Mythopoeic, i finalisti: c’è anche Umberto Eco

Mythcon 45La Mythopoeic Society, organizzazione Usa letteraria e didattica no profit per lo studio, la discussione e la condivisione della letteratura mitologica e del Fantastico, ha reso noti i nomi dei finalisti dei suoi prestigiosi Mythopoeic Fantasy Award. Ci sono quattro categorie:
The Mythopoeic Fantasy Award for Adult Literature è il premio assegnato al romanzo fantasy, in più volumi, oppure a raccolte di racconti per adulti di un singolo autore pubblicati durante il 2013 che meglio esemplificano lo spirito degli Inklings. I libri sono eleggibili nei due anni successivi la pubblicazione se non sono stati selezionati come finalisti durante il primo anno di eleggibilità. I libri tratti da una serie sono idonei se leggibili indipendentemente, altrimenti la serie diventa nominabile l’anno successivo alla pubblicazione del volume finale. In questa categoria, nel 1981 sono stati premiati i Racconti Incompiuti di J.R.R. Tolkien, oltre che Tempesta di mezza estate di Poul Anderson, Il settimo figlio di Orson Scott Card, Il genio nell’occhio d’usignolo di Antonia S. Byatt, Stardust e I ragazzi di Anansi di Neil Gaiman, L’ombra della maledizione di Lois McMaster Bujold, Jonathan Strange e il signor Norrell di Susanna Clarke, Un cappello pieno di stelle di Terry Pratchett e la Trilogia di Bartimeus di Jonathan Stroud.
Scrittori: Diana Wynne Jones The Mythopoeic Fantasy Award for Children’s Literature premia libri destinati ai lettori più giovani (dai «giovani adulti» ai libri illustrati per lettori principianti), nella tradizione dello Hobbit e Le Cronache di Narnia. Le regole d’ammissione sono comunque le stesse del Premio della Letteratura per adulti. La questione riguardante le opere borderline fra un premio e l’altro sarà discussa con il consenso dei comitati. Tra questi, ci sono due storie di Diana Wynne Jones, Un cappello pieno di stelle di Terry Pratchett, la saga di Harry Potter di J.K. Rowling e Graceling di Kristin Cashore.
The Mythopoeic Scholarship Award in Inklings Studies, premio per i saggi su J.R.R. Tolkien, C.S. Lewis e Charles Williams che forniscono contributi significativi allo studio degli Inklings. Per questo riconoscimento sono validi i libri pubblicati durante gli ultimi tre anni (2011-2013), inclusi i passati finalisti.
The Mythopoeic Scholarship Award in Myth and Fantasy Studies è destinato a libri accademici su altri autori specifici della tradizione degli Inklings, o a lavori più generali nei generi del mito e della fantasia. Il periodo di eleggibilità è di tre anni, lo stesso per il premio per gli Inklings Studies.

I finalisti per il 2014

Libro di Umberto EcoPer l’edizione del premio del 2014, la Mythopoeic Society ha diffuso la rosa dei nomi, rimandando utleriori dettagli nella sezione dedicata del sito, dove si possono trovare l’elenco dei libri selezionati per i premi letterari, i testi dei discorsi di accettazione e le loro recensioni. Da notare la presenza tra i romanzi di Neil Gaiman: l’autore cult di American Gods e Coraline non faceva uscire un’opera di narrativa per lettori adulti da otto anni e The Ocean at the End of the Lane (L’oceano in fondo al sentiero in Italia – Mondadori) segna il suo ritorno. Libri: "There and Back Again" di Mark AthertonMolto gradita la prestigiosa presenza tra gli studi sul mito di Umberto Eco, con The Book of Legendary Lands, traduzione del suo libro Storia delle terre e dei luoghi leggendari. Tra i libri di saggistica tolkieniana, il tema che noi interessa di più, ci permettiamo di consigliare sicuramente il testo di Mark Atherton, professore di Lingua e Letteratura Inglese presso l’Università di Oxford. I vincitori di quest’anno saranno annunciati durante la Mythcon 45, che si terrà dall’8 all’11 Agosto 2014 al Wheaton College, Norton, Massachusetts. Potete anche scaricare il comunicato stampa, in formato PDF, qui. Ecco di seguito tutto l’elenco.

