Aragorn il Forestale, uno studio filologico

cover Compagnia dell'Anello - Trad. FaticaIl nome più indigesto per i fan italiani in quella che è la nuova traduzione della Compagnia dell’Anello è senz’altro “Forestale” per “Ranger”. Nei giorni seguenti all’uscita del libro non si sono risparmiate battute e buffi fotomontaggi per irridere questa scelta del traduttore Ottavio Fatica.
Io stesso, sulle prime, l’ho considerata una traduzione inadatta, perché mi faceva troppo facilmente pensare a quello che fino al 2016 è stato il Corpo Forestale dello Stato.
Ottavio FaticaA onor del vero, non per questo mi pareva più adatta la vecchia resa “Ramingo”, dato che – in accordo con lo stile generale della traduzione di Alliata – appartiene a un registro alto rispetto al comune “ranger”. Inoltre “ramingo” dà conto soltanto (e soltanto parzialmente) del primo significato del termine “ranger” nell’Oxford English Dictionary, mentre la traduzione scelta da Fatica si rifà piuttosto al secondo e al terzo, che in effetti andrebbero presi in considerazione, conoscendo l’abitudine di Tolkien di non rifarsi quasi mai alla prima accezione.
Dopo un’indagine nel testo letterario mi sono persuaso che l’uso del termine “Ranger” da parte di Tolkien faccia collassare una nell’altra le tre accezioni dell’OED, e che la scelta di Fatica – a dispetto della prima impressione – non sia così lontana dal cogliere questo aspetto. È quello che proverò brevemente a dimostrare.

Prima definizione

Ecco il primo significato di “ranger” nell’Oxford English Dictionary, attestato dal 1593:

wanderer1. A rover, wanderer.
“Rover” nelle lingue germaniche indica il girovago, il vagabondo, ma può indicare anche il predone, il rapinatore, il pirata, dunque è un termine che contiene implicitamente una sfumatura negativa. In effetti nei confronti dei Rangers del Nord, gli abitanti di Bree nutrono una certa diffidenza. Ecco come vengono descritti la prima volta nel romanzo:

«But in the wild lands beyond Bree there were mysterious wanderers. The Bree-folk called them Rangers, and knew nothing of their origin. They were taller and darker than the Men of Bree and were believed to have strange powers of sight and hearing, and to understand the languages of beasts and birds.» (FR, I. IX)

Dunque il nome Rangers è stato affibbiato a questi misteriosi vagabondi dagli abitanti del villaggio, i quali attribuiscono loro una vista e un udito straordinari, nonché il potere di capire il linguaggio degli animali, come fossero uomini selvatici.
La diffidenza nei loro confronti è confermata dall’atteggiamento dell’oste del Prancing Pony, il bonario Barliman Butterbur, che mette in guardia gli hobbit dal Ranger Strider:

«He is one of the wandering folk – Rangers we call them. […] But if I was in your plight, I wouldn’t take up a Ranger» (FR, I. IX).

La vecchia traduzione “Ramingo” – cioè “che va per il mondo errando” (Treccani) – non contiene alcuna sfumatura negativa, anzi, nell’uso poetico-letterario italiano ha una sfumatura empatizzante o vittimistica (ed è forse il motivo per cui noi lettori ci siamo tanto affezionati a questo termine). Lo ritroviamo per esempio ne I Sepolcri di Foscolo: «Unico spirto a mia vita raminga» (v. 12); o anche ne I Promessi Sposi di Manzoni (cap. XXXVI): «Belle cose da fare scrivere a un povero disgraziato, tribolato, ramingo…».
Che dire di “Forestale”? Contiene un’accezione negativa? Be’, in effetti, originariamente sì, e precisamente nel senso degli abitanti di Bree.
RoverForestale è colui che è associato alle foreste. La parola “foresta” viene dal latino medievale e indicava ciò che stava “foris”, cioè fuori dal territorio abitato, in un’epoca in cui oltre l’abitato era tutta foresta, appunto, ovvero “forestis silva”, cioè selva esterna. Chi non aveva fissa dimora nel villaggio o nella città era ed è ancora detto “forestiero”. La parola inglese “forester” ha evidentemente la stessa radice (così come “foreign”) e nel Medioevo veniva usata sia per nominare il guardaboschi sia come aggettivo per “wild, rough, coarse, unsociable” (XII sec.). Forestale dunque è colui che viene da fuori, dai territori selvaggi, ed è egli stesso un selvaggio di cui è meglio diffidare. Come fa Butterbur, infatti.

Seconda definizione

Il secondo significato di “ranger” fornito dall’OED, attestato dal 1455, è questo:

Gamekeeper: cacciatore con cane2. A forest officer, a gamekeeper.
In italiano è “guardaboschi”, “guardacaccia” o “guardia forestale”, e va detto che attualmente questo è il significato più comune nella lingua inglese, e certo Tolkien lo sapeva quando ha scelto di usare questa parola. La prima occorrenza letteraria nota di questa accezione risale al 1579, nella celebre opera di Spenser The Shepheardes Calender:

«[Wolves] walk not widely, as they were woont, / For fear of raungers, and the great hoont».

Nel tardo XVI secolo dunque, il pastore immaginato da Spenser usa la parola “raungers” (rangers) per definire i guardiani di un territorio con il compito di proteggere quest’ultimo dalle incursioni dei lupi.
In effetti anche Aragorn e i Dúnedain non sono affatto soltanto dei selvatici errabondi, come pensa l’oste Butterbur, ma hanno un compito difensivo: proteggono l’Eriador dalle potenziali incursioni di orchi, troll, e malintenzionati vari.  Nel Prologo del romanzo viene detto esplicitamente che è al silenzioso lavoro di questi Guardiani (“Guardians”) che gli Hobbit devono la propria sicurezza. Come ricorda Aragorn al Concilio di Elrond:

«Lonely men are we, Rangers of the wild, hunters – but hunters ever of the servants of the enemy; for they are found in many places, not in Mordor only». (FR, II. II)

Gamekeeper: cacciatore con caneI Rangers quindi sono cacciatori che attraversano i territori selvaggi (cfr. anche «Rangers of the wilderness», FR, II. III) e li sorvegliano. Considerando che molti di questi territori sono boschivi, come vedremo tra un attimo, la seconda accezione dell’OED, cioè quella di sorvegliante di un’area forestale da incursori umani o animali, non sembra già più così inappropriata. È in effetti nei boschi che il cacciatore Strider si muove con il maggior vantaggio sugli avversari, come dimostra il fatto che per sfuggire agli inseguitori, guida gli hobbit precisamente attraverso una valle boscosa, su sentieri che solo lui conosce, senza temere rivali, nemmeno il nativo Bill Ferny, perché «he is not a match for me in a wood» (FR, I. XI)
Detto questo, è il terzo significato – benché venga dall’America – a chiudere il cerchio. È stato Tom Shippey a farmelo notare, quando gli ho scritto per chiedergli precisamente cosa secondo lui avesse voluto significare Tolkien con la parola “Ranger”. Trattandosi del massimo filologo tolkieniano, mi auspicavo che il suo parere sarebbe stato utile per sbrogliare la matassa. E in effetti…

Terza definizione

Il terzo significato di “ranger” nell’OED è questo:
Rangers di Rogers3. A body of mounted troops, or other armed men, employed in ranging over a tract of country.
La parola è attestata nelle colonie nordamericane a partire dalla seconda metà del XVII secolo: in particolare nel 1670 in Massachusetts, nel 1692 in Virginia, e a seguire in altre colonie, fino ai più tardi (e celebri) Ranger del Texas. Originariamente si trattava di milizie coloniali con compiti di pattugliamento e difesa della frontiera dai raid dei nativi, che poi sono state accorpate all’esercito nazionale. Dopo avermi ricordato che «The US Army still has Ranger units, and the British Army used to have a regiment of Royal Irish Rangers», Tom mi ha fatto notare che proprio questa funzione si addice ai Rangers nella Terra di Mezzo:

«A Ranger is one of a body of armed men originating in a settled state which has borders on unsettled and dangerous country, whose duties are to go beyond the borders and prevent attacks, rescue captives, and retaliate against attacks. […] There’s a strong association with forests, which argues against they being necessarily mounted men» (T. Shippey, email del 19/11/2019).

L’appunto finale non deve farci dimenticare che se i Rangers del Nord percorrono i boschi a piedi, costoro sono anche degli esperti cavalieri. I loro destrieri sono forti e assai poco agghindati, rispecchiando l’aspetto fiero e ruvido dei loro padroni:

«Their horses were strong and of proud bearing, but rough-haired; and one stood there without a rider, Aragorn’s own horse that they had brought from the North; Roheryn was his name. There was no gleam of stone or gold, nor any fair thing in all their gear and harness: nor did their riders bear any badge or token, save only that each cloak was pinned upon the left shoulder by a brooch of silver shaped like a rayed star» (RK, V. II)

Ma la definizione di Tom calza a pennello soprattutto ai Rangers del Sud, guidati dal Capitano Faramir. I Rangers dell’Ithilien sono un corpo dell’esercito di Gondor, quindi già più prossimo ai casi americani e britannici citati da Tom. Ecco come vengono descritti in The Lord of the Rings:

«[…] soldiers of Gondor, and they were Rangers of Ithilien; for they were descended from folk who lived in Ithilien at one time, before it was overrun. From such men Lord Denetor chose his forayers, who crossed the Anduin secretly (how or where, they would not say) to harry the Orcs and other enemies that roamed between the Ephel Duath and the River». (TT, IV. IV)

Rangers di Rogers 2Si tratta quindi di una milizia selezionata dallo Steward di Gondor in base alle capacità e conoscenza del territorio, impiegata nel battere una regione di confine e rendere la vita dura ai nemici, con raid e tattiche di guerriglia. Si dà il caso che l’Ithilien sia un territorio prevalentemente boschivo, e l’aspetto dei Rangers del Sud è infatti quello di combattenti “forestali”: indossano tenute mimetiche verdi per confondersi con la vegetazione, e la loro arma d’elezione è un’arma da caccia prestata alla guerra, cioè l’arco lungo:

«Two had great bows, almost of their own height, and great quivers of long green-feathered arrows. All had swords at their sides, and were clad in green and brown of varied hues, as if the better to walk unseen in the glades of Ithilien. Green gauntlets covered their hands, and their faces were hooded and masked with green […]». (TT, IV. IV)

Questo aspetto si ricollega alla seconda definizione di “ranger”, come in effetti già il look di Strider/Aragorn – logori stivali di cuoio, mantello e cappuccio verde-scuro. Nel Medioevo inglese, l’uomo incappucciato e  vestito di verde, esperto di vita nei boschi, dotato di armi leggere e arco lungo, è appunto il forester, il forestale o guardaboschi, una celebre descrizione del quale compare nel Prologo dei Canterbury Tales di Chaucer (vv. 103-117):

«And he (the yeoman) was clad in coat and hood of green.
A sheaf of peacock arrows, bright and keen,
He carried under his belt very properly
(He well knew how to care for his equipment as a yeoman should;
His arrows did not fall short because of drooping feathers),
And in his hand he carried a mighty bow.
He had a close-cropped head, with a brown face.
He well knew all the practice of woodcraft.
He wore an elegant archer’s wrist-guard upon his arm,
And by his side a sword and a small shield,
And on that other side an elegant dagger
Well ornamented and sharp as the point of a spear;
A Christopher-medal of bright silver on his breast.
He carried a horn, the shoulder strap was green;
He was a forester, truly, as I guess».

YeomanInteressante è anche il dettaglio della medaglia di San Cristoforo, santo “selvatico” e patrono dei viaggiatori, dato che il forestale è appunto anche un “ranger” nella prima accezione, cioè uno che si sposta di continuo.
Il personaggio leggendario di Robin Hood ha tra le sue fonti la figura dello “yeoman dell’arco”, l’arciere che aveva l’incarico di portare l’arco del re e che era in effetti un forestale:

«Poiché [gli yeomen dell’arco] erano responsabili dell’arco e dei cani da caccia del re, tutto quanto riguardava la foresta li interessava direttamente […]. Gli oggetti che costituiscono l’equipaggiamento più famoso di Robin Hood – l’arco, le frecce e il corno – erano strumenti e insegne che caratterizzavano guardacaccia e guardaboschi locali, distinguendoli da altri funzionari, rappresentanti del re…» (J.C. Holt, Robin Hood, 1982).

Robin Hood è anche il bandito che tende imboscate ai viaggiatori sulle strade nella foresta. Proprio quello che fanno i Rangers di Faramir, anche se non a fini di rapina.
Infine, il legame con le foreste trova ancora un tassello nell’ultimo spunto offertomi da Shippey.

Natty e Strider

Shippey mi ha rimandato all’appendice A del suo libro più celebre, La via per la Terra di Mezzo, nella quale parla delle fonti di Tolkien. In quelle pagine ricorda come Tolkien sia stato influenzato anche dalle storie, dal paesaggio, perfino dai cognomi, nordamericani (in particolare del Kentucky e North Carolina), nonché dalla letteratura che li veicolava:

Deerslayer«Allo stesso modo, Natty Bumppo, l’eroe di Fenimore Cooper, era orgoglioso della sua ascendenza inglese, mentre Tolkien ricordava un’antica passione per i pellerossa, gli archi, le frecce e le foreste (SF, p. 58, OFS, p. 41). Infatti, il viaggio della Compagnia da Lórien a Tol Brandir, con le canoe e il loro trasporto via terra, ricorda in più punti L’ultimo dei Mohicani, e quando i viaggiatori si spostano dalla foresta alla prateria, proprio come i pionieri americani, per un momento Aragorn ed Éomer fanno pensare vagamente ai trapper e ai Sioux» (T. Shippey, La Via per la terra di Mezzo, Marietti 2005, p. 475, NB: “trapper” sta per l’originale “deerslayer”).

Il riferimento a Nathaniel Bumppo, il protagonista de L’Ultimo dei Mohicani, è illuminante: in effetti Bumppo è un personaggio non tanto diverso da Strider che guida e protegge gli hobbit nel viaggio da Bree a Rivendell o che successivamente insegue la banda di orchi che ha rapito due di loro. Scout dei boschi, cacciatore, guerriero, capace di sopravvivere nei territori selvaggi. L’identikit calza.

Ricapitolando, i Rangers nella Terra di Mezzo sono:
un corpo di cacciatori-combattenti in «strong association with forests» (Shippey);
in continuo movimento attraverso un territorio selvaggio che hanno il compito di sorvegliare;
potenzialmente malvisti dalla popolazione sedentaria.

Nathaniel BumpooDevo ammettere che alla luce di questa ricostruzione, la scelta di Fatica, “Forestali”, mi suona assai meno impropria di quanto avessi avvertito di primo acchito.
Personalmente, se mai avessi dovuto proporre un’alternativa, credo sarebbe potuta essere “Cacciatori”. Questa parola, oltre ad avere un’immediata accezione venatoria (abbiamo visto che per Shippey esiste una connessione con i deerslayer e che Aragorn stesso si definisce “hunter”), ha anche un uso militare. Infatti il quarto significato di “cacciatore” nel vocabolario Treccani è il seguente:

4a. Soldato a piedi o a cavallo, armato alla leggera e impiegato soprattutto per azioni di molestia e agguato, per completare l’inseguimento del nemico, o per proteggere la ritirata delle proprie truppe dopo il combattimento. [Seguono alcuni esempi di corpi militari storici di vari eserciti, tra cui quelli italiani].

Tuttavia alla parola “cacciatore” manca la sfumatura negativa della prima definizione di “ranger” nell’OED e dell’uso degli abitanti di Bree, che invece “Forestale”, con il suo riferimento implicito alla selvatichezza e all’estraneità, riesce a mantenere. Tutto sommato, quindi, per quanto possa suonare straniante alle nostre orecchie abituate per mezzo secolo al poetico “Ramingo”, la scelta di Fatica finisce per risultare filologicamente piuttosto convincente.

 

ARTICOLI PRECEDENTI:

– Leggi l’articolo Come ascoltare il suono delle poesie in Tolkien
– Leggi l’articolo Fatica: «Tolkien come Kipling e Shakespeare»
– Leggi l’articolo La versione di Fatica: contributo per una messa a fuoco
– Leggi l’articolo Ancora uno sforzo se volete essere tolkieniani
– Leggi l’articolo Esce oggi la nuova traduzione della Compagnia dell’Anello
– Leggi l’articolo Bompiani: le novità tolkieniane ottobre 2019
– Leggi l’articolo La traduzione della Compagnia a ottobre
– Leggi l’articolo Ritradurre Il Signore degli Anelli: l’intervista

LINK ESTERNI:
– Vai al sito di L’editore Bompiani: «Nessuna lettura ideologica di J.R.R. Tolkien»

.


Share This Post

Twitter Delicious Facebook Digg Stumbleupon Favorites More

228 Comments to “Aragorn il Forestale, uno studio filologico”

  1. Gvdr ha detto:

    Nel veneto si conserva ancora l’uso di “Foresto” per indicare forestiero, straniero (http://www.treccani.it/vocabolario/foresto/). Forse per questo, a me Forestale è suonato bene fin dall’inizio.

    • Aelian ha detto:

      In effetti, se avesse scelto Foresti invece di Forestali sarebbe stato più sensato. Il problema è che Ranger viene da “to range”, un verbo che in una sua forma si traduce come “viaggiare o vagare lungo ampie aree”. Dunque a un inglese suona molto più come a noi suona “ramingo” che come ci suona “forestale”.

  2. Norbert ha detto:

    Bell’articolo, grazie.

    Mi permetto di aggiungere che i “ranger” in senso moderno/contemporaneo esistono quantomeno dalla Seconda Guerra Mondiale e sono forze d’elite di fanteria leggera. Sono “US Army Ranger” le forze speciali che assaltano una batteria tedesca a picco sul mare a Point du Hoc (Normandia). Sono ranger statunitensi la maggior parte dei militari americani nella battaglia di Mogadiscio dell’ottobre 1993 (ricordate il film “Black Hawk Down?)
    E proprio sulle sabbie della Normandia gli US Ranger “conquistarono” quello che è diventato il loro motto: “Ranger, lead the way!” (Ranger, fate strada! lo tradurrei) – per citare un altro film sono ranger i militari che vanno a cercare il soldato Ryan in “Salvate il soldato Ryan”

    Infine anche in Italia abbiamo una unità qualificata ‘ranger’ il Quarto reggimento alpini paracadutisti “Monte Cervino”

  3. Alessandro ha detto:

    Mi associo al ringraziamento per l’interessante analisi.
    Interessante perché aiuta noi lettori a prendere coscienza della dimensione filologica dell’opera tolkeniana, dimensione che credo passi facilmente inosservata ad una lettura ordinaria, ossia una lettura di un romanzo e non quella che solitamente si riserva ad un testo di studio.
    L’interesse nasce anche dal fatto che l’effetto straniante del termine “Forestale”, anche alla luce di questo bell’approfondimento, ci può aiutare a recuperare anche in Italiano l’effetto che “Ranger” credo possa avere su di un lettore anglofono. Mi chiedo infatti quanto, nella seconda metà del ‘900 o oggi, i lettori di lingua inglese fossero e siano in grado di percepire la sfumatura negativa del termine Ranger. Mi sembra infatti che nell’uso corrente il termine Ranger si avvicini anche in inglese al nostro “Forestale” nel senso di Guadia Forestale o tuttalpiù Corpo (militare) Forestale rendendo quindi anche in inglese straniante l’accezione negativa che Barliman attribuisce al termine peraltro introducendolo al lettore per la prima volta.

    Condivido anch’io quella che mi pare sia la tesi dell’articolo, ossia l’impressione che il prof. Tolkien con questo termine come con altri abbia voluto giocare con la filologia intrecciandola con il romanzo: a Brea, in una società cioè “inselvatichita” come poteva essere quella altomedievale, a Ranger fa assumere il significato di vagabondo nel senso medievale e deteriore del termine. A Gondor, società con uno stato organizzato, assume il significato di corpo militare. Mentre la seconda definizione dell’OED è quella del punto di vista degli stessi Ranger del Nord, più vicina cioè a quello che effettivamente questi rangers/forestali effettivamente fanno: proteggere di gente ignara dai pericoli delle terre selvagge.

    In altri termini i diversi significati della parola Ranger diventano i diversi punti di vista di diverse popolazioni che nel mondo primario si sono succedute nel tempo, mentre nel mondo secondario creato dal filologo di Oxford appartengono allo stesso tempo ma sono dislocate in aree (forse dovrei dire “nicchie ecologiche”) diverse. In questo senso emerge in maniera evidente come per Tolkien il racconto sia il contesto che supporta la lingua e come la lingua veda concretizzarsi i suoi significati nel racconto.

    • Wu Ming 4 ha detto:

      Precisamente. Il lettore anglofono contemporaneo legge “ranger” e la prima cosa che gli viene in mente è la guardia forestale. Poi ovviamente leggendo capisce il contesto e si rende conto di cosa effettivamente siano i “ranger” nella Terra di Mezzo. La traduzione di Fatica riproduce questo andamento.

      • Paolo "Pisolo" Ciaravino ha detto:

        Per quel che vale (essendo un quasi totale incompetente della materia) io l’ho vissuta più o meno allo stesso modo. Sono benvenute (e interessantissime) tutte le considerazioni filologiche ma al di là di queste, dopo un immediato primo rifiuto, il mio cervello s’è sganciato da solo dall’inevitabile associazione ai forestali nostrani e ha cominciato autonomamente a farne di nuove più attinenti al senso del libro.

    • Matteo ha detto:

      Il significato, nel 1955 in inglese, alla luce di un libro che narra di un Mondo Immaginario, sarà stato interpretato in “un modo” che magari oggi in America verrebbe del tutto fraintesto, ad esempio. Magari ad un Americano verrebbe in mente un Corpo Organizzato come in Texas. In a,tre nazioni sarebbe tradotto in modo più efficace magari. Da noi la traduzione mi sembra sia più difficile da rendere. Quando giocai a Diablo II c’erano delle Rangers. Nella saga del Demone di Salvatore anche. Quello che mi chiedo è se in molti casi non sia meglio lasciare tutto alla mente del lettore sopratutto se viene poi chiarito un ruolo che non si capisce dal nome.
      Su YouTube hanno fatto diverse recensioni. Il termine non piace. Anche in una recensione conclusiva che si soffermava più sul testo che sulla traduzione, l’autore ha voluto mettere di nuovo in mezzo il termine forestale, dicendo che lui non vedeva Aragorn difendere le foreste… e mi sono stupito perché qualche giorno prima avevo letto proprio l’opposto. Come dice l’articolo quando discutono il da farsi da Elrond Boromir e Aragorn si “sfidano” a distanza. Senza essere maliziosi, o arroganti chiariscono che ognuno sta facendo la sua parte. Gondor al Sud, i Ranger delle stirpe dei discendenti degli uomini che affrontarono Sauron, al Nord. Ed è lì che si capsice come il termine di difnsore della foresta sia molto più calzante di un ramingo.

      • Wu Ming 4 ha detto:

        Tutta la polemica che c’è stata, Matteo, si è basata sul fatto che si intendeva “Forestale” come un termine equivoco ed equivocabile, in quanto in italiano identifica la “guardia forestale” e Aragorn non è una guardia forestale.
        Tu hai colto nel segno dicendo che in italiano rendere il gioco di accezioni dell’inglese è impossibile, e quindi si finisce per doverne battezzare una.
        Qualunque sia la scelta, e qualunque sia la nostra preferenza, si può stare tranquilli almeno su una cosa: nessun equivoco sul significato del termine è possibile, perché è il romanzo stesso a dirci che cos’è un “Ranger”:

        «Ma nelle zone selvagge al di là di Bree giravano misteriosi vagabondi. La gente di Bree li chiamava i Forestali e non sapeva nulla delle loro origini. Erano più alti e più scuri degli Uomini di Bree e, a detta di tutti, dotati di strani poteri in materia di vista e di udito, e capivano la lingua degli animali e degli uccelli.»

        E il concetto viene ribadito poco dopo:

        «“Lui?” disse l’oste sussurrando a sua volta, lanciandogli un’occhiata senza girar la testa. “Non saprei dire con precisione. È uno dei tanti vagabondi: Forestali li chiamiamo noi.»

        “Vagabondi” traduce “wanderers” , ovviamente. Insomma è chiaro al lettore fin dall’inizio che cosa significa “Forestale”, per lo meno per la gente del Nord: un vagabondo delle terre selvagge, un forestiero selvatico. Sull’etimologia di “selvaggio/selvatico” ho già detto nell’articolo, e forse avrei dovuto aggiungere che “wild” (“Rangers of the wilderness” sono anche detti) ha un’etimologia praticamente identica nelle lingue germaniche.

        • Matteo ha detto:

          C’è una cosa che non ho capito, perché sono arrivato a finire solo il primo volume. Ho cercato “Aragorn” in rete, e viene detto che all’età di 20 anni, fu Elrond a dirgli chi fosse, e quale fosse il suo retaggio, e che prese comando dei Dunedain del Nord, quindi partì per le terre selvagge.
          Quindi i Forestali (termine che a me piace) sono in verità i discendenti dei Dunedain della Prima Era? Di cui però il sangue non è più puro come un tempo, ed è per questo che hanno si ancora molte caratteristiche di quel popolo (sensi, forza, ecc…) ma sono comunque più simili agli uomini? Quando vengono descritti, come hai riportato nella tura risposta, Tolkien di fatto sta descrivendo “quanto rimane della stirpe” dei Dunedain nella Terza Era?

          • Wu Ming 4 ha detto:

            In buona sostanza è così. Sono i discendenti dei Numenoreani scampati all’inabissamento dell’isola di Numenor e rifugiatisi nella Terra di Mezzo.

  4. Stefano ha detto:

    Grazie per l’interessante approfondimento.
    Parto dal dire che è ovviamente facile criticare senza proporre un’alternativa, tuttavia ogni produzione artistica espone il fianco a valutazioni e critiche più o meno professionali, così come le opinioni. Detto questo, ho l’impressione che all’attenta disamina non corrispondano conclusioni altrettanto attente. Pare infatti che non si consideri una delle norme più importanti della teoria della traduzione, ovvero l’equivalenza dinamica (cfr. Nida, 1969, ripresa poi fra gli altri da Newmark, 1988): un testo tradotto, oltre a rispettare la forma dell’originale, deve avere lo stesso effetto sul suo pubblico dell’effetto che l’originale ha avuto sul pubblico dell’originale. Si tratta di uno dei fondamenti basilari che ogni traduttore deve conoscere e possibilmente applicare, soprattutto nella traduzione letteraria. Onestamente non pare che ‘forestali’ oggi, nel 2020, possa produrre sui lettori di oggi lo stesso effetto che ‘ranger’ produceva nei lettori anglofoni dell’originale nel 1937-1949. Non pare che nella mente dei lettori odierni la parola foestale possa evocare quanto esposto sopra nell’articolo sul significato di ‘ranger’.
    Ritengo piuttosto che un filologo, un linguista e soprattutto un traduttore avrebbe dovuto scrivere è: “forse non è una traduzione ottima, ma è la migliore che mi è venuta in mente”, che peraltro penso sia l’approccio di Fatica stesso.

    • Wu Ming 4 ha detto:

      “un testo tradotto, oltre a rispettare la forma dell’originale, deve avere lo stesso effetto sul suo pubblico dell’effetto che l’originale ha avuto sul pubblico dell’originale.”
      Fatica sostiene di avere seguito precisamente questo principio, lo ha detto alla conferenza all’università di Parma. Secondo lui un lettore inglese del 1937-49 che leggeva “ranger”, avrebbe pensato alla guardia forestale. I vocabolari che ho citato in un altro commento qui sotto confermano che è così ancora oggi.
      Vero è che come dice Peta nel commento qui sotto, l’aternativa odierna sarebbe potuta essere quella di non tradurre, di lasciare “Ranger”, contando sull’associazione con i Rangers americani. Ma questo ovviamente pertiene alle scelte soggettive del singolo traduttore, per il quale non tradurre è comunque un modo di aggirare il problema, di evitare la sfida.

  5. Peta ha detto:

    Intervengo anche io per riportare anche qui qualche elemento che mi è venuto in mente in una chiacchierata su FB proprio in calce alla condivisione di questo articolo.

    Una nota che farei sarebbe sull’impossibilità di usare come alternativa il suggerito “Cacciatori”: questo in quanto costringerebbe ad apportare modifiche altrove per evitare ripetizioni, ad esempio in questo virgolettato di Aragorn: “Lonely men are we, Rangers of the wild, hunters – but hunters ever of the servants of the Enemy, for they are found in many places, not in Mordor only”.
    In questa battuta, per l’appunto, per spiegare cosa siano i Ranger (rigorosamente con la maiuscola, poiché è un titolo specifico e non solo una generica descrizione) li paragona a dei cacciatori (non di prede animali ma, ovviamente, dei vari servi del Nemico), se già avessimo tradotto “Rangers” in “Cacciatori” ci troveremmo nella necessità di dover stravolgere questa frase.

    Per il resto condivido quasi tutto (ammetto mi pare un po’ una forzatura la presunta sfumatura “negativa” del termine, ma tant’è). “Forestali” funziona sotto il piano della traduzione almeno bene tanto quanto “Raminghi”, ossia ciascuna delle due scelte evidenzia una delle due caratteristiche implicite in Ranger/To Range, sacrificando l’altra, e nella mancanza di migliori e più precise alternative che sottintendano la medesima ambiguità anche in Italiano la questione diviene puramente una preferenza personale, tra chi preferisce risalti la natura e l’aspetto di “vagabondi” dei Ranger del Nord e chi invece trova più importante risalti la loro connotazione di corpo (para)militare.

    Naturalmente, la scelta è più infelice sotto il piano dell’adattamento, poiché se anche un anglofono potrebbe pensare ai “guardaboschi” leggendo Ranger (ma perché non ai Ranger texani, che si chiamano così proprio per l’eterogeneità dei loro compiti e competenze militari e di tutela della legge in maniera piuttosto analoga a quella di questi Dunedain?), si trova comunque di fronte ad una definizione generica della categoria, mentre da noi il “Forestale” recepito come Guardia Forestale dello Stato richiama un singolo, preciso (ex) corpo dell’Esercito Italiano e non un più generico “mestiere”, con tutto il bagaglio di ilarità che ne consegue.

    Come ho per l’appunto scritto altrove, ad ogni modo, fosse stato per me si sarebbe ad oggi potuto mantenere senza confusioni (o meglio, comunque senza peggiori confusioni o backlash di quanti ve ne siano stati così) l’originale Ranger. È un vocabolo ormai acquisito dai nostri vocabolari, tanto che come ben dice Norbert ormai abbiamo dei “Ranger” persino nel nostro Esercito, sui dizionari dei sinonimi è indicizzato per altro proprio come sinonimo di guardaboschi o guardia forestale (dunque tra l’altro in maniera imperfetta perché ne rispecchia per lo più l’antica accezione britannica anziché quella più moderna oltre che USA) e – aggiungo – nell’immaginario collettivo per lo meno delle generazioni under 40 che tendono ad avere molta affinità con una certa cultura pop del fantasy e del gioco di ruolo quello del Ranger è proprio un archetipo specifico precisamente ispirato (più o meno direttamente, molto è dovuto alle rielaborazioni di Gygax prima e del settore in generis poi) a quello di Aragorn, dunque a tutti costoro il termine non apparirebbe né nuovo né vago, anzi ai loro (nostri) occhi sarebbe il più naturale.

    Poi per carità, nell’equilibrio del lavoro di Fatica, che è andato nella direzione opposta rispetto a quella che avrei seguito io, ossia ricercando un lessico italiano usualmente più antico, probabilmente con l’intento di far sì che la traduzione italiana appaia contemporanea all’epoca della stesura del testo originale, si sarebbe trattata di una scelta poco sensata, un’eccezione stonata nel contesto. Ma, per l’appunto, parlo da uno che al contrario, proprio in virtù della maggiore familiarità con l’inglese degli italiani di oggi, avrebbe seguito un approccio diverso cercando di evitare quanto più possibile di tradurre molte nomenclature, quindi vale quel che vale.

  6. Claudio Testi ha detto:

    Davvero ottimo articolo, mi hai quasi convinto ;-). Di sicuro dopo la lettura ammetto che “forestale” mi suona meno inappropriato. Però da quello che scrivi direi che il termine è perfetto per le pattuglie di Faramir, che sono un corpo a tutti gli effetti, legato a una ben precisa istituzione (Gondor). Questo mi pare manchi per il ranger Aragorn.
    Domanda: ma “vagabondo” non poteva andare bene? Quello il connotato negativo ce l’ha.
    PS: ti scrivo direttamente qui visto che avevamo inziato in privato.

    • Wu Ming 4 ha detto:

      Be’, se si vuole mantenere una traduzione uniforme, visto che Tolkien usa la stessa parola, “Ranger”, allora ovviamente “vagabondo” non va bene. Per farlo bisogna assumersi la responsabilità di tradurre la stessa parola con due termini italiani diversi.

      Resta il fatto che se apro il dizionario Zanichelli d’inglese, alla voce “ranger” leggo:
      1. (GB) guardiano d’un parco (o d’una foresta) reale;
      2. (USA) guardia forestale, guardaboschi;
      3. (spec. USA) soldato a cavallo, poliziotto a cavallo;
      4. (mil. USA) soldato d’un reparto di truppe d’assalto;
      5. (nelle organizzazioni giovanili) guida anziana.

      Nel Cambridge Dictionary online alla parola “ranger” leggo:
      “a person whose job is to protect a forest or natural park”.

      Nel Merriam-Webster online alla parola “ranger” leggo:
      1. The keeper of a British royal park or forest;
      2. one that ranges [nel senso di allineare]
      3. one of a body of organized armed men who range over a region especially to enforce the law; a soldier specially trained in close-range fighting and in raiding tactics.

      Nel Collins online leggo:
      “a person whose job is to look after a forest or large park”.

      I vocabolari moderni danno come significato prevalente quello di “guardia forestale” (e in seconda battuta quello di soldato appartenente a un corpo speciale, come dagli esempi fatti sopra da Norbert). Dunque dobbiamo dedurne due cose:
      1) nella lingua inglese corrente l’accezione di “vagabondo” non è più percepita;
      2) quando un anglofono legge “ranger” la prima cosa che gli viene in mente è un guardaboschi. È il contesto che poi corregge, perfeziona o arricchisce quell’immagine (con vagabondo, cacciatore, soldato di frontiera). Dunque tradurre “Ranger” con “Forestale” riproduce esattamente lo stesso effetto: noi lettori italiani pensiamo alla guardia forestale, proprio come capita agli inglesi, ma ci accorgiamo subito che il significato è più complesso, perché ce lo dice il contesto.

      • Claudio Testi ha detto:

        Tradurre una medesima parola con due diverse non mi pare un errore: è il contessto che determina il significato o sbaglio?
        Quello che (ri)dici è giusto, ma resta che quando Omorzo (o altri) parlano di “ranger” lo fanno in un contesto negativo o per lo meno non positivo. Invece se uno in Italia parla di “guardia forestale” non si ha un richiamo negativo: forse è uno dei pochi corpi stimati da tutti. Poi resta che la tua analisi è ottima.

        • Wu Ming 4 ha detto:

          Era talmente stimato che l’hanno abolito, accorpandolo ai Carabinieri… :-/
          A parte gli scherzi, sono sicuro che se Fatica avesse scelto due parole diverse per tradurre Ranger, adesso staremmo qui a discutere del perché non abbia optato per una traduzione unica 🙂 Ma bisogna dire che è anche il bello delle (ri)traduzioni…

  7. ANNA LEGNANI ha detto:

    Non so quanto sia calzante, ma a me sarebbe piaciuto anche, e di più forse, la traduzione in “foresto”…

    Grazie per le utili informazioni

    • Peta ha detto:

      No, ti prego, in Liguria questo ci costringerebbe tutti a odiare Aragorn e a fargli presente che è la torta di riso è finita, la pizza bianca non esiste e che dopo le nove di sera la cucina è chiusa, frega una mazza se è appena tornato dal cacciare dei warg in Fontanabuona :v

  8. Mattia Lusetti ha detto:

    Interessantissime comunque le “notitiae” sui tre significati di ranger e le notazioni sui corpi e le loro varie evoluzioni, sebbene alcune un po’ “collezionistiche”. Si, collezionistiche perché riguardo al giudizio sulla scelta conta soltanto (o quasi) l’accezione di forestale oggi, e questa si attaglia non troppo bene sui “ranger” della Terra di Mezzo. I raffronti sugli usi linguistici stratificati nei secoli è naturalmente fondamentale, in generale, ma dovrebbe terminare con il definire il significato e l’uso del termine “forestale” oggi e questo sarebbe appunto il termine di giudizio per la nostra questione.
    Incolpandomi preventivamente – in cauda venenum: ecco l’accusa – devo dire che la franca impressione immediata è stata quella di un articolo “a soggetto” costruito attorno all’intento di difendere la scelta di traduzione di Fatica (traduzione peraltro molto bella, sono verso la fine della Compagnia).

  9. io avrei tradotto con Sorveglianti.
    ambiguo, inquietante, ma adattabile a un corpo militare di un mondo remoto. Nell’accezione di ‘sentinella’ peraltro si fa riferimento ai militari.
    forestale per quanto mi riguarda è traduttese.

  10. Valen ha detto:

    Buongiorno a tutti. Trovo la discussione molto interessante e stimolante. Vorrei portare il mio umile contributo con una mia personale traduzione, che dal mio punto di vista potrebbe mantenere sia il significato “erratico” del termine Ranger, sia quello militaresco di sorvegliante/pattugliatore, sapendo che poiché non esiste in italiano un termine che si riferisca univocamente ad una simile figura anglosassone bisogna trovare una parola che si collochi tra il neologismo e il desueto.
    La traduzione da me proposta è quindi “Rondiere”: dal verbo “rondare” che significa sia “vagare” che “pattugliare facendo la ronda”. Storicamente i rondieri furono una forza armata di sorveglianza della Sicilia, e nel contesto della Terra di Mezzo potrebbero benissimo indicare quegli individui che “rondano” per le terre selvagge: per gli abitanti di Brea si tratterebbe solo di un semplice (e malvisto) errare, mentre per i Ranger di Faramir prevale la connotazione di un corpo para-militare di sorveglianza.
    Senza contare che Rondiere mantiene anche una buona sonorità dell’originale Ranger.
    Aragorn il Rondiere mi suona piuttosto convincente, insomma.

    • Norbert ha detto:

      Grazie del suggerimento, Valen.

      Per il poco che vale il mio parere, “rondiere” mi piace

    • Richard Rockvalley ha detto:

      Valen dove hai trovato la parola Rondiere in quale sito internet?
      Se si, quale?

      • Valen ha detto:

        Non l’ho trovata in nessun sito: è stata una mia intuizione (dopo lunghi scervellamenti) avvenuta dopo aver letto una poesia in cui il verbo “rondare” era usato come sinonimo di “errare”. Poi la cosa ha trovato conferma in qualche vecchio libraccio in cui si parlava dei Rondieri del Regno delle Due Sicilie, in accezione più militaresca. Come infatti ho già spiegato in precedenza, storicamente i Rondieri sono stati una forza armata comunale del Regno delle Due Sicilie; il nome letteralmente deriva da “ronda”, poiché erano un corpo di vigilanti in appoggio ai militari di servizio. Ma visto che “rondare”, per quanto sia un termine un po’ aulico, può significare sia “fare la ronda”, sia “andare in giro errando”, mi sembrava calzasse bene per descrivere chi, nel SdA, ha sia un compito para-militare di vigilanza nei territori selvaggi che una certa fama di vagabondo errante.

        • Richard Rockvalley ha detto:

          Okay.
          P.s. Quale poesia hai letto in cui il verbo “rondare” era usato come sinonimo di “errare”?

          • Valen ha detto:

            Urca, adesso non so se riuscirei a ritrovare quella poesia… non era certo famosa e son passati anni. Ma di esempi, sia un po’ letterari che dizionaristici, se ne trovano in rete…

        • Savio Sacconi ha detto:

          In quale vecchio libraccio in cui si parlava dei Rondieri del Regno delle Due Sicilie,caro/a Valen e come si chiama questo libro?

        • Savio Sacconi ha detto:

          Scusa Vale in qualche vecchio libraccio in cui si parlava dei Rondieri del Regno delle Due Sicilie?
          Per curiosità mia.

          • Valen ha detto:

            Sinceramente mi fa un po’ sorridere questo continuo e improvviso “interrogatorio” da parte di diversi nomi che presentano lo stesso “modus scrivendi”. Comunque sia, come ho già detto è storia un po’ vecchiotta per m; il libro l’avevo trovato in biblioteca mentre ero in vacanza in montagna, ora non saprei come recuperarlo. Se però dovessi riuscirci, lo farò presente. Però come ho già ribadito, basta cercare nel web la parola “rondieri”: si trovano diversi blog e siti che ne parlano, anche accuratamente. Io ho trovato persino un passaggio di Leonardo Sascia, che ne parla nel suo libro “Gli zii di Sicilia”: qui siamo già nel dopoguerra, segno che questa “polizia notturna” era ancora in qualche modo in vigore. Spero di essere stato sufficientemente esaustivo. Ah, e sono maschietto.

    • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

      A mio avviso la tua soluzione traduttiva del termine Ranger in Rondiere è la scelta migliore assai, caro Valen.
      Spero che in futuro un traduttore scelga di tradurre Ranger col il tuo termine Rondiere e anche Falcante, quando saranno scaduti i diritti d’autore de Il signore degli Anelli.

      P.s. Vorrei porti una domanda.

      Ti faccio notare una cosa:

      We come, we come with roll of drum: ta-runda runda runda rom!

      We come, we come with horn and drum: ta-rūna rūna rūna rom!

      To IsengARD ! Though IsengARD be ringED and barrED with doors of stone;
      Though IsengARD be strong and hARD, as cold as stONE and bare as bONE,
      We go, we go, we go to war, to hew the stone and break the door;
      For bole and bough are burning now, the furnace roars – we go to war!
      To land of gloom with tramp of doom, with roll of drum, we come, we come;
      To Isengard with doom we come!
      With doom we come, with doom we come!

      Questa poesia si costruisce intorno a una serie di allitterazioni, com’è tipico dell’antica poesia anglosassone (l’esempio più celebre è il poema epico “Beowulf”). Per cui Ottavio Fatica non ha tentato di replicare o quasi lo stesso effetto come nell’originale.
      Come avresti tradotto tu fedelmente il significato originale in rima del primo verso e il secondo e le loro allitterazione?
      Spero che mi risponderai molto presto.
      Distinti saluti da Mr. Atlas Rubber Nerd77

      • Valen ha detto:

        Scusa Atlas, forse ho sbagliato a immettere la mia risposta: anche se ho provato a metterla “dentro” il tuo commento, vedo che è finita in fondo all’articolo… spero che la trovi..

      • Giuspee ha detto:

        Premetto i complimenti anche per Valen per la sua interessante versione della traduzione del canto di marcia degli Ent, ma per rispondere a Mr. Atlas Rubber Nerd77 non mi sembra che Fatica tralasci gli aspetti sonori o di allitterazione nella sua resa. Troviamo rime a fine verso (sbarrata-gelata; atterra-guerra), rime interne, rimalmezzo (mura-dura; assonanza nuda-dura; brace-fornace; brumale-fatale), allitterazioni di dentali (t,d) e della liquida r, di labiali (la b, p), non perdendo troppo il significato letterale. Che doveva far di più?

  11. Valen ha detto:

    Grazie Norbert per l’apprezzamento.
    Vorrei aggiungere qualche esempio di resa del termine da me proposto, Rondiere, all’interno della traduzione di alcune frasi in cui appare manifesto il collegamento tra Ranger come derivato da to range nel senso di to wander (vagabondare), nella connotazione che ne hanno gli abitanti di Brea e lo stesso Aragorn:

    1) “He is one of the wandering folk, Rangers we call them.”

    “È uno di quelli che rondano in giro, noi li chiamiamo Rondieri.”

    2) But in the wild lands beyond Bree there were mysterious wanderers. The Bree-folk called them Rangers, and knew nothing of their origin.

    Ma nelle terre selvagge oltre Brea vi erano misteriosi vagabondi. La gente di Brea li chiamava Rondieri, e non sapeva nulla delle loro origini.

    3) “Lonely men are we, Rangers of the wild, hunters… but hunters ever of the servants of the Enemy; for they are found in many places, not in Mordor only.”

    “Siamo uomini solitari, Rondieri delle terre selvagge, cacciatori… ma sempre cacciatori dei servi del Nemico; poiché essi si trovano in molti luoghi, non solo a Mordor.”

    • Wu Ming 4 ha detto:

      In effetti è una resa interessante, che ovvierebbe anche il problema vero che ha “Forestale”. E cioè che mentre “Ranger” è un sostantivo derivato da un verbo, quindi contiene in sé il senso di un’azione (andare in giro attraverso un territorio, e poi per derivazione dal contesto anche sorvegliarlo, combatterci, ecc.), Forestale deriva da un sostantivo (foresta), quindi l’azione non è implicita nel nome. “Rondiere” invece ha in sé l’azione (fare la ronda, aggirarsi).
      È lo stesso problema che si ha con “Strider”, che letteralmente significa “colui che cammina a grandi passi”. Da quanto ha detto a Parma, Fatica se n’è accorto tardi, quando il libro era già in stampa, che la traduzione migliore non era né Grampasso né Passolungo, bensì “Falcante” (= colui che compie la falcata). Tra l’altro suona anche meglio, perché sembra un nome italiano antico, come Violante, Ferrante, Dante, ecc.

      • Valen ha detto:

        Mi fa molto piacere che abbia trovato la mia traduzione interessante; soprattutto apprezzo che abbia sottolineato l’aspetto della presenza dell’azione nel sostantivo, che in questo caso considero fondamentale per una buona resa (motivo per il quale trovo anche Falcante perfetto per Strider). Mi piacerebbe che ci fosse un dibattito costruttivo anche su altri termini ostici dell’opera, poiché credo che aiuterebbe meglio a capire il senso degli elementi che la compongono e a scoprire nuovi modi per esprimere nella nostra bella lingua i concetti veicolati da un’altra differente.

        • doctorJoJo ha detto:

          Scusa Vale, dove hai trovato la parola Rondiere? Solo per curiosità mia.
          P.s. la tua traduzione interessante, invece di forestale.

        • doctornerd ha detto:

          Valen dove hai trovato la parola Rondiere?

          • Valen ha detto:

            Storicamente i Rondieri sono stati una forza armata comunale del Regno delle Due Sicilie; il nome letteralmente deriva da “ronda”, poiché erano un corpo di vigilanti in appoggio ai militari di servizio. Ma visto che “rondare”, per quanto sia un termine un po’ aulico, può significare sia “fare la ronda”, sia “andare in giro errando”, mi sembrava calzasse bene per descrivere chi, nel SdA, ha sia un compito para-militare di vigilanza nei territori selvaggi che una certa fama di vagabondo errante.

  12. Ialkarn ha detto:

    Forse,ogni tanto, si farebbe bene ad ammettere di aver preso una cantonata e fare un passo indietro invece di costruire improbabili castelli di carta a supporto dei propri errori.
    Forestale e’stata una scelta quanto meno infelice (oltre che filologicamente sbagliata), persistere rende tutto solo piu’grottesco ancora.

