Saggi Hobbit: Sugli Istari e sui loro bastoni

Ritornano i Saggi Hobbit!
Si tratta di saggi brevi così nominati per via della loro lunghezza volutamente contenuta (ma non trascurabile) e perché redatti secondo quelli che Tolkien descrive essere i gusti hobbit: nella Prefazione al Signore degli Anelli è infatti scritto che gli hobbit “si dilettavano a riempire meticolosamente libri interi di cose che già sapevano, in termini chiari e senza contraddizioni.”.
Il proposito di questa rubrica è di fornire basi solide e affidabili su cui poter costruire altri ragionamenti e ci auguriamo che i nostri lettori vorranno aggiungere nei commenti le loro riflessioni ed opinioni.
I quattro saggi apparsi finora sono incentrati sugli Anelli del Potere, gli Orchi, la sorte di Frodo e Riguardo agli Hobbit.
Il saggio di oggi è dedicato agli Istari: quei personaggi dall’apparenza di vecchi saggi che erano stati mandati a contrastare Sauron e a persuadere Uomini d Elfi ad unirsi contro di lui. La maggior parte dei dati proviene, come era facile aspettarsi, dal saggio Gli Istari presente ne I Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra di Mezzo.

Lo Heren Istarion (Ordine degli Stregoni)

Gli Stregoni fecero la loro comparsa iniziale nella Terra di Mezzo verso l’anno 1000 ma per lungo tempo si mostrarono vestiti di semplici panni, come s’addiceva a Uomini già avanti con gli anni ma ancora saldi nel corpo, viaggiatori e viandanti che raccoglievano nozioni sulla Terra-di-mezzo e tutto quanto vi dimorava, senza però rivelare a nessuno i propri poteri e scopi. In quel tempo, gli Uomini li vedevano di rado e prestavano loro scarsa attenzione. Ma, allorché l’ombra di Sauron cominciò a crescere e a riprendere forma, gli Stregoni si fecero più attivi, tentando di continuo di contrastare la crescita dell’Ombra e di indurre Elfi e Uomini a rendersi conto del pericolo che correvano. […]
Gli Istari infatti erano giunti da oltremare, provenienti dall’estremo ovest, […] sotto specie di Uomini in carne e ossa, soggetti alle paure, ai dolori e alle stanchezze della terra, suscettibili di provare fame, sete e di essere uccisi; sebbene, a causa dei loro nobili spiriti, gli emissari non morissero, e se invecchiavano era solo per le cure e le fatiche di molti lunghi anni. [… Gli] era fatto divieto di rivelarsi in forme di maestà o di cercare di governare la volontà di Uomini o Elfi facendo sfoggio di potere; presentandosi invece in aspetto debole e dimesso, dovevano consigliare e persuadere Uomini ed Elfi al bene e provarsi a unire nell’amore e nella comprensione tutti coloro che Sauron, se fosse tornato, avrebbe cercato di dominare e corrompere.
Ignoto è il numero dei membri di quest’Ordine; ma di coloro che si recarono nel nord della Terra-di-mezzo, dove massima era la speranza (grazie al fatto che vi dimoravano i resti dei Dúnedain e degli Eldar), i principali erano cinque. Il primo a giungervi fu uno di nobile aspetto e portamento, i capelli come ala di corvo e una bella voce, ed era biancovestito; grande abilità aveva nei lavori manuali, e veniva considerato da quasi tutti, persino dagli Eldar, il capo dell’Ordine. Ve n’erano anche altri: due vestiti di blu oltremare, e uno di terra bruciata; e ultimo venne uno che sembrava il minore, più basso degli altri, e a vederlo più anziano, i capelli grigi, e grigio anche l’abito, il quale s’appoggiava a un bastone.
(1)

E vediamo in maggior dettaglio chi fossero questi cinque saggi personaggi.

Il primo venuto, giunto da solo, era noto come Saruman il Bianco. Era del popolo di Aulë e aveva grande capacità manuali, oltre che una voce capace di persuadere chi non stesse in guardia. Barbalbero riteneva che poco si interessasse degli esseri viventi, avendo “un cervello fatto di metallo e di ingranaggi(2). Nei Racconti Incompiuti ci viene descritto così:
E Curunír Lân, Saruman il Bianco, decadde dalla sua alta missione e divenne orgoglioso e impaziente e, innamorato del potere, tentò di imporre la sua volontà mediante la forza e di soppiantare Sauron; ma fu irretito da quell’oscuro spirito, di lui più potente.(3)

Dei due vestiti di blu oltremare si sa solo che andarono con Saruman a Oriente e che solo lui fece ritorno. Nella lettera 211 Tolkien scrisse che non sapeva di sicuro la loro sorte, ma riteneva avessero fallito la missione, come Saruman, anche se in maniera diversa; e che sospettava che fossero alla base di culti che sopravvissero alla caduta di Sauron. Erano stati scelti da Oromë. Non vi è certezza dei loro nomi, inizialmente indicati come Alatar e Pallando.

Radagast il Bruno, con la veste color terra bruciata, era stato scelto da Yavanna e aveva una predilezione per gli animali e i vegetali, per amore dei quali trascurò la sua missione. Era poco considerato da Saruman, che nel Signore degli Anelli ne parla in modo poco lusinghiero come di “Radagast il Semplice! Radagast lo Sciocco!(4)

Gandalf il Grigio giunse per ultimo: più basso e all’apparenza più vecchio degli altri era un Maia del popolo di Manwë, che presso Nienna aveva imparato la pietà.

Maria Distefano: GandalfMa Círdan fin dai loro primi incontri ai Porti Grigi indovinò in lui il massimo spirito e il più sapiente; e lo accolse con reverenza e gli affidò il Terzo Anello, Narya il Rosso.
«Che» così disse «grandi fatiche e pericoli ti aspettano, e, per tema che il tuo compito si riveli troppo grande e gravoso, prendi quest’Anello per tuo aiuto e conforto. Esso mi è stato affidato solo perché lo tenessi segreto, e qui sulle coste occidentali è ozioso; ma io ritengo che in giorni a venire dovrà essere in mani più degne delle mie, che lo tengano per accendere tutti i cuori al coraggio.»
[…]
[Egli] ebbe invece, tra gli Elfi, il nome di Mithrandir, il Pellegrino Grigio, poiché non dimorava in nessun luogo e non ambiva né a ricchezze né a seguaci, ma sempre andava di qua e di là per le Terre Occidentali, da Gondor ad Angmar, dal Lindon al Lórien, facendo amicizia con tutte le genti in tempi di bisogno. Cordiale e sollecito era il suo spirito (che era reso più forte dall’Anello Narya), essendo egli il Nemico di Sauron, colui che si opponeva al fuoco che divora e distrugge con il fuoco che illumina e soccorre nella disperazione e nell’afflizione; ma la sua gioia, e la sua sùbita collera, erano velate di panni grigi come cenere, sicché soltanto coloro che ben lo conoscevano scorgevano la fiamma che era in lui. Gaio, egli poteva essere, e gentile con il giovane e il semplice, eppure a volte pronto ad aspre parole e a rimbrottare la stoltezza; ma non era orgoglioso, e non ambiva né a potere né a lodi, sicché ovunque era benvoluto da tutti coloro che non fossero essi stessi superbi. Per lo più viaggiava instancabilmente a piedi, appoggiandosi a un bastone, ragion per cui era chiamato, dagli Uomini del Nord, Gandalf, «l’Elfo della Verga».
(5)

Gandalf il Bianco vs Gandalf il Grigio

Queste due incarnazioni del maia Olórin sono simili ma non uguali, per questo trovo utile dare una scorsa a similitudini e differenze.

