Più che una moda, sta divenendo un’epidemia! Dopo Mirkwood arriva un altro libro che ha al centro i “manoscritti segreti” di J.R.R. Tolkien. Ecco la trama de L’anello dei ghiacci (“Where the shadows lie”): «Islanda. Dintorni di Reykjavík. Il cielo non è mai stato così scuro e minaccioso. Le nuvole basse quasi toccano le nere acque del lago. Il detective Magnus Jonson vede a malapena il corpo, immerso nella foschia. È il cadavere di Agnar Haraldsson, uno dei più importanti studiosi dell’opera di Tolkien. La sua è una morte apparentemente assurda. Ma forse una spiegazione c’è, o quantomeno un indizio. Perché il professore, poco prima di morire, era entrato in possesso di un’antica saga nordica. Un prezioso manoscritto vecchio di 800 anni, forse la saga da cui Tolkien ha preso ispirazione per scrivere Il Signore degli Anelli. Ma del manoscritto e dei due uomini misteriosi che stavano trattando con lo studioso per impadronirsene si sono perse le tracce. Magnus non ha dubbi: deve ritrovarli e capire cosa faccia parte del mito e cosa della realtà…».
L’inglese Michael Ridpath non può che essere al primo romanzo, ma, a quanto pare, ha conquistato notorietà grazie a questo libro, stampato ormai in tutto il mondo. In un’intervista tratta dal suo sito, l’autore spiega come ha pensato a Tolkien per la trama. Fin da bambino scriveva thriller e aveva già pronti un detective, l’Islanda e una saga da cercare… «Volevo qualcosa di realmente grande, qualcosa che avesse risonanza anche fuori dell’isola», ammette candidamente Ridpath. «La risposta è venuta facilmente: Il Signore degli Anelli». Aveva già letto le opere del professore di Oxford? La risposta è spiazzante: «Non conoscevo nulla di Tolkien, ma pensavo che fosse plausibile che lui avesse avuto a che fare con le saghe nordiche…». Naturalmente, indagando un po’ Ridpath ha scoperto che Tolkien aveva una passione per il genere e si adattava moltissimo alla sua trama. Così, lo ha inserito nella storia…
Il libro, pubblicato da Garzanti, arriva ora anche in Italia (trad. di Duccio Viani, pp. 364, 18,60 euro). Naturalmente, Ridpath è già al lavoro: L’anello dei ghiacci è il primo volume della “Serie del Fuoco e del Ghiaccio”, che vedrà ancora all’opera il detective islandese Magnus…
Ce ne eravamo già occupati a metà gennaio. Abbiamo resistito, ma dopo che ne ha scritto l’inglese Guardian, la notizia è rimbalzata anche in Italia. Così, dobbiamo tornare su un fatto che sicuramente alzerà un polverone e farà pubblicità a un libro che a noi sembra un’operazione di marketing. Ma andiamo per ordine. John Ronald Reuel Tolkien è al centro di una nuova battaglia legale. Questa volta in Texas, negli Stati Uniti, tra i suoi eredi e Steve Hillard, autore del romanzo Mirkwood: A Novel About JRR Tolkien, altrimenti sconosciuto.
Hillard, 62 anni, di Austin (Texas), non immaginava di essere diffidato dalla Tolkien Estate per aver pubblicato un libro che ha per protagonista il famoso scrittore. Al suo primo romanzo, Hillard ha pubblicato a proprie spese il libro che finora ha venduto tramite Amazon appena 900 copie. Ma sicuramente le vendite saliranno di molto. L’autore ha ricevuto una lettera di diffida dalla Tolkien Estate in cui gli veniva intimato di interrompere la pubblicazione del libro, poiché non possiede i diritti di utilizzare a fini commerciali il nome e la figura di J.R.R. Tolkien. La Tolkien Estate contesta anche l’illustrazione di copertina, in cui l’albero è troppo simile al lavoro di Tolkien. Nella lettera è stata chiesta la distruzione di tutte le copie del romanzo e l’immediato stop alle vendite, minacciando un processo e una richiesta di danni multimilionaria. I legali della Estate hanno ricordato ad Hillard che «i loro assistiti non gli hanno mai concesso il permesso di utilizzate il nome e la personalità di Tolkien per il romanzo né per altro».
Lo scrittore americano ha risposto rivolgendosi al tribunale distrettuale del Texas per precludere le richieste della Tolkien Estate in base al Primo Emendamento. Il libro, di 450 pagine, secondo l’autore è sia narrativa che un esercizio di critica letteraria: «Si concentra sul ruolo delle eroine, richiamando il senso colto da Marion Zimmer Bradley nella sua eccellente recensione di Tolkien: The books are, in fact, almost womanless in “Men, Halflings and Hero Worship” (1961)». Hillard ha ammesso di aver usato per la sua storia il virgolettato di una lettera di Tolkien pubblicata, ma ha assicurato che tutto il resto è frutto d’immaginazione letteraria e ha detto che se il professore, scomparso nel 1973, fosse vivo, sarebbe stato sicuramente dalla sua parte. Hillard ha anche replicato sostenendo che il suo romanzo è soltanto uno dei tantissimi lavori letterari che ha per protagonista gente famosa realmente vissuta. E a tal proposito ha fatto riferimento a Joyce Carol Oates che ha scritto di Marilyn Monroe in Blonde; a Michael Cunningham che in The Hoursha fatto riferimento a Virginia Woolf; a Underworld di Don DeLillo, in cui appare Frank Sinatra.
I legali della Tolkien Estate ribattono che l’immagine della copertina del libro – un albero illuminato dai raggi del sole
con tre figure in primo piano – è «sorprendentemente simile» ad alcuni disegni e alle pubblicazioni di Tolkien. L’articolo del Guardian riporta nel dettaglio molte affermazioni dei legali delle due parti in causa, ma questione della copertina a parte, tutto sembra il frutto del comunicato stampa, come abbiamo scritto già un mese e mezzo fa. Infatti, in maniera molto ambigua si annunciava la scoperta di manoscritti inediti di Tolkien e di un romanzo che ne rivelava il contenuto. Poi leggendo la trama e guardando le immaggini, si scopriva il bluff. Non sappiamo se Hillard avesse previsto la reazione della Tolkien Estate, ma una cosa è sicura: un libro che non vale molto venderà migliaia di copie grazie alla causa negli Stati Uniti.
Per chi è in cerca di suggerimenti di marketing riportiamo la citazione di Hillard al tribunale distrettuale del Texas contro la Tolkien Estate. Per la cronaca, Hillard ha annunciato già il sequel di Mirkwood, si intitolerà: Dream of another’s weaving…
C’era una volta un povero contadino con la casa piena di figli, ma non aveva gran che da offrir loro per nutrirsi e vestirsi, belli erano tutti ma la più bella, incredibilmente bella, era la figlia minore…
Inizia così una delle più note fiabe norvegesi. La scena che colpisce di più è l’amicizia tra la bambina e un orso bianco e il viaggio che compiono insieme. Se vi è venuto in mente il film (e il libro) La bussola d’oro di Philip Pullman non sbagliate. Anche lui si è ispirato alla fiaba norvegese, che si chiama East of the sun, west of the moon. Ma sono in molti ad averne tratto spunto. E tra di loro c’è anche J.R.R. Tolkien.
La fiaba fu tradotta in inglese nel 1889 da Andrew Lang in uno dei dodici libri della sua raccolta, The Blue Fairy Book, e divenne talmente famosa da divenire proverbiale. East of the sun, west of the moon è, infatti, un’espressione per indicare il posto impossibile da trovare, il posto fantastico per antonomasia. Anche il professore di Oxford fu colpito dalla fiaba e, pur non citandola mai né nelle lettere né nei saggi, le offrì un omaggio diretto e inequivocabile nel Signore degli Anelli. Per scoprire dove si può leggere l’articolo molto bello e approfondito di Cecilia Barella sul sito della Compagnia del Libro dal titolo La fiaba norvegese che piaceva a Tolkien.
Per cogliere un indizio dell’importanza che East of the sun, west of the moon ha nei paesi anglosassoni e in quelli scandinavi, riportiamo una piccola selezione di immagini tratte dalle infinite versioni della fiaba in questi ultimi anni. .
«Al di sopra del Marese, della Valle dell’Acqua, dei Monti Brumosi, del Bosco d’Oro,
della Montagna Solitaria, delle nubi, dei mari, al di là del Fuoco Dorato, della Rete di Stelle
e dei confini delle Cerchie del mondo…».
“La storia è scritta dai vincitori”. È un vecchio adagio confermato dai fatti talmente tante volte che è divenuto proverbiale. Se Il Signore degli Anelli non fosse il frutto della fantasia di J.R.R. Tolkien, ma il resoconto di una guerra realmente avvenuta, probabilmente l’adagio sarebbe stato confermato una volta di più. E se fosse proprio così?
La risposta positiva a questa domanda farebbe nascere molte riflessioni sul racconto di fatti realmente avvenuti. È quel che ha fatto un paleontologo russo… .
