Come scrivono gli Elfi? Ora c’è il crowdfunding

Le tengwar e il sindarinDa sempre le lingue inventate da Tolkien affascinano moltissimi lettori, e come ben sappiamo, furono proprio queste il germoglio dal quale nacque tutta la mitologia del Professore: «Alla base c’è l’invenzione dei linguaggi. Le ‘storie’ furono create per fornire un mondo ai linguaggi e non il contrario. Per me, viene prima il nome e poi la storia» (Lettera 165). Per tutti gli appassionati di questi linguaggi, di quelli elfici in particolare, è aperto in questi giorni su Kickstarter un crowdfunding da non perdere. La raccolta ha come fine la pubblicazione di un libro intitolato The Elvish Writing Systems of J.R.R. Tolkien, in lingua inglese, scritto dal giovane studioso inglese Matt (Matthews) Coombes. Tale libro si propone di essere una guida scrupolosa e accurata ai sistemi di scrittura degli Elfi tolkieniani,
Campagna di Kickstartere comprenderà le Tengwar, le Sarati e il Cirth, e le rispettive applicazioni sia per quanto riguarda il Quenya, sia il Sindarin. Il testo è accessibile anche a lettori non specialisti, ma illustra comunque l’argomento in maniera accurata: Coombes specifica infatti di voler anche spiegare da dove queste lingue derivino e su cosa si basino. Afferma inoltre di aver già domandato alla Tolkien Estate il beneplacito per la pubblicazione e il permesso di usare font e citazioni originali.

L’autore e il suo progetto

Studiosi: Matt CoombesNella biografia dell’autore su Kickstarter, si può leggere che Coombes, nativo di Ashford nel Kent, si occupa dello studio della mitologia della Terra di Mezzo, e in particolare delle lingue elfiche. «Sono sempre stato più di un fan di J.R.R. Tolkien e per oltre 10 anni ho studiato il suo lavoro», scrive nella sua presentazione. «Per cementare la mia passione ho completato un Master e da allora ho continuato a far ricerca nel campo della lingue inventate». La sua tesi di laurea specialistica (Master’s Degree) alla De Montfort University di Leicester ha, infatti, avuto come argomento lo studio dell’estetica dei linguaggi tolkieniani. La maggior parte dei suoi saggi è interessante e presenta tematiche che vanno dallo studio dell’espressione delle emozioni attraverso il linguaggio, Copertina libro tengwarallo studio del linguaggio Sindarin, all’influenza di Tolkien nella linguistica moderna; molto interessante sono gli approfondimenti dedicati allo studio della lingua elfica come se si trattasse di una lingua straniera.
Il libro è molto ben strutturato. Dopo un’introduzione volta a presentare il lavoro del Professore e l’origine dei linguaggi, si passa alla descrizione delle regole base della fonologia, in modo da capire come i vari suoni siano articolati, per poi apprendere la fonologia propria del Quenya, quella del Sindarin e quella del Linguaggio Nero. Anteprima libroI successivi due capitoli si occupano dell’ortografia delle Sarati, del Cirth e delle Tengwar; per queste ultime viene mostrato l’uso differente che ne viene fatto a seconda che si utilizzino per il Quenya, il Sindarin o le diverse lingue degli Uomini. L’ultimo capitolo infine spiega come sia possibile servirsi degli alfabeti elfici per scrivere in altre lingue e quali accortezze vadano prese per i diversi adattamenti. Un punto di forza di quest’opera è il fatto che poggi su solide basi, come Coombes stesso tiene a specificare: si è servito infatti delle varie pubblicazioni uscite su Vinyar Tengwar e Parma Eldalamberon, e del lavoro di importanti studiosi come Carl Hostetter, Arden Smith, Per Lindberg, Mans Bjorkman, Helge Fauskanger, Ross Smith, David Salo, Jim Allan e Verlyn Flieger.
La cifra richiesta per la pubblicazione non è altissima, 925 sterline; per ora la raccolta ha raggiunto quota 593, e si chiuderà l’8 dicembre. Bozza copertinaA seconda dell’entità della donazione, le ricompense vanno dalla semplice traduzione e scrittura in elfico con un sistema a scelta di un nome o di una citazione, alla copia firmata della prima edizione, all’inclusione nei ringraziamenti e ad un messaggio personale di Coombes, naturalmente in elfico. Per trovare ulteriori informazioni riguardo al libro e all’autore, oltre alla pagina del progetto su Kickstarter, è possibile consultare il canale YouTube, che offre brevi video lezioni inerenti al contenuto del libro, e la pagina Facebook gestita dal lui stesso, dove è possibile trovare anche un’anteprima dei primi tre capitoli del libro.