Gandalf il Grigio nello Hobbit è così descritto:

Tutto quello che l’ignaro Bilbo vide quel mattino era un vecchio con un bastone. Aveva un alto cappello blu a punta, un lungo mantello grigio, una sciarpa argentea sulla quale la lunga barba bianca ricadeva fin sotto la vita, e immensi stivali neri.(6)

Mentre, nel Signore degli Anelli, così ci appare Gandalf il Bianco:

Il vecchio fu più rapido di lui. Saltò in piedi, e con un balzo salì su di una grande roccia. Ivi si eresse improvvisamente, giganteggiando. Il cappuccio e gli stracci grigi giacevano in terra, e le bianche vesti brillavano. Levò il bastone e l’ascia sgusciò via dalla mano di Gimli, cadendo in fragore sul terreno. […]
La sua capigliatura al sole era candida come neve, e la sua veste bianca e splendente; gli occhi sotto le folte sopracciglia erano luminosi, penetranti come raggi di sole; potere nelle sue mani.” […]
Infine fui rimandato nudo là dove l’oscurità mi aveva colto (ma per poco posso ancora parlare, perché la mia missione mi chiama con urgenza).” (7) e di se stesso dice : «Sì, ora sono bianco», disse Gandalf. «Anzi, sono Saruman, si può dire, Saruman come sarebbe dovuto essere. Ma suvvia, raccontatemi di voi! Io ho attraversato fuochi ed acque profonde, da quando ci lasciammo. Ho obliato molte cose che credevo di sapere, ed appreso molte altre che avevo obliate. Riesco a vedere molte cose assai lontane, e molte altre, vicine, sfuggono alla mia vista. Raccontatemi di voi!
» (8)

Jay Johnstone: "Gandalf as a saint"Gandalf il Grigio sembra essere un po’ più collerico, con poteri inferiori a quelli di Gandalf il Bianco. Entrambi non possono costringere o spaventare con il proprio potere: possono solo (cercare di) convincere a fare il bene, indirizzare verso il bene. Ma Gandalf il Bianco può, in casi di emergenza, agire come un angelo (come scrive Tolkien nella lettera 156); si veda più avanti le descrizioni dei suoi interventi a favore di Faramir.
Talvolta Gandalf il Griigio sbaglia, anche se raramente, e forse ha fatto anche azioni malvagie: potrebbe aver torturato Gollum, visto che a Frodo dice: “Lo sopportai quanto più mi fu possibile, ma la verità era disperatamente importante, e alla fine fui costretto ad essere duro. Misi in lui la paura del fuoco, e gli cavai fuori lentamente, a brano a brano, l’intera storia, frammista a piagnucolii e recriminazioni.(9) Se così è stato si è trattato di una caduta momentanea, riscattata, per esempio, quando decide di affrontare il Balrog, per proteggere gli altri Compagni, pur sapendo di essere uno dei membri più potenti della missione. Ma decide, come chiarisce Tolkien nella lettera 156, di sacrificarsi lasciando la missione in mano a un superiore Potere. Il suo sacrificio non è vano. Infatti viene rimandato indietro con “regole d’ingaggio” meno stringenti, dato che il momento è particolarmente critico e la guerra contro Sauron sta per scatenarsi. Ma ha anche maggior potere tant’è che Tolkien scrive che Gandalf il Grigio mai sarebbe riuscito a guarire Théoden o a scontrarsi con Saruman (lettera 156, nuovamente).

I Bastoni degli Istari

Dei bastoni degli Istari si sa molto poco di sicuro, ma alcune cose si possono desumere con ragionevole approssimazione.

Innanzitutto non si sa se gli Istari arrivarono da Valinor tutti con un bastone, come Gandalf, o se se lo costruirono successivamente. Sembra certo che nessuno dei bastoni avesse incastonata una gemma, in quanto da nessuna parte tale (ipotetica) gemma è menzionata. Gandalf sicuramente perde il suo bastone distruggendo il ponte di Moria; pertanto combatte il suo nemico più forte senza bastone e, una volta tornato nella Terra di Mezzo si dota/viene fornito di un nuovo bastone. È abbastanza probabile che ogni Istar avesse il suo bastone, dato che Saruman accusa Gandalf di volersi impossessare dei bastoni dei cinque stregoni.

Gandalf, quando espelle Saruman dall’ordine, rompe il suo bastone. Atto solo simbolico? Non è chiaro, perché ci sono indizi discordanti. Da un lato Grima dà ordini espliciti alle guardie di non fare entrare alla presenza del re persone recanti spade o bastoni. E Gandalf si separa facilmente dalla spada Glamdring ma non vuole separarsi dal suo bastone, che sembra usare per scatenare una tempesta. Gandalf usa il suo bastone altre volte: per esempio (nello Hobbit) per dare fuoco alle pigne che usa contro i Mannari, o (ne Il Signore degli Anelli) per far luce a Moria, per incendiare il ramo con cui combattere i Warg, per dare fuoco alla legna bagnata durante la tempesta sul Caradhras, per chiamare a sé un’aquila di passaggio:

All’improvviso, l’ombra come di due grandi ali oscurò la luna. La figura alzò le braccia e una luce lampeggiò dal bastone che reggeva in mano. Un’aquila maestosa calò e lo portò via con sé(10)

Dall’altro Gandalf salva Faramir due volte senza usare il bastone, semplicemente proiettando una forte luce direttamente dalle mani. La prima volta cavalcando in suo soccorso:

[Gandalf ]montava Ombromanto, sfavillante e svelato ancora una volta, e una luce si sprigionava dalla sua mano alzata.(11);

l’altra quando lo salva dal rogo preparato da Denethor:

Ma Gandalf con un salto fu in cima alle scale e gli uomini caddero riversi coprendosi gli occhi, perché il suo arrivo era come la venuta improvvisa di una luce bianca in un luogo oscuro, e grande era il suo furore. Alzò la mano e d’un colpo la spada di Denethor volò per aria e sfuggendogli di mano cadde alle sue spalle nell’ombra della casa; e Denethor indietreggiò alla vista di Gandalf, come stupefatto.(12)

Il bastone, quindi, sembrerebbe sia un simbolo di potere sia uno strumento per incanalare la forza; utile ma non indispensabile. Un po’ come una spada per un guerriero, che può, se necessario, combattere a mani nude. Quindi Gandalf rompe il bastone di Saruman più per “togliergli un simbolo” che per “disarmarlo”, a mio avviso. Inoltre ritengo che il bastone servisse anche a “distrarre” l’osservatore. Infatti, come letto nel brano iniziale, agli Istari era proibito rivelare chi fossero. Pertanto fingere che il loro potere risiedesse nel bastone (come se fosse una sorta di “bacchetta magica”) poteva essere una strategia per mascherare il vero potere dell’Istar.

Infine desidero ringraziare i componenti il gruppo facebook Studi Tolkieniani, e in particolare Lorenzo Gammarelli, Lorenzo Mariani e Stefano Moretti, per le utili opinioni che hanno espresso nelle discussioni riguardo gli Istari e, più in particolare, l’utilità e le caratteristiche dei loro bastoni.

Norbert Spina

Note:
1. Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra-di-Mezzo, IV.2 “Gli Istari”
2. Il Signore degli Anelli, III.4 “Barbalbero”
3. Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra-di-Mezzo, ibidem
4. Il Signore degli Anelli, II.2 “Il Consiglio di Elrond”
5. Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra-di-Mezzo, ibidem
6. Lo Hobbit, cap. I “Una riunione inaspettata”
7. Il Signore degli Anelli, III.5 “Il Cavaliere Bianco”
8. ibidem
9. Il Signore degli Anelli, I.2 “L’Ombra del Passato”
10. Il Signore degli Anelli, I.7 “Nella Casa di Tom Bombadil”, traduzione dell’autore
11. Il Signore degli Anelli, V.4 “L’assedio di Gondor”, traduzione dell’autore
12. Il Signore degli Anelli, V.7 “Il rogo di Denethor”

Bibliografia
– J.R.R. Tolkien, Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra-di-Mezzo
– J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli
– J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit
– J.R.R. Tolkien, Lettere: 1917-1973, Bompiani, 2018
– Matthew Dickerson, A Hobbit Journey: Discovering the Enchantment of J.R.R. Tolkien’s Middle-earth, Brazos Press, 2012
– Jonathan S. Mcintosh, The Metaphysics of Coercion in Tolkien’s Angelology, https://jonathansmcintosh.wordpress.com/

