In questo giorno di Ferragos
to nel quale in pochi, crediamo, si sentiranno portati per cose serie, proponiamo ai nostri lettori un divertissement tolkieniano d’annata – è stato scritto il 20 febbraio del 2011 – che, o almeno così speriamo, potrà allietare con la sua garbata arguzia chi non riesce a star lontano dal nostro sito neanche al riparo dell’ombrellone (ce ne sono, ce ne sono…).
L’articolo che segue è stato postato sul diario online di KM_515 (potete trovare l’originale qui). Sul diario non compaiono né nome né indirizzo e-mail, quindi, nonostante varie ricerche, non siamo riusciti a contattare l’autore; confidiamo in ogni caso che non gli dispiacerà se abbiamo tradotto il suo pezzo, per il quale lo ringraziamo.
Divertissement? Solo fino a un certo punto
Perché un divertissement? Perché l’autore stesso lo qualifica come una “speculazione” e si cura di specificare che non crede affatto che Tolkien avesse in mente nulla di simile. Questo, insieme alla logica consistente, pur nella sua assurdità, è ciò che fa la differenza tra un nonsense intelligente e ironico e un nonsense e basta, ed è per questo che, essendoci di recente tornato in mente, abbiamo deciso di proporvelo.
Buona Lettura, e non prendetelo / prendeteci / prendetevi troppo sul serio.
Dopo tutto, è Ferragosto…
Il più anziano e senza padre: il terribile segreto di Tom Bombadil
Di KM_515, 20 Febbraio 2011, 14:19
Traduzione di Giampaolo Canzonieri
Il vecchio Tom Bombadil. Probabilmente il personaggio meno amato del Signore degli Anelli. Una figura infantile così detestata dai fan del libro che in pochi obiettano alla sua assenza da ogni adattamento della storia. E tuttavia c’è un altro modo di guardare a Bombadil, basato esclusivamente su quanto compare nel libro, che offre un ritratto molto diverso di questa divertente figura.
Cosa sappiamo di Tom Bombadil? Che è grasso e gioviale e sorride tutto il tempo; che è amichevole e di compagnia, e sempre pronto ad aiutare i viaggiatori in difficoltà.
Tranne per il fatto che nulla di tutto questo può essere vero.
Riflettete: come da lui stesso raccontato (e sulla base della conoscenza sorprendentemente poco dettagliata di Elrond) Bombadil ha vissuto nella Vecchia Foresta da prima che gli Hobbit giungessero nella Contea; da prima che Elrond nascesse; dai giorni più antichi della Prima Era.
Ciò nonostante, nessuno hobbit ha mai sentito parlare di lui.
Bombadil compare a Frodo e ai suoi compagni sotto un aspetto che ricorda molto quello di uno hobbit formato grande. Ama il cibo e le canzoni, le filastrocche senza senso, il bere e la compagnia. Qualsiasi hobbit che avesse visto una persona così racconterebbe storie su di lui. Qualsiasi hobbit che fosse stato salvato da Tom canterebbe canzoni su di lui e lo racconterebbe a tutti quanti. Eppure Merry – che conosce tutta la storia di Landaino e si è avventurato nella Vecchia Foresta molte volte – non ha mai sentito parlare di Tom Bombadil. Frodo e Sam – avidi lettori delle storie del vecchio Bilbo – non hanno idea dell’esistenza di un simile essere fino a quando non compare loro davanti. Tutti gli hobbit della Contea pensano alla Vecchia Foresta come a un luogo di orrori, non certo la dimora di un uomo grasso e gioviale e sorprendentemente generoso con il suo cibo.
Se Bombadil ha davvero vissuto nella Vecchia Foresta tutto quel tempo – in una casa a meno di venti miglia da Landaino – allora è del tutto ragionevole che non sia mai apparso prima a nessun viaggiatore hobbit, e di certo non ne ha mai salvato uno dalla morte nei 1400 anni dalla colonizzazione della Contea.
Cosa sappiamo di Tom Bombadil? Che non è quel che sembra.