– Premio Mythopoeic Fantasy – Letteratura per adulti
Yangsze Choo, The Ghost Bride (William Morrow)
Neil Gaiman, The Ocean at the End of the Lane (William Morrow)
Max Gladstone, Three Parts Dead (Tor)
Mark H. Williams, Sleepless Knights (Atomic Fez Publishing)
Helene Wecker, The Golem and the Jinni (Harper)

Premio Mythopoeic Fantasy – Letteratura per l’infanzia
William Alexander, Ghoulish Song (Margaret K. McElderry)
Holly Black, Doll Bones (Margaret K. McElderry)
Joseph Bruchac, Killer of Enemies (Tu Books)
Sara Beth Durst, Conjured (Walker Children’s)
Robin McKinley, Shadows (Nancy Paulsen Books)

– Premio Mythopoeic per gli Inklings Studies
Mark Atherton, There and Back Again: J.R.R. Tolkien and the Origins of the Hobbit (I.B. Tauris, 2012)
Robert Boenig, C.S. Lewis and the Middle Ages (Kent State Univ. Press, 2012)
Jason Fisher, (a cura di), Tolkien and the Study of His Sources: Critical Essays (McFarland, 2011)
Alister McGrath, C.S. Lewis—A Life: Eccentric Genius, Reluctant Prophet (Tyndale House, 2013)
Corey Olsen, Exploring J.R.R. Tolkien’s The Hobbit (Houghton Mifflin Harcourt, 2012)

– Premio Mythopoeic per gli Studi sul Mito e sul Fantasy
Umberto Eco (tradotto da Alastair McEwan), The Book of Legendary Lands (Rizzoli Ex Libris, 2013)
Sandra J. Lindow, Dancing the Tao: Le Guin and Moral Development (Cambridge Scholars, 2012)
G. Ronald Murphy, Tree of Salvation: Yggdrasil and the Cross in the North (Oxford Univ. Press, 2013)
Michael Saler, As If: Modern Enchantment and the Literary Prehistory of Virtual Reality (Oxford Univ. Press, 2012)
David Sandner, Critical Discourses of the Fantastic, 1712-1831 (Ashgate, 2011)

Per maggiori informazioni sui Mythopoeic Awards, si può contattare il responsabile dei premi letterari, David D. Oberhelman, al suo indirizzo mail.

ARTICOLI PRECEDENTI:
I finalisti alla Mythopoeic Society 2011
“Soli verdi” di Verlyn Flieger vince il premio Mythopoeic 2013
Premio a Verlyn Flieger: «La mia totale sorpresa»

LINK ESTERNI:
Annunciati i nomi dei finalisti

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Tolkien va a scuola… ma soltanto in Svezia!

Scuola: lezione in una classe mediaUn classico della letteratura si può riconoscere da tante cose. Tutti lo conoscono, almeno per sentito dire e probabilmente moltissimi conoscono anche la trama del suo capolavoro. Ma la sua opera di solito lavora a uno stadio più profondo della società. Normalmente, entra nella formazione degli studenti: nei curriculum scolastici, nei programmi e nelle tesi universitarie. Per J.R.R. Tolkien tutto questo accade da moltissimi anni. Peccato che accada in tutto il mondo, tranne che in Italia. Da noi manca ancora molta strada da fare. Gli insegnanti italiani dovrebbero considerare Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli qualcosa di più che testi di nicchia, guardando oltre la facciata della mera opera narrativa, per scoprire o verosimilmente non ignorare ciò che sta dietro alle parole di Tolkien, dal mondo linguistico a quello mitologico, dal livello etico al fantastico puro. Proponiamo un esempio che in maniera lampante può far vedere quanto Tolkien sia considerato un classico della letteratura nel resto del mondo e quanto l’Italia sia lontana da questi livelli. Ma per farlo dobbiamo trasferirci in Svezia!