    • Wu Ming 4 ha detto:

      In effetti io inizialmente l’avevo registrato come una cantonata, e l’avevo anche scritto in una di queste discussioni. Poi sono andato a leggermi l’OED, ho corrisposto con Tom Shippey, e la cosa mi è apparsa sotto una luce diversa. L’articolo rende semplicemente conto di questo, con citazioni e argomentazioni. Dalla discussione in calce qui sopra sono perfino uscite almeno tre ulteriori proposte di traduzione, mi pare. Non vedo dove sarebbe il grottesco in tutto questo. Mentre lo vedo bene nel denigrare ogni discorso o scelta altrui senza mai controargomentare, o volere intervenire a tutti i costi in una discussione anche se non si ha alcun contributo da dare.
      Questione di punti di vista, appunto. Lungi da me sminuirne uno. Ad esempio provo a immaginare quello della prossima generazione di lettori italiani del SdA, quelli che oggi hanno dieci anni, i quali molto probabilmente non coglieranno più la nostra associazione mentale e il nostro sarcasmo su Forestale, perché la Forestale e i Forestali ormai non esisteranno più da anni (essendo diventati Carabinieri nel 2016) e quindi nel parlato si sarà progressivamente perso anche l’uso del termine…se non per indicare qualcuno o qualcosa connesso ai boschi. E se qualcuno ricorderà loro i Raminghi forse penseranno a un ordine di frati o a un tipo di biscotti. La faccenda ha comunque il suo fascino.

      • Triceratopo Volante ha detto:

        Appunto, qual è l’età media di quelli che si lamentano tanto di “forestali”? Mi sembra una polemica agitabile solo da chi è cresciuto in un’Italia dove ogni tanto scoppiavano polemiche su clientelismi e assunzioni facili nel corpo forestale dello stato, corpo ormai disciolto da anni.
        Non solo: da calabrese emigrato, sospetto che molti lamentosi siano miei corregionali, perché è soprattutto dalle nostre parti che “forestale” fa (faceva) pensare a quelle storie…
        Ai ragazzi di oggi, e del resto d’Italia, che mai gliene può importare?
        Sarebbe come dire che «Joe Little» non va bene perché ricorda Giolitti. Lo ricorda a chi? Sono associazioni mentali da “matusa”, come suol dirsi dove mi sono trasferito.
        Per giunta chi scopre oggi il SDA lo scopre nella nuova traduziome e quindi non potrà affezionarsi al termine “raminghi”, com’è successo ai quarantenni-cinquantenni-sessantenni che reagiscono male.

        • Simone V. ha detto:

          Io sono un ragazzo di 27 anni nato nel nord Italia. Ti posso assicurare che il termine forestale fa ridere e non ricorda assolutamente i ranger americani. Non è nella nostra cultura.
          Nell’immaginario collettivo un forestale non va in giro con una spada, è uno che al più raccoglie le cartacce lasciate dai passanti.
          Semplicemente è una traduzione sbagliata e la spiegazione data sembra tanto un arrampicarsi sugli specchi.

          • Wu Ming 4 ha detto:

            Scusa Simone, ma le Guardie Forestali non raccoglievano cartacce nei parchi. Quello forse lo fanno i boy scout. I Forestali erano guardaboschi, ovvero difendevano “il patrimonio agro-forestale” ed erano un corpo di polizia a tutti gli effetti. È la stessa funzone che hanno i Rangers nel mondo anglofono.
            La cosa infatti che si continua a dare per scontata è che l’effetto dell’accostamento tra i Dunedain e i Forestali (così straniante per noi abituati ai Raminghi) non sia analogo a quello di un lettore anglofono quando vede associare i Dunedain ai Rangers.
            Nei paesi anglofoni prevalentemente i Rangers non sono i Rangers del Texas. A quelli ci si può arrivare, certo, in base al ragionamento che fa anche Shippey. Ma prima di tutto se un lettore anglofono legge “Rangers” pensa a questi, se è britannico:
            https://nationalparks.uk/ranger-room/meet-the-rangers
            a questi, se è statunitense:
            https://en.wikipedia.org/wiki/National_Park_Service_ranger
            a questi se è australiano:
            https://www.nationalparks.nsw.gov.au/about-npws/careers/rangers
            a questi se è neozelandese:
            https://www.careers.govt.nz/jobs-database/animal-care-and-conservation/conservation/ranger/
            a questi se è canadese:
            https://engage.gov.bc.ca/bcparksblog/2016/02/10/how-to-become-a-bc-parks-ranger/
            Nessuno di questi va in giro con una spada o con arco e frecce, te l’assicuro.
            Quando Fatica afferma di avere voluto riprodurre alla lettera questo effetto, possiamo contestare la sua decisione, ovviamente, cioè dire che non è questa la ratio che si sarebbe dovuta adottare, e proporne un’altra. Ma è ben dura limitarci a dire che la traduzione è “sbagliata”. Sbagliata perché? In che senso?

          • Triceratopo Volante ha detto:

            «Raccogliere cartacce lasciate dai passanti»?
            I forestali contrastavano i bracconieri e capitava anche che coi bracconieri avessero scontri a fuoco.
            I forestali indagavano su chi avvelenava gli orsi del parco dell’Abruzzo.
            I forestali indagavano sugli incendi dolosi in parchi e foreste.
            Et cetera.
            Protestate contro una parola senza nemmeno sapere cosa significhi.

          • Simone V. ha detto:

            La mia è ovviamente una semplificazione, non volevo sminuire il ruolo dei forestali. Il punto è che l’immagine di forestale che gli italiani hanno in mente è ben lontana da quella che si vuole rappresentare. Il fatto che ci siano tante critiche e meme dovrebbe essere auto esplicativo.

            @Wu Ming: sicuramente i ranger moderni sono diversi da quelli rappresentati nel testo di Tolkien, ma la parola in inglese conserva anche l’altro significato. Un parallelismo in italiano si può fare con il termine soldato: i soldati moderni ovviamente non hanno armatura, spada e scudo. Hanno fucili e divise mimetiche. Se però descrivi un soldato in un’ambientazione medievale è la prima l’immagine che salta alla mente. Non si può dire lo stesso dei forestali, che io sappia non c’è un equivalente “medievale”.

            Aggiungo: nel dubbio (perché il fatto che un termine susciti tanto dibattito e abbia bisogno di una spiegazione filologica implica che qualche dubbio c’è), non sarebbe stato meglio mantenere la traduzione precedente? Per cambiare un termine esistente e già accettato dai lettori, il traduttore dovrebbe essere moolto sicuro che la nuova traduzione sia migliore, e non mi pare questo il caso.
            Questo vale per molte altre traduzioni (es. Mount Doom, Samwise, Rivendell, ecc.)

          • Peta ha detto:

            Giusto un appunto rivolto a Wu Ming sulla percezione di “Ranger” per un madrelingua inglese: stai sottovalutando, mi sembra, due cose: la naturalezza ed immediatezza della percezione del ranger “militare” nei confronti di quella – appunto – forestale, ed il fatto che a differenza della traduzione in Forestale, Ranger è un sostantivo generico che indica una occupazione.

            1 – Di corpi e divisioni di Ranger, anche nell’esercito di Sua Maestà, senza quindi scomodare i cugini americani e i loro cavalleggeri, ce ne sono dozzine, e non da tempi recenti, ma già almeno dai tempi della guerra d’Indipendenza. Due secoli e mezzo. L’utilizzo in accezione militare è dunque comune e consolidato da molto, Tolkien non è certo andato a prendere alcuna particolare… eccezione dell’accezione. Come del resto è già stato detto sin dal principio nel pezzo, è il contesto a fare la differenza, ma avrei dei dubbi che senza contesto l’automatismo porti a pensare così necessariamente e tanto comunemente più al guardaboschi. Anche perché, ad esempio, quando si parla nello specifico di forest rangers esistono equivalenti (o semi-equivalenti) che non a caso sono etimologicamente assai più espliciti, come “forester” (per quanto il forester, soprattutto in accezione moderna, non abbia compiti di polizia quanto più di generica tutela ambientale e del territorio).
            Insomma, pensare al ranger di Yogi o al soldato/tutore dell’ordine mi sembra davvero un 50-50, come del resto lascia intuire proprio l’etimologia di un termine che, nella sua radice, non ha nulla di direttamente ed esclusivamente relativo a boschi e foreste. E c’è un motivo se è così.

            2 – Lo si prenda come lo si prenda, guardaboschi o militare in senso più ampio, quella del ranger per un anglofono è una “professione” generica. Ci sono mille tipi di ranger diversi, anche in esclusiva accezione di guardaboschi, dipendenti privati e pubblici. Non è l’appellativo di uno specifico, individuale e preciso corpo di polizia boschiva o di forza armata. Cosa che invece accade con “forestale”: per l’uso italico non esistono “tanti tipi di forestali tra cui pure le ex Guardie”, per noi “Forestale” è un appartenente a quello specifico corpo. Ed è tutta da lì che nasce l’ilarità, la sensazione che il termine sia fuoriposto, fuori contesto. Proprio perché per noi forestale si applica solo ad un contesto estremamente specifico.

            In short, per quanto concerne l’adattamento, ranger sta a forestale come gendarme starebbe a carabiniere (farei il paragone letterale carbineer – Carabiniere, ma a differenza dei ranger, i carbineer intesi come divisione militare non esistono più nell’uso e nel parlato moderno, ne sono rimasti solo una manciata di corpi di “polizia”, appunto di gendarmeria proprio come nel caso italiano). E se in un libro fantasy in cui ci sono originariamente dei “gendarmi”, accezione generica di milite con compiti di tutela dell’ordine pubblico, tu me li chiami invece Carabinieri… beh, per un italiano sarà egualmente inevitabile trovarlo ilare.

        • Giuspee ha detto:

          @Simone V.

          Rispondo solo sottolineando che “Mount Doom” è rimasto “Monte Fato” come nella precedente traduzione, non vedo dove sia il problema. “Rivendell” è ora un nome che certamente può non piacere ma che rispecchia ora l’interezza del nome originale, a differenza del solo elemento “Burrone” della precedente traduzione, quindi mi pare sia un miglioramento.
          Fatica non ha guardato al lavoro fatto da Alliata-Principe, ha badato solo al testo originale; non c’è un obbligo per cui avesse dovuto farlo, poteva farlo o meno. Immagino abbia preferito basarsi solo su Tolkien senza essere condizionato dalle scelte già effettuate.

          • Wu Ming 4 ha detto:

            @ Simone
            Il vantaggio del termine “Ranger”, com’è stato detto più volte in questa discussione, è che ha una gamma di almeno 3 significati, che invece “Forestale” non ha – o ha molti impliciti – e quindi deve affidarsi al contesto per farli emergere. Ma “Ramingo” non presenta meno problemi. Da un lato – come ho scritto nell’articolo – in italiano “ramingo” ha un’accezione empatica: uno che se ne va “ramingo” è un esule, non un selvatico vagabondo dei boschi, che è invece l’accezione attribuita dagli abitanti di Bree ai Rangers. Dall’altro “Ramingo” non ha nulla di militare o poliziesco, come invece ha Forestale. Dunque “Ramingo” perde due accezioni su tre di “Ranger” e ne conserva una, ma con un senso positivo anziché negativo. Non mi sembra proprio difendibile, sinceramente. E non mi meraviglio che il nuovo traduttore infatti abbia fatto un’altra scelta.

            Per ogni nuova versione di un nome nella nuova traduzione della CdA c’è un motivo ben preciso. E su ognuna si sta discutendo a lungo. Bene, le ri-traduzioni servono anche a questo. A riflettere sulla lingua.

            Se mettiamo da parte ragioni di natura affettiva e di abitudine, non è logicamente comprensibile perché la parola italiana composta “Granburrone” per “Rivendell” dovrebbe andare bene e la parola composta italiana “Valforra” no. Ha ragione Giuspee qui sopra, se guardiamo al significato:
            “riven” (split, cloven, rent) + “dell” (hollow, dale) = Valle spaccata.
            Dov’è il grande burrone?
            Rivendell si chiama così non perché sorga sul ciglio di un grande burrone, ma perché si trova all’imboccatura di una valle alta e stretta, attraversata da un corso d’acqua. Ecco come il Treccani definisce la parola “forra”: “Profonda gola a pareti verticali, assai ravvicinate, dovuta in genere a una forte erosione regressiva esercitata dal corso d’acqua che vi scorre dentro”.
            A me pare che la parola Valforra renda assai più filologicamente il senso del termine “Rinvendell” rispetto a “Granburrone”.

            Ancora: si sono sprecate le risate e le battute su “cavallino inalberato” per “prancing pony”.
            Ma il pony non è un “puledro”, com’era nella precedente traduzione. Puledro, cioè il cucciolo del cavallo, in inglese si dice “colt”. Il pony invece è un “cavallo di piccola statura”, cioè un cavallo che non cresce più di m 1,50 al garrese. Dunque è un cavallino. Infatti in italiano non dici i “puledri della Giara di Gesturi”, ma “i cavallini della Giara di Gesturi”. E anche se per traslato si usa dire “cavallo impennato” e “cavallo rampante”, filologicamente non è corretto, perché il cavallo negli stemmi non “rampa” (quello lo fanno leoni, lupi, rapaci, insomma i predatori) e non “impenna”, bensì si “inalbera”. Anche in questo caso, potrà piacere o non piacere, ma la scelta di Fatica è più corretta.

            E via così.

          • Giuspee ha detto:

            Aggiungo una piccola e personale considerazione a partire dal nuovo nome della locanda di Brea. Molti obiettano “Ah-ah, ma ce li vedete questi paesani rozzi che chiamano la locanda ogni volta “Cavallino inalberato” con conoscenze di araldica, ecc.”; bene, peccato che nella precedente traduzione il nome della locanda, se non ho controllato male, è sempre riportato per esteso anche quando invece gli abitanti del luogo sembrano chiamarla familiarmente solo “the Pony”, che infatti Fatica traduce solo con ” al/il Cavallino”, in bocca ad esempio ad Harry, il guardiano del cancello, o in un dialogo di Omorzo o Aragorn. Questo per mostrare come la traduzione precedente appiattisse anche queste piccole sfumature sui nomi, sempre riportati per intero (molte volte le colline dove si perdono gli hobbit sono sempre chiamate Tumulilande, quando in originale c’è solo ‘Downs’, o quando Galdor al Concilio di Elrond dice solo ‘Havens’ ed è tradotto in maniera estesa “Rifugi Oscuri”, mentre Fatica traduce solo “Approdi”; o per tornare a Brea, il diminutivo di Barliman-Omorzo in Barley-Orzo per Fatica, era lasciato sempre Omorzo).

          • Triceratopo Volante ha detto:

            Molti detrattori pavloviano di Fatica si lamentano, per sentito dire e nient’altro, del fatto che nella nuova traduzione sia cambiato il nome di «Mount Doom». Questo è uno sfondone che viene direttamente dalla frettolosa e sciatta stroncatura di uno YouTuber, divenuta virale pochissimi giorni dopo l’uscita del libro. Quel video contiene un sacco di errori, dovuti all’avere sfogliato il libro a tutta velocità in modo da “battere tutti sul tempo”. Quegli errori poi sono stati riprodotti in un sacco di commenti di gente che millantava di aver letto il libro, mentre aveva solo visto il video.

          • Giuspee ha detto:

            Sì purtroppo certi video e certe informazioni del tutto false hanno fatto tanti danni per la diffusione serena di questa nuova traduzione. Come hai detto tu, la voglia di primeggiare e di fare in fretta ha dato spazio a pressapochismo, quando ci vorrebbero mesi, se non anni, per ponderare bene una nuova traduzione. Il problema sta però anche nel fatto che molte persone si fidano e non vanno a verificare ciò che leggono; ci sono certe castronerie in giro che fanno sorridere per quanto poco occorrerebbe per smontarle. Uno dei casi riguarda proprio “Rivendell”, del quale si sostiene ad esempio che nell’adattamento di Fatica “forra” starebbe per una ripetizione di “valle” (quando Wu Ming ha riportato correttamente le definizioni del vocabolario, basterebbe prenderne uno…), mentre secondo questi era più idoneo addirittura “Forraspaccata”! che sarebbe come se traducessi un nome in “neve gelida”. O ancora: la questione di “undicentesimo” che sviene sbandierato come latinismo che significa novantanove, quando per prima cosa mi pare non sia registrata nei vocabolari italiani, quindi tutta questa sicurezza sull’origine del termine non si sa da dove giunga, e poi, se accettiamo questa versione, allora sarebbe dovuto essere “undecentesimo” perché basterebbe sapere che i cultismi non hanno adattamento fonetico come le parole di trafila diretta e popolare, come è appunto avvenuto per il numerale “undici”. Questo solo per riportare due casi.
            Insomma, noto spesso malafede nel commentare le scelte di Fatica e mi fa sorridere pure vedere in certi casi un’acribia per l’analisi delle scelte di Fatica che mi chiedo dove fosse in questi anni per commentare certi errori palesi della precedente traduzione.

          • Triceratopo Volante ha detto:

            Però questa stupidaggine su Monte Fato che avrebbe cambiato nome è utile, serve a individuare subito chi parla della traduzione di Fatica per sentito dire. Ci sono esempi ogni giorno, continuamente:
            https://twitter.com/VelocitaSmodata/status/1223154779112734723
            E tutto può essere fatto risalire al video sciatto e disinformato di quello youtuber.

        • Vincenzo ha detto:

          Il termine Forestale in Italia è stato sempre impropriamente usato per individuare due entità:
          1) Operai addetti alla manutenzione boschiva assunti dalla regioni.
          2) Agenti e Ufficiali di Polizia del Corpo Forestale dello Stato.
          3) Aggiungiamo anche un terzo punto Agenti e Ufficiali di Polizia dei Corpi Forestali presenti nelle regioni a statuto speciale.

          Quello cui lei si riferisce (facili assunzioni, clientelismi, ecc.) non fa indubbiamente riferimento al personale dell (ex) Corpo Forestale dello Stato.
          Di fatto accedere al Corpo Forestale dello Stato la trafila era la medesima in uso a tutti gli altri corpi di polizia della Repubblica, essendo il CFS una Forza di Polizia inquadrata nel Comparto sicurezza. Altra nota importante, il CFS era composto da circa 8000 unità dislocate in tutto il territorio nazionale.

          Attualmente il Corpo Forestale dello Stato ha cessato di esistere nel 2016, confluito come reparto specializzato nell’Arma dei CArabinieri.

          Rimangono invece in essere ovviamente gli operai del precedente puto 1 che nulla avevano a che fare con il CFS ed i Corpi Forestali Regionali di cui al punto 3 delle regioni a statuto speciale.

  13. Wu Ming 4 ha detto:

    Rispondo qui a Peta, perché non c’è più spazio per la “nidificazione”.

    Quello che scrivi è vero. Come dicevo, Ranger contiene un verbo, un’azione, e quindi più sfumature, più profondità, di quanta ne contenga Forestale. Il mio ravvedimento tardivo riguarda infatti soltanto la percezione che “Forestale” fosse una traduzione sbagliata. Non lo è, almeno dal punto di vista filologico.

    Resta ovviamente l’accostamento alle nostre Guardie Forestali (con relativo effetto di straniamento e/o ilarità). Come scrivevo in un commento, questo effetto svanirà tra qualche anno, quando i Forestali italiani saranno un lontano ricordo, conservato da quelli della mia generazione o poco più giovani. Dunque in quel “Forestali” potrà essere implicito “uomini” o “guerrieri” o “cacciatori”, ecc. È solo questione di tempo. Del resto, se pensi che in mezzo secolo ci siamo affezionati ai “Raminghi”, che fa pensare a degli esuli che se ne vanno solitari e tapini lontani da casa, per identificare i Guardiani dell’Eriador e dell’Ithilien… non sembra un passaggio tanto più ostico.

    • Peta ha detto:

      Sì, sì, su questo sono d’accordo (ammesso che la traduzione di Fatica resti rilevante così a lungo: cosa su cui ho, a prescindere dal giudizio, qualche dubbio), mi premeva per lo più sottolineare quel lato perché mi è giusto capitato pochi giorni fa di dover elencare 10 divisioni di Ranger britannici del ‘700 ed ‘800 per spiegare appunto che no, il collegamento col “guardaboschi” non è poi così privilegiato all’orecchio anglofono, non è necessariamente il primo significato indicizzabile. Insomma, una questione linguistica prim’anco che tolkieniana in sé, poi in tal contesto era di secondaria importanza se questo possa esser usato per spezzare una lancia più per l’Alliata o per Fatica (che, come ben sai, è questione che spinge in tanti all’oltranzismo, per l’uno o l’altro mulino).

      Per il resto c’è anche da dire che – e questo cozza direttamente con quelle antiche linee guida di Tolkien sulla traduzione e la resa dell’Ovestron – dal dopoguerra ad oggi in Italia si è sviluppata una fortissima esterofilia per qualunque contenuto narrativo. Principalmente un risultato della “colonizzazione culturale” angloamericana a fronte di una produzione interna vicina allo zero, ma in sintesi preferiamo istintivamente terminologia, nomenclatura, così come setting, il meno possibile italocentrici, tanto più quanto più il contenuto narrativo è “fantastico”, “esotico”.
      Un’apocalisse zombie non potrà mai avvenire a Roma senza suonare intrinsecamente parodica, dovrà avvenire in posti come il Colorado. Una storia di fantascienza distopica, se non in un Paese o pianeta fittizio, potrà svolgersi in California, ma va bene anche il Sudafrica o la Cina, l’importante è che non sia a Milano, o la prima percezione tenderà ad essere ilare come per quel rutto senile di Celentano. Gli orrori cosmici lovecraftiani sono di casa nel New England, ci farebbero ridere a Genova. Figurarsi poi nel fantasy, che è quanto di più intrinsecamente “esotico” ci possa essere. Uno stesso “eroe” si potrà poi benissimo chiamare con un nome inventato o straniero, ma sicuramente mai potrà chiamarsi Paolo Rossi, Luigi Fumagalli o Rosario Sperandio. Si “salvano” in parte giusto i gialli, proprio perché è forse l’unico genere in cui una produzione letteraria (e cinematografica) nostrana è sopravvissuta costante nel tempo, alimentata dalle ben note questioni endemiche della nostra penisola.

      Questo accentua ulteriormente la malaricezione di un termine con le forti implicazioni nostrane come Forestale, ed è poi la ragione per la quale, come accennavo nel mio primo post, io sarei oggi andato a testa bassa sull’intero mantenimento della nomenclatura inglese. All’epoca Tolkien non poteva immaginare la pervasività che l’inglese avrebbe raggiunto nel quotidiano di mezzo mondo, oggi addirittura on demand in tutte le case, e dunque come per certi paesi (paradossalmente in particolare proprio pure in quell’Italia sino a ieri così poco poliglotta anche per bestialità come l’abitudine del cinema doppiato) anziché la propria lingua madre potesse divenire proprio quello ad essere più naturalmente percepibile come Ovestron. È la lingua comune con cui parlano fra loro i differenti popoli dell’Ovest, e per un europeo (magari giusto con una mezza eccezione per i notoriamente campanilisti francesi), che ormai varca pure costantemente frontiere che tali nemmeno sono più, il paragone istintivo naturale è proprio con l’inglese. Chiaro, si creerebbe un certo paradosso fra dialoghi e voce narrante, anch’essi contenuti che si presumono in Ovestron, in italiano a differenza della nomenclatura anglofona, ma mi pare un piccolo prezzo da pagare per un risultato che, per l’appunto, mira a poter restare attuale anche e soprattutto in chiave futuribile. Insomma, quelle linee guida di Tolkien non sono più necessariamente del tutto valide ovunque.

      Che poi è la cosa su cui più sono diviso nel recepire il lavoro di Fatica.
      Da un lato il suo piglio classico, volto a tradurre un’opera di 70 anni fa (ed in realtà anche ben oltre, se si considera la stesura anziché la pubblicazione) con un registro secondo lui consono all’epoca è sulla carta l’unica scelta sensata, e mi piace molto l’autenticità del risultato, salvo un paio di pignolerie e – forse – il fatto che mi suona un po’ meno “musicale” della versione rimaneggiata da Principe, ma potrebbe essere solo una questione di imprinting, di abitudine. Pensare di dover “aggiornare” la traduzione di un classico mi fa inorridire, quando leggo Hugo o Dumas mi aspetto un lessico adeguato all’epoca, né se leggo l’argot di Céline mi aspetto una trasposizione in slang millennial.
      Dall’altro quella di Tolkien è ancora considerata letteratura moderna, modernissima, tanto più rivitalizzata nella pop culture dai film, e – aiutata dal setting fantasy che difficilmente la può rendere anacronistica come può avvenire per le vicende dei Miserabili o di Montecristo – presumibilmente tale resterà ancora a lungo prima di essere spostata di scaffale. E dunque in tal chiave adattarla alle abitudini moderne sicché resti attuale anche nella forma, nel feeling, comincia ad apparire molto meno insensato ed un investimento a lungo termine più oculato.

      Ma vabbè, chiedo venia, son partito per la tangente con la logorrea che queste tematiche mi ispirano sempre. Fa piacere poterne chiacchierare senza il clima da tifoseria che si respira sui social.

      • CLaudia ha detto:

        RIguardo all’ambientazione di certe storie in Italia: in realtà qualcosa sul fronte dei generi (cinematografici e letterari) sta cambiando anche qui. Gli orrori lovecraftiani stanno benissimo nel New England, ma quelli proposti da Valerio Evangelisti nei suoi romanzi dedicati all’Inquisitore Eymerich non sono da buttare via. Vero è che l’ambientazione non è esattamente l’Italia attuale, ma è comunque un modo per far emergere il sottobosco inquietante di certe zone italiane, fin troppo sepolto sotto l’ilare superficie di “paese del sole” e della “dolce vita”. C’è tutto un filone horror di ambientazione italiana, in realtà, io non ho letto niente perché il genere non mi piace, ma dichiarare che un’apocalisse zombie di ambientazione italiana farebbe ridere mi sembra segno di un pregiudizio altrettanto assurdo quanto quello degli esterofili.

        La fantascienza

        C’è inoltre la corrente (o la rinascita) del cinema “di genere” italiano: la fantascienza dell'”Arrivo di Wang” (ma anche di diversi film degli anni ’60, nonché il Salvatores di “Nirvana”), i supereroi di “Lo chiamavano Jeeg Robot” e “Il ragazzo invisibile” (di nuovo SAlvatores), l’horror padano/quotidiano di Pupi Avati, senza dimenticare quello urbano di Dario Argento, il “fantasy all’italiana” di Garrone…

        Io direi che lo sdoganamento di un “fantastico italiano” (fantasy, horror, fantascienza) è già in atto. E piuttosto ben accetto.

  14. Ekerot ha detto:

    Secondo me il punto debole dell’argomentazione di Fatica è l’accezione “negativa” insita nella parola “forestale”, accezione etimologicamente presente nel latino medievale, ma completamente perduta nella nostra contemporaneità.
    Un po’ come dire che “slavo” e “schiavo” hanno la stessa origine in ‘slavus’. Sì è (probabilmente) vero, ma per noi “slavo” non ha alcuna accezione negativa.
    Forse “Aragorn il Foresto”, sarebbe stato meglio. Là dove “Foresto” perde sicuramente l’accezione militare, ma conserva quella legata ai boschi e all’aura negativa.

  15. Valerio ha detto:

    Bellissimo articolo e interessante discussuione. Faccio qualche considerazione sparsa e senza un vero filo conduttore:

    1) Prima di tutto vorrei dire che questa nuova traduzione mi sta piacendo particolarmente:
    – in primo luogo è la terza volta che sento di leggere il Signore degli anelli come un libro che non conosco;
    – in più l’esistenza di due traduzioni ci permetti di capire meglio il senso dell’originale.

    Forestali è l’esempio perfetto, se Raminghi rendeva benissimo is significato di “erranti”, Forestali rende bene gli altri significati.

    Nonostante questo se devo esprimere una preferenza, il vecchio Raminghi mi sembrava in generale più adatto.

    2) Wu Ming 4 afferma che per le generazioni future perderà forse il senso di “Guardia Forestale”; questo però forse influenza negativamente il giudizio sulla scelta se il criterio seguito è quello di rendere il primo significato che sarebbe venuto in mente a un inglese degli anni 50 leggendo “Ranger”.

    3) Valen ha proposto il termine “Rondieri”. Lo trovo molto bello e in effetti starebbe benisso vicino a Falcante.

    4) Qualcuno su Facebook ha osservato che il termine Forestale rimanda direttamente alla Foreste e che il legame dei Ranger con la foresta non è così forte. Cosa ne pensate?

    • Triceratopo Volante ha detto:

      Wu Ming 4, per come l’ho capita io, non ha scritto che col tempo si perderà il riferimento alla «guardia forestale», che è un riferimento generico perchè le guardie forestali esistono in tanti paesi, ma il riferimento più specifico al nostro Corpo Forestale, quello sciolto come corpo autonomo nel 2016 e accorpato ai Carabinieri.

      • Wu Ming 4 ha detto:

        Esatto, Triceratopo. È l’associazione mentale con il disciolto Corpo Forestale dello Stato che andrà scemando, non quello con i guardaboschi.
        Quanto al legame tra i Rangers e le foreste, credo di avere già detto nell’articolo.

        • Valerio ha detto:

          Grazie per il chiarimento; sicuramente nell’articolo è molto ben spiegato il nesso etimologico fra Forestale e forestiero.

          D’altro canto sia il significato di Guardiaboschi, che la parola Forestale in se richiamano chiaramente nel lettore l’immagine della foresta.

          E’ chiaro che i Ranger del nord (come quelli del sud del resto) abbiano un legame con la foresta (anche perchè la loro base operativa erano probabilmente Il “Bosco dei Troll”) ma questo legame è tale da giustificare un’evocazione così forte dell’immaginario legato allo foresta?

          I briganti di Robin Hood sono parte integrante della Foresta. I Ranger del Nord forse un po’ meno.

          • Wu Ming 4 ha detto:

            Oggi sul gruppo di discussione FB dell’AIST dovrebbe essere pubblicato ancora un mio intervento in risposta all’ultimo attacco portato dai Ramingofili 🙂 Ma non lo posterò io, perché non sono su FB.

            Però, Valerio, lasciami dire una cosa, non rivolta specificamente a te, ma a tutti noi sintonizzati su queste frequenze, e se vogliamo in primis al sottoscritto. Sono passati tre mesi dall’uscita della nuova traduzione della Compagnia dell’Anello e stiamo ancora parlando della resa dei nomi.
            Perché non si riesce a parlare del fatto che Fatica ha restituito a Tolkien in italiano una prosa fluida, ariosa, la varietà di registri linguistici, le sgrammaticature del parlato dei personaggi, ecc.?
            Secondo me perché continuiamo a fare confronti tra le due traduzioni, anziché tra ciascuna singola traduzione e il testo originale inglese. È proprio un errore d’approccio. Non appena si fa il confronto giusto, risulta lampante che la vecchia traduzione aveva appesantito e infarcito lo stile di Tolkien, seguendo stilemi che non gli sono mai appartenuti. E si scopre anche che era costellata di errori mai corretti.
            Vogliamo parlare del fatto che per mezzo secolo uno dei capitoli cruciali del finale del romanzo ha avuto il titolo sbagliato, dovuto all’evidente svista di avere scambiato il verbo “to scour” per “to scout”? Per mezzo secolo i protagonisti del romanzo sono andati “Percorrendo la Contea”, come fossero in gita di piacere, anziché a fomentare una rivolta.
            Si può difendere a spada tratta una traduzione nella quale perfino le scene più cariche di pathos contengono errori logici, lacune plateali?
            Un esempio è proprio nel capitolo che ho citato. Quando Saruman è sconfitto, e viene scacciato dagli Hobbit, ha un confronto verbale con Frodo:

            «Si volse per partire, e Vermilinguo lo seguì strisciando. Ma mentre Saruman passava accanto a Frodo, una lama scintillò fra le sue mani ed egli colpì rapido come un baleno. Una dozzina di Hobbit, comandati da Sam, balzarono avanti con un urlo e scaraventarono a terra il farabutto. Sam trasse la spada.
            “No, Sam!”, disse Frodo. “Non ucciderlo neppure adesso. Non mi ha ferito…»

            Come non l’ha ferito? Gli ha appena tirato una coltellata! «egli colpì rapido come un baleno», ma un istante dopo Frodo è incolume, senza un graffio e in grado di parlare. Com’è possibile? Infatti non lo è. Nella traduzione storica non è stata resa una frase, cioè questa: «The blade turned on the hidden mail-coat and snapped».
            Il coltello di Saruman si spezza sulla cotta di maglia che Frodo porta sotto i vestiti. Per la seconda volta la cotta di maglia salva la vita di Frodo; la cosa, se vogliamo, ha anche un significato simbolico nell’economia del romanzo.
            Nessuno l’ha mai corretto. Io non me n’ero nemmeno mai accorto fino a poco tempo fa. Se non è stato fatto per una scena-madre, figuriamoci altrove.
            E siamo qui da tre mesi a discutere di Forestali, Samplicio, Valforra… ci rendiamo conto?

            Chiedo venia per lo sfogo. Ma ogni tanto questa situazione mi appare davvero grottesca e paradossale. O forse è solo che oggi è il mio compleanno, sono quasi vecchio, e l’umore è quello che è.

          • Valerio ha detto:

            Rispondo a me stesso, visto che non posso più rispondere a te.

            Prima di tutto auguri!

            In effetti sarebbe bello che la discussione si spostasse dalla traduzione dei singoli nomi alla prosa della nuova traduzione! Per quanto mi riguarda ho apprezzato moltissimo questa nuova versione che mi sembra più vicino alla prosa di Tolkien in lingua originale. Dico mi sembra perché saranno 20 anni che non leggo la versione dell’Alliata/Principe, avendo privilegiato le riletture della versione originale, e non mi sono certo messo a fare raffronti dettagliati fra l’originale e le due traduzioni.

            D’altro canto mi pare comprensibile che i commenti a un articolo centrato sulla traduzione di una singola parola si concentrino su quella parola… 😉

            P.S.: spero ti faccia piacere sapere che comunque sia, dopo la lettura dell’articolo e degli svariati commenti, Forestale mi piace un po’ di più.

  16. Giuspee ha detto:

    Sono d’accordo con Wu Ming col fatto che bisognerebbe concentrarsi sulla traduzione in senso ampio, prescindendo per un po’ di tempo dalla “superficie” costituita dalla nomenclatura. Si potrebbe discutere ore ad esempio sugli adattamenti delle poesie, sui pregi e sui difetti di certe scelte lessicali nell’ambito della prosa, su certi usi di termini letterari (ad esempio, per quanto forse un po’ più carico dell’originale, quant’è potente la presentazione dell’orc-chieftain nella camera di Mazarbul dove Fatica traduce con un’eco dantesca in “Negra la faccia, occhi di bragia, rossa la lingua, brandiva una grossa lancia”? quando a Fatica molti, che non hanno letto evidentemente più di 5 pagine, rimproverano che c’è stato un abbassamento generale linguistico, a loro dire di basso livello lessicale…!) e così via.

    Volevo fare una domanda in merito alla questione del capitolo col verbo “to scour”. Più che confondere con “to scout”, non è che l’Alliata ha tenuto conto di questa seconda accezione del termine, che nel Collins è definita ” to range over (territory), as in making a search”, anche se comunque è andato perduto il senso di ricerca di un qualcosa connesso al movimento?
    Sulla questione delle frasi sparite, ahimè hai molto ragione e lo sottolineo sempre. Non ho terminato ancora la lettura del libro, ma facendo i confronti ci sono almeno una ventina di casi finora dove porzioni testuali, che vanno da una parola a una frase completa, sono andate perdute nella vecchia traduzione. Anche solo per questo la nuova traduzione permette di riappropriarci di molti pezzettini che non abbiamo forse mai letto in italiano (non so se sono andati persi tra Ubaldini e il passaggio a Rusconi, almeno per quanto concerne “La compagnia dell’anello”).

    • Wu Ming 4 ha detto:

      A me “girare per un territorio, come se si facesse una ricerca” pare più adatto a tradurre “to scout” che “to scour”. Io credo proprio che sia stato preso per “to scout” e che il significato di “perlustrare”, “esplorare”, “andare in ricognizione” sia diventato un “percorrere” la Contea.

      Ad ogni modo se prendo un banale dizionario italiano-inglese Zanichelli, una delle ultime definizioni di “to scour” è quella nel linguaggio militare arcaico per “ripulire un territorio”. E in rete trovo proprio “archaic: to clear (a region) of enemies or outlaws”.
      È questo che fanno indubbiamente gli Hobbit. Vista la facilità con cui si trova il significato adatto in questione, propendo per una svista che poi non si ha avuto il coraggio di emendare, perché quando ce ne si è accorti ormai quel titolo era entrato nell’uso da chissà quanto.

  17. Roberto Arduini ha detto:

    Con il consenso dell’autore, Elrond Mezzelfo, aggiungo qui uno scambio di commenti che si è svolto tra il blog Giap e il gruppo Fb di Studi Tolkieniani, ma relativo a questo articolo.

    Nonostante le palesi arrampicate sugli specchi di WuMing4/Guglielmi, dal punto di vista traduttivo ‘Forestale’ è assolutamente sbagliato. Stando all’Oxford English Dictionary, ‘ranger’ ha questi significati (cito dall’edizione del 1933 [vol. VIII, p. 141], che era quella posseduta da Tolkien): “Ranger1 […] 1. A rover, wanderer; † a rake. […] 2. A forest officer, a gamekeeper. Now only arch., and as the official title of the keepers of the royal parks. […] 3. pl. A body of mounted troops, or other armed men, employed in ranging over a tract of country. Chiefly U.S.; in the British Army the title is given to one regular regiment, the Connaught Rangers. […] 4. One who sets in order. rare”.
    Fra le accezioni del lemma ‘Ranger1’ riportate nell’OED appaiono compatibili con gli omonimi personaggi de ‘Il Signore degli Anelli’ soltanto la prima (‘a rover, wanderer’) e in parte la terza (‘a body of mounted troops, or other armed men, employed in ranging over a tract of country’).
    Ora, quando si traduce dovrebbe essere presa attentamente in considerazione nella sua complessità non solo la lingua di origine, ma anche la lingua di destinazione. Quali definizioni riportano i più importanti dizionari/vocabolari della lingua italiana alla voce ‘Forestale’? Ebbene, ho consultato personalmente il ‘Grande dizionario della lingua italiana’ edito dalla U.t.e.t., il ‘Vocabolario Treccani’, il ‘Grande dizionario italiano dell’uso’ diretto da Tullio De Mauro, il ‘Vocabolario della lingua italiana’ di Nicola Zingarelli, il ‘Vocabolario della lingua italiana’ di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, la quinta e ultima edizione del ‘Vocabolario degli Accademici della Crusca’ e lo storico ‘Dizionario della lingua italiana’ di Niccolò Tommaseo e Bernardo Bellini. Che cosa se ne deduce? Che l’italiano ‘Forestale’ (anche nell’antica forma ‘Forestaro’ attestata come già desueta nell’Ottocento dal Tommaseo) non ha mai avuto alcuna sfumatura negativa (come pretenderebbe WuMing4/Guglielmi nel suo articoletto) e ha sempre coperto soltanto la seconda accezione dell’originario termine inglese (‘a forest officer, gamekeeper’: ‘ufficiale forestale, guardacaccia’), ossia quella più remota (per non dire esclusa) dal significato che con ogni evidenza Tolkien attribuiva ai suoi ‘Rangers’ dell’Eriador e dell’Ithilien (prima accezione dell’OED combinata in parte con la terza), con l’aggravante, però, che mentre in inglese (britannico) ‘ranger’ inteso come ‘forest officer’ e ‘gamekeeper’ è oggigiorno un appellativo desueto e limitato ai soli guardiani dei parchi reali, l’italiano ‘Forestale’ invece non ha nulla di arcaico ma anzi, come sostantivo, è impiegato correntemente (e unicamente) per designare un membro della moderna forza di polizia italiana, il Corpo forestale dello Stato (costituito nel 1910 con il nome di ‘Corpo reale delle foreste’ e soppresso nel 2016, ma i cui componenti, designati come ‘Carabinieri forestali’, sono divenuti parte dell’Arma dei Carabinieri). È lampante quindi che nella lingua di destinazione ‘Forestale’ rappresenta un traducente assolutamente inadatto a rendere l’originale ‘ranger’ nel contesto in cui è inserito nell’opera, nonché stilisticamente straniante e potenzialmente fuorviante per un nuovo lettore che nulla sa della storia narrata e che potrebbe pensare, leggendo il prologo e i primi capitoli de ‘La Compagnia dell’Anello’, che Aragorn e gli altri Dúnedain dell’Eriador siano dei guardaboschi o i membri di una forza di polizia ‘statale’ affine a quella dei Guardacontea/Sceriffi (‘Shirriffs’). Appare chiaro dunque che, tenendo ben presenti sia la lingua di origine, sia la lingua di destinazione, la traduzione ‘Ramingo’/’Raminghi’ adottata dall’Alliata, per quanto non copra anche il terzo significato, sia però il compromesso migliore in italiano (ed è adatta anche a descrivere l’aspetto ‘logoro’ degli abiti di chi vaga da lungo tempo senza una dimora stabile per grandi distese). Tra l’altro, nella poesia italiana, spesso ‘ramingo’, ‘andar ramingo’ e ‘ramingare’ sono associati proprio ai boschi e ai luoghi selvaggi, cosa che si adatta a pennello alla definizione che Aragorn dà dei Dúnedain dell’Eriador: ‘Rangers of the wild’, ossia ‘Vagabondi, Erranti, Raminghi delle terre selvagge’. A riprova sta quanto scrivono Hammond e Scull in ‘The Lord of the Rings: a Reader’s Companion’ (p. 31): “Rangers – The Dúnedain of the North, protectors of Eriador. Ranger here has the sense ‘wanderer’ ” (” ‘Rangers’ – I Dúnedain del Nord, protettori dell’Eriador. ‘Ranger’ qui ha il senso di ‘errante’ ” [ossia prima accezione dell’OED, traducibile, in uno stile più elevato che si confà al contesto, come ‘ramingo’]).
    Quanto poi a Natty Bumppo, il celebre protagonista dei cinque romanzi di James Fenimore Cooper, noto di volta in volta come ‘Sterminacervi’, ‘Occhio-di-falco’/’La longue carabine’, ‘L’esploratore’, ‘Calze-di-cuoio’ e ‘Il trappoliere’, per l’autore non era un ‘Forestale’ o un guardaboschi con il compito di sorvegliare le foreste della provincia di New York (né Tom Shippey ha mai affermato qualcosa del genere): era, stando a quanto scrive Cooper, un cacciatore di pellicce, maestro del tiro con la carabina e abile staffetta ed esploratore, figlio di coloni inglesi cresciuto tra i Lenape: egli vagò nei territori dei Grandi Laghi tra il 1740 e 1790 ca., prima di trasferirsi, dopo la morte dell’amico Chingachgook, nelle grandi pianure del Mississipi, dove morirà di vecchiaia.
    Tirando le somme: la traduzione ‘Forestale’/’Forestali’ per ‘Ranger’/’Rangers’ è semplicemente indifendibile.

    • Roberto Arduini ha detto:

      Questa la risposta di Wu Ming 4:
      È straordinario che la traduzione di “Ranger” con “Forestale” da parte di Ottavio Fatica ne La Compagnia dell’Anello abbia prodotto un dibattito tanto acceso. Dunque ecco Elrond Mezzelfo sulla pagina FaceBook dei Tolkieniani Italiani, ribattere al mio “articoletto” (definizione sua, alla quale senz’altro mi adeguo), che consiste in una disamina filologica della parola Ranger attraverso la semplice consultazione dell’Oxford English Dictionary e con la consulenza di Tom Shippey. Questa mia controreplica sarà dunque l’occasione buona per sintetizzare quanto il sottoscritto ha espresso nel dibattito in calce all’articoletto in questione.

      Elrond Mezzelfo fa notare che «quando si traduce dovrebbe essere presa attentamente in considerazione nella sua complessità non solo la lingua di origine, ma anche la lingua di destinazione». Cosa che secondo lui né il sottoscritto né tantomeno il traduttore Ottavio Fatica avrebbe fatto. Questo perché non avremmo considerato che «i più importanti dizionari/vocabolari della lingua italiana alla voce ‘Forestale’ non attribuiscono alcuna sfumatura negativa», quella che invece il sottoscritto le attribuisce risalendo all’etimologia latina della parola. I suddetti vocabolari riportano come significato «sempre e soltanto la seconda accezione dell’originario termine inglese», cioè «ufficiale forestale, guardacaccia, ossia quella più remota (per non dire esclusa) dal significato che con ogni evidenza Tolkien attribuiva ai suoi ‘Rangers’ dell’Eriador e dell’Ithilien (prima accezione dell’OED combinata in parte con la terza)».

      A questo si aggiungerebbe un’aggravante, anzi due: «mentre in inglese (britannico) ‘ranger’ inteso come ‘forest officer’ e ‘gamekeeper’ è oggigiorno un appellativo desueto e limitato ai soli guardiani dei parchi reali, l’italiano ‘Forestale’ invece non ha nulla di arcaico ma anzi, come sostantivo, è impiegato correntemente (e unicamente) per designare un membro della moderna forza di polizia italiana, il Corpo forestale dello Stato».
      Ne consegue, secondo Elrond Mezzelfo, «che nella lingua di destinazione ‘Forestale’ rappresenta un traducente assolutamente inadatto a rendere l’originale ‘ranger’ nel contesto in cui è inserito nell’opera, nonché stilisticamente straniante e potenzialmente fuorviante per un nuovo lettore che nulla sa della storia narrata e che potrebbe pensare, leggendo il prologo e i primi capitoli de ‘La Compagnia dell’Anello’, che Aragorn e gli altri Dúnedain dell’Eriador siano dei guardaboschi o i membri di una forza di polizia ‘statale’ affine a quella dei Guardacontea/Sceriffi (‘Shirriffs’)».

      Ora, il ragionamento suddetto contiene una premessa falsa, una premessa arbitraria, e un’inferenza errata.

      La premessa falsa è che nell’inglese moderno la parola “ranger” sia un «appellativo desueto e limitato ai soli guardiani dei parchi reali». In Gran Bretagna e nei paesi anglofoni dell’ex-impero britannico la parola “ranger” designa la guardia forestale proprio nell’uso corrente, tant’è che i vocabolari moderni inglese/italiano riportano “guardaboschi” come prima definizione.
      Infatti ecco i rangers britannici:
      https://nationalparks.uk/ranger-room/meet-the-rangers
      quelli statunitensi:
      https://en.wikipedia.org/wiki/National_Park_Service_ranger
      quelli australiani:
      https://www.nationalparks.nsw.gov.au/about-npws/careers/rangers
      quelli neozelandesi:
      https://www.careers.govt.nz/jobs-database/animal-care-and-conservation/conservation/ranger/
      quelli canadesi:
      https://engage.gov.bc.ca/bcparksblog/2016/02/10/how-to-become-a-bc-parks-ranger/
      Dunque se un anglofono legge “Rangers” compie probabilmente un’associazione mentale simile a quella che compie un italiano quando legge “Forestali”. Ed è precisamente l’effetto che la traduzione di Fatica vuole ricreare, benché ovviamente il significato sia diverso, dato che nella Terra di Mezzo i Rangers non svolgono specificamente mansioni di guardaboschi.
      Il secondo significato riportato dai vocabolari inglese/italiano per “ranger” è invece riferito a certi corpi speciali di vari eserciti, discendenti probabilmente da quelle prime milizie coloniali che vennero così definite (su questo vedi oltre).

      La premessa arbitraria è che l’unica maniera di intendere l’aggettivo sostantivato “il Forestale” sia quella che definisce un agente della Forestale. Non ambientandosi in Italia Il Signore degli Anelli, bensì in uno spazio-tempo immaginario, è ovvio e scontato che “Forestale” non può in alcun modo designare un agente del Corpo Forestale dello Stato, proprio come “Ranger” nel testo originale non designa un UK National Park Ranger.

