente già evidenziato da Tom Shippey nei suoi libri. Ma un riflesso di queste opere si può trovare anche nei romanzi più noti dello scrittore. Ci sono tematiche che Tolkien volle approfondire per comprendere le lingue e i poemi medievali che insegnava all’università. Molti studiosi si dedicano a nuove traduzioni per riprendere la mano con le lingue scomparse. Lui volle espandere questi poemi con la sua vena creativa, la stessa vena che poi lo portò allo Hobbit e al Signore degli Anelli. Volete un esempio? Si può cogliere l’influenza sulla sua idea di regalità. Tolkien approfondì molto questa tematica e si va ben oltre la nostalgia per la “nobiltà di sangue” proposta da alcuni meri divulgatori».

Gli studiosi più esperti hanno, infatti, già iniziato ad analizzarla: Verlyn Flieger ne ha già parlato in due occasioni. È un tema molto più ampio che tocca l’aspetto mitologico delle sue creazioni e può essere ampliato a tutta la disciplina. Lei stesso se ne è occupato in passato, ad esempio già al convegno in Francia nel 2012. «Sì, esatto. Tolkien ha detto una volta la sua risposta immediata alla lettura di una storia medievale era quello di voler scrivere una storia simile. Lui l’ha fatto. Tre volte. Oltre agli esempi citati, pensiamo anche alla Storia di Kullervo venuta dal poema finlandese Kalevala e poi confluita nel Silmarillion. Ci leggiamo queste opere nel contesto della sua particolare tradizione letteraria per esplorare come Tolkien si inserisce, altera o può estendere il materiale mitico, da Omero in poi. Il tema della regalità è anche cruciale per capire molte differenze tra i membri degli Inklings. Diversamente da C.S. Lewis e Charles Williams, in Tolkien la regalità riassume e amplia i concetti provenienti dalle fiabe, dalla storia e dall’ascendenza divina. La sua migliore descrizione si trova nelle frasi di Faramir nel momento dell’incoronazione di Aragorn (Lotr III.5, p. 967) ed è erede di una tradizione storica che dal Medioevo giunge fino ai giorni nostri. Le ultime opere su Beowulf, Sigurd e Artù non fanno che confermare la distanza da Lewis. È sufficiente leggere l’ultimo La Caduta di Artù per capire che si parla del re come un guerriero secolare che mira a restaurare l’unità dell’Impero molto lontano dal personaggio del ciclo del sacro Graal».

Lezioni: Thomas Honegger e i draghiIl suo ruolo neo-segretario della Tolkien Society svizzera ha dato un’indirizzo professionale alle iniziative. Se non sbaglio si parla di due eventi annuali? «L’incontro che si è tenuto a inizio settembre è stato per lo più organizzativo. Per me è stata anche l’occasione per preparare la mia conferenza su draghi che terrò a Fantastika. C’erano molte persone provenienti da tutta la Svizzera e ci siamo strutturati in molti sottogruppi, le varie “famiglie locali”. Con Bernd Greisinger e gli altri soci si è deciso che i due eventi annuali al Greisinger museum saranno tematici: in aprile, ogni anno, inviteremo gli artisti per workshop e laboratori, per poi pubblicare anche un calendario; in settembre, il convegno con autori e studiosi di fama internazionale. È un progetto ambizioso, ma credo che riusciremo a realizzarlo».

Studiosi: Roberto Arduini e Thomas HoneggerAvete molti progetti in corso con la Walking Tree Publishers? «Quest’anno abbiamo già pubblicato parecchio, quattro libri di saggistica tolkieniana tra cui il “vostro” Tolkien and Philosophy. Entro la fine dell’anno volevamo dare alle stampe, però, un altro paio di volumi. Stiamo ancora definendo le date di uscita, ne saprete di più per Fantastika a Dozza. Poi, c’è il nostro Call for paper  “Humour in and around the Works of J.R.R. Tolkien” che è in dirittura di arrivo, dopo che i saggi sono stati consegnati a marzo: ne sono giunti molti validi. Insomma, i progetti sono moltissimi e siamo impegnati su più fronti contemporaneamente. A ottobre ricomincerà anche l’università: e sicuramente nel mio corso Tolkien non mancherà!».