Elrond, il più grande sapiente della Terza Era, non ha mai sentito parlare di Tom Bombadil. È solo vagamente a conoscenza del fatto che un tempo c’era qualcuno chiamato Iarwain Ben-Adar (“il più anziano e senza padre”) che potrebbe essere la stessa persona. Eppure, la via maestra tra Valforra e i Grigi Approdi passa a meno di venti miglia dalla casa di Bombadil, che si trova al limitare della più antica foresta della Terra di Mezzo. C’è mai stato un Elfo che abbia viaggiato per la Vecchia Foresta o abbia incontrato Bombadil in tutte queste migliaia di anni? Apparentemente no.
Gandalf sembra saperne di più, ma tiene le sue conoscenze per sé. Al Consiglio di Elrond, quando i presenti suggeriscono di mandare l’Anello a Bombadil, Gandalf se ne esce con un elenco sorprendentemente variegato di ragioni per cui questo non dovrebbe essere fatto. Fra tutte quelle che fornisce, non è chiaro se vi sia la ragione vera.
Ora, nella sua conversazione con Frodo, Bombadil lascia intendere implicitamente (ma evita di affermare direttamente) di aver sentito della loro venuta dal Fattore Maggot e dagli elfi di Gildor (entrambi i quali Frodo ha da poco descritto). Ma anche questo non ha alcun senso. Maggot vive a ovest del Brandivino, è rimasto là quando Frodo è partito, e non ha mai nemmeno saputo che Frodo avrebbe lasciato la Contea. E se Elrond non sa nulla di Bombadil, come può quest’ultimo essere amico di Gildor?
Cosa sappiamo di Tom Bombadil? Che non dice la verità.
Una domanda: qual è il luogo più pericoloso della Terra di Mezzo? Il primo posto va alle Miniere di Moria, dimora del Balrog; ma qual è il secondo posto più pericoloso? La terra di Tom Bombadil.
Al suo confronto, Mordor è un posto sicuro e ben tenuto, dove due hobbit male armati possono vagare per giorni senza incontrare nulla di più pericoloso di se stessi. Al contrario, la Vecchia Foresta e i Poggitumuli, tutti facenti parte della terra di Tom, sono colmi di pericoli che metterebbero in difficoltà chiunque nella Compagnia tranne forse Gandalf.
Ora, è canonico in Tolkien che gli esseri magici dotati di grande potere proiettino la propria natura sulle loro dimore. Lórien sotto Galadriel era un luogo di pace e di luce; Moria dopo il risveglio del Balrog era un luogo di terrore che attirava creature maligne minori, e similmente, quando Sauron viveva a Boscuro, quel luogo era stato contaminato dal male ed era divenuto una dimora di mostri.
E poi, c’è la terra di Tom Bombadil.
Gli hobbit riescono a sentire l’odio in tutti gli alberi della Vecchia Foresta. Ogni albero in quel luogo è un malevolo Huorn che ha in odio l’umanità. Ogni singolo albero. E i tumuli degli antichi re che giacciono lì vicino sono profanati e abitati dagli Esseri dei Tumuli. Bombadil ha il potere di controllare o bandire tutte queste creature, ma non lo fa. Al contrario, offre loro rifugio contro gli uomini e gli altri poteri. Cose malvagie – e solo cose malvagie – prosperano nel suo dominio. “Tom Bombadil è il Signore”, dice Baccadoro; e i suoi sudditi sono Huorn ed Esseri dei Tumuli.
Cosa sappiamo di Tom Bombadil? Che non è la figura benevola che finge di essere.
Tom compare al Portatore dell’Anello sotto un aspetto amichevole e felice, per interrogarlo e metterlo alla prova e consegnare a lui e ai suoi compagni delle spade capaci di uccidere i servi di un altro potere malvagio. Ma le sue ragioni le tiene per sé.