      Per inciso: capita una cosa simile al “farthing”, che per un cittadino britannico degli anni Cinquanta era una monetina, e che nel romanzo definisce un quarto di Contea anziché un quarto di penny. Chissà se qualcuno fece notare a Tolkien che usare quella parola era una forzatura e un errore, dato che nella lingua inglese corrente il riferimento alla divisione amministrativa dell’Islanda medievale non poteva essere colto quasi da nessuno, e tutti invece avrebbero pensato agli spiccioli che avevano in tasca. Ridicolo, no? Probabilmente Tolkien avrebbe risposto che il contesto narrativo solitamente funziona benone per definire il senso inusuale di un termine usuale. E se funziona in inglese, magari funziona anche in italiano.

      Nessun lettore italiano infatti può pensare che Aragorn e Faramir siano agenti della Forestale. Si potrà trovare stridente l’accostamento mentale, o anche ridicolo, ma poi si entrerà in quel mondo e si dedurrà dal contesto narrativo che quel “Forestale” significa “delle foreste”, il primo significato riportato da qualunque dizionario della lingua italiana. Quello è in effetti l’unico significato letterale (ed è soltanto l’uso che ha determinato la forma “il Forestale” per riferirsi a una guardia forestale, cioè una guardia “delle foreste”, appunto). Leggendo si capirà quindi facilmente che Forestale non è riferito a un qualche corpo di polizia, bensì a colui che viene da, attraversa, combatte nelle foreste, cioè nelle terre selvagge/selvatiche < selva, foresta. Ed è questo che fanno i Rangers nella Terra di Mezzo. Proprio come Natty Bumppo, il protagonista del ciclo di romanzi di Fenimore Cooper. L'accostamento di Shippey tra Aragorn e la Longue Carabine ci azzecca eccome. Proprio come ci azzecca il suo accostamento con i Rangers militari. E qui si può concordare con Elrond Mezzelfo e Shippey quando dicono che questo - cioè il terzo significato dell'OED - è il più adatto ai Rangers della Terra di Mezzo. Ma proprio da questo punto di vista espressioni come "i Forestali del Nord" e "i Forestali dell'Ithilien" evocano più facilmente un corpo di guerrieri forestali, combattenti delle terre selvagge, di quanto non facciano "Raminghi del Nord" e "Raminghi dell'Ithilien", che invece fanno pensare a dei vagabondi o a degli esuli, non certo ai ranghi di un reggimento. Inoltre resta il fatto inoppugnabile che a Bree usano questo termine in senso dispregiativo, con un riferimento esplicito non già all'arruolamento, ma alla selvatichezza, al parlare con gli animali, all'inciviltà, all'essere forestieri. Non c'è niente da fare: la coperta è corta. – – L’inferenza errata è questa: «Appare chiaro dunque che, tenendo ben presenti sia la lingua di origine, sia la lingua di destinazione, la traduzione ‘Ramingo’/’Raminghi’ adottata dall’Alliata, per quanto non copra anche il terzo significato, sia però il compromesso migliore in italiano (ed è adatta anche a descrivere l’aspetto ‘logoro’ degli abiti di chi vaga da lungo tempo senza una dimora stabile per grandi distese). Tra l’altro, nella poesia italiana, spesso ‘ramingo’, ‘andar ramingo’ e ‘ramingare’ sono associati proprio ai boschi e ai luoghi selvaggi». Non appare chiaro affatto, invece. A parte che “Ramingo” non contiene alcuna sfumatura di senso che riguardi l’abbigliamento o l’aspetto esteriore, se è vero che il suo significato si adatta ad Aragorn, non così per i Rangers dell’Ithilien. Questi non vanno in giro raminghi (e nemmeno logori), bensì svolgono un ruolo di sorveglianza militare, pattugliamento e guerra boschiva, ben integrati nell’esercito di Gondor, al punto da essere capitanati dal figlio del Lord Steward (che non è quello della Casa Reale britannica… lo si evince dal contesto ;-). Ma il problema evidente è soprattutto che Ramingo è una parola che appartiene al linguaggio alto e poetico ed è una scelta totalmente fuori registro sia rispetto all’originale “Ranger” sia rispetto al contesto narrativo. Hammond e Scull hanno ragione nel dire che riferito ad Aragorn e ai Dunedain del Nord «here has the sense ‘wanderer’», e proprio per questo suona ridicolo che l’oste della locanda di Bree definisca quelli che ai suoi occhi sono rozzi e loschi vagabondi come “Raminghi”, manco stesse prendendo un prestito da Foscolo o da Giovanni Berchet. La verità è che Ramingo non è meno straniante di Forestale, ma sono entrambi relativi allo stile delle rispettive traduzioni. Chi preferisce Ramingo lo fa – per usare le rivelatrici parole di Elrond Mezzelfo – perché è «uno stile più elevato che si confà al contesto». Quale contesto? Non certo quello narrativo, dove dovrebbe indicare viaggiatori selvatici o coriacei guerriglieri forestali, bensì quello stilistico della vecchia traduzione, appunto. Elrond Mezzelfo, come molti ferventi critici del lavoro realizzato da Fatica, confonde Alliata con Tolkien. E così dalla filologia si scivola di nuovo nell’affetto tradito. Infine conclude: «Tirando perciò le somme, se si ha un minimo di onestà intellettuale penso che, alla luce di tutte queste informazioni, si debba riconoscere che la traduzione ‘Forestale’/’Forestali’ per ‘Ranger’/’Rangers’ è semplicemente indifendibile». Suggerirei a Elrond Mezzelfo, invece di chiamare in causa l’onestà intellettuale – terreno sempre scivoloso -, di provare ad accogliere una semplice constatazione. E cioè che non esiste una parola italiana in grado di rendere il groviglio di accezioni che Tolkien realizza con l’uso della parola Ranger nel suo romanzo, sfruttando tutte e tre le definizioni dell’OED, e che potremmo sintetizzare con “guerriero di frontiera girovago dall’aspetto di guardaboschi”. Dunque è scontato che ogni scelta finisca per sacrificare qualcosa. Nella discussione in calce al mio articoletto c’è chi ha detto che la scelta migliore sarebbe stata quella di non tradurre, di lasciare Ranger, dato che ormai è entrato anche nell’uso italiano. Sarebbe stata una scelta facile, ma sarebbe stata anche una rinuncia alla sfida che la traduzione rappresenta. Alla luce di questa considerazione, dunque, forse si potrebbe apprezzare chi ha coraggio e ci prova, invece di arroccarsi in difesa delle buone vecchie abitudini con argomenti che finiscono per rivelare la propria matrice psicologica più che filologica.

      • Roberto Arduini ha detto:

        Questa comunque è la contro-replica di Elrond Mezzelfo a WuMing4.

        WuMing4 ribadisce quanto ha scritto nel suo articolo, partendo nuovamente dall’assunto totalmente gratuito e logicamente infondato (e contorto) della connessione etimologica tra il sostantivo ‘Forestale’ e ‘foresta’ per suffragare la sua definizione di ‘Forestale’ dalla quale dipendono quasi tutti i suoi argomenti. Peccato che questo non intacchi minimamente il fatto che ‘Forestale’ in lingua italiana indica solo e soltanto un membro del Corpo forestale dello Stato, o, un tempo, un guardaboschi o un ufficiale di una corte deputato alla sorveglianza della flora e della selvaggina di un’area (così il Tommaseo nel suo storico dizionario della lingua italiana per la forma arcaica ‘Forestaro’: “Soprastante delle foreste, titolo di alcune corti. Maff. G. P. Vit. Confess. p. 254. col. 1. (Gh.) I forestari di Corte (così chiamano in quelle contrade i soprastanti delle foreste e delle cacce del Re)”. Afferma WuMing4 “La premessa arbitraria è che l’unica maniera di intendere l’aggettivo sostantivato “il Forestale” sia quella che definisce un agente della Forestale”. Niente affatto, è invece la premessa del Guglielmi a essere totalmente gratuita, arbitraria e infondata. Ciò che conta è quanto hanno scritto e scrivono i linguisti e lessicografi italiani, poiché di certo WuMing4 non può inventarsi per affar suo significati che nessun dizionario e vocabolario della lingua italiana attribuisce o ha mai attribuito al sostantivo ‘Forestale’. Questo sostantivo, inoltre, non ha mai avuto – lo ribadisco – alcuna accezione o sfumatura negativa. Questa è un’altra palese invenzione linguistica di WuMing4, che la elabora arbitrariamente lavorando su un’etimologia e confondendo, per avvalorare i suoi argomenti, la definizione di ‘Forestale’ con quella di ‘Forestiero’. Tutti i dizionarî e vocabolarî che ho richiamato nel mio precedente intervento (che invito a leggere) concordano con quanto affermo e qui ripeto per l’ennesima volta (repetita iuvant): che in lingua italiana fin dall’Ottocento ‘Forestale’ (e ancor prima ‘Forestaro’) è sempre stato un sostantivo che indica solo un guardaboschi o un ufficiale di corte deputato alla sorveglianza di un’area per proteggere le specie arboree e la selvaggina; ma i ‘Rangers’ di Tolkien non sono certo dei guardaboschi, delle guardie forestali o dei guardacaccia. Sicché si possono accampare tutte le giustificazioni che si vogliono per difendere la scelta di Fatica, anche alterando il significato del termine (come ha fatto WuMing4), ma il dato oggettivo rimane.
        In secondo luogo, la mia premessa è vera: primo perché è lo stesso OED a qualificare nel 1933 (è questa l’edizione posseduta da Tolkien) la seconda accezione di ‘ranger’ (‘a forest officer, gamekeeper’) come arcaica nell’inglese britannico e ristretta ai guardiani dei parchi reali (trovo assolutamente scorretto da parte di WuMing4 non riportare la definizione dell’OED che ho commentato, la quale afferma testualmente “2. A forest officer, a gamekeeper. Now only arch., and as the official title of the keepers of the royal parks”). Che io abbia ragione lo dimostra il fatto che tra i link richiamati da WuMing4 solo uno si riferisce a un contesto inglese, gli altri sono tutti nord-americani o australiani e neozelandesi, ossia di luoghi al di fuori dell’Inghilterra (U.S.A. e paesi del Commonwealth) dove ‘ranger’ è usato con maggiore frequenza nel senso della seconda accezione dell’OED (penso ai guardaparco americani).
        WuMing4 inoltre non comprende (o fa finta di non capire) che a non azzeccarci nulla è l’accostamento tra Natty Bumppo e l’appellativo ‘Forestale’ (secondo il significato costantemente attribuito dai lessicografi, non quello inventato per giustificare scelte traduttive, come fa il Guglielmi). Il protagonista dei cinque romanzi di Fenimore Cooper non è certo un guardaparco, un guardaboschi, un guardacaccia della provincia di New York; è un abitante della frontiera, un cacciatore di pellicce (‘trapper’), un maestro del tiro con la carabina e una guida, un esploratore, una staffetta, figlio di coloni inglesi, ma cresciuto tra i Lenape e istruito dai Fratelli Moravi: egli vagò (ramingò è altrettanto adatto) nei territorî dei Grandi Laghi tra il 1740 e 1790 ca., prima di trasferirsi, dopo la morte dell’amico Chingachgook, nelle grandi pianure del Mississipi, dove morirà di vecchiaia. Tra l’altro nell’appendice A di ‘The Road to Middle-earth’ Tom Shippey afferma semplicemente – e su questo sono assolutamente d’accordo – che la descrizione che Cooper fa del suo Natty Bumppo potrebbe aver influenzato Tolkien nell’elaborare quella di Aragorn, e che il viaggio della Compagnia sull’Anduin ricorda alcuni passi de ‘L’ultimo dei Mohicani’, così come l’incontro di Aragorn, Legolas e Gimli con i Cavalieri di Rohan riecheggia alcune scene dei romanzi di Cooper (credo che alluda soprattutto a ‘La prateria’, dove sono presenti i Sioux). Per quanto riguarda il vocabolo ‘ranger(s)’ in Cooper, ne ‘L’ultimo dei Mohicani’ compare una sola volta, nel capitolo 32, e – spiacerà a WuMing4 – non vuol certo indicare dei ‘Forestali’, ossia delle guardie forestali, dei guardaboschi o dei guardacaccia: l’Autore lo impiega per riferirsi a una banda di venti uomini, capeggiata da Occhio-di-falco, ossia, a grandi linee, nella terza accezione dell’OED; ma nessuno si sarebbe mai sognato, né si sognerebbe di tradurre in italiano quel ‘rangers’ di Cooper con ‘forestali’ (infatti, il traduttore della più nota edizione italiana de ‘L’ultimo dei Mohicani’, pubblicata dall’editrice Mursia nel 1969, lo rese con ‘uomini scelti’, perché in effetti questo vuol dire nel contesto in cui lo impiega Cooper).
        Per quanto riguarda i ‘Rangers’ dell’Ithilien, che WuMing4 chiama in causa, ebbene essi sono innanzitutto (al pari di quelli dell’Eriador) i discendenti degli antichi abitanti del luogo, costretti a fuggire ed errare (ramingare, appunto) fuori dalla loro terra avita (l’Ithilien), e per questo chiamati ‘Rangers’; in seguito una parte di essi fu organizzata da Denethor come ‘corpo militare’. Ora, è possibile che Tolkien riferendosi soprattutto ai ‘Rangers’ dell’Ithilien abbia preso almeno in parte in considerazione anche la terza accezione dell’OED (‘a body of mounted troops, or other armed men, employed in ranging over a tract of country’). Ma la prima (‘a rover, wanderer’) resta l’accezione principale del termine per tutti i ‘Rangers’ di Tolkien (sia dell’Eriador, sia dell’Ithilien). Per certi aspetti i ‘Rangers’ dell’Ithilien sono ancor più sradicati dei ‘Rangers’ dell’Eriador, poiché mentre questi continuano a vagare (ramingare) per le loro terre, per quanto non abbiano più propriamente una patria poiché il regno di Arnor e i successivi reami sono scomparsi, quelli dell’Ithilien sono stati scacciati dalla loro terra (l’Ithilien) e sono stati costretti a passare l’Anduin e a vagare per gli altri territorî del regno di Gondor. Tra costoro Denethor trasse poi uomini per formare una forza militare da impiegare per attacchi contro gli Orchi nello stesso Ithilien. In questo i ‘Rangers’ richiamano anche in seconda battuta la terza accezione dell’OED (‘A body of mounted troops, or other armed men, employed in ranging over a tract of country’). Ma nell’unico passo in cui Tolkien usa l’appellativo ‘Rangers’ per gli uomini dell’Ithilien, contenuto nel cap. 4 di ‘The Two Towers’: ‘Of Herbs and Stewed Rabbit’ (“After a while he spoke to them; but they were slow and cautious in answering. They named themselves Mablung and Damrod, soldiers of Gondor, and they were Rangers of Ithilien; for they were descended from folk who lived in Ithilien at one time, before it was overrun. From such men the Lord Denethor chose his forayers, who crossed the Anduin secretly (how or where, they would not say) to harry the Orcs and other enemies that roamed between the Ephel Dúath and the River”) Tolkien usa l’appellativo ‘Rangers’ nella prima accezione dell’OED (‘rovers, wanderers’), e sembra evidentemente distinguerlo da ‘soldiers (of Gondor)’. Quel che è certo è che ‘Forestale’ (nella definizione offerta dai dizionarî e vocabolarî della lingua italiana, non da quella re-inventata da WuMing4) qui non c’entra assolutamente nulla. Che poi i ‘Rangers’ dell’Ithilien che si spostano nei boschi della loro antica terra non se ne vadano in giro con abiti ‘logori’, come spesso accadeva per le truppe in territorî poco ospitali, lo trovo alquanto dubbio, per usare un eufemismo. Tra l’altro in questo caso WuMing4 si contraddice platealmente, in quanto nel precedente articoletto (l’ho chiamato così intendendo ‘breve articolo’, come con ‘notarella’ s’intende una ‘breve nota’) afferma proprio a proposito dei ‘Ranger’ dell’Ithilien (cito testualmente): “Si tratta quindi di una milizia selezionata dallo Steward di Gondor in base alle capacità e conoscenza del territorio, impiegata nel battere una regione di confine e rendere la vita dura ai nemici, con raid e tattiche di guerriglia. Si dà il caso che l’Ithilien sia un territorio prevalentemente boschivo, e l’aspetto dei Rangers del Sud è infatti quello di combattenti “forestali”: indossano tenute mimetiche verdi per confondersi con la vegetazione, e la loro arma d’elezione è un’arma da caccia prestata alla guerra, cioè l’arco lungo: «Two had great bows, almost of their own height, and great quivers of long green-feathered arrows. All had swords at their sides, and were clad in green and brown of varied hues, as if the better to walk unseen in the glades of Ithilien. Green gauntlets covered their hands, and their faces were hooded and masked with green […] (TT, IV. IV)». Questo aspetto si ricollega alla seconda definizione di “ranger”, come in effetti già il look di Strider/Aragorn – logori stivali di cuoio, mantello e cappuccio verde-scuro. Nel Medioevo inglese, l’uomo incappucciato e vestito di verde, esperto di vita nei boschi, dotato di armi leggere e arco lungo, è appunto il forester, il forestale o guardaboschi”. Quindi WuMing4 ammette nel precedente intervento che pure i ‘Rangers’ dell’Ithilien se ne andavano ‘logori’. Associa questo aspetto alla seconda accezione dell’OED. Ma lo stesso aspetto si può attribuire, con buona pace di WuMing4, anche a un girovago, un errante, un ramingo appunto che vaga da lungo tempo senza una dimora fissa per grandi spazî, e dunque alla prima accezione del lemma riportata dell’OED (‘a rover, wanderer’). Inoltre non è vero che ‘ramingo’ sia una parola impiegata solo da Foscolo e Berchet, e da qualche altro poeta: è un vocabolo non così raro nella poesia italiana dei secoli passati, e, come ho notato nel mio intervento, spesso l’uomo che va ramingo è associato al vagabondare per le selve.
        WuMing4 conclude la replica affermando “E cioè che non esiste una parola italiana in grado di rendere il groviglio di accezioni che Tolkien realizza con l’uso della parola Ranger nel suo romanzo, sfruttando tutte e tre le definizioni dell’OED, e che potremmo sintetizzare con “guerriero di frontiera girovago dall’aspetto di guardaboschi”. Questa sintesi del significato di ‘ranger’, però, nella quale WuMing4 tenta di riassumere tutte e tra le definizioni dell’OED non si attaglia e non ha nulla a che fare – WuMing può inventarsi tutte le definizioni che vuole – con il significato del sostantivo italiano ‘Forestale’.
        Aggiungo poi un’altra osservazione. Nel cap. 9 de ‘La Compagnia dell’Anello’ Tolkien scrive “In those days no other Men had settled dwellings so far west, or within a hundred leagues of the Shire. But in the wild lands beyond Bree there were mysterious wanderers. The Bree-folk called them Rangers, and knew nothing of their origin”. L’ultima frase – con il riferimento al fatto che gli abitanti di Brea non sapessero nulla della loro origine – chiarisce bene come ‘Ranger’ qui è usato nella prima accezione dell’OED, ossia ‘a rover, wanderer’ (‘girovago, errante’, quindi, giustamente, ‘ramingo’; e di girovaghi ed erranti ovviamente spesso non si conoscono le origini), come confermano anche Hammond e Scull nel ‘Reader’s Companion’. A proposito di questi WuMing4 afferma: “Hammond e Scull hanno ragione nel dire che riferito ad Aragorn e ai Dunedain del Nord «here has the sense ‘wanderer’», e proprio per questo suona ridicolo che l’oste della locanda di Bree definisca quelli che ai suoi occhi sono rozzi e loschi vagabondi come “Raminghi”. Contro-obiezione: se l’oste di Bree, nella nuova traduzione, è in grado di definire il pony della sua locanda come ‘inalberato’, termine tecnico impiegato in araldica per un cavallo impennato, rampante, sicuramente saprà (avrebbe saputo) anche il significato di ‘ramingo’ e impiegato un termine del genere. Resta poi il fatto che il sostantivo ‘Forestale’ in lingua italiana non ha nulla che fare con il vagabondare (a differenza di ‘ramingo’).
        Quanto poi al fatto che io “confonderei Alliata con Tolkien”, posso assicurare al Guglielmi che leggo ‘Il Signore degli Anelli’ (così come le altre opere di Tolkien) da molti anni in lingua originale e so valutare assai bene dove l’Alliata ha reso correttamente un passo o un singolo vocabolo, e dove non l’ha fatto; lo stesso vale per la nuova traduzione di Fatica. Ho soltanto constatato che la scelta di quest’ultimo, difesa con tanta veemenza da WuMing4, è semplicemente insostenibile alla luce della lingua italiana e del significato che al sostantivo ‘Forestale’ è stato attribuito almeno da duecento anni (e, ancor prima, al più antico ‘Forestaro’). In questo caso, seppur non pienamente soddisfacente, resta certamente preferibile il ‘Ramingo’ dell’Alliata, che rende esattamente la prima accezione di ‘ranger’, quella che senza alcun dubbio Tolkien attribuiva primariamente ai suoi ‘Rangers’.

  18. Triceratopo Volante ha detto:

    Qualcuno dica a Elrond Mezzelfo che non si scrive “WuMing4” ma “Wu Ming 4”. Alla faccia della precisione filologica…

    • Wu Ming 4 ha detto:

      Eh, ci mancherebbe che fossi così pignolo sulla grafia dello pseudonimo. Però a volte sono Wu Ming 4, a volte Guglielmi (a volte perfino con l’articolo “il Guglielmi”). Ci si decidesse come chiamarmi…

  19. Wu Ming 4 ha detto:

    Non c’è niente da fare, ha ragione Elrond Mezzelfo.

    Bisogna scrivere a chi redige i dizionari etimologici, a partire dal Treccani, e spiegargli che sono partito «dall’assunto totalmente gratuito e logicamente infondato (e contorto) della connessione etimologica tra il sostantivo “Forestale” e “foresta” per suffragare la definizione di “Forestale”» dalla quale dipenderebbero tutti i miei argomenti. Bisogna dire loro che sbagliano a sostenere che “Forestale” è un “agg. [der. di foresta]” e che significa “delle foreste”. Forestale e foresta non hanno nulla a che spartire, se lo mettessero in testa.

    Bisogna altresì scrivere a tutti gli scrittori viventi dicendo loro che non si sognino di usare parole in un’accezione diversa da quella consolidata – nemmeno in un contesto fantasy – come ad esempio faceva quel furbetto di Tolkien ricorrendo a significati secondari o obsoleti dell’OED, e che in particolare “Forestale” può significare sempre e soltanto “agente del Corpo Forestale dello Stato”, a prescindere dal contesto narrativo, perché «ciò che conta infatti è quanto hanno scritto e scrivono i linguisti e lessicografi italiani».

    Bisogna scrivere ai summenzionati redattori di vocabolari etimologici dicendo che sbagliano ad attribuire a “forestale” e “forestiero” la stessa radice, e cioè il latino “foris”, dal quale deriva la parola “foresta”, a sua volta derivata dall’espressione latina “forestis silva”, cioè “selva esterna”, dunque il significato originario di “foresta” è “che sta fuori”; e che “foresto/a” non è assolutamente un aggettivo arcaico per “forestiero/a”. Prendessero nota gli etimologi e correggessero i dizionari.

    Bisognerà infine far sapere a tutti i parlanti inglese della Gran Bretagna, degli Stati Uniti e del Commonwealth che sbagliano a chiamare “ranger” i guardaboschi dei loro rispettivi paesi, perché Tolkien non ha usato “ranger” in quell’accezione, dunque non si permettano di fare quell’associazione mentale.

    E ovviamente bisognerà scrivere a Tom Shippey dicendogli che ha ragione nell’accostare i “trapper” e i “deerslayer” delle foreste nordamericane ai Ranger tolkieniani, che certo non sono dei guardaboschi, e che WM4 sbaglia nel fare questa associazione. Questo anche se WM4 non l’ha mai fatta né ha detto che Bumppo è un guardaboschi, bensì lo ha definito «Scout dei boschi, cacciatore, guerriero, capace di sopravvivere nei territori selvaggi».

    Bisogna infine comunicare agli uomini del Capitano Faramir, prima costretti a «ramingare fuori dalla terra avita (l’Ithilien)» e poi intenti a presidiare l’Ithilien, che in italiano la definizione giusta per loro è “Raminghi dell’Ithilien” che significa quindi qualcosa come “Vagabondi scacciati dall’Ithilien che adesso vagano per l’Ithilien” [scherzi a parte, perché no? È un po’ contorto, ma in base alla ricostruzione di Elrond Mezzelfo, a senso ci potrebbe stare]. E già che ci siamo dovremmo spiegare loro che le tenute mimetiche verdi e marroni che hanno sono logore come quella di Aragorn, anche se la loro è la tenuta di un corpo militare, quasi un’uniforme e la sua un po’ meno.

    Dovremo inoltre dire all’oste di Bree che fa benissimo ad appellare quei loschi vagabondi con una parola «non così rara nella poesia italiana dei secoli passati», cioè appunto con un termine poetico: Raminghi. Ché se gli dicesse che vengono dalle foreste potrebbero offendersi parecchio. Del resto, se il pony sulla sua insegna si “inalbera”, perché lui non dovrebbe parlare forbito per dire male di qualcuno?

    Ma soprattutto bisognerà dire a Elrond Mezzelfo che sbaglia a “sconcertarsi”, “indispettirsi” e finanche “indignarsi” per un articolo come questo. Nel thread ci sono ben 48 commenti, quasi tutti argomentativi (tra cui i suoi), con perfino ulteriori proposte di resa per “Ranger”, e alcune niente male.
    Io stesso non ho sostenuto che “Forestali” sia la resa migliore, dato che non lo penso, ma ho scritto che avrei preferito Cacciatori. Altri hanno proposto “Rondieri”, che ha un suo perché (più di Forestali probabilmente). Eccetera. Non c’è nessun bisogno di inalberarsi, insomma. Quello lasciamolo fare ai cavallini.

  20. Giuspee ha detto:

    Non voglio fare l’avvocato difensore di nessuno, ma in effetti quello che secondo me manca alla disamina di Elrond Mezzelfo nella puntuale consultazione dei vocabolari è un’interpretazione semantica-culturale della parola “forestale” in relazione al sostantivo che l’ha generata, almeno per come è stata tirata in ballo nella prima accezione di “Ranger” nell’articolo qui sopra.
    Nel senso che l’etimologia, come già evidenziato, rimanda a quello, a un’accezione della foresta come luogo esterno e “altro” rispetto ai luoghi usuali del vivere civilmente e collettivamente, come può esser il villaggio di Bree nel caso della nostra opera. Basti pensare che il TLIO (Tesoro della Lingua Italiana delle Origini) alla parola foresta registra anche questo senso estensivo: “Luogo aspro e inabitabile, irto di pericoli.”. Insomma, si dovrebbe pensare in maniera più elastica e ampia l’accezione di questa parola per come la usa Fatica, a prescindere da ciò che attualmente registrano i dizionari d’italiano. Poi certamente si può continuare a preferire altro, ci mancherebbe.

    • Triceratopo Volante ha detto:

      Secondo Elrond Mezzelfo uno scrittore, prima di usare in un certo modo una parola, dovrebbe controllare sul dizionario se l’uso è accreditato e consueto e, se non lo è, rinunciare. Peccato che la letteratura possa e debba ALLARGARE la sfera del significato di una parola, innovare gli usi, e rifuggire il consueto.

      • Triceratopo Volante ha detto:

        Ecco, avevo l’impressione, forte, ma non mi veniva la parola, adesso mi è venuta: quello di Elrond Mezzelfo è lo scritto di un burocrate.

  21. Elrond Mezzelfo ha detto:

    Al di là dei toni beffardi che già qualificano da soli l’autore, mi preme chiarire un punto, che evidentemente WuMing4 (anzi no, per essere ‘filologici’, Wu Ming 4) ha abilmente ignorato nell’ultima replica. L’assunto totalmente gratuito che ho contestato è semplicemente questo: che il sostantivo ‘Forestale’ derivi in ultimo da ‘foresta’ (come è chiaro che sia) non vuol dire assolutamente niente, poiché quel sostantivo (anche nella forma più antica ‘Forestaro’ attestata nel dizionario del Tommaseo) ha sempre e solo indicato una guardia forestale, un guardaboschi, un ufficiale di una corte deputato al controllo dei boschi e della selvaggina di una determinata area. Questo è l’unico significato del sostantivo ‘Forestale’ contemplato in tutti i più importanti vocabolari e dizionari della lingua italiana. Ora, davvero si vuole far credere che i ‘Rangers’ di Tolkien fossero delle guardie forestali, dei guardaboschi? Quanto alla definizione “Forestale dunque è colui che viene da fuori, dai territori selvaggi, ed è egli stesso un selvaggio di cui è meglio diffidare”, non è contemplata da alcun dizionario e vocabolario italiano; essa al contrario corrisponde in parte alla definizione di ‘Forestiero’, che vuol dire tutt’altra cosa. Quanto a Tom Shippey, probabilmente Wu Ming 4 deve rileggere il passo della mia contro-replica, perché non l’ha capito. Io concordo perfettamente con l’insigne studioso inglese; dissento semmai dalle conclusioni di Wu Ming 4, che vorrebbe dar supporto e giustificare alla sua interpretazione del sostantivo ‘Forestale’ richiamandosi al personaggio di Natty Bumppo. Ma siccome il protagonista dei romanzi di Cooper può esser fatto ricadere solo sotto la prima e la terza accezione dell’OED (come in quest’ultimo caso è stato giustamente notato da Shippey), vuol dire che non può essere in alcun modo chiamato a supporto per tradurre i ‘Rangers’ di Tolkien come ‘Forestali’, nome che invece traduce solo e soltanto la seconda accezione dell’OED (‘a forest officer, gamekeeper’). Spero di aver chiarito una volta per tutte la questione.

    • Triceratopo Volante ha detto:

      Quanta incomprensione di cosa sia la letteratura in questa pedestre pretesa che scrittori (e traduttori) non lavorino sulle connotazioni delle parole che usano… In questo caso Fatica, con «forestale» propone la sostantivazione di un aggettivo che, secondo tutti i dizionari esistenti, significa «della foresta».

      «forestale
      fo|re|stà|le
      agg., s.m. e f.
      1834;

      AD
      1. agg. , della foresta; […]»

      Dal Dizionario De Mauro.

      Come nell’originale inglese c’è il rapporto con il “range” (spazio aperto, prateria etc), nella traduzione di Fatica c’è il rapporto con la foresta, intesa non solo come selva ma come esterno, come fuori.
      Più mi imbatto in esempi di inutili e astiose pedanterie e arrampicate di specchi da parte dei suoi detrattori ormai cronici, più Fatica mi risulta simpatico.

    • Wu Ming 4 ha detto:

      Abbi panzienza, Elrond Mezzelfo,
      ma vorrei farti notare alcune cose.

      Irritato, indispettito e indignato (parole tue) dal mio pezzo sui Forestali, hai deciso di confutarlo. Ma non l’hai fatto qui, dov’è stato pubblicato e dove se ne sta discutendo da giorni, bensì in altra sede. Questo significa che la tua intenzione non era discuterne con l’autore, ma con altri.
      Questo come ti qualifica?

      Hai concluso la tua critica con queste parole: «tirando le somme, se si ha un minimo di onestà intellettuale penso che, alla luce di tutte queste informazioni, si debba riconoscere che la traduzione “Forestale”/”Forestali” per “Ranger”/”Rangers” è semplicemente indifendibile».
      Hai cioè affermato che chi non si riconosce nelle tue argomentazioni è disonesto intellettualmente.
      Questo come ti qualifica?

      Seguiti a dire che io ignoro a bella posta il fatto che l’uso attestato per l’aggettivo sostantivato “Forestale” è esclusivamente quello che indica il “guardaboschi”. Ma io non lo ignoro affatto! Lo so bene. E ho replicato più volte che 1) il contesto narrativo può modificare questo uso, rifacendosi al significato letterale, cioè “della foresta” e 2) che anche in inglese “ranger” ha come primo significato “guardaboschi” e che la scelta di Fatica è stata quella di riprodurre questo effetto (scelta contestabilissima, ovviamente, ma allora parliamo di questo, non di etimi). Su questo seguiti a non replicare, ripetendo che io eludo l’obiezione, quando invece ho risposto ripetutamente.
      Questo come ti qualifica?

      Ti ho fatto notare che “ramingo” è un termine dell’italiano colto e della lingua poetica (tu stesso lo hai riconosciuto). Tutto il contrario di “ranger”, che invece è un termine di uso comune nell’inglese medio. E poiché questo è indiscutibile, ribatti che allora non andrebbe bene nemmeno “inalberato”. Ma qui stiamo parlando di Ranger. Un’altra volta, se vuoi, parliamo del cavallino inalberato.

      Ho riportato le parole di Tom Shippey, il quale dalla lettura dell’OED deduce che quando si parla di Ranger “There’s a strong association with forests”. Shippey dice questo a suffragio dell’idea che la terza definizione – non la prima, né la seconda – dell’OED sia quella che più si approssima ai Rangers della Terra di Mezzo, ovvero del fatto che i Rangers non devono per forza essere cavalleggeri (“mounted men”), ma appunto possano spostarsi e combattere a piedi, su canoe, lungo fiumi e nelle foreste. Ecco l’associazione con Bumppo, che io ho definito “scout dei boschi”, non guardaboschi. Dunque ho solo riportato il parere di Shippey circa la connessione tra i Rangers, Bumppo e le foreste. E ho fatto notare che anche la parola “forestale” ha a che fare con le foreste, dato che significa “della foresta”. Tutto qui.

      A conti fatti l’intera tua critica muove dall’assioma che l’uso di un aggettivo sostantivato possa essere soltanto quello attestato dai vocabolari e che se dico che nella Terra di Mezzo uno è un “Forestale” io non possa in alcun modo attribuirgli un significato diverso da quello di guardia forestale. Ma, come ti è stato fatto notare anche da altri, questo lo hai deciso tu, non è una legge scolpita nella pietra.

      Dunque perché inalberarsi tanto? Perché chiamare in causa l’onestà intellettuale altrui? Perché andare a discutere dove si trova più facilmente consenso, invece di farlo civilmente con il diretto interessato? Cosa ti avrò mai fatto, a parte scrivere un pezzo che non condividi?

      P.S. @Valerio. Meno male che volevo smetterla di parlare di Forestali! Hai ragione tu, è colpa mia, me la sono cercata. Pago dazio 😀

      • Triceratopo Volante ha detto:

        Questa incredibile pazienza verrà premiata.

      • Ekerot ha detto:

        Guarda, WM4, in realtà la discussione è bellissima. Anche se per te è stata sfiancante.
        Perché a partire da una parola ne viene fuori un mondo, ed è comunque interessante dato che ognuno di noi ci mette un elemento di soggettività ineluttabile, che ci fa pendere per un termine o per un altro (a partire dall’imprinting della prima volta).
        All’inizio del “La Via per la Terra di Mezzo”, Shippey riporta quest’idea per cui le parole sono come stalattiti, e guardandole bene ne puoi scorgere tutta la “vicenda”.
        Anche tentare di dare una propria traduzione è un esercizio (inutile quanto vogliamo) molto istruttivo, e sarebbe una bella lezione di Inglese da fare a scuola.
        Io, come ho spiegato sopra, sono legato a questo valore un po’ ombroso dei “Ranger”, gente che ispira un certo timore e dalle quali è bene guardarsi, e quando sono incappato in “Forestale” questa sfumatura mi è un po’ mancata. “Rondiere” non sarebbe male, ma è sembra una parola inventata – io non l’avevo mai sentita in vita mia.

      • Mattia ha detto:

        Wu Ming 4, trovo la discussione interessantissima e, a mio parere, convincente la replica di Elrond Mezzelfo. Quindi concordo almeno col finale nel quale dici che la nuova traduzione produrrà interessanti discussioni è un revival della ricerca. Io seguirò di lontano e mi godrò la lettura quasi da nuovo sperando escano in fretta gli altri due volumi.
        La tua contro-(contro-? Non si riesce a tenere il conto!) replica chiarifica bene la tua posizione, ma rimane intatto il nerbo dell’obiezione.
        1-il significato di “ranger” secondo i dizionari citati da Elrond Mezzelfo comprende “guardaboschi”, ma come significato già desueto
        2-“ranger” inoltre ha, come tutti riconoscete, ampio spettro di significati
        3-“forestale” aveva ed ha un solo significato, quello di “guardaboschi”.
        Ora il punto 1- è fondamentale in effetti perché se vero toglie l’analogia di effetto per il lettore comune inglese (all’uscita di ISDA) e italiano oggi. Inoltre “forestale” non contiene quella gamma di significati molteplici che “ranger” invece possiede. Ciò significa che mentre il lettore inglese doveva spaziare tra i significati presenti quello italiano dovrà re-inscrivere un nuovo significato nella parola. Si intende, niente di così impossibile, succederà cosí come tu o qualche altro (Norbert? Non ricordo) “profetizzava”. Però complessivamente direi che la conclusione che “forestale” non sia stata una buona scelta diventa davvero più verosimile – non scrivo “si impone” perché sarebbe un rafforzativo fuorviante: o si impone e cessa la “polemica” o se no inutile dire si imponga. Purtroppo le opposte partigianerie rendono difficile discutere serenamente (e copro con un mantello le origini della lotta attuale). Auspicabili saranno discussioni più sistematiche e generali sulla resa degli stili, ultimata la pubblicazione di tutta l’opera.
        PS: faccio palinodia su ciò che ho scritto sopra sulla “difesa di ufficio (prima su fb poi qui perché fosse visibile); non posso negare l’impressione, ma credo che ognuno debba fare sempre epoché da ciò che guasta la lettura serena di un testo e per me è stata dura e ho espresso al contrario un’inverificabile percezione.

        • Wu Ming 4 ha detto:

          Be’, Mattia, io l’ho scritto che non avrei tradotto Forestale. Perché – chissà mai che una buona volta io trovi l’occasione di dirlo e magari è proprio questa – non mi convince del tutto la ratio di Fatica. Capisco la sua scelta, e ho scritto l’articoletto filologico perché mi ci sono scervellato un po’ sopra e mi è parso, a torto o a ragione, che sia meno balzana di quanto mi era sembrata all’inizio, ma non significa che io la ritenga migliore di altre. Mi riferisco alla scelta di ricreare l’effetto dell’inglese moderno, dove i ranger sono le guardie forestali, e poi scoprire invece dal racconto che nella TdM sono un’altra cosa. Non sono convinto che sia la scelta più oculata.
          Questo mi distingue inevitabilmente da quelli che scherzosamente ho definito i “Ramingofili”. Perché loro hanno una certezza. Hanno la soluzione che ritengono essere il migliore compromesso in italiano. Io no.

          Se mi chiedi come avrei tradotto io, la mia risposta è “non lo so”. Perché una traduzione che mi convinca del tutto non l’ho ancora sentita. Sarà per questo che do per scontata la necessità di una risemantizzazione d’una parola d’uso comune come “Forestale”. Ma ti dirò che sarei pure tentato di aderire al “partito” di Peta, che suggeriva di non tradurre, dato che in fondo “Ranger” è entrato nell’uso italiano. Però poi mi viene in mente che qualora un italiano decidesse di aprire un vocabolario della sua lingua e controllare il significato della parola acquista dall’inglese “ranger”, leggerebbe:
          “1. Nei paesi anglosassoni esploratore, guardia forestale. 2. Durante la guerra d’indipendenza americana, nome dei cavalleggeri volontari; più recentemente , militare dei reparti di assalto” (Sabatini-Coletti).
          Il Treccani invece inverte l’ordine:
          “1. Militare appartenente, originariamente, a formazioni volontarie di cavalleggeri durante la guerra di indipendenza nordamericana, e in seguito a piccoli reparti speciali di assalto degli Stati Uniti d’America e, recentemente, di alcuni paesi alleati. 2. In Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Canada, ufficiale guardia di un parco o di una riserva naturale.”
          E così saremmo punto e a capo… 🙁
          Però almeno mi solleverei dalla responsabilità. Vuoi mettere? 🙂

      • Valerio ha detto:

        Mi associo a Ekerot (tra l’altro se le mie deduzioni sono esatte è pure mio omonimo 😉 ) nel dire che, al di là di tutte le inutili polemiche, la discussione è interessantissima.

        Penso che lo stesso Tolkien non sarebbe affatto dispiacito sapere che dalla traduzione di una singola parola da lui adottata nel SdA sia scaturita una tale discussione (il post su facebook, transposto in word dicono abbia raggiunto le 130 pagine).

        Già che ci sono lo scrivo anche qui: ho deciso che a me sarebbe piaciuta la traduzione “Randagio”: è l’equivalente di Ramingo in un linguaggio meno “alto”, rimanda a un che di selvaggio, ma anche al segugio (cane) e quindi alla sua capacità di seguire le tracce (caratteristica dei Ranger); infide portrebbe essere un nome adatto a un corpo specializzato di combattenti.

    • Peta ha detto:

      In effetti hai ragione, come osa definire ironicamente la tua replica un “attacco dei Ramingofili” ed ora addirittura avere toni beffardi?

      Alla fine nel dire la tua (altrove) hai solo sostenuto che non è disponibile al dialogo, disonesto, che difende una scelta per partito preso perché parte di quello che è un evidente complotto e… boh, un tot di altre cose, ho perso il conto. Ma tant’è non era evidentemente un attacco, ecco, definirlo tale “è da fascisti”. Un po’ come la Segre che “semina odio”, diciamo. Viviamo in tempi interessanti.

      P.S. Il bello è che la tua analisi avrebbe anche dei punti validi (non avevo io stesso nei primi commenti qui detto che proprio quell’associazione etimologica anche a me non convinceva appieno?).
      Ma ispirato dai tuoi toni così equilibrati e palesemente non frutto di alcun bias, ho deciso che d’ora in poi, ogni volta che rileggerò il SdA, Aragorn avrà per me il volto di Terence Hill. E così lo narrerò ai miei figli, anche se magari dovrò poi inventarmi qualcosa per spiegar loro perché alle volte lo si è visto accompagnarsi ad un certo beorniano che nei libri non compare…

      • Triceratopo Volante ha detto:

        Un giorno, quando ai lettori del SdA verrà raccontato che avete sollevato tutto questo ridicolo e sproporzionato polverone per il termine «forestali», passando mesi e mesi a contestare il termine come se fosse un attentato alla Nazione o che altro, sarà divertente vedere le loro espressioni prima di sbigottimento e poi di compatimento.

  22. Alberto ha detto:

    Non ho letto che l’articolo iniziale, e ho partecipato agli innumerevoli commenti su Fb riguardo ad esso (in certi casi ho l’abitudine di fare dei files word delle discussioni più interessanti, e nel caso specifico sono arrivato a 104 pagine A4), quindi non me la sento proprio di rileggere anche i commenti qui su AIST.
    Osservo allora sinteticamente che va bene la filologia, vanno bene tutti i significati rinvenibili di ogni parola, ma la base dovrebbe essere cosa il testo stesso permette di dire di quel termine. Che in questo caso è Rangers. Le citazioni principali di Rangers in cui si spiega in qualche modo il perché del nome sono due, una per il Nord e una per il Sud (quest’ultimo è l’unico brano in cui si parla di chi sono i Rangers del Sud) della TdM.

    Nord, già citata nell’articolo iniziale.
    “«He is one of the wandering folk – Rangers we call them. […] But if I was in your plight, I wouldn’t take up a Ranger» (FR, I. IX).”
    Qui i Rangers sono estremamente affini all’accezione 1. gente che ‘vaga’ nei dintorni di Brea. E dagli annali si può cogliere che il termine va bene per i Dunedain, se viene detto: ‘When the kingdom ended the Dúnedain passed into the shadows and became a secret and wandering people, and their deeds and labours were seldom sung or recorded. Little now is remembered of them since Elrond departed.”

    Sud, non ricordo se è stato citato nell’articolo principale.
    “After a while he spoke to them; but they were slow and cautious in answering. They named themselves Mablung and Damrod, soldiers of Gondor, and they were Rangers of Ithilien; for they were descended from folk who lived in Ithilien at one time, before it was overrun. From such men the Lord Denethor chose his forayers, who crossed the Anduin secretly (how or where, they would not say) to harry the Orcs and other enemies that roamed between the Ephel Dúath and the River.”
    Qui, si distingue il fatto che si tratti di soldati di Gondor, dal fatto che appartengano ad un popolo che un tempo abitava nell’Ithilien (tramite il FOR); e dagli annali si può vedere che si tratta di un abbandono quasi completo già 100 anni prima per andare ad ovest dell’Anduin o Far Away, non molto dissimile dal wandering, e comunque un popolo sradicato dalla sua terra. E non vi è alcun tono negativo, neppure di diffidenza.

    Aggiungo che il tono negativo riguardo a come i Breani vedevano i Rangers del nord è molto leggero, si tratta più che altro di diffidenza, mista anche a qualche sorta di ammirazione; e se si tiene conto del fatto che Raminghi è in pratica una sorta di neologismo, dato che è un aggettivo sostantivato dal traduttore, anche il tono leggermente negativo non credo dovrebbe creare problemi nell’uso del termine ramingo.

    • Peta ha detto:

      Io ho solo una domanda: perché si evita sistematicamente di citare tutte le ricorrenze in cui Rangers viene usato? E torno a sottolineare: usato più volte da personaggi diversi ma sempre – sempre – con una rigorosissima maiuscola.

      Altro esempio, infatti: “Lonely men are we, Rangers of the wild, hunters – but hunters ever of the servants of the Enemy, for they are found in many places, not in Mordor only”. E qui parla Aragorn stesso, di quale sia l’accezione (più o meno diffidente) del popolo di Brea gli frega poco, e decisamente quella che usa lui in questo frangente poco pare avere a che vedere con quella del “nomade”, del ramingo, e molto più con quella del soldato/cacciatore impegnato in terre selvagge.

      Ma il punto – che in troppi sottovalutano – è che non si parla mai di “rangers”, bensì sempre e SOLO di “Rangers”. Con la maiuscola, come suddetto. Significa che è un nome proprio. Un titolo. Ed in quanto tale, ci si può scannare quanto si vuole nel trovare tesi che avvalorino di volta in volta più l’una o l’altra accezione, ma i titoli propri non necessariamente rispecchiano al 100% l’etimo da cui derivano, e questo più è vero più il tempo passa dal conio di un termine. EX: i Carabinieri continuano a chiamarsi tali benché non portino più le carabine.

      Poco importa insomma se abbia ragione chi nella parola inglese “ranger” ci vede un 55% di significato errante, o chi ci vede un 62% di significato armigero: la parola ed il suo uso non sono quelli. Stiamo parlando dei Ranger della Terza Era, non di ranger inglesi o americani.

      Cosa significa questo? Che è dunque perfettamente verosimile e presumibile – tanto per fare un esempio – che tale titolo nasca come appellativo per il popolo “esule”, senza più patria, dei Dunedain sin dalla caduta di Arnor. In accezione dunque “raminga”. Col progressivo declino di tale stirpe, tanto che ne restano solo gruppetti sparuti e neppure si può più parlare di “popolazione” vera e propria, questo titolo diviene sinonimo di ciò che di essi è rimasto, per l’appunto esclusivamente o quasi un gruppo in arme di “nostalgici” che mantengono memoria degli antichi fasti della loro stirpe, e lo fanno attraverso la belligeranza verso il Nemico.
      Il che, guardacaso, si sposa perfettamente anche con quell’uso che sottolinei nel caso dell’Ithilien: così come per i discendenti di Arnor, il titolo naturale da applicare nel duplice (ma in questo caso più contemporaneo) significato è ovviamente Rangers anche lì.
      Il tutto fisiologicamente (e nient’affatto a caso) permesso dall’ampiezza di significato del termine ranger, minuscolo.