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. La pignoleria di uno scienziato Kirill Yeskov è un biologo e paleontologo di Mosca con alle spalle ben 86 pubblicazioni scientifiche e la scoperta di almeno 7 nuove specie di ragno. Nel suo paese è piuttosto conosciuto anche dagli appassionati di fantascienza per aver scritto diversi libri del genere. Circa 15 fa, leggendo Il Signore degli Anelli, Yeskov si accorse di alcune incongruenze geografiche e geologiche della Terra di Mezzo. Prese una bella penna rossa e iniziò a correggere il testo che andava leggendo. Presto i margini del libro non bastarono più a contenere le sue note. Fu così l’inizio di un lavoro che lo impegnò 4 anni e lo portò a scrivere 140mila parole, equivalente all’80% della Compagnia dell’Anello. Ne uscì una riscrittura della storia, seguendo però quello spunto iniziale.
L’Ultimo portatore dell’Anello Secondo Yeskov, il testo di Tolkien è in realtà la leggenda romantica raccontata dalla parte vincente nella guerra dell’Anello. Se fosse un documento storico, un suo esame più attento rivela un versione alternativa della guerra. Proprio come la storia col tempo diventa mito, gli elementi fantastici nel Signore degli Anelli possono essere visti come metafora di dinamiche sociali di quell’epoca (l’anno 3019 della Terza Era). Il romanzo dello scienziato, The Last Ring-Bearer, pubblicato in Russia nel 1999, racconta così la storia epica di Tolkien dal punto di vista della regione di Mordor, da dove Sauron, l’Oscuro Signore, mosse guerra ai popoli liberi della Terra di Mezzo.
La storia ha una prospettiva meno in bianco e nero, raccontata dal punto di vista dei perdenti. Secondo Yeskov sembra che la guerra sia stata causata da due visioni del mondo diverse e contrapposte: il mondo dell’aristocrazia rurale e del feudalesimo, con un potente appoggio magico, i cui leader vogliono mantenere lo status quo, e il mondo del progresso tecnologico, all’alba di una rivoluzione industriale. Così, gli orchi e le altre “razze del
Male” non sono più maligni di qualsiasi altra razza della Terra di Mezzo. Ci sono leader potenti su entrambi i lati che vogliono prevalere e proteggere il loro stile di vita e la gente comune che viene coinvolta in questo conflitto. I fan del Signore Oscuro resteranno un po’ delusi: sua Maestà Sauron ha solo poche citazioni nel racconto degli eventi, essendo stato più che altro un re illuminato. Di conseguenza, Aragorn e Gandalf hanno ritratti a tinte fosche: il primo è un guerriero spregiudicato, che non esita a far uccidere un suo compagno pur di vantarsi della sua spada leggendaria e in un altro momento si dice che Boromir è stato ucciso da qualche parte nelle regioni del nord, suggerendo che potrebbe essere stato l’erede al trono di Gondor. Gandalf è descritto come il motore instancabile di tutte le manovre dell’Ovest, un vero e proprio guerrafondaio. Alla fine, il mondo feudale dei Popoli Liberi prevale e spazza via il tentativo di rivoluzione tecnologica: i successivi resoconti, scritti a Gondor, esalteranno lo scontro tra Bene e Male, dipingendo come mostri terrificanti gli avversari e come una dittatura dispotica il regno di Mordor.
Per quanto riguarda lo stile bisogna dire che è piuttosto diverso da quello di Tolkien: è un po’ come se John LeCarré avesse scritto Rosencrantz e Guildenstern sono morti. C’è molta più enfasi sulla disinformazione e sullo spionaggio, e la prosa è ben lontana dall’essere epica. Non è così divertente e leggibile come l’originale, ma è un lavoro comunque legittimo e interessante. Eccone qualche esempio, dalla traduzione inglese, fatta in collaborazione con l’autore stesso: Dal Capitolo 35: «Close to evening a stranger visited the Mordorians’ barrack where the Engineer Second Class was being wracked by a consuming fever. He was wiry and quick in his movements, his swarthy Southerner’s face marked by decisiveness – most likely an officer off an Umbarian privateer who by a quirk of fate wound up at Mindolluin rather than dangling off the yardarm of a royal galley. He stood for a minute over the bloody mess already presided over by hordes of fat flies and grumbled to no one in particular: “Yeah, prob’ly a goner by morning…” Then he disappeared, only to re-appear a half an hour later and, much to the surprise of Kumai’s fellow inmates, begin treating him. Ordering them to hold the patient down, he started rubbing a yellowish ointment smelling sharply of camphor right into the bleeding welts; the pain was enough to jerk Kumai back from wobbly unconsciousness, and had he not been so weakened, his fellows would not have been able to keep him pinned down. Pirate (as the prisoners took to calling him) kept working calmly, and just a few minutes later the wounded man relaxed, melting with copious sweat, and sank into a real sleep like a stone in a pond». Dall’Epilogo:«Our narrative is based entirely on Tzerlag’s tales, however incomplete, that are preserved by his clan as an oral tradition. It should be stressed that we have no documents that might attest to its veracity. The one who might have been expected to leave the most detailed account – Haladdin – had not recorded even a word on the subject; the other participants in the hunt for Galadriel’s Mirror – Tangorn and Kumai – remained silent for obvious reasons. Therefore, whoever would like to declare the whole thing to be the old-age ravings of an Orc who wanted to replay the finale of the War of the Ring is free to do so with clear conscience. After all, that’s what memoirs are for: to let veterans recast their losses as victories after the fact».
Un successo duraturo non solo in Russia Che un libro avesse successo in Russia era quasi scontato. Proprio alla fine degli anni Novanta molti scrittori pubblicarono libri simili ispirati alla Terra di Mezzo. Sono la fonte classica per gli appassionati di giochi di ruolo russi che interpretano il lato “oscuro” dei paesi a est e sud. Famosissimo è The Black Book of Arda, un romanzo di N. Vassilyeva e N. Nekrasova, che racconta Il Silmarillion dal punto di vista di Melkor, che ebbe ben due edizioni nel 1995 e nel 2000. Oppure come Beyond the Dawn, un romanzo fantasy della scrittrice ucraina Olga Chigirinskaya, pubblicato nel 2003, che racconta la storia di Beren e Luthien usando toni poetici attinti dalla letteratura.
Per non parlare della discutibile serie Ring of Darkness di Nick Perumov, pubblicata a partire dal 1991, che ha provocato un’ondata di critiche dagli appassionati di Tolkien, ma ha venduto almeno 100mile copie, scalando tutte le classifiche di popolarità tra i lettori di fantasy.
Il libro di Yeskov ha un respiro diverso. Ha una prosa migliore, rimane fedele alla storia pur introducendo alcuni personaggi nuovi e raggiunge toni lirici in alcuni punti. Un esempio è quando Sauron discute con Gandalf sul futuro della Terra di Mezzo, invertendo l’idea di “bene” e “male” della trilogia: «History will be written by those who will win under your banner. There are tried and true recipes for that: cast Mordor as the Evil Empire that wished to enslave the entire Middle Earth, and its inhabitants as non-human monsters that rode werewolves and ate human flesh … I am not talking about history now, but rather yourself. Allow me to repeat my rude question about the people who hold the knowledge of the civilization of Mordor. That they will have to be destroyed, quite literally, is beyond doubt – ‘uproot the weed entirely’ – otherwise the whole endeavor is meaningless».
Non stupisce, quindi, che The Last Ring-Bearer abbia avuto più edizioni in Russia e sia stato tradotto e pubblicato in molti paesi vicini di lingua slava, avendo buoni risultati di vendita anche in Estonia, Polonia e persino in Spagna, dove è stato pubblicato da una importante casa editrice di fantascienza.
Contenti i lettori, ma non la Tolkien Estate
Il successo editoriale di lunga durata del romanzo di Yeskov naturalmente è giunto a conoscenza di molti appasionati di Tolkien sparsi nel mondo. Finché la curiosità non si è trasformata in dedizione portando prima alla traduzione in inglese del primo capitolo, poi dell’opera intera. «Sono stato molto così impressionato da questo lavoro da trascorrere alcune dozzine di pause pranzo per tradurlo in inglese», ha scritto Yisroel Markov sul suo blog dando l’annuncio che è ora possibile scaricarlo gratuitamente. «Alcune case editrici hanno considerato una traduzione commerciale di questo libro, che è già stato pubblicato in diverse lingue europee», spiega il traduttore, «ma hanno abbandonato l’idea per paura della Tolkien Estate, che controlla rigidamente ogni opera derivata, soprattutto quelle in lingua inglese. Questa traduzione non è commerciale».
Non la pensa così però proprio la casa che detiene i diritti delle opere di Tolkien. In un articolo del Guardian, David Brawn della HarperCollins, editore esclusivo dei libri di Tolkien ha detto: «A mia conoscenza, nessuno di noi è mai stato contattato per pubblicare questo libro». La Russia ha operato «per anni» al di fuori dei diritti d’autore, ha aggiunto Brawn, anche se la situazione ora sta cambiando. «In Internet ci sono
tantissime infrazioni – ha continuato l’editor – ed è estremamente difficile fare qualcosa». «Quando si ottengono i diritti di qualcosa così popolare come Tolkien, gli appassionati vogliono avere sempre nuove storie. La maggior parte di quelle scritte è piuttosto dilettantesca. Tolkien stesso non è del tutto d’accordo e la linea della Estate è che è meglio dire di no a tutto. Se ne lasci passare uno, un diluvio spalancherà le porte».