Nelle scuole svedesi

Libri: antologia svedese per le scuole medieSvenska i dag (la cui anteprima si può guardare qui), collana svedese di antologie scolastiche, è un valido strumento di insegnamento-apprendimento per la scuola dell’obbligo. Stando a quanto è scritto nelle recensioni svedesi, i quattro volumi che compongono la suddetta serie contengono una varietà di testi e attività che li rendono adatti ad ogni grado d’istruzione e, suggeriscono gli autori, l’obiettivo di queste antologie è far sbocciare l’amore degli studenti per la lettura usando testi che i giovani considerano interessanti e divertenti. A tal fine, il contenuto di Svenska i dag deve essere accessibile agli allievi delle scuole, dove necessariamente accessibilità e modernità devono fondersi per suscitare il maggior grado possibile d’interesse nei ragazzi. Inizialmente pensato per il grado scolastico senare del, approssimativamente corrispondente alle nostre scuole medie inferiori, il contenuto può essere sfruttato anche da chi sta studiando lo svedese o vuole conoscere la letteratura e la cultura della Svezia. Osservando la struttura dell’opera ci si trova indiscutibilmente al cospetto di una variegata selezione di fonti letterarie che soltanto nel primo volume Från Gilgamesh till Guillou («Da Gilgamesh a Guillou») vanno dal poema epico di ambientazione sumerica Gilgameš, alle intrigate trame dei romanzi storici di Jan Guillou (autore della famosa Saga delle crociate con protagonista il templare Arn Magnusson). Nel secondo tomo Från Boye till blogg («Da Boye al blog») si trovano tre capitoli interamente dedicati a poesie di poeti svedesi e stranieri, vi sono inoltre contenute canzoni e testi, un dramma, una sceneggiatura (Mötet di Mats Wahl), racconti e cinque spezzoni di blog. Nella sezione poetica si incontrano le straordinarie creazioni di August Strindberg, forse il più grande esponente della letteratura svedese, accostate a Bukowski, Verlaine, Shakespeare e Petrarca. La terza antologia, intitolata Från Tolkien till Thydell («Da Tolkien a Thydell»), è quella che naturalmente più ci interessa. Il volume si concentra maggiormente sui gusti letterari dei giovani
di oggi: vi sono contenuti i generi più popolari fra i ragazzi, come il fantasy, l’horror, il thriller, e dove è forte la presenza di suspence, amore e relazioni interpersonali. Esplorando la parte dedicata alla fantasia si notano frammenti di opere di selezione apparentemente eterogenea, poiché si parte da Tolkien con Le Due Torri sino a Blodsugarna di Mikael Niemi, ungdomsroman («romanzo per ragazzi») di chiara ispirazione vampiresca, più lontanamente avvicinabile a Twilight di Stephenie Meyer che al Signore degli Anelli. Si trovano inoltre brani dall’oscuro I doni di Ursula K. Le Guin, dall’avventurosa saga di ambientazione nipponica La Leggenda di Otori di Lian Hearn, dal futuristico Macchine mortali di Philip Reeve, dal gothic novel Libri: antologia svedese, quarta di copertinastile moderno American gods di Neil Gaiman e infine dal romanzo d’esordio Samael della scrittrice svedese Jorun Modén. Nelle sezioni dedicate ad altri generi è interessante citare la presenza di Jan Guillou, Dan Brown (con Angeli e Demoni) e Khaled Hosseini (Il cacciatore di aquiloni). Purtroppo, non ci è dato sapere, vista la difficile reperibilità dei testi, quale parte delle Due Torri sia stato scelto per rappresentare l’opera di Tolkien all’interno di questa antologia, ma nonostante ciò è doveroso notare quanto gli scritti del professore inglese siano adoperati all’estero per un uso didattico, liberi da qualsiasi pregiudizio ancora fortemente presente nel nostro paese. Per finire, il quarto volume Från Cras till Krog («Da Cras a Krog») si concentra sui testi lättläst, cioè i testi facilitati per gli stranieri che studiano lo svedese.

Tanti benefici per i piccoli lettori

Scuola: lezione in una scuola elementarePer tornare al terzo tomo, la domanda che uno scandinavista si potrebbe porre di fronte ad una selezione di testi come quella appena elencata sarebbe inevitabilmente: «Perché inserire così tanti scrittori stranieri in un’antologia per ragazzi svedesi? Non ci sono abbastanza autori locali di fantasy?». La risposta risulta abbastanza semplice. Dall’uscita della Compagnia dell’Anello di Peter Jackson, ormai una decina di anni fa, la popolarità di Tolkien fra i giovani è notevolmente aumentata anche in Svezia. Anche i più piccoli, dunque, conoscono almeno la trama del Signore degli Anelli se non altro indirettamente. Se non fosse così, dopo la lettura di questo estratto dell’antologia saranno sicuramente invogliati a guardare perlomeno i film della «saga tolkieniana». Il termine saga non è stato usato a caso dato che in svedese il capolavoro di Tolkien è meglio conosciuta come Sagan om ringen, dal titolo del primo dei tre libri che lo compongono. Nel dizionario svedese-italiano la parola corrisponde non solo alla voce italiana «saga», ma anche a «favola» (si veda il dizionario Zanichelli/Norstedts). Non c’è testo migliore di un’opera che svolge il ruolo di favola, nel senso più alto del termine, da inserire ufficialmente in un’antologia scolastica. La fama di Tolkien, inoltre, non raggiunge soltanto i ragazzi, ma anche la generazione dei genitori, che in larga parte conoscono i lavori dell’autore inglese, dividendosi fra coloro che ne hanno letto i libri e quelli che hanno visto le pellicole di Jackson. Si denota pertanto un connubio di popolarità e utilità dell’opera tolkieniana, argutamente sfruttata dai curatori di
Svenska i dag per insegnare letteratura e lingua ai giovani in Svezia.
Quando accadrà lo stesso anche in Italia?