      Ne consegue una cosa: che a conti fatti, in quanto titolo proprio e non un “sostantivo descrittivo”, fintantoché ci metti la maiuscola Ramingo, Forestale, Ranger, Rondiere, Cacciatore, whatever: è pressoché impossibile stabilire oggettivamente quale sia “migliore”, poiché trattasi di immaginare un’evoluzione linguistica di cui il materiale originale non ci racconta esplicitamente nulla. Anzi, l’unica cosa che ci racconta è proprio una conferma di ciò: che il termine è talmente ampio ed aperto ad interpretazioni multiple, che per gli abitanti di Brea lo si può pronunciare con un certo tono di diffidenza, come parlassero di individui che sospettano possano esser mezzi briganti, mentre Aragorn lo può pronunciare con “orgoglio militare”.

      Al massimo possiamo scannarci sull’indovinare a cosa TOLKIEN avesse pensato “al 55%” quando ha scelto Rangers proprio per questa palese ampiezza di utilizzo necessaria alla resa cercata, ma se anche vi fosse modo di stabilirlo con sicurezza (e non c’è), ne risulterebbe comunque un’importanza per l’economia della narrazione esattamente pari a zero.

      Tutto, quindi, dulcis in fundo si riduce a “cosa PER ME rende meglio l’impressione dei Ranger che io stesso ritengo più importante sottolineare, in assenza di un termine altrettanto ampio in italiano”. Ossia, ci stiamo scannando sul nulla, sul gusto personale. Al massimo, per l’appunto, l’unica discussione sensata è sulla resa di un termine piuttosto di un altro nella lingua di destinazione, in questo caso la critica a Forestale, sotto il piano dell’adattamento, ci può stare. Ma il buffo è che tale argomentazione si può fare quasi del tutto scissa dal contenuto del romanzo, perché del resto questo è: in gran parte un altro discorso.

      Insomma, a conti fatti si sta ancora una volta si sta tirando Tolkien per la giacchetta per discutere di altro.

      • Alberto ha detto:

        Concordo, sul fatto che il gusto personale ha un ruolo preponderante in certe scelte, e che l’analisi di un termine non può esulare dal testo de ISdA che ne crea il contesto. E che tutto nasce dalla polivalenza del termine in inglese, che in italiano non ha una traduzione univoca.
        Ciò non toglie che alcune valutazioni oggettive sui possibili ‘candidati’ non si possano fare, partendo sempre però dal testo come si presenta al lettore. E in questo senso evidenziare le debolezze e i punti di forza dei vari usi, non vedo perché significhi tirare per la giacca Tolkien e discutere di altro. Se si discute di Ranger, dell’uso che se ne fa ne ISdA (quindi senza scindere la traduzione dal contenuto del romanzo), e delle possibili traduzioni in italiano, si fa un lavoro ammissibile e rispettabile. Basta farlo con rispetto ed evitando le assolutizzazioni.

        • Peta ha detto:

          Certo, e infatti ti spiego, prendendo ad esempio un altro caso che mi è capitato di discutere in un’altra – interessante e per fortuna almeno finché non ci sarà il corrispettivo ufficiale di un traduttore da attaccare o difendere, molto più leggera – chiacchierata, riguardo a come tradurre Eowyn la “shieldmaiden”.

          Anche lì ci si è infognati sul fatto che, pur trattandosi pressoché di un neologismo tolkieniano (vi sarebbero stati altri corrispondenti preesistenti e più precisi infatti, cioè Shield-may), derivi direttamente, è ovvio, dal nordico skjaldmær, e in tanti a sperticarsi a trovare come meglio rendere skjaldmær: scudiera? Fanciulla d’arme? Vergine guerriera? (il terzo appellativo è quello che, benché sia quello che troverei meno adeguato, è suggerito come alternativa nel famoso elenco degli “errori”).

          E lì ho sottolineato una cosa che mi pareva sfuggire: a noi non ce ne deve fregare molto di tradurre skjaldmær. Noi dobbiamo tradurre shieldmaiden (minuscolo: anche in questo caso è importante che il termine sia minuscolo o maiuscolo, perché può fare la differenza fra una descrizione generica ed un presunto titolo proprio della società Rohirrim), *lo shieldmaiden tolkieniano*, e rendere il più verosimilmente possibile il significato e l’accezione d’uso che quel termine ha all’interno del SdA. È chiaro che l’etimologia è indispensabile a comprendere appieno la scelta lessicale di Tolkien, ma è altrettanto evidente che Eowyn *non è* una skjaldmær come quelle della mitologia norrena (di cui nessun contemporaneo dubita, anzi in genere sono leggendariamente temute, come ad esempio Hervor lo è addirittura sin dalla nascita) – o almeno riconosciuta tale – sino al Pelennor: dove dimostrerà quelle qualità che nessuno attorno a lei aveva sino a quel momento preso sul serio, trattandola come una ragazzina che vuole “giocare a fare la guerriera”.

          Però così ella si autodefinisce ben prima, anzi proprio quando lamenta di come nessuno la prenda sul serio come tale. Ne deriva un problema, dunque: una traduzione forse più direttamente rappresentante delle skjaldmær, altisonante come “vergine guerriera” (ma anche “fanciulla d’arme”, come è stato usato un paio di volte nell’Alliata, non scherza) nell’economia della narrazione rischia di apparire un po’ troppo ridicola, esagerata, sin patetica. Ben più patetica di quanto dovrebbe, pur essendovene una ovvia traccia in passaggi che debbono trasmettere al lettore, con meccanismo identificativo, proprio la frustrazione di Eowyn che si sente in trappola, ignorata.

          È la ragione che farebbe propendere me personalmente per l’adattamento in “scudiera”, questo ben consapevole che si tratterebbe di un adattamento etimologicamente meno preciso. Ma – oltre ad avere il vantaggio della scorrevolezza ed assonanza – meglio renderebbe secondo me la verosimiglianza del contesto, grazie ad una certa ampiezza di significato, facendo sembrare meno ridicolmente presuntuosa lei (aspirante guerriera, proprio come i “nostri” scudieri, giovani nobili in addestramento e non ancora non riconosciuti come cavalieri titolati) quando si definisce tale, e meno necessariamente uno “sfottò” quando sono altri a chiamarla così.

          Ma questa divagazione nello specifico – ed a maggior ragione quale sarebbe la mia preferenza – non è importante qui, se non a ribadire un concetto: non stiamo traducendo i ranger dell’esercito di Sua Maestà, i ranger guardiaparco/guardiaboschi o quelli texani, stiamo traducendo i Ranger Dunedain. Ed anch’essi, proprio come la “shieldmaiden” Eowyin non è esattamente una skjaldmær, non sono propriamente i “nostri” ranger: Tolkien ha preso in prestito alla realtà un meraviglioso termine ricco di sfumature e differenti significati, e l’ha usato in maniera inevitabilmente un po’ diversa per un analogo (e per questo molto azzeccato e verosimile) molteplice uso nel suo setting fittizio. Questo significa che possiamo fare la stessa cosa, nell’obiettivo di perfezionare una traduzione: è lecito forzare (ovviamente nei limiti del buon senso), adattare ad un significato parzialmente diverso e/o meno comune e/o più ampio di quanto strettamente preteso dall’etimologia, un lemma che può secondo noi funzionare in maniera analoga a come ha funzionato l’originale. L’ha fatto Tolkien, perché non dovrebbe poterlo fare chi ne cura l’adattamento? Come spesso mi è capitato infatti di ripetere, ci si dimentica troppo spesso che traduzione ed adattamento non sono la stessa cosa, ed una traduzione va anche adattata.

          Le conclusioni sono le stesse di prima: si finisce a poco più del gusto personale, a una questione di percezione (vuoi individuale o di massa: è innegabile che “Forestale” funzioni poco felicemente proprio nella larga percezione del lettore medio: poi che abbiano “ragione” o meno, se mai anche fosse possibile stabilirlo “scientificamente”, conta davvero poco).
          “Ramingo” coglie sicuramente in pieno una delle più forti accezioni con cui è usato “Ranger” nel SdA, e sta al lettore accettarlo in una forzatura (ma neppure poi troppo, essendo pressoché un neologismo senza equivalenti esterni, e per di più appunto coadiuvato da quella maiuscola titolare), che pretende sia valido anche per le altre forti accezioni presenti nel SdA come quelle belliche/di vigilanza (giacché, de facto, nella narrazione vera e propria noi incontriamo solo “soldati erranti”, nessun “civile nomade”, se non proprio quella giusta menzione della distinzione che sembra esservi in quel passaggio sull’Ithilien).
          “Forestale” idem, solo a punto di partenza ed arrivo della forzatura pressoché opposto. Si tratta sempre di prendere in prestito un lemma (o pressoché coniarne uno) e dargli un significato leggermente diverso all’interno di un contesto diverso da quello reale.

          Lecito poi discutere su quale ci appaia più verosimile in quel contesto (e al di là della ricezione difficile di “Forestale”, da questo punto di vista pure io trovo appunto più verosimile che sia nata prima l’accezione “esule”, quindi “raminga”, e che solo in un secondo tempo abbia acquisito quella più esclusivamente armigera di quei pochi rimasti sul finire della Terza Era, che non il percorso opposto); quella che ci appare più credibile “in Ovestron”, nel nostro Ovestron, ma per sostenere una tesi in tal ambito l’etimologia esterna al contesto romanzesco è valida, certo, ma risolutiva solo sino a un certo punto. Perché noi parliamo italiano, ed Ovestron e italiano, anche laddove il primo è reso con il secondo, non sono necessariamente la stessa identica cosa, così come non lo sono Ovestron e inglese nel romanzo originale: hanno alle spalle una storia differente, le lingue non nascono dal nulla ma anche se non soprattutto dal contesto storico in cui si sviluppano e si modificano nel tempo, e dunque il parallelismo non potrà mai essere (né dovrebbe esserlo) preciso al 100%.

          Ecco perché dunque io rimango più favorevole al mantenimento dell’ormai acquisito in italiano “ranger” (forzatura per forzatura, tanto vale ormai prendere in prestito lo stesso “adattamento”, la stessa “forzatura” già utilizzata da Tolkien), e vabbè, chissene della preferenza mia, ma soprattutto perché tanti dei paralleli fatti a sostegno dell’una o dell’altra tesi finiscano col lasciare il tempo che trovano.

          Ed è anche la spiegazione di quel “tirare la giacchetta”: non fanno altro che spostare il piano della discussione, distorcerlo, per nascondere quel poco che di davvero concreto c’è alla base di tutta la querelle: la preferenza personale (non solo dell’uno o dell’altro lemma, ma proprio dell’aspetto prediletto degli altrimenti multisfaccettati Ranger), e, lo sappiamo, molto spesso un certo bagaglio di simpatie ed antipatie preesistenti. Solo che che è difficile far valere la propria preferenza bellicosamente armati di dizionario.

          Buona parte di tutto questo polverone, inutile nascondercelo, ha ben poco a che vedere con Raminghi e Forestali: quelli sono solo una facile scusa per alzar l’arme contro la fazione avversa da ben prima che di Fatica si fosse mai sentito parlare.

          Wu Ming – è vero quello che dice sotto di noi Muti – non fa proprio uno “studio” filologico: si limita a gettar luce su alcuni risvolti del termine forestale che, al di là dell’infelice corrispondenza diretta con il corpo delle Guardie, mostrano che secondo lui non è una scelta poi così assurda per fare quella “forzatura” di cui parlavo sopra. Ed è una risposta più che sufficiente ai “meme”, insomma, all’ilarità più o meno comprensibile del lettore medio: finirebbe tutto lì, sappiamo perché Forestale fa ridere a molti e non ne facciamo una tragedia, e anche grazie al pezzo di Wu Ming sappiamo pure perché a voler ben guardare comunque non è neppure così troppo campato in aria come può apparire di primo acchito, si può essere d’accordo con ambedue le posizioni senza che ciò sia un ossimoro.

          Il problema è che arrivano costantemente anche critiche, dizionario alla mano come una bibbia (quando non fantasiose reinterpretazioni proprio della lingua inglese a proprio uso e consumo) e basta, che omettono tatticamente tutto il resto ed il buon senso, e non certo in difesa della libertà dei “meme”, del lettore medio, di ridere.
          Non sto parlando di te, eh, che anzi fai proprio un ragionamento sulle mie stesse basi: rileggendomi mi sono reso conto di esser parso un po’ piccato in apertura, non era certo mia intenzione nei tuoi riguardi, bensì piuttosto generale sfinimento che mi si è solleticato nel leggere una tesi che ha assolutamente ragionevolezza e nella quale mi rispecchio più che in parte, ma che omette coincidentalmente altre citazioni che invece sarebbero più “scomode” nel sostenerla nelle conclusioni. E mi sei capitato sempre per coincidenza tu ad offrirmi un là per questo mezzo “sfogo” generale, in quanto un certo “mezzelfo” si è dato alla macchia del DFE.

          Queste a cui mi riferisco sono critiche faziose che mostrano o malafede o la totale ignoranza di ciò che è davvero un’opera narrativa, non solo quella Tolkieniana. Di Tolkien e dei Ranger non gliene frega niente se non in funzione di ben altri risvolti: vogliono solo dimostrare che Fatica “è in errore” a priori. Non è altro che una scusa per, appunto, parlare fra le righe d’altro, cercando di delegittimare una controparte (reale o maniacalmente percepita) nel famoso e più annoso tiro alla giacchetta di Tolkien che ben conosciamo. E naturalmente non puoi delegittimare qualcuno perché “non gli piacciono le stesse cose che piacciono a te”: devi poter sostenere che “sbaglia! Nero su bianco!”. E giù di tiro a quella povera giacca.

          Oh, e beninteso: non sono mica solo i “Ramingofili” a cui mi riferisco, la cosa va anche in senso opposto. Nelle cento e passa pagine che ti sei salvato, se non ricordo male ce ne sono probabilmente due o tre in cui ci sono anche io che strippo di fronte a uno che ha deciso che “per gli inglesi Ranger vuol dire guardaboschi e basta, fine, perché lo dico io”.
          Vuoi vedere, mentre ora il confronto è perfettamente neutro e cordiale, con nessuno che si straccia le vesti per alcuna delle proposte possibili, come potrebbe diventare un caso biblico ciò che Fatica sceglierà per quel succitato shieldmaiden? Improvvisamente, dizionario alla mano, quella proposta potrà per qualcuno esser diventata “inaccettabile”, “un evidente errore”, per non dire di peggio. Se c’è chi riesce a parlare di complotto partendo da un termine “neutro” come Forestale, figurati cosa potrebbe succedere per un appellativo in cui si potrebbero verosimilmente voler leggere (con malizia di cui decisamente non c’è scarsità) implicazioni femministe… Eru ce ne scampi.

  23. Dario Muti ha detto:

    Avendo letto il titolo da newsletter, ho immediatamente aperto il link aspettandomi l’oggetto promesso: uno studio filologico, magari opportunamente collocato.

    Mi sono trovato a leggere un simpatico articolo, che può essere definito in molti modi. Nessuno di questi modi è “studio filologico” se intendiamo rispettare l’uso corrente delle parole. In particolare, intendo: con degli studi filologici si può fare un’abilitazione scientifica nazionale, e vincere una cattedra a concorso di filologia.

    In senso ampio, l’argomento di cui si tratta è parzialmente assimilabile alla filologia. Tuttavia, se io dovessi scrivere “Mi pare che la scelta di tradurre forestale sia molto solida” sarebbe piuttosto bizzarro da parte mia pretendere che questa tale esternazione sia valutata come considerazione ingegneristica. Non è solo l’argomento a fare la scienza – o disciplina – che dir si voglia. È, soprattutto, il metodo.

    Se qualcuno avesse l’ambizione di produrre uno studio filologico, sarebbe bene che considerasse non una lingua ma una famiglia (o più) di lingue e pubblicasse testi corredati da ampia bibliografia (le mail all’olimpico Shippey non contano, purtroppo, e dai dizionari al massimo si parte), possibilmente in una collocazione che garantisca al lettore di fruire un testo che è andato incontro a processo di peer review.

    La interessante ed intelligente (temo però unilaterale, per forza di cose) spigolatura sulla scelta di tradurre il “ranger” tolkeniano con “forestale”, prima di diventare uno studio filologico, deve quindi percorrere una lunga e ardua strada.
    Peraltro, bizzarra la scelta di non risalire oltre l’inglese, quando sappiamo che la scelta delle parole in Tolkien non prescindeva da considerazioni filologiche (in senso accademico, stavolta).

    Ora come ora, questo articolo difende la (legittima!) scelta di Ottavio Fatica da obiezioni presenti (stando a quanto si legge nelle prime righe) in alcuni meme. Fra i due oggetti (studio filologico e difesa da meme) c’è un bel salto.

    Confondere le due imprese intellettuali – non che una sia meno nobile dell’altra – potrebbe dare una brutta immagine dell’autore o dell’Associazione Studi Tolkeniani (da cui ci si potrebbe aspettare, fra l’altro, patrocinio a certi studi filologici). D’ora in poi si dovrebbe prendere con le pinze la parola “studio” sulla vostra newsletter? È un peccato, perché chi vi segue da tempo sa che dall’Aist nasce o passa tanta buona saggistica.

    Concludendo: delle virgolette attorno a “studio” avrebbero dato l’effetto opportuno.

    Forse è il caso di rifletterci su.

  24. Wu Ming 4 ha detto:

    Vorrei ringraziare Peta per la sua riflessione, che condivido.
    Ed è giusta anche la precisazione di Dario Muti: il sottotitolo del mio pezzo non è azzeccato. In effetti il file si intitolava semplicemente “Aragorn il Forestale”, non mi ero preoccupato di specificare alcunché. La redazione ha ritenuto di metterci un sottotitolo. Tanto più che non ho mai avuto l’ambizione di produrre uno studio filologico, non essendo un filologo. Del resto non credo che un titolo fuorviante basti a mettere in discussione l’approccio dell’Aist, e anni e anni di “buona saggistica”, appunto. Dopodiché, per carità, ci si può appigliare a qualunque cosa, per mettere in discussione chi ci sta antipatico… ma quel piano non mi interessa, tanto meno mi scalda il cuore.

    Proprio perché il mio non è uno studio filologico, non voleva nemmeno essere una petizione a favore della resa di “Ranger” con “Forestali”. Perché – filologia o no – le ragioni di una scelta traduttiva sono molteplici. Infatti io ho scritto che non avrei tradotto Forestale. Perché – chissà mai che una buona volta io trovi l’occasione di dirlo e magari è proprio questa – non mi convince del tutto la ratio di Fatica. Capisco la sua scelta, e ho scritto l’articolo perché mi ci sono scervellato un po’ sopra e mi è parso, a torto o a ragione, che sia meno balzana di quanto mi era sembrata all’inizio, ma non significa che io la ritenga migliore di altre (e l’ho detto più di una volta in questa discussione). Mi riferisco alla scelta di ricreare l’effetto dell’inglese moderno, dove i ranger sono le guardie forestali, e poi scoprire invece dal racconto che nella TdM sono un’altra cosa. Non sono convinto che sia la scelta più oculata. Tuttavia bisogna prendere atto che dalla risemantizzazione non si scappa, come dice Peta.

    Dopo questa lunga discussione, se mi si chiedesse come avrei tradotto io, la mia risposta è ancora “non lo so”. Perché una traduzione che mi convinca del tutto non l’ho ancora sentita e forse non c’è. Tanto che sarei pure tentato di avallare la preferenza del medesimo Peta, che suggeriva di non tradurre, dato che in fondo “ranger” è una parola ormai comprensibile anche nell’italiano parlato. Fatto salvo che qualora un italiano decidesse di aprire un vocabolario della sua lingua e controllare il significato della parola acquisita dall’inglese, leggerebbe cose tipo:
    “1. Nei paesi anglosassoni esploratore, guardia forestale. 2. Durante la guerra d’indipendenza americana, nome dei cavalleggeri volontari; più recentemente , militare dei reparti di assalto” (Sabatini-Coletti).
    oppure:
    “1. Militare appartenente, originariamente, a formazioni volontarie di cavalleggeri durante la guerra di indipendenza nordamericana, e in seguito a piccoli reparti speciali di assalto degli Stati Uniti d’America e, recentemente, di alcuni paesi alleati. 2. In Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Canada, ufficiale guardia di un parco o di una riserva naturale.” (Treccani).
    Niente di molto utile a definire i Rangers della Terra di Mezzo. Insomma il lettore italiano deve comunque risemantizzare quel “Ranger” con la maiuscola, come dice Peta. Quindi torniamo alla necessità di fregarcene della filologia e risemantizzare una parola esistente: Ramingo, Forestale, Rondiere, Cacciatore, ecc.
    Dunque sì, i fattori di preferenza e sensibilità finiscono per essere determinanti, c’è poco da fare.

    • Alberto ha detto:

      Anche io a suo tempo, durante una delle tante discussioni su Fb, con Norbert Spina in quel caso, avevo condiviso, data la difficoltà oggettiva della traduzione del termine (che ribadisco anche io, per quel che vale, non ha il benché minimo senso utilizzare per criticare tutta la traduzione, o Fatica come traduttore), l’ipotesi Ranger non tradotto. Ed infatti nell’incontro con Fatica, avvenuto qui a Piacenza (alla biblioteca Passerini-Landi) sulla sua traduzione, in cui gli avevo fatto appunto un’osservazione sulla rinuncia a Ramingo (sulla quale non ha preso posizione in quell’occasione), avevo fatto l’ipotesi della ‘non traduzione’; ma lui in questo è stato categorico: non si poteva non tradurre.
      Che dire… le discussioni, ribadisco ancora, non sono state inutili (eccettuate quelle cadute nella critica fine a se stessa, o addirittura nelle offese degli interlocutori, se ce ne sono effettivamente state), ed un carattere di oggettività ce l’hanno, ammp; inoltre, mi hanno permesso di vedere all’opera il metodo ‘falsificazionista’ di Popper, molto efficace per mettere a punto gli elementi a favore e a sfavore delle singole ipotesi di traduzione. Credo che sarebbe possibile fare uno schema esaustivo sui pro e contro di una o dell’altra traduzione, ma per farla bene, andrebbero considerate tutte le occorrenze di Ranger in TLotR, valutandole per esempio: prima di tutto secondo il significato interno al romanzo (magari anche facendo qualche sorta di gerarchizzazione dell’importanza delle singole occorrenze), poi secondo i significati in inglese in genere del termine, e poi secondo i significati delle singole proposte nella lingua italiana… lavoro da tesi di laurea forse… auguri a chi sarà tentato di farla.
      Per parte mia, non posso che essere grato, per quanto vale sempre la mia gratitudine di semplice appassionato di Tolkien, della ricchezza di molti degli interventi sul tema, che per quanto estremamente ristretto, mi è stato di stimolo per gustare il piacere di una ricerca che mi ha ancora più fatto affezionare a Tolkien e al SdA.

  25. Pábitel ha detto:

    Salve,
    volevo segnalare che a Radio 3 nella trasmissione “Qui comincia” questa settimana si è parlato delle due traduzioni, presentando l’ uscita del secondo volume.
    Per quel poco che ho potuto ascoltare la comparazione è stata abbastanza “cerchiobottista” (A ha tradotto così, B invece colà, entrambi han fatto bene perché on inglese il significato è più o meno questo). Ripeto, non ho ascoltato per intero le puntate.
    Mi permetto di esprimere un pensiero mio sulla questione Ramingo vs Forestale.
    L’accezione Ramingo l’ho sempre ricollegata ad una visione di Aragorn che non accetta ancora pienamente il suo ruolo di erede di Isildur. Come se si nascondesse, o non ritenesse di avere la forza per sostenerlo. Mentre Forestale implica di più una figura “d’ordine” (scusate il termine) , purchessia nell’ombra, e in attesa.
    E comunque, essendo passato parecchio tempo tra le letture non vorrei che Mr. Bad Taste mi avesse influenzato.
    Saluti silvani.

  26. Valen ha detto:

    Non se faccio cosa lecita e gradita, oppure no (e in tal caso mi scuso), perché sono consapevole che questo mio commento può essere considerato un po’ off topic… ma a proposito di traduzioni più o meno complesse nel Signore degli Anelli, io ho sempre detestato, da quando l’ho letto per la prima volta a 15 anni fino ad oggi, la traduzione di “halfling” in “mezzuomo” in quella vecchia.
    Ora, siccome –ling è un suffisso anglosassone che indica derivazione e discendenza, io avrei optato per “mezzoide”, usando un suffisso italiano che ha la stessa funzione e che suona anche un po’ dispregiativo come vorrebbe essere il termine originale; e soprattutto rimane applicabile, come l’originale, a entrambi i sessi, ovviando all’imbarazzo di un’impossibile resa al femminile, per cui una hobbit sarebbe dovuta essere una mezzadonna o una mezzuoma…
    Non so quale sia stata Fatica la scelta di Fatica in merito, e chiedo a qualcuno di voi che abbia già letto la sua traduzione di illuminarmi, grazie.
    Scusate la digressione.

    • Wu Ming 4 ha detto:

      Non sono convinto che “mezzoide” sia la resa migliore, sai? Il suffisso italiano “-oide” sta per “simile a”, o ancora meglio “dall’aspetto/forma simile a”. Antropoide, umanoide, romboide, celluloide, ecc.
      Dunque “Mezzoide” significherebbe “simile a mezzo”, “dalla forma simile a metà”, che è un bel po’ sfuggente come significato.

      Fatica ha tradotto “Mezzomo”, quindi praticamente come Alliata (secondo me con un occhio anche alla parola scozzese antica, che sta per “non del tutto cresciuto”, mi pare). La sfumatura dispregiativa c’è: se un omone fatto e finito ti dà del mezzuomo certo non ti sta facendo un complimento.
      È vero che nel caso di una hobbit femmina a rigor di logica bisognerebbe cambiarlo in “Mezzadonna”, ma, al di là del fatto che non ci sono occorenze del genere nel romanzo, in effetti non sembrerebbe un problema così grosso:
      Hobbit maschio = Mezz(u)omo.
      Hobbit femmina = Mezzadonna.

      • Paolo ha detto:

        Tra l’altro, il problema di una ipotetico “corrispettivo femminile” di mezzuomo non si pone affatto.
        I”mezzuomini” sono l’intera categoria degli hobbit, la “specie”, si potrebbe dire.
        Quando diciamo che “l’uomo comparve sulla Terra 2 milioni di anni fa”, è ovvio che si intendono sia maschi che femmine;
        “uomo” può indicare un singolo individuo maschio, certo, ma anche “il genere umano” in quanto tale, contrapposto ad altri abitanti del pianeta. (Altro esempio la “Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo”: ovvio, anche delle donne!)
        Mi pare sia questo il caso di “mezzuomo”. Ipotizzare una “mezzadonna” mi pare inutile, se si è compreso il contesto

        • Valen ha detto:

          Secondo me invece qui il contesto è proprio il contrario. Quando nel SdA si dice “Il mezzuomo è in cammino” non si intende il genere universale hobbit, ma quell’hobbit specifico, cioé Frodo. Come sei io dicessi “Sta arrivando il nostro uomo”.
          Se Frodo fosse stato femmina, “halfling” non poteva essere tradotto “mezzuomo” (o “mezzomo” secondo Fatica).
          Quindi tu qui come l’avresti tradotto?

          • Savio Sacconi ha detto:

            Io l’avrei tradotto in mezzuomo punto e basta.

          • Paolo ha detto:

            Non ho capito per quale motivo un termine non vada bene sulla base di un’ipotesi inesistente. “Se Frodo fosse stato femmina” non ha senso come motivazione per escludere “mezzuomo”.
            Se cominciamo a campare in aria supposizioni, dovremmo cancellare tutto, perchè l’italiano è una lingua con 2 generi e TUTTO viene SEMPRE declinato, l’inglese invece non declina: “quel cane è bianco” è declinato, so subito che è maschio, altrimenti sarebbe “quelLA cagnA è biancA”; nella stessa frase in inglese “that dog is white”, se non viene specificato altrove potrebbe anche essere una femmina.
            Questa, è una differenza strutturale tra le due lingue. Nell’universo Tolkieniano Frodo e tutti coloro che vengono chiamati “halfling” nella durata del testo, sono maschi; quindi “mezzuomo” ci può stare come termine per indicare “la gente piccola”.
            NON bisogna assolutamente cercare a tutti i costi che il termine sia adatto alle femmine, perchè quelle femmine specifiche, nella storia, NON compaiono.
            Tra l’altro, il gioco linguistico basato sulla libertà di scelta tra “uomo”=”maschio” e “uomo”=”genere umano”, è proprio tipico del S.d.A.. Facci caso: senza questo gioco terminologico, lo scontro tra il Re Stregone e Eowyn sarebbe andato a finire ben diversamente.

  27. Valen ha detto:

    In effetti hai ragione: -oide ha più il significato che sottolinei tu. Mi sono lasciato un po’ accecare dall’antipatia per “mezzuomo” e l’ho sovrapposto a -ide, che indica invece appunto il concetto di derivazione che intendevo. Ma certo “mezzide” sarebbe ancora peggio… Uffa. “Mezzomo” non mi convince altrettanto però. Anche se non si presentano occorrenze, la sua logica non mi torna. Ma credo sia un problema mio. In spagnolo è stato reso con “mediano”, ma da noi “mezzano” non so se funzionerebbe.

  28. Wu Ming 4 ha detto:

    Umh… direi di no. In italiano “mezzano” significa un’altra cosa. Purtroppo non di tutte le parole si riesce a trovare il corrispettivo utile in un’altra lingua.

    • Valen ha detto:

      Purtroppo sono consapevole che Mezzano non funzionerebbe, infatti ho espresso subito la mia perplessità; oltre ad avere tutt’altro significato già di suo, non renderebbe l’idea al lettore italiano, cosa che invece fa, ahimé, Mezzuomo (o Mezzomo). Il fatto che io abbia cercato il corrispettivo spagnolo creda che dica la mia disperazione nel non volermi arrendere all’evidenza di questo caso intraducibile 🙂

  29. NedoDegliEretici ha detto:

    Rispetto e comprendo il lavoro di Fatica, ma è anche comprensibile che le torri d’avorio lo isolino dal capire che mezza Italia penserà a Don Matteo al suon di Forestale e quindi tutto il lavoro di capillare mediatore di immagini sonore finisce in lavoro elitario. L’effetto che la parola ranger sorbisce sui lettori inglesi di oggi è retaggio anche del nuovo fantasy, genere chiaramente sminuito da Fatica. D’altra parte capisco il senso del suo lavoro e paradossalmente era proprio quello che serviva a quest’opera: onore storico. Ciò non toglie che traduzioni letterali come Forestale, medievalmente accurato quanto vogliate, tolgono la magia ed il mistero, ed io, volendo fuggire dall’oggi, mi metterò a ridere ritrovarmi a leggere nomi che sembrano frazioni di comuni di campagna siciliana (es. ”Poggioverro di Capovetere”) nella Bibbia fantasy per eccellenza. Fa cagare. Se mi voglio toccare di patriottismo linguistico mi rileggo il nome della rosa e non la nuova traduzione di Tolkien.

    • Valen ha detto:

      “L’effetto che sorbisce sui lettori”?
      “Mi metterò a ridere ritrovarmi a leggere”?
      “Mi voglio toccare di patriottismo linguistico”?
      “Fa ca**re”?
      Se si è soliti criticare vanamente senza proporre ma solo per il gusto di sentenziare a vanvera, cosa già di per sé deplorevole, almeno si usi l’italiano.
      Il turpiloquio poi per favore usalo a casa tua.

  30. giacomo ha detto:

    Salve Wu Ming 4, Le rubero’ solo un minuto del Suo tempo prezioso. Per farla breve, sono uno dei pochi, pochissimi che non hanno ancora letto la Trilogia del Signore degli Anelli. Mea maxima culpa.
    Facendo le dovute ricerche sono venuto a scoprire della controversia circa la nuova traduzione, in particolare di quanto sia considerata qualitativamente inferiore alla storica versione dell’Alliata.
    Non essendo familiare con quest’ultima, non mi posso esprimere in merito; tuttavia, ho avuto modo di leggere qualche “spezzone” del testo originale di Tolkien e le relative rese in entrambe le versioni (Alliata / Fatica) e devo dire che da un punto di vista strettamente stilistico e lessicale Fatica ha svolto un lavoro piu’ coerente rispetto a Alliata (sono lauerato in lingue e posseggo vari certificati ESOL per l’Inglese, pur non essendo avendo intrapreso studi filologici).
    Dunque Le chiedo, senza troppi ambagi: l’edizione attuale e’ da considerarsi piu’ aderente allo stile e alle intenzioni di Tolkien?
    Resto in attesa di un gentile riscontro e colgo l’occasione per salutarLa
    Cordialmente
    Giacomo Lasca.

    • Wu Ming 4 ha detto:

      Gentile Giacomo,
      come ha potuto constatare di persona, grazie alla sua conoscenza dell’inglese, la traduzione di Fatica è senz’altro più aderente allo stile del romanzo di Tolkien. L’approccio di Fatica è stato precisamente quello di cercare di rendere in italiano gli effetti linguistici e stilistici dell’inglese.

      A svariati lettori appassionati della vecchia traduzione questo non è garbato affatto, ma appunto si tratta di un problema affettivo, comprensibile, per altro.

      La traduzione storica seguiva un principio diverso, dichiarato dalla traduttrice stessa e da molti sostenitori della superiorità della sua traduzione, e cioè rendere “epico” lo stile del romanzo in base a ciò che una certa percezione italiana considera tale, assai più che cercare di riprodurre il reale andamento stilistico del testo.

      Va pur detto che all’epoca Alliata era una giovanissima traduttrice alla sua prima prova professionale, e che molte scelte vennero imposte in sede di editing da parte dell’editor Quirino Principe (che è soprattutto un traduttore dal tedesco), il quale aveva a sua volta una certa idea di cosa *dovesse essere* quel romanzo.

      Casomai la interessasse, ho trattato la questione in questo articolo:
      https://www.wumingfoundation.com/giap/2019/12/senso-ritraduzione-signore-degli-anelli/

      Saluti,
      WM4

  31. Ralgo ha detto:

    L’uso di “forestale” nella scelta di tradurre il “ranger” tonkieniano nell’italiano d’oggi rimane comunque goffo, sia perché, riferita ad uomo, ricorda appunto il corpo in divisa (o gli assunti da clientelismo politico che un giorno sì e l’altro no danno fuoco ai boschi) e perché, Treccani alla mano, non risulta essere un aggettivo che viene usato agli uomini. E dire che basta usare un più semplice e collaudato “forestiero”, sia per avere le accezioni di ramingo che per avere quel tono dispregiativo che doveva avere nelle intezioni di Tolkien

    • Valen ha detto:

      Veramente in italiano “forestale” si applica come aggettivo sostantivato anche alle persone.
      Per esempio, si potrebbe dire “I forestali stavano pattugliando i boschi”.
      Inoltre mi pare che fino a qui si sia ampiamente dimostrato come copra tanta parte dei valori semantici dell’anglosassone “ranger”; non esiste in italiano un termine che può rendere al 100% l’originale, ma almeno “forestale” si avvicina non poco ad alcuni suoi significati.
      “Forestiero” invece non ne copre neanche mezzo, neppure quello di ramingo “errante”, in quanto, Treccani alla mano, indica una persona che proviene da un altro luogo, non una persona che erra in giro.

  32. Norbert ha detto:

    Un po’ tardivamente, mi permetto una chiosa.

    “Ranger” nel romanzo è usato in modo dispregiativo solo a Brea/Bree

    Halbarad, passando i Guadi dell’Isen, si identifica come “Ranger del Nord”. E Gandalf chiama “Ranger” Aragorn più volte. nessuno dei due lo intende in senso dispregiativo.
    E “Ranger dell’Ithilien” si definiscono i due soldati di Gondor di guardia a Sam e Frodo, mentre Faramir guida i suoi uomini in una imboscata agli Haradrim

    È invece “Strider” (Granpasso/Passolungo) che è usato (tranne che dai 4 hobbit) in senso dispregiativo. E gli hobbit lo usano con tale innocenza che Aragorn, sempre capace di ironia e autoironia, lo userà come nome della sua casata.

    • Giuspee ha detto:

      Vorrei capire meglio una cosa e chiedo a te Norbert che sei sicuramente più esperto di me: il termine Ranger (nell’area settentrionale) nasce quindi indipendentemente dalla gente di Bree? è preesistente, nel senso che loro gli danno in seguito una connotazione particolare, mentre in origine i discedenti dei Dunedain si autodenominavano così per le altre accezioni del termine?

    • Wu Ming 4 ha detto:

      Norbert, sì, certo che “Ranger” è usato in senso dispregiativo soltanto a Bree, e non altrove. E questo è possibile grazie alla triplice accezione della parola inglese.

      A Rivendell sono “Rangers of the North.”
      A Minas Tirith sono «Rangers of Ithilien».
      Soltanto a Bree sono «Rangers of the Wilderness», cioè vagabondi delle terre selvagge.
      Dal contesto narrativo si evince che l’accento è posto sia sul loro essere girovaghi, sempre in movimento, sia sul loro essere a proprio agio nelle foreste e con gli animali. Rispetto a questa doppia sfumatura “breese” i traduttori hanno dovuto fare una scelta: o accentuare l’aspetto del vagabondare o quello della selvatichezza. Questo non riguarda solo Alliata/Principe (“Raminghi”) e Fatica (“Forestali”), ma anche tutti gli altri loro colleghi.

      A optare per la prima sfumatura abbiamo ad esempio il francese “Rôdeur” (vagabondo, randagio, girovago) e il nederlandese “Doler” (viandante, vagabondo); mentre lo spagnolo “Montaraz” significa “selvatico, selvaggio”. Poi c’è il tedesco “Waldläufer” (Wald + läufer = corridore dei boschi, nel senso di cacciatore ed esploratore). Quest’ultima si avvicina forse più di tutte alla resa italiana di Fatica, che ha il vantaggio, a mio avviso, di tenere assieme l’elemento “foresta, selvatichezza” con quello “poliziesco-militare”, tornando quindi più utile per l’accezione del nome in quel di Rivendell e di Gondor.

      Resta il fatto che la resa “Forestali” è l’unica che, sacrificando l’accezione di “vagabondo”, riesce però a tenere dentro quella di “guardaboschi”, ovvero l’elemento della “guardiania”. Molti hanno irriso questo fatto, dando per scontato che Tolkien non ne avesse tenuto conto nella scelta del nome “Ranger”, invece a guardare bene – come riportavo nel mio articolo – questo elemento si rileva. Non soltanto perché la prima volta che si accenna a questi personaggi, nel Prologo, sono definiti “Guardians”; non soltanto perché hanno l’aspetto tradizionale dei guardaboschi; ma anche perché il loro compito è precisamente quello di pattugliare le terre selvagge con compiti di sorveglianza e difesa.

      Ho trovato conforto a questo nella traduttrice finlandese del LOTR, Kersti Juva – relatrice al convegno su Tolkien e la traduzione – che a suo tempo scelse di tradurre Ranger con “Samooja”, leggera storpiatura del più corretto “samoaja”, cioè «someone who roams, rambles, wanders in the Wild», benché «The meaning ‘keeper’, ‘warden’ is unfortunately lost in this translation, but the word is quite romantic which I like. I used the same word for the Rangers of the South» (da una email al sottoscritto del 3 dicembre 2020). Dunque Juva probabilmente avrebbe approvato “Raminghi”, perché suona romantico, ma nella consapevolezza che esiste un’accezione poliziesco-militare che va così perduta.

      • Valen ha detto:

        Ritengo molto interessante questa ulteriore disamina delle traduzioni europee, sia in lingue neolatine che non. Permette di allargare un po’ l’orizzonte e di ragionare sulle motivazioni delle scelte di altri traduttori. Vorrei segnalare che in Francia Rôdeur rappresenta solo la prima traduzione di ranger, ma da qualche anno anche lì ne è subentrata una nuova, in cui il termine è reso con Coureur. Per i francofoni il riferimento è quello della figura dei “Coureurs des bois”, ovvero cacciatori di pellicce della Nuova Francia, in Nord America, tra 1600 e 1700. Sicuramente questi cacciatori di pellicce, simili ai trapper americani, avevano molto in comune con i ranger della Terra di Mezzo: erano abili uomini ed esploratori dei boschi, ma nella loro connotazione manca l’aspetto di “sorveglianti/pattugliatori”. La scelta di omettere “des bois” è di certo stata fatta per non ricorrere ad un’espressione fraseologica, rimanendo con l’unico termine “coureur”. Per gli italofoni Corridore non avrebbe certo lo stesso riferimento che ha per un francese, ma per i nostri cugini d’oltralpe credo sia più sentito. Sta di fatto che per loro così rimane solo il significato “ramingo”, e si perde quello “boschivo-selvatico”, per cui a me alla fine sembra un po’ debole come resa. Il vantaggio forse è che c’è un aggancio a una figura storicamente reale, sebben re-interpretata nel contesto fantasy, un po’ come il “forestale” di Fatica, a mio avviso.

        • Luke Atreides ha detto:

          A mio avviso la tua soluzione traduttiva del termine Ranger in Rondiere era molto migliore, caro Valen.

          • Valen ha detto:

            Grazie Luke, onorato che ti piaccia. Nel mio mondo ideale continuerò a sognare di Aragorn il Rondiere, noto agli hobbit come Falcante.

  33. Valen ha detto:

    Rispondo qui alla risposta di Savio Sacconi “Io l’avrei tradotto in mezzuomo punto e basta.”, siccome non mi era possibile scrivere nella casella a matrioska.
    Quindi tu Savio avresti tradotto “mezzuomo” per riferirti a una hobbit femmina.
    Molto interessante.
    Comunque, per concludere, la questione l’hanno capita bene i nostri cugini spagnoli, che infatti hanno tradotto “halfling” con “mediano” (medianos al plurale), lasciando stare ogni riferimento a “uomo”. E così una halfling femmina diverrebbe semplicemente una “mediana”.
    Infatti l’originale non è half-man, ma half-ling, dove ling è un suffisso che indica discendenza, stirpe, e per un anglofono non produce alcun problema di genere.
    A me la loro sembra una soluzione molto più rispettosa dell’originale, punto e basta.

  34. Valen ha detto:

    Comunque faccio i miei complimenti a Savio Sacconi, che ho scoperto essersi appropriato della mia personale soluzione di “Rondiere”, qui proposta come traduzione per Ranger, spacciandola per propria in un altro forum.
    Arrivando persino a fare un copia incolla delle mie considerazioni in merito su come ci fossi arrivato, e facendole passare per proprie.
    Che coraggio farmi poi qui le pulci sulla questione “mezzuomo”!
    Che bassezza.
    Infimo.

    Questo il link del plagio:
    https://www.lucaricatti.it/nuova-traduzione-de-il-signore-degli-anelli/

    E qui riporto il copia incolla delle mie parole usato da Savio Sacconi per rispondere all’ignaro Luca Ricatti (si noti che io ho introdotto le mie considerazioni su “Rondiere” in questa sede il 17 gennaio 2020):

    Savio Sacconi says

    2 Luglio 2020 at 13:27

    Okay, Luca.
    Io avrei tradotto Ranger in Rondiere in sostituzione di Forestale della nuova traduzione de Il signore degli anelli ad opere di Ottavio Fatica, caro.
    Rondiere, che dal mio punto di vista potrebbe mantenere sia il significato “erratico” del termine Ranger, sia quello militaresco di sorvegliante/pattugliatore, sapendo che non esiste in italiano un termine che si riferisca univocamente ad una simile figura anglosassone bisogna trovare una parola che si collochi tra il neologismo e il desueto. La traduzione da me proposta “Rondiere”: dal verbo “rondare” che significa sia “vagare” che “pattugliare facendo la ronda”. Anche la parola Ranger deriva dal verbo da to range nel senso di to wander (vagare, vagabondare, errare, girovagare, gironzolare).
    Puoi controllare qui della mia affermazione che ti ho detto del verbo da to range nel senso di to wander vai sulla B:
    https://dizionari.repubblica.it/Inglese-Italiano/R/torange.html
    La parola Rondiere/ Rondieri la trovai in un passaggio nel libro “Gli zii di Sicilia “di Leonardo Sciascia e poi mi informai chi erano questo corpo militaresco.
    Storicamente i Rondieri furono una forza armata di sorveglianza del Regno delle Due Sicilie, e nel contesto della Terra di Mezzo potrebbero benissimo indicare quegli individui che “rondano” per le terre selvagge: per gli abitanti di Brea si tratterebbe solo di un semplice (e malvisto) errare, mentre per i Ranger di Faramir prevale la connotazione di un corpo para-militare di sorveglianza.
    Usai anche Oxford English Dictionary della mia biblioteca comunale per cercare la definizione inglese della parola inglese, per vedere se andasse bene la parola scelta da me in italiano.
    Le definizioni per Ranger in inglese sono queste:
    1. A rover, wanderer.
    2. A forest officer, a gamekeeper.
    3. A body of mounted troops, or other armed men, employed in ranging over a tract of country.
    E quindi la parola scelta da me ovvero Rondiere/ Rondieri, andava piuttosto bene per la definizione 1 e 3.
    Che ne pensi del mio termine scelto per tradurre Rangers del professore Tolkien, Luca?

    • Savio Sacconi ha detto:

      WTF cosa?
      Anch’io sono all’ignaro della cosa, caro Valen.
      Lo scoperto proprio adesso grazie a te.
      Forse questo tizio rubato è solo il mio nickname è l’email sua modifica (forse da Gmail a Outlook) è ha ricopiato tutto il commento che sta qui, visto che questo sito tolkieniano è consultabile da tutti anche nei commenti.

  35. Valen ha detto:

    Rispondo qui anche a Paolo. Probabilmente non sono riuscito a far capire qual è il vero punto della questione neanche con l’esempio dello spagnolo. Ci provo un’ultima volta, poi alzo bandiera bianca anche perché è un po’ off topic come argomento.
    Non ho campato in aria supposizioni; è un fatto che mezzuomo potrebbe tradurre halfman, e non halfling. Ma Tolkien usa non halfman, bensì halfling, che va bene anche per le femmine, mentre mezzuomo no. Sono fatti.
    Quindi sarebbe più appropriato trovare anche in italiano un termine che andasse bene per entrambi i generi, come l’originale. Cosa che guarda caso hanno fatto gli spagnoli, che infatti non hanno tradotto con medio-hombre. Sarebbe più aderente farlo anche in italiano, tutto qua. Poi possiamo accontentarci di mezzuomo perché tanto nel libro non succede che ci sia bisogno di altro, ma il bisogno non coincide col significato, e questo è sia un fatto che una questione di onestà intellettuale.