Mark Le Fanu, segretario generale della Society of Authors (una sorta di Siae nostrana), dal canto suo ha avvertito che anche una storia amatoriale messa a disposizione non per scopo di lucro è soggetta al diritto d’autore. «Se il libro è disponibile in inglese senza la licenza del titolare del diritto d’autore è comunque una violazione».
Considerazioni finali su The Last Ring-Bearer Quando si tratta di guerre, la verità è di solito la prima tra le vittime. La Storia insegna come molte sconfitte siano state nascoste o completamente travisate. Senza giungere agli estremi possibili narrati ad esempio in 1984 di George Orwell (in cui si era sempre in in un regime di guerra per giustificare il razionamento dei viveri e il lavoro coatto), si possono citare molti eventi storici. Fin dalla battaglia di Qadesh, combattuta nel 1274 a.C. (ben tremila anni fa) l’uomo ha sempre raccontato la guerra guardando piuttosto al proprio tornaconto. In quell’occasione, il faraone Ramsete II fu sconfitto dagli ittiti che lo presero di sorpresa e la sua politica di riprendersi la Siria fu neutralizzata: ma i templi di Karnak raccontano un’altra storia, con un faraone gigante che resiste ai nemici fino all’arrivo dei soccorsi. Dal Medioevo ci è giunta La Chanson de Roland, considerata tra le più belle opere della letteratura medievale francese e ispiratrice di tutte le storie del ciclo carolingio e di Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto. Ma racconta della battaglia di Roncisvalle, avvenuta il 15 agosto 778, quando la retroguardia di Carlo Magno, comandata dal paladino Orlando, fu attaccata e distrutta dai saraceni. L’eroe fa strage di nemici con la sua famosa spada Durlindana, ma sopraffatto, Orlando usa il poco fiato rimasto per suonare l’Olifante, il corno magico col quale richiama l’attenzione di re Carlo (piacque tanto a Tolkien che ne fece un favoloso animale). Per non parlare della Battaglia di Maldon, schermaglia combattuta nell’Essex il 10 agosto 991 tra anglosassoni e vichinghi, che tutto sommato sarebbe rimasta sconosciuta se non fosse stato per l’orgoglio smodato del conte Byrhtnoth, tramandato dalla Battle of Maldon. Criticata anche da Tolkien, la sua «aspirazione a onore e gloria, in vita e dopo la morte, tende a dilatarsi, a divenire un movente fondamentale» della sconfitta, inducendolo a cedere troppo terreno agli avversari. Fu la causa della rovina per tutti i suoi guerrieri e per l’Inghilterra. Ma i poeti ne esaltarono il coraggio come massimo esempio dell’eroismo nordico e dello spirito di sacrificio contro gli spietati e sanguinari uomini del nord venuti dal mare. Questi ultimi, evidentemente, non la pensavano così, perché fecero del capo di quella spedizione il re di Norvegia e lo cantarono nella Grande saga di Óláfr Tryggvason.
Fortunatamente si sono conservati entrambi i componimenti poetici, così abbiamo le due versioni dei fatti.
Considerazioni di questo genere inquadrano l’impresa di Yeskov in una prospettiva diversa, rendendola meno peregrina e soprattutto degna di maggiore considerazione rispetto ad altri lavori. Del resto, lo stesso Tolkien, nonostante i timori della Tolkien Estate, in un momento della sua vita avrebbe voluto che la sua enorme opera avesse un seguito. «Alcuni dei racconti più vasti li avrei raccontati interamente – scrive in una lettera –, e ne avrei lasciati altri solo abbozzati e sistemati nello schema d’insieme. I cicli sarebbero stati legati in un grande insieme, e tuttavia sarebbe rimasto lo spazio per altre menti e altre mani che inserissero pittura e musica e dramma». Su questo già in passato si è scritto, mostrando come la fan fiction sia stata a volte fondamentale per la letteratura, da Don Chisciotte a Pinocchio.
Le leggende della Terra di Mezzo scritte da Tolkien coprono moltissimi aspetti e moltissimi eventi tra le Ere di Arda. Di tutte, però, soltanto una è scritta “dalla parte dei perdenti”. Si tratta di una versione alternativa della Caccia all’Anello, contenuti nei Racconti Incompiuti che racconta i movimenti dei Nazgûl nel periodo che precede Il Signore degli Anelli.
È un po’ pochino per gli appassionati, soprattutto per quelli russi.
E per la cronaca, la traduzione inglese di The Last Ring-Bearer è stata scaricata in una settimana da 10mila persone, mentre un file torrent è apparso su sito The Pirate Bay.
Chi volesse leggerlo in inglese può scaricarlo da qui.
Un call for papers (CFP) è un metodo usato in ambito accademico per la raccolta di articoli per un libro o una rivista o per le conferenze nei convegni. Il CFP di solito viene inviato dagli organizzatori o dai curatori e descrive in modo ampio il tema, l’occasione per la richiesta di intervento, le modalità di invio e i suoi limiti (durata calcolata in minuti per una conferenza o in battute o parole per gli scritti), le norme redazionali e la tipologia di abstract (sintesi) da inviare. Sempre più internet sta divenendo il modo più diffuso per i Call for papers.
Ecco, quindi, la notizia su due CFP in scadenza in questi mesi per gli studiosi di Tolkien e degli Inklings. Il primo è in occasione della 14 ° Conferenza annuale della C.S. Lewis and Inklings Society, che si terrà presso la Oral Roberts University di Tulsa, in Oklahoma (Usa) il 1 e 2 aprile 2011, con relatori principali Andrew Lazo e Kurt Bruner. La seconda è per la Mythcon 42, il più grande convegno statunitense, organizzato dalla Mythopoeic Society che si terrà a Albuquerque, in New Mexico, dal 15 al 18 Luglio 2011, con ospiti d’onore Michael Drout e Catherynne M. Valente (scrittrice).
Ecco tutti i dettagli:
Call for Papers 14th Annual C.S. Lewis and Inklings Conference Oral Roberts University, Tulsa, OK April 1–2, 2011
The Face of Myth in a World of Reason
Papers on the above theme related to the works of C.S. Lewis, J.R.R. Tolkien, Charles Williams and other Inklings, as well as George MacDonald and Dorothy Sayers are invited. However, papers on other subjects related to the above authors will also be accepted.
There will be a competition for the best undergraduate, graduate, and faculty/scholar paper given at this conference. The winners will be determined by a committee of three jurors from the Executive Board members of the C.S. Lewis and Inklings Society (CSLIS) and will receive monetary awards. To be eligible, the contestant must be a member of the CSLIS and present the paper at the conference. The awards will be presented during the evening banquet on April 1. If you would like your paper to be considered for the competition, please send the full paper by February 18, 2011.
If you do not want your paper considered for the competition but still want to present at the conference, you will need to submit a one-page abstract or a full paper by February 18, 2011. Papers should be 8–10 pages (double-spaced, 12 point font). They need to be original works and not read at previous conferences. Participants will be held to a twenty minute presentation limit. All participants must be members of the CSLIS in order to present at the conference. Participants can download a society membership form.
Send abstracts to: Dr. Mark R. Hall, Conference Director
Phone: 918-495-6111 – Fax: 918-495-6166
Mythopoeic Society Conference 42 University of New Mexico, Albuquerque, NM July 15–18, 2011
Monsters, Marvels, and
Minstrels: The Rise of Modern Medievalism
The year 2011 marks the 75th anniversary of both C.S. Lewis’ publication of The Allegory of Love and J.R.R. Tolkien’s lecture “Beowulf: The Monsters and the Critics.” Spanning the early Anglo-Saxon/Scandinavian heroic legacies and late Continental French-inspired romance traditions, these authoritative works of scholarship dramatically changed academic discussion on their medieval subjects. In addition, their literary reinterpretations laid the groundwork for the modern medievalism that now informs so much modern fantasy literature, Inkling or otherwise. To commemorate these important anniversaries, Mythcon 42 will invite reflection on the impact of these critical works and how they offer new ways to view the fantastic in earlier texts as well as how they initiated many of the approaches modern fantasy applies to its reading of the medieval. While legacies inherited from Anglo-Saxon, Celtic, Scandinavian, Biblical, and Classical cultures will be obvious subjects, papers and panels that explore mythological and fantastic works from other early traditions (such as Native American, Asian, and Middle-eastern) are also welcome, as are studies and discussions that focus on the work and interests of the Inklings (especially J.R.R. Tolkien, C.S. Lewis, and Charles Williams), of our Guests of Honor, and of other fantasy authors and themes. Papers from a variety of critical perspectives and disciplines are welcome. Guests of Honor: Michael D.C. Drout (Scholar), Catherynne M. Valente (Author)
Sarà per far digerire l’aumento dei prezzi, sarà perché gli inglesi sono sempre stati appassionati di letteratura fantastica, sarà per frenare l’emorragia di lettere e cartoline, sta di fatto che la Royal Mail, la versione britannica delle Poste nostrane ha annunciato le prossime collezioni di francobolli per il 2011.
