Il terribile segreto di Tom Bombadil

In questo giorno di FerragosTom Bombadilto nel quale in pochi, crediamo, si sentiranno portati per cose serie, proponiamo ai nostri lettori un divertissement tolkieniano d’annata – è stato scritto il 20 febbraio del 2011 – che, o almeno così speriamo, potrà allietare con la sua garbata arguzia chi non riesce a star lontano dal nostro sito neanche al riparo dell’ombrellone (ce ne sono, ce ne sono…).

L’articolo che segue è stato postato sul diario online di KM_515 (potete trovare l’originale qui). Sul diario non compaiono né nome né indirizzo e-mail, quindi, nonostante varie ricerche, non siamo riusciti a contattare l’autore; confidiamo in ogni caso che non gli dispiacerà se abbiamo tradotto il suo pezzo, per il quale lo ringraziamo.

Divertissement? Solo fino a un certo punto

Perché un divertissement? Perché l’autore stesso lo qualifica come una “speculazione” e si cura di specificare che non crede affatto che Tolkien avesse in mente nulla di simile. Questo, insieme alla logica consistente, pur nella sua assurdità, è ciò che fa la differenza tra un nonsense intelligente e ironico e un nonsense e basta, ed è per questo che, essendoci di recente tornato in mente, abbiamo deciso di proporvelo.

Buona Lettura, e non prendetelo / prendeteci / prendetevi troppo sul serio.

Dopo tutto, è Ferragosto…

Il più anziano e senza padre: il terribile segreto di Tom Bombadil

Di KM_515, 20 Febbraio 2011, 14:19

Traduzione di Giampaolo Canzonieri

Il vecchio Tom Bombadil. Probabilmente il personaggio meno amato del Signore degli Anelli. Una figura infantile così detestata dai fan del libro che in pochi obiettano alla sua assenza da ogni adattamento della storia. E tuttavia c’è un altro modo di guardare a Bombadil, basato esclusivamente su quanto compare nel libro, che offre un ritratto molto diverso di questa divertente figura.

Cosa sappiamo di Tom Bombadil? Che è grasso e gioviale e sorride tutto il tempo; che è amichevole e di compagnia, e sempre pronto ad aiutare i viaggiatori in difficoltà.

Tranne per il fatto che nulla di tutto questo può essere vero.

Riflettete: come da lui stesso raccontato (e sulla base della conoscenza sorprendentemente poco dettagliata di Elrond) Bombadil ha vissuto nella Vecchia Foresta da prima che gli Hobbit giungessero nella Contea; da prima che Elrond nascesse; dai giorni più antichi della Prima Era.

Ciò nonostante, nessuno hobbit ha mai sentito parlare di lui.

Bombadil compare a Frodo e ai suoi compagni sotto un aspetto che ricorda molto quello di uno hobbit formato grande. Ama il cibo e le canzoni, le filastrocche senza senso, il bere e la compagnia. Qualsiasi hobbit che avesse visto una persona così racconterebbe storie su di lui. Qualsiasi hobbit che fosse stato salvato da Tom canterebbe canzoni su di lui e lo racconterebbe a tutti quanti. Eppure Merry – che conosce tutta la storia di Landaino e si è avventurato nella Vecchia Foresta molte volte – non ha mai sentito parlare di Tom Bombadil. Frodo e Sam – avidi lettori delle storie del vecchio Bilbo – non hanno idea dell’esistenza di un simile essere fino a quando non compare loro davanti. Tutti gli hobbit della Contea pensano alla Vecchia Foresta come a un luogo di orrori, non certo la dimora di un uomo grasso e gioviale e sorprendentemente generoso con il suo cibo.

Se Bombadil ha davvero vissuto nella Vecchia Foresta tutto quel tempo – in una casa a meno di venti miglia da Landaino – allora è del tutto ragionevole che non sia mai apparso prima a nessun viaggiatore hobbit, e di certo non ne ha mai salvato uno dalla morte nei 1400 anni dalla colonizzazione della Contea.

Cosa sappiamo di Tom Bombadil? Che non è quel che sembra.

Elrond, il più grande sapiente della Terza Era, non ha mai sentito parlare di Tom Bombadil. È solo vagamente a conoscenza del fatto che un tempo c’era qualcuno chiamato Iarwain Ben-Adar (“il più anziano e senza padre”) che potrebbe essere la stessa persona. Eppure, la via maestra tra Valforra e i Grigi Approdi passa a meno di venti miglia dalla casa di Bombadil, che si trova al limitare della più antica foresta della Terra di Mezzo. C’è mai stato un Elfo che abbia viaggiato per la Vecchia Foresta o abbia incontrato Bombadil in tutte queste migliaia di anni? Apparentemente no.

Gandalf sembra saperne di più, ma tiene le sue conoscenze per sé. Al Consiglio di Elrond, quando i presenti suggeriscono di mandare l’Anello a Bombadil, Gandalf se ne esce con un elenco sorprendentemente variegato di ragioni per cui questo non dovrebbe essere fatto. Fra tutte quelle che fornisce, non è chiaro se vi sia la ragione vera.

Ora, nella sua conversazione con Frodo, Bombadil lascia intendere implicitamente (ma evita di affermare direttamente) di aver sentito della loro venuta dal Fattore Maggot e dagli elfi di Gildor (entrambi i quali Frodo ha da poco descritto). Ma anche questo non ha alcun senso. Maggot vive a ovest del Brandivino, è rimasto là quando Frodo è partito, e non ha mai nemmeno saputo che Frodo avrebbe lasciato la Contea. E se Elrond non sa nulla di Bombadil, come può quest’ultimo essere amico di Gildor?

Cosa sappiamo di Tom Bombadil? Che non dice la verità.

Una domanda: qual è il luogo più pericoloso della Terra di Mezzo? Il primo posto va alle Miniere di Moria, dimora del Balrog; ma qual è il secondo posto più pericoloso? La terra di Tom Bombadil.
Al suo confronto, Mordor è un posto sicuro e ben tenuto, dove due hobbit male armati possono vagare per giorni senza incontrare nulla di più pericoloso di se stessi. Al contrario, la Vecchia Foresta e i Poggitumuli, tutti facenti parte della terra di Tom, sono colmi di pericoli che metterebbero in difficoltà chiunque nella Compagnia tranne forse Gandalf.

Ora, è canonico in Tolkien che gli esseri magici dotati di grande potere proiettino la propria natura sulle loro dimore. Lórien sotto Galadriel era un luogo di pace e di luce; Moria dopo il risveglio del Balrog era un luogo di terrore che attirava creature maligne minori, e similmente, quando Sauron viveva a Boscuro, quel luogo era stato contaminato dal male ed era divenuto una dimora di mostri.

E poi, c’è la terra di Tom Bombadil.

Gli hobbit riescono a sentire l’odio in tutti gli alberi della Vecchia Foresta. Ogni albero in quel luogo è un malevolo Huorn che ha in odio l’umanità. Ogni singolo albero. E i tumuli degli antichi re che giacciono lì vicino sono profanati e abitati dagli Esseri dei Tumuli. Bombadil ha il potere di controllare o bandire tutte queste creature, ma non lo fa. Al contrario, offre loro rifugio contro gli uomini e gli altri poteri. Cose malvagie – e solo cose malvagie – prosperano nel suo dominio. “Tom Bombadil è il Signore”, dice Baccadoro; e i suoi sudditi sono Huorn ed Esseri dei Tumuli.

Cosa sappiamo di Tom Bombadil? Che non è la figura benevola che finge di essere.

Tom compare al Portatore dell’Anello sotto un aspetto amichevole e felice, per interrogarlo e metterlo alla prova e consegnare a lui e ai suoi compagni delle spade capaci di uccidere i servi di un altro potere malvagio. Ma le sue ragioni le tiene per sé.

Riflettete: viene detto più di una volta che i salici sono gli alberi più potenti e malvagi della Foresta. Ciò nonostante, la filastrocca che Bombadil insegna agli hobbit perché possano usarla per evocarlo include il verso «tra il salice e il giunchillo». I salici sono parte del potere di Bombadil e un mezzo per invocarlo; essi traggono la loro forza dal Circonvolvolo, il fiume maledetto che è il centro di tutto il male presente nella Foresta.

E le sorgenti del Circonvolvolo sono giusto accanto alla casa di Tom Bombadil.

E poi c’è Baccadoro, «la figlia del fiume». È presentata come la sposa di Bombadil, un essere improbabilmente bello e regale che incanta e ammalia gli hobbit. Viene lasciato intendere implicitamente che sia uno spirito d’acqua, e siede pettinando i lunghi, biondi capelli alla maniera di una sirena (e vale la pena di ricordare che le sirene erano in origine viste come dei mostri, belle sopra la superficie dell’acqua e viscide e orrende al di sotto, dedite ad attirare i marinai affinché annegassero per poi divorarli). Io suggerisco invece che il nome significhi che nel suo stato naturale Baccadoro è nutrita dal Fiume – vale a dire il proverbialmente malvagio Circonvolvolo.

Nel folklore e nelle leggende (come Tolkien ben sapeva) vi sono molte storie di creature in grado di assumere forma umana, ma la cui forma finale contiene sempre un indizio della loro vera natura. Cosa potrebbe essere dunque Baccadoro? È alta e snella – specificamente, una «bacchetta esil di salice» – e indossa un abito verde. Siede tra ciotole d’acqua di fiume ed è circondata dalla cortina dei suoi capelli dorati. Io suggerisco che sia un albero di salice mutato in forma umana, uno Huorn malevolo come il Vecchio Uomo Salice dal quale gli hobbit sono appena fuggiti; se non addirittura quello stesso albero.

E allora, se tutto questo è vero, perché Bombadil salva e soccorre il Portatore dell’Anello e i suoi compagni? Perché essi possono causare la caduta di Sauron, l’attuale Oscuro Signore della Terra di Mezzo. Alla caduta di Sauron gli altri anelli verranno meno, i maghi e gli elfi lasceranno la Terra di Mezzo, e l’unico grande potere rimasto sarà Tom Bombadil.

C’è un confine attorno alla terra di Bombadil che egli non può o non vuole oltrepassare; qualcosa che lo confina in uno spazio ristretto. In cambio, nessun mago o elfo entra nel suo territorio per vedere chi lo governa o per disturbare le creature malvagie che si radunano sotto la sua protezione.

Quando gli hobbit ritornano alla Contea dopo il loro viaggio a Mordor, Gandalf li lascia nei pressi di Bree e si dirige vero la terra di Bombadil per conferire con lui. Non sappiamo cosa si dicono. Tuttavia, Gandalf è stato inviato nella Terra di Mezzo per opporsi a Sauron e ora deve ripartire. Non gli è stata affidata alcuna missione riguardo all’affrontare Tom Bombadil, e presto dovrà lasciare la Terra di Mezzo a Uomini e Hobbit privi di potere, mentre Bombadil rimane, aspettando di raggiungere i propri scopi.

Penso che Tolkien abbia pianificato le cose in questo modo? Niente affatto. Tuttavia, la trovo una speculazione interessante.

Per speculare ulteriormente e in modo più sfrenato:

L’incantesimo che vincola Tom Bombadil alla sua terra angusta e maledetta è stato scagliato secoli prima dai Valar per proteggere Uomini ed Elfi. Può durare ancora alcuni decenni, forse alcune generazioni di hobbit, ma quando l’ultimo Elfo avrà lasciato gli Approdi e gli ultimi incantesimi degli anelli e dei maghi avranno perso efficacia, il vincolo cadrà. Allora Iarwain Ben-Adar, il Più anziano e Senza Padre, che era il signore dell’oscurità nella Terra di Mezzo prima di Sauron, prima che Morgoth vi mettesse piede, prima del primo sorgere del sole, riavrà la sua eredità. E allora, in una notte oscura, i vecchi alberi marceranno verso ovest nella Contea per nutrire il loro antico odio. E mentre gli alberi mormoreranno le loro maledizioni e gli Esseri dei Tumuli, neri e terribili, danzeranno farfugliando attorno a lui, Bombadil, vestito infine della sua vera forma, danzerà fra loro cantando i suoi versi incomprensibili.

E lo farà sorridendo.

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Tolkien in Bielorussia: storia di lotta e libertà

Andrej Januškievič e la libreria Knihauka

Andrej JanuškievičLa Bielorussia rappresenta una piccola ma notevole eccezione per il mondo tolkieniano: qui, infatti, la norma sul copyright delle opere letterarie prevede che ogni diritto decada dopo soli 50 anni dalla morte dell’autore contro i 70 previsti altrove, pertanto dal 2023 le opere di J.R.R. Tolkien sono legalmente di pubblico dominio e possono essere tradotte e distribuite. Questa situazione non susciterebbe grandi interessi se non dal punto di vista delle politiche editoriali, eppure fa da sfondo a una vicenda di respiro ben più ampio che ha a che fare con la lotta, la libertà e l’identità linguistica e culturale di un popolo.

Ma andiamo con ordine. Siamo nel 2014: nella capitale Minsk, Andrej Januškievič fonda una piccola casa editrice indipendente specializzata in saggistica storica, letteratura bielorussa e letteratura straniera in traduzione. Sono gli anni d’oro della “bielorussizzazione soft”, durante i quali la causa della lingua e della cultura nazionale trova crescente sostegno da parte degli intellettuali in contrapposizione alla sempre più massiccia russificazione imposta dal presidente Aleksandr Lukašėnka (saldamente – e tutt’altro che limpidamente – al potere dal 1994). Nel giro di poco tempo, Januškievič mette in fila una serie di colpi editoriali a dir poco clamorosi, pubblicando le saghe di Harry Potter e The Witcher nonché classici internazionali come 1984, ben presto diventato un bestseller. Le cose, però, cambiano nel 2020, quando la sesta rielezione consecutiva di Lukašėnka scatena proteste di massa contro i brogli elettorali e la corruzione del governo, cui il presidente risponde sommariamente con l’intimidazione e la violenza. In questo clima di palpabile tensione, Januškievič entra nel mirino del governo con l’accusa – probabilmente pretestuosa – di aver pubblicato “materiale estremista”. Tra perquisizioni in casa e congelamenti temporanei dei fondi, l’uomo non si dà per vinto e il 16 maggio 2022 apre una nuova libreria a Minsk, Knihauka. Il nome contiene un gioco di parole poiché in bielorusso ‘knihauka’ designa la pavoncella – simbolo della primavera ma anche e soprattutto della rinascita nazionalista in Bielorussia dopo la caduta dell’Unione Sovietica – mentre ‘kniha’ significa “libro”. Passano solo poche ore dall’inaugurazione, però, e due giornalisti filogovernativi si presentano da Januškievič contestandone le idee politiche e i gusti in fatto di libri; la situazione degenera in pochi minuti e interviene la polizia. Il finale è francamente orwelliano: Knihauka viene chiusa il giorno stesso della sua apertura e Januškievič arrestato insieme a un impiegato. Dopo un mese di detenzione e la revoca della sua licenza da editore e libraio in patria, l’uomo si trasferisce in Polonia – destinazione prediletta da decine di migliaia di suoi compatrioti fuggiti dal governo di Lukašėnka – e riprende a pubblicare libri in bielorusso sotto una nuova casa editrice, la Andrej Januškievič Publishing. Tra il 2023 e il 2024, la casa editrice pubblica a Varsavia Il Signore degli Anelli; di questi giorni, inoltre, è la notizia della pubblicazione di Sir Gawain e il Cavaliere Verde, mentre Lo Hobbit è attualmente in fase di lavorazione.

 

La situazione del bielorusso

Belarusso e RussoL’Atlante Mondiale delle Lingue dell’UNESCO ha classificato il bielorusso (беларуская мова, bělaruskaja mova o semplicemente mova) come una lingua «potenzialmente vulnerabile» all’interno del suo stesso Paese: non sarebbe, quindi, in pericolo imminente ma la sua sopravvivenza è tutt’altro che assicurata. Sebbene il russo e la mova – entrambi appartenenti, insieme all’ucraino, al sottogruppo orientale delle lingue slave – godano teoricamente di pari status come lingue ufficiali dello Stato, Lukašėnka ha sempre sostenuto il primo – da lui definito una lingua di “livello mondiale”, paragonabile solo all’inglese – e screditato l’altra come una lingua “povera”. Si tratta, a ben vedere, di un tema costante sin dalla sua ascesa al potere nel 1994, segnata da politiche culturali tese ad allineare l’identità bielorussa a quella russa. Secondo Ethnologue, attualmente la mova è parlata complessivamente da circa 8 milioni di persone, la maggior parte delle quali vive in Bielorussia. Qui, nel 2001, si contavano 6,72 milioni di parlanti attivi ma il dato si è ridotto considerevolmente fino a dimezzarsi negli ultimi anni. Nel Paese non ci sono università in lingua bielorussa e l’insegnamento nelle scuole è fortemente osteggiato dal governo: tant’è che, se a metà degli anni Novanta quasi tre quarti degli scolari iniziavano la prima elementare con la mova come lingua di insegnamento, un decennio dopo erano appena un quarto. A fronte di questa situazione, il bielorusso è diventato un potente strumento di opposizione culturale al governo filorusso di Lukašėnka e, sebbene i suoi parlanti abbiano subito non poche repressioni, ha persino conosciuto una recente rinascita letteraria.

Gli oppositori politici di Lukašėnka prendono la questione molto seriamente e non nascondono che la rinascita della lingua e della cultura bielorussa costituisca un passo fondamentale per raggiungere i loro obiettivi a lungo termine. «Se vogliamo liberare il nostro Paese, dobbiamo promuovere la nostra identità nazionale, con una migliore comprensione del luogo storico della Bielorussia», ha affermato Alina Koushyk, funzionaria responsabile della cultura nel governo bielorusso in esilio. «Senza una lingua nazionale, la rinascita dei bielorussi sarà difficile». Il governo in esilio ha anche affermato che la decisione se mantenere due lingue ufficiali o ripristinare la mova come unica lingua ufficiale dovrà essere presa dal popolo bielorusso, tramite referendum. Il giurista Ihar Sluchak è invece tra i sostenitori della campagna per l’abbandono del sistema bilingue, temendo che il bielorusso resti sempre oscurato dal russo. E cita il destino del gaelico d’Irlanda come monito. «Quando il bielorusso sarà la lingua più parlata, non ci saranno dubbi sull’indipendenza del Paese», ha affermato Sluchak. «La storia ci insegna che il bielorusso deve essere l’unica lingua di Stato se vogliamo che la Bielorussia sia veramente forte».

 

Tolkien in Bielorussia

Andrej Januškievič, dal canto suo, afferma perentoriamente: «Vedo che il bielorusso di oggi non è più alla ricerca di un’identità, ma di pilastri su cui fondarla. E credetemi, i libri svolgono un ruolo importante come pilastro». E aggiunge: «Quando leggi in bielorusso, sai per certo di essere bielorusso e ti immergi in quest’acqua della cultura bielorussa. Leggendo in un’altra lingua, ti immergi nel contesto di un’altra cultura, in un modo o nell’altro». Dunque, anche la pubblicazione di opere straniere tradotte in mova risponde a un’esigenza profondamente identitaria. Né è un caso, forse, che a diventare strumento di una lotta per l’identità linguistica e culturale siano proprio le opere di Tolkien – il quale, com’è noto, considerava il suo capolavoro «principalmente un saggio di “estetica linguistica”» (Lettere, n. 165). Attualmente, Knihauka distribuisce Il Signore degli Anelli (Валадар Пярсцёнкаў, Valadar Pjarscionkaw) nella traduzione di Igar Kulikow: tre splendidi volumi con rilegatura rigida, carta di buona qualità, nastri segnalibro colorati e caratteri cirillici di facile lettura che faranno la felicità anche dei collezionisti che non leggono la mova. Ma oltre al capolavoro del 1954, anche Lo Hobbit è presente in Bielorussia con ben tre traduzioni in mova: la prima (Хобіт, або Вандроўка туды і назад, Hobit, abo Vandroŭka tudy i nazad) risale al 2002 e pare sia ormai introvabile; una seconda, pubblicata dall’editore indipendente Knizhny rys (che ha già dato alle stampe Le Cronache di Narnia), è stata tradotta da Franz Korzun e illustrata da Iryna Drazhyna ed è attualmente ordinabile online; la terza, ancora per i tipi di Knihauka, è in lavorazione con la traduzione di Igar Kulikow.

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ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Lo Hobbit tradotto e pubblicato in romancio
– Leggi l’articolo Verrà ritradotto Il Silmarillion in Francia
– Leggi l’articolo Tolkien fuori dai diritti: in Cina c’è il boom di traduzioni
– Leggi l’articolo Gennaio 2019, ritradotto Il ritorno di Beorhtnoth
– Leggi l’articolo Tradotto in inglese Tolkien e la Filosofia
– Leggi l’articolo Pubblicato il Beowulf tradotto da Tolkien
– Leggi l’articolo Simonson, tradurre Tolkien in spagnolo

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Tutto il Fantasy che abbiamo letto nel 2024

conferenzaGiunge la fine dell’anno, è tempo di tirare le somme. E si scopre che il genere fantasy è in controtendenza rispetto al mercato del libro, che nei primi dieci mesi dell’anno ha registrato un leggero calo di vendite. Il fantasy invece è cresciuto del 26% circa, superando il milione di libri venduti (1.060.000). L’Associazione Italiana Editori ha dedicato una ricerca al mercato del fantasy, continuando la tradizione di fare un approfondimento diverso ogni anno all’interno del variegato mondo editoriale italiano.

Il rapporto sul mercato italiano

Spesa fantasy 2024Nel mese di dicembre, l’AIE (Associazione Italiana Editori) ha presentato l’indagine sull’andamento del mercato del libro tra gennaio e ottobre 2024. Quest’anno, l’approfondimento è dedicato al genere fantastico, nel senso più vasto dell’accezione – includendo fantasy epico-eroico, dark fantasy, fantasy storico, fantasy romantico, urban fantasy, fantascienza, perfino realismo magico!
I dati dell’AIE sul fantasy sono stati esposti a chiusura degli incontri professionali in programma nell’ultima fiera “Più Libri Più Liberi” a Roma. Gli addetti ai lavori si sono confrontati non solo sul mercato del fantasy ma anche sulle linee editoriali italiane del momento, sulle proposte che arrivano dall’estero, e sul rapporto tra editori e librai.
L’AIE dichiara che «Il fantasy è uno dei generi che ha mostrato nel 2024 un andamento positivo». Sono aumentati i titoli ma, soprattutto, sono aumentati gli acquisti dei lettori. È importante sottolineare che i dati sono probabilmente sottostimati perché «non sono comprese le vendite effettuate al di fuori dei canali rappresentati dal panel NielsenlQ-GfK, ossia quelle in librerie specializzate, in occasione di fiere, vendite dirette, vendite temporanee, in stazioni di servizio, grandi magazzini, giocherie, cartolerie, edicole…». Questi luoghi rappresentano importanti occasioni di movimento di libri di genere fantastico, pensiamo solo a quante manifestazioni e fiere specializzate si tengono annualmente in Italia, da Montelago a FantastikA a Lucca Comics and Games, solo per citare alcune di quelle che vedono anche la partecipazione di AIST.
Dall’estero sono arrivate molte proposte di fantasy romantico e di distopie. La valutazione dei titoli distopici è particolarmente difficile da parte degli editori perché il rischio è che tali storie invecchino nel giro di pochi mesi; gli eventi degli ultimi anni (la pandemia e le guerre) hanno sorpreso il mondo e si sono succeduti con tanta rapidità da superare l’immaginazione degli scrittori che non siano in grado di dare profondità e prospettiva alle loro storie. È anche vero che l’aria dei tempi ha spinto verso il fantasy lettori che prima non si sarebbero avvicinati al genere, e ha portato i lettori di fantasy tradizionale verso romanzi dal tono distopico post apocalittico, come La strada di Cormac McCarthy (6° in classifica) che forse qualche anno fa non sarebbe rientrato nel genere.