– Vai al sito dell’editore svedese
– Guarda l’anteprima del libro Svenska i dag
– Per comprare l’antologia Svenska i dag

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Maurice Sendak, dallo Hobbit a Barack Obama

Maurice SendakIl New York Times lo ha ricordato come «l’autore di libri per bambini più importante del ventesimo secolo», e il presidente Barack Obama si è dichiarato un suo grande fan. Scomparso a 83 anni, Maurice Sendak, era conosciuto soprattutto per il libro “Where the Wild Things Are” (Nel paese dei mostri selvaggi), pubblicato nel 1963 e diventato in breve tempo un cult, letto da milioni di bambini e adulti, tradotto in una trentina di lingue (in italiano da Babalibri), per il quale nel 1964 ha ottenuto la prestigiosa Caldecott Medal come il miglior libro illustrato americano. La storia è stata poi trasformata in film nel 2009 da Spike Jonze con il titolo “Nel paese delle creature selvagge” (all’adattamento per il grande schermo ha partecipato anche Dave Eggers). Nato il 10 giugno 1928 a Brooklyn (New York) da genitori ebrei polacchi, fin da piccolo Sendak ebbe problemi al cuore e crebbe in un periodo storico seminato funestato da tragedie personali: la famiglia fu colpita dalla depressione del 1929, la Seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto, perdendo moltissimi parenti in Europa. Per questo, dichiarò al quotidiano Usa nel 2008 di aver sempre avuto sentimenti di «ansietà, paura e inadeguatezza» nei confronti del suo lavoro. Molti critici sostengono che non sarebbe possibile immaginare una letteratura per l’infanzia senza Sendak. Anche se quello del 1963 resta il suo lavoro più conosciuto, durante sessant’anni di carriera Sendak ha scritto e illustrato con i suoi disegni meticolosi e fantastici quasi 50 libri, tra cui autori come Hans Christian Andersen, Leo Tolstoy, Herman Melville, William Blake, oltre alla nota serie di “Little Bear”. L’autore ha vinto il prestigioso premio Caldecott per la letteratura per bambini, la medaglia del Newbery, il premio internazionale Hans Christian Andersen Award, il premio Astrid Lindgren Memorial Award e una National Medal of Arts.

Altro che storie “per bambini”

Libro: "Where the wind things are" di Maurice SendakFu spesso censurato per la sua “cruda” fantasia, per i ragazzini non proprio educati che tratteggia e piuttosto scapigliati nei modi di fare. Proprio “Nel paese delle creature selvagge” può essere un esempio del suo stile, che strappava i bambini dai mondi edulcorati e ovattati allora tanto in voga per gettarli fra i meandri della paura e delle oscure forze della natura. La storia è quella di un bambino capriccioso che viene spedito a letto in castigo e senza cena. Chiuso nella sua cameretta, il bimbo inizia a lavorare di fantasia e immagina un mondo fiabesco e tutto suo, popolato da gigantesche creature, «un po’ bonaccione e un po’ spaventose». È una piccola splendida storia di formazione, un modo come un altro per crescere, fuori dai cliché, che cerca tra le pieghe della solitudine e del dolore la via dell’autocontrollo, la (mai) pacifica accettazione dei misteri più profondi di questa strana cosa che è l’esistenza. Interrogato sulla nascita del suo capolavoro, Sendak rispose che «era stato un esorcismo personale», un
ritorno alla sua difficile infanzia di Brooklyn, mentre le creature mostruose erano «un omaggio agli zii e zie che venivano a casa per le festività religiose». Quando il regista Jonez realizzò la versione cinematografica di “’Nel paese delle creature selvagge”, Sendak lo invitò a ricordarsi che l’infanzia non è per nulla dolce e luminosa: «C’è una crudeltà nell’infanzia, c’è rabbia. Non voglio ridurre Max a una trita immagine del bravo bambino che si trova in tanti libri», disse. Il suo segno “grafico” rimanda alle stampe dell’Ottocento, ma anche agli acquerelli di Chagall nonché agli eroi dei fumetti. «Scrivo libri come un vecchio signore, ma in questo Paese è necessario essere categorizzati e suppongo che la storia di un ragazzetto che nuota nudo in una tazza di latte non possa essere definito un libro per adulti», scherzò a proposito di un proprio racconto, parlando ad Associated Press nel 2003. Sendak rispettava molto i suoi piccoli lettori, tanto da dedicargli un’attenzione assidua: passava un sacco di tempo a rispondere per lettera o cartolina, inviando piccoli o grandi disegni. Come raccontò in una radiointervista per la NPR, qualche tempo dopo avere risposto a un bimbo con una cartolina disegnata, Sendak ricevette la risposta della madre: descriveva la reazione del più autentico, straordinario entusiasmo: «Il bimbo se l’era mangiata!».