Tra serie dedicate alla musica, al Wwf, a William Morris e Shakespeare, spicca quella intitolata “Magic Realms”. Come fa sapere il comunicato stampa, la serie è dedicata «ad alcuni dei personaggi che hanno affascinato generazioni di lettori»:
– Nonna Ogg e Scuotivento (Nanny Ogg e Rincewind), che appaiono in molti dei romanzi del MondoDisco (“Discworld”) scritti da Terry Pratchett,
– Silente e Voldemort, personaggi tratti dai libri di Harry Potter, scritti da J.K. Rowling,
– Merlino e Morgana tratti dalle leggende di re Artù e, infine,
– Aslan e la Regina Bianca dalle Cronache di Narnia, scritte da C.S. Lewis.
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Molte di queste storie, antiche o moderne che siano, coinvolgono più di un personaggio magico, così la Royal Mail ha selezionato quattro diverse serie, scegliendo due personaggi ciascuno. «Per quasi mille anni, maghi e stregoni sono stati protagonisti per la psiche britannica», ha detto Philip Parker, portavoce della Royal Mail Stamps. I maghi compaiono in leggende, poesie, libri e film, e sono re-interpretati ad ogni generazione… In molte delle nostre storie più grandi, maghi e streghe hanno svolto un ruolo significativo al fianco di re e regine: Merlin, ad esempio, è indissolubilmente legato a Re Artù e le tre streghe a Macbeth». Visto che Aslan non è proprio un mago, visto nel Signore degli Anelli ce ne sono almeno tre (Gandalf, Saruman e Radagast), il grande assente della letteratura fantastica inglese è, come avrete notato, J.R.R. Tolkien.
La collezione sarà messa in vendita al pubblico da martedì 8 marzo 2011. Per maggiori informazioni sul valore dei singoli francobolli si può andare al sito ufficiale del Royal Mail Stamp. Sicuramente aspetteremo lo speciale che da quel giorno le poste britanniche inseriranno sulla loro pagina di YouTube.
Siamo lontani dai film di Peter Jackson è si vede. Finalmente. Non fraintendete, la trilogia cinematografica del Signore degli Anelli ha molti meriti ed è sicuramente un’opera grandiosa, forse irripetibile. Ma ha un difetto: l’aver creato un modello iconico che per molto tempo imporrà i suoi canoni. Dopo i film, difficilmente i lettori del Signore degli Anelli riusciranno ad aprire il libro senza vedere Viggo Mortensen in Aragorn od Orlando Bloom in Legolas, per non parlare dei suoi capelli biondi, che nel volume non ci sono (erano probabilmente scuri com’era la norma tra i Sindar; i capelli biondi erano una caratteristica dei Vanyar). Per non parlare di Arwen/Liv Tyler. Insomma, la libertà di ogni lettore di fantasticare con la sua immaginazione, basandosi sulle descrizioni del capolavoro di Tolkien, come avviene per la maggior parte delle opere di narrativa, è fortemente limitata dalle immagini delle pellicole. Non solo: dalla loro uscita dei cinema di tutto il mondo, le illustrazioni e i dipinti di molti artisti si sono in parte rifatte a quel modello, divenendo appunto una sorta di canone.
Certo, non si vuol tornare ai tempi in cui i membri della Compagnia degli Anelli erano rappresentati con cappelli da moschettiere o vestiti da templare, ma siamo convinti che la diversità d’espressione sia una ricchezza, fino ad autore molto personali come Cor Blok o Tom Loback.
Fatta questa premessa, è benvenuta la pubblicazione di Middle-earth: Visions of a Modern Myth, che raccoglie le opere di Donato Giancola. Attivo già da tempo, non è italiano come potrebbe far pensare il nome, ma uno dei più grandi artisti americani nel campo del fantastico, più volte vincitore del premio Hugo e di svariati altri premi. Collaborazioni con LucasArts, Microsoft Games, Hasbro, Wizards of the Coast fanno di Giancola l’artista che meglio ha rappresentato tutti i settori del gioco, ma le sue opere spaziano per tutti gli ambiti artistici. I forti richiami alla pittura rinascimentale unita alla sua formazione scientifica hanno reso le sue opere fantascientifiche uniche. «A lungo atteso», recita la quarta di copertina di Middle-earth: Visions of a Modern Myth, «questo bellissimo viaggio attraverso la Terra di Mezzo offre una nuova esplorazione del regno di fantasia più amato della letteratura. Dal Fosso di Helm al Monte Fato, Giancola conduce i lettori in un tour pieno di guerrieri, maghi, draghi e nani».
Donato Giancola e J.R.R. Tolkien Più della copertina, ci interessano le sue parole, riprese dalla presentazione che l’autore fa della propria arte sul suo sito: «Conosco quei libri dall’inizio alla fine, ma mi ritrovo ancora a commettere qualche errore […] Fortunatamente, Tolkien ha dato agli artisti una grande libertà nell’illustrare i suoi
romanzi: descrizioni non troppo dettagliate sia dei personaggi che dei luoghi. Le sue descrizioni di solito sono molto emotive e per questa ragione entrano in risonanza col lettore, molto di più delle opere di altri autori. È ciò che mi piace di queste opere: una forte base emotiva su cui costruire un ampio spettro di interpretazioni ‘fisiche’».
«[…] è con le scene semplici che J.R.R. Tolkien ci fa sentire l’umanità dei suoi personaggi: le profondità della terribile oscurità di Moria; Merry e Pippin che fumano la pipa dopo la distruzione di Isengard; Frodo e Sam che cuociono dei conigli all’Ombra di Mordor».
«[…] La potenza di Tolkien sta nel fatto che non occorre un artista per interpretare la sua opera affinché prenda vita. Eppure, allorché l’artista riesce a superare la riproduzione pedissequa, si riesce ad aggiungere qualcosa a ciò che le parole possono descrivere. Le due arti risuonano e creano una risposta emotiva più grande della somma delle parti. Ciò non sempre si può raggiungere, ma quando accade è una cosa magica».
I quadri in casa
Sono particolarmente orgoglioso di un quadro da The Hobbit: Expulsionche è appeso in sala da pranzo. Rappresenta tutto ciò a cui aspiro e che mi appassiona della mia carriera come illustratore e pittore realista, interpretando l’opera di Tolkien; dispiegando l’umanità di personaggi in conflitto epico e creando quadri di ampie dimensioni e carichi emotivamente. Le ispirazioni accumulate in viaggi per i musei di tutto il mondo hanno trovato finalmente espressione in un lavoro come questo. Questo quadro, insieme a The Lord of the Rings, si è rivelato un trampolino per un corpus di opere più ampio, che rappresenta il mio secondo livello verso la creazione di una pittura narrativa. Nella mia opera ci sono stati alcuni successi, ma nessuno fino ad ora ha eguagliato quello che ho ottenuto illustrando le copertine dei due miei libri preferiti: The Lord of the Rings e The Hobbit».
Questo titolo, praticamente lo stesso dell’originale inglese, farà sicuramente sobbalzare sulla sedia ogni appassionato tolkieniano. Purtroppo, non è esattamente così: diciamo subito che la notizia non arriva da Christopher Tolkien, Priscilla Tolkien, né tantomeno da Tolkien Estate o HarperCollins. Non giunge nemmeno dalla Tolkien Society o da una delle prestigiose biblioteche che conservano i manoscritti dello scrittore inglese, dalla Bodleian di Oxford alla Markette University Library negli Usa. Si tratta solo di fiction.
Sgombrato il campo agli scoop ed essendo nel campo della narrativa, Tolkien non poteva che divenire protagonista di una storia fantastica: il professore appare nelle prima pagine e la sua ombra aleggia in tutto il resto di un nuovo romanzo, Mirkwood: A Novel About JRR Tolkien. A firmarlo è un certo Steve Hillard, uno scrittore e linguista statunitense altrimenti sconosciuti ai più. Si scopre così che in un viaggio non descritto da alcuna biografia né dalle lettere, Tolkien sarebbe sbarcato negli Stati Uniti, a New York, per una cosiddetta “missione segreta”. Siamo infatti durante la Seconda Guerra Mondiale e il professore di Oxford lascia da parte il suo pastrano per vestire i panni dell’agente segreto. Leggendo la trama si apprende che, durante il soggiorno, Tolkien portò con sé un documento scritto di suo pugno in una lingua sconosciuta che si riferisce a una eroina, una Halfling di nome Ara, che era vissuta nella Terra di Mezzo. Temendo che il possesso dei documenti avrebbe portato un gran danno, Tolkien affidò i documenti a un arrotino di nome Jesse Grande.