GUARDA IL VIDEO DI PRESENTAZIONE:
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ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo A Bruxelles un corso per le lingue elfiche
– Leggi l’articolo A Roma un seminario sulle lingue elfiche
– Leggi l’articolo Al via il corso a Modena sulle lingue di Tolkien
– Leggi l’articolo Convegni e università per le lingue elfiche
– Leggi l’articolo Lingue elfiche: il primo seminario anche in Italia
– Leggi l’articolo Le lingue di Tolkien al Centre Pompidou di Parigi
– Leggi l’articolo Le lingue di J.R.R. Tolkien. Esce Vinyar Tengwar 50

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LINK ESTERNI:
– Vai alla pagina del progetto su Kickstarter
– Vai al canale canale YouTube Learn Elvish
– Vai alla pagina Facebook

 

Al via il corso a Modena sulle lingue di Tolkien

Studiare le lingueParte oggi il nostro nuovo ciclo di lezioni a Modena! «Alla scoperta della Terra di Mezzo» è il secondo ciclo dei seminari organizzati dall’Istituto filosofico di studi tomistici, in collaborazione con l’ArsT, all’interno del programma di corsi 2014 su j.R.R. Tolkien a Modena, Bologna e Roma. Dopo l’anteprima del 20 dicembre al cinema Victoria di Modena, in cui una sala esaurita in ogni ordine e posto a ascoltato Andrea Monda parlare A proposito dello Hobbit, il corso parte stasera, 8 gennaio, e fino al 12 febbraio 2014 prevede una lezione settimanale, il mercoledì sera dalle 21 alle 23. Il programma è ricco di interventi e ha lo scopo di illuminare i tanti aspetti meno noti delle opere del Professore di Oxford che spaziano dalle lingue alla musica, dagli abiti alla produzione di fan film, senza dimenticare i personaggi e i mostri: un focus particolare sarà dedicato, infatti, a Tom Bombadil, forse il più enigmatico dei tanti attori del capolavoro tolkieniano, mentre un’analisi approfondita sarà concentrata sull’influenza che il drago Smaug ha avuto su contemporanei ed eredi dello scrittore inglese. Iscrizioni alle lezioni: 10 euro a lezione. Ci si può iscrivere anche la sera stessa delle singole lezioni dalle 20.45 alle 21.00. Si può scaricare la locandina del corso qui.

Il programma completo:

Istituto tomistico di Modena 8 Gennaio: Le lingue di Nani, Orchi e Hobbit Relatore: Gianluca Comastri
15 Gennaio: Gli abiti della Terra di Mezzo
Relatore: Daniela Mastroddi
22 Gennaio: Tra Mostri e Draghi
Relatore: Roberto Arduini
29 Gennaio: Chi è Tom Bombadil?
Relatori: Claudio Testi e Mario Enrico Cerrigone
5 Febbraio: La musica nella Terra di Mezzo
Relatore: Edoardo Volpi Kellerman
12 Febbraio: Un mito che continua: i fan film
Relatori: Wu Ming e il cast di Diari dalla Terza Era

