Nuovo libro a settembre le Poesie di Tolkien

Tolkien è noto a tutti per i  suoi romanzi Lo Hobbit Il Signore degli Anelli ed è ormai considerato un indiscusso maestro del Fantasy, se non il padre di questo genere. Non tutti però si sono soffermati a considerare le sue indubbie abilità come poeta. A questo cercheranno di porre rimedio i noti studiosi Wayne Hammond e Cristina Scull che, dopo aver mostrato agli appassionati del professore l’artista, con pubblicazioni come Tolkien: Artista e Illustratore, L’Arte dello Hobbit e L’Arte del Signore degli Anelli, approfondiranno il poeta con una nuova raccolta di poesie intitolata The Collected Poems of J. R. R. Tolkien in arrivo per Harper Collins a Settembre.

Tolkien e la poesia

Goblin FeetPer molto tempo, se non per tutta la sua carriera, Tolkien si è considerato (anche) un poeta. Come scrive John Garth in Tolkien e la Grande Guerra “fu con lo studio dei classici (…) che il gusto di Tolkien per la poesia fu risvegliato”, durante gli anni passati alla King Edward’s School di Birmingham. Molte tra le sue prime poesie, si pensi a Tinfang Warble del 1914 o a  dell’anno successivo, sono già a tema fantastico, ma gli elfi e le fate che vi sono rappresentati sono ancora quelli tipici dell’epoca vittoriana. Ben presto però, l’influenza del Nord e ancor più l’incombere della guerra sulle vite di Tolkien e dei suoi amici, spazzeranno via le fatine vittoriane per dare vita a una poesia più matura con la quale inizia a prendere vita la Terra di mezzo: Eärendil, la città di Kor (i.e. la futura Tirion), l’isola di Tol Eressëa prendono vita per la prima volta fra il 1915 e il 1916, in forma poetica. Il professore cercò di pubblicare, senza successo, alcune fra queste poesie nella raccolta The Trumpets of Faerie dapprima nel 1916 e in seguito sia durante la sua permanenza a Leeds, nei primi anni 20, sia ad Oxford, nel 1926. La maggior parte di queste è stata pubblicata postuma da Christopher Tolkien nei primi due volumi della monumentale Storia della Terra di Mezzo, insieme alle storie del Libro dei Racconti Perduti che a queste sono legati strettamente.

Dopo la fine della guerra, per tutti gli anni 20 e 30, Tolkien abbandonò I Racconti Perduti per dedicarsi al Silmarillion, il progetto che porterà avanti per tutta la vita. Questo periodo fu anche molto prolifico per la sua produzione poetica anche se solo una piccola parte di essa fu inizialmente pubblicata. Ricordiamo, per esempio, le raccolte Northern Venture del 1923 – che contiene 23 poesie di 10 autori dell’Università di Leeds, 3 delle quali di Tolkien – e Songs for the Philologists, stampata privatamente nel 1936, che contiene versi – alcuni dei quali di Tolkien e di E.V. Gordon – in numerose lingue: Inglese, Medio Inglese, Antico Inglese, Antico Islandese, Latino e Gotico. Questi anni però furono sopratutto quelli dei Lai. Il professore scrisse infatti svariati poemi narrativi, la maggior parte dei quali incompiuti, sia in versi allitterativi che in distici rimati: Il Lai dei Figli di Húrin (fra il ’20 e il ’25), Il Lai di Leithian (fra il ’25 e il ’31), Il Lai di Aotrou e Itroun (nel ’30), La Caduta di Artù (negli anni ’30) e Il Nuovo Lai dei Volsunghi Il nuovo Lai di Gudrún (negli anni ’30). Nessuno di questi poemi è stato pubblicato quando l’autore era ancora in vita, ma con il successo planetario di Tolkien, ormai tutti sono stati pubblicati o come parte della Storia della Terra di Mezzo o come opere indipendenti.