Riflettete: viene detto più di una volta che i salici sono gli alberi più potenti e malvagi della Foresta. Ciò nonostante, la filastrocca che Bombadil insegna agli hobbit perché possano usarla per evocarlo include il verso «tra il salice e il giunchillo». I salici sono parte del potere di Bombadil e un mezzo per invocarlo; essi traggono la loro forza dal Circonvolvolo, il fiume maledetto che è il centro di tutto il male presente nella Foresta.
E le sorgenti del Circonvolvolo sono giusto accanto alla casa di Tom Bombadil.
E poi c’è Baccadoro, «la figlia del fiume». È presentata come la sposa di Bombadil, un essere improbabilmente bello e regale che incanta e ammalia gli hobbit. Viene lasciato intendere implicitamente che sia uno spirito d’acqua, e siede pettinando i lunghi, biondi capelli alla maniera di una sirena (e vale la pena di ricordare che le sirene erano in origine viste come dei mostri, belle sopra la superficie dell’acqua e viscide e orrende al di sotto, dedite ad attirare i marinai affinché annegassero per poi divorarli). Io suggerisco invece che il nome significhi che nel suo stato naturale Baccadoro è nutrita dal Fiume – vale a dire il proverbialmente malvagio Circonvolvolo.
Nel folklore e nelle leggende (come Tolkien ben sapeva) vi sono molte storie di creature in grado di assumere forma umana, ma la cui forma finale contiene sempre un indizio della loro vera natura. Cosa potrebbe essere dunque Baccadoro? È alta e snella – specificamente, una «bacchetta esil di salice» – e indossa un abito verde. Siede tra ciotole d’acqua di fiume ed è circondata dalla cortina dei suoi capelli dorati. Io suggerisco che sia un albero di salice mutato in forma umana, uno Huorn malevolo come il Vecchio Uomo Salice dal quale gli hobbit sono appena fuggiti; se non addirittura quello stesso albero.
E allora, se tutto questo è vero, perché Bombadil salva e soccorre il Portatore dell’Anello e i suoi compagni? Perché essi possono causare la caduta di Sauron, l’attuale Oscuro Signore della Terra di Mezzo. Alla caduta di Sauron gli altri anelli verranno meno, i maghi e gli elfi lasceranno la Terra di Mezzo, e l’unico grande potere rimasto sarà Tom Bombadil.
C’è un confine attorno alla terra di Bombadil che egli non può o non vuole oltrepassare; qualcosa che lo confina in uno spazio ristretto. In cambio, nessun mago o elfo entra nel suo territorio per vedere chi lo governa o per disturbare le creature malvagie che si radunano sotto la sua protezione.
Quando gli hobbit ritornano alla Contea dopo il loro viaggio a Mordor, Gandalf li lascia nei pressi di Bree e si dirige vero la terra di Bombadil per conferire con lui. Non sappiamo cosa si dicono. Tuttavia, Gandalf è stato inviato nella Terra di Mezzo per opporsi a Sauron e ora deve ripartire. Non gli è stata affidata alcuna missione riguardo all’affrontare Tom Bombadil, e presto dovrà lasciare la Terra di Mezzo a Uomini e Hobbit privi di potere, mentre Bombadil rimane, aspettando di raggiungere i propri scopi.
Penso che Tolkien abbia pianificato le cose in questo modo? Niente affatto. Tuttavia, la trovo una speculazione interessante.
Per speculare ulteriormente e in modo più sfrenato:
L’incantesimo che vincola Tom Bombadil alla sua terra angusta e maledetta è stato scagliato secoli prima dai Valar per proteggere Uomini ed Elfi. Può durare ancora alcuni decenni, forse alcune generazioni di hobbit, ma quando l’ultimo Elfo avrà lasciato gli Approdi e gli ultimi incantesimi degli anelli e dei maghi avranno perso efficacia, il vincolo cadrà. Allora Iarwain Ben-Adar, il Più anziano e Senza Padre, che era il signore dell’oscurità nella Terra di Mezzo prima di Sauron, prima che Morgoth vi mettesse piede, prima del primo sorgere del sole, riavrà la sua eredità. E allora, in una notte oscura, i vecchi alberi marceranno verso ovest nella Contea per nutrire il loro antico odio. E mentre gli alberi mormoreranno le loro maledizioni e gli Esseri dei Tumuli, neri e terribili, danzeranno farfugliando attorno a lui, Bombadil, vestito infine della sua vera forma, danzerà fra loro cantando i suoi versi incomprensibili.