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo su Gli Anelli del Potere
– Leggi l’articolo su Gli Orchi
– Leggi l’articolo su La sorte di Frodo
– Leggi l’articolo su Riguardo agli Hobbit.
– Leggi l’articolo su Denethor: c’è del metodo in questa follia
– Leggi l’articolo su Gli Elfi sono vegetariani? Ecco cosa dice Tolkien
LINK ESTERNI:
– Vai al gruppo facebook Studi Tolkieniani
– Vai al sito di Jonathan S. Mcintosh, The Flame Imperishable

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Yule, la festività invernale degli Hobbit

JólasveinarBuon Natale! O meglio, dovremmo dire «Buon Yule», come scrive J.R.R. Tolkien in una lettera (n. 347). L’equivalenza tra Natale e Yule è una delle lezioni trasmesse dalle sue opere, ma in realtà, come spesso accade, si tratta solo di un errore della traduzione italiana. Nello Hobbit pubblicato da Adelphi e tradotto da Elena Jeronimidis Conte, il termine “Yule-tide” appare infatti tradotto in italiano come “periodo natalizio”. Intervistato dall’Oxford Times (il 22 dicembre 1972), l’autore separava nettamente i due termini spiegando che «non c’è niente che non mi piace nel Natale, in particolare; io l’ho soltanto diviso in due. C’è “Yule”, che significa la parte dei regali, dell’albero di Natale e di queste cose; e poi c’è il “Natale”, che è la festa religiosa e della pace». Per capire meglio, passiamo in rassegna l’uso del termine nelle opere di Tolkien.

Yule nel Signore degli Anelli

David Wyatt: "Grey Havens" La parola Yule appare nel Signore degli Anelli unicamente nell’Appendice D e il termine originale “Midwinter” (in italiano reso con “Capodanno”) appare una volta sola all’interno della storia, nel capitolo I Porti Grigi. La festività in realtà cade due volte nell’arco temporale compreso all’interno della storia, ma la prima occorrenza si colloca nel periodo in cui la Compagnia si dirige a sud dopo aver lasciato Gran Burrone e di essa non viene fatta menzione. Nell’Appendice D viene illustrato il calendario della Contea, a cui appartiene la festività invernale, la quale occupa due giorni, l’ultimo dell’anno e il primo dell’anno successivo, il termine del mese Foreyule e la prima giornata di Afteryule (“Ante apritore” e “Postapritore” nella traduzione italiana). Le due giornate di Yule vengono dette in inglese “Yuledays” (“i giorni di Yule”), mentre in italiano sono “Primo Capodanno” e “Secondo Capodanno” ed esse erano collocate al di fuori del compunto dei mesi. Calendario della HobbitSecondo il calendario Hobbit le due giornate di Yule occupavano sempre lo stesso giorno della settimana, ovvero Highday e Sterday (venerdì e sabato). Yuletide, quindi è il “periodo del Capodanno” e non il “periodo natalizio” come tradotto nello Hobbit. Così è qui giustamente tradotto ed è spiegato come questo periodo durava in totale sei giorni, tre in un anno e tre nel successivo.
Il termine “Yule” appare anche all’interno della Guide to the Names in the Lord of the Rings, testo scritto da Tolkien a uso dei traduttori delle sue opere in un’altra lingua: in questo testo, “Yule” è presentato come la controparte invernale di “Lithe” (il “Giorno di Mezzo Anno” detto anche “Giorno di Mezza Estate”) e anche Yule sarebbe un termine estraneo alla lingua comune e come tale da mantenere invariato fatta eccezione per l’ortografia, la quale doveva adeguarsi alla lingua in cui il testo veniva tradotto (Tolkien riporta l’esempio tedesco e danese di “Jule”). Calendario della HobbitNella stessa occasione il professore suppone che, nonostante l’appartenenza al calendario Hobbit, una forma della parola “Yule” sia stata usata dai Northmen (“Uomini Nordici” nella traduzione del Signore degli Anelli) che formarono una notevole parte della popolazione di Gondor per indicare la festività di metà inverno e che in seguito fosse in uso anche a Rohan. Nello Hobbit, sulla via del ritorno a casa una volta terminata l’avventura coi Nani, Bilbo Baggins si ferma assieme a Gandalf nella casa di Beorn per lo “Yule-tide” appunto, e ci viene detto che lo passarono lì in allegria.

Yule prima degli Hobbit

Tuuliky: "Athrabeth Finrod ah Andreth"Eppure Yule non appare solo nelle opere pubblicate in vita dal professore. Ritroviamo la festa invernale in tre volumi della History of Middle-earth, a cominciare da Morgoth’s Ring. All’interno della quarta parte di tale testo, intitolata Athrabeth Finrod ah Andreth (Il dibattito di Finrod e Andreth), la festività invernale viene usata come riferimento temporale:
«Now it chanced that on a time of spring Finrod was for a while guest in the house of Belemir; and he fell to talking with Andreth the Wise-woman concerning Men and their fates. For at that time Boron, Lord of the folk of Beor, had but lately died soon after Yule, and Finrod was grieved».
(Ora accadde che in primavera Finrod fosse, per un certo tempo, ospite nella casa di Belemir; e gli capitò di parlare con Andreth la Saggia riguardo gli Uomini e il loro fato. Poiché in quel periodo Boron, Signore della gente di Beor, era morto di recente, poco dopo Yule, e Finrod era addolorato).
Copertina War of JewelsLo stesso uso di Yule viene fatto nella terza parte del libro The War of the Jewels (The Wanderings of Húrin and Other Writings not forming part of the Quenta Silmarillion), all’interno della versione D2 del Tale of Years della Prima Era: nel 506-507 At Yule Dior fought the sons of Fëanor on the east marches of Doriath, and was slain. (A Yule Dior combatté i figli di Fëanor nelle marche orientali del Doriath e venne ucciso). Infine, nel volume The Peoples of Middle-earth, la versione D1 dell’Appendice D parla di Yule: in questa variante esso durava per tutta l’ultima settimana dell’anno e tutta la prima dell’anno successivo. Di maggior rilievo ancora erano i due giorni centrali, detti Yuledays (i Giorni di Yule), denominati Old Year’s Day o Yearsend (rispettivamente Giorno del Vecchio Anno e Fine anno) e New Year’s Day o Yearsday (Giorno del Nuovo Anno e Giorno dell’anno). Secondo questa versione l’inizio dell’anno dopo Yule era uso del Regno del Nord e venne infine adottato dagli Hobbit.