J.R.R. Tolkien e Sendak

Il bozzetto dello Hobbit di Maurice SendakNon tutti sanno che negli anni Settanta ci fu l’eventualità concreta che il disegnatore statunitense illustrasse Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien. Il 25 febbraio 1964 l’editore Rayner Unwin inviò a Tolkien una lettera della casa editrice americana Houghton Mifflin che, per il trentennale dello Hobbit, proponeva un’edizione di lusso illustrata da Sendak. In quel momento, l’artista era già ampiamente noto per aver scritto una decina di libri per bambini, averne illustrati quasi una cinquantina, ed aver appena ottenuto il prestigioso “Caldecott Medal” per Where the Wild Things Are (Nel paese dei mostri selvaggi, da cui è stato tratto anche un film). Soltanto più di tre anni dopo Sendak fu in grado di inviare un disegno in bozza, l’incontro tra Gandalf e Bilbo sulla porta di Bag End. Il 16 Febbraio 1967 Rayner Unwin fece visita a Tolkien, probabilmente in compagnia dell’altro editore, l’americano Ian Ballantine, e gli mostrò la bozza di Sendak. Rayner in una lettera del 20 febbraio riferì a Houghton Mifflin che Tolkien era rimasto «pesantemente sconvolto dalle proporzioni delle figure»: Bilbo era troppo grande rispetto a Gandalf (oppure lo stregone era troppo piccolo). Per mitigare i dissapori, la casa editrice decise di organizzare ad Oxford un incontro fra i due, dato che Sendak si trovava in Inghilterra per il tour promozionale proprio per Where the Wild Things Are. Tuttavia, il giorno prima dell’incontro nel maggio del 1967, Sendak fu colpito da un attacco di cuore che lo costrinse a un ricovero di diverse settimane in un ospedale di Birmingham. I due non ebbero più modo d’incontrarsi e il progetto non vide mai la luce. A sostegno c’è il fatto che l’artista aveva a cuore il progetto c’è il fatto che avesse sottolineato alcuni passi della sua copia dello Hobbit avendo fatto anche diversi schizzi lungo i margini del testo per possibili illustrazioni. A fianco potete trovare una delle illustrazioni create da Sendak, successivamente donata, insieme alla sua copia del libro, alla Beinecke Rare Book and Manuscript Library della Yale University, dove si trova tuttora. Sarebbe stato interessante vedere Lo Hobbit illustrato da Sendak
che, secondo lo studioso Hammond, si sarebbe sicuramente realizzato se non ci fosse stato il suo attacco di cuore e che il disappunto di Tolkien circa la bozza non avrebbe sicuramente fermato un progetto del genere.

Un martedì triste

Maurice SendakMolti sono stati i tributi d’addio di lettori, scrittori, personaggi famosi e vip.«Quello che ho sempre amato di lui», ha scritto Neil Gaiman sul suo sito, «era la sensazione che Sendak non dovesse mai niente a nessuno nei libri che ha realizzato. Il suo unico obbligo era quello nei confronti del libro, che doveva essere vero. Il suo stile può essere definito piacevole, ma c’era un’onestà che trascendeva la bellezza del suo tratto». Andrew Stanton, animatore della Pixar, regista di “Wall-E” e del recente “John Carter”, ha dedicato un commosso post su Twitter al suo maestro scomparso, citando un famoso verso di “Nel paese dei mostri selvaggi”: «Ed era ancora forte…». Anche l’attore Elijah Wood, che ha recitato nei film tratti dal Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, ha inviato un messaggio su Twitter dedicato al disegnatore Usa: «Maurice Sendak ci ha lasciato per “Il paese dei mostri selvaggi”. Così potrà continuare ad avere avventure». Lo scorso nove aprile, in occasione della tradizionale festa pasquale delle uova alla Casa Bianca, il presidente Barack Obama ha letto alcuni brani di “Nel paese dei mostri selvaggi”, simulando la voce dei mostri. Martedì scorso, il portavoce della Casa Bianca ha letto un messaggio ufficiale per la scomparsa di Sendak: «Oggi ogni genitore sarà un po’ in lutto ed è un giorno molto triste per ogni bambino cresciuto con i suoi libri». Potete vedere Obama che legge “Nel paese dei mostri selvaggi” qui sotto!