Gianluca Comastri sulle lingue

Studioso, ricercatore, Gianluca Comastri è un personaggio noto ai nostri lettori. È presidente di Eldalie, un’associazione tolkieniana particolarmente dedita allo studio delle lingue elfiche. E questo è il campo di studio specifico del suo presidente. Dopo l’intervento del gennaio 2013 sul tema: Le lingue nella Terra di Mezzo (ne avevamo parlato qui), questa sera Comastri si occuperà delle Lingue di Nani, Orchi e Hobbit.Esperti: Gianluca Comastri «Quando si parla di lingue della Terra di Mezzo, il pensiero va subito alle belle lingue degli Elfi», racconta lo studioso, «Ma vi è molto da dire anche sugli idiomi delle altre razze. Tolkien non ebbe modo di mettere a punto sistemi linguistici, completi di dizionari e grammatiche, per tutte le razze di Arda, compito che sarebbe stato impossibile da portare a termine anche per un glottologo che vi avesse lavorato a tempo pieno per tutta una vita. Se gli Elfi sotto quest’aspetto costituivano un’intrigante sfida a (ri)costruire l’intera cultura di un popolo con marcate differenze rispetto al genere umano, per le altre razze Parlanti le cose stanno diversamente. Nella maggior parte dei casi, per caratterizzare nomi e toponimi di Uomini ed Hobbit Tolkien ricorre all’Antico e Medio Inglese, incastonando nella narrazione suggestioni e giochi di parole che solo un madrelingua con buona cultura di base potrebbe comprendere appieno senza le spiegazioni che a noi sono necessarie. Ma forse non tutti sanno che il Professore, per dare un tocco particolare alle altre popolazioni non umane, andò anche oltre: scavò nel cuore delle lingue semitiche e perfino alle radici indoeuropee». Per far questo, il seminario di stasera si occuperà principalmente di lingue come l’Ovestron, la lingua comune usata da uomini e Hobbit, del Khuzdul, la lingua dei Nani, e degli idiomi di Mordor, tra cui il Linguaggio Nero è il più conosciuto. «Il nostro viaggio nella Terra di Mezzo attraverso le parole e i testi», aggiunge Comastri, «ci porterà a esplorare terre lontanissime nel vero senso della parola: infatti, oltre alle lingue delle Isole del Nord e dell’Europa settentrionale, per accostarci all’idioma nanesco e alle ostiche verbalizzazioni di Mordor, dovremo prendere in considerazione le lingue semitiche e addirittura scomodare gli studi sull’Ittita/Hurrita e sul proto-indoeuropeo! Una volta di più, gli scritti di Tolkien rivelano aperture su scenari sempre più vasti: ogni volta che si alza il velo della Favola e del Mito si scoprono nuove vie che portano a mille e mille altri saperi».

Divergenze sulla lingua di Sauron

Iscrizione sull'AnelloNonostante non lo ami molto, Comastri non potrà fare a meno di tener presente il volume del francese Edouard J. Kloczko, che ha lo stesso titolo del suo intervento: Lingue degli Hobbit dei Nani degli Orchi e in cui è analizzata la grammatica delle oscure parole di Sauron: «Ash nazg durbatulûk ash nazg gimbatul…». Secondo quanto si legge nel Signore degli Anelli, la poesia dell’Anello è, infatti, scritta nella lingua di Mordor. Ma l’interpretazione dello studiosi francese è molto diversa da quella di altri esperti di lingue elfiche, come Helge Fauskanger e Craig Daniel, condivisa anche da Comastri. Sicuramente, stasera ci sarà l’opportunità di capire le diverse posizioni, messe in luce in più occasioni nei lavori degli studiosi, ma anche grazie all’ausilio delle Appendici al Signore degli Anelli (soprattutto nell’App. E, II). Se, infine, nella vostra testa risuona ancora il grido di guerra del nano Gimli nel Signore degli Anelli: «Baruk Khazâd! Khazâd ai-mênu!», e vi siete sempre chiesti cosa significasse esattamente, iscrivetevi subito al seminario!

– Vai al sito dell’Istituto Filosofico di Studi Tomistici
– Vai all’articolo sui corsi su Tolkien: Modena, Bologna, Roma

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Hobbiton XX, Comastri: «L’elfico che passione»

Linguisti: Gianluca ComastriInizia oggi la Hobbiton di Montefiorino, organizzata dalla Società Tolkieniana Italiana (ne avevamo già scritto qui). Montefiorino fu il centro dell’omonima Repubblica Partigiana, il primo tra i più noti territori che durante la Resistenza riuscirono a liberarsi militarmente dall’occupazione nazifascista. Il paese sull’Appennino per tre giorni, dal 13 al 15 settembre, ospita ora la manifestazione ricca di eventi, mercatini e spettacoli, interamente dedicata agli appassionati di J.R.R. Tolkien. È quindi l’occasione giusta per ascoltare Gianluca Comastri, che terrà sabato un incontro su Le lingue degli Elfi della Terra di Mezzo oltre a vere e proprie lezioni linguistiche (il programma si può leggere qui).