Yule prima di Tolkien

ceppo di yuleLa festività di Yule esisteva ben prima che Tolkien la descrivesse nelle sue opere. Si trattava in origine una festività pagana. Più precisamente Yule è la forma inglese del termine antico norreno jól, dall’origine ed etimologia assai discusse: Jacob Grimm (nella sua Geschichte der deutschen Sprache, Storia della lingua tedesca) suppose che derivasse da hjól, “ruota”, con riferimento al variare dei periodi di luce solare durante l’anno. La festa di jól era infatti legata all’inizio di un nuovo ciclo.
Jól durava tredici giorni e dodici notti (il termine stesso è un nome plurale in antico norreno) e da ciò derivava la parola Þrettándi, il tredicesimo, ovvero l’Epifania (il 6 gennaio), come l’inglese Twelfth-night (dodicesima notte). JólasveinarCiononostante questa festività veniva probabilmente celebrata poco dopo il Natale cristiano. Durante jól erano in corso molti festeggiamenti e storie di fantasmi, orchi e elfi erano connessi a questa ricorrenza. Un esempio sono gli Jólasveinar, i “ragazzi di Yule”, una sorta di goblin (tredici o dodici, uno per giorno del periodo festivo) figli della gigantessa Grýla, che venivano usati per spaventare i bambini. Poiché a jól la notte aveva raggiunto la sua massima lunghezza a scapito del giorno, si riteneva che i fantasmi acquisissero maggior potere: la festa era infatti legata anche al culto dei morti che facevano ritorno sulla terra. In Islanda era uso popolare considerare la sera di jól come la conclusione di un anno e pertanto gli anni di una persona potevano venir indicati col numero di notti di jól che aveva passato. Quando i missionari iniziarono la conversione dei popoli germanici, adattarono alla tradizione cristiana anche la festa di Yule, che venne trasformata nel Natale, mantenendo però alcune delle sue tradizioni originarie, com l’uso decorativo del vischio e dell’agrifoglio e l’albero di Natale.
Frimerki99In inglese antico era presente geol, termine a volte utilizzato per indicare l’intero mese di dicembre, il quale era chiamato anche œra geola, ovvero “fore Yule”, “anteriore a Yule”, mentre gennaio era œftera geola, “after Yule”, cioè “dopo Yule”. Ed è proprio questi nomi che si trovano nel calendario della Contea, Foreyule e Afteryule. Ancora una volta, si può vedere come Tolkien sia voluto tornare a questa forma antico inglese, come del resto scrive lui stesso nella Guide to the Names in the Lord of the Rings: «Tutti i nomi dei mesi del calendario della Contea sono forme logorate dei nomi in inglese antico». Si chiude un cerchio!
Inoltre, il termine collettivo inglese antico giuli indicava i due mesi di metà inverno, dicembre e gennaio. Solo successivamente, con l’avvento del Cristianesimo, la parola identificò un periodo più ristretto: i 12 giorni di festa della Natività. Fino all’XI secolo in cui venne adottato “Christmas” al suo posto per indicare il giorno della Natività stessa, ad eccezion fatta per i territori inglesi sotto il dominio danese.

ARTICOLI PRECEDENTI
calendario gregoriano e hobbit

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Fan fiction, i retroscena della dimora di Elrond

«Al di sopra del Marese, della Valle dell’Acqua, dei Monti Brumosi, del Bosco d’Oro,
della Montagna Solitaria, delle nubi, dei mari, al di là del Fuoco Dorato, della Rete di Stelle
e dei confini delle Cerchie del mondo…».

Rivendell«Ma quanto è antipatico quel Gandalf! Lascia sempre commenti sprezzanti sul libro degli ospiti: “Gli asciugamani puzzano di muffa, la camera è piena di spifferi”». A leggere queste note non si può fare a meno di pensare a J.R.R. Tolkien, anche se in maniera inconsueta. Il mondo universo creato dallo scrittore inglese è giustamente lodato per la sua profondità e ampiezza, ma è tuttavia privo di alcune delle pratiche più banali della vita quotidiana. Per questo sono molti i lettori del Signore degli Anelli che prendono carta e penna per colmare alcune zone d’ombra delle opere di Tolkien. E così che nascono i diari della casa di Elrond…

Rivendell nelle opere di Tolkien

Bilbo nella sala di ElrondLa dimora di Elrond è descritta sempre in toni entusiastici nelle opere dello scrittore inglese. Regno degli Elfi in una valle nascosta tra le pendici delle Montagne Nebbiose, Rivendell è descritto come un luogo favoloso. Grazie al potere di uno dei tre anelli degli Elfi (donato da Gil-galad a Elrond) il luogo viene preservato integro dalla corruzione del tempo, oltre che dagli attacchi degli Orchi. La dimora di Elrond è uno splendido palazzo affacciato sul fiume Bruinen, che include il Salone del Fuoco in cui nel Signore degli Anelli insieme agli altri ospiti di Elrond si festeggia la guarigione di Frodo dopo il suo ferimento da parte dei Nazgul. «Frodo si trovava ora sano e salvo nell’Ultima Casa Accogliente ad est del Mare. Come Bilbo, tanto tempo addietro, aveva riferito, era una casa perfetta, sia che amiate il cibo, o il riposo, o il canto, o i racconti, o che amiate solo star seduti e riflettere, o un piacevole miscuglio di tutto.Il semplice fatto di viverci era una cura per la stanchezza, la paura e la tristezza […]». È questa la descrizione di Rivendell (Gran Burrone) nel Signore degli Anelli, mentre nello Hobbit si dice che «la casa di Elrond era perfetta, che vi piacesse il cibo, o il sonno, o il lavoro, o i racconti, o il canto, o che preferiste soltanto star seduti a pensare, o anche se amaste una piacevole combinazione di tutte queste cose. In quella valle il male non era mai penetrato. […] Tutti quanti, perfino i pony, si rinfrancarono e si rinforzarono in quei pochi giorni che vi trascorsero. Fu presa cura dei loro abiti come delle loro ammaccature, del loro umore e Frodo si sveglia a Rivendelldelle loro speranze. Le loro bisacce furono riempite di cibo e di provviste leggere da portare, ma tanto sostanziose da permetter loro di passare al di là dei passi montani. I loro piani furono migliorati da eccellenti consigli». Infine, si dice che il piccolo hobbit, Gandalf e i Nani «rimasero per un bel po’ in quella casa confortevole, almeno quattordici giorni, e trovarono duro andarsene. Bilbo sarebbe stato contentissimo di fermarsi lì in eterno…».

L’Ultimo Servitore Accogliente

ElrondSe c’è una cosa che colpisce è quindi l’accento posto su Rivendell come posto di ristoro, in cui tutti sono accolti e serviti in tutte le loro necessità. È da qui che son partiti i lettori più curiosi di Tolkien! «Sono davvero accolti tutti gli ospiti?», «Si può rimanere quanto si vuole e senza pagare?» e soprattutto «Che gestione c’è dietro una macchina così imponente? Chi è posto al servizio degli ospiti?». Una risposta a tutte queste domande l’ha data Rolf Luchs, scrittore e appassionato lettore di Tolkien che ha immaginato la vita quotidiana in questa sorta di guesthouse tolkieniana. L’Ultimo Servitore Accogliente racconta così gli eventi dello Hobbit e del Signore degli Anelli dal punto di vista interno di un “professionista del settore dell’ospitalità”, per così dire. Luchs non è il primo scrittore a decidere di scrivere un romanzo sulle zone d’ombra delle narrazioni di Tolkien. Certo, però, nessun altro riesce meglio di lui a narrare una storia sul responsabile delle lenzuola pulite sui letti della dimora del re elfico a Gran Burrone. Luchs, che si definisce con una indefinita vaghezza tattica come un «investitore» che vive in «Europa Occidentale» (lo scrittore è diffida molto dei «Cavalieri Neri della Tolkien Estate»), Tironincornicia il suo racconto come una serie di estratti del diario di Tiron, responsabile del servizio di pulizia a Rivendell. Siccome la dimora è a corto di personale, l’elfo costituisce più o meno l’intera squadra di pulizia di Rivendell. Le parti più ironiche del diario riguardano le tante beghe di una clientela esigente. Su tutti il più indisponente è proprio Gandalf, con la sua pipa puzzolente e le note sprezzanti che lascia nel libro degli ospiti. Altrettanto divertenti sono le parti sulle provviste che servono per saziare ogni hobbit che passa da lì, così come i dettagli spassosi sul sistema fognario del palazzo. Ci sono un sacco di pettegolezzi dai piano bassi, di retroscena selle alte sfere e anche tanti esilaranti espedienti per superare la noia ci si può aspettare da qualcuno relegato a fare un lavoro monotono per molti secoli. Tiron ha anche avuto una cotta di 2.500 anni per Arwen e quindi considera Aragorn alla stregua di un illuso gaglioffo! «Ho passato un po’ di tempo nel cosiddetto “settore dell’ospitalità”», racconta Luchs, «quindi so tutto su come cambiare i letti, pulire i bagni, gestire i clienti difficili e cose simili… Tolkien ritrae Rivendell come un luogo spensierato e magico, dove si può semplicemente fare una sosta Rivendell: camera da lettoin qualsiasi momento per rimanere quanto si vuole, a quanto pare senza neanche pagare. Sembra un parco a tema elfico dove il mondo è tenuto lontano e le cose brutte non possono mai accadere. Ma, naturalmente, nessun luogo può mai essere così – non in questo mondo, nemmeno nella Terra di Mezzo. Perché Rivendell sarà sicuramente pieno di gente con tutti i soliti problemi quotidiani, con l’unica differenza che si tratta di Elfi, cioè di esseri immortali. Ma, in questo modo, anche i loro problemi possono andare avanti letteralmente per secoli». Quindi, se vi siete mai chiesti chi pulisce dopo tutti quei fastosi banchetti a Rivendell, fate attenzione. Basta fare in modo di preparare con molto anticipo i piatti delle feste!