Il programma di Fantastika a Dozza (Bo) dal 27 al 28 settembre 2014 (mostre fino al 5/10):

programma FantastikaSITO UFFICIALE
– Vai alla Pagina Facebook di Fantastika

ARTICOLI PRECEDENTI
L’Arst a Dozza (Bo) con mostre e seminari
Estate tolkieniana: ecco gli appuntamenti
– L’intervista a Ivan Cavini
– L’intervista a Denis Medri
– L’intervista a Maria Distefano
– L’intervista a Andrea Piparo
– L’intervista a Fabio Leone

GUARDA L’INTERVISTA A HONEGGER REALIZZATA DALL’ASSOCIAZIONE TOLKIENDIL:

Interview de Thomas Honegger par l’équipe de Tolkiendil à l’occasion de sa conférence “Arthur – Aragorn – Ransom: Concepts of Kingship in the Works of Three Inklings” au colloque Tolkien et les Inklings à Cerisy, en juillet 2012 (c) Tolkiendil

Tradotto in inglese “Tolkien e la Filosofia”
– Nasce la Tolkien Society svizzera (Seryn Ennor)

LINK ESTERNI
– Vai al sito della Fondazione Dozza Città d’Arte
– Vai al sito di Ivan Cavini
– Vai al sito della Walking Tree Publishers
– Vai al sito ufficiale di Greisinger Museum

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Gli Inklings e re Artù: ecco il Call for papers

"Boy’s King Arthur" di N. C. WyethRiportiamo l’annuncio di un nuovo Call for papers dedicato a J.R.R. Tolkien, dal titolo The Inklings and King Arthur che sfocerà in un volume edito da Sørina Higgins. La recente pubblicazione di The Fall of Arthur, un poema incompiuto di Tolkien, ha confermato una linea nuova dell’opera dello scrittore inglese. Una chiave di lettura è stata trovata nelle note lasciate dallo stesso Tolkien su come voleva far continuare la storia frammentaria della “caduta di re Artù” (la questione è affrontata anche nell’articolo di fondo di Christopher Tolkien). Dopo che re Artù fu portato via per essere curato, Lancillotto volle seguirlo nel suo viaggio verso est, senza però farne ritorno. In altre parole, Lancillotto si comporterebbe come Earendel. Salpa per andare verso est, alla ricerca della terra di Valinor.

Call for papers

Sorina HigginsSecondo gli autori del Call for papers, opinione da cui la nostra Associazione prende le distanze, «se Tolkien avesse finito il poema, forse, avrebbe potuto «intrecciarlo» con le storie del Silmarillion, in modo tale che le storie sugli Elfi avrebbero disegnato un tutt’uno con le leggende di Artù, formando una base per una storia e un linguaggio inglese “reale, vero”. In più avrebbe potuto collaborare con C.S. Lewis, Charles Williams e Owen Barfield, creando così un mito onnicomprensivo più vasto e maestoso di quanto avrebbero potuto fare singolarmente». Sono tutte illazioni, basate su opinioni personali non supportate da lettere, manoscritti o testimonianze dirette, ma gli organizzatori ne sono convinti. «La pubblicazione di questo poema», continuano gli organizzatori, «invita, perciò, ad esaminare le implicazioni teologiche, letterarie, storiche e linguistiche che tutti gli attuali scritti di matrice arturiana hanno con i più importanti Inklings e sulla possibilità di un immaginaria e composita “epopea arturiana” degli Inklings. Questa raccolta paragonerà i lavori di stampo arturiano, specialmente le geografie mitologiche, di Tolkien, Lewis, Williams, Barfield, dei loro predecessori e dei loro contemporanei».

"King Arthur" di N. C. WyethGli argomenti potranno includere e, non limitarsi a:

– Una panoramica sulla letteratura arturiana del 1900
– Artù in Inghilterra durante le Guerre Mondiali
– La ricerca spirituale nell’età della Scienza
– Le geografie mitologiche
– Lancillotto come Earendel?: The Fall of Arthur e il Silmarillion
– Le isole dell’Est e la terra delle Faerie: la geografia de The Fall of Arthur
– Perelandra: Avalon in Paradiso?
– Quella detestabile forza: Merlino e il Pendragon

Charles Williams (nel 1939)– J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis «studiosi arturiani»
– Di Charles Williams: Artù “anatomico” o Artù “occulto”
– Tolkien, Lewis o Williams: interpreti politici
– George MacDonald e le Faerie
– G.K. Chesterton e l’Artù storico
– Rituali Romantici: James Frazer e Jessie Weston
– Artù per i ragazzi: H. Pyle e R. Lancelyn Green
– Owen Barfield e il Sacro Graal
– Le Terre Desolate di T.S. Eliot
– Meta-Malory: T.H. White