I primi dieci libri fantasy del 2024

NClassifica libri fantasyella classifica dei primi 10 titoli fantasy venduti nel 2024, all’ottavo posto troviamo Lo Hobbit, ancora nella vecchia traduzione dato che quella firmata da Wu Ming 4 è uscita per Bompiani proprio alla fine di ottobre. Lo Hobbit è preceduto (settimo posto) e seguito (nono posto) dai primi due titoli della saga di Dune, un revival dovuto ai recenti film. Nel suo insieme, la classifica mostra titoli recenti insieme ai “classici” che abbiamo già citato. Questo indica sia l’importanza di mantenere il catalogo da parte degli editori (ma non entriamo qui in questioni tecniche) sia che il genere fantasy può essere considerato un crossover generazionale, forse proprio perché ormai è così articolato.
Nel corso dell’incontro è emerso che la classificazione dei titoli per generi letterari non sarebbe di fatto stringente all’interno delle redazioni editoriali: autori divenuti classici (come Tolkien) hanno “sdoganato” il fantastico, e le proposte (in italiano o in traduzione) sono così tante che si potrebbe scegliere in base alla qualità – un buon libro è un buon libro! La cura redazionale che si deve prestare a un testo “di genere”, ad esempio per quanto riguarda la traduzione, non è minore (e questo dovrebbe essere un criterio utile anche da parte dei lettori). Tuttavia le librerie, fisiche o digitali che siano, richiedono che il libro venga etichettato per essere collocato in uno “spazio” specifico; inoltre la maggior parte dei distributori, in fase di presentazione, richiedono che venga indicato il “libro gemello”, un’abitudine che si è consolidata in rete (se ti è piaciuto quello, potrebbe piacerti questo). Infatti, la classifica dell’AIE indica che i lettori sono affezionati alla serialità: ben quattro titoli appartengono a due distinte serie.
La risposta alla domanda sul perché si legga più fantasy in questi ultimi mesi, forse non è ancora matura. Certo il fantasy non è semplicemente un rifugio in un momento storico di seria crisi. Il passato e alcuni illustri scrittori ci hanno già mostrato che anzi il fantastico può essere una lente per leggere il presente. La scrittura del fantastico, al meglio, è una sperimentazione, una interpretazione e una riorganizzazione del mondo.

Cecilia Barella

LINK ESTERNI:
– Vai al sito dell’AIE
– Vai al sito della ricerca AIE

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Francia, lite nella casa editrice di Tolkien

Enciclopedia Tolkien È scoppiata la polemica in Francia con tanto di carte bollate e petizioni online tra la casa editrice che pubblica J.R.R. Tolkien, le edizioni Christian Bourgois, e Vincent Ferré, uno dei massimi studiosi dello scrittore inglese, nonché traduttore, curatore e responsabile di numerose pubblicazioni dell’autore del Signore degli Anelli. Ferré è stato licenziato dalla casa editrice diversi mesi fa, apparentemente per una questione di contratti. Su questo caso è prevista un’udienza legale nei prossimi giorni. È stata lanciata online anche una petizione per sostenerlo in questo conflitto, ma anche per denunciare il deterioramento delle pubblicazioni su Tolkien da quando lui non c’è più, con errori nelle opere uscite nelle librerie. Ma la pubblicazione di uno speciale edito dalle edizioni Geo, Voyage dans les mondes de Tolkien, ha fatto precipitare la situazione.

Un caso nazionale

Christian BourgoisDal 1972, le edizioni Christian Bourgois sono associate, in Francia, alle opere di J.R.R. Tolkien. Stock aveva pubblicato, nel 1969, Lo Hobbit in una traduzione di Francis Ledoux (per una storia editoriale di Tolkien in Francia, leggi qui). Gli appassionati francesi dell’autore britannico conoscono bene il nome di Vincent Ferré: in circa vent’anni è diventato uno degli eminenti specialisti, curando numerose pubblicazioni della casa editrice: 34 opere tra il 2002 e il 2022. È questo il conteggio che fa lo stesso Vincent Ferré, mentre la sua rottura con la casa editrice Christian Bourgois sembra completa. I libri riguardano l’opera di Tolkien, da lui supervisionati, tradotti o addirittura scritti: Vincent Ferrèalcuni includono testi dell’autore britannico (come Il libro dei Racconti Perduti o le nuove traduzioni dello Hobbit e Il Signore degli Anelli), altri sono saggi di studio (in particolare Tolkien sulle sponde della Terra di Mezzo e Tolkien, trent’anni dopo, da lui firmati). Professore di letteratura comparata, specialista di romanzi europei del XX secolo e medievalista, Vincent Ferré è inseparabile dall’opera di Tolkien. Tanto che, quando la Bibliothèque nationale de France gli ha dedicato una mostra, nel 2019-2020, ha chiamato Ferré a curarla, con Frédéric Manfrin, curatore capo del dipartimento di Filosofia, Storia e Scienze umane, Élodie Bertrand ed Émilie Fissier, della BnF. Ferrè sarà infine il consulente del Christopher Tolkien Estate e a breve uscirà una nuova pubblicazione curata da lui proprio su Christopher… A 23 anni dall’inizio di questa collaborazione con le edizioni Christian Bourgois, Vincent Ferré conferma, attraverso un comunicato pubblicato sul suo sito, Pour Tolkien, che i rapporti con la casa sono tutt’altro che buoni. In reazione alla pubblicazione dello speciale edito dalle edizioni Geo, Voyage dans les mondes de Tolkien , firmato Régis Habert, Vincent Ferré ha fatto il punto su «numerose confusioni ed errori» riscontrati nei commenti di Martin Vagneur, attuale direttore editoriale di Christian Bourgois, e responsabile della collezione Tolkien. Martin VagneurVagneur è stato nominato nel gennaio 2023 in questa posizione all’interno delle edizioni Bourgois, precedentemente ricoperta da Vincent Ferré. Al di là delle inesattezze segnalate dall’accademico, quest’ultimo si considera vittima dell’«invisibilità», dell’«appropriazione dei suoi contributi» della collezione Tolkien e di una «riscrittura dell’avventura editoriale» attorno a opere dedicate alla Terra di Mezzo. Nelle dieci pagine dell’intervista nello speciale di Geo, infatti, Vagneur ha sistematicamente evitato di menzionare il lavoro ventennale di Vincent Ferré. Nella vicenda ha contato anche l’acquisizione della casa editrice da parte del gruppo Madrigall, conclusa nel settembre 2024. Vincent FerrèFerré ha infatti denunciato che gli editori «Bourgois, allora azionisti della società Bourgois édition (2019-2022), [hanno deciso], pochi mesi prima della vendita dell’azienda, di interrompere improvvisamente l’esecuzione dei contratti che li vincolavano e di estrometterlo puramente e semplicemente – rifiutandogli di pagarlo per diversi anni di lavoro», come scrive sul suo sito il 23 ottobre 2024. Come lui stesso sottolinea, si è così rivolto al tribunale «per far valere i suoi diritti». L’udienza è fissata per il 19 novembre: nel frattempo il principale interessato – Martin Vagneur – non ha voluto commentare né fornire altri elementi.

La petizione online

Nel frattempo, in un paio di settimane più di 8 milioni persone hanno firmato la petizione online a sostegno di Vincent Ferré contro le edizioni Bourgois, che denuncia anche l’allarmante degrado della collezione Tolkien dopo l’estromissione di Vincent Ferré da parte della nuova gestione. Infatti, dopo gli ultimi progetti curati da Ferré (l’inaspettata pubblicazione del Silmarillion in una nuova traduzione nell’ottobre 2021 e quella della traduzione riveduta di Racconti e leggende incompiute nel 2022), quasi tutte le pubblicazioni della collezione Tolkien che sono seguite (Il libro dei Racconti Perduti, parti I & II [2023], J.R.R. Tolkien, una biografia [2023], Il Signore degli Anelli [2023], Beren e Lúthien [copertina rigida, 2024], Lo Hobbit Illustrato [2024], I Figli di Húrin [copertina rigida, 2024], La Caduta di Gondolin [copertina rigida, 2024]) sono viziati da difetti che non sono limitati a semplici errori di battitura, ma che fanno parte di una lacuna nel nuovo controllo editoriale, anche se a volte si tratta solo di semplici riedizioni. Gli esempi sono molti ed eclatanti. Che dire dell’assenza di una mappa nell’edizione rilegata della Caduta di Gondolin (2024) mentre compare nell’edizione originale o in quella curata da Ferré in passato (supervisionata da lui nel 2019)? O come capire che tutti (!) i riferimenti all’impaginazione dell’edizione tascabile dei due volumi dei Racconti Perduti (2023) sono sbagliati, al punto da rendere impossibile la consultazione dei testi di Tolkien a cui si riferiscono i commenti editoriali di suo figlio Christopher… Cop-FerrèTuttavia, questi riferimenti di impaginazione errati non sono altro che quelli dell’edizione in un volume diretta da Vincent Ferré nel 2002, che andavano riadattati alla nuova impaginazione!!! Questa mancanza di meticolosità nel controllo editoriale si riscontra anche nella ristampa (necessaria e attesa) della Biografia di Tolkien di Humphrey Carpenter nel 2023. Il commento di un acquirente su Amazon è rappresentativo della delusione di lettori e ricercatori: «Per un volume che esiste dal 1980, è triste constatare che l’aggiornamento dei riferimenti alla traduzione dello Hobbit e del Signore degli Anelli di Daniel Lauzon è stato fatto con i piedi. Per alcuni i nomi vengono cambiati, per altri no, in un gioioso e incomprensibile miscuglio. Cosa fa l’editore? Quattro pubblicazioni di Tolkien (questa, due volumi di Racconti Perduti e l’intero Il Signore degli Anelli illustrato) questo autunno e quattro volumi pieni di problemi ed errori clamorosi!!! È desolante…».

 

ARTICOLI PRECEDENTI:
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– Leggi l’articolo Ottobre 2019: la mostra francese su Tolkien
– Leggi l’articolo Dal 22 ottobre la grande mostra su Tolkien alla BNF
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– Leggi l’articolo Ad Aubusson due nuovi arazzi tolkieniani
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Martin ad Amazon: non si può ignorare il canone

Serie tv payne showrunnerUn duro monito è giunto da George RR Martin – il famoso scrittore statunitense della saga delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, e notoriamente lettore attento e appassionato di J.R.R. Tolkien – agli showrunner della serie tv di Amazon Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere. L’avvertimento è in linea con il pensiero dello scrittore, ma anche con quello dello scrittore inglese Neil Gaiman e perfino con quello che scriveva Tolkien! Vediamo come.

Non si può ignorare il canone

Scrittori: George R.R. MartinIn un nuovo post sul blog, Martin ha parlato dei draghi di Game of Thrones e li ha confrontati e contrapposti ad altri draghi, come Smaug di Tolkien e Verimthrax Pejorative in Dragonslayer (in italiano chiamato Verimthrax Pejor) e Sdentato in Dragon Trainer, tra gli altri. «I draghi di Tolkien sono sempre stati malvagi, servitori di Morgoth e Sauron. Erano simili ai suoi orchi e troll. Tolkien non ha creato draghi amichevoli. I suoi draghi sono intelligenti, però. Smaug parla con arguzia. Ha anche un’enorme tesoro d’oro e gioielli, un tratto molto tradizionale dei draghi… e dorme sul suo tesoro, per mesi e anni alla volta. Prima di Smaug di Peter Jackson, il miglior drago mai visto su pellicola era Vermithrax Pejorative in Dragonslayer . Due zampe e due ali, pericoloso, sputafuoco, vola, non parla, non accumula oro. Un’ispirazione per tutti gli amanti dei draghi». «Nelle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco ho deciso di fondere la meraviglia del fantasy epico con la grinta della migliore narrativa storica. C’è magia nel mio mondo, sì… ma molto meno di quanta se ne trovi nella maggior parte dei fantasy. (Anche la Terra di Mezzo di Tolkien era relativamente poco magica, e ho preso spunto dal maestro). Volevo che Westeros sembrasse reale, che evocasse le Crociate, la Guerra dei Cent’anni e la Guerra delle Due Rose tanto quanto fece Tolkien con i suoi hobbit e gli anelli magici».
Emblema TargaryenDopo aver spiegato molto in dettaglio come gli adattamenti della serie tv tratta dai suoi libri abbiano sbagliato l’araldica dei Targaryen includendo draghi con quattro arti anziché due, Martin ha affermato: «E solo due zampe; le ali sono le zampe anteriori. I draghi a quattro zampe esistono solo nell’araldica. Nessun animale che sia mai vissuto sulla Terra ha sei arti. Gli uccelli hanno due zampe e due ali, i pipistrelli lo stesso, idem gli pteranodonti e altri dinosauri volanti, ecc.». Poi, la chiosa finale, lapidaria: «Il fantasy ha bisogno di essere ben radicato. Non è semplicemente una licenza per fare tutto ciò che si vuole. Smaug e Sdentato possono essere entrambi draghi, ma non dovrebbero mai essere confusi. Ignora il canone e il mondo che hai creato si sgretola come carta velina».

Non è la prima volta di Martin

George R.R. MartinQuesti commenti arrivano circa un mese dopo che Martin aveva criticato duramente gli sceneggiatori e i produttori di Hollywood per aver creduto di poter “migliorare” il materiale originale di autori di spicco come Ian Fleming, Stan Lee, e appunto J.R.R. Tolkien quando avevano tentato di adattare le loro storie al cinema o alla televisione. Lo scrittore Usa aveva scritto sul suo blog: «Ovunque guardi, ci sono più sceneggiatori e produttori desiderosi di prendere grandi storie e “farle proprie”. Non sembra importare se il materiale di partenza è stato scritto da Stan Lee, Charles Dickens, Ian Fleming, Roald Dahl, Ursula K. Le Guin, JRR Tolkien, Mark Twain, Raymond Chandler, Jane Austen o… beh, chiunque. Non importa quanto sia importante uno scrittore, non importa quanto sia bello il libro, sembra sempre esserci qualcuno a portata di mano che pensa di poter fare di meglio, desideroso di prendere la storia e “migliorarla”». Ha continuato scrivendo che la risposta tipica degli sceneggiatori di questo tipo è la solita: «“Il libro è il libro, il film è il film”, ti diranno, come se stessero dicendo qualcosa di profondo. Poi fanno propria la storia. Non la migliorano mai, però. Novecento novantanove volte su mille, la peggiorano». Tuttavia, aveva notato che a volte ci riescono davvero, come ha elogiato il recente adattamento di Shogun di FX: «Ogni tanto, però, ci capita di avere un adattamento davvero buono di un libro davvero buono, e quando succede, merita un applauso. Mi sono imbattuto in uno di quei casi di recente, quando ho fatto una scorpacciata della nuova versione di Shogun di FX». In seguito ha elogiato sempre questa serie: «Penso che l’autore sarebbe stato contento. Sia i vecchi che i nuovi sceneggiatori hanno reso onore al materiale originale e ci hanno dato degli adattamenti formidabili, resistendo all’impulso di “farlo loro”».
George R.R. MartinMartin ha fatto commenti simili nel 2022 insieme al romanziere Neil Gaiman. I due avevano parlato dell’argomento durante un’apparizione al Symphony Space di New York City. Come riportato da Variety, Martin ha chiesto retoricamente: «Quanto fedele devi essere? Alcune persone non ritengono di dover essere fedeli per niente. C’è questa frase che gira: “Lo farò mio”. Odio quella frase. E penso che probabilmente anche Neil la odi». E Gaiman rispose: «Sì, lo faccio. Ho passato 30 anni a guardare le persone fare proprio Sandman. E alcune di queste persone non avevano nemmeno letto Sandman per farlo proprio, avevano solo sfogliato qualche fumetto o qualcosa del genere». Martin ha poi spiegato un po’ meglio: «Ci sono cambiamenti che devi apportare, o che sei chiamato a apportare, che ritengo legittimi. E ce ne sono altri che non lo sono». Ethan Shanfeld di Variety racconta poi che Martin ha ricordato che Roger Zelazny ha adattato un proprio racconto L’ultimo difensore di Camelot (The Last Defender of Camelot) – in un episodio della serie tv Ai confini della Realtà (The Twilight Zone), «a causa di vincoli di budget, è stato costretto a scegliere tra avere cavalli o un elaborato set in stile Stonehenge per una scena di battaglia». Martin non voleva prendere la decisione, quindi ha lasciato la decisione a Zelazny che ha scelto di tagliare i cavalli. Martin ha spiegato: «Quello, secondo me, è il genere di cose che sei chiamato a fare a Hollywood che è legittimo». Ha anche notato che questo è il motivo per cui il Trono di Spade non è raffigurato nella serie come è scritto nei libri: «Perché il Trono di Spade in Game of Thrones non è il Trono di Spade come descritto nei libri? Perché non è alto 4 metri e mezzo e fatto di 10.000 spade? Perché il soffitto del nostro palcoscenico non era alto 4 metri e mezzo!!! Non potevamo starci dentro, e non erano disposti a darci la Cattedrale di St. Paul o l’Abbazia di Westminster per girare il nostro piccolo spettacolo televisivo…».

L’opinione di Tolkien

Copertina di "Albero e foglia" d J.R.R. TolkienI commenti più recenti di Martin riecheggiano quanto scritto da Tolkien nel suo saggio Sulle Fiabe (On Fairy Stories). Tolkien ha spiegato in dettaglio che un creatore di storie dimostra di essere un sub-creatore di successo quando «costruisce un Mondo Secondario in cui la mente del fruitore può entrare. All’interno di tale mondo, ciò che egli riferisce è “vero”, nel senso che concorda con le leggi che vi vigono. Di conseguenza ci si crede, mentre vi si è, per così dire, dentro» (pp. 50-51). Tuttavia, Tolkien aggiunge: «Nel momento stesso in cui l’incredulità si manifesta, l’incantesimo è rotto; la magia, anzi l’arte, ha fatto fiasco. E rieccoci allora nel Mondo Primario, a guardare dall’esterno il piccolo, abortito Mondo Secondario. Se si è obbligati, per cortesia o dalle circostanze, a rimanervi, l’incredulità deve essere sospesa (o repressa), altrimenti ascoltare e guardare diverrebbero intollerabili. Ma tale sospensione dell’incredulità è un sostituto della genuinità, un sotterfugio cui facciamo ricorso quando ci prestiamo condiscendenti a giochi o finzioni, o quando ci sforziamo, più o meno volentieri, di trovare quel po’ di valido che è possibile reperire in un’opera d’arte ai nostri occhi mancata» (p. 51).

 

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UK: «I fan di Tolkien? Potenziali terroristi»

Map MordorUn rapporto scandaloso e da giorni ormai virale del programma antiterrorismo del governo britannico Prevent ha affermato che i romanzi classici di autori come J.R.R. Tolkien e CS Lewis possono essere «attraenti» per un possibile «estremismo di estrema destra». «Evitiamo che le persone vulnerabili vengano trascinate nell’estremismo», afferma Prevent sul suo sito web. Prevent continua a descriversi come un programma «guidato dal governo e multi-agenzia» che «mira a impedire che le persone diventino terroristi». Il suo sito web spiega che «la polizia gioca un ruolo chiave» negli sforzi del programma.

Un rapporto discutibile

Douglas MurrayKay Smythe del Daily Caller ha riferito che mentre Prevent «è stato fondato per sostenere gli sforzi antiterrorismo», «si è gradualmente spostato concentrandosi solo sugli estremisti dell’Islam e sulla mentalità ideologica di “estrema destra”». «I tentativi del programma di affrontare l’estremismo di destra sono stati ancora più inadeguati di alcuni dei suoi tentativi di affrontare l’estremismo islamico», ha osservato l’autore britannico Douglas Murray (qui a destra) in un articolo su Spectator del febbraio 2023.
Murray ha sottolineato che Prevent una volta veniva «consigliato da gruppi di attivisti di sinistra come Hope not Hate». «Tali gruppi credono da tempo che la definizione di estrema destra dovrebbe comprendere, ad esempio, molte persone che sostengono la Brexit», ha aggiunto. Più avanti nell’articolo, Murray ha esaminato attentamente un rapporto precedente della Research Information and Communications Unit (RICU) di Prevent. In uno di questi rapporti, c’è un «elenco da leggere di testi storici che allarmano la RICU». «RICU avverte che la radicalizzazione potrebbe verificarsi a partire da libri di autori tra cui CS Lewis, J.R.R. Tolkien, Aldous Huxley e Joseph Conrad», ha riferito Murray.

Opinioni più che dati reali

J.R.R. Tolkien e C.S. LewisCS Lewis è noto per aver scritto la serie fantasy per ragazzi Le cronache di Narnia e molti libri come Le lettere di Berlicche e Il grande divorzio. Per lo più, dopo la sua conversione fu un apologeta cristiano. Devoto cattolico, Tolkien una volta osservò che Il Signore degli Anelli è «un’opera fondamentalmente religiosa e cattolica; inconsciamente all’inizio, ma consapevolmente nella revisione». Aldous Huxley ha scritto Brave New World, un romanzo di fantascienza di genere distopico. Conrad ha scritto il classico mondiale Cuore di tenebra, che racconta gli orrori dell’Africa coloniale belga alla fine del XIX secolo. Sono tutti scrittori che nulla hanno avuto a che fare con la politica e con l’estrema destra. «Non sto scherzando, anche se sembra che tutta la satira sia morta, ma l’elenco dei libri sospetti include anche 1984 di George Orwell», ha scritto Murray. Ha continuato notando che il rapporto ha segnalato anche scritti ben noti di vari filosofi politici classicamente liberali e conservatori. Questi includono il Leviatano di Thomas Hobbes, i Due trattati di governo di John Locke e le Riflessioni sulla rivoluzione in Francia di Edmund Burke, oltre a opere di Thomas Carlyle e Adam Smith. «Quindi, in generale, comincio a sentirmi in buona compagnia», ha scritto Murray in reazione all’elenco dei libri. «Se le agenzie governative compilano elenchi di libri sospetti, allora sono molto felice di essere condannato accanto a queste brave persone, sia vive che morte».

Le polemiche

Elon MuskIl rapporto della Research Information and Communications Unit (RICU) di Prevent è vecchio di anni, ma la notizia su di esso è circolata attraverso l’applicazione di social media X (ex Twitter). Il proprietario della piattaforma, Elon Musk, ha criticato il rapporto RICU per l’inclusione dei libri classici. «Che cosa folle da dire», ha commentato il magnate.
«Oh no!», ha scherzato la giornalista e montatrice Haley Kennington subito dopo. «Inizieremo tutti a costruire meravigliosi piccoli cottage sulle colline dopo aver digerito questi libri e potremmo anche trovare un gruppo ristretto di amici per i quali faremmo qualsiasi cosa e conservare per tutta la vita». «Estremista? Dategli un senso», ha aggiunto Kennington. «Questo equivale a dire “la matematica è razzista!”». «E che dire dell’Antico Testamento?», ha chiesto Steve Friend, informatore del Federal Bureau of Investigation (FBI). «Lo mettiamo subito sulla No Fly List?».
Suprematisti BianchiAnche il sito web CatholicVote ha riferito che un’agenzia del governo federale degli Stati Uniti «“ha segnalato” gli acquisti di Bibbia come indice di “estremismo” nelle comunicazioni con le banche in seguito agli eventi del 6 gennaio 2021» quando i manifestanti pro-Trump hanno dato l’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti a Washington. Il Financial Crimes Enforcement Network (FinCen) del Dipartimento del Tesoro Usa «ha messo in guardia le istituzioni finanziarie dagli indicatori di “estremismo” che includono…» l’acquisto di libri (compresi testi religiosi) e abbonamenti ad altri media contenenti «opinioni estremiste», ha scritto il presidente della commissione Giustizia della Camera Jim Jordan, R-OH, in una lettera il mese scorso.

 

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– Leggi l’articolo Tolkien 50, ecco gli eventi più importanti
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  • Vai al sito web del Prevent
  • Vai all’editoriale di Douglas Murray sullo Spectator

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Signore degli Anelli, in 90 Paesi copyright finito

Title page LOTRQuando l’orologio ha battuto la mezzanotte del 1 gennaio 2024, le opere letterarie di J.R.R. Tolkien sono diventate di dominio pubblico. Non tutte, ma solo quelle pubblicate in vita, tra cui ci sono Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli. Non in Europa e negli Stati Uniti, ma “solo” in Nuova Zelanda, Bielorussia, Bolivia, Egitto e gran parte dell’Africa e dell’Asia. Si tratta di ben 90 Paesi in tutto. La notizia segna un cambiamento fondamentale nel controllo e nell’uso di uno degli universi fantastici più amati al mondo. Le persone in quei Paesi sono libere di adattare quelle opere (e trarne profitto) come preferiscono. Tuttavia, questo sviluppo, che coincide con il Public Domain Day, è carico di complessità e richiede un’attenta riflessione.