Il romanzo integrale si può scaricare qui:
THE LAST HOUSEKEEPER di Rolf Luchs (84 pp., in inglese)

LA FAN FICTION:
– Introduzione: Fan fiction, l’arte di seguire Tolkien
– Parte 1: Fan fiction, il canone e le sue sfide
– Parte 2: Se l’ispirazione è Tolkien

ARTICOLI PRECEDENTI:
Fan fiction, ecco le «Appendici» dello Hobbit
– L’Ultimo portatore dell’Anello: il contrattacco di Mordor
– L’Ultimo portatore dell’Anello: parla l’autore

LINK ESTERNI:
– Vai al sito della fanficton The Last Housekeeper

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Le 20 cose da sapere sul Signore degli Anelli

Tim Kirk: "Bilbo and Gollum"Il nostro sito web è inondato spesso dalle domande degli appassionati di J.R.R. Tolkien che vorrebbero saper tutto sul loro autore preferito. Molto spesso è sufficiente consultare le Lettere scritte da Humphrey Carpenter oppure le Appendici del Signore degli Anelli, altre è addirittura più semplice: basta leggere il libro! Prendendo spunto da un articolo di What Culture, eccovi le 20 cose che non sapevate sul capolavoro di Tolkien. E se le sapevate già, è sempre un bene ripassarle!

20. Frodo aspetta 17 anni prima di cominciare il suo viaggio

Frodo in the ShirePer i fan del film, sembra che passino solo poche settimane fra il momento in cui l’Anello finisce nelle mani di Frodo e l’inizio del suo epico viaggio verso il Monte Fato all’inizio della Compagnia dell’Anello. Nel libro, invece, le cose non si muovono così velocemente, e quando Frodo parte con l’Anello sono passati 17 anni dal centoundicesimo compleanno di Bilbo. Cosa succede in quasi due decenni? Non molto: Gandalf ha visitato periodicamente Casa Baggins fino alla fatidica notte di primavera in cui è arrivato con l’informazione sull’Anello. Anche così, Frodo ha aspettato fino a settembre per partire: evidentemente, la conquista della Terra di Mezzo da parte dell’Oscuro Signore non è così pressante come lo fanno sembrare i film. Il libro, proprio come gli hobbit che ne sono i protagonisti, preferisce prendere le cose con calma.

19. Nessuno conosce il colore dei capelli di Legolas

Andrea Piparo: "Legolas di Bosco Atro"Una delle caratteristiche di Legolas, oltre alla sua propensione filmica per affermare ovvietà, è la sua bellezza elfica (grazie, Orlando!) che include quelle deliziose treccine biondo platino per cui è immediatamente riconoscibile. L’unico problema è che, nel libro, la cosa non è scritta da nessuna parte. È vero, suo padre Thranduil ha splendidi capelli dorati come viene specificato nel Legendarium e come è (per una volta) fedelmente riportato nel film, ma stranamente questo particolare di Legolas, uno dei nove personaggi principali del Signore degli Anelli, rimane non menzionato, cosa che ha fatto sollevare molte questioni fra i fan. In vari volumi e appendici del Legendarium gli elfi Sindarin sono descritti con capelli generalmente scuri. Questo è ulteriormente corroborato per Legolas da questa dubbia descrizione nella Compagnia dell’Anello: Frodo levò lo sguardo sull’elfo che lo sovrastava, alto, con gli occhi fissi nel buio, alla ricerca di un bersaglio da colpire. Scura era la sua testa, e cinta da una corona di stelle bianche che luccicavano nei neri stagni del cielo dietro di lui. In quasi 1200 pagine, comunque, nemmeno una volta l’elfo che tutti preferiamo viene descritto con sicurezza, il che ci lascia finire con questa conclusione: a causa di alcuni incidenti genetici recessivi, Legolas aveva i capelli rossi.

18. Le montagne su una luna di Saturno prendono nome dall’opera di Tolkien

Titano, luna di SaturnoTitano, la maggiore fra le lune di Saturno, è molto simile a un pianeta: ha un clima stagionale che provoca caratteristiche della superficie simili a quelle della Terra, compresi laghi, fiumi e, naturalmente, montagne. Forse proprio perché è così simile alla Terra, gli astronomi hanno deciso di realizzare le nostre fantasie dando a molte emergenze di Titano nomi di esseri mitologici e fantastici: i crateri hanno nomi di dee della saggezza, i labirinti hanno il nome dei pianeti di Dune. Ma soprattutto, le catene montuose hanno i nomi delle catene montuose della Terra di Mezzo, seguendo una convenzione del Gruppo di Lavoro per il Sistema di Nomenclatura Planetaria dell’IAU. Gli esempi più notevoli sono il monte Erebor, le Montagne Nebbiose, i Monti Mithrim, i monti Mindolluin e, naturalmente, il Monte Fato, appropriatamente quello che si ritiene essere il picco più alto di tutta la luna.

17. Sean Connery ha rifiutato il ruolo di Gandalf

Sean Connery è GandalfNon c’è nessun dubbio che Sir Ian McKellen sia nato per fare il ruolo del geniale e potente stregone Gandalf nei film del Signore degli Anelli e dello Hobbit. Tuttavia, per quanto possa sembrare bizzarro, egli non fu la prima scelta. No, il ruolo di Gandalf fu prima offerto all’ex James Bond, Sean Connery, che dopo un’offerta iniziale di 30 milioni di dollari lo rifiutò. Gli fu allora offerto il 15% dei profitti totali del film, ma rifiutò ancora. Anche se non c’era alcuna certezza che quei film avrebbero avuto il successo che poi hanno avuto nel 2001, la sua si rivelò una scelta monumentalmente sbagliata, poiché significa che la trilogia gli avrebbe fatto guadagnare 450 milioni di euro. Ci si potrebbe chiedere perché mai Connery abbia rifiutato il brillante ruolo dell’eccentrico stregone: messa semplicemente, egli ha dichiarato di non aver capito la parte o la trama del copione. Anche dopo aver letto il libro, il copione e dopo aver visto i film. Chiaro?

16. Balrog e stregoni sono della stessa «razza»

Petar Meseldzija: "Gandalf e il Balrog"Se si fa un’analogia fra il Silmarillion e la mitologia, i Maiar sarebbero simili ad «angeli» della Terra di Mezzo, superati in potere solo dai Valar. I Maiar sono di origine divina, e per questo possono mutare forma e possono vagare invisibili se desiderano. Prima di quanto raccontato nel Signore degli Anelli, Melkor, il Vala malvagio, corruppe alcuni Maiar, uno dei quali era Sauron, e altri che divennero i Balrog di Morgoth, altrimenti noti come «curiosi demoni ombra infuocati del fato». Ora, quando l’allievo prese il posto del maestro e il male di Sauron iniziò a diffondersi, i Valar inviarono vari Maiar sotto forma di eccentrici vecchietti per aiutare a contrastare Sauron: questi furono chiamati Istari, o stregoni, e fra loro c’erano Gandalf, Saruman, Radagast e due stregoni blu. Così, quando Gandalf combatte contro il Balrog nella Compagnia dell’Anello, tecnicamente stava combattendo contro uno dei suoi fratelli: a noi sembra una tipica riunione di famiglia!