Gli anni dello Hobbit e del Signore degli Anelli, furono, naturalmente altrettanto prolifici, ma in questo caso la maggior parte della produzione poetica del professore ha trovato la giusta collocazione all’interno dei romanzi stessi. Fra le eccezioni, figura il poema drammaturgico in versi allitterativi Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm inspirato al poema in antico inglese La Battaglia di Maldon, che ha avuto una recente riedizione inglese nel Marzo dello scorso anno.

Con gli anni ’60 vediamo una riduzione progressiva della produzione poetica del professore, forse dovuta a un aumento di interesse di Tolkien per gli aspetti filosofici del Legendarium, o perché tutti i suoi sforzi erano profusi verso il completamento del Silmarillion. Risale però proprio a questi anni la pubblicazione di due importanti raccolte di poesie: Le Avventure di Tom Bombadil nel 1962 e The Road Goes Ever On nel 1967.

La nuova raccolta

In questo contesto si inserisce la nuova raccolta curata da Cristina Scull e Wayne Hammond. Secondo quanto riportato sul blog dei due studiosi il progetto è in cantiere dal 2016 ed è stato discusso con Christopher Tolkien svariate volte fino a Marzo 2019, data del suo ultimo messaggio con il quale approvava l’idea e le proposte fatte fino a quel momento. Il progetto iniziale di Christopher era quello di pubblicare unicamente le poesie scritte prima degli anni 30, ma i curatori col tempo lo hanno convinto a “raccogliere quante più poesie di suo padre possibile, indipendentemente dalla loro data di composizione, dalla lingua e dalle circostanze e di seguire per questa collezione il modello della Storia della Terra di mezzo, combinando i testi originali con note editoriali e commenti.

La collezione di poesie avrà la forma di un cofanetto di 3 volumi rilegati per un totale di più di 1500 pagine e includerà “la maggior parte delle poesie note scritte da Tolkien e per molte di queste multiple varianti che ne mostrano l’evoluzione”. I Collected Poems conterranno 195 titoli, considerando che ogni titolo può corrispondere a più varianti della stessa poesia, almeno 240 poesie e 5 appendici. Fra questi 77 sono completamente inediti (i.e. non sono stati pubblicati in alcuna forma in precedenza a meno di alcuni versi) mentre di altri sono state pubblicate delle varianti. I lunghi poemi citati in precedenza e già oggetto di pubblicazioni dedicate non saranno naturalmente citati per intero, ma ne verranno forniti estratti significativi al fine di “mostrare lo sviluppo di Tolkien come poeta o forme metriche non utilizzate da lui altrove”. La collezione inoltre non contiene tutti i poemi inclusi ne Lo Hobbit o ne Il Signore degli Anelli ma solo una selezione rappresentativa. “Il libro includerà un lunga introduzione su Tolkien come poeta, una breve cronologia delle sue poesie e un glossario dei termini arcaici, inusuali e poco noti utilizzati nei suoi versi”

LINK ESTERNI:
– Vai al blog di Wayne Hammod e Christina Scull : Too Many Books and Never Enough
– Vai al sito ufficiale di Harper Collins: The Collected Poems of J. R. R. Tolkien

ARTICOLI PRECEDENTI:

– Leggi l’articolo Come ascoltare il suono delle poesie in Tolkien
– Leggi l’articolo All’asta libro raro con tre poesie di Tolkien
– Leggi l’articolo Non sono perdute le due poesie «ritrovate» a Oxford
– Leggi l’articolo Scoperta una poesia di Tolkien sconosciuta

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A febbraio il numero 26 della rivista Endòre

Fra qualche giorno uscirà, unicamente in formato elettronico, il numero 26 della rivista Endòre, diretta da Franco Manni, con instancabile dedizione, da più di 30 anni: sotto la sua curatela sono, infatti, usciti almeno 37 numeri, in varie vesti editoriali: Terra di Mezzo – Rivista interamente dedicata a Tolkien [4 numeri], Terra di Mezzo – Rivista della Società Tolkieniana Italiana [7 i numeri diretti da Manni], Endòre – La Rivista della Terra di Mezzo [26 numeri].

