Leggere Tolkien ai tempi dei cambiamenti climatici

IsengardLe letture allegoriche del Signore degli Anelli infastidivano Tolkien. Nella prefazione alla seconda edizione del romanzo, ha scritto della propria avversione per l’allegoria in tutte le sue forme: «Preferisco di gran lunga la storia, vera o fittizia». E l’ambientalismo che traspare palesemente da tutte le cronache della Terra di mezzo, dalla ribellione della Foresta di Fangorn al Repulisti della Contea fino alla distruzione dei Due Alberi di Valinor? Scaturisce fondamentalmente dalla sua storia personale, da un’infanzia in cui «il Paese in cui vivevo veniva miseramente distrutto prima che avessi dieci anni», resa, però, mitica. Prima che compissi dieci anni veniva pubblicato il terzo di una serie di rapporti scientifici internazionali sul surriscaldamento della nostra Terra, e il Protocollo di Kyoto stabiliva obiettivi per i paesi al fine di ridurre le emissioni di gas serra. Prima di questi sviluppi, Svante Arrhenius aveva collegato la combustione del carbone all’aumento dei livelli di anidride carbonica e al surriscaldamento del clima, John Tyndall aveva individuato i gas responsabili dell’effetto serra ed Eunice Foote aveva realizzato che l’anidride carbonica poteva intrappolare il calore del sole. In effetti, Arrhenius aveva svolto il suo lavoro molto prima che io nascessi, in prossimità della nascita di Tolkien e Tyndall e Foote, prima di questa.
Quando si tratta di ciò che è vero e di ciò che è falso, la storicità del cambiamento climatico è un fatto accertato, e la negazione intenzionale di questa realtà è una narrazione tossica. Il cambiamento climatico era già in atto negli anni in cui Tolkien viveva e scriveva. Anche se forse non era al corrente della crescente comprensione del riscaldamento globale, penso che il suo lavoro sia direttamente applicabile per tutti noi che sperimentiamo l’attuale proliferare di titoli spaventosi sui disastri climatici e pensiamo, come Frodo: «Vorrei che non fosse successo nel corso della mia vita». Tolkien, se non era un ambientalista dichiarato, era certamente un autore bucolico, un amante degli alberi e della campagna e un oppositore dell’industrializzazione inquinante. Ent, Aquile, Beorniani e altre forme di personificazione della natura riempiono la sua opera, così come i nodi della trama e gli sviluppi che derivano dalla distruzione di uno o più alberi (o Alberi). Le sue lettere lo dicono ancora più chiaramente: «Il violento rumore delle motosega non è mai silenzioso ovunque crescano gli alberi» (NdT – Lettera #339) . Il cambiamento climatico è la deforestazione industriale su larga scala. Per me non c’è autore che dia al mondo naturale ciò che gli è dovuto come Tolkien.
Con la serie Gli Anelli del Potere di Amazon che suscita una nuova ondata di interesse popolar-culturale per la Terra di Mezzo e, allo stesso tempo, con le temperature globali che stanno infrangendo ogni record e causando eventi meteorologici estremi in tutto il mondo, mi sono ritrovata a desiderare Tolkien o una voce simile alla sua per il ventunesimo secolo: qualcuno che esprima parole sul mondo vivente, una scrittura che emerga da un amore manifesto e sincero per la natura. La crescente minaccia del cambiamento climatico mi spinge a tornare alle preferenze della mia infanzia per cercare la saggezza per affrontare le lunghe sconfitte in questo Secolo di Disastri, per cercare una luce al di là, in un tempo buio per il pianeta e i suoi abitanti.