Paese che vai, copyright che trovi

Immagine copyrightOgni anno una nuova serie di opere diventa di pubblico dominio e le persone possono riutilizzarle liberamente in modo creativo, a seconda delle leggi sul copyright del proprio. Sembra semplice, ma non è così. Indipendentemente dalla nazionalità e dalla lingua dell’autore, la cosa importante è qui il luogo di stampa. Un’opera diventa di dominio pubblico dopo un certo numero di anni dalla morte dell’autore, se è stata pubblicata durante la vita del suo creatore. Per il materiale inedito, chi lo pubblica per primo avrà i diritti di pubblicazione per 25 anni. Nella maggior parte dei Paesi, Europa, Gran Bretagna e Stati Uniti compresi, questo accade dopo 70 anni dalla morte dell’autore. Poi ci sono pochi Paesi con 80 anni (Spagna, Colombia e Equatorial Guinea), 60 anni (Bangladesh, India e Venezuela) e appunto il bel gruppone a 50 anni dopo la morte dell’autore (come scritto: Nuova Zelanda, Bielorussia, Bolivia e nella maggior parte dei paesi dell’Africa e dell’Asia). Quando scade il diritto d’autore su un’opera chiunque è libero di utilizzarla senza bisogno di chiedere il permesso. Questo è noto appunto come “dominio pubblico”. Per i Paesi come l’Italia con pubblico dominio a 70 anni dopo la morte dell’autore, ciò significa quindi che il diritto d’autore sulle opere di Tolkien, morto nel 1973, scadrà nel 2043, il che significa che Il Signore degli Anelli e molti dei suoi libri diventeranno di pubblico dominio il 1 gennaio 2044. Attenzione, non tutte! Solo quelle firmate da lui in vita; le altre sue opere postume sono pubblicate dal figlio Christopher che, essendo anch’egli autore ed essendo morto nel 2020, potranno essere libere da copyright solo a partire dal 2090…

Una nuova Era per le opere di Tolkien

Ace libriSe avete già un po’ di mal di testa, potete riconsolarvi subito. L’importante è capire cosa potrà succedere ora. Ad esempio, sarà legale scrivere e pubblicare (e distribuire e vendere) opere ispirate al Signore degli Anelli, ma solo in quei Paesi in cui il copyright è scaduto. Questo significa che il testo, i personaggi e gli ambienti originali della Terra di Mezzo, concepiti da Tolkien, sono ora accessibili per l’uso creativo da parte di artisti e scrittori neozelandesi (e di tutti gli altri Stati elencati sopra). In linea teorica, si potrebbe pubblicare Il Signore degli Anelli anche in italiano, ma lo si dovrebbe stampare e vendere soltanto nei Paesi elencati, perché in Italia sarebbe illegale.
Bilbo libro nel 2033Naturalmente, questa libertà non è assoluta, a causa dei marchi esistenti e dei potenziali conflitti con le entità responsabili degli adattamenti, come i film o le serie tv. Altra cosa da capire è che solo il libro originale è di pubblico dominio, non i film o i programmi tv già realizzati in base ad esso, come le due trilogie di Peter Jackson e la serie di Amazon. «Il copyright per diversi tipi di ‘opere’ dura per periodi di tempo diversi», ha spiegato Rob Garrett, direttore ad interim presso l’Ufficio per la proprietà intellettuale (IPONZ). «La tutela del diritto d’autore sulle opere letterarie, drammatiche, musicali o artistiche dura 50 anni dopo la morte dell’autore, anche se il diritto d’autore non è più di proprietà dell’autore. Tuttavia, se un’opera letteraria è stata ripubblicata, il nuovo editore deterrà i diritti d’autore sul layout tipografico di quell’edizione, anche se il contenuto può essere riprodotto. È anche importante notare che l’opera protetta da copyright può essere oggetto di un accordo di licenza o di qualche altro accordo commerciale e tali accordi potrebbero costituire una barriera affinché l’opera diventi di pubblico dominio». Il direttore conclude: «Vi consigliamo di contattare coloro che si occupano del patrimonio dell’autore defunto per stabilire quali diritti d’autore o altre protezioni legali potrebbero essere in vigore».
Nonostante gli ostacoli legali, come scritto il testo, i personaggi e gli ambienti originali della Terra di Mezzo, concepiti da Tolkien, sono ora accessibili per l’uso creativo da parte di artisti e scrittori. E anche il settore cinematografico non è da escludere. Hobbiton - Nuova ZelandaLa Nuova Zelanda, ad esempio, è già un paese sinonimo del mondo di Tolkien attraverso gli epici adattamenti cinematografici di Jackson. L’allentamento delle restrizioni sul copyright potrebbe stimolare una nuova ondata di arte, letteratura e forse turismo ispirati a Tolkien, arricchendo il panorama culturale del Paese. È sufficiente scrivere opere originali non legate agli adattamenti al cinema e in tv. Inoltre, alcune parti del Paese ora potrebbero diventare completamente hobbit. Come sostiene il critico cinematografico Jordan Tini, ora che nulla è più vietato, «non sarei sorpreso se Matamata si rinominasse direttamente Hobbitville».

Possibili sviluppi

Pubblico DominioUna cosa è certa: visto che in quei Paesi in cui Il Signore degli Anelli è di pubblico dominio ci saranno scrittori liberi di adattare e sviluppare quelle storie. Sicuramente aumenterà il numero degli editori e delle edizioni, sia quelle più economiche sia quelle più costose. Sarà più facile tradurre quei libri in nuove lingue. Di solito, infatti, le case editrici che lavorano con le lingue meno diffuse non sempre hanno abbastanza soldi per comprarne i diritti. In questo modo, le persone saranno in grado di creare opere completamente nuove nella loro lingua madre, il che a sua volta potrebbe rendere le opere originali di Tolkien ancora più ricercate.
Quanta popolarità in più potrebbe ottenere? A quanto pare, Tolkien ha venduto più copie nella traduzione cinese che in tutte le lingue europee messe insieme. Si potrà leggerlo gratuitamente e quindi probabilmente vedrà un’impennata di popolarità e di stampa. Saranno pubblicate anche splendide copie fatte a mano tutte ben rifinite. E altre interpretazioni visive alternative. Si spera che gli scrittori rispetteranno l’esistenza di un canone, proprio come ancora oggi viene rispettata l’esistenza di un canone di Sherlock Holmes, ma tutto questo darà anche la libertà alla storia di mettere radici ancora più profonde nella cultura. Ciò favorisce una ricchezza di opere derivate, adattamenti ed esplorazioni creative, alimentando la diffusione del mondo di Tolkien a nuove generazioni di artisti e narratori.
Infine, ultimo aspetto è la circolazione in internet. Quella legale, si intende. Se fossero basatein uno dei 90 Paesi in cui Tolkien è divenuto di pubblico dominio, ci potrebbero essere archivi online come Internet Archive , HathiTrust , Google Books che potrebbero rendere le opere completamente disponibili online. Ancor più realizzabile sarebbe, ad esempio, il Progetto Gutenberg (al momento sito non raggiungile dall’Italia) se basato in Nuova Zelanda, oppure direttamente la New Zealand Digital Library. project gutenbergEsiste già una filiale australiana del Progetto Gutenberg, che ospita alcune opere che (per complesse/oscure ragioni legali) sono ancora protette da copyright negli Stati Uniti ma ora di pubblico dominio in Australia (ad esempio le opere di George Orwell). Non esiste ancora un equivalente neozelandese, ma se qualcuno fosse sufficientemente motivato potrebbe accadere. Da notare che al momento le leggi inglese, europea e statunitense non prevedono l’obbligo di bloccare preventivamente gli utenti non occidentali (e neozelandesi), né la legge neozelandese prevede il blocco degli utenti non neozelandesi. Lo stesso Progetto Gutenberg in alcuni casi lo ha fatto, limitando ad esempio l’accesso alla Germania che ha un diritto d’autore più severo rispetto agli Usa, per conformarsi a una sentenza dei tribunali locali circa i contenuti in tedesco sul sito web. In futuro, ci potrebbero essere sentenze simili anche in altri Paesi occidentali. L’iter è però lunghissimo. Siamo però nel campo delle ipotesi, ma al momento – e sicuramente per diversi anni – sarà possibile farlo!
Quel che è certo è che l’eredità duratura e il significato culturale del Signore degli Anelli contribuiranno senza dubbio alle discussioni in corso sul suo status di copyright. Il suo impatto sulla cultura popolare, sulla letteratura e sul genere fantasy lo posiziona come una pietra angolare della narrazione moderna, raccogliendo sia ammirazione che critica. Un capolavoro così senza tempo rimane impresso nell’immaginario collettivo, con il suo fascino che trascende le generazioni.

 

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Lo Gnam a Roma: «In un mese 30mila visitatori»

Gnam RomaIl ministero dei Beni culturali ha reso noto i dati di affluenza ai vari musei italiani, tra cui anche quelli relativi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, in cui oltre alle 20mila opere della più completa collezione dedicata all’arte italiana e straniera dal XIX secolo a oggi, è presente “TOLKIEN. Uomo, Professore, Autore”, la mostra ideata e promossa dal Ministero della Cultura con la collaborazione dell’Università di Oxford e inaugurata lo scorso 15 novembre dal Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, alla presenza del Presidente del Senato, Ignazio La Russa e del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, insieme ad altri ministri di Fratelli d’Italia.

Ottomila visitatori in più

Roma GnamLeggendo i dati del ministero si evince che lo GNAM, tra il 15 novembre e il 14 dicembre, ha fatto registrare 28.045 visitatori, una media di 1.078,6 al giorno. Rispetto allo stesso periodo del 2022, quando i visitatori alla GNAM furono 20.317, si segnala un incremento di quasi 8mila unità. La differenza è ancora più ampia se il bilancio del mese viene confrontato con la media giornaliera degli ingressi registrati alla GNAM nel 2022: 747,7 ogni giorno (per un totale di 9900). Alcune curiosità sui dati: il 23,3% dei visitatori ha meno di 25 anni (6.544 in totale); la fascia d’età con più visitatori è la 26-40, con il 30% di accessi. «La mostra su Tolkien si sta rivelando uno straordinario successo, in un mese abbiamo avuto 30.000 visitatori e la cosa più bella che sono tantissimi giovani, +8000 visitatori rispetto allo scorso anno alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e forse la Sangiuliano Atrejupartecipazione di gente è la migliore risposta ai ‘maestrini con il ditino alzato’ che sono stati lì a fare le pulci sull’opportunità o meno della mostra», ha dichiarato il Ministro Sangiuliano alla festa di Atreju, manifestazione organizzata dal movimento giovanile di Fratelli d’Italia. Il ministro ha poi indicato qual è il muro da abbattere: «In Italia, molto spesso, il partito più forte è il Pudpc: il Partito unico del Politicamente Corretto, Oronzo Cilliche vuole imporre visioni preconcette che non sono assolutamente sottoposte a un vaglio critico e libero». Ha quindi  spiegato che «noi dobbiamo sempre difendere la pluralità, tutelando la nostra identità: perché più sei saldo e forte nella tua identità, più hai i talloni ben piantati sul terreno come dice Ortega y Gasset, più ti puoi proiettare in avanti e puoi avere una dialettica nell’incontro con chi è diverso da te e migliorare il tuo pensiero con le sue idee. A patto – ha avvertito Sangiuliano – di essere orgoglioso della tua identità e di non nascondere le tue radici». Sul tema della nuova stagione culturale che la destra ha in animo di inaugurare hanno poi preso la parola Pietrangelo Buttafuoco, Alessandro Giuli e il sottosegretario Gianmarco Mazzi.

La mostra a Venaria: un viaggio nella Terra di Mezzo

Dopo Roma, la mostra su Tolkien farà un mini-tour della penisola. L’esposizione alla GNAM terminerà l’11 febbraio 2024 e proseguirà a Napoli, Torino e Catania. A Napoli, l’esposizione si terrà presso il Palazzo Reale che, per l’occasione, aprirà nuovi spazi espositivi da poco rinnovati, le sale Belvedere. A Torino, la mostra sarà esposta presso la Reggia di Venaria Reale, nel novembre del 2024. Quest’ultima, che aprirà i suoi battenti nell’autunno 2024, offrirà ai visitatori un’esperienza profondamente immersiva. Sarà differente dalle precedenti: i due pilastri della sua opera, “Lo Hobbit” e “Il Signore degli Anelli“, avranno un ruolo centrale nell’esposizione, mostrando il percorso creativo dell’autore e l’evoluzione dei suoi personaggi e delle sue storie nel corso degli anni. Ad essere protagonista sarà la Terra di Mezzo, le sue ambientazioni epiche, ispirate alla mitologia nordica e medievale, i suoi enigmi e i suoi valori profondi. Come quelle “radici che non gelano”. La mostra fornirà anche uno sguardo al lato umano e professionale di Tolkien, includendo materiali legati agli adattamenti cinematografici, come la trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson.
Giuseppe PezziniLa differenza è dovuta al fatto che alla Reggia era già arrivata tempo fa la richiesta dai tolkieniani di Venaria, l’Associazione Newman, che avevano già organizzato una mostra online e degli eventi in presenza a Torino. «Avevamo curato una mostra ma di diverso tipo – spiega Emmanuele Riu, scrittore e appassionato di Tolkien, nel direttivo della Newman – e avevamo già avuto un contatto con Guido Curto, direttore della Reggia». Un desiderio che ora viene soddisfatto dalla richiesta diretta del ministero da Roma. L’associazione, insieme al professor Giuseppe Pezzini, docente a Oxford e consulente scientifico della mostra su Tolkien portata alla Galleria Nazionale di Roma, dovrebbe collaborare all’allestimento di Venaria.

 

Questo reportage qui sotto è stato realizzato dalla televisione franco-tedesca Arte e fa parte del progetto Europa settegiorni. In Italia è stato diffuso dalla rivista Internazionale.

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Roma, fino a febbraio una mostra su Tolkien

Roma Galleria Nazionale d'Arte ModernaA cinquant’anni dalla scomparsa e dalla prima edizione italiana de Lo Hobbit, il 16 novembre arriva alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma la grande mostra dedicata a John Ronald Reuel Tolkien, creatore della celebre epopea della Terra di Mezzo che ha plasmato una nuova mitologia per il mondo contemporaneo e lo ha reso uno degli autori più letti del pianeta. L’esposizione “TOLKIEN. Uomo, Professore, Autore” racconta il percorso umano e professionale dello scrittore inglese. Rispetto alle grandi retrospettive allestite a Oxford (2018), Parigi (2020) e Milwaukee (2022), che hanno esaltato particolari aspetti delle opere letterarie, quella di Roma pone al centro l’uomo, collezionando curiosità sulla vita dell’autore e analizzando poi l’influenza che il suo lavoro ha avuto sul mondo dell’arte, della musica e dei fumetti.

Tre mesi di esposizione

Locandina Mostra Roma L’immersione nell’universo da lui creato si realizza mediante un articolato percorso: nel dettaglio, molti manoscritti autografi (tra cui le prove di stampa del Ritorno del Re inglese e il suo frontespizio con una citazione in elfico), lettere (una 50ina tra libri e lettere di Tolkien, di cui tre lettere inedite), memorabilia (il baule originale e un libro di preghiera di Mabel Tolkien, le ricevute degli assegni di padre Morgan ai due fratelli Tolkien, tutti documenti dall’oratorio di Birmingham), fotografie (tra cui quelle inedite di Simone d’Ardenne) e opere d’arte (moltissimi acquerelli originali di Piero Crida e oltre 100 altri artisti) ispirati alle visioni letterarie di un autore unico e poliedrico. In totale, su oltre 600 mq saranno esposte oltre 150 opere tra foto, manoscritti autografi, lettere, filmati e ricostruzioni virtuali e opere d’arte a lui ispirate. In mostra inoltre anche alcune prime edizioni dei libri di Tolkien e in più fumetti, serie animate e giochi dedicati allo scrittore inglese. Sarà anche allestita la proiezione, in loop, della versione integrale della trilogia de Il Signore degli Anelli girata da Peter Jackson e del film d’animazione di Ralph Bakshi. Ideata e promossa dal Ministero della cultura con la collaborazione dell’Università di Oxford, la mostra è curata da Alessandro Nicosia Oronzo Cilli, membro della Tolkien Society britannica e presidente dei Collezionisti Tolkeniani Italiani. La mostra si svolgerà dal 16 novembre 2023 all’11 febbraio 2024. Gli orari di apertura della mostra: dal martedì a domenica, ore 9.00 – 19.00. Ultimo ingresso: 45 minuti prima della chiusura. Nel corso del 2024, Tolkien. UomoProfessoreAutore farà poi tappa anche in altre città italiane. Dal 15 marzo al 30 giugno la mostra arriverà, infatti, al Palazzo Reale di Napoli, che, per l’occasione, aprirà nuovi spazi espositivi da poco rinnovati, le Sale Belvedere.

Critiche e polemiche

Giorgia Meloni legge TolkienPer alcuni potrebbe essere una sorpresa, non è una novità per gli studiosi di Tolkien e soprattutto per i lettori italiani. La mostra, fortemente voluta e promossa dal governo di destra italiano, ha rinfocolato le polemiche che dagli anni ’70 tornano periodicamente e che sembrano essere belle e sepolte già 20 anni fa e ora il primo ministro Meloni è solo un altro nome in una lista molto lunga. La grande novità di questa volta è che le critiche sono partite addirittura dalla stampa britannica e la lista è cospicua: How did The Lord of the Rings become a secret weapon in Italy’s culture wars? [Guardian]; Inside Giorgia Meloni’s Hobbit fantasy world [Politico]; Why a Lord of the Rings exhibition matters to Italy’s far-right PM Giorgia Meloni [euronews.culture]; Is a Tolkein Exhibition in Rome Part of Italian Prime Minister Giorgia Meloni’s Far-Right Agenda? [artnet]; Meloni e Tolkien, la stampa inglese all’attacco [Repubblica]. Due dei più importanti quotidiani britannici, il Times e il Guardian, con accenti diversi, dedicano la loro attenzione alla passione della Meloni per Tolkien. Per il Times la premier italiana «vuole controllare la cultura» e il Guardian ci va ancora più pesante e si chiede: «Cosa sta cercando di ottenere questo governo imprimendo il proprio marchio in modo così aggressivo su una delle saghe fantasy più amate al mondo?». Ministro SangiulianoÈ un dato di fatto che il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha annunciato la mostra all’ala giovanile del partito della Meloni a luglio come «un regalo». Per Hannah Roberts su Politico, il governo Meloni vuole tracciare «un cambiamento di direzione nelle istituzioni culturali italiane, ma una delle loro mosse più insolite è una grande mostra che celebra Tolkien». «Mercoledì, presentando la mostra, Sangiuliano ha affermato che la mostra “non è stata casuale ma deliberata e desiderata”». La mostra costerà 250.000 euro, ma «il Ministero spera di recuperare i fondi dalla vendita dei biglietti». Jo Lawson-Tancred su Artnet ricorda che quando ha annunciato la mostra, il ministro italiano della Cultura Gennaro Sangiuliano ha detto di Tolkien: «Era un cattolico convinto che esaltava il valore della tradizione e della comunità a cui si appartiene. Un vero conservatore, si potrebbe dire». Sempre il Times ricorda che il sottosegretario italiano alla Cultura Vittorio Sgarbi ha detto che Sangiuliano ha preparato la mostra come «un favore al premier» e ha ricordato che «da quando i Fratelli d’Italia sono saliti al potere lo scorso autunno, hanno esercitato la loro influenza sul settore artistico e culturale italiano». Presentazione mostraIl Guardian fa un’analisi approfondita di questa manovra: «L’attuale amministrazione sembra insolitamente ossessionata dall’affermare il controllo sull’immaginazione pubblica. Una delle prime cose che Meloni ha fatto quando è salito al potere è stato nomina Giampaolo Rossi, giornalista noto per aver difeso Vladimir Putin, direttore generale del servizio pubblico Rai. Il mandato dell’organizzazione viene ora riscritto per includere l’obbligo di promuovere “la ricchezza della nascita e della genitorialità”. Successivamente, ha nominato Alessandro Giuli, critico conservatore ed euroscettico schietto, presidente del più importante museo d’arte contemporanea di Roma, il Maxxi. La settimana scorsa, il governo ha nominato Pietrangelo Buttafuoco, intellettuale pubblico ed ex membro del comitato centrale dell’organizzazione giovanile postfascista Fronte della Gioventù, come prossimo presidente della Biennale di Venezia. In vista della decisione, Buttafuoco ha dichiarato “In questa stagione le recinzioni verranno abbassate. Poster mostra RomaUna casa sarà data a coloro che non ne hanno avuta una fino ad ora”… Durante l’estate, con una mossa uscita proprio dal programma di Viktor Orbán, il governo italiano ha compiuto il passo drammatico di attribuirsi il potere diretto a nomina il gestione del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, una delle più importanti scuole di cinema italiane. Il deputato Igor Iezzi ha motivato la decisione sulla base della necessità di “modernizzare” l’istituzione, aggiungendo che la sinistra deve fare uno sforzo per “togliere gli artigli dalla cultura”. È interessante notare che il governo sembra non avere tali scrupoli di fronte al numero apparentemente crescente di editori di estrema destra che stanno ristampando libri di autori fascisti come Giovanni Gentile e Julius Evola per una nuova generazione di lettori (molti di questi editori, tra l’altro, utilizzano Il Signore degli Anelli per attirare nuovo pubblico)».

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Copyright, Polychron: «Non posso più pagare»

TribunaleLe cose si fanno sempre più dure dopo che è stata respinta la causa con cui uno scrittore di fan-fiction, Demetrious Polychron, aveva fatto causa ad Amazon e Tolkien Estate, con l’accusa di aver copiato i suoi libri “ispirati a Tolkien” per creare la serie tv Gli Anelli del Potere. Le due major avevano controquerelato e poi – dopo la sentenza del giudice Usa – hanno chiesto anche all’autore più di 153.000 dollari per le spese legali. Ora Polychron ha risposto al giudice.

Due filoni paralleli

Demetrious PolychronPolychron ha risposto alla corte che la sentenza così emessa avrebbe raffreddato le future rivendicazioni sui diritti d’autore da parte degli scrittori e che lui semplicemente al momento non ha «niente da dare» dopo aver messo tutti i suoi risparmi nella sua causa ora archiviata. Non si sa quale potranno essere le conclusioni del giudice circa la richiesta di risarcimento, se dovesse confermarle Polychron sarebbe comunque costretto a pagare. In parallelo, sta andando avanti la controquerela di Amazon e Tolkien Estate. Lo scrittore di fan-fiction è ora accusato anche di aver scritto e venduto un sequel non autorizzato del Signore degli Anelli.

Le richieste della Tolkien Estate

Tolkien EstateLa Tolkien Estate ha intentato una causa accusando appunto Polychron di aver copiato la serie Il Signore degli Anelli e chiedendo che i suoi libri vengano ritirati dai negozi. Secondo i documenti giudiziari, è stato il Tolkien Trust, responsabile della gestione della proprietà intellettuale del defunto professor JRR Tolkien, a citare in giudizio Demetrious Polychron. Nella causa, tramite i suoi avvocati, il Trust ha affermato che la causa è stata intentata a causa della «violazione intenzionale e palese» da parte di Polychron dei suoi interessi di copyright nel franchise del Signore degli Anelli. Il Trust ha affermato che, nonostante l’autore fosse a conoscenza dei propri diritti sull’opera di Tolkien, ha deciso di «scrivere, pubblicare, commercializzare e vendere un seguito derivato della trilogia di Tolkien in palese violazione intitolato La Compagnia del Re (l’ “Opera contraffatta”). Oltre a imitare chiaramente il titolo del primo libro della trilogia di Tolkien, l’ “Opera contraffatta” costituisce un’appropriazione indebita palese, ampia e completa dell’opera creativa del professor Tolkien. Il Trust ha affermato di essere a conoscenza del fatto che Polychron prevede di pubblicare fino a sei libri aggiuntivi, tutti basati sui personaggi di Tolkien, per una una serie di libri che comporrebbero il progetto intitolato “La Guerra degli Anelli”. «L’opera in violazione è attualmente offerta in vendita su varie piattaforme online negli Stati Uniti tra i 17,99 e i 26,99 dollari a copia», si legge nella causa.
La querela conclude: «Né il Professor Tolkien né la Tolkien Estate hanno mai autorizzato alcun seguito scritto della trilogia di Tolkien. Non solo l’opera violata non era autorizzata, ma la Tolkien Estate aveva già espressamente rifiutato la richiesta [di Polychron] di pubblicare qualsiasi opera di questa natura, in linea con la sua politica di lunga data».

 

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Polychron fallisce, chieste le spese legali

TribunaleÈ un susseguirsi di colpi di scena la vicenda che vede un piccolo Davide – l’autore Demetrious Polychron – contro i due giganteschi Golia – Amazon e Tolkien Estate – in una causa per violazione del copyright intentata presso il tribunale federale di Los Angeles. Lo scrittore di fan-fiction è ora accusato di di aver scritto e venduto un sequel non autorizzato del Signore degli Anelli. La causa è la reazione al fatto che lo stesso Polychron aveva intentato ad aprile una causa per copyright da 250 milioni di dollari contro Jeff Bezos, Jennifer Salke, Simon Tolkien, Patrick McKay, John D Payne, Amazon Studios LLCAmazon Content Services LLCThe Tolkien EstateThe Tolkien Estate Limited e The Tolkien Trust, sostenendo che tutti loro avevano violato i diritti d’autore del suo sequel dopo che Prime Video ha rilasciato la serie tv Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere.