E lo farà sorridendo.
.



Andrej Januškievič















































































































Non è stata data ufficialmente dalla casa editrice, ma dati incontrovertibili forniti da moltissimi librai confermano la notizia: Bompiani sta ritirando dal mercato italiano tutte le copie della vecchia traduzione de Il Signore degli Anelli. Per quasi un anno il capolavoro di J.R.R. Tolkien sparirà così dalle librerie italiane, caso unico al mondo, e bisognerà aspettare molti mesi per poter colmare questa lacuna, grazie all’uscita prima a marzo e poi a novembre dei due volumi che insieme a La Compagna dell’Anello completeranno la nuova traduzione di Ottavio Fatica. Questo non è che l’effetto del contenzioso legale che oppone Vittoria Alliata di Villafranca, autrice della traduzione che ora sta venendo ritirata, e la casa editrice Bompiani che detiene i diritti di pubblicazione in Italia delle opere di Tolkien. Si conclude così una vicenda che dura da più di due anni. Cerchiamo di ripercorrerla in maniera obiettiva.
Questa la decisione definitiva della Alliata, che nella lettera aperta scrive che la sua traduzione «continuava ad essere stampata e commercializzata da Bompiani-Giunti in totale disprezzo della legge sul diritto d’autore e delle minime regole di correttezza, essendone ormai scaduti i diritti da parecchi anni, diffidai l’editore a ritirarla immediatamente dagli scaffali». In ottemperanza a questa decisione della Alliata e per evitare ulteriori contenziosi, la casa editrice ha così iniziato il ritiro delle copie della vecchia traduzione. Sugli store online, da Amazon allo stesso sito della Giunti non è più possibile ordinare le edizioni de Il Signore degli Anelli con la traduzione Alliata rivista da Quirino Principe nel 1970. Non è più possibile comprare nemmeno la versione ebook della vecchia traduzione dalle varie piattaforme informatiche. E i libri in formato cartaceo stanno lentamente sparendo dagli scaffali di tutte le librerie italiane, cui è giunta una email di Bompiani che chiede il ritiro delle copie della traduzione Alliata. Così, per ben 11 mesi non sarà possibile comprare in Italia Il Signore degli Anelli in versione completa, con grande rammarico di tutti gli appassionati di Tolkien, anche di quelli che in questi due anni hanno visto nella traduttrice siciliana la propria paladina.
Il nome più indigesto per i fan italiani in quella che è la nuova traduzione della Compagnia dell’Anello è senz’altro “Forestale” per “Ranger”. Nei giorni seguenti all’uscita del libro non si sono risparmiate battute e buffi fotomontaggi per irridere questa scelta del traduttore Ottavio Fatica.
A onor del vero, non per questo mi pareva più adatta la vecchia resa “Ramingo”, dato che – in accordo con lo stile generale della traduzione di Alliata – appartiene a un registro alto rispetto al comune “ranger”. Inoltre “ramingo” dà conto soltanto (e soltanto parzialmente) del primo significato del termine “ranger” nell’Oxford English Dictionary, mentre la traduzione scelta da Fatica si rifà piuttosto al secondo e al terzo, che in effetti andrebbero presi in considerazione, conoscendo l’abitudine di Tolkien di non rifarsi quasi mai alla prima accezione.