15. Il Signore degli Anelli non è un’allegoria!

J.R.R. Tolkien leggeNel corso degli anni il Signore degli Anelli è stato studiato, analizzato ed esaminato da molti studiosi, professori e appassionati. L’idea di un potere troppo grande per l’Uomo ha attirato molte riflessioni, e l’Unico Anello è stato visto, per esempio, come metafora delle armi nucleari. Ciononostante, Tolkien fu adamantino nel negare che Il Signore degli Anelli avesse significati allegorici, compreso qualsiasi riferimento a eventi politici come la Guerra Fredda. L’esatta frase sull’allegoria del Professore è: «Detesto cordialmente l’allegoria in tutte le sue manifestazioni, e l’ho sempre detestata da quando sono diventato abbastanza vecchio e attento da scoprirne la presenza. Preferisco di gran lunga la storia, vera o finta che sia, con la sua svariata applicabilità al pensiero e all’esperienza dei lettori». Quindi Tolkien ammette che il racconto possa essere applicabile a eventi storici, ma la decisione di interpretarlo in questo modo è del lettore e non è nelle intenzioni dell’autore.

14. Aragorn e Arwen sono cugini (più o meno)

Guo: lament of ArwenLa più dolce storia d’amore della Terra di Mezzo assume un risvolto sfortunatamente incestuoso se si prende in considerazione la genealogia di Aragorn e Arwen. Per fortuna, a causa della diversa lunghezza della vita nella linea di Aragorn e in quella di Arwen, essi sono imparentati molto, molto, molto, molto, molto alla lontana (sono cugini di sessantatreesimo grado!), quindi va tutto bene. Come tutti sanno, Aragorn è il legittimo erede al trono di Gondor, ma ciò che è meno noto è che Elros, il primo Alto Re di Numenor e bis-bis-bis-nonno (con sessantuno bis) di Aragorn, era fratello gemello di Elrond. Poiché Arwen è figlia di Elrond, non deve meravigliarci che Elrond fosse così contrario alla sua unione con il suo lontano nipote, anche se un nipote che deve recuperare 6500 anni di storia familiare. Più seriamente, questo è un modo interessante per vedere in prospettiva l’enorme differenza fra Elfi e Uomini: 65 generazioni separano Aragorn da Earendil (il padre di Elrond), mentre Arwen è a solamente due.

13. Il Signore degli Anelli non è una trilogia

Copertine Il Signore degli AnelliAnche se è stata pubblicata in tre volumi, ed è stata adattata in tre film, l’opera era pensata come un singolo racconto, separato in sei libri, e riferircisi come alla «trilogia» è un errore. Secondo Tolkien, i tre volumi in cui l’opera è stata divisa non dovrebbero essere considerati autonomi, un concetto che avrebbe contribuito a un senso di «informità» dell’opera. In particolare, nelle Due Torri, il terzo e il quarto libro non hanno molto a che fare uno con l’altro, contribuendo a separare in due la narrazione in quel volume. Ci si potrebbe chiedere perché allora sia stato pubblicato in tre volumi anziché in uno. La ragione ci sembra ridicola oggi che il Signore degli Anelli si è solidamente impiantato nell’inconscio collettivo, diventando un capolavoro della cultura popolare contemporanea, eppure è perché l’editore pensava che, essendo troppo oscuro per piacere ai lettori dello Hobbit, non avrebbe venduto abbastanza da ripagare i costi di stampa. A causa della carenza di carta subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’editore separò in tre parti in modo da non perdere troppo se le vendite non fossero state sufficienti: inutile a dire, questa precauzione si rivelò tutt’altro che necessaria.

12. Tolkien iniziò l’opera sul quaderno di uno studente

Tolkien scriveNegli anni ’20 o ’30 Tolkien aveva già iniziato a lavorare al suo Legendarium, ma la sua occupazione principale era ancora quella di professore a Oxford e un giorno, mentre correggeva dei compiti di esame come “lavoretto estivo” per guadagnare qualcosa fra un semestre e l’altro, Tolkien trovò una pagina lasciata bianca. Tolkien trovava la correzione un lavoro di “infinita noia”, quindi scoprire un foglio lasciato vuoto deve averlo deliziato, così tanto che, su quella pagina, scrisse una frase che, a quel punto, egli stesso riusciva a malapena a capire, una frase che ora è impressa nei nostri cuori: «In un buco nella terra viveva uno hobbit». La parola «hobbit», che egli non aveva mai usato prima, intrigò il professore e lo spinse a esplorare la storia e il concetto nella sua testa. Da uno studente svogliato, quindi, nacque il seme che infine divenne Il Signore degli Anelli.

11. Il Ritorno del Re è il film con il maggior numero di morti

The Lord of the Rings: The Return of the KingL’adattamento cinematografico del Ritorno del Re ha superato molti record: per nominarne solo due, rimane fino a oggi uno dei tre film che ha vinto il maggior numero di premi Oscar (undici, insieme a Ben-Hur e Titanic) ed è il primo ed unico film fantasy ad aver mai vinto Miglior Film e Miglior Regista. Ciò che molti non sanno, però, è che il Ritorno del Re può anche vantarsi del maggior numero di morti mai rappresentati sullo schermo di un film. Con tutte le battaglie epiche che amiamo, con Orchi e uomini uccisi di qua e di là, il conteggio dei morti arriva a esattamente 836 (in realtà dipende se il Mumakil ucciso da Legolas conta come uno solo). In pratica, sono tre morti al minuto (nella versione estesa).

10. Il Signore degli Anelli di Stanley Kubrik, con i Beatles

Beatles Lord of the ringsNon importa come la pensiate dei suoi adattamenti cinematografici, la passione e la dedizione di Peter Jackson per l’abbondanza di materiale tratto dalle fonti è evidente, specialmente se si considera che Stanley Kubrick definì il Signore degli Anelli immenso e «infilmabile». Kubrick fece questa dichiarazione per colpa dei Beatles che, all’epoca, lo consultarono per adattare Il Signore degli Anelli, in cui avrebbero voluto recitare. Apparentemente John Lennon era quello che spingeva il progetto negli anni ’60, e stranamente voleva recitare il ruolo di Gollum. Il resto del cast sarebbe consistito in Paul MacCartney come Frodo, Ringo Starr come Sam e George Harrison come Gandalf. Tolkien era interessato a un adattamento cinematografico, almeno quanto era interessato ai diritti d’autore, ma fu lui a uccidere il progetto poiché non gli andava che lo facessero i Beatles. Oggi, un Gollum recitato da John Lennon ci pare completamente assurdo, ma non dobbiamo essere troppo lesti nel ringraziare il professore per il suo buon giudizio: Stanley Kubrik, i Fab Four e Tolkien… sarebbe stato uno schianto di film, nel bene o nel male.

9. Sauron non forgiò i Tre anelli degli Elfi

Ivan Cavini: SauronTecnicamente, Sauron non forgiò nessuno degli Anelli del Potere tranne l’Unico. A un certo punto della Seconda Era, Sauron si rivolse ai fabbri elfici dell’Eregion, guidati da Celebrimbor, e insegnò loro come forgiare anelli magici. Gli elfi si esercitarono con molti anelli minori, ma infine con l’aiuto di Sauron Celebrimbor e i fabbri forgiarono i Sette dati ai Signori dei nani e i Nove per gli uomini mortali. I Tre sono tutta un’altra storia: chiamati Narya (anello di fuoco), Nenya (anello d’acqua) e Vilya (anello d’aria), i tre anelli furono tenuti nascosti a Sauron e vennero forgiati in segreto da Celebrimbor, mai toccati dall’Oscuro Signore. È per questo che i Tre non caddero sotto il controllo dell’Uno, né i loro portatori (fra cui Gil-Galad, Galadriel e Gandalf) furono corrotti da Sauron. Così, dopo che Sauron perse l’Unico, i Tre furono usati per preservare i reami degli Elfi: Lothlorien, Granburrone e Lindon.