Richieste le spese legali

Polychron: The Fellowship of the KingA metà agosto il sistema giudiziario americano ha archiviato il caso, respingendo senza ulteriori azioni la denuncia di Demetrious Polychron, ritenendo che la violazione del diritto d’autore non fosse sufficientemente caratterizzata e poiché sembrava essersi «appropriato palesemente» di una serie di elementi delle opere di Tolkien, inclusi personaggi, trame e ambientazioni per i suoi romanzi di fan-fiction, un passo coraggioso nella sua immaginata serie di sette libri basata sul legendarium dello scrittore inglese. La novità è ora che i due giganti, forti della sentenza appena acquisita, si sono rivolti a un giudice federale della California, chiedendo oltre $ 153.000 in spese legali. La mozione di 24 pagine presentata sia da Amazon che dalla Tolkien Estate ha richiesto infatti spese legali rispettivamente di 74.150 dollari e 78.865 dollari. Lo scopo del compenso, come sostenuto da Amazon e dall’Estate, è quello di inviare un chiaro segnale per scoraggiare altri dal violare capolavori iconici come Il Signore degli Anelli. The Fellowship of the King (La Compagnia del Re) è tra l’altro ancora venduto, da settembre 2022, da Fractal Books – casa editrice di Polychron (e lo è stato fino ad aprile scorso su… Amazon!). Oltre a tutto questo, l’autore ora sta affrontando la causa di violazione del copyright, che sembra aver ammesso nelle lettere portate come prova, con la Tolkien Estate.

Una scelta dissennata

Demetrious PolychronLa causa iniziale di Polychron, lanciata ad aprile scorso, era una battaglia legale a tutto campo contro Amazon ed Estate, i suoi principali dirigenti e persino il nipote di Tolkien, Simon Tolkien. La causa sosteneva la storia di Polychron che aveva cercato una collaborazione con la Tolkien Estate dopo che Polychron aveva ottenuto la registrazione del copyright del suo primo libro. Ma le sue richieste sono state accolte nel silenzio, solo per scoprire in seguito che era stato firmato un accordo da 250 milioni di dollari tra Amazon e Tolkien Estate, apparentemente basato sulle sue opere. L’attore, Demetrious Polychron, è stato avvertito fin dall’inizio, sia attraverso la corrispondenza precontenziosa che all’inizio del processo, riguardo all’infondatezza delle sue affermazioni. La mozione degli imputati – che nel frattempo avevano anche controquerelato Polychron – suggerisce che invece di riconsiderare la questione, Polychron ha continuato la sua battaglia, carica di dichiarazioni ingannevoli, mentre il suo avvocato, Katie M. Charleston, ha utilizzato questa scaramuccia legale come trampolino per promuovere il proprio nome. Le fasi successive hanno visto prima Polychron ritirare la sua mozione di archiviazione del caso, poi rispondere punto per punto alle contestazioni della Tolkien Estate.
In un colpo di scena che ricorda un romanzo avvincente, infine, l’avvocato di Polychron ne ha abbastanza di questo caso ridicolo e ha appena chiesto alla corte di permetterle di fare un passo indietro dal rappresentare lo scrittore. Questa mossa inaspettata è stata accelerata da un rapporto teso tra avvocata e cliente e dalla presunta mancanza di risposta e da ritardi nei pagamenti di Polychron. Nel pronunciare la sentenza, il giudice distrettuale statunitense Stephen V. Wilson, è giunto a definire il lavoro del querelante come un «lavoro derivato non autorizzato». Secondo le norme del distretto orientale della giustizia Usa (il Nono Circuito) un’opera derivata è quella che «sarebbe stata considerata un’opera illecita se il materiale che deriva da un’opera esistente fosse stato preso senza il consenso del titolare del diritto d’autore di tale opera preesistente». Proprio ciò che è accaduto qui. Due casi precedenti sono stati richiamati esplicitamente  contro il querelante. Il primo è Anderson v. Stallone riguardante un trattamento non autorizzato per un seguito di “Rocky III” e Salinger v. Colting riguardante un seguito non autorizzato di “Catcher in the Rye” (Il giovane Holden). Si è scoperto che entrambi, a causa del loro status di opere derivate non autorizzate, non avevano il diritto di rivendicare né il diritto d’autore (nel caso Salinger) né il diritto di citare in giudizio per violazione (nel caso Stallone). «Qui, il Querelante ha ammesso che i personaggi sono stati presi direttamente da Il Signore degli Anelli ha anche ammesso che la sua serie è destinata ad essere un seguito de Il Signore degli Anelli, quindi ogni punto della trama deriva dal finale de Il Signore degli Anelli». Il giudice ha continuato sostenendo che «di conseguenza, il lavoro del Querelante è un lavoro derivato non autorizzato che non ha diritto alla protezione del copyright… Il lavoro del Querelante è inteso come una continuazione letterale di un’opera protetta da copyright, ma non è stato autorizzato a utilizzare la proprietà intellettuale delle opere di Tolkien, e il Querelante ha citato in giudizio i creatori originali, quindi la sezione 106(2) del Copyright Act preclude tale pretesa». Ma cosa accadrebbe se il lavoro del querelante contenesse elementi nuovi e originali? Secondo la Corte anche in questo caso la richiesta di Polychron fallisce, poiché le opere (il suo romanzo e la serie tv di Amazon) non sono sostanzialmente simili tra loro. Il problema è che si devono sottrarre tutti gli elementi che compaiono ne Il Signore degli Anelli. Pertanto «i riferimenti del querelante ai personaggi creati da J.R.R. Tolkien come Elanor, Marigold, Durin, Galadriel, Elrond e Celebrimbor sono elementi che non possono essere utilizzati nella causa. Anche le altre somiglianze generali, come i tipi di specie che abitano la Terra di Mezzo, gli anelli magici e la lotta contro il male, sono attribuibili a Tolkien o derivano dal mondo da lui creato. Dopo aver filtrato questi elementi non tutelabili con un nuovo copyright, il querelante non sostiene in modo plausibile alcuna somiglianza tra il suo lavoro e la serie tv Rings of Power». Pertanto, questo caso sottolinea il pericolo sempre presente delle “fan fiction”. Anche nel caso in cui il detentore del copyright consentisse la proliferazione delle fan fiction, può sorgere comunque la possibilità di un’azione legale per presunta violazione dell’opera di fan fiction. Ma in questo caso, la Tolkien Estate ha da tempo messo le cose in chiaro.

Strette le maglie con la serie tv

Scrivere fanfictionAll’inizio del 2022, la Tolkien Estate si è opposta risolutamente alla pratica delle fanfiction, indicando sul proprio sito ufficiale: «[Non] puoi copiare alcuna parte degli scritti o delle immagini di Tolkien né creare documenti riferiti ai personaggi, alle storie, ai luoghi, agli eventi o altri elementi contenuti in una delle sue opere». Un’applicazione del diritto d’autore particolarmente severa che ha sconvolto i fan della saga, poiché condanna di fatto la scrittura amatoriale di testi che continuassero la storia della Terra di Mezzo, raccontando gli eventi della saga dal punto di vista di questo o quel personaggio, o immaginare narrazioni alternative. Questa pratica amatoriale, la fanfiction, è centrale nella cultura pop, soprattutto per le storie ambientate nella Terra di Mezzo. Autore egli stesso di fan fiction, Demetrious Polychron ha commesso inoltre l’errore di commercializzare il suo lavoro, da un lato, ma anche di farsi notare un po’ troppo, querelando lui stesso i detentori dei diritti… sono infatti moltissimi i siti web nel mondo che pubblicano storie simili, che vedono un enorme numero di lettori di Tolkien scrivere e leggere avidamente racconti ambientati nella Terra di Mezzo.

 

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La Tolkien Estate contro querela Polychron

Demetrious PolychronLa Tolkien Estate, ente che tutela i diritti del famoso autore inglese, ha accusato l’autore Demetrious Polychron di aver scritto e venduto un sequel non autorizzato del Signore degli Anelli, in una causa per copyright intentata presso il tribunale federale di Los Angeles. Il romanzo si intitola The Felloship of the King ed è acquistabile sul sito della casa editrice (che sembra appartenere allo stesso autore) e in gran parte leggibile su Google Books. La causa è la reazione al fatto che lo stesso Polychron aveva intentato ad aprile una causa per copyright contro Jeff Bezos, Jennifer Salke, Simon Tolkien, Patrick McKay, John D Payne, Amazon Studios LLC, Amazon Content Services LLC, The Tolkien Estate, The Tolkien Estate Limited e The Tolkien Trust, sostenendo che tutti loro avevano violato i diritti d’autore del suo sequel dopo che Prime Video ha rilasciato la serie tv Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere.

Una controquerela

The Fellowship of the KingSecondo la denuncia presentata l’8 giugno 2023, la Tolkien Estate aveva appreso per la prima volta che Polychron stava vendendo il sequel intitolato The Fellowship of the King online nel marzo scorso e aveva in seguito inviato la consueta lettera di diffida. Tecnicamente, si tratta di una lettera di “cease-and-desist”, una diffida legale appunto usata nel campo giuridico anglosassone, con cui viene intimato di interrompere una certa attività poiché non si possiedono i diritti di utilizzare a fini commerciali il nome e le opere di Tolkien. Se questo non dovesse avvenire, allora si passerebbe dalla diffida alla causa legale con tanto di richiesta di risarcimento danni. Di solito, non si arriva mai al tribunale perché un singolo privato non si può sicuramente permettere di sostenere una causa contro una grande società. Polychron aveva scritto lettere al nipote di J.R.R. Tolkien, Simon (che tra l’altro nulla c’entra con la Tolkien Estate, essendo il figlio di primo letto di Christopher, in rotta con quest’ultimo da più di 20 anni e che vive negli Usa), per lanciare un sequel scritto della trilogia a partire dal 2017, anche se la Tolkien Estate gli aveva ribadito la sua politica di non autorizzare alcun scrittore a creare sequel. Per diversi giorni tra marzo e aprile, la Tolkien Estate ha tentato di programmare una chiamata con Polychron per risolvere la controversia – è riportato nella denuncia – ma lo scrittore ha continuamente rinviato l’appuntamento affermando di essere «costretto a letto» a causa di una grave malattia. «I querelanti sono stati quindi sorpresi di scoprire che, The Fellowship of the King back coverlo stesso giorno in cui l’imputato ha affermato di essere fisicamente incapace di tenere una corrispondenza, egli aveva effettivamente intentato una causa in questo tribunale distrettuale contro la Tolkien Estate e altri», si può leggere nella denuncia. Secondo la Tolkien Estate, il romanzo di Polychron «incorpora una gamma sorprendentemente ampia di elementi protetti da copyright del canone di Tolkien». Tra questi ci sono 15 poesie o altri passaggi copiati alla lettera, centinaia di personaggi dell’originale e il riciclaggio dell’intera premessa della trama della trilogia. La denuncia cita numerose recensioni online del sequel che indicavano che i lettori erano consapevoli che si trattava di un’opera derivata non autorizzata. L’avvocato di Polychron non ha risposto a una richiesta di commento. Klaris Law PLLC rappresenta il Tolkien Trust. La causa è segnata preso il tribunale come The Tolkien Trust v. Polychron, CD Cal., No. 2:23-cv-04300, 6/1/23.

La querela precedente

Querela PolychronLa querela di Polychron risale al 14 aprile e giunge a chiedere 250 milioni di dollari per violazione di copyright, perché lo scrittore afferma di aver creato, scritto e pubblicato un libro “originale” (ovviamente “ispirato” ai lavori di Tolkien) intitolato The Fellowship of the King, pensato per essere il primo di una saga in sette libri intitolata The War of the Rings, con marchio registrato nel 2017. L’autore afferma di aver mandato, nel 2017, una lettera al nipote di Tolkien in cui spiegava il suo amore per i romanzi dello scrittore e informarlo del suo lavoro, chiedendogli di leggerlo ma senza ricevere alcuna risposta in cambio. Querela Polychron doc 01Nel 2019, un suo avvocato ha contattato gli eredi di Tolkien, ma anche in quel caso non ha ricevuto alcuna risposta. A quel punto Polychron dice di aver poi consegnato personalmente una copia del manoscritto a Simon Tolkien «a casa sua» e ha fatto notare di aver incluso «il simbolo ©» sul manoscritto. Polychron non ha ottenuto risposta al manoscritto abbandonato, così ha scritto una lettera chiedendone la restituzione e informando Simon Tolkien che «avrebbe pubblicato The Fellowship of the King e gli altri sei libri della serie in maniera indipendentemente».
Querela Polychron doc 02Ancora una volta senza ricevere risposta. Da quella copia, evidentemente secondo Polychron, gli showrunner avrebbero attinto a piene mani per la serie tv del 2022 ambientata nello stesso universo immaginario della trilogia originale. Quindi, riassumendo, lo scrittore avrebbe comunque pubblicato un romanzo con elementi coperti da copyright, registrando un suo apposito copyright per la sua opera, che avrebbe venduto indisturbato sul sito della casa editrice e su Amazon dal settembre 2022 – che è anche il momento in cui The Rings of Power ha iniziato la messa in onda. Poi ad aprile, per prevenire la causa della TE, ha lanciato una propria querela, in cui lamenta: «Questi personaggi e trame distinti e separati del tutto originali compongono fino a metà della serie di otto episodi rilasciata e pubblicata dai querelati. Querela Polychron doc 03In molti casi, gli imputati hanno copiato il linguaggio esatto dal romanzo. In altri casi, gli imputati hanno copiato immagini che corrispondono alla copertina del libro e alle descrizioni create nel libro come scritto da Polychron». Vengono anche allegati molti documenti che riportano frasi, descrizioni e scene prese dalla serie tv e già presenti nel romanzo. Da qui la richiesta di risarcimento di 250 milioni di dollari, la cifra dell’accordo tra Amazon e Tolkien Estate. La causa è segnata preso il tribunale come Demetrious Polychron vs. Jeff Bezos et al, CD Cal., No. 2:23-cv-02831, 4/14/23.

Le conseguenze

TribunalePolychron sembra aver posto le basi per questa causa già diversi anni fa. In primo luogo, ha registrato il libro presso l’US Copyright Office nel 2017, che stabilisce quando il romanzo è stato completato e gli fornisce la base giuridica per intentare causa. Poi, lo scrittore ha tentato più volte un contatto con la Estate con documenti tracciati (le lettere, l’avvocato, il manoscritto e la richiesta di restituzione). Dopo aver annunciato a Simon Tolkien che avrebbe ufficialmente agito da solo, ha pubblicato il romanzo.  Secondo il reclamo legale di Polychron, tutto questo unito alla documentazione sarebbe sufficiente per tenere testa alle grandi aziende coinvolte. Tuttavia sembra che le prove non reggano e l’unica vera azione legale a sua favore è il riconoscimento del copyright del suo romanzo. Da un lato però i nomi e le trame che cita come suoi appartengono in realtà a Tolkien, dall’altro soprattutto perché Amazon ha pagato i diritti dell’opera per realizzare la sua serie tv. Qualcosa che Polychron non ha fatto e che potrebbe ritorcersi contro di lui. Infine, se Polychron ha usato la causa solo per cercare di ottenere notorietà per il suo libro, la prima conseguenza è stata il ritiro del suo libro da Amazon. È difficile che la causa abbia successo, ma la controquerela della Tolkien Estate invece è probabile che venga vinta e potrebbe – come solitamente avviene – giungere a chiedere un risarcimento danni per l’immagine della stessa cifra da lui richiesta, cioè 250 milioni di dollari!

Un groviglio intorno a Tolkien

Logo della "Tolkien Estate"I diritti di proprietà intellettuale sono una cosa complicata: anche senza azioni legali da parte di scrittori di fanfiction, la situazione del copyright del Signore degli Anelli è complessa. Amazon Studios detiene solo i diritti per realizzare una serie tv del capolavoro di Tolkien non solo grazie all’accordo con la Tolkien Estate e la casa editrice HarperCollins, ma anche grazie a un cavillo: si è assicurata i diritti per The Rings of Power basata sulle “sole” Appendici de Il Signore degli Anelli e tutto ciò che veniva detto nelle due opere principali. Questo perché una serie tv fino a 8 puntate non può essere considerata un’opera cinematografica. I diritti di sfruttamento commerciale per Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit. – tra cui anche la possibilità di realizzare un film – sono attualmente detenuti da Embracer Group, la holding svedese di videogiochi e media che ha acquistato nell’agosto 2022 la Middle-earth Enterprises (MEE), unendola alle altre 125 società del gruppo, quasi tutti sviluppatori ed editori di videogiochi tra cui spiccano però anche la casa editrice di fumetti Dark Horse e Asmodee Group, già licenziataria di una dozzina di giochi da tavolo e giochi di carte (con più di 100 espansioni) basati sul Signore degli Anelli e Lo Hobbit. Siccome tutto questo fa parte di una strategia di ampio respiro per lanciare il brand Signore degli Anelli in tutti i settori del merchandising, la multinazionale svedese si affrettata ad appianare un contenzioso con la detentrice attuale dei diritti cinematografici, Warner Bros. Embracer GroupCosì quest’ultima è riuscita a rimanere licenziataria (lo è da prima del 2000, dai tempi dei film di Jackson con un accordo su almeno un film ogni 10 anni) e, attraverso la controllata New Line Cinema, porterà al cinema nel 2024 il cartone animato The Lord of the Rings: The War of the Rohirrim e – dopo l’ultimo accordo a lungo termine con i nuovi proprietari – in futuro altri tre o quattro film cinematografici sulla Terra di Mezzo.
Quindi, i diritti televisivi per Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli NON sono stati venduti quando J.R.R. Tolkien ha venduto i diritti cinematografici nel 1969. Quei diritti erano solo per i film. Per questo motivo la Middle-earth Enterprises non ha fatto parte del grande accordo tra Tolkien Estate e TrustHarperCollins e New Line Cinema, una divisione di Warner Bros. Entertainment quando Amazon ha acquistato quei diritti nel 2017 per produrre una serie tv. Però, attenzione! Nonostante questo, Amazon non ha il diritto di adattare i testi principali del Signore degli Anelli (e Lo Hobbit).
In ogni caso, i diritti di pubblicazione dei libri stessi non sono inclusi; rimangono alla Tolkien Estate e all’editore HarperCollins. Anche i diritti di licenza per le altre opere di Tolkien sulla Terra di Mezzo, Il Silmarillion e I Racconti Incompiuti di Numenor e La Terra di Mezzo, sono ancora controllati dalla Tolkien Estate e da HarperCollins, sebbene Embracer Group affermi di possedere i “diritti di corrispondenza” su queste opere – il che significa che ha il diritto di rispondere a qualsiasi offerta che i proprietari possano ricevere da altrove, insomma una prelazione…
In attesa di come finirà la causa, sicuramente ci saranno ancora colpi di scena in questa vicenda.

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Il “Queer Approach” nei Tolkien Studies

Premessa

queerCon questo breve contributo vorrei attirare l’attenzione su una nuova prospettiva negli studi tolkieniani, che si potrebbe qualificare come queer approach. Lo farò senza pretesa di esaustività, ma solo ripercorrendo alcuni momenti rilevanti di questa recente tendenza [paragrafo 1] e analizzando un articolo particolarmente emblematico [paragrafo 2].

Breve cronologia

2017: esce il Volume “Tolkien and Alterity” curato da C. Vaccaro e Y. Kisor al cui interno compaiono saggi dal titolo “Queer Tolkien: a Bibliographical essay on Tolkien and alterity” (di Y. Kisor), “Sauman’s Sodomitic Resonances” (di C. Vaccaro).

2018: alla Popular Culture Association National Conference vi sono sessioni di studio titolate:

  • “Bending Over with Naked Blade”: The Threat of Male-Male Penetration and Homoeroticism in J.R.R. Tolkien’s Works
  • Frodo, Sam, and Gollum: Jealousy between Men in a Homosocial Setting
  • Among Men of War: Destabilization of Gender in The Lord of the Rings’ Faramir and Éowyn
  • The End is Queer! Voyeurism and Apocalyptic Anxiety in Tolkien
  • An Incomplete Fellowship: The Exclusion of Queer Women in Tolkien Studies
    “and stooping he raised Beleg and kissed his mouth”: Architextuality and Queer Fandom Spaces.

2019: la Tolkien Society assegna il premio di miglior articolo dell’anno a Dimitra Fimi per il suo “Was Tolkien really racist?” (qui per la traduzione italiana). L’intervento inizia chiedendosi “Demonizzando gli Orchi, gli orribili e mostruosi nemici degli Elfi, Tolkien lascia forse trasparire la convinzione che “alcune razze sono peggiori di altre?”. L’autrice risponde che “anche se Tolkien aveva condannato le teorie “razziali”, rifiutando di dichiarare la propria origine ariana per permettere la pubblicazione tedesca del Lo Hobbit, e si era scagliato contro la Germania nazista, ciò non significa che alcuni pregiudizi tramandati dalla sua educazione tardo-vittoriana/edoardiana non si siano insinuati nella visione del mondo che si palesa nella Terra di Mezzo”. (enfasi aggiunte)

2020: su Mallorn (rivista della Tolkien Society) viene ripubblicato l’articolo di David Craig “Queer Lodgings: Gender and Sexuality in The Lord of the Rings” del 1999, il primo saggio cha tematizza il tema del gender e dell’omosessualità nelle opere di Tolkien, riferendosi tra l’altro a “unintentional meanings present in the text” che rimandano a quell’amore “which dare not speak its name” (pp. 20-28). La ripubblicazione è accompagnata da una nota di di Robin Anne Ried titolata “Celebrating ‘Queer Lodgings’ ” (Mallorn n. 61 Winter 2020 pp. 20-29, 30-31) che esalta l’importanza di questo saggio per i suoi impliciti riferimenti.

2021: il seminario della Tolkien Society è promosso tramite un call for papers che come argomenti indica anche:

  • Representation in Tolkien’s works (race, gender, sexuality, disability, class, religion, age etc.)
  • Diversity and representation in Tolkien academia and readership

Tra le relazioni compariranno, tra le altre:

  • Cordeliah Logsdon – Gondor in Transition: A Brief Introduction to Transgender Realities in The Lord of the Rings
  • Christopher Vaccaro – Pardoning Saruman?: The Queer in Tolkien’s The Lord of the Rings
  • Robin Reid – Queer Atheists, Agnostics, and Animists, Oh, My!
  • Danna Petersen-Deeprose – “Something Mighty Queer”: Destabilizing Cishetero Amatonormativity in the Works of Tolkien

2022: sul numero di Amon Hen appare un articolo di Molly Ostertag titolato “On Love”, che sostiene il carattere omosessuale della relazione Sam-Frodo.

Analisi dell’articolo “On Love” di Molly Ostertag

QueerIl saggio si apre ricordando come all’inizio del XXI secolo in America il clima per i gay fosse molto difficile, essendo molto diffuse violenze e ironie sullo status di queste persone. Per questo quando l’autrice vide nei cinema Il Ritorno del Re col bacio finale di Frodo a Sam ai Porti Grigi rimase molto colpita. Ostertag poi specifica che nel Signore degli Anelli vi son molte relazioni amorose platoniche e tante amicizie tra uomini, ma quella tra Sam e Frodo è di un genuino amore romantico (non solo platonico) e di carattere omoerotico.
Di seguito cercherò di ricostruire nel modo più fedele possibile le principali argomentazioni usate a supporto della tesi, e ne valuterò la consistenza.

Argomento 1) Sam e l’attendente omosessuale:
La relazione tra Sam e Frodo è modellata su quella tra attendente (“batman”) e ufficiale e c’è un racconto (Look in Mercy, di William Baxter, pubblicato nel 1951) che narra di una relazione con espliciti atti omosessuali tra un attendente e un ufficiale: per cui anche quella tra Sam e Frodo potrebbe essere di questo tipo.
Critica: è vero che la relazione tra Sam è Frodo è modellata su quella attendente-ufficiale, ma che qualche relazione di questo tipo sia omosessuale, non implica che lo sia anche quella tra Sam e Frodo.

Argomento 2) Baci tra Hobbit:
“They [Sam e Frodo] kiss at least four times; another time, it’s specified that they don’t kiss” (p. 11) e hanno atteggiamenti intimi (tenersi per mano o dormire uno sul petto dell’altro), per cui la loro è una relazione omosessuale.
Critica: gli atteggiamenti intimi indicati non sono atti omosessuali. Quanto ai baci tra Frodo e Sam, è bene ricordare nel dettaglio i testi del Signore degli Anelli in merito alla questione:

  1. Tolkien scrive che Sam non bacia la mano di Frodo nelle Dead Marshes
  2. Sam bacia Frodo sulla fronte, quando lo crede morto dopo la ferita subita da Shelob
  3. Sam torna a baciare Frodo mentre dorme nella torre di Cirith Ungol
  4. Sam bacia due volte le mano di Frodo durante la salita a Mount Doom
  5. Infine Frodo, dopo aver baciato Merry e Pipino, bacia anche Sam prima di partire dai Porti Grigi

Ora, questi baci (che sono 5 e non 4) o non baci (1-) non dimostrano certo una relazione omosessuale. Inoltre in nessun momento i due “si baciano” (“they kiss” scrive l’autrice) perché c’è sempre un solo hobbit che bacia un altro (e non viceversa) e in due situazioni il baciato è addirittura incosciente.