Studiare le lingue elfiche

Libro: La Numerazione degli Elfi e la trasmissione del pensieroStudioso, ricercatore, Gianluca Comastri è un personaggio noto ai nostri lettori. È presidente di Eldalie, un’associazione tolkieniana particolarmente dedita allo studio delle lingue elfiche. E questo è il campo di studio specifico del suo presidente. A gennaio a Modena, all’interno del corso Con Lo Hobbit alla scoperta di Tolkien, presso la sede dell’Istituto Filosofico di Studi Tomistici, Comastri ha tenuto un intervento dal tema: Le lingue nella Terra di Mezzo (ne avevamo parlato qui) ed eventi simili si sono svolti il 9 giugno, presso la Società Operaia di Porto San Giorgio e il 9 luglio a Serravalle, il castello più popoloso ed esteso di San Marino (ne avevamo parlato qui). Inoltre, Comastri ha messo a disposizione la sua competenza in campo linguistico al Gruppo di studio che ha portato alla pubblicazione de La trasmissione del pensiero e la numerazione degli Elfi della casa editrice Marietti
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. E, fatto ancor più importante,  il 27 e 28 aprile a Lanuvio (Roma), ha organizzato il primo seminario sulle lingue tolkieniane, «Le lingue e i canti degli Elfi». (ne avevamo parlato qui) Possiamo, quindi, approfondire un aspetto poco noto delle opere dello scrittore inglese: la creazione e lo sviluppo dei principali linguaggi della Terra di Mezzo!

L’intervista

Studiosi: Gianluca ComastriChe cosa è la linguistica tolkieniana?
«Penso che la risposta a questa domanda sarà più chiara alla fine di questa nostra chiacchierata; un eventuale preambolo rischierebbe di essere o troppo lungo o troppo incompleto».

Cosa ti ha portato a occuparti di lingue elfiche?
«Nella seconda metà degli anni ’90, quando iniziai ad armeggiare su internet, presi a cercare informazioni e documentazione sulle opere di Tolkien. A quei tempi, come ricorderete bene, parlare di studi tolkieniani in Italia era pionieristico: in libreria vi era ben poco oltre alle opere classiche e a quei tempi non frequentavo ancora ambienti come la Società Tolkieniana Italiana. Navigando però mi accorsi ben presto che per quanto riguarda l’estero le cose erano molto diverse e vi erano già vari siti web che trattavano, a vario livello di approfondimento, spunti e tematiche legate al ciclo della Terra di Mezzo. Naturalmente, come tutti i lettori, ero rimasto colpito dalle citazioni in lingue degli Elfi ma non pensavo assolutamente di farne un campo di interesse primario, non avendo alle spalle studi specifici né particolari passioni del genere. Però accadde che, mentre cercavo cronache e storie dei popoli elfici, mi imbattei nel sito Ardalambion. Lì venni traumaticamente a conoscenza del fatto che le lingue dei Popoli Liberi erano parte integrante, addirittura centrale, della loro storia. Capii d’impatto che per cogliere l’essenza intima della narrazione non potevo non considerare l’aspetto delle lingue. Poi, leggendo gli articoli introduttivi di quel sito, venni a conoscenza di come era maturata in Tolkien la visione della Terra di Mezzo, una visione che mosse essenzialmente dalle lingue. Decisi così, in preda a un misto di curiosità (per la particolarità dell’argomento e per l’importanza che vi diede Tolkien) e d’irritazione (per il fatto di dovermi muovere in un ambiente che non era affatto il mio) che era indispensabile approfondire l’argomento».

Che senso ha, al giorno d’oggi, studiare una lingua inventata da uno scrittore? Cosa avrebbe da insegnare alla dimensione digitalizzata che viviamo?
«Purtroppo o per fortuna, i tempi sono cambiati. Ai giorni nostri nessuno potrebbe più comporre opere letterarie come faceva Tolkien e sperare di vederle pubblicate – e in effetti nessuno lo fa. Non sono affatto un esperto di letteratura, ma che io sappia non esistono altri universi letterari in cui l’aspetto linguistico abbia una preminenza simile e una centralità paragonabile a ciò che il Quenya o il Sindarin rappresentano per gli Elfi della Terra di Mezzo. Di certo, le lingue della Terra di Mezzo piacciono anche perché sono belle, una mirabile sintesi di tecnica ed estetica. Proprio per non farci omologare dalla
digitalizzazione furente odierna, è indispensabile saper mantenere il gusto per il bello in tutte le sue forme, suggerimento che Tolkien inserisce fra le righe praticamente di ogni sua pagina».