Leggere Tolkien ai tempi dei cambiamenti climatici

IsengardLe letture allegoriche del Signore degli Anelli infastidivano Tolkien. Nella prefazione alla seconda edizione del romanzo, ha scritto della propria avversione per l’allegoria in tutte le sue forme: «Preferisco di gran lunga la storia, vera o fittizia». E l’ambientalismo che traspare palesemente da tutte le cronache della Terra di mezzo, dalla ribellione della Foresta di Fangorn al Repulisti della Contea fino alla distruzione dei Due Alberi di Valinor? Scaturisce fondamentalmente dalla sua storia personale, da un’infanzia in cui «il Paese in cui vivevo veniva miseramente distrutto prima che avessi dieci anni», resa, però, mitica. Prima che compissi dieci anni veniva pubblicato il terzo di una serie di rapporti scientifici internazionali sul surriscaldamento della nostra Terra, e il Protocollo di Kyoto stabiliva obiettivi per i paesi al fine di ridurre le emissioni di gas serra. Prima di questi sviluppi, Svante Arrhenius aveva collegato la combustione del carbone all’aumento dei livelli di anidride carbonica e al surriscaldamento del clima, John Tyndall aveva individuato i gas responsabili dell’effetto serra ed Eunice Foote aveva realizzato che l’anidride carbonica poteva intrappolare il calore del sole. In effetti, Arrhenius aveva svolto il suo lavoro molto prima che io nascessi, in prossimità della nascita di Tolkien e Tyndall e Foote, prima di questa.
Quando si tratta di ciò che è vero e di ciò che è falso, la storicità del cambiamento climatico è un fatto accertato, e la negazione intenzionale di questa realtà è una narrazione tossica. Il cambiamento climatico era già in atto negli anni in cui Tolkien viveva e scriveva. Anche se forse non era al corrente della crescente comprensione del riscaldamento globale, penso che il suo lavoro sia direttamente applicabile per tutti noi che sperimentiamo l’attuale proliferare di titoli spaventosi sui disastri climatici e pensiamo, come Frodo: «Vorrei che non fosse successo nel corso della mia vita». Tolkien, se non era un ambientalista dichiarato, era certamente un autore bucolico, un amante degli alberi e della campagna e un oppositore dell’industrializzazione inquinante. Ent, Aquile, Beorniani e altre forme di personificazione della natura riempiono la sua opera, così come i nodi della trama e gli sviluppi che derivano dalla distruzione di uno o più alberi (o Alberi). Le sue lettere lo dicono ancora più chiaramente: «Il violento rumore delle motosega non è mai silenzioso ovunque crescano gli alberi» (NdT – Lettera #339) . Il cambiamento climatico è la deforestazione industriale su larga scala. Per me non c’è autore che dia al mondo naturale ciò che gli è dovuto come Tolkien.
Con la serie Gli Anelli del Potere di Amazon che suscita una nuova ondata di interesse popolar-culturale per la Terra di Mezzo e, allo stesso tempo, con le temperature globali che stanno infrangendo ogni record e causando eventi meteorologici estremi in tutto il mondo, mi sono ritrovata a desiderare Tolkien o una voce simile alla sua per il ventunesimo secolo: qualcuno che esprima parole sul mondo vivente, una scrittura che emerga da un amore manifesto e sincero per la natura. La crescente minaccia del cambiamento climatico mi spinge a tornare alle preferenze della mia infanzia per cercare la saggezza per affrontare le lunghe sconfitte in questo Secolo di Disastri, per cercare una luce al di là, in un tempo buio per il pianeta e i suoi abitanti.