Argomento 3) Leggere tra le righe le verità nascoste non scritte:
anduinSempre in merito ai baci tra hobbit l’autrice poi cita Sean Austin (il bravissimo Sam nella trilogia di Jackson) il quale afferma: “I think Sam and Frodo should have kissed […] how do you know they didn’t?” (p.15).
Aggiunge poi che il Signore degli Anelli è presentato come una traduzione del Libro Rosso dei Confini Occidentali: con questo espediente Tolkien, pur obbedendo alle convenzioni del suo tempo, ci invita anche a “guardare tra le righe e cercare la verità nascosta” che parla di “relazioni tra lo stesso sesso”:

“When a book is presented as a primary source rather than a work of fiction, it’s an authorial invitation to look between the lines and search for hidden truths. The narrator becomes part of the fiction — history, after all, is recorded by specific people with their own motives — something that Tolkien, as one of the world’s foremost Beowulf scholars, would have intimately understood. It was a conscious choice on the part of “Frodo” and “Sam” to include the many moments when they express love for each other, and it reads much in the same way people from the past delicately referred to their same-sex relationships: wanting to acknowledge their truth while obeying the conventions of the time. (p. 12, enfasi aggiunte)

Critica: l’inferenza che dall’espediente della traduzione deduce la verità nascosta di relazioni omosessuali è veramente debolissima. E sopratuttto, se si accetta il principio per cui “qualcosa non negato può essere affermato” (cfr. Sean Austin) e si ammettono “hidden truths” o contenuti “betweeen lines” che non sono scritti nel testo, stiamo pur certi che ognuno troverà ciò che vuole trovare. Si noti tra l’altro che già Craig parlava di significati “non intenzionali” e di un amore “che non può essere nominato” (par. 1, anno 2020). Su questo tema comunque tornerò anche nella conclusione (par. 3)

Argomento 4) Tolkien, Auden e Renault:
A supporto del significato omosessuale della relazione Sam-Frodo, Ostertag ricorda che Tolkien (diversamente da C.S.Lewis) non ha mai espresso giudizi negativi sugli omosessuali e che anzi egli era amico di omosessuali (Auden) o apprezzava narrazioni che avevano anche relazioni omossessuali tra donne (Mary Renault, che era lei stessa lesbica) (p.14).
Critica: avere amici omosessuali o apprezzare storie in cui ci sono relazioni omosessuali, non implica che Tolkien approvasse la pratica dell’omosessualità né tantomeno che ne scrivesse come una “verità nascosta” nelle sue narrazioni.

Argomento 5) Gli Hobbit “Queer”:
queerLa Ostertag ricorda che Bilbo e Frodo non solo non si sono mai sposati, ma spesso vengono indicati come “queer”, aggettivo che secondo l’autrice “had a strong connotation of homosexuality by the late 1800s” (p. 14).
Critica: non è vero che “queer” ha una “strong connotation of homosexuality by the late 1800s”: Semplicemente nell’OED la connotazione omosessuale è uno dei tre possibili significati dell’aggettivo, il primo dei quali è “eccentrico, strano”. E, visto che negli scritti di Tolkien non si descrive la pratica di atti omosessuali da parte di Frodo, Bilbo e Sam, il significato più fondato alla luce dei testi è il primo.

Argomento 6) Frodo, Sam, Tolkien e il loro amore diverso:
Alla possibile obiezione “Tolkien was a Catholic born in the Victorian era! He never would have written about gay people!”, l’autrice risponde dicendo che Tolkien non lo ha fatto esplicitamente perché a quei tempi la cosa era anche penalmente pericolosa (vengono citati tristissimi casi di Alan Turing e Edward Brittian, condannati dalle leggi vigenti per comportamenti omosessuali: pp. 13-14).
Spiegato così il silenzio di Tolkien circa i espliciti riferimenti all’omosessualità, l’autrice poi, nelle ultime pagine del saggio, avanza una lunga argomentazione che, se non ho frainteso, si può riassumere in questo ragionamento allusivo: come Sam nutriva un amore omosessuale per Frodo, ma nonostante questo sposò Rosie, così forse Tolkien nutriva un tale amore verso G.B.Smith (omosessuale, al dire della Ostertag: p. 16) e nonostante questo sposò Edith. È anche per questo che Tolkien introduce nel Signore degli Anelli la relazione Sam-Frodo:

Tolkien had his beloved wife Edith. Sam had his Rose. But there is room, I think, for another kind of love, specific to both the real and invented worlds that Tolkien inhabited. A love that grew in extraordinary hardship, and ultimately could not survive outside of it; but that was deeply meaningful all the same. A love that deserves to be seen for what it was, and to have its story told. (p. 16, enfasi aggiunte)

queerIl saggio si chiude ipotizzando che Sam incontrerà Frodo nelle terre imperiture e lì i due amanti si comporteranno come Beren e Luthien (p. 16).

Critica: Questa allusione a una latente omosessualità di Tolkien, la quale viene raccontato nella storia tra Frodo e Sam, mi pare abbia come unico fondamento la volontà di trovare conferme ai propri presupposti.
Qui però vorrei aggiungere una refutazione “per assurdo” della tesi della Ostertag, che vale per ogni tesi simile e che si potrebbe riassumere così: se la relazione tra Sam e Frodo è omosessuale, vuol dire che Tolkien è un pavido come Frodo e Sam, ma Tolkien Frodo e Sam non sono pavidi quindi la loro relazione non è omosessuale. Più analiticamente:

  • Ipotizziamo che la relazione tra Sam e Frodo sia di tipo omosessuale e che Tolkien (il quale forse ha vissuto una simile relazione) non l’abbia scritto esplicitamente.
  • Ebbene, se così fosse, cosa diventerebbe il Signore degli Anelli? Diventerebbe una storia di un amore omosessuale in cui uno dei due protagonisti si sposa e costruisce una famiglia “non queer” principalmente per paura di non rispettare le convinzioni sociali della Contea o dell’Inghilterra tardo vittoriana. Quindi i suoi protagonisti, da eroi umili, diventerebbero dei codardi che, come J.R.R.Tolkien, non hanno avuto il coraggio di dire e fare ciò che pensavano e desideravano.
  • Ma Frodo, Sam (e Tolkien) non sono dei pavidi,
  • Allora occorre rifiutare l’ipotesi di partenza per cui il loro non è un amore omosessuale.

Conclusione

Lord of the RingTolkien non è mai banale, ed è indubbiamente vero che la relazione tra Sam e Frodo è molto particolare. Oso dire che, testi alla mano, ciò che fa Sam per Frodo nel Lord dimostra una amore più grande di quello mostrato verso. Per questo anche Rosie potrebbe dire “Magari un giorno [Sam] amerà così anche me”, proprio come disse Carla nei riguardi del marito Turk e del suo amico J.D. nella serie televisiva Scrubs (Stagione 4 episodio 1). Certamente quindi il rapporto tra i due hobbit deve essere ancora capito a fondo, tuttavia il queer approach non sembra essere in grado di farci fare grandi passi avanti vero la comprensione di questo tema.
Si è infatti visto come nel suo emblematico articolo Molly Ostertag, per supportare le proprie idee socio-politiche, propone argomentazioni prive di rigore [par. 2., argomenti 1,4], testualmente infondate [argomenti 2, 5] e logicamente assurde [argomento 6], fino a ricorrere all’espediente delle verità non scritte nascoste tra le righe [argomento 3)], già accennato da Craig nel suo articolo del 1999, poi celebrato da Robin Anne Reid nel 2020 [par. 1. anno 2020].

Per concludere torno a precisare che questo mio contributo non ha ovviamente la pretesa di essere esaustivo circa il queer approach, che fino ad ora ha prodotto saggi anche molto diversi tra loro (di grande interesse è ad esempio l’articolo di Vaccaro citato al paragrafo 1-anno 2017), ma vuole piuttosto essere un inizio di analisi di questa nuova prospettiva negli studi tolkieniani.
Queste mie brevi note tuttavia sembrano già mostrare ancora una volta che in generale tutti gli approcci (simbolico-Tradizionalisti, cristiano-proselitisti o queer che siano) che vogliono leggere ciò che è scritto tra le righe, non aiutano più di tanto a comprendere il profondo contenuto delle righe scritte da Tolkien.

 

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Santi Pagani e i critici: recensioni e risposta
– Leggi l’articolo Dimitra Fimi: Tolkien era davvero razzista?

LINK ESTERNI:
– Vai al sito della Popular Culture Association National Conference
– Vai al sito del seminario della Tolkien Society
– Vai al sito web di Dimitra Fimi

 

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Amazon e gli attori: no ai commenti razzisti

Cop Rings of PowerDalla messa in onda dei primi due episodi di questa serie, Il Signore degli Anelli: Gli anelli del Potere , su cui Amazon ha scommesso più di un miliardo di dollari per almeno cinque stagioni, i social network pullulano di proteste da parte degli utenti di internet parlano di una presunta “diversità forzata” nella scelta dei personaggi e di un tradimento dell’opera originale e di J.R.R. Tolkien, perché diversi ruoli vengono assegnati a persone di colore o ispaniche. È il caso della principessa nana Disa, interpretata da Sophia Nomvete o dell’elfo silvano, interpretato da Ismael Cruz Còrdova. Altri utenti di internet lo vedono invece come uno sviluppo gradito.

Amazon e gli attori 

Cast vs razzismoLa scelta è stata difesa anche da Amazon tramite un tweet dall’account ufficiale della serie trasmessa sulla piattaforma Prime Video del gruppo. «J.R.R. Tolkien ha creato un mondo che, per definizione, è multiculturale. Un mondo in cui persone libere di razze e culture diverse si uniscono in fratellanza per sconfiggere le forze del male. Ciò si riflette in The Rings of Power », ha commentato il cast mercoledì sera sull’account Twitter dello show. «Non ci sono solo i bianchi nel nostro mondo, non ci sono solo i bianchi nella ‘ fantasia ‘, non ci sono solo i bianchi nella Terra di Mezzo».
Il cast de Gli Anelli del Potere ha inoltre rilasciato un comunicato sull’account Twitter della serie con l’hashtag #YouAreAllWelcomeHere (#SieteTuttiBenvenutiQui), in cui si dice: «Il cast de Gli Anelli del Potere si unisce in solidarietà contro il continuo razzismo, le minacce, le molestie e gli abusi che alcuni dei nostri colleghi di colore stanno subendo quotidianamente. Ci rifiutiamo di ignorarli o di tollerarli. J.R.R. Tolkien ha creato un mondo multiculturale. Un mondo in cui persone libere di diverse razze e diverse culture si uniscono per sconfiggere le forze del male. Gli Anelli del Potere vuole riflettere questo. Il nostro mondo non è mai stato tutto bianco, il fantasy non è mai stato tutto bianco, la Terra di Mezzo non è tutta bianca. Le persone nere, indigene e di colore appartengono alla Terra di Mezzo e ci rimarranno».
Sean AstinA supporto del cast de Gli Anelli del Potere e contro questi commenti razzisti sono intervenuti gli attori della trilogia Il Signore degli Anelli diretta da Peter Jackson. Elijah Wood, Sean Astin, Dominic Monaghan e Billy Boyd – interpreti di Frodo, Sam, Merry e Pipino nella trilogia Il Signore degli Anelli – hanno infatti mostrato il loro supporto agli attori de Gli Anelli del Potere. Wood, Monaghan e Boyd indossano una maglietta con la scritta in elfico che significa «Siete tutti benvenuti qui» e un design che mostra orecchie di diversi personaggi – umani, elfi, nani, hobbit – di tonalità di pelle diverse. Astin indossa un cappello con lo stesso design. Le magliette e i capelli sono stati realizzati da Don Marshall, un utente di TikTok con più di 590.000 seguaci che condivide “fatti oscuri su Il Signore degli Anelli”.

 

SPECIALE SERIE TV

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LINK ESTERNI:
– Vai alla pagina facebook Lords for the Ring on Prime
– Leggi il comunicato di Amazon

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Stefania Auci: Tolkien cultore della libertà delle donne

«Il fantastico dovrebbe essere insegnato a scuola», è l’opinione di Stefania Auci, secondo cui il femminismo ha trovato terreno fertile nella letteratura dell’irreale, primo fra tutti nelle opere di JRR Tolkien. L’autrice dei Leoni di Sicilia sostiene la serietà di un genere letterario vastissimo e che, nella sua accezione larga di “fantastico”, spazia dalla fantascienza all’horror agli Hobbit. «È con le sue storie che si possono raccontare i grandi problemi del Novecento. Guardate come Tolkien rielabora il lutto della Grande Guerra nella trilogia dell’Anello» dice Auci. Cover Leoni SiciliaMa c’è di più, perché il fantastico è stato terreno fertile per il racconto della libertà delle donne, più di tutti gli altri generi, grazie alla sua capacità di colonizzare la memoria collettiva con i suoi cult. Le conquiste del femminismo del secolo scorso si riversano nelle eroine e nelle donne di potere che compaiono tra le pagine e i film di scrittori e registi prima e scrittrici e registe poi.
«Ci sono tante donne forti nel fantastico, dagli anni Settanta in poi – dice Stefania Auci – È il femminismo a far entrare la realtà nei racconti: le Bene Gesserit nel Dune di Frank Herbert, che prendono le decisioni; la principessa Leila in Star Wars di George Lucas, che combatte e guida i caccia stellari. E a sua volta, con questi messaggi, la libertà delle eroine dall’irrealtà del racconto ritorna a gamba tesa nella realtà, in maniera se vogliamo meno traumatica del femminismo nelle piazze».
Stefania Auci 02Ma anche prima degli anni più caldi per l’attivismo occidentale, gli scrittori fantasy sono tra i più sensibili nel raccogliere il cambiamento della società. «Tolkien era un cultore della libertà delle donne – continua Auci – e certo, lo era come lo si era all’epoca. Prendete Éowyn: la principessa si maschera da soldato e combatte. Sarà quella che annienta il male, realizzando la profezia che diceva che non sarebbe accaduto per mano di uomo. E effettivamente accade per mano di una donna. Ancora una volta Tolkien ha preso la realtà del suo tempo, la lotta delle suffragette di occupare un ruolo più forte nella società che era cresciuta con la Grande Guerra, quando le donne avevano mandato avanti la nazione con gli uomini al fronte, e l’ha portata in un romanzo. Quando Éowyn parla con Aragorn gli dice: ho paura di essere chiusa in una gabbia finché non sarò talmente anziana da non avere voglia di altro».

Criptovalute, la Tolkien Estate blocca JRR token

SloganLa Tolkien Estate è riuscita a bloccare una criptovaluta che si era autodefinita «l’unico token che li governa tutti», sfruttando la notorietà mondiale di J.R.R. Tolkien e dei suoi libri. L’ultimo capitolo di questa vicenda è di martedì 23 novembre, quando la società che tutela i diritti di molte delle opere dello scrittore e la sua eredità intellettuale ha raggiunto un accordo con Matthew Jensen, lo sviluppatore con sede in Florida, per il ritiro del suo token JRR. Ma andiamo con ordine.

Rubare notorietà per far soldi

DogecoinJRR Token non è altro che una delle ultime trovate del mondo dei cosiddetti “meme coin”, quelle criptovalute create a volte per scherzo, ma sempre per lucro, e che durano giusto il momento in cui tutti ne parlano, come i Dogecoin, Tiger King e tantissime altre. Un’imitazione di Bitcoin con il volto che è un meme, appunto, di un cane di razza shiba inu. In questo caso, la crypto è stata pubblicizzata con – ovviamente – tutta una serie di riferimenti al capolavoro Il Signore degli Anelli. Lo slogan «l’unico token che li governa tutti», del resto, è chiaro: la moneta è stata lanciata per la prima volta nell’agosto 2021 e per un po’ ha rubato la scena persino ai Bitcoin canonici. Ad annunciarne l’arrivo a suon di video pubblicitari era stato l’account Twitter JRRToken (@TheTokenOfPower), che ovviamente non perdeva occasione per creare continui riferimenti alla saga. Un filmato pubblicato l’8 agosto, in particolare, poteva benissimo essere scambiato per uno spin-off della trilogia cinematografica de Il Signore degli Anelli. In realtà, non si trattava nemmeno di una vera e propria criptovaluta, piuttosto di un token. Più che moneta di scambio, quindi, era un gettone virtuale il cui valore è stabilito dalla società d’emissione. Per semplificare ancora, il token funzionava esattamente come i bollini del supermercato, le fiches del casinò, i buoni pasto o i gettoni in plastica di una sala giochi che hanno valore solo se usati in quegli ambienti specifici. Quindi i JRR Token avevano validità solo su determinate piattaforme e chi li possedeva ne otteneva di più ogni qualvolta un nuovo utente ne comprava di nuovi. Final-ChartAttenzione, ecco un dettaglio non irrilevante: il 3% di ogni transizione effettuata con i JRR Token finiva in un pool di liquidità, ossia un deposito fondi basato su tecnologia blockchain che poteva facilmente finire in una dark pool,  cioè una borsa digitale in cui posso essere effettuate operazioni in modo anonimo e senza rendere pubblici i quantitativi scambiati (è evidente che questo tipo di borse digitali siano perlopiù usate per l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro). Tutto molto complicato, ma il concetto è chiaro: lucrare sulla visibilità del nome Tolkien e del suo immaginario per attirare utenti e fondi nel più breve tempo possibile per guadagnare soldi. Billy BoydIl fandom non l’aveva presa benissimo e lo stesso account twitter aveva lanciato il dibattito: «Fare una criptovaluta a tema è vergognoso, sembra una trovata di Saruman», ha commentato un account; ma i responsabili di JRR Token hanno risposto a tono: «Assolutamente no», hanno scritto, «Saruman stava cercando di unificare la Terra di Mezzo sotto un governo centralizzato dove l’Alleanza dei Popoli Liberi voleva il decentramento, e la criptovaluta è nota per permettere la creazione di reti decentralizzate». I responsabili hanno perfino ingaggiato l’attore Billy Boyd – che nella saga interpreta lo hobbit Peregrino Took – per un cameo pubblicato su Twitter e tuttavia rimosso molto presto. E questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso…

L’intervento degli eredi di Tolkien

Tolkien EstateIl 10 agosto 2021, solo quattro giorni dopo che Billy Boyd aveva rilasciato il suo cameo di 40 secondi su YouTube, la Tolkien Estate ha presentato una denuncia alla World Intellectual Property Organization (WIPO), l’Organizzazione mondiale per la politica sulla proprietà intellettuale. All’epoca, la WIPO stabilì che Jensen aveva registrato il 26 febbraio 2021 e utilizzava il nome di dominio del sito web jrrtoken.com in “malafede”. A seguito della procedura di arbitrato, mentre il nome di dominio è stato concesso alla Tolkien Estate, Jensen ha cambiato il suo in thetokenofpower.com, uno degli slogan già utilizzati per pubblicizzare il token JRR. Tuttavia, secondo Tolkien Estate, il nuovo sito web includeva ancora immagini di anelli, tane Hobbit e un mago con una sorprendente somiglianza con Gandalf. Tutti chiari riferimenti alla Terra di Mezzo.
In risposta, gli avvocati di Matthew Jensen hanno affermato che la parola token era un termine generico, non deve essere confuso con il cognome Tolkien e non ha violato alcuna proprietà intellettuale. Ma la WIPO ha concluso che non c’era dubbio che lo sviluppatore fosse «a conoscenza delle opere di Tolkien e ha creato un sito web per sfruttarne la fama». Gli avvocati di Jensen hanno sostenuto che il nome di dominio contestato JRR Token «non è identico o può creare confusione» con il marchio JRR Tolkien della Tolkien Estate perché «non contiene le lettere aggiuntive “L” e “I” ed è anche pronunciato in modo diverso». Hanno anche affermato di aver selezionato quel nome di dominio perché JRR sta per «Journey through Risk to Reward» e “jrrcrypto.com” non era disponibile. Tuttavia, non sono stati in grado di persuadere il membro del WIPO John Swinson, che ha affermato che «il sito web è chiaramente un’impresa commerciale, che è intelligente ma non divertente». A ulteriore prova, il 9 settembre, il fatto che i responsabili del token JRR avevano annunciato l’intenzione di rilasciare un gioco di carte digitale, giocatore contro giocatore, chiamato Dawn Rising per l’inizio del 2022 in cui i giocatori avrebbero potuto scommettere i propri token JRR. Il progetto aveva già elencato nove token non fungibili (NFT) in vendita sul mercato OpenSea, con un volume di scambi di account di 0,18 Ether (ETH), cioè circa 4.200 dollari al momento dell’annuncio.
BitcoinAlla fine Jensen si è dovuto arrendere e ha raggiunto un accordo. Lo sviluppatore ha promesso di chiudere il token ed eliminare qualsiasi contenuto che violi i diritti della Tolkien Estate e la proprietà intellettuale relativa a Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit. Ha anche accettato di pagare le spese legali della proprietà, il cui ammontare non è però stato divulgato. L’account Twitter, il canale YouTube e il sito web del token JRR sono stati eliminati. Rimane il fatto che il token BEP-20 è detenuto solo da 510 indirizzi, con una fornitura di mercato di 19 trilioni. «La Tolkien Estate è vigile nell’impedire a parti non autorizzate di sfruttare il nome J.R.R. Tolkien e il contenuto delle sue opere letterarie», ha affermato l’avvocato Steve Maier, che ha aggiunto: «Questo è stato un caso di violazione particolarmente flagrante, e l’Estate è lieta che sia stato concluso a condizioni soddisfacenti». In passato la Tolkien Estate ha citato in giudizio aziende turistiche e merchandising che facevano uso non autorizzato dei nomi Tolkien e JRR Tolkien, ma questa è la prima volta che ha agito contro una criptovaluta.

 

ARTICOLI PRECEDENTI
– Leggi l’articolo La Tolkien Estate blocca Storm over Gondolin
– Leggi l’articolo Ora le slot machine: la denuncia della Tolkien Estate
– Leggi l’articolo La Middle-earth Enterprises contro un pub di Southampton
– Leggi l’articolo “Giù le mani dal copyright!”, per J.R.R. Tolkien la malattia cresce
– Leggi l’articolo Mirkwood, contesa legale per la Tolkien Estate

LINK ESTERNI
– Vai al sito web della TOLKIEN ESTATE

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Traduzione, archiviata la querela di Alliata

TribunaleL’8 luglio 2021 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma ha archiviato la querela per diffamazione presentata da Vittoria Alliata nei confronti di Ottavio Fatica, Loredana Lipperini e dell’allora direttore di Repubblica Mario Calabresi per un’intervista apparsa sul supplemento domenicale Robinson nell’aprile 2018 (qui si può leggere l’intervista nella sua versione più lunga).