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Quando Neil Gaiman sognava J.R.R. Tolkien

Neil GaimanSempre più scrittori riconoscono il proprio debito letterario nei confronti di J.R.R. Tolkien. Uno di questi è Neil Gaiman. Lo scrittore inglese, sceneggiatore di fumetti di enorme successo come Sandman e The Books of Magic, è autore di romanzi come Nessun dove (Neverwhere, edito in Italia da Fanucci), Stardust (pubblicato per la Magic Press) e Good Omens, scritto a quattro mani con Terry Pratchett. Il suo romanzo American Gods (pubblicato in Italia da Arnoldo Mondadori Editore) è stato premiato con un Hugo quale miglior romanzo. Di Gaiman è anche Coraline (pubblicato in Italia da Mondadori nel 2004), romanzo vincitore del Premio Hugo e del Premio Nebula per il miglior romanzo breve, da cui è stato realizzato un film d’animazione intitolato Coraline e la porta magica. Libro: Coraline-b di Neil GaimanSe la lettertura fantastica di Tolkien parla in qualche modo del “crepuscolo del mito” di fronte all’avanzata della modernità, Gaiman nei suoi cicli di romanzi e fumetti, parla di un fantastico mitologico che coabita con la modernità e le sue forme. In questo senso, Gaiman ricorda il modo con cui George R.R. Martin ha letto e assorbito le opere di Tolkien. Nel 2004, Gaiman fu ospite d’onore della 35° Mythcon, l’annuale conferenza della Myhtopoeic Society, la Tolkien Society Usa. In quell’occasione, lo scrittore parlò del suo rapporto con l’autore del Signore degli Anelli. Il discroso di Gaiman fu, poi, pubblicato nell’ottobre 2004 su una delle riviste della società, Mythprint. Qualche giorno fa, Gaiman ha reso pubblico il testo sul suo blog. E l’Associazione romana studi Tolkieniani lo ha tradotto per voi.

Il discorso alla Mythcon 35

Aslan nel serial tv 1967Ho deciso di parlare di alcuni autori, di tre autori in particolare, e delle circostanze in cui li ho conosciuti. Esistono autori con i quali hai una relazione speciale e autori con cui non l’hai. Ci sono quelli che ti cambiano la vita e quelli che non lo fanno. È così che vanno le cose. Avevo sei anni quando vidi una puntata di Il leone, la strega e l’armadio in bianco e nero sulla televisione in casa di mia nonna a Portsmouth. Ricordo i castori, e la prima apparizione di Aslan, un attore con un poco convincente costume da leone, che camminava ritto sulle zampe posteriori, e da questo ne deduco che dovesse essere il secondo o il terzo episodio. Tornato a casa nel Sussex, iniziai a mettere da parte la mia magra paghetta, finché riuscii a comprare una copia di Il leone, la strega e l’armadio tutta per me. La lessi, e lessi Il viaggio
del veliero
, l’altro libro che riuscii a trovare, e li rilessi più e più volte, e quando arrivò il mio settimo compleanno avevo dato abbastanza indizi perché il mio regalo fosse un cofanetto con tutta la serie dei libri di Narnia. E ricordo ciò che feci il giorno del mio settimo compleanno: rimasi sdraiato sul letto, e lessi tutti i libri dal primo all’ultimo. Libri di C.S. LewisPer i successivi quattro o cinque anni continuai a leggerli. Naturalmente, leggevo anche altri libri, ma nel mio cuore sapevo che li leggevo unicamente perché non c’era un numero infinito di libri di Narnia a disposizione. In un modo o nell’altro, l’allegoria religiosa mi restò interamente ignota, e solamente verso i dodici anni mi accorsi che esistevano Certi Paralleli. La maggior parte dei lettori se ne accorge alla Tavola di Pietra; io ci arrivai quando notai che la storia degli eventi accaduti a San Paolo sulla via di Damasco era come la trasformazione in drago di Eustachio Scrubb, riveduta e corretta. La vissi come un’offesa personale: mi sembrò che un autore, del quale mi ero fidato, aveva in realtà uno scopo nascosto. Non avevo nulla contro la religione, o contro la religione nella narrativa: avevo comprato (dalla libreria della scuola) e amato Le lettere di Berlicche, ed ero già interessato a G.K. Chesterton. Ciò che mi indisponeva era, credo, che sminuiva Narnia, la rendeva una cosa meno interessante, e un luogo meno interessante. Eppure, le lezioni di Narnia rimasero in me profondamente. Mappa di Narnia di Pauline BaynesQuando Aslan dice agli adoratori di Tash che le preghiere che essi elevano a Tash erano in effetti preghiere a Lui, quello era qualcosa in cui credevo allora, e in cui in fondo credo ancora adesso. La mappa di Narnia disegnata da Pauline Baynes rimase appesa al muro della mia camera per tutta la mia adolescenza. Non tornai a Narnia finché non divenni genitore: prima nel 1988 e poi nel 1999, ogni volta lessi i libri ad alta voce per i miei figli. Scoprii quindi che le cose che avevo amato, le amavo ancora (e a volte le amavo anche di più), mentre le cose che da bambino mi erano sembrate strane (per esempio la goffaggine nella struttura de Il principe Caspian, e la mia antipatia per la maggior parte de L’ultima battaglia) si erano intensificate; c’erano anche alcune cose nuove che mi mettevano veramente a disagio, per esempio il ruolo delle donne nei libri di Narnia, culminante nel modo in cui viene “sistemata” Susan. Ma ciò che trovai maggiormente interessante era il modo in cui molto di ciò che è nei libri di Narnia era entrato in me: C.S. Lewisscrivendo, continuavo a notare frasi, ritmi e modi di mettere insieme le parole presi in prestito; per esempio, in The Books of Magic, un porcospino e una lepre chiacchierano fra di loro in modo simile a come fanno gli Sciapodi. C.S. Lewis fu la prima persona che mi fece voler essere uno scrittore. Mi rese consapevole dello scrittore, del fatto che ci sia qualcuno dietro le parole, che ci sia qualcuno che racconta la storia. Mi innamorai del modo in cui usava le parentesi: quegli a parte autoriali al tempo stesso saggi e discorsivi, e per tutto il resto della mia fanciullezza mi divertii a
usare le parentesi nei miei temi e ricerche di scuola. Credo, forse, che il genio di Lewis sia consistito nel creare un mondo che, per me, era più reale di quello in cui vivevo; e se un autore era riuscito a scrivere i racconti di Narnia, allora volevo essere un autore.