Il mio preferito tra tutti i lavori di Tolkien è Il Silmarillion. Di gran lunga il più bello, è il Legendarium della Terra di Mezzo e di Arda, il mito dettagliato che rievoca le Metamorfosi, il Kalevala e Beowulf. Nei luoghi che i lettori incontrano attraverso Il Silmarillion e altrove negli scritti di Tolkien – Lothlórien, Il Doriath e Boscuro – osserviamo gli Elfi (o almeno gli Elfi Sindar) vivere in simbiosi con le foreste e i paesaggi che li circondano. Ma sebbene Gondolin, la Città Nascosta tra le montagne, tragga vantaggio dalla sua geografia per isolarsi dal resto del Beleriand e dalle forze di Morgoth, la città è rinchiusa dietro ad alte mura che servono a trattenere dentro oltre che fuori. La decisione dei Gondolindrim di rimanere nella loro valle nascosta, deliberatamente ignari delle traversie degli Elfi come degli Uomini, che, al di fuori, soffrono le redini infuocate di Morgoth, si rivela tragicamente miope.
A questo punto, molti fra i Noldor possono essere definiti artigiani più che ambientalisti. Il re di Gondolin, Turgon, viene addirittura avvertito dal dio Ulmo di non amare “troppo il lavoro delle proprie mani”. Turgon ignora due volte gli avvertimenti dei Vala, e alla fine è proprio il nipote di Turgon a essere spinto al tradimento da Morgoth. La città cade di fronte ai mostri d’ombra e fuoco di Morgoth; coloro che fuggono da Gondolin trovano la via d’uscita, attraverso fumo e confusione, solo grazie alla preparazione della figlia di Turgon, Idril. Volendo leggere questo allegoricamente, nella nostra attuale era di disastri climatici – un Balrog o un drago sono forse peggio di un violento incendio? – i sopravvissuti della caduta Gondolin sarebbero rifugiati climatici. Non sono gli ultimi; quando la Prima Era finisce con la Guerra dei Valar, la geografia e, in un certo senso, l’ecologia della Terra di Mezzo sono drasticamente cambiate. Il Beleriand sprofonda sotto le onde e forse un terzo del continente della Terra di Mezzo è perduto. I suoi abitanti (quelli che non possono o non vogliono salpare per Valinor) migrano verso il Lindon o più a est, in regioni della mappa che i lettori riconosceranno dalla Seconda Era in poi.
È questo il modo “corretto” di leggere Il Silmarillion? L’allegoria non regge pienamente; potrebbe anche sfiorare i confini della fanfiction. Tuttavia, nelle successive stampe de Il Signore degli Anelli, Tolkien riconosce l’applicabilità, così come respinse l’allegoria, scrivendo nella Prefazione che molte persone spesso confondevano le due cose. Trovo che applicare la lente del cambiamento climatico sia utile, persino ottimista, considerando la resilienza e la sopravvivenza dei personaggi di Tolkien che, come Idril e Tuor, possedevano la preveggenza e il coraggio per riconoscere e pianificare contro la speranza vana.
Ne La Compagnia dell’Anello, Galadriel – che non era presente alla caduta di Gondolin ma sopravvisse a numerosi altri disastri (in)naturali – dice ai membri della Compagnia che lei e Celeborn hanno combattuto per anni “la lunga sconfitta”. La distruzione dell’Anello e la fine di Sauron comporteranno per gli Elfi sia la vittoria che la sconfitta, poiché il potere dei loro stessi anelli svanirà e loro dovranno andarsene. È a Lothlórien che Sam guarda nello Specchio di Galadriel e vede la devastazione della Contea, non semplicemente una premonizione, come scoprono in seguito i quattro Hobbit della Compagnia. Dopo la distruzione dell’Anello, viaggiando verso casa, vengono accolti da una Contea recintata, bruciata e in rovina nel penultimo capitolo del racconto epico. La distruzione della campagna verde e pacifica evoca tutto ciò che va contro l’ambientalismo di Tolkien: brutte case fatiscenti dove un tempo c’erano gli alberi; Bywater e Hobbiton annerite, inquinate e bruciate; la distruzione sfrenata di alberi e boschi apparentemente per il gusto di farlo; e a Casa Baggins, Saruman, con la sua famigerata “mente di metallo e d’ingranaggi”.
Sopra tutto aleggia, letteralmente, il fumo nero e il fetore del carbone usato per alimentare i mulini. Tolkien non aveva bisogno di essere un chimico per capire che la combustione del carbone avrebbe alterato per sempre il paesaggio di un luogo, né il contadino Cotton aveva bisogno di essere un ecologista per capire che se Sharkey/Saruman voleva “trasformare la Contea in un deserto, [aveva] imboccato la strada giusta”. Le esperienze di Frodo, Sam, Merry e Pippin sono più di un avvertimento che gli avventurieri non tornano immutati dalle loro avventure. La Contea stessa è cambiata. Come sottolineano sia Sam che Saruman in modi diversi e con parole diverse, è difficile tornare indietro da un cambiamento quando sulla linea del fronte c’è casa tua. Forse, come da Sam (prima che si ricordi della polvere elfica ricevuta da Galadriel e inizi a riseminare), verrebbe da chiedersi quante generazioni passeranno prima che i nostri discendenti siano in grado di vedere gli alberi come facevamo noi una volta.