Due anni di polemiche

Vittoria AlliataTutto inizia con la decisione della casa editrice Bompiani, «nello spirito di una manutenzione accurata del catalogo» come riportato da Beatrice Masini, di realizzare una nuova traduzione del capolavoro di Tolkien. Il progetto prevede il lavoro di Ottavio Fatica, noto e affermato traduttore esperto di letteratura inglese, con la consulenza dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani (nella persona di Giampaolo Canzonieri). L’avvio dei lavori viene reso noto, il 29 aprile 2018, con un’intervista su un quotidiano nazionale, e poi approfondita in un incontro, il 12 maggio 2018, al Salone Internazionale del Libro di Torino. Nel luglio 2018, la traduttrice storica del Signore degli Anelli, Alliata ha scoperto che il suo contratto con Bompiani era scaduto e ha preso provvedimenti legali, contemporaneamente querelando anche il traduttore, la giornalista e il direttore del quotidiano, sembra soprattutto per l’espressione iperbolica «cinquecento errori a pagina per millecinquecento pagine» usata da Fatica nell’intervista del 29 aprile. Da questo momento, la vicenda è corsa su due binari paralleli: l’iter processuale della querela e le trattative per il rinnovo dei diritti di pubblicazione. Proprio il contenzioso sulla vecchia traduzione è andato avanti per un anno e mezzo (dal luglio 2018 fino alla fine del 2019), con incontri tra gli avvocati delle due parti. In questo periodo Vittoria Alliata di Villafranca ha avuto modo di partecipare a diversi incontri a RomaAscoli PicenoGiardini NaxosSan Marino e Macerata, in cui ha esposto le sue ragioni, dei quali il più noto è stato il convegno intitolato «La Guerra di Tolkien», tenutosi in Senato a Roma il 17 gennaio 2019 e introdotto dal senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia, ex-AN ed ex-MSI, che ha ricordato i tempi in cui la sua generazione frequentava i Campi Hobbit.
 A gennaio 2019 Beatrice Masini ha fatto sapere che Bompiani aveva offerto ad Alliata la possibilità di rinnovare il contratto e di mantenere viva anche la vecchia traduzione, continuando a pubblicarla. «Abbiamo annunciato la nuova traduzione, invece che agire in silenzio, proprio perché questo non escludeva e non esclude il mantenimento della traduzione storica in catalogo. Abbiamo proposto a Vittoria Alliata non solo di rinnovare il contratto di traduzione (scaduto di recente e per una svista non immediatamente rinnovato) ma anche di rivedere il suo lavoro, com’è giusto fare dopo tanti anni, in vista di una nuova edizione, e non abbiamo ottenuto alcuna risposta certa da parte dei suoi legali; un confronto diretto non è mai avvenuto perché non è mai stato accettato».
Il Signore degli AnelliA fine dicembre 2019, infine, è giunta la lettera aperta di Vittoria Alliata che ha messo fine alla questione sul fronte editoriale. La traduttrice ha annunciato di avere rifiutato l’offerta della casa editrice, che prevedeva di sanare il periodo 2016-19 e rinnovare il contratto per 10 anni, a una cifra annua di 880 euro, con l’opportunità di revisionare la sua traduzione. Nella lettera aperta Alliata ha concluso: «In questa situazione, è evidente che la mia traduzione, proprio perché voluta dall’Autore e da coloro che lo amano davvero, non può rimanere sugli scaffali accomunata a chi la gestisce come un fustino di detersivo». In ottemperanza a questa decisione della traduttrice, la casa editrice Bompiani ha così dovuto ritirare dal commercio tutte le copie della vecchia traduzione.

L’archiviazione della querela

Cover Volume unico FaticaSe il contenzioso sul rinnovo del contratto è stato lungo, anche di più si è dovuto attendere per il decorso della querela presentata da Vittoria Alliata. Ci sono voluti quasi tre anni – dal 19 luglio 2018 all’8 luglio 2021 – perché il giudice riuscisse a chiudere un procedimento che è sempre rimasto nella fase preliminare. Questa enorme lentezza è stata anche causata dall’emergenza sanitaria per il covid19 che ha rallentato l’attività dei tribunali. Una richiesta di archiviazione era già stata formulata dal pubblico ministero il 16 ottobre 2019, ma gli avvocati di Alliata avevano fatto opposizione il 15 marzo 2021. Così, il giudice il 30 giugno 2021 ha letto l’atto presentato, ha rigettato l’opposizione e disposto l’archiviazione della querela. Infine, l’8 luglio 2021 sono uscite le motivazioni. Il giudice ha riconosciuto che si è trattato del mero esercizio del diritto di critica. «In realtà, come si evince dall’articolo in questione – recita la sentenza – Fatica Ottavio riconosceva l’impegno ed il valore del lavoro svolto dalla Alliata che, appena diciassettenne all’epoca dei fatti, si accingeva a tradurre un’opera di grande spessore e complessità quali Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien». Anche il giudice, quindi, ha riconosciuto che la vecchia traduttrice era stata elogiata nell’intervista in questione. spese_giudizialiMa c’è di più: anche le critiche sono solo un’iperbole e non una diffamazione: «Ebbene le espressioni utilizzate dal Fatica non appaiono volutamente diffamatorie in quanto si collocano nell’esercizio del diritto di critica. Per giurisprudenza consolidata si ritiene che il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca in quanto non si concretizza nella narrazione di fatti bensì nell’espressione di un giudizio o di un’opinione». La distinzione è qui resa necessaria dal fatto che il diritto di cronaca è stato usato per l’archiviazione delle querele contro il lavoro svolto da Loredana Lipperini e dal direttore del suo quotidiano. Gli atti sono stati così restituiti al pubblico ministero per l’archiviazione definitiva.
Scaffale libri collezione TolkienSi conclude così anche la parte giudiziaria di una vicenda che per quasi quattro anni ha scosso l’ambiente tolkieniano italiano (con diversi tentativi di “esportare” la polemica all’estero, tutti caduti nel vuoto). Spiace constatare che se le scelte fossero state diverse oggi avremmo in libreria due traduzioni del Signore degli Anelli: quella recente e quella storica finalmente emendata dai molti errori che conteneva. Chi ha preferito lo scontro frontale ha senz’altro ottenuto il suo momento di gloria, ma trascorso quello, si ritrova oggi con una traduzione in meno e neanche una statua a Maldon. Nel frattempo, per fortuna e così come dev’essere, la storia dell’opera di Tolkien nel nostro paese è andata avanti imperterrita, con convegni, conferenze, iniziative, e presto – col volano della serie Tv Amazon prossima ventura – subirà senz’altro un’accelerazione anche sul piano editoriale. Chi vivrà vedrà.

 

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– Vai al sito di L’editore Bompiani: «Nessuna lettura ideologica di J.R.R. Tolkien»

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Multa salata dalla TE all’amanuense medievale

Mappa Terra di Mezzo - Scritto a ManoUna delle vecchie conoscenze dell’AIST è Stefano Gelao, ospite spesso alle attività culturali dell’Associazione da Fantastika 2018 a Lucca Comics and Games. Noto ai più con il nome di “Amanuense tolkieniano”, Gelao è attratto dai pennini fin dalla più tenera età, ha conseguito studi classici e ha lavorato per anni nel campo della grafica e del design. Ha studiato presso alcuni dei migliori calligrafi del mondo prima di aprire il proprio scriptorium amanuense Scritto a Mano. Per l’AIST, Gelao ha inaugurato la Tana del Drago con la Mappa della Terra di Mezzo, realizzata come avrebbero potuto essere vergate nel mondo tolkieniano, con penna d’oca, inchiostri artigianali e cartapecora. Oggi è finita tra i Cimeli della Tana perché è su vellum (pergamena particolarmente fine da una pelle di vitello, ricavata da animali nati morti) di 80×60 cm, stesa a telaio con i tiranti di canapa, con il telaio fatto a mano su misura proprio per quello specifico pezzo, con oro in conchiglia, tempera all’uovo e rosso vermiglione – è il solfuro mercurico rosso (il cinabro) e anche altri minerali di colore rosso adoperato come pigmento per colorare -, con l’inchiostro ferrogallico, fatto a mano con la ricetta medievale e l’uso della penna d’oca… Ora è un esemplare unico al mondo e se ne può scoprire presto il motivo!

L’intervista a Stefano Gelao

Stefano GelaoIl 27 maggio 2021 Stefano Gelao sul suo sito web ha pubblicato un video in cui ha raccontato la sua ultima disavventura. Intitolato «La denunzia di Tolkien (o anche: il difficile giorno delle Confessione e delle Scuse)», racconta il giorno in cui con una raccomandata dal Regno Unito, Oxford, lo studio legale Blackburn & Maier inviava una diffida a smettere un’attività illecita e una richiesta di danni da parte della Tolkien Estate! Abbiamo contattato Stefano Gelao e gli abbiamo chiesto di raccontare tutta la storia. Ecco l’intervista:
mappa Stefano GelaoStefano, cosa è successo? «Succede che verso fine aprile ricevo un’email con intestazione Tolkien Estate. La guardo e il mio innato ottimismo mi fa dire: “Ah, che bello? Sono stato notato dalla grande società che cura i diritti di Tolkien, quella che ha fatto Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit, che ora sta facendo la serie televisiva con Amazon Prime. Sai mai mi facciano i complimenti per il mio lavoro”. Ma in questo caso il mio innato ottimismo era piuttosto malriposto, perché in realtà la mail veniva dallo studio legale Meyer and Blackburn. Poi mi è arrivata anche la copia cartacea, il 21 aprile scorso. Lo studio legale di Oxford che cura i diritti appunto della Tolkien Estate è il mittente di questa email. L’oggetto era relativo alla infrazione dei copyright a causa con le mie riproduzioni e tutte le altre pergamene ad ispirazione o a contenuto di testi tolkieniani».
Nella lettera è inclusa la lista completa dei lavori? «Sì infatti, un lavoro, devo dire molto meticoloso, molto britannico. Tutta la lista dei lavori che io ho realizzato dalla apertura del sito web, dall’inizio di di questa attività».
La Tolkien Etsate contesta all’amanuense l’infrazione del copyright chiedendogli di rifondere loro le spese legali, le royalties e anche i danni. È vero? «Ad essere sincero, la richiesta di danni è quello che mi ha fatto davvero tremare le vene dei polsi e che mi ha fatto anche indignare».
Stefano GelaoCome ti sei sentito e cosa hai fatto? «Ero spaventato, eh, stupito anche perché qui parliamo di ben 30 lavori. Ho contattato il mio avvocato e gli raccontato tutta la situazione. E con lui quindi, abbiamo concordato una risposta che era in definitiva il riconoscimento pieno del mio errore. Non c’è molto da dire, io sono un copista, ho copiato la porta di Moria, la mappa dello Hobbit, la mappa della Terra di Mezzo… In tutti questi casi si tratta di una piena infrazione di un copyright, che scadrà fra 22 anni, se ricordo bene la data di morte del professor Tolkien».
Gelao ha riconosciuto appieno il suo errore, si è dichiarato disponibile a pagare quello che c’era da pagare, contestando però il risarcimento dei danni, di avere arrecato danno alla causa del nome Tolkien. È così? «Assolutamente, mi sono opposto alla richiesta di danni! Per l’amore con cui ho fatto queste pergamene, per la competenza che ci ho messo nella cura, l’attenzione a ogni minimo microscopico dettaglio. A renderlo al meglio, a cercare di onorare quello che è questa grande saga, quella che è la produzione letteraria del professor Tolkien, per finire alla scelta dei materiali che ho sempre utilizzato. Insomma, i materiali più pregiati».
Ma come li hai realizzate le tue opere? «La mia Mappa della Terra di Mezzo è qualcosa di unico al mondo, qualcosa che non si è mai visto: una pergamena stesa a telaio con i tiranti di canapa, con il telaio fatto a mano su misura proprio per quello specifico pezzo, con l’oro, con il vermiglione in tempera all’uovo, con l’inchiostro fatto a mano con la ricetta medievale. No, io su questo mi sono fortemente opposto, non ho arrecato danni».
Stefano GelaoQuale è stata la risposta della Tolkien Estate? «Dopo che gli abbiamo spiegato tutto questo alla Tolkien Estate, la loro risposta è stata positiva in tal senso. Per fortuna, perché altrimenti sarebbe stata davvero la chiusura di questo mio sogno. Hanno riconosciuto che io non sono uno dei tanti che potete vedere a una qualunque fiera fantasy del fumetto, come se ne vedono tantissimi a Lucca Comics and Games che prendono, tirano giù da internet un’immagine, la stampano su magliette o su quello che sia e vendono centinaia o migliaia di pezzi. Io faccio tutto a mano e per pochi esemplari, se non unici. Ho proposto loro addirittura di mandare fisicamente dei lavori, di spedire alla Tolkien Estate una delle mie pergamene, per permetter loro di toccare con mano quello che faccio. La cura, la qualità con cui lo faccio, i materiali che scelgo in modo tale che capissero che non sono uno di quelli che senza fatica, senza amore prende stampa, vende e guadagna semplicemente con qualcosa che non gli appartiene».
Insomma, la Tolkien Estate ha riconosciuto questa cosa e quindi ha evitato di chiederti quantomeno i danni? «Esatto. Mi hanno chiesto comunque varie migliaia di euro, eh. Insomma, è comunque un impegno economico piuttosto gravoso e mi hanno chiesto, come potete ben immaginare, d’ora in avanti di non produrre, pubblicizzare e vendere ulteriori lavori in infrazione dei loro copyright».
Stefano GelaoCosa può capitare a chi ha le tue pergamene a tema Tolkien? «Beh, nulla! Anzi, può solo essere meglio. Che siano le mappe della Terra di Mezzo, quelle dello Hobbit, le porte di Moria, la canzone di Beren e Lúthien, la Poesia dell’Anello o qualunque altra delle mie opere, se la tenga ben stretta!!! Sono ormai copie uniche e irripetibili, altre non se ne faranno».
Hai qualche consiglio da dare a colleghi e artisti? «Per quanto riguarda il copyright, per calligrafi o amanuensi non c’è scampo. Usare un brano di Tolkien, copiare un qualunque brano di Tolkien, è già un’infrazione del copyright. E per un calligrafo non c’è modo: noi scriviamo e copiamo testi. Non c’è modo di aggirare l’ostacolo». Stefano GelaoPer i disegnatori, invece, per chi fa fan art e cose del genere è un pochino più semplice perché è sufficiente evitare dei riferimenti specificamente tolkieniani e si può fare tranquillamente. «Sì, per il resto basta, tra virgolette, non usare i nomi tolkieniani, cioè vuoi rappresentare Éowyn che trafigge il Nazgûl? Bene non scrivere che è Éowyn che trafigge il Nazgûl e in teoria nessuno potrà venirti a dire nulla! Quindi, non usare i nomi in didascalia, non li usare nella spiegazione dell’immagine. Non utilizzare i brani tolkieniani che stai illustrando e a quel punto dovresti essere a posto. Bada bene, non fare l’errore di pensare che per me il problema ci sia stato solamente perché io vendo le pergamene. La vendita è un’aggravante, ma l’infrazione di copyright rimane e quindi la Tolkien Estate potrebbe intervenire in ogni caso facendoti arrivare una bella raccomandata in Royal Mail dal Regno Unito con una diffida e una richiesta di risarcimento».
Quindi, questo caso vale anche per la vendita? «Non solo! Nell’elenco dei miei 30 lavori contestati ci sono anche alcuni lavori che sono regali di nozze che io ho fatto a dei miei amici. Sono un nerd di vecchissima data e ho un giro di amici nerd e in alcuni casi ho regalato loro dei lavori di ispirazione tolkieniana. L’infrazione del copyright vale anche in questo caso. Quindi state attenti, la situazione è delicata».
Stefano GelaoQuali sentimenti hai ora quando pensi alle opere di Tolkien? «Mi spiace moltissimo di essere arrivato a questo punto, anche perché per me il professor Tolkien, Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit, tutte le opere collegate per me sono importanti. Lessi Il Signore degli Anelli 35 anni fa, Lo Hobbit mi venne letto dai miei ancora prima… E la mia stessa produzione è iniziata da lì, oltre a far parte della mia storia, è insomma per me la mia storia, così come la storia, le storie. Per me, sono cose importanti, non farei questo lavoro se la storia e le storie non fossero importanti».
Come è stato realizzare la Mappa della Terra di Mezzo? «Ricordo con una precisione, proprio come se fosse successo ieri, il giorno di dicembre 2016 in cui avevo davanti quella intera pergamena di vitello che sarebbe diventata la mia prima mappa della Terra di Mezzo ed il giorno di gennaio 2017 in cui ho tracciato l’ultimo tratto. Ricordo le sensazioni che ho provato prima e che ho provato poi. Prima c’era un senso di panico completo, totale, assoluto. Cioè avevo di fronte questa pergamena e avevo di fronte la mappa che avrei dovuto copiare e la sensazione era: “Come ne tiro fuori le gambe? È un lavoro troppo grande per me. Troppo complesso”. Ci sono infinite scrittine poi piccole minute, una quantità di dettagli che, insomma, chi conosce l’argomento lo ben sa. E la sensazione una volta finito il lavoro, quando ho tirato l’ultimo tratto di penna non era solo orgoglio…, lì, si, è stato il momento in cui mi si è aperto un mondo, in cui mi si è sbloccata la consapevolezza che il tetto era solo la volta stellata, che se avessi dedicato sufficiente attenzione, delizione, tempo e risorse ad un progetto, non c’era nulla così grande da risultare veramente inaffrontabile! Quella mappa è stato alla fin fine ciò che mi rende quello che sono oggi e quindi per me oggi pensare a Tolkien è divenuto una sensazione davvero agrodolce. Si unisce l’amore che non riesco a non provare per la sua opera, con la sensazione acre di tutto quello che è successo e che vi ho appena raccontato.
Stefano GelaoLa vicenda si è conclusa, ormai? «Sì, ora è tutto finito. Questa è l’ultima avventura dello scrittorio finita proprio questi giorni. E andiamo avanti. Mi ritrovo parecchi passi indietro rispetto a prima, ma la direzione è sempre quella, creare cose sempre più belle, sempre più precise, avere la possibilità di continuare a scrivere storie. Sono infinitamente grato di uscirne un po’ acciaccato, ma senza le ossa rotte e lo debbo anche a tutti coloro che mi seguono e mi supportano. In fondo il mio debito con la società l’ho saldato, anche se in questo caso con società non intendo tutte le persone che la compongono, ma intendo la società commerciale della Tolkien Estate che cura la produzione, i diritti di dell’opera letteraria di Tolkien. Evidentemente questa piccola bottega, questo piccolo scriptorium, sta prendendo insomma nome, importanza e fama, tanto da arrivare ad orecchie così in alto. A me sembrano così immensamente in alto!».

 

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LINK ESTERNI
– Vai al sito web della Tolkien Estate

 

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Campagna da 5 milioni per la casa di Tolkien

Project NorthmoorIl 2 dicembre 2020 è stato pubblicato in rete un nuovo progetto chiamato Project Northmoor. Sulla schermata principale del sito si legge: «Puoi aiutare a costruire il primo centro al mondo dedicato a Tolkien». Accanto al messaggio, un video in cui alcuni noti attori che hanno interpretato diversi personaggi nei film di Peter Jackson presentano il progetto. Tra loro i famosissimi Martin Freeman, Ian McKellen, Jhon Rhys Davies, Annie Lennox e tanti altri. Il progetto si avvale di un crowdfunding con l’obiettivo di raccogliere i fondi in tre mesi per acquistare la residenza al numero 20 di Northmoor Road, a Oxford. Ovvero, la casa in cui ha vissuto la famiglia Tolkien tra il 1930 e il 1947. Casa in cui il Professore ha scritto Lo Hobbit e buona parte de Il Signore degli Anelli. Un progetto ambizioso, ma soprattutto costoso. Parliamo di una richiesta minima di 4 milioni di sterline, con una serie di successivi step fino a 4.8 milioni di sterline (5.3 milioni di euro). Nel video gli attori dei film di Jackson e la direttrice del progetto, Julia Golding, dichiarano che finalmente la casa di Northmoor Road, appartenuta alla famiglia Tolkien, è in vendita. L’obiettivo sarebbe quello di acquistare la casa al fine di renderla un centro dove organizzare eventi per i tolkieniani di tutto il mondo.
Julia GoldingGli autori di Project Northmoor si pongono alcuni obiettivi per arrivare fino ai suddetti 4.8 milioni di sterline, partendo dalla sistemazione del giardino, passando per l’istituzione di borse di studio, arrivando alla costruzione di una casa hobbit. Gli utenti, come nella maggior parte dei crowdfunding, riceveranno dei premi in base all’entità della loro donazione, da un semplice certificato con una donazione minima di 20 sterline, fino alla dedica di una stanza o di un’area del giardino con una donazione di 200.000 sterline. Un’iniziativa che non può che trovare l’approvazione di qualsiasi appassionato tolkieniano, per di più sostenuta da dei giganti del grande schermo. Ma ci sono alcuni aspetti che devono essere chiari.

I dettagli del progetto

20 Northmoor RoadIl Progetto Northmoor sembra semplice e lineare: salvare la casa di Tolkien e farne un centro culturale. L’area dedicata alle Domande Frequenti del sito web offre però alcune informazioni interessanti: la casa non avrà un museo, in quanto la struttura deve rimanere residenziale. L’idea è quella di mantenere la struttura così com’è. Gli eventi culturali non saranno solamente a tema tolkieniano. La casa, una volta acquistata, sarà di proprietà dell’associazione di beneficenza Project Northmoor, sotto la guida di Julia Golding, scrittrice inglese, conosciuta anche con gli pseudonimi di Joss Stirling e Eve Edwards. 20 Northmoor RoadSoprattutto, nel caso in cui il crowdfunding non dovesse raggiungere gli obiettivi, il denaro donato non verrà restituito, ma verrà gestito dall’associazione di beneficenza per sviluppare progetti alternativi nell’area di Oxford. Da quanto si apprende, nessuna associazione tolkieniana è coinvolta nel progetto, soprattutto non lo è la Tolkien Estate, l’ente che tutela gli eredi dello scrittore inglese. Il giorno successivo al lancio del progetto è intervenuto sui social network il presidente della Tolkien Society, Shaun Gunner, mettendo in luce alcuni aspetti ancora non chiari: l’associazione di beneficenza non ha alcun legame con la comunità tolkieniana, inglese o internazionale; 20 Northmoor Roadla casa non deve essere “salvata” come dichiarato nel sito, in quanto non è sottoposta ad alcun rischio; in uno scambio epistolare, Gunner è stato informato dall’organizzazione riguardo al possibile utilizzo dell’abitazione come Bed & Breakfast. Informazione esclusa nella comunicazione del progetto. Nelle mail con Gunner gli organizzatori dell’associazione dichiarano che i corsi che vorrebbero lanciare dopo l’acquisto saranno a numero chiuso con massimo 10 partecipanti e focalizzati all’arte e alla scrittura creativa.

Numerose speculazioni edilizie

StaffordshireJohn Ronald Reuel Tolkien ha vissuto a Oxford per oltre 50 anni. Solo una debole traccia dell’epoca di Tolkien rimane nelle sagome delle otto case in cui visse e dei quattro college che frequentò. Eppure negli ultimi venti anni, l’onda lunga del culto feticistico sulla sua persona ha permesso operazioni speculative come mai con nessun altro scrittore era accaduto a Oxford. Quasi tutte le case in cui lo scrittore visse sono state vendute a prezzi altissimi, se si escludono le case di proprietà dell’Università. Anche fuori Oxford, i luoghi legati a Tolkien hanno generato buoni affari, con prezzi superiori al milione di sterline.
n. 76 Sandfield Road, HeadingtonLa casa al n. 2o di Northmoor Road a Oxford è stata costruita nel 1924: si tratta di 380 metri quadri di abitazione con un giardino enorme. La famiglia Tolkien vi si trasferì nel 1930 dal numero civico a fianco, il 20. Vi rimasero fino al 1947, quando con la partenza dei tre figli maschi, la dimora era divenuta troppo dispendiosa per tre persone. Negli anni in cui visse lì, Tolkien scrisse Lo Hobbit e gran parte de Il Signore degli Anelli. La famiglia Tolkien, quindi, da oltre 70 anni non vive più in quella casa, e in tutti questi anni ci sono stati diversi ammodernamenti sia interni sia esterni. Nel 2002 con una cerimonia è stata apposta una targa blu che commemora il n. 20 Northmoor Road come un edificio «di interesse speciale, garantendo ogni sforzo per preservarlo». È inoltre inserito nella lista degli edifici classificati Grade II nel registro di Heritage England. La sola pianta degli interni sopravvive inalterata, fatta eccezione per il muro tra l’ex studio e il salotto che fu rimosso da Tolkien per ampliare la stanza in cui lavorava. Blue plague: 20 Northmoor RoadL’ultimo cambio di proprietà è avvenuto nel 2004, quando la casa è stata venduta a “solo” 1.525.000 sterline, un terzo dell’attuale prezzo richiesto di £ 4.575.000. Infine, la dimora è in vendita da quasi due anni e non è «da salvare». Qualsiasi lavoro per ripristinare l’atmosfera degli anni in cui Tolkien visse lì sarà quindi perlopiù artificioso e una creazione moderna dello stile anni Trenta: non ci sarà una singola parte della casa che «Tolkien toccò» o in cui «Tolkien scrisse qui».