Il mio preferito tra tutti i lavori di Tolkien è Il Silmarillion. Di gran lunga il più bello, è il Legendarium della Terra di Mezzo e di Arda, il mito dettagliato che rievoca le Metamorfosi, il Kalevala e Beowulf. Nei luoghi che i lettori incontrano attraverso Il Silmarillion e altrove negli scritti di Tolkien – Lothlórien, Il Doriath e Boscuro – osserviamo gli Elfi (o almeno gli Elfi Sindar) vivere in simbiosi con le foreste e i paesaggi che li circondano. Ma sebbene Gondolin, la Città Nascosta tra le montagne, tragga vantaggio dalla sua geografia per isolarsi dal resto del Beleriand e dalle forze di Morgoth, la città è rinchiusa dietro ad alte mura che servono a trattenere dentro oltre che fuori. La decisione dei Gondolindrim di rimanere nella loro valle nascosta, deliberatamente ignari delle traversie degli Elfi come degli Uomini, che, al di fuori, soffrono le redini infuocate di Morgoth, si rivela tragicamente miope.
A questo punto, molti fra i Noldor possono essere definiti artigiani più che ambientalisti. Il re di Gondolin, Turgon, viene addirittura avvertito dal dio Ulmo di non amare “troppo il lavoro delle proprie mani”. Turgon ignora due volte gli avvertimenti dei Vala, e alla fine è proprio il nipote di Turgon a essere spinto al tradimento da Morgoth. La città cade di fronte ai mostri d’ombra e fuoco di Morgoth; coloro che fuggono da Gondolin trovano la via d’uscita, attraverso fumo e confusione, solo grazie alla preparazione della figlia di Turgon, Idril. Volendo leggere questo allegoricamente, nella nostra attuale era di disastri climatici – un Balrog o un drago sono forse peggio di un violento incendio? – i sopravvissuti della caduta Gondolin sarebbero rifugiati climatici. Non sono gli ultimi; quando la Prima Era finisce con la Guerra dei Valar, la geografia e, in un certo senso, l’ecologia della Terra di Mezzo sono drasticamente cambiate. Il Beleriand sprofonda sotto le onde e forse un terzo del continente della Terra di Mezzo è perduto. I suoi abitanti (quelli che non possono o non vogliono salpare per Valinor) migrano verso il Lindon o più a est, in regioni della mappa che i lettori riconosceranno dalla Seconda Era in poi.
È questo il modo “corretto” di leggere Il Silmarillion? L’allegoria non regge pienamente; potrebbe anche sfiorare i confini della fanfiction. Tuttavia, nelle successive stampe de Il Signore degli Anelli, Tolkien riconosce l’applicabilità, così come respinse l’allegoria, scrivendo nella Prefazione che molte persone spesso confondevano le due cose. Trovo che applicare la lente del cambiamento climatico sia utile, persino ottimista, considerando la resilienza e la sopravvivenza dei personaggi di Tolkien che, come Idril e Tuor, possedevano la preveggenza e il coraggio per riconoscere e pianificare contro la speranza vana.
Ne La Compagnia dell’Anello, Galadriel – che non era presente alla caduta di Gondolin ma sopravvisse a numerosi altri disastri (in)naturali – dice ai membri della Compagnia che lei e Celeborn hanno combattuto per anni “la lunga sconfitta”. La distruzione dell’Anello e la fine di Sauron comporteranno per gli Elfi sia la vittoria che la sconfitta, poiché il potere dei loro stessi anelli svanirà e loro dovranno andarsene. È a Lothlórien che Sam guarda nello Specchio di Galadriel e vede la devastazione della Contea, non semplicemente una premonizione, come scoprono in seguito i quattro Hobbit della Compagnia. Dopo la distruzione dell’Anello, viaggiando verso casa, vengono accolti da una Contea recintata, bruciata e in rovina nel penultimo capitolo del racconto epico. La distruzione della campagna verde e pacifica evoca tutto ciò che va contro l’ambientalismo di Tolkien: brutte case fatiscenti dove un tempo c’erano gli alberi; Bywater e Hobbiton annerite, inquinate e bruciate; la distruzione sfrenata di alberi e boschi apparentemente per il gusto di farlo; e a Casa Baggins, Saruman, con la sua famigerata “mente di metallo e d’ingranaggi”.
Sopra tutto aleggia, letteralmente, il fumo nero e il fetore del carbone usato per alimentare i mulini. Tolkien non aveva bisogno di essere un chimico per capire che la combustione del carbone avrebbe alterato per sempre il paesaggio di un luogo, né il contadino Cotton aveva bisogno di essere un ecologista per capire che se Sharkey/Saruman voleva “trasformare la Contea in un deserto, [aveva] imboccato la strada giusta”. Le esperienze di Frodo, Sam, Merry e Pippin sono più di un avvertimento che gli avventurieri non tornano immutati dalle loro avventure. La Contea stessa è cambiata. Come sottolineano sia Sam che Saruman in modi diversi e con parole diverse, è difficile tornare indietro da un cambiamento quando sulla linea del fronte c’è casa tua. Forse, come da Sam (prima che si ricordi della polvere elfica ricevuta da Galadriel e inizi a riseminare), verrebbe da chiedersi quante generazioni passeranno prima che i nostri discendenti siano in grado di vedere gli alberi come facevamo noi una volta.