Come presentare i lavori

Sono accettati saggi ed abstract di qualsiasi provenienza geografica e rappresenteranno le discipline riferite a letteratura, teologia o storia. Gli estratti dai lavori dovranno essere compresi tra le 500 e le 1000 parole e dovranno includere:
– Nome e informazioni per essere contattati, incluso indirizzo e-mail ed eventuali affiliazioni istituzionali.
– Una breve introduzione al tema presentato, incluso lo scopo e i testi presi in considerazione
– La struttura teorica usata
– Le conclusioni principali
– Le implicazioni del lavoro per una visione d’insieme del volume
Charles Williams nel 1935In più, cortesemente, si richiede un curriculum vitae inclusa una lista delle precedenti pubblicazioni. Comunque, si sottolinea il fatto che, studiosi giovani ed emergenti e studenti prossimi alla laurea sono caldamente invitati a partecipare, anche una lista breve di pubblicazioni non deve dissuadere dalla partecipazione.
Si sottolinea che tutti i lavori presentati non dovranno essere stati pubblicati in precedenza. Gli autori interessati sono invitati a presentare un estratto del loro lavoro entro il 1 Febbraio 2014 alla curatrice della raccolta Sorina Higgins.
Gli autori selezionati saranno avvisati entro il 1 Aprile 2014 e saranno invitati a presentare il lavoro completo entro il 1 Novembre 2014. I saggi dovranno essere di una lunghezza compresa tra i 4000 ed i 10.000 caratteri conformi allo stile MLA. Tutti i lavori saranno sottoposti alla critica dell’editore della raccolta e ad un critico esterno prima della presentazione per la pubblicazione alla casa editrice. Per eventuali richieste inviare una mail qui.

(La traduzione del testo è opera di Erin, che ringraziamo per il lavoro)

GUARDA LA CONFERENZA DI SØRINA HIGGINS SUGLI INKLINGS:

– Vai al sito ufficiale del Call for papers

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I dieci luoghi più “letterari” del mondo

Libreria a ParigiDieci luoghi per perdersi e ritrovarsi con l’autore preferito. Sul sito Gadling Jessica Festa mette in fila dieci ritrovi del cuore nel vasto mondo, storicizzati e in qualche modo resi eterni dalla penna o dalla semplice presenza di grandi scrittori. Nell’ordine, si parte dalla libreria Shakespeare and company di Parigi dove nel secolo scorso sono passati Fitzgerald ed Hemingway, la cui casa a Key West in Florida è il secondo dei luoghi letterari menzionati. Qui al 907 di Whitehead Street l’autore di Addio alle Armi ultimò molti dei suoi romanzi. Per terzo viene il Globe Theatre di Londra con il suo implicito richiamo shakespeariano, anche il teatro che possiamo visitare oggi è stato ricostruito dopo un incendio nel 1844. E poi Walden Pond a Concord nel Massachussettes, legato alla memoria di Thoreau e Emerson; il Vesuvio Cafe di San Francisco, culla della Beat Generation, il Chelsea Hotel di New York, la Dublino di Joyce (sì in questo caso la giornalista ha scelto proprio la città intera come luogo d’elezione); un’altra città sebbene di dimensioni più modeste come la Hannibal del Missouri è stata invece consegnata alla storia letteraria dalla presenza di Mark Twain, mentre il museo di Haworth in Inghilterra racchiude la memoria delle sorelle Bronte.

Il pub degli inklings

Oxford: pub "The Eagle and the Child"Per ultimo, ma non da meno, viene il pub The Eagle and Child, dove ogni settimana si riuniva il gruppo degli Inklings guidato da J.R.R. Tolkien, C.S. Lewis, Charles Williams e Owen Barfield. E in questo caso più che di luogo si potrebbe parlare di porta d’accesso unica, col suo aroma di alcool e tabacchi, verso i più incredibili mondi dell’immaginazione del ‘900. Secondo Stephanie Yoder di BootsnAll, non solo questo è un bel posto per rilassarsi con una birra fresca, ma è anche la sede migliore per la creatività. Gli Inklings si incontravano qui una volta alla settimana per bere e soprattutto per confrontarsi sui loro lavori. Ed è qui che furono letti alcuni capitoli di libri oggi famosi come Le cronache di Narnia di Lewis e Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli di Tolkien.
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Oxford: pub "The Eagle and the Child!

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