  36. Valen ha detto:

    Anzitutto Atlas (scusa se abbrevio il tuo nickname) ti ringrazio per l’apprezzamento verso le mie proposte di traduzione, fa sempre piacere.
    Spero però, riguardo a quello che mi chiedi, di non darti una delusione: io non sono un traduttore di professione, mi diletto soltanto, per puro piacere personale, nella ricerca di una resa migliore di alcuni termini o poesie quando le traduzioni ufficiali non mi garbano…
    Infatti finora mi sono tradotto diverse poesie del SdA, poiché non mi convincevano del tutto né le soluzioni di Alliata né quelle di Fatica; per cui mi sono tradotto da me la poesia dell’Anello, l’ode di Bombadil, il canto dei Nani, il canto di Durin, l’enigma di Strider, quello del sogno di Boromir, ed altre ancora; questi versi della Marcia degli Ent però non li avevo mai presi in esame.
    Comunque ora ci ho provato… non so se il mio tentativo ti soddisferà.
    Riporto comunque prima l’originale, per una migliore comparazione:

    We come, we come with roll of drum: ta-runda runda runda rom!
    We come, we come with horn and drum: ta-runa runa runa rom!
    To Isengard! Though Isengard be ringed and barred with doors of stone;
    Though Isengard be strong and hard, as cold as stone and bare as bone,
    We go, we go, we go to war, to hew the stone and break the door;
    For bole and bough are burning now, the furnace roars – we go to war!
    To land of gloom with tramp of doom, with roll of drum, we come, we come;
    To Isengard with doom we come!
    With doom we come, with doom we come!

    Ed ecco quindi la mia personale trasposizione:

    Veniam, veniam, romba il tambur: ta-runda runda runda rum!
    Veniam, veniam, corno e tambur: ta-runa runa runa rum!
    A Isengard! Sebben da forti porte guardata e cinta;
    Sebben salda e dura, con fredde mura e come ossa stinta,
    Andiam, andiam, alla battaglia: le pietre spacca, le porte sbaraglia;
    Ché rami e fusti già son adusti, rugge la forgia – alla battaglia!
    Sulla terra d’ombra rovina incomba, tambur che romba, veniam, veniam;
    Su Isengard rovina portiam!
    Rovina portiam, rovina portiam!

    • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

      Un ottimo adattamento eccezionale veramente, sinceri complimenti, non scherzo.
      P.s. Potresti condividere le tue traduzioni: la poesia dell’Anello, l’ode di Bombadil, il canto dei Nani, il canto di Durin, l’enigma di Strider, quello del sogno di Boromir, ed altre ancora.
      Sono molto incuriosito di leggerle in privato se vuoi.

      • Valen ha detto:

        Di nuovo grazie Atlas per i tuoi apprezzamenti: mi fa piacere che la mia versione sia piaciuta.
        Non ho problemi a riportare qui altre mie traduzioni.
        Inizierei con il Riddle of Strider e con quello di Boromir: in entrambi, tra le altre cose, ho cercato di mantenere una resa più soddisfacente de “the Sword (o blade) that was broken”, una definizione di Narsil/Anduril che come si sa poi compare più volte anche nella prosa del racconto, ma di cui sia Alliata che Fatica non mantengono sempre la stessa versione; in particolare trovo quella di Fatica poco elegante e scorrevole (“la Spada che ha subito il danno”…), anche se per il resto mantiene le rime come nell’originale, a differenza dell’Alliata.
        Sempre per questo motivo, riporto per comodità sia l’originale che le versioni dei due traduttori, prima della mia.

        ORIGINALE: The Riddle of Strider

        All that is gold does not glitter,
        Not all those who wander are lost;
        The old that is strong does not wither,
        Deep roots are not reached by the frost.

        From the ashes a fire shall be woken,
        A light from the shadows shall spring;
        Renewed shall be blade that was broken,
        The crownless again shall be king.

        ALLIATA: L’Enigma di Grampasso

        Non tutto quel ch’è oro brilla,
        Né gli erranti sono perduti;
        Il vecchio ch’è forte non s’aggrinza
        E le radici profonde non gelano.

        Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
        L’ombra sprigionerà una scintilla,
        Nuova la lama ora rotta,
        E re quei ch’è senza corona.

        FATICA: L’Enigma di Passolungo

        Non tutto quel che è oro poi risplende,
        Non si smarriscon tutti gli errabondi;
        Il vecchio che ha la forza non s’arrende,
        Non gelan le radici più profonde.

        Rinascerà un fuoco dalle ceneri,
        Una favilla dall’ombre sprigiona;
        La lama infranta nuova vita ottiene,
        Tornerà re chi è senza corona.

        MIA: L’Enigma di Falcante

        Non tutto quel ch’è oro riluce,
        Non ogni errante si smarrisce;
        La forza del vecchio non si riduce,
        Le radici profonde il gelo non lambisce.

        Dalle braci una fiamma sarà ridestata,
        Una luce dall’ombre si sprigionerà;
        Restaurata sarà la lama che fu spezzata,
        Quei ch’è senza corona re ritornerà.

        ORIGINALE: Boromir’s Riddle

        Seek for the Sword that was broken:
        In Imladris it dwells;
        There shall be counsels taken
        Stronger than Morgul-spells.

        There shall be shown a token
        That Doom is near at hand,
        For Isildur’s Bane shall waken,
        And the Halfling forth shall stand.

        ALLIATA: L’Enigma di Boromir

        Cerca la Spada che fu rotta,
        A Imladris la troverai;
        I consigli della gente dotta
        Più forti di Morgul avrai.

        Là un segno verrà mostrato,
        Indice che il Giudizio è vicino,
        Il Flagello d’Isildur s’è svegliato,
        Ed il Mezzuomo è in cammino.

        FATICA: L’Enigma di Boromir

        Cerca la Spada che ha subìto il danno:
        A Imladris si trova;
        I consigli lì presi metteranno
        Morgul a dura prova.

        Lì mostreranno un segno che il Giorno
        Del Giudizio è imminente:
        Il Flagello d’Isildur farà ritorno,
        Col Mezzomo presente. L’Enigma di Boromir

        MIA: L’Enigma di Boromir

        Cerca la Spada che fu spezzata:
        A Imladris essa or giace;
        Ivi una decisione sarà decretata,
        Della magia Morgul più efficace.

        Ivi un segno sarà mostrato
        Che il Fato non è distante,
        Poiché il Flagello d’Isildur s’è destato,
        E il Mezzino si farà avante.

        In quest’ultimo verso ho tradotto Halfling con Mezzino, in quanto non approvo né Mezzuomo né Mezzomo.
        Per ora mi fermo qui, per non allungare ulteriormente il post. Più avanti credo posterò altre mie traduzioni.

        • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

          Caro Valen,
          Hai fatto delle bellissime traduzioni e adattamenti eccezionali delle poesie di Tolkien(Quelle di Strider e Boromir) veramente dico sul serio, sinceri complimenti ancora.
          Più avanti aspetterò che posti le altre tue traduzioni: la poesia dell’Anello, l’ode di Bombadil, il canto dei Nani, il canto di Durin ed altre ancora.
          Sono ancora più incuriosito di leggerle tutte le tue traduzione/adattamenti!(soprattutto quella sul anello, spero che non mi deludi).

          • Valen ha detto:

            Ecco allora come richiesto la mia traduzione della Poesia dell’Anello, forse la più “delicata” di tutte, vista l’importanza e l’attaccamento che suscita tra i lettori.
            Riporto prima solo l’originale per motivi di comparazione, in quanto quella di Alliata è arcinota e quella di Fatica si trova ormai anche rete. Faccio solo notare che il terzultimo e il penultimo verso sono identici a quelli di Alliata, in quanto li ho sempre trovati perfetti.

            ORIGINALE

            Three Rings for the Elven-kings under the sky,

            Seven for the Dwarf-lords in their halls of stone,

            Nine for Mortal Men doomed to die,

            One for the Dark Lord on his dark throne

            In the Land of Mordor where the Shadows lie.

            One Ring to rule them all, One Ring to find them,

            One Ring to bring them all, and in the darkness bind them,

            In the Land of Mordor where the Shadows lie.

            MIA

            Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo sconfinato,

            Sette ai Signori dei Nani nelle sale di granito,

            Nove agli Uomini Mortali dal destino segnato,

            Uno all’Oscuro Sire sul suo trono scurito

            Nella Terra di Mordor dove l’Ombra è in agguato.

            Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,

            Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,

            Nella Terra di Mordor dove l’Ombra è in agguato.

            A breve posterò anche le altre…

        • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

          Caro Valen,
          Hai fatto una buona traduzione della Poesia dell’Anello, forse la più “delicata” di tutte come dici tu, vista l’importanza e l’attaccamento che suscita tra i lettori e come sono stati inalberati a quella di Ottavio Fatica. Se foss’io un traduttore per ritradurre di nuovo SdA mi riterrei indietro a tradurre il libro e le poesie e i canti.
          P.S. Aspetterò quando posterai le tue altre traduzioni tolkieniane: l’ode di Bombadil, il canto dei Nani, il canto di Durin ed altre ancora.
          Sono ancora più incuriosito di leggerle tutte prossimamente.

          • Valen ha detto:

            Propongo qui la mia versione del Canto dei Nani de Lo Hobbit; in parte per la prima quartina mi sono ispirato a Nebbiosi Monti Gelati, la bella versione in italiano della Far Over Misty Mountains Song del film Lo Hobbit di Peter Jackson. Sono stato infatti colpito e ispirato dalla musica e dalla musicalità che la versione cinematografica ha saputo rendere in questo canto, cogliendo benissimo lo spirito nostalgico dei Nani di Thorin. A differenza della vecchia versione italiana, ho voluto mantenere sia le rime finali dei versi che quelle interne, ripetute soprattutto nel terzo verso di ogni strofa.

            ORIGINALE Dwarves Song

            Far over the misty mountains cold
            To dungeons deep and caverns old
            We must away ere break of day
            To seek the pale enchanted gold.

            The dwarves of yore made mighty spells,
            While hammers fell like ringing bells
            In places deep, where dark things sleep,
            In hollow halls beneath the fells.

            For ancient king and elvish lord
            There many a gleaming golden hoard
            They shaped and wrought, and light they caught
            To hide in gems on hilt of sword.

            On silver necklaces they strung
            The flowering stars, on crowns they hung
            The dragon-fire, in twisted wire
            They meshed the light of moon and sun.

            Far over the misty mountains cold
            To dungeons deep and caverns old
            We must away, ere break of day,
            To claim our long-forgotten gold.

            Goblets they carved there for themselves
            And harps of gold; where no man delves
            There lay they long, and many a song
            Was sung unheard by men or elves.

            The pines were roaring on the height,
            The winds were moaning in the night.
            The fire was red, it flaming spread;
            The trees like torches blazed with light.

            The bells were ringing in the dale
            And men they looked up with faces pale;
            The dragon’s ire more fierce than fire
            Laid low their towers and houses frail.

            The mountain smoked beneath the moon;
            The dwarves they heard the tramp of doom.
            They fled their hall to dying fall
            Beneath his feet, beneath the moon.

            Far over the misty mountains grim
            To dungeons deep and caverns dim
            We must away, ere break of day,
            To win our harps and gold from him!

            MIA Canto dei Nani

            Oltre i monti nebbiosi innevati
            Per cave buie e antri celati
            Partir dobbiamo, l’alba lasciamo
            Per ricercare gli ori incantati.

            I nani un dì facean incanti,
            Battea il martello colpi sonanti
            Giù nei trafori dormono orrori,
            In sale vuote tra i picchi infranti.

            Per il gran re e degli elfi il sire
            Tesori d’oro oltre ogni dire
            Hanno forgiato, e il baglior celato
            In gemme che armi fanno abbellire.

            E collane fean d’argento
            Sulle corone un firmamento
            Fuoco di drago, avvolto in spago
            Chiaror degli astri come strumento.

            Oltre i monti nebbiosi innevati
            Per cave buie e antri celati
            Partir dobbiamo, l’alba lasciamo
            Per reclamare gli ori obliati.

            Coppe ed arpe creavan dorate;
            Nelle miniere mai più scavate
            Passaron eoni, molte canzoni
            Da umani ed elfi inascoltate.

            Ruggean i pini là sull’altura,
            Dei venti il pianto in notte oscura.
            Il fuoco ardeva, fiamme spargeva;
            Alberi accesi, torce in arsura.

            Per la vallea suon di campane
            Gli sguardi alzati: terror immane;
            Del drago l’ira, che fuoco espira
            Di torri e case causò le frane.

            Fumò il monte al chiar di luna;
            Sentian i nani gravar sfortuna.
            Case lasciavan, morte trovavan
            Tra i suoi artigli, al chiar di luna.

            Oltre i monti nebbiosi e canuti
            Per cave buie e antri temuti
            Partir dobbiamo, l’alba lasciamo
            Per riscattare gli ori perduti!

        • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

          Caro Valen,
          La tua versione del Canto dei Nani de Lo Hobbit è meravigliosa un ottimo adattamento musicale a tutti gli effetti. Super eccezionale veramente, sinceri complimenti di nuovo. Immagino la tua versione intera nel film Lo Hobbit di Peter Jackson.
          Più avanti aspetterò che posti le altre tue traduzioni: l’ode di Bombadil, il canto di Durin ed altre ancora e commentarle tutte fino all’ultima. Sei molto bravo a tradurre bene le poesie di Tolkien.
          Sono ancora super incuriosito di leggerle tutte prossimamente. Sono Ottimi lavori.

          • Valen ha detto:

            Restando in tema di Nani, ecco il canto di Durin, uno dei componimenti per me più belli e struggenti, che celebra la bellezza perduta di un reame glorioso che non è più.
            Nota: Ho voluto tradurre Mirrormere con Lagoterso, escludendo sia la vecchia versione di Mirolago che quella di Speculago di Fatica.

            ORIGINALE Song of Durin

            The world was young, the mountains green,
            No stain yet on the Moon was seen,
            No words were laid on stream or stone
            When Durin woke and walked alone.
            He named the nameless hills and dells;
            He drank from yet untasted wells;
            He stooped and looked in Mirrormere,
            And saw a crown of stars appear,
            As gems upon a silver thread,
            Above the shadow of his head.

            The world was fair, the mountains tall,
            In Elder Days before the fall
            Of mighty kings in Nargothrond
            And Gondolin, who now beyond
            The Western Sea have passed away:
            The world was fair in Durin’s Day.

            A king he was on carven throne
            In many-pillared halls of stone
            With golden roof and silver floor,
            And runes of power upon the door.
            The light of sun and star and moon
            In shining lamps of crystal hewn
            Undimmed by cloud or shade of night
            There shone for ever fair and bright.

            There hammer on the anvil smote,
            There chisel clove, and graver wrote;
            There forged was blade, and bound was hilt;
            The delver mined, the mason built.
            There beryl, pearl, and opal pale,
            And metal wrought like fishes’ mail,
            Buckler and corslet, axe and sword,
            And shining spears were laid in hoard.

            Unwearied then were Durin’s folk;
            Beneath the mountains music woke:
            The harpers harped, the minstrels sang,
            And at the gates the trumpets rang.

            The world is grey, the mountains old
            The forge’s fire is ashen-cold;
            No harp is wrung, no hammer falls;
            The darkness dwells in Durin’s halls;
            The shadow lies upon his tomb
            In Moria, in Khazad-dum.
            But still the sunken stars appear
            In dark and windless Mirrormere;
            There lies his crown in water deep,
            Till Durin wakes again from sleep.

            MIA Il Canto di Durin

            Giovane era il mondo, e verde ogni monte,
            Senza macchie era la Luna né impronte,
            Senza nome era ogni ruscello e sasso,
            Quando Durin mosse solitario il primo passo.
            Egli chiamò ignote colline e vallate;
            Egli bevve da fonti ancora inviolate;
            Si chinò, e nel Lagoterso lo sguardo ripose,
            E una corona gli apparve di stelle luminose,
            Come gemme su un filo argentato,
            Sopra l’ombra del suo capo chinato.

            Bello era il mondo, e alto ogni monte,
            Nei Giorni Antichi, la caduta ancor all’orizzonte
            Dei re del Nargothrond potenti e gloriosi
            E di Gondolin, ch’ormai oltre i marosi
            Del Mare Occidental son trapassati:
            Bello era il mondo, ai Tempi di Durin andati.

            Re egli sedea su trono intarsiato
            Nelle sale di pietra dal gran colonnato
            Con tetti dorati e pavimenti d’argento,
            E sulla porta rune di grande portento.
            La luce del sole, della luna e delle stelle
            In lumiere di cristallo levigato fulgide e belle
            Non velata da nubi o dalla notte ombrosa
            Vi splendea sempre chiara e radiosa.

            Ivi colpiva l’incudine il martello,
            Ivi incideva il punteruol, e fendea lo scalpello;
            Ivi forgiata era la lama, e all’elsa si fissava;
            Ivi minator scavava, e murator oprava.
            Ivi berilli, perle e pallidi opali,
            E metallo lavorato come maglie regali,
            Scudi e corazze, asce e spade affilate,
            E lance lucenti nei tesori ammassate.

            Il popolo di Durin mai non si stancava;
            Sotto le montagne la musica suonava:
            Strimpellavan gli arpisti, cantavan i menestrelli,
            E le trombe squillavano presso i cancelli.

            Il mondo è grigio, e vecchio ogni monte,
            La brace della forgia fredda come gelida fonte;
            Nessun’arpa risuona, nessun martello lavora;
            Le sale di Durin la tenebra divora;
            Sulla sua tomba giace l’ombra senza memoria
            Dentro Khazad-dum, dentro Moria.
            Ma le stelle sommerse ancora appaiono pure
            Nel Lagoterso buio e senza increspature;
            Là nell’acqua profonda la sua corona giace sepolta,
            Finché Durin dal sonno non si desterà un’altra volta.

        • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

          Caro Valen,
          La tua versione del Canto di Durin è meravigliosa un ottimo adattamento musicale, sinceri complimenti ancora una volta. Immagino la tua versione cantata nella versione GREGORIANA di Clamavi De Profundis. Però ti consiglierei di metterci parole più arcaiche e solenni come i nostri padri della nostra letteratura e lingua(Es. Dante, Petrarca, Manzoni, Foscolo ecc.) per renderla più poetica e aulica, antica possibile.
          Per il resto, come già detto prima la tua versione del Canto di Durin è meravigliosa supera di gran lunga quella arcinota di Alliata e quella di Fatica secondo me.
          P.S. Più avanti aspetterò che posti le altre tue traduzioni: l’ode di Bombadil ed altre ancora e commentarle tutte fino all’ultima. MA QUESTA VOLTA TI SEI SUPERATO ALLA GRANDE a tradurre questo cantico dei nani.
          Sono ancora super incuriosito di leggerle tutte prossimamente. Sono Ottimi lavori.

          • Valen ha detto:

            Ed ecco ora il canto di Tom Bombadil; non è stato facile rendere l’onomatopea di alcuni termini, soprattutto nonsense, in italiano, né mantenere le rime accordate come nell’originale. Ho mantenuto la vecchia traduzione di Sinuosalice per Withywindle, in quanto non condivido quella di Circonvolvolo di Fatica e non sono riuscito a trovarne una più soddisfacente.

            ORIGINALE

            Hey dol! merry dol! ring a dong dillo!
            Ring a dong! hop along! Fal lal the willow!
            Tom Bom, jolly Tom, Tom Bombadillo!

            Hey! Come merry dol! derry dol! My darling!

            Light goes the weather-wind and the feathered starling.
            Down along under Hill, shining in the sunlight,

            Waiting on the doorstep for the cold starlight,

            There my pretty lady is, River-woman’s daughter,
            Slender as the willow-wand, clearer than the water.
            Old Tom Bombadil water-lilies bringing

            Comes hopping home again. Can you hear him singing?

            Hey! Come merry dol! derry dol! and merry-o!

            Goldberry, Goldberry, merry yellow berry-o!
            Poor old Willow-man, you tuck your roots away!

            Tom’s in a hurry now. Evening will follow day.
            Tom’s going home again water-lilies bringing.

            Hey! Come derry dol! Can you hear me singing?

            Hop along, my little friends, up the Withywindle!
            Tom’s going on ahead candles for to kindle.
            Down west sinks the Sun: soon you will be groping.
            When the night-shadows fall, then the door will open,
            Out of the window-panes light will twinkle yellow.
            Fear no alder black! Heed no hoary willow!

            Fear neither root nor bough! Tom goes on before you.
            Hey now! merry dol! We’ll be waiting for you!

            Hey! Come derry dol! Hop along, my hearties!

            Hobbits! Ponies all! We are fond of parties.

            Now let the fun begin! Let us sing together!

            Now let the song begin! Let us sing together!

            Of sun, stars, moon and mist, rain and cloudy weather,
            Light on the budding leaf, dew on the feather,
            Wind on the open hill, bells on the heather,
            Reeds by the shady pool, lilies on the water:
            Old Tom Bombadil and the River-daughter!

            MIA

            Ehi do! bel do! trilla un don dillo!
            Trilla un don! salta ancor! Salice si sol!
            Tom Bom, folle Tom, Tom Bombadillo!

            Ehi! Orsù bel do! Du du do! Mio tesor!

            Lievi vanno il vento e l’usignol.

            Là sotto il Col, splendida sotto il sol,

            Sulla soglia ad aspettar delle stelle il baglior,

            La mia bella dama sta, figlia della Signora del fiume,
            Snella più del giunco, chiara più che d’acqua spume.
            Il vecchio Tom Bombadil le ninfee reca in man

            A casa torna saltellando. L’odi cantar?

            Ehi! Orsù bel do! Du du do! bel bel, oh!

            Baccador, Baccador, bella bacca tutta d’or!

            Misero vecchio Uomo Salice, le radici leva di torno!

            Tom ora ha fretta. Presto la sera segue il giorno.
            Il vecchio Tom Bombadil le ninfee reca in man

            A casa torna saltellando. L’odi cantar?

            Il Sinuosalice, piccoli amici, passate!

            Tom vi precede, che le candele accese troviate.
            Ad ovest cala il Sole: presto la vista sarà incerta.

            Giunta la notte, la porta sarà aperta,

            Fuori dalle finestre giallo brillerà il chiaror.

            Né ontani oscuri né salici canuti vi faran timor!

            Non temete rami o radici! Innanzi Tom sta andando.
            Presto! Bel do! Vi stiamo aspettando!

            Ehi! Forza du du do! Venite, amici!

            Hobbit! E cavallini! Ora festeggiam felici.

            Che inizi la festa! In coro cantiam!

            Che il canto risuoni! In coro cantiam!

            Di sole, stelle, luna e nebbia, piogge e brume,
            Luce sul bocciolo, rugiada sulle piume,
            Vento sopra il colle, e nell’erica frascume,
            Giunchi tra gli stagni, gigli tra le spume:
            Il vecchio Tom Bombadil e la Figlia del fiume!

        • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

          Caro Valen,
          Hai fatto una buona traduzione delcanto di Tom Bombadil; anche rendere facile l’onomatopea di alcuni termini, soprattutto nonsense, in italiano. Nulla da dire. Ottima traduzione.
          P.S. Più avanti aspetterò che posti le altre tue traduzioni e commentarle tutte fino all’ultima(Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli).

        • Luke Atreides ha detto:

          Ohhhhh belle le tue traduzione Valen.
          Perché non fai una tua versione The Man in the Moon Stayed Up Too Late by Jrr Tolkien e la posto qui.
          Sono proprio curioso come la farai tu, rispetto Allita e Fatica.

          • Valen ha detto:

            Grazie Luke Atreides per l’apprezzamento; purtroppo però non so se soddisferò la tua richiesta, perché “The Man in the Moon Stayed Up Too Late” è propria l’ultima delle poesie di Tolkien che tradurrei… Personalmente infatti non mi è mai piaciuta granché, la trovo troppo “buffa”, al contrario di altre più liriche o solenni.
            Certo potrei prenderla come una sfida, magari se ci fossero alre richieste in questo senso…
            Per farmi perdonare però posto invece la poesia per me più bella, quella di Beren e Luthien, che è il “cuore” di tutto il legendarium del Professore.
            La vecchia versione la trovo troppo libera e parziale, mentre quella di Fatica si avvicina di più all’originale, ma non mi ha entusiasmato.
            A differenza di entrambe, ho mantenuto i versi in rima come l’originale.
            Comunque, se a qualcuno va, potrei cercare di soddisfare ulteriori richieste, lo faccio volentieri…

            ORIGINALE: Song of Beren and Lúthien

            The leaves were long, the grass was green,
            The hemlock-umbels tall and fair,
            And in the glade a light was seen
            Of stars in shadow shimmering.
            Tinúviel was dancing there
            To music of a pipe unseen,
            And light of stars was in her hair,
            And in her raiment glimmering.

            There Beren came from mountains cold,
            And lost he wandered under leaves,
            And where the Elven-river rolled
            He walked alone and sorrowing.
            He peered between the hemlock-leaves
            And saw in wonder flowers of gold
            Upon her mantle and her sleeves,
            And her hair like shadow following.

            Enchantment healed his weary feet
            That over hills were doomed to roam;
            And forth he hastened, strong and fleet,
            And grasped at moonbeams glistening.
            Through woven woods in Elvenhome
            She lightly fled on dancing feet,
            And left him lonely still to roam
            In the silent forest listening.

            He heard there oft the flying sound
            Of feet as light as linden-leaves,
            Or music welling underground,
            In hidden hollows quavering.
            Now withered lay the hemlock-sheaves,
            And one by one with sighing sound
            Whispering fell the beechen leaves
            In the wintry woodland wavering.

            He sought her ever, wandering far
            Where leaves of years were thickly strewn,
            By light of moon and ray of star
            In frosty heavens shivering.
            Her mantle glinted in the moon,
            As on a hilltop high and far
            She danced, and at her feet was strewn
            A mist of silver quivering.

            When winter passed, she came again,
            And her song released the sudden spring,
            Like rising lark, and falling rain,
            And melting water bubbling.
            He saw the elven-flowers spring
            About her feet, and healed again
            He longed by her to dance and sing
            Upon the grass untroubling.

            Again she fled, but swift he came.
            Tinúviel! Tinúviel!
            He called her by her elvish name,
            And there she halted listening.
            One moment stood she, and a spell
            His voice laid on her: Beren came,
            And doom fell on Tinúviel
            That in his arms lay glistening.

            As Beren looked into her eyes
            Within the shadows of her hair,
            The trembling starlight of the skies
            He saw there mirrored shimmering.
            Tinúviel the elven-fair,
            Immortal maiden elven-wise,
            About him cast her shadowy hair
            And arms like silver glimmering.

            Long was the way that fate them bore,
            O’er stony mountains cold and grey,
            Through halls of iron and darkling door,
            And woods of nightshade morrowless.
            The Sundering Seas between them lay,
            And yet at last they met once more,
            And long ago they passed away
            In the forest singing sorrowless.

            MIA: Canto di Beren e Lúthien

            Lunghe le foglie, l’erba verdeggiante,
            Lievi le cicute elevate al ciel,
            Nella radura una luce raggiante
            Di stelle nel buio scintillanti.
            Ivi ballava e danzava Tinúviel
            Al suon di flauto inneggiante,
            Luce di stelle su ogni capel,
            E sulle sue vesti brillanti.

            Là giunse Beren dai monti gelati,
            E perso vagò tra i ramoscelli,
            E presso il fiume degli Elfi beati
            Camminò solitario e dolente.
            Scrutò tra foglie e arboscelli
            E vide ammirato fiori dorati
            Sul manto e gli abiti suoi belli,
            E la sua chioma com’ombra cadente.

            L’incanto guarì i suoi piedi stremati
            Votati a vagar oltre le colline;
            S’affrettò, con slancio e ardor rinnovati,
            Cogliendo i raggi di luna lucenti.
            Per le selve dell’Elfico confine
            Ella fuggìa leggera su piedi alati,
            Lasciandolo errar senza fine
            In ascolto nei boschi silenti.

            Ei spesso udì il suono vagante
            Di piedi lievi com’esili foglie,
            O di rumor da sotterra sgorgante,
            In ascose grotte vibranti.
            Ma or le cicute giacean spoglie,
            E una ad una con suon sospirante
            Cadute gemendo eran le foglie
            Nei boschi invernali tremanti.

            Sempre ei la cercò, vagando lontano
            Dove l’annoso fogliame era sparso,
            Al lume di luna o d’astro meridiano
            Nel gelido ciel tremolante.
            Sotto la luna il suo manto era apparso,
            Mentre su un colle alto e lontano
            Ella danzava, e ai suoi piedi era sparso
            Un fil d’argentea bruma tremante.

            Dopo l’inverno ella tornò novamente,
            E al suo canto ecco primavera spuntare,
            Com’allodola in volo e pioggia cadente,
            E acqua disciolta che va a gorgogliare.
            Ei vide gli elfici fiori spuntare
            Ai suoi piedi, e guarito novamente
            Desiderò con lei ballare e cantare
            In pace su lande erbose e chiare.

            Ancor ella fuggì, ma ei giunse veloce.
            Tinuviel! Tinuviel!
            L’elfico nome chiamò a gran voce,
            E lì lei s’arrestò ad ascoltare.
            Un istante si fermò, e per dono del ciel
            Le giunse il richiamo: ei venne veloce,
            E il fato cadde su Tinúviel
            E tra le sue braccia la vide brillare.

            Beren mirò lo sguardo suo saggio
            E nel buio della chioma sua ombrosa,
            Delle lucenti stelle ogni raggio
            Vide riflettervisi luccicante.
            Tinúviel tra gli elfi la più radiosa,
            Fanciulla immortal d’elfico retaggio,
            Su lui gettò la chioma sua ombrosa
            E le braccia com’argento brillante.

            Lunga via impose lor il fato inclemente,
            Per monti petrosi, grigi e gelati,
            Tra rocche di ferro e porte cruente,
            E selve sperdute senza colore.
            I Mari Divisori li tenner separati,
            Ma infin s’incontraron novamente,
            E tempo addietro son trapassati
            Cantando nel bosco senza dolore.

        • Luke Atreides ha detto:

          Una eccellente traduzione del Canto di Beren e Lúthien, complimenti.
          Assai meglio di Alliata e Fatica come traduzione solenne, secondo il mio modestissimo parere.
          P.S. Ti sfido a tradurre tutte le liriche di Lotr mancanti e lo Hobbit in questa chat.
          Vorrei proprio vedere le tue versioni rispetto ai traduttori ufficiali.

          • Valen ha detto:

            Caspita Luke Atreides, più che una sfida la tua sembra una condanna 🙂
            Scherzi a parte, non so se mai riuscirò a tradurle tutte, anche perché vado a “momenti” e non è una cosa pianificata.
            Per questo parlavo di eventuali richieste ad hoc.
            Comunque, per adesso posso proporre la mia versione della celebre The Road goes ever on and on, che lega in qualche modo Lo Hobbit e Lotr.

            ORIGINALE The Road goes ever on and on

            The Road goes ever on and on
            Down from the door where it began.
            Now far ahead the Road has gone,
            And I must follow, if I can,
            Pursuing it with eager feet,
            Until it joins some larger way
            Where many paths and errands meet.
            And whither then? I cannot say.

            The Road goes ever on and on
            Out from the door where it began.
            Now far ahead the Road has gone,
            Let others follow it who can!
            Let them a journey new begin,
            But I at last with weary feet
            Will turn towards the lighted inn,
            My evening-rest and sleep to meet.

            Still round the corner there may wait
            A new road or a secret gate;
            And though I oft have passed them by,
            A day will come at last when I
            Shall take the hidden paths that run
            West of the Moon, East of the Sun.

            MIA Vecchio Canto del Cammino

            La Via procede sempre infinita
            Lungi dall’uscio da cui è iniziata.
            Or molto in là la Via è fuggita,
            Devo seguirla, s’è alla mia portata,
            Rincorrendola con piedi zelanti
            Fin dove si unirà ad un grande sentiero
            Incrocio di molti percorsi e viandanti.
            E verso dove poi? Non so davvero.

            La Via procede sempre infinita
            Lungi dall’uscio da cui è iniziata.
            Or molto in là la Via è fuggita,
            Ch’altri la seguino, s’è alla lor portata!
            Ch’inizino pure un viaggio novello,
            Ma io infine con i piedi spossati
            Mi volgerò al rischiarato ostello,
            Incontro al riposo e al sonno bramati.

            Dietro l’angolo è ancor forse in attesa
            Una porta segreta o una strada mai presa;
            E benché le abbia ignorate spesso,
            Verrà infine un giorno in cui io stesso
            Prenderò le velate strade che portan esse sole
            A Ovest della Luna, a Est del Sole.

        • Luke Atreides ha detto:

          Caro Valen,
          La tua versione The Road goes ever on and on è meravigliosa un ottimo adattamento musicale a tutti gli effetti, secondo me. Devi solo aggiustare un po’ la metrica e poi il giuoco è fatto. il resto Okay.
          P.s. Riguardo alla sfida saprò aspettare tutte le tue traduzioni delle liriche di Lotr mancanti e lo Hobbit in questa chat.

          Secondo P.s. Vorrei proprio vedere la tua versione Canzone di Earendil, poiché le versioni D’Alliata e Fatica mancano dei pezzi e non hanno mantenuto il tono “cantilenante” anche lo schema delle rime. E non mi hanno soddisfatto.
          L’originale è in versi ottonari, con cesura a metà del verso che genera in
          realtà dei doppi quaternari; lo schema delle rime è A-B-C-B, ma in più c’è
          una rima “interna” tra la fine dei versi dispari e la metà del verso
          successivo: es. “In panoply of ancient kings / of chained rings he armoured
          him / his shining shield was scored with runes / to ward all wounds and harm
          from him”. Poiché loro non hanno lo stesso schema di rime A-B-C-B come in originale come già detto in precedenza.
          Sono proprio curioso come la farai tu, rispetto Allita e Fatica a rispettare questa cosa con la tua inventiva.

          • Valen ha detto:

            Dunque caro Luke, il Canto di Earendil credo sia proprio una grande sfida. Anzi, direi LA sfida. Non l’ho ancora analizzato né mi ci sono cimentato, ma è sicuramente quello più lungo di tutto il SdA e probabilmente quello di più complessa interpretazione. Leggendo qua e là infatti, mi pare di aver capito che sia Alliata che Fatica hanno preso qualche cantonata nei suoi confronti, perché alcuni passaggi sono davvero ostici e criptici, e occorre anche una buona conoscenza del Silmarillion per venirne a capo (anche se tra le due versioni quella di Fatica nel complesso mi sembra più aderente e corretta).
            Inoltre, come hai sottolineato anche tu, la metrica è molto particolare e, da profano qual sono, non credo si possa rendere pari pari nella nostra lingua: mantenere il significato delle parole in italiano con lo stesso numero di sillabe dell’inglese è virtualmente impossibile, tanto più se si vuol tenere anche lo stesso gioco di rime interne o altri artifici. E infatti nessuna delle due traduzioni ufficiali l’ha fatto.
            In realtà, ho provato a mantenere i versi ottonari con la prima strofa…

            Eärendil was a mariner
            that tarried in Arvernien;
            he built a boat of timber felled
            in Nimbrethil to journey in;
            her sails he wove of silver fair,
            of silver were her lanterns made,
            her prow was fashioned like a swan,
            and light upon her banners laid.

            …e come bozza mi è uscito questo:

            Fu Eärendil uomo di mar
            ad Arvernien ei soggiornò;
            e di legno fé la nave
            ch’a Nimbrethil lo trasportò;
            tessé vele d’argento fin,
            e d’argento le lumiere,
            cigno parea la sua prua,
            luci avean le bandiere.

            Dopodiché, vedendo le altre strofe, mi è sembrato impossibile continuare in questo modo.
            Ciò detto, essendo una lirica bellissima, voglio provare comunque a fare una mia traduzione, anche se sicuramente ciò richiederà parecchio tempo e fatica.
            Quindi ora non so dire come e quando riuscirò a postarla. È questione anche di vena e ispirazione.
            Intanto grazie ancora per gli apprezzamenti e la fiducia. Alla prossima.

            PS: Magari posterò prima qualcos’altro che ho già tradotto 😉

        • Luke Atreides ha detto:

          Okay, Valen.
          Aspetterò quella di Eärendil allora.
          Puoi postare qualcos’altro che hai già tradotto, vorrei proprio vedere che cosa sono.

          • Valen ha detto:

            Ecco dunque intanto la mia versione della poesia di Gil-galad.

            ORIGINALE:
            Gil-galad was an Elven-king.
            Of him the harpers sadly sing;
            the last whose realm was fair and free
            between the Mountains and the Sea.

            His sword was long, his lance was keen.
            His shining helm afar was seen;
            the countless stars of heaven’s field
            were mirrored in his silver shield.

            But long ago he rode away,
            and where he dwelleth none can say;
            for into darkness fell his star
            in Mordor where the shadows are.

            MIA:
            Gil-galad degli Elfi era Sire.
            Di lui suonan tristi arpe e lire;
            suo l’ultimo regno libero e lieto
            tra le Montagne e il Mare quieto.

            Lunga spada e aguzza lancia avea.
            Da lungi l’elmo lucente si scorgea;
            l’infinite stelle del firmamento
            si specchiavan su scudo d’argento.

            Ma da gran tempo è andato via,
            e nessun sa dov’ora egli sia;
            ché nel buio la sua stella è caduta
            a Mordor dov’è l’ombra temuta.

        • Luke Atreides ha detto:

          Caro Valen,
          La tua versione della poesia di Gil-galadn è meravigliosa un ottimo adattamento musicale a tutti gli effetti, secondo me.
          In futuro aspetterò le tue prossime traduzioni.

        • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

          Caro Valen,
          Ho visto solo adesso tutte le tue traduzioni pubblicate di recente e sono ottime, sinceri complimenti ancora una volta.
          Per The Road goes ever on and on devi solo aggiustare un tantino la metrica per ultima stazza.
          Per il resto va bene.

        • Luke Atreides ha detto:

          Caro Valen,
          Ho visto solo adesso la tua versione della Canzone di Nimrodel, è meraviglioso un ottimo adattamento musicale sia per metrica e la rima. Sinceri complimenti per lavoro di traduzione.
          In futuro aspetterò le tue prossime traduzioni(Spero che la prossima sia Il lamento di Frodo per Gandalf o Lamento per Boromir in rima).

          P.s. Vorrei che ne pensa della mia traduzione della Poesia dell’Anello che posto qui per Atlas, con le note mie traduzione e dei termini scelti.

          Tre Anelli agli Elfici Regi sotto la volta celeste, **
          Sette ai Nanici Segnori nelle lor rocciose regge, **
          Nove ai Miseri Omini Mortali dalle sorti funeste, *
          Uno all’Oscuro Sire che sul seggio oscuro segge, **
          Nella Landa di Mordor che l’Ombra riveste. *
          Un Anello per dominarli tutti, Un Anello per trovarli,
          Un Anello per radunarli tutti e nell’oscurità incatenarli
          Nella Landa di Mordor che l’Ombra riveste.

          Note sulla traduzione e dei termini scelti:
          * Mettendo più fedelmente alla costruzione inglese, senza risultare eccessivamente bizzarro in italiano e ricollegandomi ai concetti di traduzione straniante e addomesticante. Lo straniamento, al contrario, mantiene intatta l’alterità del testo di partenza anche a costo di mettere in difficoltà il pubblico di destinazione o infrangere le convenzioni della lingua d’arrivo.
          * Rege: Variante arcaica e poetica di Re, da esempio: né senno astuto né favor di regi all’Itaco le spoglie ardue serbava (Foscolo).
          *Segnore/i: Varianti arcaica di signore/i.
          *Ho fatto un’allitterazione fonetica con “Regge” poiché ha un suono più rotondo e ha la doppia “C” dolce che richiama la doppia “G” dolce di “Regge”.
          * Omini: Variante arcaica e regionale di Uomini
          *Seggio nell’uso letterario, sedia, sedile, luogo su cui si sta seduti: Gir fra le piagge e ’l fiume E talor farsi un seggio Fresco, fiorito e verde (Petrarca); oggi di solito indica il luogo in cui siede un personaggio che ricopre un’altissima carica, ed è usato perciò come sinonimo di Trono: Seggio reale, Seggio episcopale; il Seggio papale o Seggio di san Pietro.
          *Usando Segge dal verbo “Seggere” che è disuso nella lingua italiana standard questo verbo, e potrebbe essere interpretato come un regionalismo da alcuni. Per fare rima con Regge e anche per fare l’allitterazione come il verso originale:

          One for the DARK LoRd on his DARK tHRone.

          Cosi per cui ho tentato di replicarlo:

          Uno all’OSCURO Sire che sul SEGGio OSCURO SEGGe.

          *Landa: territorio pianeggiante arido, sabbioso, con vegetazione erbacea o arbustiva, inadatto alle coltivazioni; terreno incolto, in abbandono.
          *Vittoria Alliata di Villafranca tradusse benissimo i versi principali della poesia ovvero: “One Ring to rule them all, one Ring to find them, One Ring to bring them all and in the darkness bind theme”, e il loro significato ecc. mondificando il verso originale italiano che era cosi:
          Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,

          Mettendo il verso delle adattamento italiano del primo film del Signore degli Anelli e mondificandolo citano il verso di Ottavio Fatica:

          Un Anello per radunarli tutti e nell’oscurità incatenarli,

          L’autore originale, il Professore Tolkien aveva usato la Rima interna e la Rima invertita (o a specchio).
          E ho fatto la stessa cosa pero usando la Rima invertita (o a specchio) e la Rima ipermetra.

          • Valen ha detto:

            Caro Luke, devo dire che la tua versione della Poesia dell’Anello mi piace moltissimo. Incredibile come sei riuscito a mantenere certe forme e strutture in italiano dall’originale: davvero un ottimo adattamento e un lavoro di fino, complimenti.
            Spero che ti farà piacere sapere che ho proprio appena finito di tradurre il Lamento di Frodo per Gandalf… e che sto finendo la canzone dell’Uomo della Luna, nonostante quello che avevo dichiarato in precedenza: ci ho ripensato e mi ci sono provato, e a breve la posterò.
            Per quanto riguarda il Lamento per Boromir è sicuramente tra le mie prossime intenzioni…
            Intanto ecco la tua richiesta fresca fresca (ho incluso alla fine anche la strofa ideata da Sam)

            LAMENTO DI FRODO PER GANDALF

            When evening in the Shire was grey
            his footsteps on the Hill were heard;
            before the dawn he went away
            on journey long without a word.

            From Wilderland to Western shore,
            from northern waste to southern hill,
            through dragon-lair and hidden door
            and darkling woods he walked at will.

            With Dwarf and Hobbit, Elves and Men,
            with mortal and immortal folk,
            with bird on bough and beast in den,
            in their own secret tongues he spoke.

            A deadly sword, a healing hand,
            a back that bent beneath his load;
            a trumpet-voice, a burning brand,
            a weary pilgrim on the road.

            A lord of wisdom throned he sat,
            swift in anger, quick to laugh;
            an old man in a battered hat
            who leaned upon a thorny staff.

            He stood upon the bridge alone
            and Fire and Shadow both defied;
            his staff was broken on the stone,
            in Khazad-dûm his wisdom died.

            (Sam)
            The finest rockets ever seen:
            they burst in stars of blue and green,
            or after thunder golden showers
            came falling like a rain of flowers.

            MIA

            Mentre nella Contea grigia scendea la sera
            i suoi passi sul Colle si potean udire;
            pria dell’alba già partito egli era
            in viaggio senza nulla dire.

            Da Selvalanda a Occidentale costa,
            de nordica piana a meridionale colle,
            per tana di drago e porta nascosta
            e per boschi oscuri andò come volle.

            Con Nani e Hobbit, Elfi e Stirpi Umane,
            con genti mortali e immortali,
            con uccelli su rami e bestie in tane,
            ei discorrea nelle lor lingue speciali.

            Spada letale, mano guarente,
            dorso curvo da fardello gravato;
            voce di tromba, bastone ardente,
            un pellegrino sulla via affaticato.

            Di saggezza gran maestro dotto,
            desto all’ira, pronto al riso;
            un vecchio dal cappello malridotto
            appoggiato a un bastone inciso.

            Sul ponte si erse da solo
            e Fuoco e Ombra sfidò;
            il bastone spezzò al suolo,
            a Khazad-dûm il suo spirto spirò.

            (Sam)
            I razzi più belli mai accesi:
            scoppian in stelle verdi e turchesi,
            o dopo tonanti scrosci d’or
            cadon come piogge di fior.

        • Luke Atreides ha detto:

          Caro Valen,
          La tua versione del lamento di Frodo per Gandalf, è meraviglioso un ottimo adattamento libero e musicale sia per la ottima metrica e la rima. Sinceri complimenti per QUESTO lavoro di traduzione fatto in un baleno.
          In futuro aspetterò le tue prossime traduzioni con piacere.

          P.s. La ringrazio per la risposta per l’apprezzamento della mia versione della poesia dell’anello.

          2 P.S. Vorrei che ne pensa delle mie traduzioni gil-galad, L’Enigma di Strider e L’Enigma di Boromir che posto qui per Atlas, con le note delle mie traduzioni e dei termini scelti.

          L’Enigma di Strider

          Non sempre quel ch’è oro poi risplende,
          Non sempre si smarriscono quei che sono errabondi
          Il vecchio quand’è forte non s’arrende,
          Le radici non gelano nei recessi più fondi.
          La fiamma dalle ceneri or sarà risvegliata.
          Una luce dall’ombre se spregiona;
          Rinnovata sarà la lama che fu spezzata,
          Ritornerà re chi è senza corona.

          (Traduzione in enneasillabo)

          Enigma di Boromir

          Cerca la Spada spezzata:
          A Imladris essa riposa;
          Lì una scelta verrà varata
          Più forte di Morgul maliosa. *
          Lì un segno verrà disvelato
          A man mano il fato è omai vicino,*
          Ché il Fragello d’Isildur s’è destato,*
          E il Mezzuomo è già in cammino.

          Note sulla traduzione dei termine scelti della poesia:

          + Fragello Variante arcaica di flagello e derivati
          + Malioso Di persona dedita a pratiche di stregoneria.
          + Omai Variante arcaica di ormai e derivati

          La Caduta di Gil-Galad

          Gil Galad fu degli Elfi il Regnatore.
          Su di lui un mesto lai d’ogne arpeggiatore;
          Ei fu novissimo probo a regnare
          In libertade fra i Monti e il Mare.

          Lungo l’acciaro, la lancia tagliente,
          Da lungi si vedea l’elmo fulgente;
          Le infinite stelle del firmamento
          Riflesse nel suo scudo d’ariento.

          Ma tempo addietro cavalcò via,
          E nissuno sa dov’ei al presente sia.
          Ché nel tenebror cadde la sua stella;
          A Mordor, ove dimora l’ombra fella.

          Note sulla traduzione dei termine scelti della poesia:

          Regnatore: variante letteraria di regnante, monarca, re, sovrano.
          Mesto: variante letteraria per triste.
          Arpeggiatore: una persona che suona l’arpa.
          Lai: Nella poesia francese medievale, componimento lirico di argomento amoroso o fantastico, recitato o cantato con accompagnamento musicale.
          Ogne: variante arcaica e letteraria d’ogni.
          Novissimo: variante letteraria per ultimo
          Probo: variante letteraria per giusto.
          libertade: variante arcaica e letteraria per libertà.
          Acciaro: variante poetica e letteraria per spada.
          Fulgente: variante letteraria splendente ed simili.
          Ariento: Variante arcaica di argento. Es. Quivi le tavole messe videro, con tovaglie bianchissime, e con bicchieri, che d’ariento parevano. (Boccaccio).
          Nissuno: variante letteraria per NESSUNO.
          Fello: variante letteraria di malvagio, empio, scellerato, Irato, crucciato, risentito.