Il repulisti della Contea e le sue conseguenze non sono semplicemente a favore degli alberi: sono a favore della gestione responsabile e contro l’inquinamento. L’ombra della sconfitta tocca ogni fronte. Ci sono, proprio adesso, persone sulla nostra Terra che combattono il Big Oil e il Big Pipeline sui palcoscenici globali più grandi, ma ci sono anche persone nelle loro città che resistono all’ultimo tentativo di far rinascere un inceneritore, espandere un impianto di plastica cancerogena, o far passare un treno carico di gas naturale liquido attraverso il centro. Pro-alberi, anti-inquinamento: è tutto parte integrante dell’affrontare il complesso sistema di gineprai che sono il cambiamento climatico, la perdita della biodiversità, la lunga e deludente serie di disastri e sconfitte ecologiche.
Dopo che gli Hobbit si uniscono e riprendono la Contea da Sharkey/Saruman, è Sam Gamgee a portare avanti la causa, attingendo a un’eredità familiare di gestione della terra e di tutto ciò che vive su di essa. I Sam Gamgee del mondo sono quelli che prendono posizione e dicono: «Per dire che è finita bisogna prima togliere di mezzo tutto questo macello». È un’idea presente in tutti i racconti sugli Hobbit, che culmina con il Fattore Cotton e il popolo della Contea che si sollevano insieme per intrappolare i ruffiani di Sharkey, dopo che Merry e Pippin accendono in loro la scintilla della ribellione. La stessa idea risale a centinaia di pagine prima, alla formazione della Compagnia a Valforra. Ci sono certamente vari modi per mappare il Monomito, o una qualsiasi delle tante formulazioni moderne della del Viaggio dell’Eroe, sulla struttura del Signore degli Anelli, incluso il Ritorno al mondo ordinario attraverso il Repulisti della Contea. Ma io non leggo la storia di Frodo in questo modo. Per prima cosa, sappiamo che Frodo fallisce negli ultimi istanti della sua cerca e sono Gollum (e Sam!) che assicurano la distruzione dell’Anello. D’altro canto è inerente alla creazione stessa della Compagnia dell’Anello la consapevolezza che il compito è troppo arduo per essere portato a termine da chiunque, da solo.
Aragorn è un re, ma il suo ritorno a Gondor non significa nulla se l’Anello non viene distrutto. Boromir è nobile ma viene tradito dalla sua stessa idea eroismo. Gandalf ha i poteri di un semidio, ma riconosce che nemmeno qualcuno potente come un Signore degli Elfi potrebbe assaltare Mordor per aprire la strada a Frodo. Gli altri membri della Compagnia non sono semplicemente aiutanti o mentori di Frodo. Combattono battaglie (metaforiche e letterali) sia sulle pagine che dietro le quinte, nonostante gli esiti molto incerti per loro stessi e per la Cerca nel suo insieme.
Su un libro pubblicato nel 2016 intitolato The Great Derangement, l’autore Amitav Ghosh ha sostenuto che fino a quel momento, la quantità di narrativa (o almeno di narrativa letteraria) che faceva i conti con il cambiamento climatico era piccolissima in proporzione alla scala e alla portata della crisi. Anche se penso che questo stia cambiando (meglio tardi che mai), forse un po’ più di rilettura revisionista servirebbe a ridurre il divario tra ciò che c’è e ciò che potrebbe ancora esserci. Rileggere Tolkien, non per la speranza di un’allegoria, ma per la possibilità di paralleli che si applichino alle nostre circostanze attuali, offre conforto, saggezza e avvertimenti. Il percorso da seguire non sarà facile e non esiste alcuna figura messianica in arrivo per salvarci dal cambiamento climatico. Siamo tutti Hobbit adesso.