Il repulisti della Contea e le sue conseguenze non sono semplicemente a favore degli alberi: sono a favore della gestione responsabile e contro l’inquinamento. L’ombra della sconfitta tocca ogni fronte. Ci sono, proprio adesso, persone sulla nostra Terra che combattono il Big Oil e il Big Pipeline sui palcoscenici globali più grandi, ma ci sono anche persone nelle loro città che resistono all’ultimo tentativo di far rinascere un inceneritore, espandere un impianto di plastica cancerogena, o far passare un treno carico di gas naturale liquido attraverso il centro. Pro-alberi, anti-inquinamento: è tutto parte integrante dell’affrontare il complesso sistema di gineprai che sono il cambiamento climatico, la perdita della biodiversità, la lunga e deludente serie di disastri e sconfitte ecologiche.
Dopo che gli Hobbit si uniscono e riprendono la Contea da Sharkey/Saruman, è Sam Gamgee a portare avanti la causa, attingendo a un’eredità familiare di gestione della terra e di tutto ciò che vive su di essa. I Sam Gamgee del mondo sono quelli che prendono posizione e dicono: «Per dire che è finita bisogna prima togliere di mezzo tutto questo macello». È un’idea presente in tutti i racconti sugli Hobbit, che culmina con il Fattore Cotton e il popolo della Contea che si sollevano insieme per intrappolare i ruffiani di Sharkey, dopo che Merry e Pippin accendono in loro la scintilla della ribellione. La stessa idea risale a centinaia di pagine prima, alla formazione della Compagnia a Valforra. Ci sono certamente vari modi per mappare il Monomito, o una qualsiasi delle tante formulazioni moderne della del Viaggio dell’Eroe, sulla struttura del Signore degli Anelli, incluso il Ritorno al mondo ordinario attraverso il Repulisti della Contea. Ma io non leggo la storia di Frodo in questo modo. Per prima cosa, sappiamo che Frodo fallisce negli ultimi istanti della sua cerca e sono Gollum (e Sam!) che assicurano la distruzione dell’Anello. D’altro canto è inerente alla creazione stessa della Compagnia dell’Anello la consapevolezza che il compito è troppo arduo per essere portato a termine da chiunque, da solo.
Aragorn è un re, ma il suo ritorno a Gondor non significa nulla se l’Anello non viene distrutto. Boromir è nobile ma viene tradito dalla sua stessa idea eroismo. Gandalf ha i poteri di un semidio, ma riconosce che nemmeno qualcuno potente come un Signore degli Elfi potrebbe assaltare Mordor per aprire la strada a Frodo. Gli altri membri della Compagnia non sono semplicemente aiutanti o mentori di Frodo. Combattono battaglie (metaforiche e letterali) sia sulle pagine che dietro le quinte, nonostante gli esiti molto incerti per loro stessi e per la Cerca nel suo insieme.
Su un libro pubblicato nel 2016 intitolato The Great Derangement, l’autore Amitav Ghosh ha sostenuto che fino a quel momento, la quantità di narrativa (o almeno di narrativa letteraria) che faceva i conti con il cambiamento climatico era piccolissima in proporzione alla scala e alla portata della crisi. Anche se penso che questo stia cambiando (meglio tardi che mai), forse un po’ più di rilettura revisionista servirebbe a ridurre il divario tra ciò che c’è e ciò che potrebbe ancora esserci. Rileggere Tolkien, non per la speranza di un’allegoria, ma per la possibilità di paralleli che si applichino alle nostre circostanze attuali, offre conforto, saggezza e avvertimenti. Il percorso da seguire non sarà facile e non esiste alcuna figura messianica in arrivo per salvarci dal cambiamento climatico. Siamo tutti Hobbit adesso.