1. A rover, wanderer.
Forestale è colui che è associato alle foreste. La parola “foresta” viene dal latino medievale e indicava ciò che stava “foris”, cioè fuori dal territorio abitato, in un’epoca in cui oltre l’abitato era tutta foresta, appunto, ovvero “forestis silva”, cioè selva esterna. Chi non aveva fissa dimora nel villaggio o nella città era ed è ancora detto “forestiero”. La parola inglese “forester” ha evidentemente la stessa radice (così come “foreign”) e nel Medioevo veniva usata sia per nominare il guardaboschi sia come aggettivo per “wild, rough, coarse, unsociable” (XII sec.). Forestale dunque è colui che viene da fuori, dai territori selvaggi, ed è egli stesso un selvaggio di cui è meglio diffidare. Come fa Butterbur, infatti.
2. A forest officer, a gamekeeper.
I Rangers quindi sono cacciatori che attraversano i territori selvaggi (cfr. anche «Rangers of the wilderness», FR, II. III) e li sorvegliano. Considerando che molti di questi territori sono boschivi, come vedremo tra un attimo, la seconda accezione dell’OED, cioè quella di sorvegliante di un’area forestale da incursori umani o animali, non sembra già più così inappropriata. È in effetti nei boschi che il cacciatore Strider si muove con il maggior vantaggio sugli avversari, come dimostra il fatto che per sfuggire agli inseguitori, guida gli hobbit precisamente attraverso una valle boscosa, su sentieri che solo lui conosce, senza temere rivali, nemmeno il nativo Bill Ferny, perché «he is not a match for me in a wood» (FR, I. XI)
3. A body of mounted troops, or other armed men, employed in ranging over a tract of country.
Si tratta quindi di una milizia selezionata dallo Steward di Gondor in base alle capacità e conoscenza del territorio, impiegata nel battere una regione di confine e rendere la vita dura ai nemici, con raid e tattiche di guerriglia. Si dà il caso che l’Ithilien sia un territorio prevalentemente boschivo, e l’aspetto dei Rangers del Sud è infatti quello di combattenti “forestali”: indossano tenute mimetiche verdi per confondersi con la vegetazione, e la loro arma d’elezione è un’arma da caccia prestata alla guerra, cioè l’arco lungo:
Interessante è anche il dettaglio della medaglia di San Cristoforo, santo “selvatico” e patrono dei viaggiatori, dato che il forestale è appunto anche un “ranger” nella prima accezione, cioè uno che si sposta di continuo.
«Allo stesso modo, Natty Bumppo, l’eroe di Fenimore Cooper, era orgoglioso della sua ascendenza inglese, mentre Tolkien ricordava un’antica passione per i pellerossa, gli archi, le frecce e le foreste (SF, p. 58, OFS, p. 41). Infatti, il viaggio della Compagnia da Lórien a Tol Brandir, con le canoe e il loro trasporto via terra, ricorda in più punti L’ultimo dei Mohicani, e quando i viaggiatori si spostano dalla foresta alla prateria, proprio come i pionieri americani, per un momento Aragorn ed Éomer fanno pensare vagamente ai trapper e ai Sioux» (T. Shippey, La Via per la terra di Mezzo, Marietti 2005, p. 475, NB: “trapper” sta per l’originale “deerslayer”).
Devo ammettere che alla luce di questa ricostruzione, la scelta di Fatica, “Forestali”, mi suona assai meno impropria di quanto avessi avvertito di primo acchito.
Tanto tuonò che piovve. Sono state così tante le richieste di ascoltare il nuovo traduttore de Il Signore degli Anelli, il cui primo volume è stato pubblicato da Bompiani il 30 ottobre scorso, che alla fine ci saranno ben due occasioni! Giovedì 12 dicembre alle 14.30 nell’Aula Magna dell’Università di Parma e venerdì 13 dicembre alle ore 15 presso la Biblioteca Passerini-Landi di Piacenza. Sono appuntamenti da non perdere per gli appassionati lettori di J.R.R. Tolkien che potranno così togliersi tutte le curiosità sulla nuova traduzione del capolavoro dello scrittore.