          • Valen ha detto:

            Caspita Luke, le tue traduzioni sono davvero notevoli.
            Si percepiscono chiaramente la cura e l’attenzione che ci sono dietro, sia per i versi che per le parole. Per gusto e sensibilità personali, forse alcuni termini mi suonano fin troppo arcaizzanti, in particolare nel Canto di Gil-galad; ma è anche vero che danno un tono molto epico e solenne, e non inficiano affatto la comprensione del contenuto. Personalmente, credo che il primo merito della nuova traduzione di Fatica sià quello di spingere il lettore verso nuove soluzioni, rompendo alcuni tabù storici e alimentando lo sforzo di scoprire di persona il significato e la bellezza del testo originale, per poi magari farlo proprio. Come dimostra il tuo lavoro. Quindi grazie.

            PS Il lamento di Frodo per Gandalf non l’ho fatto in un baleno: l’avevo già iniziato giorni fa e l’avevo fortunosamente completato poco prima di leggere il tuo post.

        • Luke Atreides ha detto:

          Ti ringrazio caro Valen per la risposta per l’apprezzamento delle mie traduzioni.
          P.s. Vorrei che ne pensa delle mie due versioni del LAMENTO DI FRODO PER GANDALF che sono solo dei tentativi di traduzione, che posto qui per Atlas, con le mie note traduzione e dei termini scelti.

          Il lamento di Frodo per Gandalf Versione 1

          Quando la sera era grigia sulla Contea
          Il suon dei suoi passi si udiva sul colle;
          Partì quando l’alba ancor non splendea
          Non disse favella nel lungo viaggio volle. ***

          Dalla Selvalanda e a ovest per costa,
          Al sud per colline ed al nord per distese,
          Tra il covo dell’angue e la porta nascosta *
          E per selve oscure andò dove pretese.

          A Nani ed a Hobbit, genti Elfiche e Umane,
          Con quelli che son perituri a quella etterna, **
          Augelli sui rami ed a bestie in lor tane, *
          Ei d’ognuno il celato favellar governa. ***

          È l’acciaro mortale, è teda brillante, **
          È tergo che cede al fardello pesante; *
          È man che guerisce, è voce tonante, **
          È sulla strada un fiacco peregrinante. *

          Un savio segnore sul seggio era assiso, ****
          Lesto al riso e nell’ira impetuoso;
          Un vecchio con un cappello liso *
          Che s’appoggia a un baston spinoso. *

          Ei solingo sul ponte s’elevò, **
          E il Fuoco e l’Ombra ei sfidò,
          Il suo baston sulla pietra si spezza,
          A Khazad-dûm morì la sua saviezza*

          I razzi più belli mai visti o creati:
          Scoppiavano in stelle di verde e di blu
          O dopo un gran tuono con scrosci aurati
          In pioggia di fiori scendevano giù.

          Note sulla traduzione dei termini scelti:

          * Favella: Variante poetica di parola.
          * Volle: Variante arcaica e poetica per volere
          * Angue: Variante letteraria per drago, serpente (usato anche raramente al femminile) occulto come in erba l’angue [Dante] | come in bel prato… / giace sovente angue maligno ascoso [Tasso] | celan le selve angui, leoni ed orsi / dentro il lor verde [Tasso] | come l’angui attorte / de la Gorgone [D’Annunzio]
          * Selva/e: Variante letteraria per boschi.
          * Perituro/i: Destinato a scomparire.
          * Etterno/a: Variante arcaica per eterno/a per citare solo il Sommo Poeta Dante Alighieri.
          *Augello: Variante arcaica e poetica di Uccello, da esempio: Gittansi di quel lito ad una ad una, Per cenni come augel per suo richiamo (Dante); in su’ rami fra novelle fronde Cantano i loro amor soavi a. (Poliziano); Fosche con volo di sinistri augelli Vengon le nubi (Carducci).
          * Ei: Forma arcaica e letteraria del pronome personale maschile di terza persona singolare egli.
          * Favellare: Variante poetica e letteraria per lingua.
          * L’acciaro: Variante regionale e poetico di acciaio e anche di spada, da esempio: Pugnan per altra terra itali acciari (Leopardi).
          *Teda: Variante letteraria per torcia.
          * Tergo: Variante letteraria per Dorso, schiena
          * Guerire: Variante arcaica di guarire.
          * Peregrinante: Che va vagando qua e là, specificamente in regioni lontane.
          * Savio: Variante poetica e arcaica per Saggio.
          *Segnore: Varianti arcaica di signore.
          *Seggio nell’uso letterario, sedia, sedile, luogo su cui si sta seduti: Gir fra le piagge e ’l fiume E talor farsi un seggio Fresco, fiorito e verde (Petrarca); oggi di solito indica il luogo in cui siede un personaggio che ricopre un’altissima carica, ed è usato perciò come sinonimo di trono: seggio reale, seggio episcopale; il seggio papale o seggio di san Pietro.
          *Assiso: Variante letteraria per Seduto: Venia sublime in un gran carro assisa (T. Tasso); Come assiso talvolta il villano Sulla porta del cheto abituro … (Manzoni); com. Soprattutto in unione col verbo essere (o stare): Da questa parte … sono assisi Quei che credettero in Cristo venturo (Dante); Ell’era assisa sovra la verdura (Poliziano). Per estensione, di animali, posato, sdraiato: Giacean le pecorelle all’ombra assise (T. Tasso); di cose e luoghi, collocato, situato: Per morir si gittò giù d’una riva Che vi trovò sopra un vallone assisa (Ariosto)
          *Liso: Variante letteraria per Logoro, consumato; si dice soprattutto di stoffe, biancheria, panni che per il lungo uso si sono tanto assottigliati che si rompono facilmente o mostrano la corda del tessuto: una camicia, una giacca, una federa, una tenda tutta l.; aveva i calzoni l. alle ginocchia; un abito di foggia antiquata, un po’ l., più adatto alle faccende domestiche che a una visita (Ernesto Ferrero). Raro e poetico con uso estensione: da tanti dolori liso al cuore, Ecco, si ruppe (Pascoli).
          *Saviezza: Variante poetica e arcaica per Saggio.
          *Aurati: Variante letteraria di Dorato, di color oro o splendente come l’oro da esempio: dalle aurate volte (Parini); Di Cinzia il cocchio aurato Le cerve un dì traevano (Foscolo).

          Il lamento di Frodo per Gandalf versione 2 ASSAI MOLTO LIBERA E BOZZATA.

          Bigio era il vespero nella Contea,
          Risuonavan i suoi passi sul Colle;
          Ma pria che l’aurora non fulgea
          Non disse nulla nel viaggio volle.

          Da Selvalanda al Lito Occidente,
          Dal borea all’austro, da clivo a piana,
          Nel covo del dragone o porta arcana
          Né buie selve ei camminava volente.

          Con Elfi e Umani, Hobbit e Nani,
          Con immortale e miseri umani,
          Augelli sui rami e animali selvaggi,
          Parlava nei lor celati linguaggi.

          Un acciaro mortale, una man curante
          Un tergo che si curva sotto il suo peso,
          Una voce tonante, un tizzo acceso,
          Sulla strada uno stanco peregrinante.

          Segnor di saggezza troneggiato,
          Nell’ira furiosa, lesto al riso;
          sul bastone ispido s’appoggiato
          un vecchio dal cappello liso.

          Solo sul ponte non stava per giuoco,
          Ma per sfidare l’ombra e il fuoco;
          Il suo baston sulla pietra si spezza,
          A Khazad-dûm muore la sua saggezza.

          Oppure cosi:
          Sul ponte si piantò da solo
          il Fuoco e l’Ombra a trattenere;
          il suo bastone ruppe al suolo,
          a Khazad-dûm morì il sapere.

          * Borea /’bɔrea/ s. m. [dal lat. boreas, gr. boréas]. – 1. (meteor.) [vento di settentrione] ≈ (lett.) aquilone, (lett.) rovaio, tramontana. 2. (estens., lett.) [punto cardinale] ≈ (lett.) aquilone, mezzanotte, nord, settentrione, tramontana. ↔ austro, meridione, mezzogiorno, sud.

          * Austro /’austro/ s. m. [dal lat. auster -stri]. – 1. (meteor.) [vento che spira dal sud] ≈ (ant.) noto, (lett.) ostro. 2. (estens.) [il sud come punto cardinale] ≈ meridione, mezzogiorno, (lett.) ostro, sud. ↔ mezzanotte, nord, settentrione, tramontana.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Bellissime traduzioni Valen!
          Bravo, hai fatto un lavorane .
          P.s. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, poeticamente e in rima questa canzone di Tom Bombadil:

          I had an errand there: gathering water-lilies,
          green leaves and lilies white to please my pretty lady,
          the last ere the year’s end to keep them from the winter,
          to flower by her pretty feet till the snows are melted.
          Each year at summer’s end I go to find them for her,
          in a wide pool, deep and clear, far down Withywindle;
          there they open first in spring and there they linger latest.
          By that pool long ago I found the River-daughter,
          fair young Goldberry sitting in the rushes.
          Sweet was her singing then, and her heart was beating!

          And that proved well for you–for now I shall no longer
          go down deep again along the forest-water,
          not while the year is old. Nor shall I be passing
          Old Man Willow’s house this side of spring-time,
          not till the merry spring, when the River-daughter
          dances down the withy-path to bathe in the water.

          P.P.S. Anche tu Luke.

          • Valen ha detto:

            Grazie Dario per il tuo commento.
            Ecco la mia personale traduzione, spero ti piaccia.

            A coglier ninfee, là il dover mi chiama,
            e verdi foglie e bianchi gigli per la mia dama,
            l’ultime dell’anno, per salvarle dalle gelate,
            e ornar i suoi piedi finché non si sciolga la neve.
            Ogni anno per lei le cerco a fine estate,
            in una polla del Sinuosalice, profonda e lieve;
            lì sboccian presto in primavera e a lungo son in fior.
            Presso la polla la figlia del Fiume trovai allor,
            tra l’onde sedea giovane e leggiadra Baccador.
            Dolce era il suo canto quel dì, e vivo il suo cuor!

            E ciò fu un bene per te, ma or non più
            in fondo alla polla del bosco andrò giù,
            non con l’anno vecchio. Né andrò alla magione
            del Vecchio Uomo Salice in tal stagione,
            non pria di primavera, quando la figlia del Fiume ridente
            danzerà per il sentier per bagnarsi alla sorgente.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          È bellissima, Valen.
          Sinceri complimenti per questa lavoro di traduzione.
          Bravissimo, hai fatto un lavorane maestoso.
          P.s. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente, in rima la canzone The Stone Troll di Samwise Gamgee:

          Troll sat alone on his seat of stone,
          And munched and mumbled a bare old bone;
          For many a year he had gnawed it near,
          For meat was hard to come by.
          Done by! Gum by!
          In a cave in the hills he dwelt alone,
          And meat was hard to come by.

          Up came Tom with his big boots on.
          Said he to Troll: ‘Pray, what is yon?
          For it looks like the shin o’ my nuncle Tim.
          As should be a-lyin’ in the graveyard.
          Caveyard! Paveyard!
          This many a year has Tim been gone,
          And I thought he were lyin’ in the graveyard.’

          ‘My lad,’ said Troll, ‘this bone I stole.
          But what be bones that lie in a hole?
          Thy nuncle was dead as a lump o’ lead,
          Afore I found his shinbone.
          Tinbone! Thinbone!
          He can spare a share for a poor old troll,
          For he don’t need his shinbone.’

          Said Tom: ‘I don’t see why the likes o’ thee
          Without axin’ leave should go makin’ free
          With the shank or the shin o’ my father’s kin;
          So hand the old bone over!
          Rover! Trover!
          Though dead he be, it belongs to he;
          So hand the old bone over!’

          ‘For a couple o’ pins,’ says Troll, and grins,
          ‘I’ll eat thee too, and gnaw thy shins.
          A bit o’ fresh meat will go down sweet!
          I’ll try my teeth on thee now.
          Hee now! See now!
          I’m tired o’ gnawing old bones and skins;
          I’ve a mind to dine on thee now.’

          But just as he thought his dinner was caught,
          He found his hands had hold of naught.
          Before he could mind, Tom slipped behind
          And gave him the boot to larn him.
          Warn him! Darn him!
          A bump o’ the boot on the seat, Tom thought,
          Would be the way to larn him.

          But harder than stone is the flesh and bone
          Of a troll that sits in the hills alone.
          As well set your boot to the mountain’s root,
          For the seat of a troll don’t feel it.
          Peel it! Heal it!
          Old Troll laughed, when he heard Tom groan,
          And he knew his toes could feel it.

          Tom’s leg is game, since home he came,
          And his bootless foot is lasting lame;
          But Troll don’t care, and he’s still there
          With the bone he boned from its owner.
          Doner! Boner!
          Troll’s old seat is still the same,
          And the bone he boned from its owner

          • Valen ha detto:

            Questa del troll l’avevo già tradotta a suo tempo. quindi eccola qui.

            Un Troll sedeva solo sul suo sassoso seggiolo,
            Sgranocchiando un vecchio osso come un torsolo;
            Da molti anni ormai lo rosicchiava,
            Ché di carne non se ne trovava.
            Rosica! Sbava!
            In una grotta tra i colli abitava solo,
            E di carne non se ne trovava.

            Tutto stivalato ecco Tom arrivato.
            Disse al Troll: “Ehi, cos’è capitato?
            Dello zio Tim sembran quell’ossa.
            Ma dovrebbe giacer nella fossa.
            Scossa e riscossa!
            Da molti anni Tim è mancato,
            E credevo fosse nella fossa”.

            “Figliol”, disse il Troll, “l’ho rubato quell’osso.
            E a che servon le ossa lasciate in un fosso?
            Tuo zio era stecchito e spacciato,
            Quando il suo stinco ho trovato.
            Scavato e sterrato!
            Può spartirlo con un vecchio troll grosso,
            Del suo stinco può esser privato».

            Tom disse: “Non mi par che i tuoi par
            Possan far come gli par
            Con lo stinco o la tibia d’un mio familiar;
            Perciò l’osso ridammi all’istante!
            Furfante e lestofante!
            Pur se morto sta, è di sua proprietà;
            Perciò l’osso ridammi all’istante!”.

            “Tutto sommato”, disse il Troll scanzonato,
            “Con te e le tue ossa mi farò uno stufato.
            Un bel brasato sarà dolce al palato!
            Su di te proverò i miei denti ora.
            Attento, guarda ora!
            Di rosicchiar pelli e ossa mi son stufato;
            Ho voglia di spolparti ora”.

            Ma benché certo di farsi un banchetto,
            Scoprì che le sue mani nulla avean stretto.
            Prima d’ogni previsione, Tom entrò in azione
            E lo stival gli appioppò come lezione.
            Attenzione, maledizione!
            Tom pensò che sul didietro il colpo suddetto
            Sarebbe stata un’ottima lezione.

            Ma più dure d’un sasso son la carne e l’osso
            Di un troll che siede solo su un dosso.
            È come dare un calcio a una rupe possente,
            Il didietro di un troll non lo sente.
            Gemente, si pente!
            Il vecchio Troll rise, sentendo Tom gemere scosso,
            E vedendo il suo piede dolente.

            Or ch’è a casa, a Tom la gamba fa male,
            E zoppo è il suo piede senza stivale;
            Ma il Troll è ancor lì, e non gli cale,
            Con l’osso sfilato al suo padrone.
            Predone e ladrone!
            Il Troll sta sul suo seggio sempre uguale,
            Con l’osso sfilato al suo padrone!

        • Dario Saccavilla ha detto:

          È ultra-bellissima, Valen.
          Sinceri complimenti per questa lavoro di traduzione.
          Bravissimo, hai fatto un lavorane maestoso.
          P.s. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente, in rima La Canzone di Eldamar di Galadriel.
          Poiché ho visto quella di Luke e voglio vedere la tua versione.

          • Valen ha detto:

            Anche questa l’avevo già tradotta a suo tempo. Eccola.

            Di foglie cantai, foglie d’or, e foglie d’or fioriron feconde:
            Di vento cantai, un vento s’alzò e soffiò tra le fronde.
            Oltre il Sole, oltre la Luna, sul Mar la schiuma lucea,
            E sul lido d’Ilmarin un Albero d’oro crescea.
            Sotto le stelle di Vespreterno in Eldamar sorgea fulgente,
            A Eldamar, alle mura dell’Elfica Tirion adiacente.
            Là le foglie d’oro per anni e anni son germogliate,
            Mentre qui oltre i Mar Divisori lacrime d’Elfi vengon versate.
            O Lorien! Vien l’inverno, Tempo spoglio e di foglie privo;
            Cadon le foglie nella corrente, e lontan scorre il rivo.
            O Lorien! Troppo a lungo ho dimorato sul Lido Citerior
            E sbiadita è la mia corona di dorati elanor.
            Ma se di navi or dovessi cantar, qual nave giungerebbe al mio grido,
            Qual nave per il gran Mar mi ricondurrebbe all’antico lido?

        • Dario Saccavilla ha detto:

          È ultra-bellissima, Valen.
          Sinceri complimenti per questa lavoro di traduzione.
          Bravissimo, hai fatto un lavorane maestoso
          Son ambedue belle (la tua e quella di Luke).
          Come gli altri utenti prima di me come ti hanno detto, devi sistemare un po’ la metrica.
          Per il resto è tutto okay.
          P.s. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente, in rima i canti:

          1) Ho! Ho! Ho! to the bottle I go
          To heal my heart and drown my woe.
          Rain may fall and wind may blow,
          And many miles be still to go,
          But under a tall tree I will lie,
          And let the clouds go sailing by.

          2) Upon the hearth the fire is red,
          Beneath the roof there is a bed;
          But not yet weary are our feet,
          Still round the corner we may meet
          A sudden tree or standing stone
          That none have seen but we alone.
          Tree and flower and leaf and grass,
          Let them pass! Let them pass!
          Hill and water under sky,
          Pass them by! Pass them by!

          Still round the corner there may wait
          A new road or a secret gate,
          And though we pass them by today,
          Tomorrow we may come this way
          And take the hidden paths that run
          Towards the Moon or to the Sun.
          Apple, thorn, and nut and sloe,
          Let them go! Let them go!
          Sand and stone and pool and dell,
          Fare you well! Fare you well!

          Home is behind, the world ahead,
          And there are many paths to tread
          Through shadows to the edge of night,
          Until the stars are all alight.
          Then world behind and home ahead,
          We’ll wander back to home and bed.
          Mist and twilight, cloud and shade,
          Away shall fade! Away shall fade!
          Fire and lamp, and meat and bread,
          And then to bed! And then to bed!
          (Ho visto quella di Luke è molto bella, ma vorrei vedere la tua versione)

          3) Hey! now! Come hoy now! Whither do you wander?
          Up, down, near or far, here, there or yonder?
          Sharp-ears, Wise-nose, Swish-tail and Bumpkin,
          White-socks my little lad, and old Fatty Lumpkin!

          4) O slender as a willow-wand! O clearer than clear water!
          O reed by the living pool! Fair River-daughter!
          O spring-time and summer-time, and spring again after!
          O wind on the waterfall, and the leaves’ laughter!

          5) Snow-white! Snow-white! O Lady clear!
          O Queen beyond the Western Seas!
          O light to us that wander here
          Amid the world of woven trees!

          Gilthoniel! O Elbereth!
          Clear are thy eyes and bright thy breath!
          Snow-white! Snow-white! We sing to thee
          In a far land beyond the sea.

          O Stars that in the Sunless Year
          With shining hand by her were sown,
          In windy fields now bright and clear
          We see your silver blossom blown!

          O Elbereth! Gilthoniel!
          We still remember, we who dwell
          In this far land beneath the trees,
          Thy starlight on the Western Seas.

          6) Farewell we call to hearth and hall!
          Though wind may blow and rain may fall,
          We must away ere break of day
          Far over wood and mountain tall.

          To Rivendell, where Elves yet dwell
          In glades beneath the misty fell,
          Through moor and waste we ride in haste,
          And whither then we cannot tell.

          With foes ahead, behind us dread,
          Beneath the sky shall be our bed,
          Until at last our toil be passed,
          Our journey done, our errand sped.

          We must away! We must away!
          We ride before the break of day!

          • Valen ha detto:

            Delle tue sei richieste, purtroppo finora ho tradotto soltanto la 5. Le altre forse le affronterò in futuro…

            5) O tu bianca come neve! O Dama lucente!
            O tu Regina al di là dei Mar d’Occidente!
            O tu luce per noi qui a vagar votati
            In un mondo d’alberi intrecciati!

            O Elbereth! Gilthoniel!
            Terso il tuo respiro e gli occhi come il ciel!
            O tu bianca come neve! A te eleviamo canti
            Di là dal mare in terre distanti.

            O Stelle nell’Anno Senza Sole
            Con man lucente da lei seminate,
            Or fulgide e chiare in ariose aiuole
            Vediam sbocciar le vostre corolle argentate!

            O Elbereth! Gilthoniel!
            Ricorda ancor, chi vive a te fedel
            In questa terra lontana e virente,
            La luce delle tue stelle sui Mar d’Occidente.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Ottimo lavoro Valen.
          Molto bella la tua traduzione anziché quella di Luke.
          Ti consiglio una piccola modifica di questa stazza:

          O tu nivea! O Dama lucente!
          O Reina al di là dei Mar d’Occidente! *
          O lume rivolto a noi vagati*
          Nel mondo degli alberi intrecciati!

          *Bianco come la neve; di straordinaria candidezza o purezza (con una sfumatura di intatta, immacolata freschezza).
          *Reina: Forma arcaica o poetica di regina: Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina, Ramondo Beringhiere (Dante); Siedi De le mense reina (Parini)
          *Vagato/i: participio passato di vagare

          Per il resto okay.
          Aspetterò le tue prossime traduzione.
          P.s. Quali sono quelle traduzioni che avevi già tradotto da tempo(tranne quelle postate qui)?

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Visto che questa sembra essere diventata la pagina delle traduzioni alternative, e visto che nessuno l’ha ancora inserita, provo anch’io a postare la mia versione del canto di Gandalf su Lórien e Vorrei sapere il tuo parere personale Valen, se hai qualche consiglio per modificarla (rime, metrica e poetica, errori di traduzione ecc.) dimmi tutto senza peli sulla lingua.

          Testo originale:
          In Dwimordene, in Lórien
          Seldom have walked the feet of men,
          Few mortal eyes have seen the light
          That lies there ever, long and bright.
          Galadriel! Galadriel!
          Clear is the water of your well;
          White is the stars in your white hand;
          Unmarred, unstained is leaf and land
          In Dwimordene, in Lórien
          More fair than thoughts of Mortal Men.

          Ecco il mio testo:

          A Dwimordene, a Lórien
          Di raro il passo dell’uomo pervien,
          Pochi sguardi mortali han veduto lucente
          Lì giace in eterno, a lungo e splendente.
          Galadriel! Galadriel!
          Chiara è l’acqua della tua fonte come il ciel;
          Bianchi gli astri in mano candita a te;
          Illibati, immacolati son foglia e la terra è.
          A Dwimordene, a Lórien
          Più nobile ogne pensier mortal non pervien.

          P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente, in rima la tua versione del canto di Gandalf su Lórien.

          • Valen ha detto:

            Questa di Galadriel l’avevo già tradotta.
            Ecco la mia versione:

            A Lórien, a Dwimordene
            Di rado piede d’Uomo viene,
            Pochi occhi mortali han visto il chiaror
            Che luminoso vi si estende ognor.
            Galadriel! Galadriel!
            La tua fonte è chiara come il ciel;
            Bianca la stella nella tua bianca man;
            Pure e immacolate foglia e terra stan
            A Lórien, a Dwimordene
            Amena più ch’a Uomo Mortal sovviene.

            Riguardo alla tua versione, non credo di avere la competenza per giudicare o consigliare. Posso solo dire che la trovo ben fatta; forse l’unica nota è che credo che “Lòrien” non possa rimare correttamente con “pervien”, perché ha l’accento sulla O e non sulla E.
            In ogni caso è forse una delle poesie con cui mi son trovato più in difficoltà.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Grazie mille per il tuo aiuto e di avermi riposto, Valen.
          Meglio la tua versione che la mia.
          P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu(o hai già tradotto), fedelmente e poeticamente, in rima le tue versioni di questi canti:

          1)
          Out of doubt, out of dark, to the day’s rising
          I came singing in the sun, sword unsheathing.
          To hope’s end I rode and to heart’s breaking:
          Now for wrath, now for ruin and a red nightfall!
          Out of doubt, out of dark, to the day’s rising
          he rode singing in the sun, sword unsheathing.
          Hope he rekindled, and in hope he ended;
          over death, over dread, over doom lifted
          out of loss, out of life, unto long glory.

          2)
          Learn now the lore of Living Creatures!
          First name the four, the free peoples:
          Eldest of all, the elf-children;
          Dwarf the delver, dark are his houses;
          Ent the earthborn, old as mountains;
          Man the mortal, master of horses:

          Beaver the builder, buck the leaper,
          Bear bee-hunter, boar the fighter;
          Hound is hungry, hare is fearful…

          Eagle in eyrie, ox in pasture,
          Hart horn-crownéd; hawk is swiftest,
          Swan the whitest, serpent coldest…
          Half-grown hobbits, the hole-dwellers
          Ents the earthborn, old as mountains,
          the wide-walkers, water drinking;
          and hungry as hunters, the Hobbit children,
          the laughing-folk, the little people.

          3)
          O Orofarnë, Lassemista, Carnimírië!
          O rowan fair, upon your hair how white the blossom lay!
          O rowan mine, I saw you shine upon a summer’s day,
          Your rind so bright, your leaves so light, your voice so cool and soft:
          Upon your head how golden-red the crown you bore aloft!
          O rowan dead, upon your head your hair is dry and grey;
          Your crown is spilled, your voice is stilled for ever and a day.
          O Orofarnë, Lassemista, Carnimírië!

          4)
          Tall ships and tall kings
          Three times three,
          What brought they from the foundered land
          Over the flowing sea?
          Seven stars and seven stones
          And one white tree.

          5)
          Grey as a mouse,
          Big as a house,
          Nose like a snake,
          I make the earth shake,
          As I tramp through the grass;
          Trees crack as I pass.
          With horns in my mouth
          I walk in the South,
          Flapping big ears.
          Beyond count of years
          I stump round and round,
          Never lie on the ground,
          Not even to die.
          Oliphaunt am I,
          Biggest of all,
          Huge, old, and tall.
          If ever you’d meet me
          You wouldn’t forget me.
          If you never do,
          You won’t think I’m true;
          But old Oliphaunt am I,
          And I never lie.

          6)
          Aragorn

          Where now are the Dúnedain, Elessar, Elessar?
          Why do thy kinsfolk wander afar?
          Near is the hour when the Lost should come forth,
          And the Grey Company ride from the North.
          But dark is the path appointed for thee:
          The Dead watch the road that leads to the Sea.

          Legolas

          Legolas Greenleaf long under tree
          In joy thou hast lived. Beware of the Sea!
          If thou hearest the cry of the gull on the shore,
          Thy heart shall then rest in the forest no more.

          Gimli

          Lock-bearer, wherever thou goest my thought goes with thee.
          But have a care to lay thine axe to the right tree!”

          Solo per la mia curiosità.

          • Valen ha detto:

            Di quelle che mi chiedi ho tradotto solo queste finora:

            1) Il canto di Eomer

            Dal dubbio e dal buio al giorno appena nato
            Venni al sol cantando, il brando sguainato.
            Cavalcai finché fui senza speme e col cuor spezzato:
            Ora per ira, rovina e un crepuscolo insanguinato!

            Dal dubbio e dal buio al giorno appena nato
            Cavalcò al sol cantando, il brando sguainato.
            La speme ei riaccese, e nella speme ebbe fin;
            elevato al di sopra di morte, paura e destin
            lontan da perdita e vita, verso gloria infinita.

            4) Alte navi e alti re
            Tre volte tre,
            Che portaron dal reame sommerso
            Al di là del mare avverso?
            Sette stelle e sette pietre veggenti
            E un albero bianco parimenti.

            5) L’Olifante

            Grigio com’un topolino,
            son alto fin al camino,
            Naso lungo come serpe,
            treman terra e sterpe,
            Quando incedo per i prati;
            Dove passo, alberi spezzati.
            In bocca più d’un corno,
            Nel Sud vado e torno,
            Sbattendo i grandi orecchi.
            Da anni ormai parecchi
            In giro vo randagio,
            A terra mai mi adagio,
            Neppur s’agonizzante.
            Io sono Olifante,
            Su tutti torreggiante,
            Alto, antico e gigante.
            Qualor mi’incontrerai
            Più non mi scorderai.
            Se non mi vedrai mai,
            Che’io non sia penserai;
            Ma Olifante son, l’antico,
            del vero sempre amico.

            6) Aragorn
            Dove sono ora i Dúnedain, Elessar, Elessar?
            Perché la tua gente usa lontano vagar?
            L’ora dei Perduti si va avvicinando,
            E la Grigia Compagnia dal Nord vien cavalcando.
            Ma oscura è la via per te designata:
            La strada verso il Mare dai Morti è guardata.

            Legolas
            Legolas Verdefoglia a lungo sotto le fronde
            Nella gioia hai vissuto. Attento alle Onde!
            Se sulla riva del gabbiano odi il clamore,
            Nella foresta più non riposerà il tuo cuore.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Ancora sinceri complimenti Valen per le tue magnifiche traduzioni.
          Soprattutto i canti degli hobbit.
          (stra-belle per le rime e preferisco adesso la tua versione FAREWELL WE CALL TO HEARTH AND HALL! invece dei traduttori ufficiali)e O esile come fronda di salice.
          Per Fuggi, vecchio Essere! devi aggiustare la metrica all’ultimo verso e per il resto è buona.
          P.S. Vorrei sapere in futuro come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente in rima le tue versioni dei canti: Hey! now! Come hoy now! Whither do you wander? e i canti degli Eorlighi: Song of the Mounds of Mundburg e” From dark Dunharrow in the dim morning ” è la canzone della corsa di Théoden e dei suoi cavalieri verso est in aiuto di Gondor, ed Song of the Mounds of Mundburg
          la canzone scritta da un poeta anonimo di Rohan alcuni anni dopo la Battaglia dei Campi del Pelennor . Riguardava quelli uccisi in battaglia, quelli sepolti sui tumuli di Mundburg, Sing now, ye people of the Tower of Anor la proclama pronunciato da una grande Aquila al popolo di Minas Tirith , che annuncia la sconfitta di Sauron e la vittoria del Re . L’Aquila venne dai Signori dell’Ovest subito dopo che un vento aveva spazzato via l’ Ombra nel cielo. La gente di Minas Tirith era già piena di gioia per questo, e ha risposto alle parole dell’Aquila con canti per le strade.
          Poiché sei stato un ottimo traduttore poeta in questi commenti.

    • Norbert ha detto:

      Tardivi ma sinceri complimenti a Valen anche da parte mia per le sue traduzioni
      Scorro i commenti perché non ho ancora letto tutti i commenti

    • Dario Saccavilla ha detto:

      Ancora sinceri complimenti Valen per le tue magnifiche traduzioni.
      Soprattutto quella dei I messaggi di Galadriel (manca il pezzo di Gimili, se posterai la prossima volta) e Olifante.
      MAGNIFICHE TRADUZIONI!!!
      P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu(o hai già tradotto), fedelmente e poeticamente, metrica, in rima le tue versioni di questi canti del Ritorno del Re:

      1)
      Il canto di Legolas

      To the Sea, to the Sea! The white gulls are crying,
      The wind is blowing, and the white foam is flying.
      West, west away, the round sun is falling.
      Grey ship, grey ship, do you hear them calling,
      The voices of my people that have gone before me?
      I will leave, I will leave the woods that bore me;
      For our days are ending and our years failing.
      I will pass the wide waters lonely sailing.
      Long are the waves on the Last Shore falling,
      Sweet are the voices in the Lost Isle calling,
      In Eressëa, in Elvenhome that no man can discover,
      Where the leaves fall not: land of my people for ever!

      (Scommetterò che la tua versione che sarà magnifica rispetto Alliata e Fatica)

      2)
      In western lands beneath the Sun
      the flowers may rise in Spring,
      the trees may bud, the waters run,
      the merry finches sing.
      Or there maybe ‘tis cloudless night
      and swaying beeches bear
      the Elven-stars as jewels white
      amid their branching hair.
      Though here at journey’s end I lie
      in darkness buried deep,
      beyond all towers strong and high,
      beyond all mountains steep,
      above all shadows rides the Sun
      and Stars for ever dwell:
      I will not say the Day is done,
      nor bid the Stars farewell.

      • Valen ha detto:

        Ecco il messaggio di Galadriel per Gimli, che avevo dimenticato:

        Portatore della ciocca, il mio pensier ti seguirà ovunque tu vada.
        Ma fa’ che la tua ascia sull’albero giusto cada!

        …e le altre 2 richieste:

        1) Il canto di Legolas

        Al Mare, al Mare! I bianchi gabbiani stan cantando,
        Soffia il vento e bianca la schiuma va volando.
        A ovest, a ovest, il sole va a tramontare.
        Grigia nave, grigia nave, odi chiamare
        Le voci del popol mio che m’ha preceduto?
        Lascerò, lascerò i boschi ove son cresciuto;
        Ché i nostri giorni e i nostri anni van calando.
        L’ampie acque traverserò da sol navigando.
        Lunghe all’Ultimo Lido l’onde si posan,
        Dolci nell’Isola Perduta le voci risuonan,
        A Eressëa, Terra d’Elfi ignota all’umanità,
        Ove foglia non cade: del mio popol terra per l’eternità!

        2) La filastrocca di Sam

        Sotto il Sole in occidente
        a Primavera nascon i fiori,
        sboccian le piante, scorre la corrente,
        i fringuelli allegri fan cori.
        O forse tersa la notte scende
        e reggon i faggi oscillanti
        le stelle Elfiche qual gemme stupende
        tra le lor chiome verdeggianti.
        Sebben io sia alla fin dei miei giri
        sepolto in tenebre diserte,
        oltre tutti i torrioni alti e diri,
        oltre tutte le montagne più erte,
        sovra ogni ombra il Sole incede
        e le Stelle dimoran imperiture:
        Non dirò che il Giorno or cede,
        e addio alle Stelle neppure.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Ancora sinceri complimenti Valen per le tue magnifiche traduzioni.
          Soprattutto quella il canto di Legalas (stra-bella, assai meglia dei traduttori ufficiali) e la filastrocca di sam.
          MAGNIFICHE TRADUZIONI!!!
          Visto che questa sembra essere diventata la pagina delle traduzioni alternative, e visto che nessuno l’ha ancora inserita, provo anch’io a postare la mia versione Ere iron was found or tree was hewn ed Over the land there lies a long shadow
          e Vorrei sapere il tuo parere personale Valen, se hai qualche consiglio per modificarla (rime, metrica e poetica, errori di traduzione ecc.) dimmi tutto senza peli sulla lingua.

          Testi originali:
          Ere iron was found or tree was hewn,
          When young was mountain under moon;
          Ere ring was made, or wrought was woe,
          It walked the forests long ago.
          ……..
          Over the land there lies a long shadow,
          westward reaching wings of darkness.
          The Tower trembles; to the tombs of kings
          doom approaches. The Dead awaken;
          for the hour is come for the oathbreakers:
          at the Stone of Erech they shall stand again
          and hear there a horn in the hills ringing.
          Whose shall the horn be? Who shall call them
          from the grey twilight, the forgotten people?
          The heir of him to whom the oath they swore.
          From the North shall he come, need shall drive him:
          he shall pass the Door to the Paths of the Dead.

          Ecco i mie testi:

          Il tronco ancor non si tagliava,
          Il monte era in verde età,
          Anello ancor non si forgiava,
          E lui nel bosco errava già.
          ……….
          Sopra la terra si stende una tenebra,
          oscure le ali che allunga a occidente.
          La Torre trema; alla tomba dei re
          Il fato si compie. Si destano i Morti;
          perché è giunta l’ora di quegli spergiuri:
          Alla Pietra di Erech ancor si ergeranno
          E sui colli un corno squillare udranno.
          Chi suona il corno? Chi è che lo chiama,
          dalla grigia penombra, il popolo obliato?
          L’erede di colui cui giurarono un tempo.
          Dal Nord sopraggiunge, bisogno lo sprona:
          varcherà la Porta delle Vie dei Morti.

          P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente, in rima le tue versione Ere iron was found or tree was hewnsu ed Over the land there lies a long shadow

          • Valen ha detto:

            Dunque Dario, visto che me lo chiedi, credo che la tua versione di Ere iron was found abbia un grande pregio che è anche però una mancanza: è molto incisiva come l’originale, ma per mantenere tale incisività hai dovuto rinunciare alla completezza di alcune parti; d’altro canto non si può avere entrambe, e occorre fare una scelta. Quindi non è propriamente un difetto, ma una soluzione che rispecchia le preferenze del traduttore. Io ad esempio ho optato in modo opposto: per mantenere il testo integrale ho rinunciato all’incisività: son gusti.

            Pria che fosser lavorati ferro o pianta alcuna,
            Quando giovane era il monte sotto la luna;
            Pria che fosser realizzati anello od opera prava,
            Gran tempo fa per le selve ei camminava.

            Per quanto riguarda invece Over the land there lies a long shadow, trovo la tua resa molto elegante e rispettosa dell’originale; io nella mia traduzione ho preferito essere meno rispettoso e utilizzare le rime anche se non erano presenti nel testo originale… è un po’ un mio pallino.

            Lunga l’ombra sulla landa giacente,
            ali nere s’allungan a occidente.
            Trema la Torre; all’urne dei re scomparsi
            il fato s’appressa. Ecco i Morti rialzarsi;
            ché giunta per gli spergiuri è l’ora:
            sulla Pietra d’Erech s’ergerann’ancora
            e udran sui colli squillar un corno.
            Chi suonerà? Chi invocherà il ritorno
            dal grigio buiore dell’obliate genti?
            L’erede di colui cui fer giuramenti.
            Spinto da urgenza, dal Nord giungerà:
            dei Sentieri dei Morti la Porta varcherà.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Buon Sabato Santo, Valen.
          E grazie della critica positiva e poi ancora sinceri complimenti per le tue magnifiche traduzioni.
          Soprattutto quella Lunga l’ombra sulla landa giacente (stra-bella, assai meglio dei traduttori ufficiali) e Pria che fosser lavorati ferro o pianta alcuna.
          Ottime traduzioni.
          Visto che nessuno l’ha ancora inserita, provo anch’io a postare la mia versione (grazie all’accorgimento Atlas) del Lament for the Rohirrim. Vorrei sapere il tuo parere personale Valen, se hai qualche consiglio per modificarla (rime, metrica e poetica, errori di traduzione ecc.) dimmi tutto senza peli sulla lingua.

          Where now the horse and the rider? Where is the horn that was blowing?
          Where is the helm and the hauberk, and the bright hair flowing?
          Where is the hand on the harpstring, and the red fire glowing?
          Where is the spring and the harvest and the tall corn growing?
          They have passed like rain on the mountain, like a wind in the meadow;
          The days have gone down in the West behind the hills into shadow.
          Who shall gather the smoke of the dead wood burning,
          Or behold the flowing years from the Sea returning?
          Adesso cito il commento di Atlas:
          Ps. Se farai in futuro Lamento dei Rohirrim, ti faccio notare una cosa:

          Where now the HORSE and the rider? Where is the HORN that was blowing?
          Where is the HELM and the HAUberk, and the bright hair flowing?
          Where is the HAND on the HARPstring, and the red fire glowing?
          Where is the spring and the HARvest and the tall corn growing?

          Anche questa poesia si costruisce intorno a una serie di allitterazioni, com’è tipico dell’antica poesia anglosassone (l’esempio più celebre è il poema epico “Beowulf”). Per cui Ottavio Fatica non ha tentato di replicare o quasi lo stesso effetto come nell’originale.
          E ho fatto così:

          Dov’è il cavallo e il cavaliere? Dov’è il corno che suonava?
          Dov’è il cimiero e la cotta di maglia, e la chioma che danzava?
          Dov’è il cantore con la cetra, e la fiamma che avvampava?
          Dov’è la messe e la coltura e il frumento che s’alzava?
          Son passati qual piova sui monti, qual vento in campagna;
          I dì son scesi a Espero oltre i colli che ombra bagna.
          Chi riunirà il fumo delle morte braci ardenti,
          O gli anni vedrà far ritorno dal Mare fuggenti?

          * Venere quando appare dopo il tramonto del sole, usato talora nel linguaggio letterario e poetico per indicare sia l’occidente sia l’ora del tramonto e meno spesso il vento di ponente.

          P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente in rima le tue versione I sit beside the fire and think e anche Lament for the Rohirrim con la sua serie di allitterazioni.

          • Valen ha detto:

            Dunque, non mi sento di fare osservazione sulla tua traduzione, mi sembra buona, specialmente gli ultimi due versi, che non sono proprio semplici.
            Il Lamento dei Rohirrim è uno dei miei canti preferiti, per la tragica caducità che esprime e il senso di fato che preannuncia.
            Questa è la mia versione:
            Dove son cavallo e cavaliere? Dov’è il corno dal suon possente?
            Dove son l’elmo e l’usbergo, e la chiara chioma fluente?
            Dove son la mano sull’arpa e il rosso fuoco ardente?
            Dove son primavera e messe, e l’alto grano fiorente?
            Come pioggia sul monte son passati, come vento sulla prateria;
            Ad Ovest dietro i colli son calati i giorni nella foschia.
            Chi raccoglierà il fumo della legna messa a bruciar,
            O vedrà gli anni che scorron far ritorno dal Mar?

            Questa invece la mia traduzione di I sit beside the fire and think:

            Penso accanto al fuoco seduto
            a qual sarà il mondo sconosciuto
            inverno senza primavera
            che mia vista invano spera.

            Perché vi son tante cose ancora
            che mai ho visto finora:
            in ogni fonte in ogni bosco
            v’è un verde che non conosco.

            Penso accanto al fuoco seduto
            a chi è molto tempo fa vissuto
            e a chi invece vedrà un mondo
            ch’è per me mistero profondo.

            Eppur mentre penso seduto
            A ciò che un tempo è accaduto,
            Cerco di sentir di passi il ritorno
            e voci alla porta tutt’intorno.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Ancora sinceri complimenti Valen per le tue magnifiche traduzioni.
          Soprattutto quella Lamento dei Rohirrim.
          Nella tua versione I sit beside the fire and think
          manca qualche mezzo, (se posterai qui i mezzi mancanti) se non intera non posso fare considerazioni in merito delle tue scelte traduttive. Ti metto il testo intero:

          I sit beside the fire and think
          of all that I have seen
          of meadow-flowers and butterflies
          in summers that have been;

          Of yellow leaves and gossamer
          in autumns that there were,
          with morning mist and silver sun
          and wind upon my hair.

          I sit beside the fire and think
          of how the world will be
          when winter comes without a spring
          that I shall ever see.

          For still there are so many things
          that I have never seen:
          in every wood in every spring
          there is a different green.

          I sit beside the fire and think
          of people long ago
          and people who will see a world
          that I shall never know.

          But all the while I sit and think
          of times there were before,
          I listen for returning feet
          and voices at the door.

          P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente, in rima le tue versione In The Willow-meads Of Tasarinan

          In the willow-meads of Tasarinan I walked in the Spring.
          Ah! the sight and the smell of the Spring in Nan-tasarion!
          And I said that was good.
          I wandered in Summer in the elm-woods of Ossiriand.
          Ah! the light and the music in the Summer by the Seven Rivers of Ossir!
          And I thought that was best.
          To the beeches of Neldoreth I came in the Autumn.
          Ah! the gold and the red and the sighing of leaves in the Autumn in Taur-na-neldor!
          It was more than my desire.
          To the pine-trees upon the highland of Dorthonion I climbed in the Winter.
          Ah! the wind and the whiteness and the black branches of Winter upon Orod-na-Thôn!
          My voice went up and sang in the sky.
          And now all those lands lie under the wave,
          And I walk in Ambarona, in Tauremorna, in Aldalómë,
          In my own land, in the country of Fangorn,
          Where the roots are long,
          And the years lie thicker than the leaves
          In Tauremornalómë.

          P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente, in rima le tue versione Ere iron was found or tree was hewnsu ed Over the land there lies a long shadow

  37. Valen ha detto:

    Grazie ancora per le belle parole e i consigli.
    Vorrei condividere per ora la Canzone di Nimrodel, una delle liriche per me più misteriose e tragiche dell’opera, cantata da Legolas alla Compagnia prima di entrare a Lorien.
    Essa narra dell’amore tra l’elfa omonima del fiume e il re di Lothlorien, Amroth, separati dalla sventura prima di poter salpare insieme per Aman.
    Purtroppo anche in questo caso la versione di Alliata mi è parsa troppo libera, mentre quella di Fatica a tratti oscura, poco musicale e non rimata.

    An Elven-maid there was of old,
    A shining star by day:
    Her mantle white was hemmed with gold,
    Her shoes of silver-grey.

    A star was bound upon her brows,
    A light was on her hair
    As sun upon the golden boughs
    In Lórien the fair.

    Her hair was long, her limbs were white,
    And fair she was and free;
    And in the wind she went as light
    As leaf of linden-tree.

    Beside the falls of Nimrodel,
    By water clear and cool,
    Her voice as falling silver fell
    Into the shining pool.

    Where now she wanders none can tell,
    In sunlight or in shade;
    For lost of yore was Nimrodel
    And in the mountains strayed.

    The elven-ship in haven grey
    Beneath the mountain-lee
    Awaited her for many a day
    Beside the roaring sea.

    A wind by night in Northern lands
    Arose, and loud it cried,
    And drove the ship from elven-strands
    Across the streaming tide.

    When dawn came dim the land was lost,
    The mountains sinking grey
    Beyond the heaving waves that tossed
    Their plumes of blinding spray.

    Amroth beheld the fading shore
    Now low beyond the swell,
    And cursed the faithless ship that bore
    Him far from Nimrodel.

    Of old he was an Elven-king,
    A lord of tree and glen,
    When golden were the boughs in spring
    In fair Lothlórien.

    From helm to sea they saw him leap,
    As arrow from the string,
    And dive into the water deep,
    As mew upon the wing.

    The wind was in his flowing hair,
    The foam about him shone;
    Afar they saw him strong and fair
    Go riding like a swan.

    But from the West has come no word,
    And on the Hither Shore
    No tidings Elven-folk have heard
    Of Amroth evermore.

    MIA

    Elfica fanciulla d’antico ricordo,
    Astro diurno infiammato:
    Bianco il manto e d’oro il bordo,
    E scarpe grigio argentato.

    La fronte da stella ornata,
    La chioma di luce piena
    Come sole su fronda dorata
    A Lórien l’amena.

    Chioma lunga e pel di neve,
    Libera era e senza doglia;
    Nel vento si muovea lieve
    Come del tiglio la foglia.

    Presso il Nimrodel, tra le cascate,
    Dall’acque chiare e frescose,
    Le sue parole cadean argentate
    Nelle polle radiose.

    Dov’or vaghi saper non è dato,
    Se in terre assolate od oscure;
    Ché Nimrodel smarrita fu in passato
    E dispersa tra le alture.

    Nel grigio porto l’elfico veliere
    Dalla montagna riparato
    L’attese per giornate intere
    Presso il mare infuriato.

    Di notte al Nord vento grave
    Spirò, forte e urlante,
    Dall’elfico lido spinse la nave
    Per la marea ondeggiante.

    All’alba la terra era persa,
    I monti nel grigio sfumanti
    Oltre l’onda furiosa ed avversa
    Carica di spruzzi accecanti.

    Amroth vide svanire la riva
    Oltre l’onda che s’alzava,
    E maledì la nave che lo tradiva
    e da Nimrodel l’allontanava.

    Un re degli Elfi in antico era,
    D’alberi e valli signore,
    D’oro i rami in primavera
    A Lothlórien in fiore.