Quasi 40 anni dopo, l’arrotino vagabondo è scomparso e il manoscritto viene ritrovato da una sua nipote, rimasta orfana: Cadence. Proprio in quel momento, si scopre che le forze oscure dal Reame fantastico (sempre la Terra di Mezzo, si presume) giungono a New York alla ricerca dei documenti e dei loro guardiani, così Cadence è costretta a proteggere la storia di Ara. Purtroppo, non è dato modo di sapere come una ragazzina possa conoscere una lingua che è sconosciuta e sapere della storia di Ara, ma la trama va avanti. In seguito, si dovrebbe capire che la Terra di Mezzo esiste realmente e che Tolkien l’ha visitata e semplicemente vi si era ispirato.
L’autore
«Tolkien sperava ardentemente, anzi credeva che non vi fosse alcuna divisione tra credenza e realtà», dice Hillard, che poi spiega: «Il mio romanzo risponde alla domanda: “Cosa sarebbe successo se Tolkien avesse vissuto in prima persona nella Terra di Mezzo”?». (A onor del vero, lo stesso Tolkien aveva smentito di credere e tanto di voler vivere nel suo mondo fantastico, ndr).
Intrecciando tra loro fatti storici e fiction, Hillard immagina gli spostamenti di Tolkien, ne fa una spia nella Seconda Guerra Mondiale e riporta dialoghi tra lo scrittore e il suo amico, C.S. Lewis. Hillard ha detto che l’ispirazione per scrivere il romanzo gli sarebbe venuta dalla lettura del Signore degli Anelli alle figlie, a cui la saga è piaciuta molto, ma ogni sera chiedevano: «Dove sono le eroine?».
Ora, senza voler dare giudizi affrettati, sembra proprio che anche questo romanzo segua una moda consolidata nei paesi anglosassoni: sfruttare il nome di Tolkien per farsi pubblicità. Se servissero altri esempi, si possono leggere tutta la saga sui draghi di James A. Owen, romanzi fantasy in cui Tolkien, Williams e Lewis sono protagonisti, oppure Looking for the King: An Inklings Novel di David C. Downing. E anche in Italia è il caso di La casa di Tolkien, un romanzo edito da Nutrimenti che poco aveva a che fare con lo scrittore inglese.
Tornando a Mirkwood, dal quel che si capisce il libro è un fantasy per bambini delle scuole primarie e forse delle medie, come tra l’altro si può evincere anche dalle immagini distribuite in questi mesi. La copertina è intrigante, ma dalle immagini si intuisce il pubblico a cui è rivolto. Il libro uscirà il 18 gennaio, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, speriamo non venga tradotto in italiano. Qui è possibile vedere la galleria di immagini.
«…Sono parole che cozzano come macigni contro le interpretazioni, – tutte italiane peraltro – di Tolkien in chiave nostalgica o ancora manichea/reazionaria/alchemica e che fanno miseramente franare senza appello tutte le rispettive e velleitarie costruzioni a partire dalla famigerata introduzione al Signore degli Anelli scritta da Elemire Zolla per l’edizione italiana del testo…». Basterebbe questa lunga frase per menzionare la recensione di Saverio Simonelli, giornalista-conduttore della trasmissione “La Compagnia del… libro” su Tv2000, e acuto studioso di J.R.R. Tolkien.
La frase dell’incipit è tratta dalla recensione – un po’ il cuore di tutto il testo – de “Il Ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm” di Tolkien, appena pubblicato dalla casa editrice Bompiani e curato da Wu Ming 4, di cui abbiamo parlato in precedenza.
Uno dei motivi per cui Il Signore degli Anelli possiede quell’unico e inconfondibile “sapore” di realtà, è la raffinatezza ed il dettaglio della cronologia: ogni mossa della Compagnia dell’Anello prima, e dei singoli personaggi più tardi, avviene in una ben precisa data sincronizzata con tutte le altre. I più appassionati ricordano certamente a memoria le date più importanti: il 22 settembre, compleanno di Bilbo e Frodo; il 25 dicembre, la Compagnia lascia Granburrone; il 25 marzo, l’Anello viene distrutto.
J.R.R. Tolkien però non si limitò a inventare storie, continenti, popoli e linguaggi: inventò anche calendari con i quali contare lo scorrere del tempo, diversi per ogni popolo. Ecco perché, in quelle date, si assiste spesso a litigi, o quanto meno dibattiti, fra gli appassionati tolkieniani più “integralisti”: il compleanno di Bilbo e di Frodo cade il 22 settembre, oppure il 22 “uccellaio” (che corrisponde in realtà al nostro 13 settembre)?
Su una data, però, gli appassionati tolkieniani di tutto il mondo concordano, e tutti insieme (almeno in spirito) la festeggiano: è il 3 gennaio, compleanno di J.R.R. Tolkien. Il modo di festeggiarlo è discreto, ma decisamente hobbit: con un brindisi, secondo l’usanza inglese. Le istruzioni sono semplici: per fare il Brindisi di Compleanno ci si alza in piedi, si alza un bicchiere pieno della bevanda preferita (non necessariamente alcolica), e si dicono le parole “al Professore” prima di berne un sorso. Dopo, potete sedervi e godere il resto della vostra bevanda.
La Tolkien Society inglese ha anche organizzato un sito web sul quale ci si può “iscrivere” al brindisi di compleanno (in inglese: Birthday Toast).
Sul nostro blog c’è anche la nostra foto ricordo: sono i Proudneck di Roma al Brindisi di Compleanno del 2010.
È in libreria la nuova edizione del testo di J.R.R. Tolkien Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm (Bompiani) a cura di Wu Ming 4. Oltre al testo di Tolkien, emendato da alcuni smaccati errori di traduzione presenti nella precedente edizione (Albero e Foglia, 2000), il libro contiene la traduzione italiana del poema breve La Battaglia di Maldon e un articolo monografico di Tom Shippey, massimo esperto tolkieniano vivente. In copertina un’illustrazione di Ian Miller, “La battaglia dei Campi del Pelennor”, impiegata in Il bestiario di Tolkien di David Day (Bompiani 1979) a pag. 236-237. Qui di seguito l’intervista al curatore, pubblicata su L’Unità del 21 dicembre 2010.
Ecco l’intervista: Un romanzo, una antologia di saggi e ora una riedizione di un testo dell’autore del Signore degli Anelli. Da cosa è nato il suo interesse per J.R.R. Tolkien?
«Le sue storie mi piacciono fin da quando ero ragazzino. Poi, in età adulta,quando sono diventato un narratore, ho avuto modo di approfondire molti aspetti del suo modo di intendere la letteratura, la sua poetica, l’architettura certosina dell’opera, l’ampio respiro del racconto, e ci ho ritrovato qualcosa di comune. La passione di raccontare ovviamente, di costruire mondi letterari complessi in cui il lettore possa immergersi e anche perdersi, viaggiandoci dentro in lungo e in largo».
Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm è un testo semisconosciuto di Tolkien. Era già stato pubblicato, mi sembra.
«Sì. Ma l’edizione precedente era inclusa in una raccolta di suoi scritti, Albero e Foglia, senza alcuna presentazione e contestualizzazione. Questo rendeva difficile capire l’importanza di questo testo che non è affatto secondario, come si tende a considerarlo. Proprio perché si tratta di un testo molto strano nella produzione tolkieniana era necessario fornire una cornice che consentisse di inquadrarlo per quello che è. Senza Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm non si può capire a fondo il percorso poetico che ha portato Tolkien a concepire il suo capolavoro, Il Signore degli Anelli».
Oltre al testo originale c’è anche una postfazione non sua. Ci può spiegare il senso di un’operazione così composita?
«La postfazione è il testo di una conferenza tenuta dal professor Thomas Shippey sul Ritorno di Beorhtnoth. Si tratta del maggior studioso tolkieniano vivente, capace di ricostruire dall’interno i problemi etici e poetici che Tolkien cercò di affrontare scrivendo questo testo bizzarro, che per metà è una riflessione filologica su un poema breve medievale, La Battaglia di Maldon, e per metà un componimento poetico che funge da epilogo immaginario del poema stesso. In questo lavoro Tolkien compie un’operazione sottile. Mette sotto accusa la poesia anglosassone, il campo di studi di una vita, e lo spirito eroico nordico che essa consacra. Lo fa per potersi affrancare da un certo modello eroico e inaugurarne un altro, quello che appunto troverà compimento nei suoi romanzi. Si tratta di un ponte tra l’ambito di studi accademici di Tolkien e l’approdo alla narrativa, rispecchiato proprio dalla natura ibrida del testo».
Come mai un professore di anglosassone si mette a scrivere una storia invece di fare un saggio su questo frammento?
«La Battaglia di Maldon è un poemetto che esalta il
coraggio dei guerrieri inglesi cristiani contro gli invasori vichinghi pagani. Beorhtnoth è il condottiero inglese che, provocato dai nemici, rinuncia al vantaggio del terreno per onore di cavalleria. In questo modo cade sul campo e trascina con sé i suoi fedelissimi, lasciando l’Inghilterra in balia degli invasori. Nel suo testo Tolkien critica duramente l’ideale eroico che antepone alla difesa degli altri quella dell’onore personale. Lo considera un ideale pagano anche se fatto agire in nome di Dio, ispirato dal desiderio di dimostrarsi cavallereschi “per fornire materia ai menestrelli”. Per questo scrive una sorta di pièce teatrale per due soli personaggi, uno dei quali incarna questa critica, mentre l’altro prende le parti della poesia anglosassone ed esce assai malconcio dal confronto. Praticamente Tolkien forza e ribalta l’antico poema per individuare il punto di crisi del sistema di valori guerrieri esaltato dalla poesia epica nordica».