Lingue: tabella delle lettereIn quale contesto internazionale lo studio della linguistica tolkieniana è particolarmente vivace?
«Beh, basta varcare le Alpi per rendersi conto che in tutto il resto d’Europa e negli Stati Uniti non è raro imbattersi in iniziative e pubblicazioni legate alle lingue di Arda. Nel Belpaese conosciamo i libri di Edouard Kloczko, che anni addietro sono stati tradotti in italiano, ma opere analoghe hanno visto la luce anche in Spagna e in Germania. Uno dei siti web più ricchi di materiale linguistico, soprattutto opere originali in prosa e versi, è polacco (all’interno della Elvish Linguistic Fellowship).  Ardalambion è opera di un autore norvegese, uno dei maggiori sindarinisti di sempre è quel David Salo che Peter Jackson ha pensato bene di coinvolgere per i dialoghi originali inseriti nei film. Insomma, ovunque nel mondo occidentale esiste uno studioso o un gruppo di studio che attende con impazienza l’uscita di nuove pubblicazioni da parte di Carl Hostetter, su Parma Eldalamberon o su Vinyar Tengwar, per aggiornare grammatiche e dizionari con le esclusive che è periodicamente autorizzato a diffondere».

Può dirci il nome di almeno un linguista per cui hai particolare considerazione?
«Naturalmente Helge Fauskanger, l’autore di Ardalambion. Relativamente al Sindarin, credo ci si debba inchinare alla perizia di Didier Willis che ha compilato i dizionari a cui tutti fanno riferimento, inserendoli in una griglia web che permette consultazioni e filtraggi pressoché per ogni esigenza».

Ci spieghi meglio dove le tue “posizioni” sono più vicine a quelle di questo linguista e in quali aspetti differiscono?
«Premetto che io non azzardo a formulare teorie “mie” sugli aspetti linguistici meno definiti, non essendo titolato. In generale trovo che sia più stimolante l’approccio che parte dai materiali originali di Tolkien per arrivare a ipotizzare, quando esempi e regole inferite lo rendono possibile, di completare almeno parzialmente le lacune dei materiali originali stessi: questo approccio mira ad ottenere forme di NeoQuenya e NeoSindarin (le altre lingue non si possono approfondire più di tanto) che, nel pieno rispetto delle regole di Tolkien ed evidenziando a dovere le forme ricostruite non originali, permetta di arricchire il patrimonio linguistico disponibile. Fauskanger è un deciso fautore di questa metodica».

Lingue: a lezione di elficoIn decenni di ricerca nel campo qual è la lezione più importante che hai imparato?
«Che buone intuizioni possono averne tanti, ma la verità in
tasca, tolto Tolkien (che pure era solito cambiare idea ripetutamente anche su concetti già di pubblico dominio…), non l’ha nessuno. Quindi è più utile confrontarsi e ragionare apertamente sulle rispettive conclusioni piuttosto che, poniamo, rifiutare ogni contatto con chi la pensa diversamente – c’è chi lo fa e, ovviamente, si tratta degli studiosi più ortodossi e appiattiti sulla fedeltà assoluta ai materiali originali».

Cosa è cambiato nello studio della linguistica tolkieniana in questi anni?
«In Italia se ne è acquisita maggior consapevolezza, nonostante il fatto che noi non siamo affatto un popolo versato nello studio delle lingue. All’estero mi sento di poter dire che ha via via acquisito la dignità di vera e propria materia di studio tolkieniano. D’altronde ricorderete che anche il Gruppo di studio (di cui con voi faccio parte), nel redigere La trasmissione del pensiero e la numerazione degli Elfi, dovemmo fare i conti col fatto che Tolkien inseriva riferimenti in lingue elfiche pressoché in ogni suo appunto esplicativo».