Traduzione di “The Long Defeat”: Reading Tolkien in the Time of Climate Change di Alyssa Hull.
Alyssa Hull è una scrittrice, educatrice e una filosofa della scienza che vive nel piccolo (ma grazioso) stato del Delaware. I suoi scritti sono stati pubblicati in precedenza sul McSweeney’s and Literary Hub.

Ascolta la live “Ecologia e ambientalismo in Tolkien” con Paolo Nardi e Wu Ming 4

LINK ESTERNI:
– Vai all’articolo originale: The Long Defeat”: Reading Tolkien in the Time of Climate Change 
– Vai alla Lettera Lettera #339  su TolkienGuide
– Vai al sito ufficiale del libro The Great Derangement

Dagli Usa nuove risorse per gli studi tolkieniani

Gandalf in the library of Minas TirithJ.R.R. Tolkien è ormai considerato, giustamente, come uno degli autori più importanti del ‘900, apprezzato in egual misura dal fandom e dalla critica. Soprattutto all’estero, ma oramai anche in Italia, gli studi sulla vita e sulle opere del professore oxoniense, anche a livello accademico si stanno moltiplicando sempre più.
Proprio per questo, negli anni, sono stati sviluppate e rese disponibili in rete da fan e studiosi, numerose risorse di ausilio alla comprensione e allo studio di Tolkien e dei suoi scritti.
Questa serie di approfondimenti vuole raccogliere, alcune fra queste risorse al fine di renderle note (qualora già non lo fossero) e facilmente disponibili ai fan e agli studiosi italiani.
In questo articolo ci si concentrerà sul progetto delle “Lettere” del sito web Tolkien Guide, sul tool “Search Tolkien” del Digital Tolkien Project e sul Tolkien Art Index.