Tolkien non è sempre stato accusato di “escapismo”, fuga dalla realtà? In fondo, mentre l’Europa era dilaniata dalla Seconda Guerra Mondiale, lui scriveva di elfi, nani e hobbit.
«Nella sua narrativa Tolkien affronta temi universali, non certo meno validi per la sua epoca o per la nostra. Il problema del male, del potere, della morte, il tema del coraggio, la funzione della poesia e della narrativa nella nostra vita. Se questo non è parlare della realtà della condizione umana non so cosa lo sia».
Ma lo scrittore inglese non era antimodernista, conservatore, ultracattolico, insomma “di destra”?
«Sì. Ma questo non significa che non sapesse affrontare certe questioni capitali in una chiave problematica e irriducibile a posizioni ideologiche. Il fatto stesso che a metà della sua vita abbia saputo mettere sul banco degli imputati la filologia e la poesia anglosassoni che tanto amava dimostra quanto poco fosse “conservatore” nelle sue scelte e capace di prendere le distanze da una certa assunzione acritica dell’epica e del mito. Così come il fatto che avversasse senza mezzi termini l’autoritarismo, il razzismo e il militarismo fa di lui uno strano tipo di “reazionario” del XX secolo. In generale pretendere di inquadrare l’opera di un autore attraverso la sua biografia o la sua fede è un pessimo esercizio critico. Un atteggiamento che Tolkien stesso non sopportava».
C’è tanto interesse in Italia per un autore come questo, con tutte le sue tematiche così inglesi?
«Ovviamente in Italia l’interesse per Tolkien si concentra sulla sua produzione narrativa. In effetti i lavori filologici di Tolkien sono legati a un ambito apparentemente poco italiano. Ma le questioni che solleva anche nei suoi studi accademici sono da un lato di ordine morale, quindi universali, dall’altro nient’affatto slegate dalla contingenza storica che Tolkien si trovava a vivere. Proprio un testo come Il ritorno di Beorhtnoth è un duro attacco ai capisaldi culturali del nazismo e alla contiguità più o meno inconsapevole di certa filologia britannica. Altro che escapismo…».
Perché un bambino dovrebbe leggersi un tomo di oltre 1000 pagine su un mondo che non esiste?
«Non so perché dovrebbe farlo. So che ragazzini di tutto il mondo lo fanno. Quello che ci trovano suppongo sia l’entusiasmo di avventurarsi in territori sconosciuti insieme ai protagonisti di una grande avventura, che vedono messe alla prova le proprie qualità e devono scoprire in se stessi risorse inaspettate. Pensare che questo sia una cosa di poco conto significa disprezzare il piacere della lettura».
Ha ancora senso oggi leggere Tolkien?
«Non mi sembra che negli ultimi cinquant’anni abbia mai smesso di averlo. Perché oggi dovrebbe essere diverso?».
Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm è pubblicato da Bompiani
editore (9 euro, pagine 95) e verrà presentato dallo scrittore Wu Ming 4 a Roma il 31 gennaio 2011, alle ore 18 nella libreria Fetrinelli di via del Babuino 40. Il noto collettivo ha pubblicato la Prefazione di questo libro sul proprio Blog: lo si può leggere qui.
Con immutato piacere, a quasi un anno di distanza dall’ultima volta, siamo lieti di annunciare l’uscita del numero tredici di Endóre, la rivista della Terra di Mezzo che, in una forma o nell’altra, da ormai 17 anni mantiene accesa la fiaccola tolkieniana in Italia. Endòre esce una volta all’anno, è in formato cartaceo e si riceve per posta. Contiene tutto quello che vorreste sapere sull’autore del Signore degli Anelli: recensioni, articoli, giochi ed una bibliografia particolarmente curata e aggiornata.
Ancora una volta abbiamo la possibilità di gustarci il consueto mescolarsi di articoli giocosi e saggi approfonditi (e anche qualche saggio allo stesso tempo giocoso e approfondito), e ve ne diamo un assaggio con l’indice:
Un articolo pubblicato il 26 ottobre nelle pagine culturali del quotidiano La Repubblica svela un particolare finora inedito della storia editoriale italiana del Signore degli Anelli: nel 1962 la maggiore casa editrice italiana, la Arnoldo Mondadori, prese in considerazione l’ipotesi di pubblicare un’edizione italiana del capolavoro di Tolkien.
Il documento riportato da Repubblica, del quale potete vedere una riproduzione qui sotto, è la scheda di lettura del Signore degli Anelli, e contiene l’illustre parere di Elio Vittorini, direttore della collana “La Medusa” di Mondadori a partire dal 1960.
Il giudizio di Vittorini è severo: “Inclinerei a scartare: ma possiamo eventualmente provarci ad acquistare un solo volume come gli editori ci propongono”; evidentemente la George Allen & Unwin non si poneva troppi problemi di tutelare l’integrità dell’opera di Tolkien, proponendo anche la pubblicazione della sola Compagnia dell’Anello (come poi in effetti avvenne nel 1967). Forse confidavano nel successo del libro, che avrebbe portato alla pubblicazione anche dei due volumi successivi…
La pubblicazione del Signore degli Anelli da parte di Mondadori non sarebbe stata del tutto strana, dal momento che proprio nella collana “La Medusa” erano stati pubblicati, a partire dal 1947 e dal romanzo Lontano dal pianeta silenzioso, la “trilogia dello spazio” di C. S. Lewis.
A Vittorini risponde Vittorio Sereni, con un parere ancor più negativo: “Se c’è tempo per farlo chiederei un’altra lettura. Ma la conclusione mi sembra già un NO ed escluderei la possibilità di arrischiare un esperimento”. La questione si chiude con una nota di R. C., che scrive: “Opzione scaduta. Dunque, è no”, e con un’altra nota (dalla sigla illeggibile) che recita: “Detto in una lettera all’editore”.
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Cosa sarebbe successo, se La Compagnia dell’Anello fosse stata pubblicata nel 1963 dalla Mondadori? Nessuno può dirlo con certezza; si può ipotizzare che il volume non avrebbe riscosso grande successo e che la pubblicazione della “trilogia” si sarebbe arenata. Allora, forse, non ci sarebbe stata la “scoperta” di Tolkien nei primi anni ’70 da parte dei giovani di destra, e Il Signore degli Anelli avrebbe visto la luce nella sua completezza solamente verso il 1978, sfruttando l’uscita del film di Bakshi. Chissà, potremmo anche dover ringraziare il giudizio di Vittorini…
Per diffondere la conoscenza delle opere di Tolkien e gli studi pubblicati dalla casa editrice Marietti 1820, l’ArsT è stata impegnata a fine giugno a Viterbo. Tra il 24 e il 27 giugno, infatti, nella splendida cornice medievale della “città dei Papi”, all’interno del quartiere storico di San Pellegrino, si è svolto “un evento medievale colorato come un giullare” come dicono gli organizzatori, cioè Ludika 1243, il festival del Teatro di Strada Medievale. Nato dieci anni or sono per iniziativa dell’Associazione Culturale La Tana degli Orchi, è arricchito dal contributo di numerose altre associazioni. Durante la manifestazione, la nostra Associazione ha tenuto due conferenze sullo scrittore inglese: “Tolkien: il Signore della Fantasia – Temi moderni in una trama antica” di Norbert Spina; “Narrare e inventare lingue: il vizio segreto di Tolkien” di Roberto Arduini e Lorenzo Gammarelli.
L’Associazione romana studi Tolkieniani non è solo dedita allo studio e alla pubblicazione di libri, ma si impegna nella promozione di nuovi artisti e nell’allestimento di esposizioni di quadri, come quella che è avvenuta il 3 luglio 2010 in occasione del Casperia Festival, quinta edizione dell’iniziativa Contea Sabina, organizzata dall’Associazione Culturale Radici Sabine. A Casperia appunto, in provincia di Rieti, che vedrà ben cinque pittrici cimentarsi nelle tematiche fantastiche tanto care al professore. È stato possibile assistere anche a una esposizione dei lavori migliori della sarta dell’associazione, Daniela Mastroddi, che ha illustrato, grazie anche all’ausilio delle immagini della trilogia cinematografica di Peter Jackson, l’arte del tessere gli abiti della Terra di Mezzo e la trasposizione dal libro e film delle armi e delle armature che rispecchiano le descrizioni che si trovano nel racconto: “Dal libro al Film del Signore degli Anelli: costumi e armi”, esposizione a cura di Daniela Mastroddi, con mostra costumi ed armi e visione di alcuni estratti dalla Trilogia di Peter Jackson. Per tutto il giorno, nella Sala Polivalente Comunale: “Il fantastico in mostra”, esposizione di quadri delle artiste dell’Associazione (Simona Calavetta, Alessandra Campanella, Vittoria Faruffini, Anna Rita Franceschi ed Enrica Paresce) con tematiche su Tolkien e sul fantasy in generale.