L’incontro con J.R.R. Tolkien

J.R.R. Tolkien al lavoro nel suo studioSe esiste un modo sbagliato per conoscere Tolkien, allora io l’ho scoperto in un modo completamente sbagliato. Qualcuno aveva lasciato a casa mia una copia economica di un libro intitolato The Tolkien reader. Conteneva un saggio, “L’Anello magico di Tolkien” di Peter S. Beagle, un po’ di poesie, “Foglia” di Niggle e Il cacciatore di draghi. In retrospettiva, sospetto di averlo preso unicamente perché era illustrato da Pauline Baynes. Dovevo avere otto, forse nove anni. Ciò che importava per me in quel libro, era la poesia, e la promessa di una storia. A nove anni cambiai scuola, e scoprii, nella biblioteca di classe, una vecchia copia estremamente malconcia di Lo Hobbit. La comprai dalla scuola in una svendita, per un penny, insieme a una vecchia copia delle Opere di W.S. Gilbert, e la possiedo ancora. Sarebbe passato almeno un anno prima che scoprissi i primi due volumi de Il Signore degli Anelli, nella biblioteca principale della scuola. Li lessi. Li lessi e li rilessi: appena finito Le due torri, ricominciavo con La compagnia dell’Anello. Libro: "The Tolkien Reader" Non arrivava mai la fine, anche se questa non era la difficoltà che potrebbe sembrare: avevo già scoperto dal saggio di Peter S. Beagle che le cose sarebbero più o meno andate a finire bene. Ciononostante, desideravo realmente leggerla. A tredici anni vinsi il premio scolastico in Inglese, e mi fu permesso di scegliere un libro. Scelsi Il Ritorno del Re. Lo possiedo ancora. Tuttavia, l’ho letto una sola volta – fremendo per scoprire come sarebbe finita la storia – perché più o meno nello stesso periodo comprai anche l’edizione in volume unico. Era la cosa più costosa che avessi mai comprato con i miei soldi, ed è il libro che ancora adesso leggo e rileggo. Giunsi alla conclusione che Il Signore degli Anelli fosse, con ogni probabilità, il miglior libro che potesse mai essere scritto; questo mi creava qualche problema. Da grande, volevo diventare uno scrittore (no, non è vero: volevo essere uno scrittore già allora, senza aspettare di diventare grande), e volevo scrivere Il Signore degli Anelli. Il problema era che era già stato scritto. Considerai lungamente la questione, e infine arrivai alla conclusione che la cosa migliore sarebbe stata finire con una copia de Il Signore degli Anelli in un mondo parallelo in cui il Professor Tolkien non fosse mai esistito. E poi avrei chiesto a qualcuno di ribattere a macchina il libro: sapevo che se avessi inviato a un editore un libro già stampato, Home 7: "Return of the Shadow"anche in un universo parallelo, avrei sollevato
troppi sospetti, proprio come sapevo che le mie capacità di dattilografo tredicenne non sarebbero state sufficienti per farlo da solo. E, una volta che il libro fosse stato pubblicato, in quell’universo parallelo sarei stato l’autore de Il Signore degli Anelli, e non può esistere cosa migliore. E continuai a leggere Il Signore degli Anelli finché non ebbi più bisogno di leggerlo ulteriormente, perché era dentro di me. Anni più tardi, scrissi a Christopher Tolkien una lettera, trovando una spiegazione a qualcosa che egli non era stato in grado di spiegare, e fui profondamente gratificato nel trovarmi ringraziato nel libro The Return of the Shadow (fra l’altro, per qualcosa che avevo imparato leggendo James Branch Cabell!).