Che spazio trova la linguistica tolkieniana in Italia? Ci sono altri studiosi che se ne occupano?
«Ahinoi, non più. Dieci anni fa la situazione era diversa, sulla ruota dell’entusiasmo per la prima trilogia cinematografica alcuni nomi si misero in evidenza per la loro propensione alle lingue elfiche: Ilaria Gelichi e Alberto Ladavas per il Sindarin, Luca Timponelli con un compendio grammaticale sul Quenya che ancor oggi gira in rete ed è apprezzato per l’immediatezza con cui tratta i vari argomenti, Ugo Truffelli che con la sua spietata attenzione alle cronologie e alle fasi compositive tolkieniane rifiuta qualsiasi concetto di sintesi finale… Probabilmente, dopo la traduzione in italiano degli articoli e del corso di Quenya di Ardalambion (entrambi da rivedere da tempo, ammetto pubblicamente i miei ritardi), che sono testi molto corposi ed esaustivi, molti hanno pensato che non vi fosse più nulla da aggiungere. Invece l’ideale sarebbe che si formasse un gruppetto italiano che riprendesse un po’ le fila dei discorsi e delle nuove uscite linguistiche degli ultimi anni: inoltre, siccome la maggior parte degli studi viene dal mondo anglofono, si potrebbe riadattare la presentazione dei materiali linguistici per renderli più comprensibili ai lettori italiani. Insomma, ci sarebbe molto da fare anche per noi».

Lingue: un momento della Conferenza OmentielvaQual è il metodo più veloce ed efficiente per imparare una lingua elfica?
«Il metodo più intuitivo consiste, secondo me, nel prendere familiarità con le frasi e con i testi contenuti nelle opere principali (Il Signore degli Anelli e il Silmarillion prevalentemente) per poi confrontarle con la loro traduzione commentata. Questo già è sufficiente a dare un’idea di come funzionano le lingue elfiche e, in genere, invoglia ad andare oltre, iniziando a consultare le note grammaticali e i dizionari per ampliare un po’ gli orizzonti. Successivamente, chi si sentisse portato a
uno studio più organico potrebbe studiare i corsi reperibili in rete. Il corso Quenya di Ardalambion è sufficientemente completo e strutturato, il corso di Sindarin sul citato gruppo all’interno della Elvish Linguistic Fellowship è un po’ meno ricco a causa della minor disponibilità di note di Tolkien in merito al funzionamento del Grigio-elfico».

Quali consigli ti senti di dare a chi vuole iniziare a studiare le lingue elfiche?
«Altra domanda trabocchetto: sappiamo bene che i consigli son doni pericolosi e tutto il resto. Posso solo dire che rispondo volentieri alle domande e ai dubbi di chi si accinge a parlare elfico, quindi diamo pure i miei recapiti. Aggiungo che può essere utile, anche se non è affatto indispensabile, imparare a scrivere l’elfico in Tengwar: è un esercizio che in qualche modo porta a “pensare in elfico” e quindi può rendere più fluente l’apprendimento dei meccanismi di costruzione delle parole e delle frasi».

Quali sono le domande più frequenti che i tuoi studenti ti rivolgono?
«Premesso che studenti “miei” veri e propri non ne ho ancora avuti, nel senso che un vero e proprio corso continuativo su più lezioni non ho ancora avuto modo di tenerlo, in genere le domande più comuni che mi vengono rivolte riguardano la traduzione di semplici frasi di uso comune: saluti, auguri e simili. C’è anche una certa curiosità nei confronti delle parolacce, ovviamente. Non sono affatto domande banali, però, perché danno modo di spiegare come certi modi di dire e certo frasario siano intimamente legati alla cultura e al modo di pensare di un dato popolo: in tal modo riesco a dare un senso pratico al concetto di “pensare in elfico” cui accennavo pocanzi».

Chiunque volesse studiare le lingue elfiche o unirsi al nuovo progetto dell’Associazione romana studi Tolkieniani può scrivere all’indirizzo mail. Per qualsiasi dubbio sulle lingue elfiche si può contattare direttamente  l’esperto Gianluca Comastri all’indirizzo gianluca.comastri@jrrtolkien.it

ARTICOLI PRECEDENTI:
Scrivere in elfico
Le lingue elfiche al corso di Modena
Tolkien a San Marino: un omaggio allo Hobbit
Lingue elfiche: il primo seminario anche in Italia

LINK:
– Vai al sito dell’associazione tolkieniana Eldalie
– Vai al sito di Ardalambion
– Vai al sito della Hobbiton XX

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Lingue elfiche: il primo seminario anche in Italia