L’ingresso ad entrambe le manifestazioni è libero. Gustatevi alcune foto e altri dettagli degli eventi sul sito della manifestazione. Vi aspettiamo!
Essere fan dell’autore del Signore degli Anelli nell’epoca dei Social Network… significa anche divertirsi con poco.
È nata su Facebook Roba da Tolkieniani, una pagina che racconta in modo divertente la “tolkienianità” nella vita di tutti i giorni. Si sorride, si ride e – a volte con una certa preoccupazione – ci si riconosce in piccoli gesti che sfiorano nella mania.
Nessun tolkieniano autentico mancherà di riconoscersi in almeno uno dei cartelli.
Suggeriteci i vostri!
Chi può, lo dica: “Io c’ero!”.
Il convegno internazionale “Tolkien e la filosofia”, organizzato dall’Istituto Filosofico Studi Tomistici di Modena e dall’Associazione Romana Studi Tolkieniani è stato un evento importante, riuscito e, soprattutto, piacevolissimo. Un giorno di lavori, un intero fine settimana fianco a fianco con Verlyn Flieger, Tom Shippey e Christopher Garbowski, senza dimenticare i “nostri” Andrea Monda, Wu Ming 4 e Franco Manni. Nove ore (numero tolkieniano per eccellenza!) di riflessioni profonde, volate come se fossero una chiacchierata tra amici.
Nonostante il 22 maggio sia stato il primo sabato di sole dopo settimane di pioggia, un pubblico di quasi 180 persone attente ha preferito rinchiudersi in una sala conferenze, per tornare a guardare la Terra di Mezzo da differenti punti di vista. L’organizzazione era stata curata soprattutto dall’Istituto Tomistico (che giocava in casa), ma noi come ArsT abbiamo dato il nostro sostegno attivo, e speriamo di aver contribuito a far sì che tutta la giornata sia stata un successo.
Dopo il rituale saluto di apertura dei presidenti dell’Istituto Tomistico e dell’ArsT, è iniziato il primo attesissimo intervento: Tom Shippey, probabilmente il maggiore esperto al mondo dell’opera di Tolkien, e Franco Manni della rivista Endòre hanno intavolato una discussione amichevole ma intensa su “Tolkien tra filosofia e filologia”. Manni, naturalmente nella parte del sostenitore della filosofia, ha dato del filo da torcere al filologo Shippey, che tuttavia nella contesa ha a nostro parere riportato la palma di una meritata vittoria.
È seguito Christopher Garbowski, con un importante e denso intervento su “Filosofia e teologia tolkieniana della morte”. Dopo aver partecipato a un gruppo di studio biennale su “Morte e immortalità in Tolkien” (sfociato nel volume La Falce spezzata), non potevamo che essere attenti e interessati, e infatti abbiamo trovato spunti e riflessioni degni di nota. Rimarchevole il passaggio in cui Garbowski ha ricordato «la via Hobbit per l’immortalità: fare figli».
Dopo una breve sosta per il pranzo (breve in senso hobbit) c’è stato quello che in molti consideravano il momento clou della giornata: il dibattito fra Andrea Monda e Wu Ming 4 su “Tolkien pensatore cattolico?”. Superato lo stupore per aver finalmente dato una faccia a uno dei Wu Ming (no, non pubblicheremo la sua foto, anche perché è venuta mossa; vi basti sapere che c’è chi l’ha paragonato nell’aspetto a Caravaggio), siamo rimasti molto colpiti dalla preparazione e dalla passione che entrambi i dibattenti hanno dimostrato; quella di Andrea è stata da alcuni spettatori considerata come la sua migliore presentazione di sempre; Wu Ming 4 è stato, soprattutto per i molti che non l’avevano mai sentito, una vera rivelazione. Peccato solo che i due “contendenti” non abbiano poi conteso così tanto, trovandosi invece spesso e su molti punti in accordo. Noi che c’eravamo, e che abbiamo seguito le fasi di preparazione dell’incontro, possiamo però confermare che non c’è stata nessuna combine: l’incontro è valido (risultato: sostanzialmente un pareggio).
L’ultimo intervento è stato veramente sorprendente per tutti quelli (e sono molti) che non avevano mai avuto l’occasione di ascoltare la voce di Verlyn Flieger. Per trasmettere una parte della sorpresa e dell’emozione, non esitiamo a rubare le parole di un professionista della parola, Wu Ming 4:
«Ho la sensazione di essermi un po’ innamorato di una donna di settantasette anni che risponde al nome di Verlyn Flieger. Una signora piccola e magrissima (al punto da paragonare se stessa a Gollum), con uno sguardo penetrante come pochi e una voce che ti immagini essere quella di Galadriel. Quando ha letto i versi in Quenya e in entese (scusandosi per la pronuncia), nel silenzio assoluto della sala, mi sono venuti i brividi. E quando ha parlato della teoria del linguaggio di Tolkien, con un intervento limpido, senza sbavature, il numero esatto di parole per dire il numero esatto di cose e non una virgola di troppo, mi ha trasmesso un senso di perfezione, di altezza a discapito della minuscola statura».
La sera, poi, i soci organizzatori hanno avuto il privilegio di vivere una serata puramente conviviale con i prestigiosi conferenzieri. Ed ecco che nomi pronunciati con reverenza, leggendo, studiando e traducendo i loro saggi di critica tolkieniana, sono diventati volti reali e sorridenti. Il professor Shippey, tifoso del Leeds e appassionato di calcio, scalpitava per assistere alla finale di Champions League (tifando, sportivamente, per la squadra italiana). I professori Garbowski e Flieger (assieme al suo simpatico compagno) sono stati avvolti dalla confusione di un’allegra tavolata, e tra metri di pizze fumanti, birre, risate e sporadici problemi di traduzione, hanno dimostrato una volta di più d’essere ottimi conoscitori della cultura hobbit, sostenendo senza apparente fatica una tale impresa.
È stato sinonimo di forza e avventura, di muscoli e spade, di epica e fantasy. Negli Stati Uniti Frank Frazetta è un’icona di un genere che si può riassumere da noi con un nome, Conan il Barbaro. Ben prima che Arold Schwarzenegger rubasse l’immaginario collettivo del personaggio nato dalla fantasia di Robert E. Howard, il suo Conan, con le copertine e le storie a fumetti, spopolava tra gli appassionati di fantasy. Illustratore, scultore, pittore, Frazetta si è spento all’età di 82 anni a causa di un infarto, dopo una lunga carriera.
Negli anni Settanta Frazetta realizzò le nuove copertine per i romanzi di Edgar Rice
Burroughs (Tarzan) e Robert E. Howard (Conan): la sua rivisitazione iconica non solo ridefinì i connotati del genere “sword and sorcery”, ma fu talmente potente da imporsi addirittura su quella definita dai suoi predecessori. Di qui l’inizio del successo di un autore che ha fatto scuola. Il suo stile di disegno, con le linee pulite e il suo modo di usare la luce, la notevolissima padronanza del colore e dello sfumato, pervaso da un erotismo tipico per l’epoca, fu assolutamente rivoluzionario.
Sembra che abbia un grande successo, soprattutto negli USA, un’applicazione per iPhone che permetterebbe di scrivere in tengwar (il metodo di scrittura inventato da J.R.R. Tolkien), consentendo poi di condividere i testi scritti su Facebook. L’immagine qui sopra rappresenta il braccio di un idiota che avrebbe voluto tatuarsi il proprio nome, Dennis, scritto in tengwar, ma che invece si trova marchiato a vita con la scritta chfwwsng. Come idea sembra carina: l’applicazione coniuga il fascino (a dire il vero piuttosto elitario, lo ammettiamo) della scrittura elfica a due fenomeni all’apice della loro parabola mediatica, come il melafonino e il social network del momento.
Vaporware è un neologismo inglese con cui si indicano sarcasticamente i prodotti informatici (software o hardware) di cui viene annunciata ufficialmente l’uscita sul mercato a breve, ma che successivamente non vedono la luce, per mancanza di risorse o perché troppo ambiziosi. Nell’ambito dell’editoria tolkieniana è praticamente un “vaporbook” la nuova edizione di J.R.R. Tolkien: A Descriptive Bibliography di Wayne Hammond e Christina Scull. La prima edizione (scritta da Hammond e Douglas A. Anderson) è uno strumento indispensabile per tutti gli studiosi e i collezionisti delle pubblicazioni tolkieniane, ma essendo stata pubblicata nel 1993 è ormai decisamente sorpassata. Una nuova edizione è attesa da almeno quindici anni, e viene sempre data come “di prossima pubblicazione, ma non sappiamo bene quando”, anche perché gli autori si sono nel frattempo dedicati a opere non certo semplici come J.R.R. Tolkien Companion and Guide del 2006 e The Lord of the Rings: A Reader’s Companion del 2008.