Altre influenze

G.K. ChestertonNella stessa biblioteca scolastica che aveva i due volumi de Il Signore degli Anelli scoprii Chesterton. La biblioteca era a fianco dell’infermeria, e scoprii che, quando dovevo affrontare una lezione che non mi piaceva, tenuta da insegnanti che mi terrorizzavano, potevo sempre andare in infermeria e dichiarare un mal di testa. Un’amara aspirina sarebbe stata disciolta in un bicchiere d’acqua, io l’avrei bevuta cercando di non mostrare troppo disgusto, e poi sarei stato mandato a sedere in biblioteca aspettando che facesse effetto. La biblioteca era anche il luogo in cui andavo nei pomeriggi di pioggia, e ogni volta che potevo. Il primo libro di Chesterton che trovai fu Tutte le storie di Padre Brown. C’erano centinaia di altri autori che incontrai per la prima volta in quella biblioteca: Edgar Wallace e la Baronessa Orczy e Dennis Wheatley e tutti gli altri. Ma Chesterton fu importante per me, importante a modo suo quanto lo era stato C.S. Lewis. Vedete, se amavo Tolkien e desideravo di aver scritto il suo libro, non avevo però alcun desiderio di scrivere come lui. Le parole e le frasi di Tolkien mi sembravano cose naturali, come formazioni rocciose o cascate, e voler scrivere come Tolkien, per me, sarebbe stata la stessa cosa di voler fiorire come un albero di ciliegie, o scalare un albero come uno scoiattolo, o piovere come una tempesta. Chesterton era l’esatto opposto: leggendolo, Libro "I racconti di Padre Brown" di G.K. Chestertonero sempre consapevole che chi scriveva era qualcuno che godeva delle parole, che le spargeva sulla pagina come un pittore sparge i suoi colori sulla tavolozza. Dietro ogni frase di Chesterton c’era qualcuno che dipingeva con le parole e a me sembrava che, alla fine di una frase o particolarmente riuscita o di qualche perfetto paradosso, si sentisse l’autore ridacchiare piacevolmente da qualche parte dietro le scene. Padre Brown, il principe dell’umanità e dell’empatia, fu una droga di passaggio verso roba più pesante, in questo caso un volume unico con tre racconti: Il Napoleone di Notting Hill (il mio pezzo di narrativa predittiva alla 1984 favorito, e uno che ha immensamente influenzato il mio racconto Nessun Dove), L’uomo che fu Giovedì (il prototipo di ogni storia di spie del Ventesimo Secolo, oltre a essere un vero Incubo, e una delizia teologica), e infine L’osteria volante (che conteneva dell’eccellente poesia, ma che mi colpì, a undici anni, per le sue vedute stranamente ristrette. Sospetto che Padre Brown avrebbe pensato lo stesso). Poi c’erano le poesie e i saggi e l’arte. Libro: "L'uomo che fu giovedì" di G.K. ChestertonChesterton e Tolkien e Lewis non sono, come ho detto, gli unici autori che ho letto fra i sei e i tredici anni, ma sono gli autori che ho letto e riletto: ognuno di loro ha avuto una parte nel rendermi ciò che sono. Senza di loro, non riesco a immaginare che sarei potuto diventare uno scrittore, e certamente non uno scrittore di narrativa fantastica. Non avrei mai capito che il modo migliore di mostrare la verità delle cose è farlo da una direzione dalla quale non si immagina che la verità possa arrivare; né che la maestà e la magia della fede e dei sogni possano essere una parte essenziale della vita e della scrittura. E senza questi tre scrittori, non sarei qui oggi. E, naturalmente, non ci sareste nemmeno voi. Grazie.

(traduzione a cura di Lorenzo Gammarelli)
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– Il blog ufficiale di Neil Gaiman
– Il sito della Mythpoeic Society