Considerazioni finali

20 Northmoor RoadTutta queste informazioni portano quindi a fare alcune considerazioni: la mancanza di un legame tra l’associazione di beneficenza e la comunità tolkieniana è un fattore che implica una serie di problematiche non indifferenti. Gli stessi organizzatori, infatti, escludono la realizzazione di un centro studi. Per lo stesso motivo sembra evidente l’impossibilità di costruire un museo aperto al pubblico. Le forti limitazioni legali di una struttura prettamente residenziale evidenziano che non sarà possibile consentire un flusso costante di visitatori. Infatti, la casa sarà accessibile solo su appuntamento e gli eventuali corsi saranno con un numero molto limitato di partecipanti.
Piantina NorthmoorDa quanto si evince, nella malaugurata ipotesi del mancato raggiungimento degli obiettivi prefissi, il denaro già donato rimarrebbe in mano alla Project Northmoor Charity. Quindi, se ad esempio, venissero fatte donazioni per 3 milioni di sterline, l’associazione potrebbe incassare il denaro e spenderli in progetti al momento non dichiarati. A proposito della possibile costruzione di un bed & breakfast va considerato il fatto che una casa da 4 milioni di sterline necessita di una manutenzione continua e di personale addetto. Per questo motivo è chiaro che per sostenere i costi di gestione l’organizzazione ha ipotizzato questo tipo di soluzione economica. È lecito e necessario creare un’attività economica collaterale in grado di supportare la gestione di una tale struttura, ma l’ipotesi non è pubblicizzata sul sito web.
20 Northmoor RoadValutando questi aspetti nel complesso ci si potrebbe domandare se ci siano davvero le condizioni per supportare questo tipo di progetto. La Project Northmoor Charity sta proponendo alla comunità tolkieniana, senza alcun supporto istituzionale, di effettuare donazioni per l’acquisto di una abitazione iconica, senza però garantirne un accesso libero e universale. Ovviamente i lettori possono donare i loro soldi per questo ambizioso progetto, però al contempo che siano consapevoli delle molte limitazioni che ha e dell’eventualità che se non si raggiunge la quota minima dei 4 milioni di sterline potrà avere altri obiettivi.

Marco Pelizzola

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LINK ESTERNI:
– Vai al sito web del Project Northmoor

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Santi Pagani e i critici: recensioni e risposta

PaganiQualche tempo fa abbiamo parlato delle numerose recensioni estere che ha ricevuto il volume Pagan Saints in Middle-earth (Walking tree Publishers, Zurich-Jena, 2018), traduzione in lingua inglese di Santi Pagani nella Terra di mezzo di Tolkien (ESD, Bologna, 2014). Il notevole studio realizzato da Claudio A. Testi ha portato molto avanti il dibattito sull’aspetto religioso nelle opere di Tolkien e continua a far riflettere la critica internazionale sulla questione. Recentemente si sono aggiunte altre due recensioni : una scritta da Raymond Hain per l’importante Journal of Inklings Studies (Vol 10 n. 1), l’altra a firma dell’autorevole Thomas Fornet Ponse, altro esperto in materia, apparsa su Hither Shore, la rivista della società tolkieniana tedesca (Hither Shore 14 – Literary Worldbuilding). Nel segnalarle, ci pregiamo di mettere a disposizione del lettore italiano anche la traduzione dell’articolo che Testi ha pubblicato sulla rivista Lembas Katren n. 188 (pp. 237-244) in risposta ad alcune recensioni ricevute. Il dibattito è davvero interessante e di un livello molto alto.

Il volume del 2014

Pagan Saints in Middle-earthCome si intuisce dal titolo, quella di Claudio Testi è una lettura teologica del mondo immaginario creato dall’autore inglese. Tuttavia non è una complicata dissertazione teoretica, bensì un’esposizione semplice e lineare, quasi schematica, interamente basata sui testi, comprensibile da qualunque appassionato della materia, e che proprio grazie a questo stile espositivo si contiene in 180 pagine. A questa premessa si aggiunge che il saggio contiene forse la prima tesi originale proposta da uno studioso italiano al dibattito internazionale sull’autore de Lo Hobbit e de Il Signore degli Anelli. Non stupisce, quindi, che dal 2014 e,ancor di più dal 2018, sono ben sette le recensioni a livello accademico che si sono alternate ad analizzare il volume. Tutte le recensioni sono molto positive e le prime cinque sono state sintetizzate nell’articolo precedente con una impressionante lista di prestigiose riviste: le statunitensi Beyond Bree, The Journal of Tolkien Research, l’olandese Lembas Katren, la finlandese Fafnir – Nordic Journal of Science Fiction and Fantasy Research. Ora riportiamo, come scritto, le recensioni pubblicate sull’inglese Journal of Inklings Studies, rivista della Oxford C.S. Lewis Society e sulla rivista tedesca Hither Shore. In ordine di pubblicazione, sulla prima rivista l’estensore, Raymond Hain, esordisce con un elogio chiaro: lo studio di Testi, infatti, «riesce comunque nell’intento di delineare una risposta definitiva al quesito se il legendarium di Tolkien sia pagano o cristiano». La sua conclusione pone poi una domanda: «Per quanto mi riguarda, trovo gli argomenti di Testi convincenti. Tuttavia viene lasciato sul posto un rompicapo complicato. Tolkien, un devoto cattolico, scelse di scrivere letteratura pagana… perché scrivere in questo modo? … Non incolpo Testi di non aver risposto a questo quesito; certamente lui ha reso possibile porre questa domanda in modo nuovo e più profondo, un’altra ragione per cui dovremmo essere immensamente grati a Santi pagani nella Terra di Mezzo».
Ancor più positiva la recensione di Thomas Fornet-Ponse, assistente di ricerca al seminario di Teologia dell’Università di Bonn, tra i maggiori esperti tedeschi dell’analisi teologica delle opere di Tolkien, membro del comitato della Società Tolkieniana Tedesca ed editor della rivista Hither Shore. «Fondamentalmente, è da lodare che questa monografia nella sua traduzione inglese», scrive Fornet-Ponse, che aggiunge: «l’argomentazione di Testi è molto fondata e comprensibile, ed è proprio per questo che non prende una posizione unilaterale o semplicemente non assume contraddizioni. Tuttavia, si può criticare il fatto che Testi presupponga una comprensione molto ristretta del cattolicesimo in quanto de facto equipara la teologia cattolica in particolare alla teologia di Tommaso d’Aquino». La sua conclusione allarga lo sguardo sul “modo” italiano di studiare Tolkien: «Ciò può molto probabilmente essere dovuto anche alle peculiarità del discorso italiano… Tuttavia, la lettura di questo volume può essere consigliata a chiunque sia dibattuto su questa controversa questione e che vorrebbe anche approfondire il modo italiano di fare ricerca su Tolkien». In allegato, ecco le due ultime recensioni tradotte in italiano e la risposta di Claudio Testi. Buona e attenta lettura!!!

LEGGI LA RISPOSTA DI CLAUDIO ANTONIO TESTI
Le traduzioni delle recensioni sono a cura di Alberto Ladavas e Lorenzo Pierangeli, che per l’occasione ringraziamo

DOCUMENTI
– Leggi la recensione su The Journal of Inklings Studies
– Leggi la recensione su Hither Shore

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Santi Pagani, quante recensioni all’estero!
– Leggi l’articolo Santi Pagani, ecco il carteggio Monda-Testi
– Leggi l’articolo Santi pagani, la recensione di Wu Ming 4 (1 parte)
– Leggi l’articolo Santi pagani, la recensione di Wu Ming 4 (2 parte)

LINK ESTERNI:
– Vai al sito della Walking Tree Publishers
– Vai al sito di Journal of Tolkien Research

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Dimitra Fimi: Tolkien era davvero razzista?

Tolkien Society 2019Anche se l’Italia è entrata nella fase 2 non dobbiamo sottovalutare l’alta possibilità di contagio del Coronaviris, quindi continuiamo a condividere con voi con maggiore frequenza alcuni contenuti multimediali e spunti di riflessione, in modo da poter svolgere la nostra attività culturale tolkieniana anche in un frangente così difficile. In fondo all’articolo troverete tutte le letture del nostro speciale Tolkien ai tempi del Coronavirus, tra audio, video, interviste, saggi, recensioni, anteprime, rubriche e molti altri consigli di lettura. Ora è la volta di un articolo importante: Tolkien era davvero razzista? (Was Tolkien really racist?) di Dimitra Fimi, docente di Letteratura fantastica e Letteratura per ragazzi all’Università di Glasgow in Scozia. L’articolo, che è stato pubblicato dal sito The Conversation ed è ora tradotto da Lorenzo Gammarelli, ha vinto il Premio della Tolkien Society inglese come miglior articolo del 2019. Buona lettura!

Tolkien era davvero razzista? di Dimitra Fimi

Studiosi: Dimitra FimiDemonizzando gli Orchi, gli orribili e mostruosi nemici degli Elfi, Tolkien lascia forse trasparire la convinzione che «alcune razze sono peggiori di altre»? Questo è l’argomento alla base di accuse apparse recentemente sulla stampa britannica, secondo le quali l’autore del Signore degli Anelli esporrebbe opinioni razziste. Il tema “Tolkien e la razza” non è nuovo; è già stato dettagliatamente discusso dagli studiosi, anche da me in un mio libro. Inoltre è già stato ampiamente esplorato dai media. L’ultimo scoppio di questo dibattito mediatico era avvenuto nel 2002, stimolato dalla trilogia cinematografica di Peter Jackson.

Perché ora?
Andy DuncanL’attuale interesse dei media si è scatenato a causa di un podcast di Wired in cui l’autore fantasy Andy Duncan parla del suo racconto breve “Senator Bilbo” del 2002, il cui protagonista ha lo stesso nome di Bilbo Baggins, l’eroe dello Hobbit di Tolkien. Duncan immagina che il vero senatore Theodor G. Bilbo, un suprematista bianco del Mississippi della prima metà del XX secolo, si opponga all’immigrazione degli Orchi nella Contea, in un periodo successivo al Signore degli Anelli. Questo senatore romanzato è contrario a ogni straniero che possa “contaminare” la purezza della Contea. La storia è una parodia intelligente e ben scritta in cui gli Orchi vengono descritti come fraintesi e discriminati. Tuttavia nel podcast Duncan parla della «reiterata opinione in Tolkien che alcune razze/alcuni popoli siano peggiori di altri» e di come questa idea possa portare a esiti pericolosi. Ha ragione? Be’, sì e no.

Il mondo di Tolkien
GrimZombie: Orc maskLa Terra di Mezzo di Tolkien è gerarchica, e adotta la «grande catena dell’essere» medievale, una potente metafora visiva che ordinava ogni forma di vita a seconda delle sue proporzioni di “spirito” e “materia”. Dio e gli angeli sono in cima, gli esseri umani sotto, gli animali ancora sotto, e così via. Allo stesso modo, gli Elfi di Tolkien sono in cima alla gerarchia della Terra di Mezzo, mentre gli Orchi sono in fondo, a causa delle loro qualità morali e spirituali (o della loro mancanza). Nella mitologia di Tolkien, gli Orchi sono tradizionalmente “mostruosi”; rappresentano versioni corrotte e deformate di Elfi e Uomini, fatte da Morgoth (l’Oscuro Signore originario del mondo di Tolkien). Teologicamente, questo funziona. E funzionava anche mentre Tolkien scriveva una mitologia, vale a dire il ciclo di miti e leggende elfiche che formano Il Simarillion (cominciato prima del Signore degli Anelli, mai portato a termine, e pubblicato postumo). Ma con Il Signore degli Anelli, Tolkien cambiò modalità narrativa. Ora scriveva un romanzo, con diverse necessità di caratterizzazione, dialogo e così via. Gli orchi divennero personaggi più sviluppati. Acquisirono un aspetto fisico, una personalità più distinti. Diventarono persone. Più o meno allo stesso tempo, Tolkien cominciò a ripensare l’origine degli Orchi. Versioni “corrotte” di Elfi e Uomini avevano senso teologicamente, perché il malvagio Morgoth non avrebbe avuto il potere di creare nuovi esseri, ma solo di deformare quelli esistenti. Ma in questo caso, gli Orchi avevano il libero arbitrio? Sarebbe stato possibile redimerli?
frank_frazetta_bw_orcsTolkien era angustiato dalla questione, e dall’idea che queste creature mostruose potessero essere un tempo stati nobili Elfi. Provò varie spiegazioni delle loro origini, anche la possibilità che gli orchi fossero automi dotati solo apparentemente della facoltà di parlare, come pappagalli. Non portò mai a termine Il Silmarillion, per cui non esiste alcuna “risposta” definitiva alla domanda sulle loro origini. Eppure, gli Orchi nel Signore degli Anelli hanno senza dubbio caratteristiche razziali problematiche: nel testo non ne leggiamo mai una descrizione dettagliata, ma i tratti ricorrenti comprendono occhi obliqui e carnagione scura. Questi elementi sembrano tratti direttamente dall’antropologia vittoriana, che collegava qualità mentali e fisiche.

L’intenzione conta?
George MacDonaldTolkien non fu il primo a rappresentare esseri fantastici malvagi e mostruosi come razzialmente “altri”. I goblin di George MacDonald in La principessa e i goblin sono ugualmente (e sgradevolmente) un prodotto delle inquietudini del Diciannovesimo secolo su razza e degenerazione evoluzionista. Come ha commentato N.K. Jemisin, premiata scrittrice nera di fantasy: «Gli Orchi sono un frutto dell’albero avvelenato che è la paura umana dell’ “altro”». Questo significa che Tolkien era razzista? Be’, le cose sono più complicate di così. I testi letterari non vengono creati sospesi nel vuoto, ma appartengono a una tradizione. Rispondono ad altri testi e alle loro aspettative. Le prime opere di Tolkien erano un tentativo di scrivere una mitologia, quindi gli esseri mostruosi erano necessari. George MacDonald aveva già preso i goblin dal folklore europeo e ne aveva fatto i nemici dei suo personaggi “buoni”, e Tolkien aveva preso il termine “orc” dagli esseri demoniaci del Beowulf.
Il fatto che i mostri di Tolkien (come quelli di MacDonald) corrispondano anche alle inquietudini, alle preoccupazioni e perfino ai dibattiti “scientifici” del suo tempo sulle caratteristiche razziali non è inaspettato, ma aggiunge uno strato di complessità agli Orchi. Anche se Tolkien aveva condannato le teorie “razziali”, rifiutando di dichiarare la propria origine ariana per permettere la pubblicazione tedesca dello Hobbit, e si era scagliato contro la Germania nazista, ciò non significa che alcuni pregiudizi tramandati dalla sua educazione tardo-vittoriana/edoardiana non si siano insinuati nella visione del mondo che si palesa nella Terra di Mezzo.
L'AltroL’ideologia è una cosa potente e il suo ruolo nella letteratura è complicato. Ci sono autori che scrivono con un fine sociale o politico. E ci sono autori che non lo fanno, ma il loro punto di vista, le loro convinzioni e i loro valori sono impliciti nei testi che producono. Io credo che i pregiudizi razziali di Tolkien siano impliciti nella Terra di Mezzo, ma i suoi valori, amicizia, solidarietà, altruismo, coraggio e molti altri, sono espliciti, e questo rende il suo mondo più complesso e interessante.
Nel Signore degli Anelli, la Terra di Mezzo è il luogo dove “razze” e popoli differenti devono unirsi e cooperare per trionfare su un nemico soprattutto morale. La scena in cui Sam Gamgee guarda un soldato nemico morto, chiedendosi se fosse veramente malvagio, o se fosse stato costretto ad andare in guerra, è ben lontana dalla demonizzazione del nemico o della disumanizzazione dell’ “altro”. Queste complessità sono il motivo per cui alcune opere letterarie continuano e essere lette e hanno significati sempre nuovi per le nuove generazioni.

 

Tolkien ai tempi del coronavirus

Angelo Montanini: Gandalf vs il Covid19– Leggi l’articolo Consigli su Tolkien ai tempi del coronavirus
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– Leggi la nuova rubrica Tolkien’s Jewels dell’orafo fiorentino Thomas Lorenzoni.

LINK ESTERNI
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Il Signore degli Anelli è ideale in tempo di crisi

Covid 19Venerdì scorso, alla fine, tutto mi è piombato addosso. Mi stavo trovando bene con la vita ai tempi del Covid-19. Ero riuscito a rimanere positivo e sorridente, facevo delle passeggiate fuori e cercavo di fare giardinaggio quando potevo. Sapevo e so ancora che sono fortunato ad avere un lavoro e a rimanere sano. Ma per qualche motivo venerdì, l’oscurità e lo smarrimento di questo periodo mi hanno colpito piuttosto duramente e, come si suol dire, sono caduto nella disperazione. E così, mi sono preso una pausa e tra sabato e domenica ho preparato degli spuntini e una poltrona comoda e mi sono rivolto verso quella trilogia di film che sembrano sempre aiutarmi a uscire dai tempi bui: Il Signore degli Anelli di Peter Jackson. E, amici miei, ha funzionato.

Maratona da 12 ore

Guardando la tv LotrOra, da un punto di vista pratico, ovviamente Il Signore degli Anelli è la perfetta abbuffata di quarantena. Le tre edizioni estese (che sono le uniche versioni che riconosco) durano circa 12 ore in totale. Puoi trascorrere un’intera giornata, o anche due, perso nella splendida ambientazione e nella fantastica realizzazione della Terra di Mezzo. Puoi anche immergerti nei contenuti speciali che sono una magistrale lezione di creazione cinematografica. Quasi venti anni dopo che La Compagnia dell’Anello è uscito nei cinema, questi film rimangono vitali, puri, e apici della narrazione cinematografica. Ma non è per questo che i film sono perfetti per i tempi bui. Questi film hanno successo, e rimangono così stimolanti e confortanti, non perché sono divertenti ed epici (anche se ovviamente lo sono) ma per la storia che raccontano. Il Signore degli Anelli non riguarda solo maghi, orchi e battaglie. Si tratta, in sostanza, della speranza, della perseveranza e del coraggio della gente normale di fronte all’oscurità.

L’importanza degli hobbit

Four HobbitsLa vera genialità delle opere scritte da J.R.R. Tolkien è che, sebbene elfi, re e draghi siano personaggi importanti, la storia è incentrata sulla gente letteralmente piccola, gli hobbit. Sono persone semplici e normali a cui piace un buon pasto e starsene a casa tra i loro amici. Non sono fatti per l’avventura. Insomma, gli hobbit siamo noi. Questi libri (e i film) funzionano molto meglio di tante altre produzioni perché non riguardano l’elevato e il potente, ma trattano delle persone normali che decidono di fare la cosa giusta ed essere coraggiosi quando l’avventura e i tempi bui li travolgono. I nostri eroi hobbit non ottengono poteri speciali o scoprono di essere eletti, o diventano re; loro continuano ad andare avanti perché si preoccupano della loro casa e delle persone che amano. Questo è vero non solo per Frodo, ma per tutti gli hobbit. Ritengo che Il Ritorno del Re sia il miglior film della trilogia perché ha cristallizzato le storie di tutti i membri più piccoli della compagnia. Sia Merry sia Pipino trovano il loro coraggio quando sono costretti a confrontarsi con il vasto mondo da soli, e anche se hanno paura, senza battere ciglio fanno solo ciò che è giusto, e crescono, a causa di questo. Perciò, trionfano.
Four HobbitsE poi ci sono Frodo e Sam. C’è una coppia migliore là fuori per ispirarci nell’attraversamento della nostra terra d’ombra? Continuano ad andare avanti. Combattono e si prendono cura l’uno dell’altro. Sam è l’eroe più coraggioso della trilogia, non perché sia un grande combattente, ma perché capisce che c’è qualcosa di buono nel mondo, e vale la pena per combattere per quello. Riguardo a Frodo, lui ci insegna la resistenza e la compassione, perché è la sua compassione – l’aver risparmiato la vita a Gollum – che alla fine salva il mondo.
Nessuno di noi ha chiesto di vivere una pandemia che ha sconvolto quasi ogni aspetto della nostra vita e che cambierà il mondo per sempre. Tutti vorremmo che questo non fosse mai accaduto. Ma come dice Gandalf nel film: «Così è per tutti coloro che vivono in tempi come questi, ma non spetta a noi scegliere. Tutto quello che possiamo decidere è che cosa fare del tempo che ci viene concesso».

Il concetto del male

Disegno: "Sauron" di Ivan Cavini - http://www.ivancavini.comIl Signore degli Anelli non riguarda solo la speranza, ma la scelta di sperare di fronte a una terribile oscurità. È stato spesso detto che Sauron non è un grande cattivo perché è definito in modo vago, ma questo è un altro motivo per cui il suo fascino rimane attraente. Il male non è una persona da riscattare, è un’idea che fa parte di questo mondo. Il male e l’oscurità saranno sempre lì, ci sarà sempre un’ombra che incombe all’orizzonte. Il punto non è sconfiggerlo, ma passarci attraverso e continuare quando sembra che tutto sia perduto.
E questo non vuol dire che l’oscurità non ci cambi. Il Signore degli Anelli è anche una storia sul trauma, sul non commettere errori. Frodo non si riprende mai veramente dal suo viaggio, e come molti che lottano con il disturbo da choc post-traumatico e la perdita, si accorge di non potersi adattare perfettamente alla sua vecchia vita. Sembra un messaggio pessimista ed è comprensibile vista l’esperienza di Tolkien nella Prima Guerra Mondiale; The road goes ever onma anche così, c’è ancora speranza. Perché Frodo può ancora trovare la pace nelle Terre Immortali. Il travaglio con se stesso sfocia nella possibilità di raggiungere un posto che non sarebbe stato in grado di vedere senza il suo dolore. Non è casa, no, ma è ancora speranza.
Quindi, se l’oscurità pesa sul tuo cuore in questo momento, lo capisco. Lo sentiamo tutti ed è così facile pensare che dei piccoli hobbit come noi (sì, amico mio, io sono uno hobbit) non possano fare nulla per renderlo migliore. Ma invece possiamo fare tanto. Anche la persona più piccola può fare la differenza, semplicemente rimanendo coraggiosa e vera. La strada continua sempre e non importa dove ti porta, conta solo che continui a percorrerla

 

Tolkien ai tempi del coronavirus

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Alliata contro Bompiani: ritiro la mia traduzione

Il Signore degli Anelli: Angoli smussatiNon è stata data ufficialmente dalla casa editrice, ma dati incontrovertibili forniti da moltissimi librai confermano la notizia: Bompiani sta ritirando dal mercato italiano tutte le copie della vecchia traduzione de Il Signore degli Anelli. Per quasi un anno il capolavoro di J.R.R. Tolkien sparirà così dalle librerie italiane, caso unico al mondo, e bisognerà aspettare molti mesi per poter colmare questa lacuna, grazie all’uscita prima a marzo e poi a novembre dei due volumi che insieme a La Compagna dell’Anello completeranno la nuova traduzione di Ottavio Fatica. Questo non è che l’effetto del contenzioso legale che oppone Vittoria Alliata di Villafranca, autrice della traduzione che ora sta venendo ritirata, e la casa editrice Bompiani che detiene i diritti di pubblicazione in Italia delle opere di Tolkien. Si conclude così una vicenda che dura da più di due anni. Cerchiamo di ripercorrerla in maniera obiettiva.

Due anni di polemiche

Vittoria AlliataTutto inizia con la decisione della casa editrice, «nello spirito di una manutenzione accurata del catalogo» come riportato da Beatrice Masini, di realizzare una nuova traduzione del capolavoro di Tolkien. Il progetto prevede il lavoro di Ottavio Fatica, noto e affermato traduttore esperto di letteratura inglese, con la consulenza dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani (nella persona di Giampaolo Canzonieri). L’avvio dei lavori viene reso noto, il 29 aprile 2018, con un’intervista su un quotidiano nazionale, e poi approfondita in un incontro, il 12 maggio 2018, al Salone Internazionale del Libro di Torino. A metà 2018, a seguito delle affermazioni di Ottavio Fatica, Alliata ha scoperto che il suo contratto con Bompiani era scaduto e ha preso provvedimenti legali, querelando tra le altre cose anche il traduttore. In effetti, sembra che il contratto tra Alliata e Bompiani fosse scaduto nel 2016, anno in cui la casa editrice cambiò di proprietà, come ammesso dalla stessa direttrice in una sua replica su un giornale. Alliata afferma di aver querelato Fatica sembra soprattutto per l’espressione «cinquecento errori a pagina» riportata nell’intervista del 29 aprile. Nel frattempo, il contenzioso sul rinnovo dei diritti di pubblicazione della vecchia traduzione è andati avanti da metà 2018 fino alla fine del 2019, con incontri tra gli avvocati delle due parti. In questo periodo Vittoria Alliata di Villafranca ha avuto modo di partecipare a diversi incontri a Roma, Ascoli Piceno, Giardini Naxos, San Marino e Macerata, per spiegare le sue ragioni, di cui il più noto è stato il convegno «La Guerra di Tolkien», tenutosi in Senato a Roma il 17 gennaio 2019 e introdotto dal senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia ed ex MSI, che ha ricordato cosa fosse stato Tolkien per la sua generazione, quella che ha frequentato i Campi Hobbit.
A gennaio 2019 Beatrice Masini ha fatto sapere che Bompiani aveva offerto ad Alliata la possibilità di rinnovare il contratto e di mantenere viva anche la vecchia traduzione, continuando a pubblicarla. «Abbiamo annunciato la nuova traduzione, invece che agire in silenzio, proprio perché questo non escludeva e non esclude il mantenimento della traduzione storica in catalogo. Abbiamo proposto a Vittoria Alliata non solo di rinnovare il contratto di traduzione (scaduto di recente e per una svista non immediatamente rinnovato) ma anche di rivedere il suo lavoro, com’è giusto fare dopo tanti anni, in vista di una nuova edizione, e non abbiamo ottenuto alcuna risposta certa da parte dei suoi legali; un confronto diretto non è mai avvenuto perché non è mai stato accettato».
Il Signore degli AnelliA fine dicembre 2019, infine, giunge la lettera aperta di Vittoria Alliata che mette fine alla questione. La traduttrice racconta di aver partecipato ad incontri con Bompiani-Giunti, di aspettare una nuova proposta da parte della casa editrice, dopo l’offerta «vessatoria» della casa editrice: rinnovarle il contratto per 10 anni che includa e sani il periodo 2016/19 a una cifra annua di 880 euro e anche l’offerta di una revisione de Il Signore degli Anelli «sotto tutela», come dice lei. Questa nuova edizione della vecchia traduzione avrebbe avuto anche un’introduzione scritta da Alliata, in cui avrebbe potuto spiegare le ragioni delle sue scelte. Nella lettera aperta Alliata rifiuta l’offerta e conclude: «In questa situazione, è evidente che la mia traduzione, proprio perché voluta dall’Autore e da coloro che lo amano davvero, non può rimanere sugli scaffali accomunata a chi la gestisce come un fustino di detersivo».