Corso di lingue elficheLa linguistica tolkieniana è una disciplina che merita rispetto. E anche in Italia qualche piccolo passo si sta facendo. Ne è un segnale l’organizzazione vicino Roma, il 27 e 28 aprile, di quello che è il primo seminario sulle lingue tolkieniane, il workshop «Le lingue e i canti degli Elfi». A cura di Gianluca Comastri – studioso e ricercatore, presidente di Eldalie – con il patrocinio della Società Tolkieniana Italiana, il corso è ospitato dall’Accademia Medioevo e si svolgerà presso il Centro studi Eos di Lanuvio (Roma). Per tutti coloro che intendono partecipare, la prenotazione si riterrà effettiva con la compilazione del modulo d’iscrizione e il versamento di una quota di iscrizione (80 euro). Il Centro Eos è facilmente raggiungibile in treno dalla stazione di Roma Termini. Per info e prenotazioni scrivere una mail a info@accademiamedioevo.it, oppure telefonare ai seguenti numeri: 338/4787362 – 3471364049. Le lingue inventate dall’autore del Signore degli Anelli rientrano nell’ambito di quella che è la glossopoiesi, l’arte di creare linguaggi artificiali sviluppandone la fonologia, il vocabolario e la grammatica. Oltre a J.R.R. Tolkien, i più conosciuti glottopoieti sono, probabilmente, L.L. Zamenhof con l’Esperanto e Marc Okrand, creatore del Klingon del mondo di Star Trek .

J.R.R. Tolkien e le sue lingue

Albero delle Lingue elficheTolkien era un filologo che conosceva i meccanismi di funzionamento di molte lingue antiche e moderne. Non stupisce quindi che fosse in grado di idearne di nuove. Non inventò, però, le sue lingue per rendere più realistici i suoi romanzi, al contrario erano le sue creazioni linguistiche a dare continui nuovi spunti per le storie. «Nessuno mi crede quando dico che il mio lungo libro», scrive Tolkien (Lettere, n. 205) «è un tentativo di creare un mondo in cui una forma di linguaggio accettabile dal mio personale senso estetico possa sembrare reale. Ma è vero». Creare lingue era quello che Tolkien considerava il suo “vizio segreto”, come scrive in un saggio (in Il medioevo e il fantastico, Bompiani, Milano 2004). Per rendere tutto più realistico, lo scrittore creò inizialmente delle “radici comuni” da cui fece poi derivare tutti i vari vocaboli di ogni lingua parlata in Arda.
Nella History of the Middle-earth (The Lost Road, p. 342), Christopher Tolkien descrive la strategia di suo padre come creatore di linguaggi in una frase formidabile: «Egli, dopotutto, non “inventò” nuovi termini e nomi arbitrariamente: in principio, li concepì entro la struttura storica, procedendo dalle “basi” o radici primitive, aggiungendo suffissi o prefissi o formando combinazioni, decidendo (o, come avrebbe detto, “trovando”) quando il vocabolo entrò nel linguaggio, seguendolo attraverso le modifiche regolari nelle forme cui sarebbe stato sottoposto, e osservando le possibilità di influenze formali o semantiche da altri vocaboli nel corso della sua storia». Queste ed altre regole per variazioni sonore furono così disegnate in modo che i linguaggi risultanti ebbero il
genere di musicalità che Tolkien cercava: uno prossimo alla fonologia “finnica” (Quenya), mentre l’altro venne a suonare molto simile al gallese (Sindarin).
«Avrei preferito scrivere in elfico Il Signore degli Anelli!», ammette Tolkien (Lettere, n. 165). «Se avessi tenuto in considerazione i miei gusti piuttosto che lo stomaco del mio eventuale pubblico, ci sarebbe stato molto più elfico nel libro», aggiunge in un’altra lettera (n. 163), «vi ho lasciato quel poco elfico che poteva essere digerito dai lettori. (Scopro ora che molti ne avrebbero gradito di più» (n.165). Lo scrittore in un’altra occasione spiega che «tranne che per alcuni frammenti nella Lingua Nera di Mordor [l’iscrizione sull’Anello, una frase pronunciata dagli orchi di Barad-dur (II, p. 545) e la parola “Nazgul”], un po’ di nomi e un grido di battaglia nella lingua dei Nani, questi sono quasi interamente elfici (Sindarin e Quenya)» (n. 144). Infatti, a differenza delle lingue elfiche, di queste lingue (fatta eccezione per l’Adûnaico) si conoscono solo poche parole ritrovate nei manoscritti di Tolkien, quindi non si può sapere quanto Tolkien ne avesse ulteriormente ampliato la grammatica ed il lessico. Così, ammette lo scrittore inglese, «anche i pezzetti che ci sono richiederebbero, per avere un senso, due fonologie e due grammatiche e un numero molto maggiore di vocaboli» (n. 163). Ecco perciò l’utilità e la validità dello studio che si propone la linguistica tolkieniana.