L’incontro che si svolgerà a Parma è organizzato dall’Associazione Italiana Studi Tolkieniani e dal Dipartimento delle Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali della stessa Università di Parma. Il titolo è “Tradurre Tolkien. Incontro con Ottavio Fatica” e l’attività del traduttore sarà al centro dell’attenzione. Si parlerà dell’arte di tradurre Tolkien e Fatica è la persona più adatta in questo momento, visto che si tratta di un traduttore letterario di tutto rispetto: dopo aver esordito con Adelphi, ha lavorato a lungo per Theoria ed Einaudi e da diversi anni è consulente a tutto campo per Adelphi. Ha vinto il Premio letterario internazionale Mondello per la traduzione di Limericks di Edward Lear, nel 2007 il Premio Monselice per la traduzione di La città della tremenda notte di Rudyard Kipling. Nel 2009 ha vinto il Premio Nazionale per la Traduzione e nel 2010 il Premio Procida – Isola di Arturo – Elsa Morante per la traduzione de Il crollo di Francis Scott Fitzgerald. Tra i suoi lavori migliori, la traduzione dell’opera omnia di Rudyard Kipling, Moby Dick di Herman Melville e centinaia di altri scrittori inglesi e statunitensi, tra cui Jack London, Robert Louis Stevenson e Joseph Conrad, ai quali, dato il contesto, è il caso di aggiungere Wystan Hugh Auden, che conosceva personalmente Tolkien per cui nutriva grande ammirazione al punto di farsene entusiasta sponsor nei confronti di lettori ed editori statunitensi. La scelta di un traduttore di tale peso non è certamente frutto del caso, ma, come accennato all’inizio, si inquadra evidentemente in un percorso volto a collocare Tolkien tra i Grandi del Novecento, liberandolo – finalmente, è il caso di dire – dai limiti di una peraltro poco fondata appartenenza di genere.
Dopo i saluti del Rettore Paolo Andrei, Fatica sarà intervistato da Davide Astori, docente di linguistica generale, e introdotto da un’altra traduttrice, Giovanna Granato. Interverranno Elisa Sicuri in rappresentanza dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, e Michela Canepari, docente di Lingua e traduzione inglese all’ateneo, fra gli autori di una miscellanea su Tolkien appena uscito (Creating Worlds through Languages. Tolkien between Philology and Conlanging) curata da Davide Astori ed Elisa Sicuri per la casa editrice Athenaeum. L’incontro è aperto a tutti gli interessati. L’appuntamento all’Università di Parma sarà anticipato, la sera precedente (mercoledì 11 dicembre, ore 19), da un “aperitivo con l’autore” presso il circolo Giovane Italia (via Kennedy 7).
Il giorno dopo, il 13 dicembre Ottavio Fatica si sposterà a Piacenza per un altro incontro simile. In questo caso la sede è la prestigiosa presso la Biblioteca Passerini-Landi e l’ente promotore è il liceo statale Melchiorre Gioia e l’associazione Amici del Gioia, che hanno collaborato con la professoressa Michela Canepari per organizzare l’evento. Alle ore 15, dopo i saluti istituzionali di Mario Magnelli, dirigente scolastico del liceo Gioia, di Donatella Vignola, Presidente dell’Associazione Amici del Gioia, e di Graziano Villaggi,
responsabile del Servizio Biblioteche del Comune di Piacenza, ci saranno i tre interventi di Michela Canepari e Davide Astori, entrambi docenti all’università di Parma e di Giovanna Malchiodi, Liceo Gioia. L’incontro si svolgerà in una forma dialogica da subito aperta al pubblico, Ottavio Fatica presenterà il suo lavoro e il modo in cui si è avvicinato a un testo così importante e di difficile traduzione come Il Signore degli Anelli, soprattutto per la presenza massiccia di lingue artificiali complesse e ricche di riferimenti culturali di vario tipo, illustrando le ragioni delle sue scelte traduttive.