Traduzione di “The Long Defeat”: Reading Tolkien in the Time of Climate Change di Alyssa Hull.
Alyssa Hull è una scrittrice, educatrice e una filosofa della scienza che vive nel piccolo (ma grazioso) stato del Delaware. I suoi scritti sono stati pubblicati in precedenza sul McSweeney’s and Literary Hub.

Ascolta la live “Ecologia e ambientalismo in Tolkien” con Paolo Nardi e Wu Ming 4

LINK ESTERNI:
– Vai all’articolo originale: The Long Defeat”: Reading Tolkien in the Time of Climate Change 
– Vai alla Lettera Lettera #339  su TolkienGuide
– Vai al sito ufficiale del libro The Great Derangement

La natura in Tolkien? Un nuovo libro se ne occupa

Tolkien appoggiato ad un alberoNuovo libro per Eterea Edizioni alla scoperta del perché la Natura nella Terra di Mezzo sia a tutti gli effetti il decimo membro della Compagnia, e non un semplice sfondo per epiche avventure. «Amo i giardini, gli alberi e le fattorie non meccanizzate», scriveva J.R.R. Tolkien in una lettera (n. 213) ed è evidente nelle sue opere. Il volume Paesaggi della Terra di Mezzo – La natura nelle opere di J.R.R. Tolkien, curato da Roberto Arduini e Cecilia Barella (20 euro, splendida illustrazione di copertina di Ivan Cavini) costituisce un vero e proprio viaggio nella Terra di Mezzo, alla scoperta dei diversi habitat naturali, della flora e della fauna, di come il paesaggio influisca sui protagonisti e sia determinante in alcune scene della storia.

Radio3, la 6a puntata: la Natura e il jazz

Cop_Loredana-Lipperini_Alturo-StàlteriProsegue l’appuntamento radiofonico con la trasmissione Pantheon e la serie di otto puntate monografiche “Tolkien: un viaggio inaspettato”, condotte da Loredana Lipperini e Arturo Stàltieri, curate da Federica Barozzi con la regia di Diego Marras.
Sabato 11 è stata trasmessa la sesta puntata, la quale ha visto intervistato Roberto Arduini, presidente AIST: gli aspetti dell’opera tolkieniana toccati sono vari, tra cui spicca soprattutto l’attenzione per la natura del Professore.
Il momento musicale vede la partecipazione di Andrea Pellegrini, nel cui album Middle Earth Tolkien e il jazz si incontrano, e l’ascolto del brano The Old Forest di Bo Hansson.