In Italia non ci facciamo mancare niente, quindi anche noi abbiamo i nostri titoli impossibili, che alcuni siti si ostinano da anni a segnalare come di prossima pubblicazione, ma che non si sa se e quando vedranno mai la luce. In particolare, sappiamo che la Bompiani, casa editrice che pubblica quasi tutti i libri di Tolkien nel nostro paese, ha da tempo acquistato i diritti per l’Italia di due libri interessanti: uno è la nuova edizione, a cura di Verlyn Flieger, del saggio Sulle Fiabe, accompagnato da uno studio critico della storia e della composizione del testo. L’altro è il saggio Tolkien, il Signore della Terra di Mezzo di Paul Kocher. Per il primo è possibile che il ritardo sia dovuto a cause tecniche, o a lentezza del traduttore, non sappiamo bene. Per quanto riguarda il secondo, però, conosciamo bene i traduttori italiani, e sappiamo che il testo era già pronto nel 2007; inoltre, la Bompiani stessa già l’aveva indicato come “in pubblicazione” per ottobre 2008.
Ora a questa storia si è aggiunto un tassello: sul forum di Elisabetta Sgarbi, Direttore Editoriale della Bompiani, è apparso un messaggio che potrebbe farci sperare. Alla domanda “A quando le edizioni DELUXE di: Racconti incompiuti, Racconti perduti, Racconti ritrovati, Le avventure di Tom Bombadil?”, la risposta è stata: “Buongiorno. Per ora non li abbiamo in programma. Però pubblicheremo una biografia di Tolkien di Paul Kocher. Un saluto Elisabetta”. Che dire? Come al solito, aspettiamo e speriamo.
Ogni forum, gruppo di discussione, mailing-list o social group dedicato a Tolkien, prima o poi ci si scontra; i moderatori le scoraggiano, gli habitués non le sopportano, i lettori silenti le temono, i nuovi arrivati non riescono a fare a meno di porle: sono le QTI, le questioni tolkieniane irrisolvibili.
Eccovene un parziale elenco; leggetele, consideratele e meditatele, perché torneranno su questo sito; a tutte daremo una risposta autorevole, definitiva e documentata, che purtroppo spesso sarà “non si sa”.
La Deutsche Tolkien Gesellschaft (società tolkieniana tedesca), con l’aiuto delle edizioni Walking Tree Publishers, dell’associazione Modernités Médiévales e dell’Università Friedrich Schiller di Jena, organizza il suo settimo Seminario dedicato a Tolkien, dal titolo Tolkien e il Romanticismo, a Jena fra il 23 e il 25 aprile 2010. Il seminario, che intende fare piena luce sulle influenze del Romanticismo sulle opere di J.R.R. Tolkien, si svolgerà appunto nell’Università tedesca di Jena. Il programma è disponibile per essere scaricato ed è in tedesco e in inglese. Vi segnaliamo solo alcune delle conferenze:
– Marie-Noëlle Biemer: Disincantati con la loro epoca: La Grande Fuga di Keats, Morris e Tolkien
– Anna Slack: Stelle su un Picco Oscuro: Tolkien e il Romanticismo
– Annie Birks: Romanticismo, Simbolismo e Onomastica nel Legendarium di Tolkien
– Jodi Storer: Tom Bombadil – un eroe romantico per i nostri tempi
– Julian Eilmann: Tolkien e il topos della nostalgia romantica
– Margaret Hiley: Amore e sesso nella Terra di Mezzo: la fanfiction tolkieniana romantica
– Michael Devaux: Tolkien e Coleridge sull’Immaginazione
– Eduardo Segura e Guillermo Peris: “Credenza Secondaria”: Tolkien e la rivalutazione della nozione romantica di verità letteraria
– Stefanie Schult: Bellezza, perfezione, terrore sublime: alcuni pensieri sull’influenza dell’Inchiesta sul bello e il sublime di Edmund Burke sulla creazione della Terra di Mezzo di Tolkien
– Thomas Fornet-Ponse: Tolkien, Newman e l’Oxford Movement
– Fabian Geier: Falsa armonia? Ovvero: è ancora permesso sognare la Contea dopo Auschwitz?
– Marcel Bülles e Anke Eissmann: L’estetica della Terra di Mezzo. Dipinti e architetture del periodo romantico, e la loro influenza su J.R.R. Tolkien
– P. Guglielmo Spirito e Emanuele Rimoli: Panorami esterni e interni in Tolkien: fra Wordsworth, Coleridge e Dostoevsky
«Direi che il racconto… tratta della morte e del desiderio di immortalità. Che è come dire che il racconto è stato scritto da un uomo!». Si può partire da questo brano, tratto dalle Lettere di J.R.R. Tolkien, per capire quanto per il professore di Oxford le idee della morte e dell’immortalità fossero centrali nelle sue opere. Eppure, lo studio di queste tematiche è stato trascurato dalla critica.
Esiste un solo volume esplicitamente dedicato a questi aspetti, ma che si limita a un’analisi de Il Signore degli Anelli: si tratta di Tolkien: sur le rivage de la Terre du Milieu di Vincent Ferré (Christian Bourgois Editeur, Parigi 2001). Per il resto, si possono contare pochi articoli, sparsi tra le centinaia di pubblicazioni dedicate allo scrittore inglese.
A questa mancanza cerca di sopperire La falce spezzata – Morte e immortalità in J.R.R. Tolkien, edito dalla Marietti 1820 nella collana Tolkien e dintorni (22 euro), a cura di Roberto Arduini e Claudio Antonio Testi. Il lavoro è frutto di periodiche riunioni di studio che hanno coinvolto tutti gli autori per ben due anni, coordinati dall’Istituto Filosofico di Studi Tomistici di Modena e dall’Associazione romana studi Tolkieniani.
Ecco in anteprima l’elenco dei saggi, divisi in due parti, intitolate Krónos e Lógos:
Krónos
– Claudio Antonio Testi, Il Legendarium tolkieniano come meditatio mortis.
– Lorenzo Gammarelli, Ai confini del Reame Periglioso: morte e immortalità nelle opere brevi di Tolkien.
– Alberto Ladavas, L’errato cammino del sub-creatore: dalla Caduta alla Macchina rifuggendo la Morte.
– Simone Bonechi, Nei tumuli di Mundburg: morte, guerra e memoria nella Terra di Mezzo.
Lógos
– Franco Manni, Elogio della Finitezza. Antropologia, escatologia e filosofia della storia in Tolkien.
– Andrea Monda, Morte, immortalità e le loro scappatoie: memoria e longevità.
– Roberto Arduini, Tolkien, la morte e il tempo: la fiaba incastonata nel quadro.
– Giampaolo Canzonieri, L’invidia sbagliata. Analogie e contrapposizioni tra Elfi e Uomini sul tema del dolore.
– Claudio Antonio Testi, Logica e teologia nella tanatologia tolkieniana.
– Alberto Quagliaroli, Immortalità elfica come esperimento narrativo-letterario.
Il libro è approdato sugli scaffali solo l’altro ieri, il 1 dicembre. Non resta che augurarvi buona lettura!
Stavolta un post più serio. Aprendoci lentamente al mondo dei blog, siamo capitati in una discussione lunga e appassionata sulla letteratura fantastica, i suoi critici e i suoi fan. Vale la pena occuparsene, perché molti interventi riguardano Tolkien. È difficile seguire il filo di un thread di oltre 250 messaggi… Per questo faremo una netta selezione. Chi volesse leggerlo tutto, vada qui. Il blog è quello di Loredana Lipperini, brava e attivissima giornalista attenta al web e ai libri, che dà di continuo spunti su libri e navigazioni.
Nel suo thread Il ritorno del Monnezzone spiega come sia tornato in voga questo termine per definire “libri plastificati sul genere Sonzogno, ma anche Mondadori” e tutti quei libri da cui “entrando nelle librerie, vieni ormai travolto con la loro potenza visiva e anche fisica delle copertine dorate, che vomitano draghi, complotti, maghetti”.
Il problema è che nel Monnezzone finiscono anche, avverte la Lipperini, “tutta la letteratura fantastica, compresi autori come Philip Dick, H.P. Lovecraft e, appunto, J.R.R. Tolkien”.
La discussione si divide in mille rivoli, toccando diversi punti caldi, con l’intervento di un bel po’ di scrittori di fantasy, di narrativa fantastica, di epica e qualche critico. A noi interessa molto seguire lo scambio d’opinioni, tutto incentrato su Tolkien, tra Wu Ming, il collettivo di scrittori che ha sfornato capolavori come Q, Manituana, Altaj e soprattuttoStella del mattino (con Tolkien tra i protagonisti!), e Andrea Cortellessa, il critico della postfazione al libro L’Anello che non tiene, edito da Minimum Fax.
Ci riserviamo di parlarne in un post a parte, ma qui vorremmo concludere il discorso generale sul Monnezzone; come dice la Lipperini: “Che ci siano libri di basso profilo nella narrativa fantastica è evidente. Che tutto ciò che parla di draghi e magia sia immondizia è un falso”.
Visto che certa critica “ufficiale” ancora non riesce a distinguere, è necessaria un’assunzione di responsabilità da parte di chi informa, tramite la Rete, su quei libri. L’Associazione romana studi Tolkieniani intende seguire questa strada, quindi si assume la responsabilità di quel che scrive e recensisce, si parli di Tolkien, degli Inklings e, perché no, anche di narrativa di genere.
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