8. La distruzione di Isengard da parte degli Ent si basa sul Macbeth di William Shakespeare

Beh’, più o meno. Quelli che conoscono il Macbeth di Shakespeare ricordano la famosa profezia sulla morte di Macbeth, che comprende questi versi:

Macbeth non sarà vinto
fino a quando di Birnam la foresta
non moverà verso il colle di Dùnsinane
contro di lui

Ted Nasmith: "The Wrath of the Ents"Nel Macbeth ciò che accade è che un esercito di uomini, non di alberi, si mimetizza con rami per far sembrare che il bosco di Birnam si muova verso Dunsinane (SPOILER: Macbeth viene effettivamente sconfitto). Tolkien, leggendo il Macbeth, si scoprì «amaramente insoddisfatto» da questa soluzione, lui che sperava di vedere un vero esercito di alberi marciare fino al colle di Dunsinane. Egli pensò che con tali premesse il risultato fosse uno spreco, e decise di rendere giustizia all’idea certamente impressionante di un esercito di alberi. Rende giustizia sia al temperamento sia alla dedizione di Tolkien il fatto che egli abbia infine creato un’ambientazione e un’intera razza per poter finalmente vedere gli alberi che marciano in guerra, come abbiamo tutti visto, e gioito, quando Ent e Ucorni assediano Isengard. Così Tolkien, secondo lui, aveva finalmente scritto la scena in modo giusto: perché, dopo tutto, cose ne poteva sapere il vecchio William?

7. «Gandalf» è preso dall’antica poesia norrena

Frølich: "Two Völuspá Dwarves"La Terra di Mezzo è piena di esseri con nomi piuttosto peculiari secondo i nostri standard, quindi non ci deve sorprendere che il Professor Tolkien non abbia tirato fuori dal nulla parole con suoni appropriati per dare i nomi ai suoi personaggi. È ben noto che Tolkien fu grandemente influenzato dalla mitologia nordica, in cui molte delle razze e dei personaggi hanno le loro origini. Per esempio, nel Dvergatal (che significa «Catalogo dei nani»), una sezione dell’Edda Poetica, c’è l’origine della maggior parte dei nomi di nani usati da Tolkien, nonché del nome di un amato stregone. Nella mitologia norrena Gandalf è un Dverg, o nano, ovvero uno spirito protettivo e magico. Tolkien ha anche fatto cenno alla relazione fra Gandalf e il dio norreno Odino, il «Vagabondo», un vecchio con una barba bianca e un bastone che diffonde conoscenza e verità. Altri personaggi che traggono nome dal Dvergatal includono: Durin, Thorin, Thrain, Thror e nove altri nani della Compagnia di Thorin.

6. Sauron era un gatto

Tevildo (Sauron)Beh’, in un certo senso sì! Nei primi scritti di Tolkien, il principale servitore di Morgoth (una posizione in seguito appartenuta a Sauron) era un grosso, feroce e potente gatto chiamato Tevildo, Signore di Gatti. Nella prima versione della storia di Beren e Luthien, Tevildo ha il ruolo che in seguito fu dato a Sauron, mentre Tevildo fu cancellato dalla storia della Terra di Mezzo. Un po’ dopo, ma ancora abbastanza presto nello sviluppo del Legendarium, Tevildo si trasformò in Thu, il Negromante e «Signore dei Lupi». Dopo qualche altro cambiamento di nome, ma mantenendo sempre lo stesso ruolo e la stessa idea di massima, il suo nome diventò finalmente Sauron, e così nacque l’Oscuro Signore.

5. La Guerra dell’Anello non è fantasy, è storia

Middle-earth mapSecondo Tolkien Arda, chiamata Terra di Mezzo nella serie, non è una terra fantastica: collegata linguisticamente alla parola germanica per «terra», Arda dovrebbe essere la nostra Terra, e il Legendarium documenterebbe un periodo della preistoria anziché eventi fantastici in un altro mondo. L’opera di Tolkien si sviluppa in tre periodi, e per l’ultimo di questi, gli Anni del Sole, egli dettaglia tre «ere». Il Signore degli Anelli si svolge nella Terza Era, lunga 3021 anni, che finisce proprio con il ritorno del re. Secondo questa linea temporale di Arda, i «tempi moderni» (il XX secolo) corrisponderebbero alla Sesta o Settima Era del Sole. La linea temporale diventa poco chiara intorno alla Quarta Era, per cui non ci sono corrispondenze esatte fra le date, sebbene molti concordino che la fine della Sesta Era corrisponda alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Tutto questo, in realtà, ci porta a un consenso generale su due cose: (1) siamo tutti nati in ritardo di quattro ere; e poi (2) perché non insegnano questo tipo di Storia a scuola?

4. Aragorn era uno hobbit con problemi ortopedici

Jon Hodgson: "Trotter before his feet were scarred"Come si addice a uno dei personaggi più importanti dell’opera, Aragorn ha subito una varietà di cambiamenti prima di diventare l’aspro Ramingo-diventato-Re che conosciamo e amiamo. Iniziando la sua esistenza come hobbit, poi come elfo, poi infine come uomo, la sua importanza nella storia in quanto erede di Isildur si realizzò solo molto più tardi. All’inizio, il suo soprannome non era Grampasso (Strider), ma «Trotter» (Trottatore), che era accettabile per ciò che egli era: un peculiare hobbit con zoccoli di legno, che in seguito si scoprono nascondere qualche tipo di innominata tortura inflittagli dall’Oscuro Signore mentre era alla ricerca di Gollum; Tolkien scrive anche in una nota che si sarebbe rivelato che Trotter aveva piedi di legno. Possiamo considerarci fortunati se questo spunto non fu sviluppato ulteriormente. Interessante che la prima possibile identità di «Trotter» fosse quella di Peregrino Boffin (da non confondere con il Tuc dallo stesso nome), un nipote da tempo perduto di Bilbo. Tuttavia dopo essere diventato Aragorn (chiamato così dopo molte revisioni) il suo soprannome fu inspiegabilmente, ma appropriatamente, cambiato in Grampasso.

3. Le lingue vengono prima della storia

Roberto Fontana: "Tintalle Elentari"Non sarebbe un azzardo pensare che Tolkien, un filologo professionista, abbia usato le sue conoscenze dopo aver deciso di scrivere un racconto fantasy per dare corpo a un mondo attribuendo lingue uniche e complesse ad alcune delle razze della Terra di Mezzo. In realtà però non è in quest’ordine che sono avvenute le cose. Piuttosto Tolkien, un incredibile appassionato di lingue e dell’invenzione delle lingue, scrisse la «storia» della Terra di Mezzo come scenario per le varie lingue che aveva già creato, fra le altre le lingue elfiche Sindarin e Quenya (influenzate da gallese e finnico), il Linguaggio Nero di Sauron e il Khuzdul nanico. Tolkien stesso ha detto: «Alla base c’è l’invenzione dei linguaggi. Le storie furono create per fornire un mondo ai linguaggi e non il contrario. Per me, prima viene il nome e poi la storia». Da allora lo studio delle lingue di Tolkien, soprattutto dei dialetti elfici, è stato intrapreso da appassionati casuali e da seri studiosi, alcuni dei quali prendono molto seriamente le regole, mentre altri vorrebbero solamente sapere come dire in Sindarin «vai a baciare un orco» (si dice «mibo orch», prego).

2. J.R.R. Tolkien ha inventato i «nani»

Nani: schizzi di TolkienOvviamente, i nani mitici erano in circolazione secoli prima che Tolkien fosse concepito, ma la parola inglese «dwarves» (nani) è stata, se non proprio inventata, almeno grandemente popolarizzata dall’opera del Professore. Prima dello Hobbit e del Signore degli Anelli, e anche oggi, il plurale normale della parola «dwarf» è «dwarfs». Oggi, «dwarves» viene solitamente usato in un contesto fantasy, mentre «dwarfs» è usato per elementi più tecnici, per esempio parlando di “nane bianche” in astronomia. Al tempo di Tolkien, l’unico plurale accettato era «dwarfs», che Tolkien non voleva usare per i suoi nani. Questo perché non voleva che i suoi nani, un popolo orgoglioso e potente, fossero associati a “sciocche storie” in cui sono diminuiti come “banali figure divertenti”. Così, per conservare la dignità dei nani. Tolkien usò «dwarves» per indicarli, sebbene in seguito abbia ammesso che «dwarrows», una forma obsoleta, sarebbe stata ancora meglio.