Perché studiare le lingue di Arda

Studiosi: Gianluca ComastriUna delle obiezioni ricorrenti che vengono mosse a chi si occupa di linguistica tolkieniana è proprio la domanda base: perché studiare queste lingue? Cosa c’è di tanto meritevole di impegno, in quelle che, a ben guardare, non appaiono che note di lavoro complementari alla stesura di un lungo racconto, che l’autore ha delineato principalmente per renderlo coerente e verosimile laddove vi si introducono personaggi di razze diverse dall’umana? «Per quanto mi riguarda, lo studio linguistico non era affatto nelle mie corde né nelle mie attitudini», racconta all’ArsT Gianluca Comastri. «Ma imbattersi nel sito Ardalambion mi ha aperto gli occhi su quanto le lingue siano il vero, effettivo fondamento di tutto il legendarium tolkieniano, quanto intimo sia il legame tra lingua, mito e storia del popolo che parla quella lingua – concetto espresso mirabilmente nella prefazione di Claudio Testi a Schegge di Luce, a cui rimando e che ormai sono uso citare pressoché in ogni mio intervento. Così mi parve chiaro che il primo passo per avvicinarsi alla piena comprensione dell’opera del Professore era, inevitabilmente, un passo da muovere verso gli idiomi dei popoli della Terra di Mezzo».
Nel saggio Il vizio non troppo segreto di Tolkien, reperibile su Ardalambion, Helge Fauskanger elenca diverse possibili ragioni per un tale interesse: «Proprio il fatto che nessuna grammatica elfica scritta da Tolkien sia mai stata pubblicata lo rende una affascinante sfida a break the code. O può essere puro romanticismo, una speciale forma di immersione letteraria: con lo studio dei linguaggi Eldarin, si tenta di farsi simili – proprio al loro livello mentale – agli immortali Elfi, saggi e giusti, i Primogeniti di Eru Ilúvatar, tutori dell’umanità ai suoi albori. O, meno romanticamente, si vogliono studiare le costruzioni di un talentuoso linguista e il processo creativo di un genio occupato nel suo amato lavoro. Libro: "Schegge di luce" di Verlyn FliegerE a molti semplicemente piacciono i linguaggi elfici come a uno può piacere la musica, come elaborati e (secondo il gusto di molti) gloriosamente fortunati esperimenti di quella che Tolkien definì “eufonia”, vale a dire la ricerca di parole e vocalizzi che oltre che semplici da pronunziare siano anche gradevoli all’udito». L’essenza intima della Terra di Mezzo, come a dire del mondo come lo concepiva Tolkien, è in qualche modo catturata e contenuta in quei linguaggi. Viene spontaneo dunque il paragone con i Silmaril, i gioielli primordiali di cui si narra la leggenda nel Silmarillion, che si diceva racchiudessero nel loro purissimo corpo cristallino la Vera Luce del Reame Benedetto e che quindi scatenavano istintivamente la brama di possederli in chiunque vi posasse lo sguardo.

Ecco il programma del corso di Lingue Elfiche:
Sabato
– 16.00 – 17.00 Introduzione alle lingue elfiche (cosa sono, come nacquero, come vanno studiate)
– 17.00 – 18.00 Il Quenya: principi generali, elementi di vocabolario e di grammatica
– 18.00 – 19.00 Il Sindarin: principi generali, elementi di vocabolario e di grammatica
Domenica
– 10.00 – 11.00 “Gradite un assaggio di elfico?” Parole e frasi di uso comune
– 11.00 – 12.00 Poesie e testi in lingua elfica: analisi e commento
– 12.00 – 13.00 Canti in lingua elfica: Intonare il “Namarie” e trovare una melodia per “A Elbereth!”
– 15.00 – 16.00 Scrivere alla maniera degli Elfi
– 16.00 – 17.00 E adesso la parola a voi…

– Vai al sito di Eldalie
– Vai al sito Ardalambion
– Vai al sito di Accademia Medioevo
– Vai alla pagina Facebook del corso «Le lingue e i canti degli Elfi»

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