    Lo vider balzar dal timone all’onde,
    Come dardo scoccato,
    E tuffarsi nell’acque profonde,
    Come gabbiano involato.

    Il vento tra la chioma fluente,
    La spuma attorno a lui brillava;
    Lungi lo vider fiero e possente
    Che come cigno avanzava.

    Voce nessuna dall’Occidente
    E sul Lido Citerior
    Nulla ha udito l’Elfica gente
    Di Amroth ognor.

  38. Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

    Le tue traduzioni Luke sono very good.

  39. Valen ha detto:

    Chiedo scusa, ma è da più di mezz’ora che non riesco a postare un mio commento contenente la mia versione di “The Man in the Moon Stayed Up Too Late”.
    Quando provo a ripostarlo mi si apre una finestra che mi dice “commento già duplicato”.
    Chiedo lumi, se qualcuno mi può spiegare, grazie.

    • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

      Whf? Prova postarla a pezzi la tua versione “The Man in the Moon Stayed Up Too Late”.

      • Valen ha detto:

        Sono basito.
        Ho provato anche a postarne soltanto un primo pezzo, come suggeriva Atlas, ma invano.
        Forse è troppo brutta e viene censurata in automatico.
        Non so che pensare, non vorrei che poi se le cose “si sbloccano” piovano tutti i miei post quasi identici…
        Intanto però questi miei commenti appaiono normalmente, quindi rimane un mistero per me.

        • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

          Whf? Che diavolo!
          Forse le parole che usi secondo me, e viene censurata in automatico.
          Mandarla alla mi email La tua versione “The Man in the Moon Stayed Up Too Late”. :

          atlascyberrobot009@gmail.com

          la leggerò E se fossero le parole che usi allora, devi cambiare le parole(se hai usato parole forti). Ti posso aiutare a metterla qui.

          • Valen ha detto:

            Ci riprovo scrivendo un po’ alla volta. Ecco la mia versione di “The Man in the Moon Stayed Up Too Late”.
            Ho mantenuto la posizione delle rime come nell’originale, in cui il primo verso di ogni strofa fa da sé.

            Prima strofa

            Un’allegra vecchia locanda sta
            sotto un grigio colle senz’età,
            E lì fanno una birra tanto bruna
            Che scese perfin l’Uomo della Luna
            Una notte per berne a sazietà.

  40. Valen ha detto:

    L’oste possiede un cagnolino
    Che par gli scherzi amare;
    Se il buon umore è parecchio,
    Ad ogni burla presta orecchio
    e ride fino a soffocare.

    Han pure una mucca con le corna
    quanto una regina superba;
    Ma la musica le fa girar la testa,
    E la coda sventolar a festa
    e infin danzar sull’erba.

    E che file di piatti argentati,
    cucchiai d’argento han d’avanzo!
    La domenica c’è una servizio speciale,
    Lucidato con cura maniacale
    il sabato dopopranzo.

    L’Uomo della Luna forte trincava,
    e il gatto urlante gemeva;
    Piatto e cucchiaio ballavan sul tavolino,
    La mucca saltellava sfrenata in giardino,
    e il can la coda le rincorreva.

    L’Uomo della Luna prese un altro boccale,
    e poi eccolo giù dalla sedia rotolare;
    E lì sonnecchiò, la birra sognando,
    Finché le stelle in ciel andavan sfumando,
    e l’alba iniziò a spuntare.

    Allor disse lo stalliere al suo gatto brillo:
    “I bianchi cavalli della Luna
    Nitriscono e mordono il morso;
    Ma al lor padrone serve soccorso,
    or il Sol sorgerà senza remora alcuna!”

    Quindi il gatto col violino sonò un ritornel,
    una giga da ridestar le genti morte:
    Trillava, strillava e strimpellava,
    E l’oste l’Uomo della Luna scrollava:
    “Son le tre passate!” gli disse forte.

    Rotolaron l’Uomo pian pian su per il col
    poi sulla Luna lo scagliaron,
    I cavalli gli galopparon a ridosso,
    La mucca arrivò saltellando a più non posso,
    piatto e cucchiaio insiem s’affrettaron.

    Ancor più svelto il violino strimpellò;
    il cane ululò un lamento,
    Mucca e cavalli stavan a testa in giù;
    Tutti gli ospiti dai letti saltaron giù
    e ballaron sul pavimento.

    Ma tintinnando si rupper le corde del violin!
    la mucca sulla Luna saltò a stento,
    Il cagnolino rise per lo spasso,
    E il piatto del sabato se n’andò a spasso
    col cucchiaio domenicale d’argento.

    La Luna tonda rotolò dietro il col,
    mentre il Sole alzava il capo.
    Non credette ai suoi occhi di foco:
    Con sua sorpresa, pur se giorno da poco,
    andaron tutti a letto daccapo!

    • Norbert ha detto:

      Ciao Valen

      se hai problemi con la poesia dell’uomo sulla luna puoi spedirmela che la posto io _a_tuo_nome_
      alla mia mail norbert punto jrrt presso gposta [questo lo devi tradurre] punto com

      Non credo si tratti di censure quanto di qualche bug tecnico, che spero si sia risolto

  41. Valen ha detto:

    SECONDA STROFA

    Lo stalliere ha un gatto brillo
    che suona un violino a cinque corde;
    Scorre l’arco come un satanasso,
    Or stride in alto, or geme in basso,
    Or nel mezzo morde.

  42. Valen ha detto:

    Non so perché non mi prendeva la seconda strofa, che ho dovuto mettere per ultima scrivendola daccapo.
    Mistero.
    Mi spiace di aver dovuto postarla in questo modo frammentato.
    Spero si capisca e possa piacere.

    • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

      Caro Valen,
      La tua versione The Man in the Moon Stayed Up Too Late è meravigliosa un ottimo adattamento musicale come sempre, per la metrica di quelle strofa c’è da lavorare. Per il resto va bene.
      Strano che non riuscivi a postare The Man in the Moon Stayed Up Too Late in questa chat, non hai usato parole forti per censurare il tuo commento.
      Boh mistero.
      P.s. Aspetterò tutte le tue traduzioni delle liriche di Lotr mancanti e lo Hobbit in questa chat. Ci posso scommettere che la tua prossima traduzione sarà il Lamento per Boromir.

      Ps. Se farai in futuro Lamento dei Rohirrim, ti faccio notare una cosa:

      Where now the HORSE and the rider? Where is the HORN that was blowing?
      Where is the HELM and the HAUberk, and the bright hair flowing?
      Where is the HAND on the HARPstring, and the red fire glowing?
      Where is the spring and the HARvest and the tall corn growing?

      Anche questa poesia si costruisce intorno a una serie di allitterazioni, com’è tipico dell’antica poesia anglosassone (l’esempio più celebre è il poema epico “Beowulf”). Per cui Ottavio Fatica non ha tentato di replicare o quasi lo stesso effetto come nell’originale.

    • Luke Atreides ha detto:

      Caro Valen,
      Prima di tutto ti augurò un Buon anno.
      La tua versione The Man in the Moon Stayed Up Too Late è strepitosa ancora sinceri complimenti per QUESTO lavoro di traduzione fantastico. Spero che qualcuno la metta in musica la tua versione.
      Alla tua prossima traduzione allora, e ancora tanti auguri di Buon anno.
      P.s. Anch’io scommetto che la tua prossima traduzione sarà il Lamento per Boromir, visto le chat precedenti.

    • Alfred Brandy ha detto:

      Sono basito, Valen e Luke.
      Le vostre traduzione sono stra-meravigliose anche quelle rimate.
      P.s. vorrei proprio vedere una vostra versione di Galadriel’s Song of Eldamar o il lamento per Boromir in rima.

    • Dario Saccavilla ha detto:

      Buon Paquetta, Valen.
      Visto che nessuno l’ha ancora inserita, provo anch’io a postare la mia versione il canto di Gollum e anche la mia versione When winter first begins to bite. Vorrei sapere il tuo parere personale Valen, se hai qualche consiglio per modificarla (rime, metrica e poetica, errori di traduzione ecc.) dimmi tutto senza peli sulla lingua.

      When winter first begins to bite
      and stones crack in the frosty night,
      when pools are black and trees are bare,
      ‘tis evil in the Wild to fare.

      Quando l’inverno comincia a pizzicare
      E in una notte gelida le pietre a spaccare
      Con rami spogli e pozze nere
      Meglio al sicuro rimanere.
      ………..
      The cold hard lands,
      they bites our hands,
      they gnaws our feet.
      The rocks and stones
      are like old bones
      all bare of meat.
      But stream and pool
      is wet and cool:
      so nice for feet!
      And now we wish.
      Alive without breath;
      as cold as death;
      never thirsting, ever drinking;
      clad in mail, never clinking.
      Drowns on dry land,
      thinks an island
      is a mountain;
      thinks a fountain
      is a puff of air.
      So sleek, so fair!
      What a joy to meet!
      We only wish
      to catch a fish,
      so juicy-sweet!

      Terre gelate,
      mani azzannate,
      mordete i piè.
      Le pietre e i sassi
      son vecchi ossi,
      carne non c’è.
      Ma in fiumi e stagni
      facciamo bagni:
      ristoro ai piè!
      Se ci riesce…
      Vive senza respirare;
      freddo qual morte pare;
      sempre beve, ma sete non ha;
      pur corazzato rumor non fa.
      Annega all’asciutto,
      l’isola nel flutto
      scambia per monte;
      scambia la fonte
      per un venticello.
      È liscio, è bello!
      Se l’avessimo qui!
      Se ci riesce,
      prendiamo un pesce
      polposo, sì!

      P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente in rima la tua versione The cold hard lands.
      2 P.S. Sto aspettando ancora la tua versione completa I sit beside the fire and think, fedelmente e poeticamente in rima.

      • Valen ha detto:

        Oops, mi ero dimenticato di postare le prime due strofe di I sit beside the fire and think:

        Penso accanto al fuoco seduto
        a tutto quello ch’ho veduto
        alle farfalle e ai fior nei prati
        nell’estati dei tempi andati;

        A ragnatele e foglie gialle
        degli autunni ormai alle spalle,
        albe brumose e sol d’argento
        e i miei capelli in mezzo al vento.

        Questo invece è il canto di Barbalbero, che ho voluto riproporre in rima:

        Tra i salici di Tasarinan in Primavera avanzai.
        Ah! Gli odori e i colori di Nan-tasarion non scorderò mai!
        Allor ne riconobbi la beltate.
        Tra gli olmeti di Ossiriand vagai d’Estate.
        Ah! le luci e le melodie tra i Sette Fiumi di Ossir!
        Allor pensai che meglio non si può dir.
        Ai faggi di Neldoreth in Autunno giunsi ancor.
        Ah! l’oro e il rosso e il fruscio di foglie a Taur-na-neldor!
        Ogni mio disio superava in eterno.
        Ai pini dell’altura del Dorthonion salii in Inverno.
        Ah! il vento e il candor a Orod-na-Thôn dai rami scuri!
        Al cielo i miei canti s’innalzarono puri.
        Ed or sotto l’onda giace ogni terra,
        E ad Ambarona, a Tauremorna, ad Aldalómë il mio spirito erra,
        Nel mio territorio, che Fangorn benedice,
        Dove lunga s’estende ogni radice,
        E più fitti delle foglie son gli anni oramai
        A Tauremornalómë ch’amai.

        E infine le ultime richieste:

        Quando l’inverno colpisce maligno
        E nel gel notturno stride il macigno,
        Quando nera è ogni pozza e spoglio il faggio,
        Andar per la Selva non è mai saggio.

        Gollum

        La fredda terra dura,
        le mani ci tortura,
        e ci rode anche il piede.
        Rocce, pietre ed arenarie
        son com’ossa centenarie
        e di carne non se n’vede.
        Ma i torrenti e gli stagni
        Ti rinfrescan se ti bagni:
        una gioia per il piede!
        Or chissà se ci riesce –

        Esso vive senza fiato;
        come morte è gelato;
        mai ha sete, né sorseggia;
        corazzato, non riecheggia.
        Terra secca gli è disdetta,
        quando vede un’isoletta
        pargli invece un gran monte;
        quando vede un’alta fonte
        pargli invece un po’ di vento.
        Così chiaro, come argento!
        Che letizia vedern’uno!
        Or chissà se ci riesce
        di pigliare un bel pesce,
        succoso qual nessuno!

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Ancora sinceri complimenti Valen per le tue magnifiche traduzioni.
          Soprattutto il canto di Barbalbero (stra-bella, assai meglio dei traduttori ufficiali) e La fredda terra dura.
          MAGNIFICHE TRADUZIONI!!! SAREBBE BELLO METTERELE IN MUSICA.
          P.S. Vorrei sapere in futuro come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente in rima le tue versioni dei canti Ents: The Ent and the Entwife, Bregalad’s Song, Long List of the Ents. Poiché sei stato un ottimo traduttore poeta in questi commenti.

          • Valen ha detto:

            Sfida accettata.
            Ecco le mie versioni dei canti richiesti.

            BREGALAD’S SONG

            Oh Orofarnë, Lassemista, Carnimírië!
            Oh dolce sorbo, sulla tua chioma bianco lucea il fior!
            Oh mio sorbo, in un giorno d’estate vidi il tuo splendor,
            Lucente la tua scorza, lievi le foglie, tenera la tua voce risonava:
            D’oro rosso la corona che il capo t’ornava!
            Oh sorbo morto, la chioma sul tuo capo secca e grigia diventa;
            Caduta è la tua corona, per sempre è la tua voce spenta.
            Oh Orofarnë, Lassemista, Carnimírië!

            THE ENT AND THE ENTWIFE

            Ent:
            Quando Primavera schiude le foglie di faggio e la linfa scorre nelle fronde,
            Quando la luce splende sul rapido ruscello e il vento sulle cime si diffonde,
            Quando lungo è il passo, profondo il respiro, e l’aria di montagna serena
            Torna da me! Torna da me e dì che la mia terra è amena!

            Entessa:
            Quando Primavera giunge nei prati e nei campi, e il grano sullo stelo giace quieto,
            Quando come neve splendente i fiori ammantano il frutteto,
            Quando sulla terra sole e pioggia di profumi l’aria fan piena,
            Rimarrò qui e non verrò, perché la mia terra è amena!

            Ent:
            Quando Estate avvolge il mondo, e in un meriggio dorato e fosco
            Sotto il tetto di foglie dormienti si schiudono i sogni del bosco,
            Quando le volte degli alberi son verdi e fresche, e il vento spira da Occidente,
            Torna da me! Torna da me e dì che la mia terra è la più splendente!

            Entessa:
            Quando Estate riscalda i frutti pendenti e le bacche di color son accese;
            Quando dorata è la paglia e bianca la spiga, e la messe giunge in paese;
            Quando il miele trabocca e la mela matura, anche se il vento vien da Occidente,
            Rimarrò qui sotto il Sole, perché la mia terra è più splendente!

            Ent:
            Quando Inverno verrà, colli e boschi falcerà il gelo truce;
            Quando gli alberi cadran, e notti senza stelle divoreran giorni senza luce;
            Quando il vento spirerà dal funesto Oriente, allora sotto la pioggia battente
            ti cercherò e ti chiamerò; da te verrò nuovamente!

            Entessa:
            Quando Inverno verrà, e i canti finiran; quando infin calerà l’oscurità;
            Quando saran rotti i rami secchi, e spente le luci e ogni attività;
            Ti cercherò, e ti aspetterò, finché ci incontrerem nuovamente:
            Insieme prenderem la strada sotto la pioggia battente!

            Entrambi:
            Insieme prenderem la strada che porta a Occidente,
            E lontan troverem una terra dove entrambi i nostri cuori riposeran finalmente.

            LONG LIST OF THE ENTS

            Or apprendi il Sapere delle Creature Viventi!
            Rammenta prima le quattro libere genti:
            I più anziani tra tutti, degli Elfi i rampolli;
            I Nani scavatori, dai bui saloni rupestri;
            Gli Ent dalla terra nati, antichi come i colli;
            Gli Uomini mortali, di cavalli gran maestri:

            Castoro il costruttore, capriolo il saltatore,
            Orso d’api cacciatore, cinghiale il lottatore;
            Cane di cibo avido, coniglio il pavido,
            Aquila nel nido, bue al pascolo placido,
            Cervo di corna cinto; falco il più rapido,
            Cigno il più candido, serpente il più gelido…

            Hobbit mezzo cresciuti, abitanti di tane.

            Gli Ent dalla terra nati, antichi come i colli,
            i gran camminatori, dalla sete ardente;
            e gli Hobbit minuti, i mai satolli,
            il popol ridente, la piccola gente.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Ancora sinceri complimenti Valen per le tue magnifiche traduzioni.
          Soprattutto BREGALAD’S SONG THE ENT AND THE ENTWIFE
          (stra-belle per le rime)e LONG LIST OF THE ENTS.
          MAGNIFICHE TRADUZIONI!!!
          P.S. Vorrei sapere in futuro come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente in rima le tue versioni dei canti: Get Out! You old Wight! Vanish in the Sunlight!, O slender as a willow-wand!
          , The Bath Song, Ho! Ho! Ho! To the Bottle I Go,
          Farewell We Call to Hearth and Hall! la canzone che è stata cantata da Merry e Pippin nella casa di Crickhollow
          Chè ho visto le versioni di Luke e voglio vedere le tue versione stra-belle e anche comparale con quelle di Luke. Poiché sei stato un ottimo traduttore poeta in questi commenti.

          • Valen ha detto:

            Et voilà.

            GET OUT! YOU OLD WIGHT!
            Fuggi, vecchio Essere! Svanisci alla luce del giorno!
            Sfiorisci come fredda bruma, come vento che geme,
            Lontan dai monti, nelle terre brulle senza ritorno!
            Più non tornare! Lascia il tuo tumulo senza speme!
            Sii perso e obliato, più scuro del buio profondo,
            Ove i cancelli son chiusi in eterno, finché sanato sarà il mondo.

            O SLENDER AS A WILLOW-WAND!
            O esile come fronda di salice! Più chiara dell’acqua chiara!
            O giunco chino sul lago! O Figlia del Fiume cara!
            O primavera ed estate, e primavera che torna!
            O brezza sulle cascate, e riso che fronde adorna!

            THE BATH SONG
            Canta! Che il bagno a fine giornata
            lava via fango e sgobbata!
            Pazzo è chi non canta:
            Oh! L’Acqua Calda è cosa santa!

            Oh! Dolce è il suono della pioggia cadente,
            e il ruscel che dal colle al pianor guizza lucente;
            ma meglio della pioggia o dei torrenti sonori
            è l’Acqua Calda con fumi e vapori.

            Oh! Al bisogno possiam versar acqua gelata
            giù per la gola assetata e sarà cosa grata;
            ma è meglio la Birra se il ber basta appena,
            e Acqua Calda versata giù per la schiena.

            Oh! È bella l’acqua che alta zampilla
            sotto il ciel in una fontana tranquilla;
            ma alcun suon di fontana così dolce riecheggia
            come l’Acqua Calda che sui miei piedi spumeggia!

            HO! HO! HO! TO THE BOTTLE I GO
            Oh! Oh! Un bel fiasco or berrò
            Per guarir il cuor e affogar i dolor.
            Pioggia e vento ben sosterrò,
            Ho molte miglia da percorrer ancor,
            Poi dormirò sotto un bell’ontano,
            Lasciando le nuvole vagar lontano.

            FAREWELL WE CALL TO HEARTH AND HALL!
            Casa e focolare or salutiamo!
            Seppur con venti e piogge incessanti,
            Partir dobbiamo, l’alba lasciamo
            Oltre i boschi e i monti svettanti.

            A Valforra, dimora d’elfiche genti
            In radure sotto colli brumosi,
            Per lande e brughiere cavalchiam frementi,
            E dove poi, dir non si osi.

            Davanti i nemici, l’orror dietro la schiena,
            Il nostro letto sotto il cielo stellato,
            Finché infin sarà passata la pena,
            Il viaggio finito, il compito terminato.

            Partir dobbiamo! Partir dobbiamo!
            Al galoppo, l’alba lasciamo!

  43. Valen ha detto:

    Ed ecco come preannunciato la mia versione del Lamento per Boromir…

    LAMENTO PER BOROMIR

    Aragorn:
    Through Rohan over fen and field where the long grass grows
    The West Wind comes walking, and about the walls it goes
    “What news from the West, O wandering wind, do you bring to me tonight?
    Have you seen Boromir the Tall by moon or by starlight?”
    “I saw him ride over seven streams, over waters wide and grey
    I saw him walk in empty lands until he passed away
    Into the shadows of the North, I saw him then no more
    The North Wind may have heard the horn of the son of Denethor”
    “O Boromir! From the high walls westward I looked afar
    But you came not from the empty lands where no men are”

    Legolas:
    From the mouths of the Sea the South Wind flies, from the sandhills and the stones
    The wailing of the gulls it bears, and at the gate it moans
    “What news from the South, O sighing wind, do you bring to me at eve?
    Where now is Boromir the Fair? He tarries and I grieve”
    “Ask not of me where he doth dwell – so many bones there lie
    On the white shores, on the dark shores under the stormy sky
    So many have passed down Anduin to find the flowing Sea
    Ask of the North Wind news of them the North Wind sends to me”
    “O Boromir! Beyond the gate the seaward road runs south
    But you came not with the wailing gulls from the grey sea’s mouth”

    Aragorn:
    From the Gate of Kings the North Wind rides, and past the roaring falls
    And clear and cold about the tower its loud horn calls
    “What news from the North, O mighty wind, do you bring to me today?
    What news of Boromir the Bold? For he is long away”
    “‘Neath Amon Hen I heard his cry. There many foes he fought
    His cloven shield, his broken sword, they to the water brought
    His head so proud, his face so fair, his limbs they laid to rest
    And Rauros, golden Rauros-falls, bore him upon its breast”
    “O Boromir! The Tower of Guard shall ever northward gaze
    To Rauros, golden Rauros-falls, until the end of days”

    MIA VERSIONE

    Aragorn:
    Per Rohan, oltre lande e campi ov’alte crescon l’erbe,
    Giunge il Vento dell’Ovest, e soffia sulle mura superbe.
    “Qual nuove, o vento errante, mi porti stanotte dall’Occidente?
    Hai visto Boromir l’Alto sotto le stelle o la luna lucente?”
    “Lo vidi cavalcar oltre sette rivi, dall’acque né chiare né parve.
    Lo vidi vagar per terre deserte finché non scomparve
    Tra le ombre del Nord, e più non lo vidi d’allor.
    Il Vento del Nord ha forse udito il corno del figlio di Denethor”.
    “O Boromir! Dall’alte mura a occidente lontano ho guardato.
    Ma dall’incolte terre disabitate tu non sei tornato”.

    Legolas:
    Dalle rade del Mare vola il Vento del Sud, dagli scogli e le dune di sabbia
    Dei gabbiani porta il lamento e alla porta geme con rabbia.
    “Qual nuove dal Sud, o vento gemente, mi porti stasera?
    Dov’è Boromir il Bello? Lui tarda e il mio animo dispera”.
    “Non mi chieder dove sia: l’ossa sparse son tante
    Sulle sponde bianche e oscure sotto il ciel turbinante.
    In molti da Anduin son passati in cerca del Mar che fluisce.
    Chiedi al Vento del Nord che fu di color che mi spedisce”.
    “O Boromir! Oltre il cancello a sud verso il mare corre la strada.
    Ma coi gabbiani gementi tu non sei giunto dalla grigia rada”.

    Aragorn:
    Dalla Porta dei Re corre il Vento del Nord, e su rapide ruggenti aleggia.
    Tersa e fredda per la torre la sua voce forte riecheggia.
    “Qual nuove dal Nord, o vento possente, mi porti in questo giorno?
    Che n’è di Boromir l’Audace? Da tempo non fa ritorno”.
    “‘Sotto Amon Hen udii il suo grido. Laggiù contro molti nemici ha lottato.
    Scudo infranto, brando spezzato, al fiume l’han trasportato.
    Il capo fiero, il bel viso e le membra per il final riposo han disteso.
    E Rauros dalle rapide dorate sopra di sé lo ha preso”.
    “O Boromir! La Torre di Guardia verso nord sempre mirerà.
    Verso Rauros dalle rapide dorate, finché l’ultimo giorno giungerà”.

    • Luke Atreides ha detto:

      Caro Valen,
      La tua versione del Lamento per Boromir è una ottimo traduzione e adattamento per la metrica e la rima. Sinceri complimenti per QUESTO lavoro di traduzione.
      In futuro aspetterò le tue prossime traduzioni con piacere.

      P.S. Vorrei che ne pensi delle mie traduzioni:

      1) Quando l’inverno ti azzanna e attacca,
      2) L’incantesimo di Tumulilande
      3) Poiché ad est o ad ovest la selva muore
      4) Va via, prisco Essere!
      5) Lamento per Boromir

      Che posto qui per Atlas, con le note delle mie traduzioni e dei termini scelti.
      Come affermasti tu in questa chat “Personalmente, credo che il primo merito della nuova traduzione di Fatica sià quello di spingere il lettore verso nuove soluzioni, rompendo alcuni tabù storici e alimentando lo sforzo di scoprire di persona il significato e la bellezza del testo originale”

      Quando l’inverno ti azzanna e attacca

      Quando l’inverno ti azzanna e attacca,
      E le pietre nella notte algida spacca,
      Fra stagni oscuri e piante spoglie,
      A fare viaggi mal t’incoglie.

      L’incantesimo di Tumulilande

      Algida la mano, il cuore e le ossa,
      E algido il sonno in fondo alla fossa,
      Sul letto di pietra che sveglia non porta,
      Finché cali il Sole e la Luna sia morta.
      Nell’aura atra gli astri morranno,
      E ancor sull’oro qui giaceranno,
      Finché l’Oscuro Sire non alzerà la mano
      Sul mare immobile e sull’arido piano.

      Poiché ad est o ad ovest la selva muore

      O voi ch’errate per landa ombrosa,
      Non disperate! Pur tenebrosa,
      Tutte le selve debbono finire!
      E vedrete il sole in ciel apparire,
      Il Sole che cala o fa ritorno,
      La fine o l’iniziare del giorno.
      A l’est o l’ovest ogni selva deve finire.

      VAI VIA, PRISCO ESSERE!

      Va via, prisco Essere! Sparisci alla luce del sole!
      Avvizzisci come l’algida nebbia, come l’aure gementi,
      Via nelle terre brulle al di là dei monti!
      Non tornare mai più qui! Lascia vuoto il tumulo!
      Perditi nell’oblio, più buio del buio,
      Chiusi restino i portal, finché il mondo non risani.

      Lamento per Boromir

      Aragorn:
      Per Rohan su prati e maresi ove l’erba cresce elevata, *
      Viene errando l’Aura dell’Ovest, e si aggira sulla cinta murata. **
      “Che novelle dall’Ovest, aura errante, hai stanotte per me recato?
      Hai visto Boromir l’Alto al chiaro di luna o al lume stellato?” *
      Su sette rivi, su larghe acque grigie l’ho visto cavalcare,
      In terre deserte, pria che sparisse, l’ho visto camminare. *
      Nelle ombre del Nord, non l’ho più avvistato.
      Il corno del figliol di Denethor, l’Aura del nord avrà ascoltato.
      “O Boromir! Dalle alte cinte murate verso ovest guardai lontano,
      Ma non sei venuto dalle terre deserte ove non c’è essere umano.

      Legolas:
      Dalle foci del Mare alita l’Aura del Sud, da ogne duna e scoglio*
      Recando il lamento dei gabbiani, e al cancello il cordoglio
      “Che novelle dal Sud, o Aura fremente, hai stasera per me recato?
      Dov’è Boromir il Venusto? Ei tarda, e sono rattristato.” **
      “Non chiedermi dov’ei sia: tante ossa stan lì a riposo,
      Sulle rive chiare e sulle rive scure sotto il ciel procelloso, *
      Tanti in cerca del Mare han disceso dell’Anduin la via.
      Chiedi novelle all’Aura del Nord di coloro che a me invia!”
      “Oh Boromir! Oltre il cancello a sud va la strada del mare,
      Ma non sei venuto coi gabbiani gementi dalla grigia foce del mare.

      Aragorn:
      Dalla Porta dei Regi corre l’aura del Nord, e varca le cascate ruggenti, *
      Terso e algido intorno alla torre il suo corno i richiami possenti. *
      “Che novelle dal Nord, o aura possente, hai quest’oggidì per me recato?
      Che novelle di Boromir l’Ardito? Da tempo se n’è andato.”
      “Sotto Amon Hen udii il suo grido. Lì molti nimici ha affrontato, *
      Lo scudo spaccato, l’acciaro spezzato e all’acqua han affidato. *
      Il capo l’altero, il venusto viso, la sua spoglia han inumato, *
      E Rauros, le sue auree cascate, in seno a sé l’ha portato.”
      “O Boromir! La Torre di Guardia sempre a Nord rivolta sarà,
      Verso Rauros, le sue auree cascate, sino all’ultimo dì che verrà.”

      Note sulla traduzione dei termini scelti:
      * Marese/i: un termine antico per stagno; palude.
      *Aura: Variante letteraria per Vento.
      * Cinta murata è senz’altro un desueto arcaicissimo di cinta muraria (vedi la Cinta Murata di Vicenza), ma credo sia comunque utilizzabile.
      * Lume: Variante poetica di Luce.
      * Pria: Variante arcaica e poetica: Prima: dopo il pasto ha più fame che pria (Dante); Tu pria che l’erbe inaridisse il verno… Perivi, o tenerella (Leopardi).
      * Ogne: Variante arcaica si ogni.
      * Venusto: Variante arcaica e poetica di bello. Che ha venustà; bello di una bellezza piena di grazia e di leggiadria; riferito in particolarmente alla bellezza muliebre: le v. forme d’una dea; donna d’aspetto v.; ma anche a uomo e ad animale: giovane di v. forma (Boccaccio); egli aveva formosa la statura … L’aspetto degno e tutto in sé venusto (Pulci); i suoi atti venusti Gli rendan l’onde e il suo candore (Foscolo, del cigno). In usi estenso: stile v., una prosa venusta.
      * Ei: Forma arcaica e letteraria del pronome personale maschile di terza persona singolare egli.
      * Procelloso: Variante arcaica e poetica di Tempestoso, burrascoso.
      *Rege: Variante arcaica e poetica di Re, da esempio: né senno astuto né favor di regi all’Itaco le spoglie ardue serbava (Foscolo).
      *Algido: Variante letteraria per freddo, gelido; algente.
      * Nimico: Variante arcaica e poetica di nemico.
      * Acciaro: Variante regionale e poetico di acciaio e anche di spada da esempio: Pugnan per altra terra itali acciari (Leopardi).
      * Spoglia: Variante letteraria per Salma, cadavere, in dipendenza della concezione cristiana del corpo come veste mortale dell’anima.

      Se hai qualche consiglio Caro Valen, per modificare le mie traduzioni solo per le rime e metrica ed altro dimmi tutto.

      • Valen ha detto:

        Beh Luke, sempre molto belle anche le tue versioni direi.
        In particolare, tre di quelle cantiche me le ero già tradotte anch’io; quindi contraccambio condividendo anch’esse.
        L’altra me la studierò…

        Inverno nella Selva

        Quando l’inverno colpisce maligno
        E nel gel notturno stride il macigno,
        Quando nera è ogni pozza e spoglio il faggio,
        Andar per la Selva non è mai saggio.

        Canto nei Boschi

        O erranti nell’adombrata landa
        Non disperate! Per quanto oscuro s’espanda,
        Ogni bosco infine s’arresta concluso,
        E vede soggiunger il sole dischiuso:
        Il sole al tramonto, il sole all’aurora,
        Il giorno che muore, o il giorno che affiora,
        Ad est o ad ovest ogni bosco svanisce….

        Incantesimo dei Poggitumuli

        Sian fredde le mani, il cuor e le ossa,
        e freddo sia il sonno dentro la fossa:
        mai sia risveglio nella petrosa tomba,
        mai, finché il Sol non svanisca e la Luna soccomba.
        Periscan le stelle nel vento oscuro,
        e giacciano essi ancor qui sull’oro in futuro,
        finché l’oscuro sire non levi le dita
        sul mar disseccato e la terra avvizzita.

        • Luke Atreides ha detto:

          La tua versione delle cantiche è una ottimo traduzione e adattamento MUSICALE e sinceri complimenti per QUESTO lavoro.
          P.S. Ti ringrazio caro Valen per la risposta per l’apprezzamento delle mie traduzioni.
          E quindi contraccambio anch’io condividendo altre che sono queste:

          L’inno di Gondor
          Gondor! Gondor! fra i Monti e il Mare!
          Là l’Aura d’Occaso alitava; il lume sull’Albero d’Ariento
          Come piova lucente cadea nei verzieri dei Regi del passato.
          O fiere mura! Bianche torri! O serto alato e seggio aurato!
          O Gondor, Gondor! l’omini vedran più l’Albero d’Ariento,
          Quell’Aura d’Occaso aliterà più tra i Monti e il Mare?

          Note sulla traduzione e dei termini scelti:
          *Aura: Variante letteraria per Vento.
          * Occaso: Variante letteraria per Ovest
          *Alitare: Variante letteraria per soffiare
          * Lume: Variante poetica di Luce.
          *Ariento: Variante arcaica di Argento. Es. Quivi le tavole messe videro, con tovaglie bianchissime, e con bicchieri, che d’ariento parevano. (Boccaccio).
          *Piova: Variante letteraria ed regionale per Pioggia.
          *Verziere: Variante letteraria per Giardino da esempi: Intorno, i verzieri fortemente distinti dal verde cupo delle ficaie (Carducci); un usignolo Cantava ancora ne’ verzieri (Pascoli).
          *Rege: Variante arcaica e poetica di Re, da esempio: né senno astuto né favor di regi all’Itaco le spoglie ardue serbava (Foscolo).
          *Seggio nell’uso letterario, sedia, sedile, luogo su cui si sta seduti: Gir fra le piagge e ’l fiume E talor farsi un seggio Fresco, fiorito e verde (Petrarca); oggi di solito indica il luogo in cui siede un personaggio che ricopre un’altissima carica, ed è usato perciò come sinonimo di Trono: Seggio reale, Seggio episcopale; il Seggio papale o Seggio di san Pietro.
          *Serto: Variante letteraria per corona.
          *Aurato: Variante letteraria per aureo.
          * Omini: Variante arcaica e regionale di Uomini

          La lunga lista degli Ent di JRR Tolkien

          Impara ora l’istoria degli Esseri Viventi
          Prima direm le quattro delle libere genti.
          Gl’infanti elfi in assoluto i più vetustati
          Nano scavatore, buie son le sue dimore
          Ent dalla terra è nato, come i monti vetustati,
          L’uomo mortale, dei cavalli il signore;
          Castoro il costruttore, capriolo il saltatore,
          Orso il cacciator d’api, cinghiale il lottatore,
          Segugio pien di fame, la lepre di timore
          L’aquila nel suo nido, il bove pascolante,
          Il Cervo coronato; il falco è più scattante,
          Più candido il cigno, il serpe raggelante….
          Ent dalla terra è nato, come i monti vetustati,
          I grandi camminatori, d’acqua assetati;
          E affamati come cacciatori, ogni Hobbitino.
          Il popolo che ride, il popolino.

          Il canto di Bregalad di JRR Tolkien

          O Orofarnë, Lassemista, Carnimírië!
          O sorbo bello, la tua chioma com’era niveo il fiore!
          O sorbo mio, in un dì d’estate io vedei il tuo lucore!
          Corteccia nitente, voce fresca e morbida, fogliame così leggero;
          Sul capo il serto rubro aurato che portavi altero!
          O sorbo morto, la tua chioma è grigia e seccata;
          Il serto è caduto, la tua voce in sempiterno è fermata.
          O Orofarnë, Lassemista, Carnimírië!

          Or desti, desti, Cavalieri di Théoden!

          Or desti, desti, Cavalieri di Théoden!
          Gesta terrifiche si destano, oscuro è l’oriente, *
          S’imbrigli il destriero, si suoni il corno!
          Avante Eorlingas!

          Or desti, desti, Cavalieri di Théoden!
          Gesta felle si destano: foco e stragi! **
          La lancia sarà scossa, lo scudo sarà frantumato, *
          Un dì d’acciaro, un dì rosso, pria che sorga il sole**
          Or cavalcate, or cavalcate! Cavalcate verso Gondor!

          Note sulla traduzione e dei termini scelti:
          *Terrifico è la variante letteraria per terrore, terribile che incute terrore, spaventevole: sussultò forte come se avesse veduto un fantasma, uno spettro, qualche cosa di terrìfico (D’Annunzio).
          *Fello è la variante letteraria per Malvagio, empio, scellerato: gridava: «Or se’ giunta, anima fella!» (Dante); spietato, crudele: uomini e dèi Mi sian contrari, ed essa ognor più fella (Petrarca); il duro e fello Destin ci trasse (Ariosto); e con uso sostantivato, raro: intatto Che lasciaron quei felli? (Leopardi).
          * Foco: Variante poetica, regionale o popolare di fuoco.
          *L’acciaro: Variante regionale e poetico di acciaio e anche di spada da esempio: Pugnan per altra terra itali acciari (Leopardi).
          * Pria variante arcaico e poetico di Prima, precedentemente: dopo ’l pasto ha più fame che pria (Dante); Non è questo ’l terren ch’i’ toccai pria? (Petrarca); in pria, dapprima, per prima cosa: spegner del tutto in pria I tiranni fa d’uopo (Alfieri). Seguito da che o di, ha la funzione di congiunzione temporale: Tu pria che l’erbe inaridisse il verno …, Perivi, o tenerella (Leopardi); tu sarai scintilla Pria d’esser freddo cenere nell’urna (Aleardi).

          Dal dubbio e dal buio, verso l’albor nato

          Dal dubbio e dal buio, verso l’albor nato,*
          Venni cantando al sole, con l’acciaro sguainato,
          Alla fin della speme cavalcai, infrangendo il core:
          Or per collera, or per ruina e un vespro di cruore!

          Dal dubbio e dal buio, verso l’albor nato,
          Cavalcò cantando al sole, con l’acciaro sguainato,
          La speme riaccese, e nella speme ei terminò;
          Sul trapasso, sul timore, sul fato sì levò,
          Dalla perdita, dalla vita, alla gloria etterna.

          *albóre s. m. [dal lat. tardo albor -oris, der. di albus «bianco»], letter. – Bianchezza, chiarore; luminosità: Vedi l’albor che per lo fummo raia Già biancheggiare (Dante); di gran perle a. (Chiabrera); due povere fiamme ad olio, le quali spargevano un pallido a. (Rovani). Più specifico, la prima luce dell’alba: gli a. del giorno; insinuava il sole Nella mia cieca stanza il primo a. (Leopardi). Fig., inizio, primo apparire di un’epoca nuova, di un periodo di splendore e sim. (per lo più plur.): gli a. della civiltà; agli a. del Rinascimento.

          Athelas

          Quando l’alito nero soffia forte,
          E cresce l’ombra della morte,
          E ogne lume percorrente,
          Athelas vieni, Athelas veniente!
          Dà vita al morente,
          Nella mano del re giacente!

          O questa versione:

          Quando soffia l’alito nero
          E dell’ombra vien l’impero
          E ogne lume percorrente,
          Athelas vieni! Athelas vegnente!
          Dà vita a chi è malsano
          Dona il re con sua mano!

          Scheggia le coppe, sbriciola i piatti!
          Smussar i coltelli, le forchette piegar!
          Fracassar le bottiglie, i tappi bruciar!
          Scheggiar le coppe, i piatti spaccar!
          Ché Bilbo Borsini questo non sa sopportar!
          Tagliar la tovaglia, il grasso camminar!
          Il tappeto del letto le ossa lasciar!
          In dispensa per terra il latte versar,
          Su tutte le porte il vino schizzar.
          I cocci nella tinozza bollente buttar!
          Con un pestello le puoi martellar;
          E alfin se taluno si riuscito a salvar,
          Mandarlo giù per corridoio a rotolar!
          Bilbo Borsini ciò fa diventar matto!
          Perciò, attento! Attento con ogni piatto!

          Che ne pensi di queste traduzioni?

          2 P.S. Sono incuriosito come le farai tu, le versioni di queste canti e poesie.

  44. Valen ha detto:

    Ciao Luke, molto belle davvero anche queste tue traduzioni.
    Per quanto riguarda la tua richiesta, posso in parte già accontentarti subito, perché la maggior parte di queste le avevo già tradotte, e quindi le posto qui.
    D’altra parte però credo che saranno anche le ultime mie versioni che posterò, anzi, in realtà avevo deciso che l’ultima fosse quella precedente del Lamento per Boromir.
    Intanto grazie ancora per il tuo interesse.

    Inno di Gondor

    Gondor! Gondor, posta tra i Monti e il Mar!
    Là soffia dell’Ovest il Vento; e sull’Alber d’Argento il chiar
    Si posa come pioggia lucente nei giardini dei Re del passato.
    O fiere mura! Torri bianche! O corona alata e trono dorato!
    O Gondor, Gondor! Gli Uomini vedrann’ancor l’Alber d’Argento,
    O tra i Monti e il Mar soffierà ancor dell’Ovest il Vento?

    Levatevi, levatevi, Cavalieri di Théoden!

    Levatevi, levatevi, Cavalieri di Théoden!
    Atroci gesta v’attendono: l’oscurità giace ad oriente.
    Sellate i cavalli, risuonino i corni!
    Avanti Eorlinghi!

    Levatevi, levatevi, Cavalieri di Théoden!
    Feroci gesta v’attendono: fuoco e morte!
    Saran scosse le lance, infranti gli scudi,
    è tempo di spada, il giorno sarà rosso prima dell’alba!
    Cavalcate, cavalcate! Cavalcate verso Gondor!

    Rompi il bicchier e pure il piatto

    Rompi il bicchier e pure il piatto!
    Smussa il coltel, la forchetta attorciglia!
    A Bilbo Borsin non piace affatto—
    Brucia il tappo, spacca la bottiglia!

    Taglia la stoffa, calpesta il grasso!
    Versa il latte nello sgabuzzino!
    Lascia le ossa sul materasso!
    Su ogni porta spruzza del vino!

    Versa le brocche nella zuppiera;
    Battile forte con un bastone;
    E se poi qualcuna rimane intera
    Rovesciala dentro il salone!

    A Bilbo Borsin non piace affatto!
    Quindi, attento! Attento a quel piatto!

    Athelas

    Quando spira l’alito nero
    e di morte il buio è foriero
    e ogni luce si vela,
    vieni athelas! vieni athelas!
    Vita che chi muor richiede
    Nella man del re risiede!

    Il Canto di Eomer

    Lontan dal dubbio, dal buio al giorno appena nato
    Venni cantando al sole, il brando sguainato.
    Cavalcai finché fui senza speranza e col cuor spezzato:
    Ora per ira, rovina e un crepuscolo insanguinato!

    Lontan dal dubbio, dal buio al giorno appena nato
    Cavalcò cantando al sole, il brando sguainato.
    Speranza ei riaccese, e con speranza ebbe fin;
    elevato al di sopra di morte, paura e destin
    lontan da perdita e vita, verso gloria infinita.

    • Luke Atreides ha detto:

      Caro Valen,
      La tua versione dell’inno di Gondor, Rompi il bicchier e pure il piatto, Levatevi, levatevi, Cavalieri di Théoden! , Athelas Il Canto di Eomer sono ottime traduzioni quasi meglio delle mie. Sinceri complimenti per QUESTO lavoro di traduzione.
      In futuro aspetterò le tue prossime traduzioni con piacere.

      P.S. Vorrei che ne pensi delle mie traduzioni fatte oggi:

      1) La Via sempre avanti va
      2) La canzone del bere
      3) Rosseggia il fuoco nel camino
      4) Canzone del bagno
      5) Il canto d’addio di Merry e Pipino
      6) Messaggi di Galadriel
      7) Il canto di Sam nella torre degli orchi
      8) Il canto del mare di Legolas

      E poi c’è questa richiesta Alfred Brandy che accontento subito:

      9) La Canzone di Eldamar di Galadriel

      Che posto qui per Atlas, con le note delle mie traduzioni e dei termini scelti.

      1) La Via sempre avanti va

      La Via sempre avanti va,
      Fuori dall’uscio ove iniziò
      Or la Via si è spinta più in là,
      Proseguirla devo, se ce la farò

      Perseguirla con passi anelanti
      Finché a un gran snodo arriverò,
      Ove si trovan più vie e viandanti,
      E allora dove? Io non lo dirò.

      La Via sempre avanti va,
      Fuori dall’uscio ove iniziò
      Or la Via si è spinta più in là,
      Proseguirla devo, se ce la farò

      Perseguirla con passi doloranti
      Finché a un gran snodo arriverò,
      Ove si trovan più vie e viandanti,
      E allora dove? Io non lo dirò.

      La Via sempre avanti va,
      Fuori dall’uscio ove iniziò
      Or la Via si è spinta più in là,
      Che lo seguano gli altri chi può!

      Lasciate che un novo viaggio s’avvia,
      Ma io alla fine coi piedi stanchi
      Troverò all’illuminata osteria
      Il riposo serale e il sonno affranchi.

      Girato l’angolo forse si trova
      Un celato portal o una via nova;
      E anche se sovente la superai,
      Alla fine è giunto il dì oramai:
      Pei celati sentieri imboccherò
      Luna a Ovest, Sole a Est lascerò.

      2) La canzone del bere

      Ho! Ho! Ho! La bottiglia ch’io voglio
      Guarisce il cuore e annega il cordoglio.
      La piova può cadere ed il vento soffiare,
      Ci sono ancora molte miglia da fare
      Ma sotto un grosso albero io m’andrò a sdraiare
      Lasciando che le nubi continuino a fluttuare.

      3) Rosseggia il fuoco nel camino

      Rosseggia il fuoco nel camino,
      E sotto il tetto c’è un letto,
      Ma il piè non è mai stanchino,
      Ancora dietro l’angolo vedremo poi
      Un albero brusco o un masso eretto
      Che nissuno vedea prima di noi.
      Albero ed erba, foglia e fiore,
      Al loro passaggio fate onore.
      Colline ed acque sotto il cielo,
      Al loro passaggio non fate velo.

      Girato l’angolo forse si trova
      Un celato portal o una via nova;
      E anche se oggidì la superiamo,
      Forse questa via dimani andiamo
      Per celate strade imboccheremo
      Verso la Luna e Sole passeremo
      Melo, spino, e noce e pruno,
      Lasciateli andare! Uno a uno!
      Sabbia o sasso, conca o rio,
      Questo è un addio, addio!

      Casa alle spalle, il mondo avanti,
      E i sentieri da seguire son tanti,
      Nell’ombra fino al confine della notte,
      Finché gli astri lucore accesso a frotte.
      Avanti allor la casa e dietro il mondo,
      Torniamo a casa e a letto in tondo.
      Nugolo e l’ombra, scurore e foschia
      Svaniranno via, svaniranno via!
      Foco e lume, e pane a noi,
      E a letto poi! E a letto poi!

      4) Canzone del bagno

      Ehi, canta! ché il bagno al finir del giorno
      Spazza stanchezza e tutto il fango intorno!
      E’ un matto chi non vuol cantare:
      Oh! L’Acqua Calda sa nobilitare!

      Oh! Dolce è il suon della pioggerellina,
      Del rio che va al pian dalla collina;
      Ma meglio di piova e del rio il rumore*
      È d’acqua calda il fumo ed il vapore.