Telperion e Laurelin si trovano a Oxford

Oxford University Park: sentiero lungo il fiume«Ecco dal tumulo levarsi due snelli virgulti; e in quel momento il silenzio stava sul mondo intero, e altro suono non si udiva salvo il cantico di Yavanna. Alle sue note, gli alberelli crebbero e divennero belli e alti e si coprirono di fiori; e così nacquero al mondo i Due Alberi di Valinor. Di tutte le cose fatte da Yavanna, sono essi le più rinomate, e tutte le narrazioni dei Giorni Antichi si imperniano sul loro destino».
Oxford University Park: Telperion nel 2007Nel Silmarillion il computo del tempo iniziò così, con la creazione dei Due Alberi: Telperion, dalle foglie verde scuro e argento, e Laurelin, dalle foglie verde chiaro e dai fiori dorati. Entrambi emanavano luce propria, e l’alternarsi dei loro periodi di splendore, rispettivamente argentato e dorato, scandì le giornate di Valinor, fino all’Ottenebramento a opera di Melkor. Yavanna raccoglieva in pozze la rugiada luminosa che cadeva dalle loro foglie, e anch’esse erano fonte di luce, la stessa che Fëanor instillò nei suoi Silmarilli; la Valie inoltre creò la luna e il sole dall’ultimo fiore e dall’ultimo frutto degli Alberi, e Varda creò dalla luce di Telperion nuove stelle per la venuta degli Elfi.

Oxford, sarà abbattuto l’albero di J.R.R. Tolkien

Oxford Botanical GardenCerte notizie, anche se tristi, bisogna darle comunque. L’albero amato da Tolkien a Oxford sarà abbattuto perché è malato. Si trova all’interno del giardino botanico, luogo che lo scrittore visitava spesso per passeggiare o fare un picnic. L’amore del professore per gli alberi nacque in tenera età. Da bambino li immaginava protagonisti di racconti e amava le storie in cui gli alberi rivestono un ruolo importante. «Ogni albero ha il suo nemico, pochi hanno un avvocato», scrive nelle lettere.

Alberi parlanti: ecco gli Ent del mondo reale

La marcia degli EntChe Tolkien fosse un amante della natura non è un mistero per nessuno; anche a chi si accosta alla sua opera solo superficialmente non può sfuggire la cura e il dettaglio con cui il Professore di Oxford descrive gli ambienti in cui i suoi personaggi si muovono, fin quasi a renderli co-protagonisti della storia. Una delle sue creazioni più originali, non basate cioè su figure fantastico-mitologiche preesistenti (come possono essere gli Elfi o i Nani o gli Orchi), sono proprio gli Ent, ossia i “Pastori degli Alberi”: figure gigantesche dall’aspetto arboreo, ma capaci di parlare e di muoversi autonomamente, il cui compito è di custodire le foreste. Perché per Tolkien, che amava appassionatamente gli alberi e le piante in generale, la foresta è un’entità dotata di una vita propria, indipendente da quella degli Uomini (e degli Elfi, e dei Nani…), ma non per questo meno “viva” e intensa, una vita di cui i personaggi si rendono conto solo quando essa si dimostra ostile, come nel caso della Vecchia Foresta ai confini della Contea, i cui alberi sembrano congiurare per ostacolare e sviare i viaggiatori, o del Vecchio Uomo Salice, che li attira e li incanta per poi intrappolarli all’interno del proprio tronco o annegarli nel fiume sulle cui rive cresce. Naturalmente tutto questo è solo frutto di immaginazione. Oppure no?

Scozia, inaugurato un giardino botanico dedicato a Rivendell

Rivendell: inaugurazione con Lord John ThursoUn nuovo giardino botanico è stato appena inaugurato nel Caithness, la contea più a nord della Scozia. Poco lontano dal capoluogo Wick, il sito ha una particolarità: si chiama “Rivendell”. Il nome naturalmente è tratto dal nome della “Ultima Casa Accogliente” nella Terra-di-mezzo inventata da J.R.R. Tolkien. È Gran Burrone, la dimora di Elrond, dove gli Elfi ancora riescono a vivere in equilibrio con la natura. E proprio questo è lo scopo di Glyn e Benjamin Salisbury, padre e figlio che si sono imbarcati nell’impresa di riqualificare il sito in rovina della stazione di benzina Lochshell. All’inaugurazione del nuovo giardino, sabato 14 aprile, ha partecipato anche Lord John Thurso, parlamentare eletto nel distretto locale di Caithness, Sutherland e Easter Ross e terzo visconte del capoluogo Thurso.