Il progetto “Lettere” di Tolkien Guide

Lettere TolkienIl sito Tolkien Guide creato da Jeremy Edmonds è un sito molto noto fra gli appassionati e gli studiosi di Tolkien e specialmente fra i collezionisti. Sul sito si possono trovare articoli molto interessanti e precisi sulle svariate edizioni dei libri del professore che si sono susseguite negli anni e approfondimenti su temi particolari: di particolare interesse sono per esempio i due approfondimenti dedicati rispettivamente alla mostra Tolkien: Maker of Middle-earth tenutasi a Oxford nel 2018 e alla sua controparte francese Tolkien: Voyage en Terre du Milieu tenutasi alla BnF di Parigi nel 2019.
Recentemente al sito sono state aggiunte due funzionalità molto utili: quella del Calendario che permette di visualizzare i moltissimi eventi dedicati a Tolkien nel mondo e quella delle Lettere a cui è dedicato il presente approfondimento.
Le Lettere di J.R.R Tolkien pubblicate e disponibili al pubblico nell’omonimo libro edito da Humphrey Carpenter sono attualmente 354. A queste, con la nuova edizione delle lettere, prevista per questo autunno, si aggiungeranno 150 lettere inedite, mentre le originali 354, che erano state a volte tagliate per motivi di spazio, verranno riportate nello stato originale previsto dall’editore.
L’ammontare di lettere scritte dal professore di Oxford è però di gran lunga superiore: alcune naturalmente sono state citate, e quindi parzialmente pubblicate, nei numerosi testi di critica dedicati a Tolkien, altre invece non sono mai state pubblicate e se ne conosce l’esistenza e a volte il contenuto, semplicemente perché sono state battute all’asta e acquistate da qualche collezionista.
LetteraFra queste lettere (probabilmente nell’ordine di alcune migliaia) alcune hanno, naturalmente, scarsa rilevanza dal punto di vista dello studio biografico del professore, altre, come, per esempio, la lettera indirizzata a Elena Jeronimidis Conte, in cui il professore fornisce alla traduttrice dello Hobbit alcune indicazioni sulla traduzione, sono di sicuro interesse per studiosi e appassionati. Il progetto – che non si limita alle lettere di Tolkien padre, ma sembra voler includere anche le lettere di Christopher e forse altre lettere rilevanti – si propone di catalogare tutte queste lettere (al momento nel database sono incluse 1252 lettere) e di fornire al pubblico informazioni sul loro contenuto, su dove siano state (anche parzialmente pubblicate, e su dove siano eventualmente reperibili (una biblioteca, il sito di una casa d’asta, etc.).
Il sito fornisce inoltre un identificativo progressivo unico ad ogni lettera, costituendo in questo modo un valido strumento per la citazione di una determinata lettera (soprattutto quando questa non sia stata inclusa nella raccolta di Carpenter). Un ottimo sistema di ricerca permette inoltre di ricercare all’interno delle lettere con diversi metodi: una o più parole, un’intera frase, mittente, destinatario, per data, etc. Il progetto – già adesso, ma soprattutto quando verrà ultimato – sarà una risorsa molto utile per tutti gli studiosi e gli appassionati che siano intenzionati ad approfondire ulteriormente lo studio della vita e delle opere del professore.

Il Digital Tolkien Project e lo strumento Search Tolkien

Digital Tolkien ProjectJames Tauber è uno studioso tolkieniano che si occupa principalmente di digital humanities e cioè, in breve, dell’utilizzo di strumenti e risorse digitali al fine della ricerca in campo letterario. Sono molte le iniziative del Digital Tolkien Project, dalla creazione di versioni “markup” dei testi principali di Tolkien, all’analisi computazionale di tali testi.
Fra queste però, quella di più facile fruizione per il pubblico e forse quella nello stato più avanzato è quella relativa al toolSearch Tolkien”. Il tool è un “semplice” motore di ricerca che permette di ricercare parole e frasi fino a sette parole all’interno delle opere di Tolkien e di risalire ai libri e ai relativi capitoli e paragrafi in cui questa parola o frase è contenuta. L’attuale versione del tool è in grado di cercare nel testo dello Hobbit, del Signore degli Anelli, del Silmarillion, dei Racconti Incompiuti e delle Lettere, ma probabilmente sarà presto esteso a tutte le opere del professore (naturalmente stiamo parlando delle versioni originali in lingua inglese). Per esempio, la parola Bombadil compare 66 volte: 37 volte nel Signore degli Anelli, 28 nelle Lettere, e 1 sola volta ne I Racconti Incompiuti. Il riferimento ai punti esatti del libro in cui la parola o frase si trova viene dato attraverso un “sistema di citazioni” univoco (per esempio i riferimenti ai paragrafi del Signore degli Anelli vengono dati nel formato “..”.