Il ritiro obbligatorio delle copie

Libri e libreriaQuesta la decisione definitiva della Alliata, che nella lettera aperta scrive che la sua traduzione «continuava ad essere stampata e commercializzata da Bompiani-Giunti in totale disprezzo della legge sul diritto d’autore e delle minime regole di correttezza, essendone ormai scaduti i diritti da parecchi anni, diffidai l’editore a ritirarla immediatamente dagli scaffali». In ottemperanza a questa decisione della Alliata e per evitare ulteriori contenziosi, la casa editrice ha così iniziato il ritiro delle copie della vecchia traduzione. Sugli store online, da Amazon allo stesso sito della Giunti non è più possibile ordinare le edizioni de Il Signore degli Anelli con la traduzione Alliata rivista da Quirino Principe nel 1970. Non è più possibile comprare nemmeno la versione ebook della vecchia traduzione dalle varie piattaforme informatiche. E i libri in formato cartaceo stanno lentamente sparendo dagli scaffali di tutte le librerie italiane, cui è giunta una email di Bompiani che chiede il ritiro delle copie della traduzione Alliata. Così, per ben 11 mesi non sarà possibile comprare in Italia Il Signore degli Anelli in versione completa, con grande rammarico di tutti gli appassionati di Tolkien, anche di quelli che in questi due anni hanno visto nella traduttrice siciliana la propria paladina.

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Come ascoltare il suono delle poesie in Tolkien
– Leggi l’articolo Fatica: «Tolkien come Kipling e Shakespeare»
– Leggi l’articolo La versione di Fatica: contributo per una messa a fuoco
– Leggi l’articolo Ancora uno sforzo se volete essere tolkieniani
– Leggi l’articolo Esce oggi la nuova traduzione della Compagnia dell’Anello
– Leggi l’articolo Bompiani: le novità tolkieniane ottobre 2019
– Leggi l’articolo La traduzione della Compagnia a ottobre
– Leggi l’articolo Ritradurre Il Signore degli Anelli: l’intervista

LINK ESTERNI:
– Vai al sito di L’editore Bompiani: «Nessuna lettura ideologica di J.R.R. Tolkien»

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Aragorn il Forestale, uno studio filologico

cover Compagnia dell'Anello - Trad. FaticaIl nome più indigesto per i fan italiani in quella che è la nuova traduzione della Compagnia dell’Anello è senz’altro “Forestale” per “Ranger”. Nei giorni seguenti all’uscita del libro non si sono risparmiate battute e buffi fotomontaggi per irridere questa scelta del traduttore Ottavio Fatica.
Io stesso, sulle prime, l’ho considerata una traduzione inadatta, perché mi faceva troppo facilmente pensare a quello che fino al 2016 è stato il Corpo Forestale dello Stato.
Ottavio FaticaA onor del vero, non per questo mi pareva più adatta la vecchia resa “Ramingo”, dato che – in accordo con lo stile generale della traduzione di Alliata – appartiene a un registro alto rispetto al comune “ranger”. Inoltre “ramingo” dà conto soltanto (e soltanto parzialmente) del primo significato del termine “ranger” nell’Oxford English Dictionary, mentre la traduzione scelta da Fatica si rifà piuttosto al secondo e al terzo, che in effetti andrebbero presi in considerazione, conoscendo l’abitudine di Tolkien di non rifarsi quasi mai alla prima accezione.
Dopo un’indagine nel testo letterario mi sono persuaso che l’uso del termine “Ranger” da parte di Tolkien faccia collassare una nell’altra le tre accezioni dell’OED, e che la scelta di Fatica – a dispetto della prima impressione – non sia così lontana dal cogliere questo aspetto. È quello che proverò brevemente a dimostrare.

Prima definizione

Ecco il primo significato di “ranger” nell’Oxford English Dictionary, attestato dal 1593:

wanderer1. A rover, wanderer.
“Rover” nelle lingue germaniche indica il girovago, il vagabondo, ma può indicare anche il predone, il rapinatore, il pirata, dunque è un termine che contiene implicitamente una sfumatura negativa. In effetti nei confronti dei Rangers del Nord, gli abitanti di Bree nutrono una certa diffidenza. Ecco come vengono descritti la prima volta nel romanzo:

«But in the wild lands beyond Bree there were mysterious wanderers. The Bree-folk called them Rangers, and knew nothing of their origin. They were taller and darker than the Men of Bree and were believed to have strange powers of sight and hearing, and to understand the languages of beasts and birds.» (FR, I. IX)

Dunque il nome Rangers è stato affibbiato a questi misteriosi vagabondi dagli abitanti del villaggio, i quali attribuiscono loro una vista e un udito straordinari, nonché il potere di capire il linguaggio degli animali, come fossero uomini selvatici.
La diffidenza nei loro confronti è confermata dall’atteggiamento dell’oste del Prancing Pony, il bonario Barliman Butterbur, che mette in guardia gli hobbit dal Ranger Strider:

«He is one of the wandering folk – Rangers we call them. […] But if I was in your plight, I wouldn’t take up a Ranger» (FR, I. IX).

La vecchia traduzione “Ramingo” – cioè “che va per il mondo errando” (Treccani) – non contiene alcuna sfumatura negativa, anzi, nell’uso poetico-letterario italiano ha una sfumatura empatizzante o vittimistica (ed è forse il motivo per cui noi lettori ci siamo tanto affezionati a questo termine). Lo ritroviamo per esempio ne I Sepolcri di Foscolo: «Unico spirto a mia vita raminga» (v. 12); o anche ne I Promessi Sposi di Manzoni (cap. XXXVI): «Belle cose da fare scrivere a un povero disgraziato, tribolato, ramingo…».
Che dire di “Forestale”? Contiene un’accezione negativa? Be’, in effetti, originariamente sì, e precisamente nel senso degli abitanti di Bree.
RoverForestale è colui che è associato alle foreste. La parola “foresta” viene dal latino medievale e indicava ciò che stava “foris”, cioè fuori dal territorio abitato, in un’epoca in cui oltre l’abitato era tutta foresta, appunto, ovvero “forestis silva”, cioè selva esterna. Chi non aveva fissa dimora nel villaggio o nella città era ed è ancora detto “forestiero”. La parola inglese “forester” ha evidentemente la stessa radice (così come “foreign”) e nel Medioevo veniva usata sia per nominare il guardaboschi sia come aggettivo per “wild, rough, coarse, unsociable” (XII sec.). Forestale dunque è colui che viene da fuori, dai territori selvaggi, ed è egli stesso un selvaggio di cui è meglio diffidare. Come fa Butterbur, infatti.

Seconda definizione

Il secondo significato di “ranger” fornito dall’OED, attestato dal 1455, è questo:

Gamekeeper: cacciatore con cane2. A forest officer, a gamekeeper.
In italiano è “guardaboschi”, “guardacaccia” o “guardia forestale”, e va detto che attualmente questo è il significato più comune nella lingua inglese, e certo Tolkien lo sapeva quando ha scelto di usare questa parola. La prima occorrenza letteraria nota di questa accezione risale al 1579, nella celebre opera di Spenser The Shepheardes Calender:

«[Wolves] walk not widely, as they were woont, / For fear of raungers, and the great hoont».

Nel tardo XVI secolo dunque, il pastore immaginato da Spenser usa la parola “raungers” (rangers) per definire i guardiani di un territorio con il compito di proteggere quest’ultimo dalle incursioni dei lupi.
In effetti anche Aragorn e i Dúnedain non sono affatto soltanto dei selvatici errabondi, come pensa l’oste Butterbur, ma hanno un compito difensivo: proteggono l’Eriador dalle potenziali incursioni di orchi, troll, e malintenzionati vari.  Nel Prologo del romanzo viene detto esplicitamente che è al silenzioso lavoro di questi Guardiani (“Guardians”) che gli Hobbit devono la propria sicurezza. Come ricorda Aragorn al Concilio di Elrond:

«Lonely men are we, Rangers of the wild, hunters – but hunters ever of the servants of the enemy; for they are found in many places, not in Mordor only». (FR, II. II)

Gamekeeper: cacciatore con caneI Rangers quindi sono cacciatori che attraversano i territori selvaggi (cfr. anche «Rangers of the wilderness», FR, II. III) e li sorvegliano. Considerando che molti di questi territori sono boschivi, come vedremo tra un attimo, la seconda accezione dell’OED, cioè quella di sorvegliante di un’area forestale da incursori umani o animali, non sembra già più così inappropriata. È in effetti nei boschi che il cacciatore Strider si muove con il maggior vantaggio sugli avversari, come dimostra il fatto che per sfuggire agli inseguitori, guida gli hobbit precisamente attraverso una valle boscosa, su sentieri che solo lui conosce, senza temere rivali, nemmeno il nativo Bill Ferny, perché «he is not a match for me in a wood» (FR, I. XI)
Detto questo, è il terzo significato – benché venga dall’America – a chiudere il cerchio. È stato Tom Shippey a farmelo notare, quando gli ho scritto per chiedergli precisamente cosa secondo lui avesse voluto significare Tolkien con la parola “Ranger”. Trattandosi del massimo filologo tolkieniano, mi auspicavo che il suo parere sarebbe stato utile per sbrogliare la matassa. E in effetti…

Terza definizione

Il terzo significato di “ranger” nell’OED è questo:
Rangers di Rogers3. A body of mounted troops, or other armed men, employed in ranging over a tract of country.
La parola è attestata nelle colonie nordamericane a partire dalla seconda metà del XVII secolo: in particolare nel 1670 in Massachusetts, nel 1692 in Virginia, e a seguire in altre colonie, fino ai più tardi (e celebri) Ranger del Texas. Originariamente si trattava di milizie coloniali con compiti di pattugliamento e difesa della frontiera dai raid dei nativi, che poi sono state accorpate all’esercito nazionale. Dopo avermi ricordato che «The US Army still has Ranger units, and the British Army used to have a regiment of Royal Irish Rangers», Tom mi ha fatto notare che proprio questa funzione si addice ai Rangers nella Terra di Mezzo:

«A Ranger is one of a body of armed men originating in a settled state which has borders on unsettled and dangerous country, whose duties are to go beyond the borders and prevent attacks, rescue captives, and retaliate against attacks. […] There’s a strong association with forests, which argues against they being necessarily mounted men» (T. Shippey, email del 19/11/2019).

L’appunto finale non deve farci dimenticare che se i Rangers del Nord percorrono i boschi a piedi, costoro sono anche degli esperti cavalieri. I loro destrieri sono forti e assai poco agghindati, rispecchiando l’aspetto fiero e ruvido dei loro padroni:

«Their horses were strong and of proud bearing, but rough-haired; and one stood there without a rider, Aragorn’s own horse that they had brought from the North; Roheryn was his name. There was no gleam of stone or gold, nor any fair thing in all their gear and harness: nor did their riders bear any badge or token, save only that each cloak was pinned upon the left shoulder by a brooch of silver shaped like a rayed star» (RK, V. II)

Ma la definizione di Tom calza a pennello soprattutto ai Rangers del Sud, guidati dal Capitano Faramir. I Rangers dell’Ithilien sono un corpo dell’esercito di Gondor, quindi già più prossimo ai casi americani e britannici citati da Tom. Ecco come vengono descritti in The Lord of the Rings:

«[…] soldiers of Gondor, and they were Rangers of Ithilien; for they were descended from folk who lived in Ithilien at one time, before it was overrun. From such men Lord Denetor chose his forayers, who crossed the Anduin secretly (how or where, they would not say) to harry the Orcs and other enemies that roamed between the Ephel Duath and the River». (TT, IV. IV)

Rangers di Rogers 2Si tratta quindi di una milizia selezionata dallo Steward di Gondor in base alle capacità e conoscenza del territorio, impiegata nel battere una regione di confine e rendere la vita dura ai nemici, con raid e tattiche di guerriglia. Si dà il caso che l’Ithilien sia un territorio prevalentemente boschivo, e l’aspetto dei Rangers del Sud è infatti quello di combattenti “forestali”: indossano tenute mimetiche verdi per confondersi con la vegetazione, e la loro arma d’elezione è un’arma da caccia prestata alla guerra, cioè l’arco lungo:

«Two had great bows, almost of their own height, and great quivers of long green-feathered arrows. All had swords at their sides, and were clad in green and brown of varied hues, as if the better to walk unseen in the glades of Ithilien. Green gauntlets covered their hands, and their faces were hooded and masked with green […]». (TT, IV. IV)

Questo aspetto si ricollega alla seconda definizione di “ranger”, come in effetti già il look di Strider/Aragorn – logori stivali di cuoio, mantello e cappuccio verde-scuro. Nel Medioevo inglese, l’uomo incappucciato e  vestito di verde, esperto di vita nei boschi, dotato di armi leggere e arco lungo, è appunto il forester, il forestale o guardaboschi, una celebre descrizione del quale compare nel Prologo dei Canterbury Tales di Chaucer (vv. 103-117):

«And he (the yeoman) was clad in coat and hood of green.
A sheaf of peacock arrows, bright and keen,
He carried under his belt very properly
(He well knew how to care for his equipment as a yeoman should;
His arrows did not fall short because of drooping feathers),
And in his hand he carried a mighty bow.
He had a close-cropped head, with a brown face.
He well knew all the practice of woodcraft.
He wore an elegant archer’s wrist-guard upon his arm,
And by his side a sword and a small shield,
And on that other side an elegant dagger
Well ornamented and sharp as the point of a spear;
A Christopher-medal of bright silver on his breast.
He carried a horn, the shoulder strap was green;
He was a forester, truly, as I guess».

YeomanInteressante è anche il dettaglio della medaglia di San Cristoforo, santo “selvatico” e patrono dei viaggiatori, dato che il forestale è appunto anche un “ranger” nella prima accezione, cioè uno che si sposta di continuo.
Il personaggio leggendario di Robin Hood ha tra le sue fonti la figura dello “yeoman dell’arco”, l’arciere che aveva l’incarico di portare l’arco del re e che era in effetti un forestale:

«Poiché [gli yeomen dell’arco] erano responsabili dell’arco e dei cani da caccia del re, tutto quanto riguardava la foresta li interessava direttamente […]. Gli oggetti che costituiscono l’equipaggiamento più famoso di Robin Hood – l’arco, le frecce e il corno – erano strumenti e insegne che caratterizzavano guardacaccia e guardaboschi locali, distinguendoli da altri funzionari, rappresentanti del re…» (J.C. Holt, Robin Hood, 1982).

Robin Hood è anche il bandito che tende imboscate ai viaggiatori sulle strade nella foresta. Proprio quello che fanno i Rangers di Faramir, anche se non a fini di rapina.
Infine, il legame con le foreste trova ancora un tassello nell’ultimo spunto offertomi da Shippey.

Natty e Strider

Shippey mi ha rimandato all’appendice A del suo libro più celebre, La via per la Terra di Mezzo, nella quale parla delle fonti di Tolkien. In quelle pagine ricorda come Tolkien sia stato influenzato anche dalle storie, dal paesaggio, perfino dai cognomi, nordamericani (in particolare del Kentucky e North Carolina), nonché dalla letteratura che li veicolava:

Deerslayer«Allo stesso modo, Natty Bumppo, l’eroe di Fenimore Cooper, era orgoglioso della sua ascendenza inglese, mentre Tolkien ricordava un’antica passione per i pellerossa, gli archi, le frecce e le foreste (SF, p. 58, OFS, p. 41). Infatti, il viaggio della Compagnia da Lórien a Tol Brandir, con le canoe e il loro trasporto via terra, ricorda in più punti L’ultimo dei Mohicani, e quando i viaggiatori si spostano dalla foresta alla prateria, proprio come i pionieri americani, per un momento Aragorn ed Éomer fanno pensare vagamente ai trapper e ai Sioux» (T. Shippey, La Via per la terra di Mezzo, Marietti 2005, p. 475, NB: “trapper” sta per l’originale “deerslayer”).

Il riferimento a Nathaniel Bumppo, il protagonista de L’Ultimo dei Mohicani, è illuminante: in effetti Bumppo è un personaggio non tanto diverso da Strider che guida e protegge gli hobbit nel viaggio da Bree a Rivendell o che successivamente insegue la banda di orchi che ha rapito due di loro. Scout dei boschi, cacciatore, guerriero, capace di sopravvivere nei territori selvaggi. L’identikit calza.

Ricapitolando, i Rangers nella Terra di Mezzo sono:
un corpo di cacciatori-combattenti in «strong association with forests» (Shippey);
in continuo movimento attraverso un territorio selvaggio che hanno il compito di sorvegliare;
potenzialmente malvisti dalla popolazione sedentaria.

Nathaniel BumpooDevo ammettere che alla luce di questa ricostruzione, la scelta di Fatica, “Forestali”, mi suona assai meno impropria di quanto avessi avvertito di primo acchito.
Personalmente, se mai avessi dovuto proporre un’alternativa, credo sarebbe potuta essere “Cacciatori”. Questa parola, oltre ad avere un’immediata accezione venatoria (abbiamo visto che per Shippey esiste una connessione con i deerslayer e che Aragorn stesso si definisce “hunter”), ha anche un uso militare. Infatti il quarto significato di “cacciatore” nel vocabolario Treccani è il seguente:

4a. Soldato a piedi o a cavallo, armato alla leggera e impiegato soprattutto per azioni di molestia e agguato, per completare l’inseguimento del nemico, o per proteggere la ritirata delle proprie truppe dopo il combattimento. [Seguono alcuni esempi di corpi militari storici di vari eserciti, tra cui quelli italiani].

Tuttavia alla parola “cacciatore” manca la sfumatura negativa della prima definizione di “ranger” nell’OED e dell’uso degli abitanti di Bree, che invece “Forestale”, con il suo riferimento implicito alla selvatichezza e all’estraneità, riesce a mantenere. Tutto sommato, quindi, per quanto possa suonare straniante alle nostre orecchie abituate per mezzo secolo al poetico “Ramingo”, la scelta di Fatica finisce per risultare filologicamente piuttosto convincente.

 

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– Leggi l’articolo Come ascoltare il suono delle poesie in Tolkien
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– Leggi l’articolo Ancora uno sforzo se volete essere tolkieniani
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– Leggi l’articolo Bompiani: le novità tolkieniane ottobre 2019
– Leggi l’articolo La traduzione della Compagnia a ottobre
– Leggi l’articolo Ritradurre Il Signore degli Anelli: l’intervista

LINK ESTERNI:
– Vai al sito di L’editore Bompiani: «Nessuna lettura ideologica di J.R.R. Tolkien»

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Università, Ottavio Fatica a Parma e Piacenza

Ottavio FaticaTanto tuonò che piovve. Sono state così tante le richieste di ascoltare il nuovo traduttore de Il Signore degli Anelli, il cui primo volume è stato pubblicato da Bompiani il 30 ottobre scorso, che alla fine ci saranno ben due occasioni! Giovedì 12 dicembre alle 14.30 nell’Aula Magna dell’Università di Parma e venerdì 13 dicembre alle ore 15 presso la Biblioteca Passerini-Landi di Piacenza. Sono appuntamenti da non perdere per gli appassionati lettori di J.R.R. Tolkien che potranno così togliersi tutte le curiosità sulla nuova traduzione del capolavoro dello scrittore.

L’incontro di Parma

Locandina Ottavio Fatica a ParmaL’incontro che si svolgerà a Parma è organizzato dall’Associazione Italiana Studi Tolkieniani e dal Dipartimento delle Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali della stessa Università di Parma. Il titolo è “Tradurre Tolkien. Incontro con Ottavio Fatica” e l’attività del traduttore sarà al centro dell’attenzione. Si parlerà dell’arte di tradurre Tolkien e Fatica è la persona più adatta in questo momento, visto che si tratta di un traduttore letterario di tutto rispetto: dopo aver esordito con Adelphi, ha lavorato a lungo per Theoria ed Einaudi e da diversi anni è consulente a tutto campo per Adelphi. Ha vinto il Premio letterario internazionale Mondello per la traduzione di Limericks di Edward Lear, nel 2007 il Premio Monselice per la traduzione di La città della tremenda notte di Rudyard Kipling. Nel 2009 ha vinto il Premio Nazionale per la Traduzione e nel 2010 il Premio Procida – Isola di Arturo – Elsa Morante per la traduzione de Il crollo di Francis Scott Fitzgerald. Tra i suoi lavori migliori, la traduzione dell’opera omnia di Rudyard Kipling, Moby Dick di Herman Melville e centinaia di altri scrittori inglesi e statunitensi, tra cui Jack London, Robert Louis Stevenson e Joseph Conrad, ai quali, dato il contesto, è il caso di aggiungere Wystan Hugh Auden, che conosceva personalmente Tolkien per cui nutriva grande ammirazione al punto di farsene entusiasta sponsor nei confronti di lettori ed editori statunitensi. La scelta di un traduttore di tale peso non è certamente frutto del caso, ma, come accennato all’inizio, si inquadra evidentemente in un percorso volto a collocare Tolkien tra i Grandi del Novecento, liberandolo – finalmente, è il caso di dire – dai limiti di una peraltro poco fondata appartenenza di genere.
Università di ParmaDopo i saluti del Rettore Paolo Andrei, Fatica sarà intervistato da Davide Astori, docente di linguistica generale, e introdotto da un’altra traduttrice, Giovanna Granato. Interverranno Elisa Sicuri in rappresentanza dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, e Michela Canepari, docente di Lingua e traduzione inglese all’ateneo, fra gli autori di una miscellanea su Tolkien appena uscito (Creating Worlds through Languages. Tolkien between Philology and Conlanging) curata da Davide Astori ed Elisa Sicuri per la casa editrice Athenaeum. L’incontro è aperto a tutti gli interessati. L’appuntamento all’Università di Parma sarà anticipato, la sera precedente (mercoledì 11 dicembre, ore 19), da un “aperitivo con l’autore” presso il circolo Giovane Italia (via Kennedy 7).

L’incontro di Piacenza

Biblioteca comunale Passerini Landi PiacenzaIl giorno dopo, il 13 dicembre Ottavio Fatica si sposterà a Piacenza per un altro incontro simile. In questo caso la sede è la prestigiosa presso la Biblioteca Passerini-Landi e l’ente promotore è il liceo statale Melchiorre Gioia e l’associazione Amici del Gioia, che hanno collaborato con la professoressa Michela Canepari per organizzare l’evento. Alle ore 15, dopo i saluti istituzionali di Mario Magnelli, dirigente scolastico del liceo Gioia, di Donatella Vignola, Presidente dell’Associazione Amici del Gioia, e di Graziano Villaggi, Locandina Piacenza Ottavio Faticaresponsabile del Servizio Biblioteche del Comune di Piacenza, ci saranno i tre interventi di Michela Canepari e Davide Astori, entrambi docenti all’università di Parma e di Giovanna Malchiodi, Liceo Gioia. L’incontro si svolgerà in una forma dialogica da subito aperta al pubblico, Ottavio Fatica presenterà il suo lavoro e il modo in cui si è avvicinato a un testo così importante e di difficile traduzione come Il Signore degli Anelli, soprattutto per la presenza massiccia di lingue artificiali complesse e ricche di riferimenti culturali di vario tipo, illustrando le ragioni delle sue scelte traduttive.

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– Vai al sito di L’editore Bompiani: «Nessuna lettura ideologica di J.R.R. Tolkien»

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