Bag End, casa della famiglia Salisbury (Wick, in Scozia)Glyn Salisbury (al centro nella fotografia in alto) è uno scrittore che vive da anni nella contea scozzese con la moglie, Su, le due figlie Jenny ed Elizabeth, e il figlio Benjamin. Ha sempre avuto un interesse per la natura e la scelta di trasferirsi a Wick è stata dettata proprio da un contatto più costante con un paesaggio meno industrializzato. la bellissima costa settentrionale della contea di Caithness è lo sfondo sul quale ha ambientato “Oscar”, romanzo thriller in cui lo sfruttamento sconsiderato della natura è al centro di una storia che parte dalla macabra scoperta di una carcassa di un cetaceo sulle rive di Duncansby Head. Salisbury ha in programma di scrivere una trilogia basata sul Caithness.

Giardino botanico RivendellIl progetto del giardino botanico è un tassello per riportare l’equilibrio naturale in un sito devastato dall’uomo. «Abbiamo scelto questo nome», rivela Glyn all’ArsT, «perché naturalmente amiamo Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien. Rivendell è un luogo di bellezza e questo è il nostro programma. La casa dove viviamo l’abbiamo chiamata Bag End, come la casa di Bilbo e Frodo Baggins. Non abbiamo potuto resistere a mettere una porta rotonda verde del diametro di 6 metri, con tanto di maniglie gialle!». Il luogo è completamente trasformato: dove prima c’era una pompa di benzina in disuso e una discarica abusiva ora c’è un giardino, una caffetteria, un negozio per la vendita dei prodotti agricoli e l’artigianato locale. Glyn e Benjamin hanno lavorato instancabilmente con un investimento molto esiguo, ma sono
riusciti nell’intento di realizzare il centro. Ma i due lo vedono come una tappa di un progetto più ampio. Rivedell dovrà divenire, lentamente, un vero e proprio giardino botanico, con piante tipiche delle Highland e anche esemplari esotici. Questo perché, come scrive Tolkien: «Ogni albero ha il suo nemico, pochi hanno un avvocato». Tra qualche giorno sarà anche attivo il sito web del giardino botanico di Rivendell (il link sarà attivo entro questa settimana).

.

Vai al sito web del giardino botanico di Rivendell (il link sarà attivo entro questa settimana).
Vai al sito di Glyn Salisbury

.


 

Case Hobbit, viaggio intorno al mondo

Case Hobbit - 05Sin dai tempi antichi la casa ha avuto per l’uomo un valore inestimabile: ogni uomo o donna, in qualunque parte del mondo, ha la sua visione della dimora ideale e costruisce o arreda la propria nel modo più consono e utile per sé e per la propria famiglia. Oggi siamo abituati a pensare alle abitazioni così come le vediamo realizzate nelle nostre città, magari alcune bizzarre e altre dai colori improponibili, ma sempre costrette in un ambiente cittadino rumoroso, inquinato e molto affollato. Pensate a qualcosa di diverso, pensate di poter costruire una casa in base a un libro della letteratura inglese… Per chi scrive, non c’è cosa più straordinaria al mondo. Stiamo parlando di case a misura di hobbit. Sì, avete capito bene, il famosissimo libro del nostro amato Professore, J.R.R. Tolkien, ha dato vita a un fenomeno in ascesa: dimore immerse nella natura e addirittura facenti parte di essa, inglobandola all’interno. Ne avevamo già parlato in un articolo, ma vista l’alta richiesta dei nostri lettori abbiamo deciso di tornare sull’argomento.