Il tool “Tolkien Art Index”

Un altro esperto di software e appassionato di Tolkien è Erik Mueller-Harder, che ha sviluppato varie risorse digitali utili all’analisi delle opere tolkieniane.
Fra queste spicca sicuramente il Tolkien Art Index, progetto che si pone l’obiettivo di indicizzare tutta l’opera artistica di J.R.R. Tolkien.
Al momento il sito indicizza ben 546 opere d’arte, indicando per ognuna, in quali pubblicazioni è possibile trovarne una riproduzione.
Un utile sistema di ricerca, dotato di tag e svariate altre features, permette di navigare facilmente il sito web. Fra le altre risorse a cui Erik ha contribuito a realizzare, c’è il nuovo sistema Anduin, sviluppato recentemente per navigare i manoscritti del Signore degli Anelli in possesso della Biblioteca Marquette. Di questa nuova risorsa, che presenta tutte le diverse bozze del Signore degli Anelli, è possibile comprendere le potenzialità navigando nel sito online; purtroppo però è possibile vedere le scansioni dei manoscritti originali solo tramite un viaggio in loco. Un interessante articolo sull’argomento può essere letto qui.

 

Francia, ancora mostre ed eventi su JRR Tolkien

Logo Tolkien 50A un mese dal cinquantesimo anniversario della scomparsa di Tolkien le iniziative dedicate al professore oxoniense continuano a moltiplicarsi. Recentemente abbiamo pubblicato una panoramica sugli eventi e le mostre organizzati in Inghilterra, in Francia e in Italia in occasione di questa importante ricorrenza; a questi se ne aggiungeranno, nelle prossime settimane, altri due che avranno luogo, ancora una volta, in Francia e che potrebbero solleticare anche l’interesse degli appassionati italiani.

Sur Les Terres de L’Unique

Sur_les_Terres_de_l'UniqueIn questi giorni (dal 23 al 24 Settembre), si svolge infatti a Plouha in Bretagna, l’ormai consueto evento Sur Les Terres de L’Unique, organizzato dal 2018 dall’omonima associazione. La manifestazione è caratterizzata da svariate iniziative: sfilate in costume, racconti, sessioni di combattimento medioevale, animazioni, musica e, naturalmente, conferenze. Fra i nomi degli ospiti spiccano sicuramente sia quello di Ted Nasmith, impegnato con una conferenza il 23 e con un concerto il 24, sia quello di Stéphane Arson, che recentemente ha ridisegnato tutte le mappe dell’Atlante della Terra di Mezzo per l’edizione francese curata dalla casa editrice Bragelonne.

L’Héritage de Tolkien

Dal 3 ottobre al 10 novembre, la mediateca André Malraux di Chauny ospiterà l’esposizione L’Héritage de Tolkien, una mostra itinerante già presentata in almeno altre due occasioni: nel 2018 a Plouha e nel 2021 a Montévrain.
La mostra si prefigge l’obiettivo di «far conoscere, o approfondire, il genere fantasy» attraverso una selezione di 15 serie di fumetti (o manga), fornendo, per ognuna di queste, alcune note biografiche sugli autori, una breve sinossi della storia e come questa si rapporta con i canoni del genere definiti dal “padre del fantasy”.
Fra le opere esposte ricordiamo: Siegfried di Alex Alice, pubblicato in Italia da Panini, che adatta a fumetti la leggenda di Sigfrido e dei Nibelunghi; Bjorn il Morfirio di Thomas Lavachery e Thomas Gilbert, adattamento a fumetti dell’omonima serie di romanzi dello stesso Lavachery, editi in Italia da Gallucci; Lanfeust de Troy di Christophe Arleston e Didier Tarquin, inedito in Italia, che racconta le avventure del giovane fabbro nel mondo di Troy, dove la magia fa parte integrante della vita quotidiana; Seven Deadly Sins del mangaka Nakaba Suzuki, pubblicato in Italia da Star Comics, dove si narra di come sette terribili guerrieri siano l’unica speranza per salvare il regno di Britannia; Elfi, la prima serie di fumetti ambientata nel mondo immaginario delle Terre di Aran, creata nel 2013 da Jean-Luc Istin e Nicolas Jerry e pubblicata in Italia da Panini.