      Oh! L’acqua fredda il bisogno versiamo
      Per la gola dissetarci e ci rallegriamo;
      Ma assai meglio è che la birra beviamo
      E acqua calda sulla schiena gettiamo.

      Oh! L’acqua è bella che zampilla
      Dalla fonte nivea sotto il ciel scintilla;
      Ma mai fonte suonò così dolce non v’è
      Schizzare Acqua Calda con i piè!

      * rio² s. m. [dal lat. rivus]. – 1. (poet.) [piccolo corso d’acqua] ≈ (lett.) rivo, ruscello. 2. [a Venezia, corso d’acqua urbano] ≈ canale.

      5) Il focolare e la sala salutiam

      Il focolare e la sala salutiam!
      Il vento può soffiare e la piova scrosciare,
      Pria che sorga il sol dobbiam andare,
      Lungi dal bosco e dall’alto monte varchiam.

      A Vallefratta, dove gli elfi ancor a dimorare,
      Nelle radure dove la nebbia va a precipitare,
      Per lande e la brughiera di corsa valichiam
      E dove andremo non lo sappiam.

      Alle spalle l’orrore e i nemici appetto,
      Sotto la volta celeste avremo il letto,
      Finché alla fine la nostra fatica sarà passata,
      Il nostro viaggio compiuto, e l’impresa terminata.

      Dobbiam andare, dobbiam andare,
      Pria che sorga il sol dobbiam cavalcare.

      6) Messaggi di Galadriel

      Per Aragorn:
      Dove son ora i Dunedani, Elessar, Elessar?
      Perché lontano i tuoi devono errar?
      È attigua l’or in cui i Perduti avante si faranno,
      E i Grigi Compagni dal Nord cavalcheranno.
      Ma tenebrosa è la via a te destinata:
      Dai Morti la via che va all’onda è vegliata.

      Per Legolas:
      Legolas Viridefoglia, a lungo contento
      Fra gli alberi tu fosti. All’onda sta’ attento!
      Se il gabbiano odi a proda il suo stridore
      Nella selva non sarà requietato il tuo core.

      Per Gimli:
      Custode di Ciocche, ovunque tu sia la mia mente non ti lascia.
      Attento però che sull’albero giusto si abbatta la tua ascia!

      7) Il canto di Sam nella torre degli orchi

      Sotto il lume nelle lande occidente,
      In primavera crescono i fiorellini,
      Gli alberi fioriti, l’acqua fluente,
      Fra il lieto cantico dei fringuellini.
      Nubi non celano i notturni raggi
      E ondeggiando ci fan vedere i faggi
      L’elfici astri come gemme sbiancate
      Tra le loro chiome ramificate.
      Anche se qui a fine del viaggio giaccio
      Dove il buio profondo ha sepoltura
      Al di là di ogne torre alta e dura,
      Oltre di tutte le montagne il ghiaccio.
      Sulle Ombre il lume cavalcherà
      E per sempre dimorano gli Astri:
      Non dirò che il giorno finirà,
      Né dirò addio agli astri.

      8)Il canto del mare di Legolas

      All’onda, all’onda! I gabbiani nivei lagrimano,
      L’aura alita, e le spume nivee ondeggiano.
      Ad occaso, ad occaso, il sole sta calando.
      Nave bigia, nave bigia, stan chiamando.
      Le voci della mia gente che mi han anticipato?
      Partirò, lascerò le selve che mi han generato;
      Ché i nostri dì e il nostro tempo stan declinando
      Passerò solingo sull’acque vaste navigando
      Lunghe son le onde sull’ultima riva cascanti,
      Dolci son le voci nell’Isola Perduta chiamanti
      Ad Eressëa, l’Elfica Dimora non cadono foglie:
      Mai l’uom la scoprirà, alla mia gente niun la toglie!

      9) La Canzone di Eldamar di Galadriel

      Cantai di foglie, foglie d’or, e foglie d’or crebbero a onde:
      D’aura cantai, un’aura venne e alitò fra le fronde.
      Di là da Sole e Luna, la spuma era sul mar,
      E sulla Piaggia d’Ilmarin un albero d’or prese a spuntar
      A Sempresera, in Eldamar, sotto gli astri al chiar,
      A piè delle muraglie dell’elfica Tirion ad Eldamar.
      Le Foglie d’or sugli anni ramificati son lì cresciute
      Qui oltre i Mari Separati le lagrime degli Elfi son cadute
      Oh Lorien! L’avvento dell’inverno, stagion di piante spoglie;
      Il rivo scorre via e nel suo fiotto cadean le foglie.
      O Lórien! Da troppo tempo dimorai sulla Riva Citerior
      E un in serto sbiadito intrecciai l’aurato elanor.
      Ma se or di navi dovessi cantar, qual nave a me verrà,
      Qual nave valica di là dal vasto Mar mi porterà?

      Note sulla traduzione dei termini scelti:
      Aura: variante letteraria per vento
      Alito: variante letteraria per soffio
      Piaggia: variante letteraria e popolare per spiaggia
      Rivo: variante letteraria per fiume
      Avvento: significa per venuta, arrivo
      Lagrime: variante letteraria per lacrime
      Citeriore: Che è situato al di qua, verso di noi (rispetto a un’altra parte della regione, che viene detta ulteriore); è adoperato di solito in determinazioni geografiche del mondo antico (Spagna citeriore, Gallia citeriore), e in denominazioni amministrative ora disusate come Calabria citeriore, Abruzzo citeriore.

      2 P.S. Sono incuriosito come le farai tu (La canzone del bere, Rosseggia il fuoco nel camino, Canzone del bagno, Il focolare e la sala salutiam, Messaggi di Galadriel, Il canto di Sam nella torre degli orchi, Il canto del mare di Legolas, La Canzone di Eldamar di Galadriel) le versioni di queste canti e poesie in futuro.

    • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

      Caro Valen,
      Sinceri complimenti per questa lavoro di traduzione e adattamento MUSICALE delle cantiche di Lotr (Specialmente Athelas e l’inno di Gondor,Inverno nella Selva, Canto nei Boschi).
      In futuro aspetterò le tue prossime traduzioni con piacere.
      P.s. Sono incuriosito anch’io come le farai tu (La canzone del bere, Rosseggia il fuoco nel camino, Canzone del bagno, Il focolare e la sala salutiam, Messaggi di Galadriel, Il canto di Sam nella torre degli orchi, Il canto del mare di Legolas, La Canzone di Eldamar di Galadriel in rima) in futuro.

    • Mario Atridi ha detto:

      Belle le tue traduzioni Valen.
      Visto che nessuno l’ha ancora inserita, provo anch’io a postare la mia versione Cantate, o voi della Torre di Anor. Vorrei sapere il tuo parere personale Valen, se hai qualche consiglio per modificarla (rime, metrica e poetica, errori di traduzione ecc.) dimmi tutto.

      Cantate ora, o voi gente della Torre di Anor,
      Ché il Reame di Sauron è finito ognor,
      E la Torre Nera è abbattuta.

      Or cantate felici, o voi gente della Torre di Guardia,
      Ché non invano foste di guardia,
      E il Nero Portale è crollato,
      E il vostro Re l’ha varcato,
      Ed è vittorioso.

      Cantate con gaudio, o figli d’Occidente,
      Ché il vostro Re ritornerà,
      E in mezzo a voi ei dimorerà
      I giorni della vostra vita.

      E l’Albero appassito si rinnoverà,
      Ed ei sopra le alture lo pianterà,
      E benedetta la Cittade sarà .
      Cantate, o voi tutti!

      P.s. perchè hai tradotto Eorlingas in Eorlinghi? Vorrei sapere la tua scelta traduttiva e etimologica, filologica e spiegata per filo per segno.

      • Valen ha detto:

        Ciao Mario, anzitutto grazie per il tuo apprezzamento. Trovo molto bella la tua traduzione di Sing now, ye people of the Tower of Anor, e non credo di avere la competenza per darti suggerimenti.
        Ho notato che hai cercato di mettere qualche rima anche se in originale non ve n’erano: io ho fatto un po’ la stessa cosa e ne approfitto per postare anche la mia traduzione; magari un semplice confronto è più interessante e arricchente che non delle osservazioni.
        In questo modo così inizio anche a rispondere alle ultime richieste di Dario Saccavilla (poi posterò anche il resto…)

        Cantate ora, voi della Torre di Anor,
        poiché il Regno di Sauron or più non dura,
        e abbattuta è ormai la Torre Oscura.

        Cantate e gioite, voi della Torre di Guardia,
        poiché non invano avete vigilato,
        e infranto è il Cancello Nero,
        e il vostro Re l’ha varcato,
        vittorioso per davvero.

        Cantate e gioite, voi figli d’Occidente,
        poiché è ora che il vostro Re ritorni,
        ed egli in mezzo a voi sarà presente
        per il resto dei vostri giorni.

        E l’Albero appassito rifiorirà,
        e in alti luoghi egli lo pianterà,
        e benedetta sarà la Città.

        PS: Per quanto riguarda la mia scelta di tradurre Eorlingas con Eorlinghi, essa è dovuta al fatto che il suffisso usato da Tolkien si rifà a quello proto-germanico [*-inga/*-unga] che indica affinità/appartenenza/discendenza e che ha la stessa radice di quello utilizzato storicamente per altri popoli, come ad esempio i Vichinghi.

        • Mario Atridi ha detto:

          Ottimo lavoro di traduzione, molto meglio della mia. Egrazie della risposta della scelta di traduzione Eorlingas con Eorlinghi.
          P.S. Visto che nessuno l’ha ancora inserite, provo anch’io nuovamente a postare le mie versioni dei canti Tom Bombadil. Vorrei sapere il tuo parere personale Valen, se hai qualche consiglio per modificarla (rime, metrica e poetica, errori di traduzione ecc.) dimmi tutto.

          1) Ho! Tom Bombadil, Tom Bombadillo!
          By water, wood and hill, by the reed and willow,
          By fire, sun and moon, harken now and hear us!
          Come, Tom Bombadil, for our need is near us!

          Ho! Tom Bombadil, Tom Bombadillo!
          Nell’acqua, selvae clivo, giunco e salicillo,
          Con foco, sole e luna, ascolta il mio richiamo!
          Vieni, Tom Bombadil, del tuo aiuto abbisogniamo!

          2) Wake now my merry lads! Wake and hear me calling!
          Warm now be heart and limb! The cold stone is fallen;
          Dark door is standing wide; dead hand is broken.
          Night under Night is flown, and the Gate is open!

          Sveglia, allegri bimbi miei! La sveglia è suonata!
          Siano caldi il corpo e il cuor! La pietra è crollata;
          L’uscio tetro è spalancato; addio, mano morta!
          Fugge via l’Oscurità, s’apre ormai la Porta!

          3) Hey! now! Come hoy now! Whither do you wander?
          Up, down, near or far, here, there or yonder?
          Sharp-ears, Wise-nose, Swish-tail and Bumpkin,
          White-socks my little lad, and old Fatty Lumpkin!

          Ehi! Ora Venite subito! Dove vagate?
          Su, giù, qua o là, dove ve ne andate?
          Savio-naso, Orecchio-fino, Fruscia-coda e Tontolo,
          Calze-bianche piccolino, e vecchio Ciccio Bozzolo!

          4) Old Tom Bombadil is a merry fellow,
          Bright blue his jacket is, and his boots are yellow.
          None has ever caught him yet, for Tom, he is the master:
          His songs are stronger songs, and his feet are faster.

          Buon Tom Bombadil, vecio allegrone,
          Giallo è il suo stival, blu il suo giaccone!
          Mai nessun lo acchiapperà, perché lui è il Padrone,
          Più veloce il passo suo, più forte la canzone!

          5) Tom’s country ends here: he will not pass the borders.
          Tom has his house to mind, and Goldberry is waiting!

          Il paese di Tom finisce qui: non passerà i confini.
          Ha una casa a cui badare e Baccador lo aspetta.

          P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente, in rima questi canti di tom bombadil.

  45. Norbert ha detto:

    Dal basso della mia ignoranza in materia di metrica, ritmo, rime & affini i miei complimenti a Valen e Luke

    Appena ho un attimo rileggo con calma le vostre splendide rese dei testi di Tolkien

    • Vobis7889 ha detto:

      Anch’io metto un metto una mia traduzione che è questa qui:

      In piedi ora, in piedi, Cavalieri di Théoden!
      Orrore si desta, oscuro è l’oriente,
      Sellate il destriero, si suoni il corno!
      Avante Eorlingas!

      In piedi, in piedi, Cavalieri di Théoden!
      Ferocia si desti: fiamme e massacri!
      Si scuota la lancia, si spacchi lo scudo,
      Sul ferro, sul cruore, prima sorga sole!
      Cavalcate, cavalcate! Cavalcate su Gondor!

  46. CyberBOND007 ha detto:

    Dal canto mio, che è perfettamente inutile discutere con termini per tradurre ranger.
    Che resti ranger.

  47. Claudia ha detto:

    Visto che questa sembra essere diventata la pagina delle traduzioni alternative, e visto che nessuno l’ha ancora inserita, provo a postare la mia versione della Canzone di Earendil. Ovviamente non è stato possibile conservare TUTTA la metrica originale: le rime interne non sono proprio riuscita a mantenerla. Però ho cercato di mantenere la schema delle rime A-B-C-B (anche se qualche volte le ho fatte per assonanza) e ho scelto una lunghezza del verso (decasillabo) che ha un effetto “cantilenante” un po’ come l’originale, che è molto cadenzato.

    Earendil era un navigatore
    e in Arverinien stava indugiando;
    una barca di legno egli fece
    e a Nembrethil andò navigando;

    le sue vele intessute d’argento,
    e l’argento in lanterne splendeva,
    la sua prua aveva forma di cigno,
    su stendardi la luce fulgeva.

    Dei re antichi l’invitta armatura
    ad anelli intrecciati indossava;
    con le rune lo scudo splendente
    che ogni male o ferita stornava;

    il suo arco di corno di drago,
    e le frecce di ebano acuto;
    in argento tornito il suo usbergo,
    il suo fodero d’agata duro;

    valorosa la spada d’acciaio,
    d’adamante era l’elmo suo alto,
    piuma d’aquila ornava il cimiero,
    sul suo petto splendea uno smeraldo.

    Sotto Luna e sotto le stelle
    vagò lungi dai nordici lidi,
    esitando su strade incantate
    oltre i dì dei mortali finiti.

    Dallo Stretto di Ghiaccio stridente
    dove gelida l’ombra si giace,
    dai deserti, dagli inferi fuochi
    ei si volse, ed ancor senza pace,

    fuor di rotta, né stelle a guidarlo,
    giunse infine alla Notte del Nulla,
    la passò, e mai ebbe visione
    di costiera lucente o di stella.

    Venti irosi lui trassero seco,
    che accecato di spuma fuggiva
    da occidente ad oriente, errabondo,
    e a tornare ormai s’affrettava.

    In quel mentre Elwing giunse volando,
    e una fiamma nell’ombra s’accese;
    più splendente di mille diamanti,
    del gioiello tal fuoco rifulse.

    A lui il Silmaril ella affidò,
    qual corona di luce radiosa,
    ed intrepido il viso suo ardente
    ei rivolse ove notte si posa;

    ma dal mondo che giace oltre il Mare
    improvviso un turbine sorse,
    da Tarmenel un vento potente;
    e per rotte di rado percorse

    la sua nave, quel soffio tagliente
    come falce di morte, portava
    sopra mari da lungi diserti;
    d’est a ovest così trapassava.

    Fu portato attraverso la Notte,
    su onde nere e ruggenti correndo,
    sopra leghe abbuiate e su terre
    che annegâr pria dei Giorni del mondo,

    finché udì, sopra spiagge di perle
    dove il mondo finisce, suonare
    una musica eterna, e la spuma
    volger l’oro e le gemme del mare.

    La Montagna egli vide, silente,
    ai cui piedi il crepuscolo posa
    sopra Valinor; Eldamar bella
    mirò lungi, oltre i mari radiosa.

    Lui, ramingo sfuggito alla notte,
    giunse infine ad un bianco riparo,
    alla verde dimora degli Elfi,
    dove limpida è l’aria e sì chiaro

    come vetro, sul colle di Ilmarin,
    scintillio nella valle profonda,
    il lucente pinnacol di Tirion
    si rispecchia nel Lago dell’Ombra.

    Riposandosi là dal suo errare,
    melodie egli apprese soavi,
    mentre i saggi, sull’arpe dorate,
    a lui disser le storie degli avi.

    Poi, vestitolo d’elfico bianco,
    sette luci gli diedero in scorta
    e, passando per il Calacirian,
    giunse, solo, alla terra nascosta.

    Alle aule ove il tempo non scorre,
    dove innumeri splendono gli anni,
    dove regna in eterno il Re Antico
    ad Ilmarin, sul Monte dei Santi;

    là sugli Uomini e l’elfica gente
    a lui disser parole inaudite,
    oltre il mondo mostraron visioni
    a chi ivi dimora proibite.

    Un vascello poi fecero a lui,
    di cristallo e di mithril forgiato;
    nessun remo alla prora splendente,
    oppur vela al pennone argentato:

    per lui il Silmaril era lanterna
    e stendardo di fiamma vivente,
    lassù posto da Elbereth stessa,
    che là giunse, veloce e lucente,

    e per lui fece ali immortali,
    immortale destino imponendo:
    navigare pei cieli infiniti,
    dietro al Sole e alla Luna venendo.

    Di Sempresera dai colli elevati,
    dove dolci sussurran le fonti,
    sulle ali volò, vaga luce,
    oltre il Muro possente dei Monti.

    Dalla Fine del Mondo ei si volse,
    di trovare ancora anelando
    la sua casa viaggiando fra l’ombre,
    e qual stella solinga bruciando,

    egli giunse al di là delle nebbie,
    una fiamma al cospetto del Sole,
    un prodigio avanti l’aurora,
    dove grigia del Nord l’acqua scorre.

    Ei passò sulla Terra di mezzo
    e udì infine i singhiozzi ed il pianto
    delle donne e dell’elfiche figlie,
    nei Dì Antichi, negli anni di un tempo.

    Ma su lui incombeva il destino,
    finché Luna sbiadisca, di andare
    quale stella, e mai più attardarsi
    sulle sponde di gente mortale;

    o per sempre restar quale araldo
    in missione ch’eterna s’irradia:
    portar lungi il suo lume splendente,
    Reggitor della Fiamma d’Occasia.

    • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

      Caro Claudia,
      Sinceri complimenti per questa lavoro di traduzione e adattamento MUSICALE delle cantiche più importanti di Lotr, per ora.
      P.s. Se hai qualche traduzioni alternative delle poesie di JRR Tolkien le puoi postarle qui. E io le commenterò tutte le tue traduzione come gli altri che postano qui.

    • Alfred Brandy ha detto:

      È bellissima, Claudia.
      Sinceri complimenti per questa lavoro di traduzione.

      P.s. Come ti è venuto il termine Occasia.
      È ci saranno altri termini di traduzione Westernesse.
      Se ti viene uno dicelo qui.

    • Dario Saccavilla ha detto:

      È bellissima, Claudia.
      Sinceri complimenti per questa lavoro di traduzione
      della Canzone di Earendil.
      P.s. Come ti è venuto il termine Occasia, vorrei saperlo anch’io.

  48. Valen ha detto:

    Cerco qui di riannodare un po’ di fili… intanto grazie a Mario per le sue belle traduzioni dei canti di Bombadil. La maggior parte mi mancano e spero di poter presto postare anche le mie versioni.
    Qui il poco che ho fatto in proposito, più quello che mi aveva chiesto Dario in precedenza…

    HEY! NOW! COME HOY NOW! WHITHER DO YOU WANDER?
    Ehi! Venite qui! Dove andate? Orsù!
    Su o giù, vicino o lontano, qui o lassù?
    Orecchiuto, Granfiuto, Sferzacoda e Campagnolo,
    Caro Balzano e vecchio Ciccio Bozzolo!

    CANTO DEI TUMULI DI MUNDBURG
    Udimmo i corni squillar sui colli,
    Nel regno del Sud l’armi splendean,
    A Petralanda i destrieri correan
    qual vento all’alba. La guerra ardea.

    Là cadde Théoden, di Thengel forte figlio,
    all’aule d’or e ai verdi prati
    del suo Nord più non tornò,
    gran sire delle schiere. Harding e Guthláf,
    Dúnhere e Déorwine, Grimbold il prode,
    Herefara e Herubrand, Horn e Fastred,
    pugnaron e caddero in terra lontana:
    nei Tumuli di Mundburg sotto l’erba giaccion
    coi loro alleati, siri di Gondor.

    Né Hirluin il Bello ai colli sul mar,
    né Forlong il vecchio alle valli in fior
    mai, ad Arnach, in terra natìa
    in trionfo tornaron; né gli alti arcieri,
    Derufin e Duilin, alle lor acque scure,
    nel Morthond all’ombra dei monti.

    All’alba e al tramonto la morte
    colse signori e umili. Da molto or dormon
    sotto l’erba a Gondor presso il Gran Fiume
    Or come lacrime grigio, brillante d’argento,
    allor rosso scorrea, l’acque ruggìan:
    al vespro la schiuma sanguigna ardea,
    qual roghi i monti avvampavan la sera;
    rossa cadea la rugiada al Rammas Echor.

    FROM DARK DUNHARROW IN THE DIM OF MORNING
    Nell’alba fosca dal buio Colfano
    il figlio di Thengel partì con capo e capitano:
    a Edoras ei giunse, alle sale obliate
    dei Guardian della Marca da bruma velate;
    su travi dorate tenebra avvolgente.
    Addio disse alla sua libera gente,
    al focolar, al trono e ai luoghi benedetti,
    pria che luce svanisse sedi di banchetti.
    Avanti cavalcò il re, la paura dietro stette,
    il fato innanzi. La fedeltà mantenette;
    i giuramenti presi, tutti li adempì.
    Avanti cavalcò Théoden. Cinque notti e cinque dì
    verso est cavalcaron gli Eorlinghi in fronte
    attraverso la Piana, la Marcastagna e Boscomonte,
    verso Landa-Sole seimila lance cruente,
    sotto il Mindolluin s’ergea Mundburg possente,
    città dei re del Mare, nel regno del Sud situata,
    dai nemici assediata, dal fuoco accerchiata.
    Il fato li spinse avanti. Il buio li prese tutti quanti,
    cavalli e cavalieri; lontan degli zoccoli gli schianti
    svaniron nel silenzio: così narrano i canti.

    • Dario Saccavilla ha detto:

      Ancora sinceri complimenti Valen per le tue magnifiche traduzioni.
      Hai un bel lavoro su tutte che hai postato qui finora.
      E poi è ultra bella “Nell’alba fosca dal buio Colfano”
      Sono incuriosito come tradurrai in futuro fedelmente e poeticamente in rima le tue versioni Ho! Tom Bombadil, Tom Bombadillo!, Wake now my merry lads! Wake and hear me calling!, Old Tom Bombadil is a merry fellow, Tom’s country ends here: he will not pass the borders, Upon the hearth the fire is red e soprattutto quella di Canzone di Eärendil (visto che hai postato la prima stazza ch’è bellissima) che assai difficile da tradurre e mantenere lo schema delle rime ecc.
      Ti consiglio caldamente questi articoli Commento testuale: La Canzone di Eärendil (selezione) e L’Eärendil Dimezzato del blog I figli di feanor, per non cadere negli errori traduttivi ecc. di Alliata e Fatica.
      Ti consiglio di tradurre flammifer in Ignifero
      Infatti flammifer è il conio proprio di Tolkien, che indicano ‘portatore di fiamma’ o ‘portatore di luce’ (sebbene nel latino stesso, flammifer significhi semplicemente ‘ardente’).
      Ignifero è colui Che porta il fuoco.

  49. Valen ha detto:

    Ecco intanto il mio lavoro sugli ultimi canti di Tom Bombadil.
    Nella quartina del primo canto non ho mantenuto la strana forma “Bombadillo”, perché nell’originale è solo uno stratagemma dell’autore che serve esclusivamente per rimare con “willow”, ma in italiano non avrebbe senso; ho quindi optato per un altro stratagemma per rimare con “saliceto”.
    Nell’ultimo distico ho preferito l’uso di rime interne per una maggior musicalità.

    1) Oh! Tom Bombadil, Tom Bombadil lieto!
    Per fiume, bosco e colle, per canneto e saliceto,
    Per fuoco, sole e luna, ascolta la nostra voce!
    Vieni, Tom Bombadil, il tuo aiuto ci assista veloce!

    2) Sveglia, miei allegri ragazzi! Svegliatevi al mio saluto!
    Caldi or sian cuor e membra! Il freddo masso è caduto;
    La soglia oscura è dischiusa; la mano avvizzita è spezzata.
    La Notte s’è involata e la Porta è spalancata!

    4) Il vecchio Tom Bombadil è un tipo gioviale,
    La sua giacca è d’un bel blu, e giallo il suo stivale!
    Nessun mai l’ha acciuffato, perch’egli è il signore:
    Il suo inceder è più lesto, e il suo canto superiore!

    5) La terra di Tom qui ha fine: non passerà il confine.
    Ha da badar alla sua casetta, e Baccador l’aspetta!

    PS: a breve posterò anche il canto di Earendil.

    • Dario Saccavilla ha detto:

      Caro Valen,
      Sinceri complimenti per questa lavoro di traduzione e adattamento MUSICALE dei ultimi canti di Tom Bombadil (Specialmente Il vecchio Tom Bombadil è un tipo gioviale e Oh! Tom Bombadil, Tom Bombadil lieto!).
      In futuro aspetterò con trepidazione la tua versione del canto di Earendil con piacere e spero che mie consigli sono stati utili.

      P.S. Per caso hai obliato un terzo canto nel tuo post delle tue versioni?

      • Valen ha detto:

        Ciao Dario, non ho dimenticato nessun canto di Bombadil, è solo che il 3 l’avevo già postato in precedenza in risposta a Mario.
        Invece le letture che mi hai consigliato per Earendil in realtà le avevo già lette, e in effetti mi avevano aiutato a capire meglio il significato generale del canto e gli errori/incomprensioni delle traduzioni ufficiali.
        Comunque credo che alla fine manterrò Flammifero… però è una scelta un po’ ostica.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Okay adesso capito.
          Ti consiglio di tradurre flammifer in Ignifero a cuor leggero, se sei un po’ ostico Flammifero.
          Poiché flammifer è colui “portatore di fiamma’ e anche
          Ignifero è colui Che porta il fuoco.
          E’ scelta filologicamente corretta tradurre flammifer in Ignifero.
          P.S. Come tradurrai Westernesse, Valen?

    • Mario Atridi ha detto:

      Ancora sinceri complimenti Valen per le tue magnifiche traduzioni dei canti di Tom Bombadil.
      Hai un bel lavoro su tutti canti di Tom Bombadil che hai postato qui.
      Ho una domanda per te…
      Se avessi tradotto tu la Nomenclatura del Signore degli Anelli (nomi di persone e popoli, nomi di luogo, cose) in una nuova edizione di lotr italiana in futuro?
      Sono molto incuriosito come lo traduci tu il tutto(Visto le polemiche della nuova Nomenclatura per la nuova traduzione), visto che hai tradotto Piana, la Marcastagna e Boscomonte.
      P.s. Aspetto anch’io con con trepidazione la tua versione del canto di Earendil, scommetto che sarà stra-belllisima.

  50. Valen ha detto:

    Allora, ecco la mia versione del Canto di Earendil.
    Premetto subito per Dario che come avevo già accennato ho preferito mantenere il termine “Flammifero”, per quanto la sua proposta di “Ignifero” fosse ugualmente valida e filologicamente corretta. Il fatto è che credo che in questo caso sia preferibile mantenere la ricercatezza originale dell’Autore, e poi alla fine mi suonava meglio all’interno del verso.
    Per “Westernesse” (altro caso ostico) ho tradotto con Occidania. Mi sembrava suonare meglio rispetto all’Occidenza di Fatica (che è comunque meglio dell’Ovesturia di Alliata), dato anche il rimando fonetico con un termine geografico reale come Occitania (sebbene di tutt’altra origine etimologica).

    CANTO DI EÄRENDIL

    Fu Eärendil uomo di mar
    ad Arvernien ei soggiornò;
    e di legno fé la nave
    ch’a Nimbrethil lo trasportò;
    tessé vele d’argento fin,
    e d’argento le lumiere,
    cigno parea la sua prua,
    luci avean le bandiere.

    Come gran re tutt’armato,
    corazzato cinto di fer;
    rune avea sullo scudo
    per ogni suo mal trattener;
    arco in corno di gran drago,
    e d’ebano freccia fina;
    per l’usbergo ver’argento,
    pel fodero cormalina;
    prode acciaio per il brando,
    il grand’elmo sempre saldo,
    cresta ornata da gran piuma,
    petto ornato da smeraldo.

    Vagò sotto luna e stelle
    via dai lidi boreali,
    sorpreso su vie d’incanto
    dì là da terre mortali.
    Dal rigido Ghiaccio Stretto
    su colline d’ombre e biancor,
    roghi inferi e aride piane
    ratto fuggì, vagand’ancor
    per mari bui e sperduti
    la Notte del Nulla scorse,
    e s’inoltrò, né mai vide
    chiare spiagge, né percorse.
    Lo sospinser venti irosi,
    cieco fuggì tra le spume
    da ovest ad est senza meta,
    verso casa senza lume.

    A lui venne Elwing in volo,
    dentr’al buio vivo baglior;
    più lucente di diamante
    del monile il suo fulgor.
    Il Silmaril su lui pose
    di corona luce vera
    e con valor, fronte ardente,
    voltò la prua; nella sera
    da Altromondo oltre il Mare
    la tempesta forte sorse,
    un gran vento su Tarmenel;
    per vie ch’alcun mai percorse
    la sua nave spinse e sferzò
    con furore opprimente
    per grigi mar desolati;
    da est passò a ponente.

    Notteterna toccò addotto
    su ruggenti onde nere
    oltre sponde adombrate
    e sommerse pria dell’Ere,
    poi da perlee rive egli udì
    l’eterno suon, ch’al mondo muor,
    ove l’onde bianche volgon
    dell’ocean le gemme e l’or.
    Vide il Monte sorger muto
    dove il vespro è alle sponde
    di Valinor ed Eldamar
    scorse lontan oltre l’onde.
    Dalla notte ormai salvo
    al porto chiar giunse infin,
    alla verde Terra d’Elfi
    d’aria tersa, che cristallin
    ai piedi del Col di Ilmarin
    come lampo nel dirupo
    le lucenti tor di Tirion
    si specchian sul Lagocupo.

    Lì si fermò dall’errare,
    e melodie gli insegnaron,
    ed i saggi mirabilia,
    arpe d’oro gli recaron.
    D’elfico chiar fu vestito,
    e con sette luci inviato,
    attraverso Calacirian
    sol andò in loco obliato.
    Giunse all’aule senza tempo
    Dove l’ere fulgon pronte,
    regna eterno l’Antico Re
    ad Ilmarin sul gran Monte;
    scoprì voci mai udite
    su Elfi ed Umane genti,
    e visioni oltre il mondo
    interdette ai viventi.

    Nova nave allor gli fer
    in mithril e elfico cristal
    la prua lucea; senza remo
    né vela sull’asta in metal:
    il Silmaril lume ardente
    vessillo di luce in punta
    che brillava, da Elbereth
    stessa posto: là soggiunta
    ali eterne per lui fece,
    sorte eterna a lui ponendo:
    solcar il ciel senza sponde
    Sole e Luna inseguendo.

    Dai colli di Vespreterno
    dov’argentee scorron fonti
    l’ali menò, luce errante,
    oltr’il gran Muro dei Monti.
    Finismondo ei poi lasciò,
    anelando ritrovare
    la sua casa di tra l’ombre,
    e com’astro insulare
    ei superò l’alte brume,
    dianzi al Sol foco vivo,
    un incanto pria dell’alba
    dov’al Nord scor grigio rivo.

    La Terra di Mezzo passò
    e il dolor udì accorato
    d’elfiche donne e fanciulle
    nei Primi Dì, in passato.
    Ma grave era la sua sorte:
    com’astro, finché Luna muor,
    errar, né mai più indugiar
    su mortal Lido Citerior;
    araldo per l’eternità
    senza requie messaggero
    a recar il lume lontan,
    d’Occidania Flammifero.

    • Dario Saccavilla ha detto:

      Dunque caro Valen, il Canto di Earendil credo sia state per te una grande sfida, a tradurre tutto il canto più famoso di lotr.
      La tua versione il Canto di Earendil è meravigliosa un ottimo adattamento musicale a tutti gli effetti, secondo me. Devi solo aggiustare un po’ la metrica e poi il giuoco è fatto. Il resto è STRA-BELLO se messo in musica anche il tuo termine di traduzione “Westernesse” in Occidania è BELLISSIMO e mi sembra molto reale.

      P.s. Che cose cormalina?

      2 P.s. Anch’io sono molto incuriosito di vedere la tua Nomenclatura del Signore degli Anelli (nomi di persone e popoli, nomi di luogo, cose). Visto che hai tradotto Piana, la Marcastagna e Boscomonte anche bene “Westernesse” in Occidania.

      • Valen ha detto:

        Grazie Dario per l’apprezzamento generale, e in particolare di “Occidania”, termine che mi soddisfa molto.
        Per quanto riguarda la tua prima domanda, il termine che ho scelto sarebbe “Cornalina”, ho sbagliato a scrivere “Cormalina”. L’originale era “Chalcedony”, ovvero Clacedonio, tradotto nella vecchia versione con Crisopazio, che è il nome di una sua varietà comune; a seconda della colorazione e dell’aspetto, il calcedonio infatti prende varie denominazioni, e il mio Cornalina (o Corniola) è una di esse.
        Per quanto richiesto anche da Mario a proposito della Nomenclatura, rispondo che sì, in effetti mi sono creato un piccolo vocabolario di traduzioni personali, un po’ sparso in verità, sui termini più importanti le cui traduzioni ufficiali mi convincono meno. Ma non credo sia bene discuterne qui, per diversi motivi.
        Anzitutto si creerebbe probabilmente un putiferio di opinioni e contro-opinioni: alcuni termini sono divisivi e basta vedere cosa è successo qui per Forestale/Ranger. Al massimo andrebbe creato un topic ad hoc da parte dei membri dell’AIST, ma non so se vi sia interesse in tal senso.
        In secondo luogo, credo di essere già andato abbastanza off-topic con le mie traduzioni postate qui. E non mi pare vi sia stato grande entusiasmo in proposito.
        Da parte mia, quello che ho fatto e postato l’ho fatto unicamente per piacere personale, e soprattutto perché insoddisfatto delle traduzioni ufficiali dei canti del SdA. Ho quasi terminato di leggere la versione di Fatica (sono al capitolo V del libro VI, Il Castaldo e il Re), e devo dire che finora l’ho trovata molto valida sulla parte della prosa, al netto di qualche termine troppo spiazzante. Sulla parte delle poesie però, sono rimasto piuttosto deluso. Se le versioni dell’Alliata si prendevano troppe libertà o cambiavano il senso di alcuni passaggi, quelle di Fatica spesso le ho trovate troppo criptiche o forzate. E quindi mi sono messo a creare le “mie”.

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Parole giuste, Vale.
          Forse mi hai convinto ad acquistare la versione di Fatica (con un prezzo più economico se la Bompiani la farà).
          Io sono entusiasta delle tue versioni e sono bellissime, spero che posterai anche quelle dello Hobbit. Poiché sei un ottimo traduttore.
          P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente, in rima questo canto hobbit Upon the hearth the fire is red.

          Upon the hearth the fire is red,
          Beneath the roof there is a bed;
          But not yet weary are our feet,
          Still round the corner we may meet
          A sudden tree or standing stone
          That none have seen but we alone.
          Tree and flower and leaf and grass,
          Let them pass! Let them pass!
          Hill and water under sky,
          Pass them by! Pass them by!

          Still round the corner there may wait
          A new road or a secret gate,
          And though we pass them by today,
          Tomorrow we may come this way
          And take the hidden paths that run
          Towards the Moon or to the Sun.
          Apple, thorn, and nut and sloe,
          Let them go! Let them go!
          Sand and stone and pool and dell,
          Fare you well! Fare you well!

          Home is behind, the world ahead,
          And there are many paths to tread
          Through shadows to the edge of night,
          Until the stars are all alight.
          Then world behind and home ahead,
          We’ll wander back to home and bed.
          Mist and twilight, cloud and shade,
          Away shall fade! Away shall fade!
          Fire and lamp, and meat and bread,
          And then to bed! And then to bed!

          • Valen ha detto:

            Dunque, il canto che mi chiedi è proprio uno di quelli de Lo Hobbit che ho già tradotto… eccolo:

            Rosso il fuoco nel caminetto,
            Sotto il tetto attende un letto;
            Ma ancor non è stanco il piede,
            Dietro l’angolo forse si vede
            Un monolito o un albero inaspettato
            Che nessun ha mai ammirato.
            Alberi e fiori, foglie e prati,
            Che sian sorpassati!
            Sotto il cielo colli e ruscelli,
            Passeremo anche quelli!

            Dietro l’angolo è forse in attesa
            Una porta segreta o una strada mai presa,
            E anche se le ignoriamo adesso,
            Domani potrem seguire il sentiero stesso
            Per le velate strade che portan esse sole
            Verso la Luna o verso il Sole.
            Mele, spine, prugnole e noci,
            Che passino veloci!
            Sabbie e rocce, fonti e vallate,
            Per sempre salutate!

            Dietro è la casa, il mondo davanti,
            E i sentieri da percorrer son tanti
            Lungo le ombre fino a notte scesa,
            Finché ogni stella non sia accesa.
            Poi dietro il mondo e la casa davanti,
            A casa e a letto tornerem tutti quanti.
            Nuvole ed ombre, nebbie e tramonti,
            Svaniran agli orizzonti!
            Fuoco e lume, arrosto e pagnotte,
            E poi a letto, e buonanotte!

        • Dario Saccavilla ha detto:

          Dunque caro Valen,
          La tua versione Rosso il fuoco nel caminetto, è meravigliosa un ottimo traduzione. Devi solo aggiustare come sempre un po’ la metrica in qualcuno versi poi il giuoco è fatto.
          P.S. Vorrei sapere come avresti tradotto tu, fedelmente e poeticamente, in rima canti e indovinelli de Lo Hobbit:

          1) O! What are you doing?
          2) Clap! Snap! The black crack!
          3) Fifteen birds in five fir trees
          4) The wind was on the withered heath
          5) Old fat spider spinning in a tree!
          6) Roll-Roll-Roll-Roll
          7) The King beneath the mountains
          8) Under the mountain dark and tall
          9) The dragon is withered
          10) Sing all ye joyful!
          11) Roads go ever, ever on
          12) The Riddle Game

          Visto che, ti considero un ottimo traduttore, hai tradotto tutti i canti di Lotr(che sono stra-belle). Vorrei anche commentare e vedere le tue versioni dei canti dello Hobbit.

        • Ettore Saviano ha detto:

          Belle le tue traduzioni Valen.
          Perché non posti qui le tue traduzioni dei canti de Lo Hobbit?

    • atlascyberrobot009 ha detto:

      Stra-bellissima la tua versione il Canto di Earendil e mi piace un botto, assieme tutti i canti di Lotr tradotti da te, che mi sono riletto fino adesso.
      P.s. Poi mostrare anche le tue versioni dei canti del libro “Lo Hobbit”? Se l’hai già fatte.

  51. Valen ha detto:

    Dunque, per quanto riguarda le mie traduzioni de Lo Hobbit, come ho già detto, credo di essere già andato abbastanza off-topic con quelle precedenti del SdA, per cui per adesso non credo di postarle.
    Per ora invece mi sento più motivato a ragionare su alcune espressioni o termini precisi. E faccio un esempio su ciò che ho letto da poco nella nuova versione e che mi ha colpito (in negativo, purtroppo).
    Ho già detto che trovo la traduzione di Fatica, in generale, ben fatta, nonostante alcune scelte che considero un po’ troppo spiazzanti. Ma mentre leggevo l’ultimo capitolo, i Grigi Approdi, ho notato una cosa che proprio non ho capito, e spero che qui qualcuno possa venirmi in aiuto.
    Quando gli hobbit tornati alla Contea ricostruiscono ciò che Sharkey (cioè Saruman) aveva rovinato o distrutto della loro terra, devono occuparsi anche di risistemare Vico Scarcasacco (via Saccoforino nella vecchia traduzione, in originale Bagshot Row), ovvero la via dove sorgeva Casa Baggins (in originale Bag End).
    Dopo averla sistemata gli hobbit decidono di ribattezzare la via, secondo la nuova traduzione, “vico Nuovo”, anche se prima qualcuno è tentato di ribattezzarla “Fondo Chiuso”, secondo una “battuta squisitamente acquarivierasca”.
    Ora, io arrivato qui mi sono chiesto: Ma dove sta la battuta? Dov’è il gioco di parole?
    Per capirlo sono andato anzitutto a riguardare la traduzione vecchia, ovvero “Casa Sharkey”, “una spiritosaggine tipica di Lungacque”.
    Poi ho guardato l’originale, che era “Sharkey’s End”, da cui capisco che la battuta consisteva nel gioco di parole con Bag End, rimandando anche al fatto che lì Sharkey aveva incontrato la sua “fine”; ci sta.
    Ora, sebbene io non sia un fan di “Casa Baggins” come traduzione di “Bag End”, riconosco però che nella vecchia traduzione con “Casa Sharkey” si manteneva almeno il riferimento a quanto compiuto dall’antagonista e una simmetria con la traduzione scelta per Bag End; poco soddisfacente, ma coerente.
    Ma con la nuova traduzione “Fondo Chiuso” non si rimanda proprio a nulla. Il riferimento a Sharkey è sparito, e qualsiasi gioco di parole con Casa Baggins rimane assente e impossibile. Niente. Rimane solo un nonsenso.
    Se almeno si fosse tradotto Bag End con “Fondo Borsa” (e secondo me ci poteva stare, traducendo poi Baggins con Borsin o simili), almeno un riferimento si sarebbe potuto poi preservare traducendo “Sharkey’s End” con “Fondo Sharkey”.
    O al limite, per mantenere del tutto il gioco di parole, si poteva tradurre rispettivamente con “Fine Borsa” e “Fine Sharkey”, anche se meno elegante.
    Difficile fare meglio credo, ma bisogna accontentarsi; sappiamo che non tutto nelle traduzioni è perfettamente trasponibile, e sappiamo che in questo caso specifico è difficile rendere anche il senso di “cul de sac”, cioè di “vicolo cieco” insito nell’originale, ma almeno si sarebbe mantenuto il senso generale delle cose invece di restare con un allucinante nonsenso.
    Questo il mio pensiero; se qualcosa mi è sfuggito, spero che qualcuno sappia illuminarmi meglio sulla scelta di Fatica per “Fondo Chiuso”.

  52. Asdomar ha detto:

    Io dico la mia, mi sarebbe piaciuto il termine forastico, quindi “forastici”. Dal Treccani: foràstico (roman. furàstico) agg. [lat. tardo forastĭcus «esterno», der. di foras «fuori»] (pl. m. -ci), ant. e region. – Poco socievole, selvatico, rustico.

  53. Valen ha detto:

    Malgrado non abbia ricevuto risposta sulla sopracitata questione di “Fondo Chiuso”, volevo porre l’attenzione su alcune scelte di traduzione di alcuni termini sia di Alliata che di Fatica.
    Da parte di entrambi ho infatti riscontrato delle rese un po’ troppo “moderne”, che contrastano con l’ambientazione medievaleggiante dell’opera.
    Specificatamente, per Shirriff Alliata sceglie la soluzione Guardacontea, mentre Fatica quella di Sceriffo.
    Ora, a mio parere, la scelta di Alliata riesce a mantenere il legame con “Shire”/“Contea” insito nel termine (e ricordiamo che gli Shirrifs erano noti anche come the Watch, la Guardia, per cui Guardacontea risulta ulteriormente coerente), mentre lo Sceriffo di Fatica, per quanto più letterale, perde ogni riferimento semantico e richiama inevitabilmente a un poco appropriato contesto western. Personalmente, avrei suggerito Conestabile, una carica medievale simile a quella dello Shiriff, con un richiamo etimologico e assonante più vicino a Contea, in quanto il Comes stabuli era il “Conte” di stalla. Inoltre il termine indicava, Treccani alla mano, “in Inghilterra, fino al 1869, ufficiale militare con incarichi di polizia nelle contee”.

    • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

      Altre italiane plausibili sono Sorvegliante conteale, Vigilante conteale, Vigile conteale, Prevosto conteale, Conestabile.
      P.s. Prevosto nella terza definizione dal Grande dizionario della lingua italiana:
      Stor. In Francia, dal Medioevo al sec. XVIII, agente che rappresentava l’autorità del re in una castellania o in una regione, con funzioni giudizia­rie (e, in senso generico: alto funzionario di un regno). – Gran prevosto di Francia o della casa delRe: magistrato a cui spettavano le cause civili e penali in cui erano implicate le persone addette alla corte.Fiore [Dante], I-118-2: Vedete che danari ànno usorieri, / siniscalchi e provosti e maggiori, / che tutti quanti son gran piatitoli / e sì son argogliosi molto e fieri. Marsilio daPadova volgar., II-II-8: Il provosto e ’l giudicie delle cose già diterminate giudicano. Sanudo, III-320: Da poi seguiva el govemator di questa terra con el prevosto de la justicia del re a cavallo. Randello, 2-56 (II-228): Gli amanti, amo­rosamente insieme prendendo piacere, furono dal prevo­sto de la magione del re tutti quattro a man salva presi. Siri, III-639: NeH’uscire del consiglio il Gran Prevosto di Normandia presentossi avanti la Maestà Sua. Pacichelli,2-45: Il prevosto della casa, ch’è gran prevosto di Francia, è giudice ordinario della casa del re. Baretti, 1-300: Luca Jacobson Debes, provosto in una di quelle diecisett’isole, chiamata Strumo. Bresciani, 6-XIII-181: Serravano il corteo i ridami, gli scabini e i prevosti, siccome giudici e magi­strati della Corona.
      Lei che ne pensa Valen?

      • Valen ha detto:

        Credo che siano tutte definizioni molto accurate dal punto di vista storico, ma farei fatica a vederle nella Terra di Mezzo.
        In particolare, Vigile e Prevosto mi richiamano altre immagini, e aggiungere l’aggettivo “conteale” allunga troppo il brodo. Mia opinione eh

    • Mr. Atlas Rubber Nerd77 ha detto:

      ?

Trackbacks/Pingbacks

  1. Il prologo di Tolkien: la nuova traduzione italiana – Sonia Solfrini
  2. Se hai una copia de Il Signore degli Anelli hai potenzialmente un tesoro
  3. Non ci fu diffamazione, archiviata la querela di Alliata - Tutto su J.R.R. Tolkien Tutto su J.R.R. Tolkien
  4. Nuova Traduzione del Signore degli Anelli: un parere - Luca Ricatti
  5. Si tienes una copia de El Señor de los Anillos puedes tener un tesoro - Frikalia

Leave a Reply

 characters available

Iscriviti alla Newsletter

Pagine

Disclaimer

www.jrrtolkien.it è una testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Roma – Sezione per la stampa e l’informazione, autorizzazione n° 04/2021 del 4 agosto 2021. Direttore responsabile: Roberto Arduini.

I contenuti presenti su questo sito non sono generati con l’ausilio dell’intelligenza artificiale.

Licenza Creative Commons

Quest’opera di http:www.jrrtolkien.it è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Unported. Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili nella pagina dei contatti.
Utilizziamo WP e una rielaborazione del tema LightFolio di Dynamicwp.