1. Lo Hobbit è stato cambiato per adattarlo al Signore degli Anelli

Illustrazione di Peter de Seve: "Gollum e Bilbo" - http://www.peterdeseve.com/Nello Hobbit, Bilbo Baggins acquisisce a sua insaputa l’Unico Anello dopo una gara di indovinelli con Gollum, che nella versione che tutti conosciamo detesta perderlo, essendo completamente dominato dal potere dell’Anello. Le cose però non sono sempre state così. Nella prima edizione dello Hobbit, Gollum stesso mette in palio l’anello come premio per la gara di indovinelli, il che non ha senso ora che conosciamo l’influsso corruttore dell’Unico; quindi, nella seconda edizione, la cosa fu cambiata per corrispondere al Signore degli Anelli. Nella prima edizione, la personalità di Gollum è molto meno aggressiva e contorta rispetto alla versione successiva, dopo che Tolkien ha rilavorato il libro per allinearlo con Il Signore degli Anelli, aggiungendo l’ossessione e la furia di Gollum come sintomi del potere dell’Anello. Un altra piccola modifica è il cambio del nome di una razza: gli Alti Elfi nella prima edizione si chiamavano Gnomi, dal greco «conoscenza», ma fu cambiato per evitare associazioni con gli gnomi da giardino. Bella mossa, John!

(L’articolo è stato scritto grazie alla traduzione di Lorenzo Gammarelli, che ringraziamo per la collaborazione)
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Il Silmarillion di Tolkien secondo Peter Jackson

Peter Jackson SilmarillionSe ne è parlato e se ne parlerà ancora molto nonostante ciò che afferma il regista neozelandese. Ma a quanto pare il suo diniego non dipende dal fatto di non voler girare il film, ma tutto dipende solo da una questione di diritti della Tolkien Estate sugli scritti del Professore. C’è da considerare il veto assoluto che Christopher Tolkien ha impresso su questo libro, aborrendo le trasposizioni cinematografiche del buon Peter. Ora esce un’intervista su Collider a Peter Jackson, a pochi giorni dal Comic-Con di Los Angeles, in cui tra le molte domande, il regista si è soffermato sulla possibilità, dopo Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, di poter fare un film anche sul Silmarillion.

L’intervista a Jackson

Libri: The Silmarillion«Non vi è alcun piano per te o chiunque altro per affrontare Il Silmarillion, di J.R.R. Tolkien?», ha chiesto speranzoso l’intervistatore. «Che ne dite di farlo?», risponde il regista neozelandese, «Alla fine degli anni ’60, Tolkien vendette i diritti cinematografici per Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, ma Il Silmarillion non era ancora finito. È stato scritto solo in parte da lui. Dopo la sua morte, fu finito e pubblicato da suo figlio Christopher. Così, i diritti cinematografici per Il Silmarillion non sono mai stati venduti e gli eredi non sembra abbiano alcun interesse a discutere dei diritti cinematografici con nessuno. Questa è attualmente la situazione». Quindi parrebbe, la voglia del regista ci sarebbe pure, è la disponibilità che non c’è. Peter Jackson in passato ha più volte ribadito la sua disponibilità spiegando meglio la situazione. In altre interviste, a una domanda se volesse girare un film basato sul Silmarillion, la risposta del regista neozelandese è stata: «Credo che le possibilità che io viva fino ad avere 110 anni siano molto remote, in quanto i diritti per Il Silmarillion, a differenza di quelli del Signore degli Anelli e dello Hobbit, sono detenuti dalla famiglia Tolkien, a cui i film di Jackson non piacciono per nulla. «Non credo che la Tolkien Estate ami i miei film», ha detto il regista in riferimento alla trilogia del Signore degli Anelli. Per occuparmi del Silmarillion dovrei aspettare che scadano i diritti che loro detengono, ma si tratta di un periodo piuttosto lungo!». «Non penso che Il Silmarillion andrà da qualche parte per un bel po’ di tempo… », ha continuato Jackson, «A differenza de Lo Hobbit e del Signore degli Anelli, i diritti del Silmarillion, appartengono ancora agli eredi di Tolkien. Se gli eredi e gli studi cinematografici dovessero mai far pace, il film potrebbe diventare realtà, ma ciò non sembra davvero possibile».

Tolkien Estate, attori e pesci d’aprile

Christopher TolkienPrima dell’uscita de Lo Hobbit e dopo anni di silenzio, Christopher Tolkien ha rilasciato un’intervista a Le Monde senza risparmiare critiche sugli adattamenti di Jackson della trilogia de Il Signore degli Anelli. Alla domanda se volesse incontrare il regista, Tolkien rispose all’intervistatore: «Hanno distrutto il libro, rendendolo un action movie per 15-25enni. E sembra che Lo Hobbit sarà dello stesso stampo. Tolkien è stato divorato dalla sua popolarità e assorbito dall’assurdità del tempo. C’è un divario vertiginoso, quasi un abisso, che si è aperto ormai tra gli scritti di mio padre e il loro enorme successo commerciale, in cui non mi riconosco più. Si è formato attorno all’opera di Tolkien una sorta di universo parallelo: è un mondo scintillante fatto di immagini, gadget, figurine, magliette, giochi da tavolo, che in parte mascherano o travisano lo scritto originale e lo rendono ormai un culto più che un romanzo serio. Il divario tra la bellezza e la serietà del lavoro di mio padre e ciò che è diventato è aldilà di me. Questo livello di marketing riduce a niente l’estetica e il significato filosofico di questo lavoro». Un patrimonio che è stato il lavoro di una vita da parte di Christopher Tolkien, ma che è da alcuni anni è diventata anche la fonte di una certa «disperazione intellettuale». Attori: James MCavoyAnche se la critica specializzata ha criticato fortemente i film di Jackson, le opere hanno avuto il successo del pubblico al botteghino. E, come previsto, le voci di un possibile film basato sul Silmarillion non sono irragionevoli. La major Usa MGM sta vivendo un momento economico difficile e sembra che la Terra di Mezzo possa essere un modo per uscire dalla crisi. Inoltre, nonostante il fatto che Jackson e la New Line o la Warner Bros non hanno annunciato alcun progetto di un’altra trilogia sull’opera postuma di Tolkien, ci sono già attori che si candidano a far parte dei futuri film. È il caso del britannico James McAvoy (tra i suoi ultimi film c’è X-Men: First Class) che ha fatto una dichiarazioni sorprendenti: «Mi piacerebbe interpretare Gandalf… nel prossimo Silmarillion! Si tratta di una raccolta di poesie e canzoni che tracciano la storia antica della Terra di Mezzo di Tolkien». «Il mio vero spirito da fan è venuto alla ribalta, ma sono storie molto, molto belle. In parte riguarda anche l’origine di Gandalf, o Mithrandir, o Stormcrow, o uno dei suoi molti nomi. In ogni caso, forse è l’unico che mi piacerebbe interpretare!», ha detto McAvoy alla rivista Total Film. L’attore, quindi, si candida a incarnare la versione più giovane di Gandalf, che negli adattamenti realizzati è interpretato da Sir Ian McKellen. E alla fine, ammette: «Io non sono troppo familiarità con il libro, ma mi aspetto che lo studio lo prenda in considerazione trasformandolo in una terza trilogia». Silmarillion Script Easter EggIl tema è talmente discusso dagli appassionati di Tolkien che lo stesso Jackson ha voluto scherzarci su realizzando un divertente pesce d’aprile. Rilasciando un video sul suo canale di Youtube del tutto simile a quelli girati per Lo Hobbit: la Desolazione di Smaug, in cui però erano inserite due scene particolari: una in cui fa vedere la sceneggiatura dell’Episodio VIII di Star Wars, tirata fuori da un cassetto, ma soprattutto un’altra in cui, in una panoramica generale di alcuni scaffali, in cui compare un presunto script del Silmarillion, così, come nulla fosse. Non è semplice scovare queste chicche: la sceneggiatura del Silmarillion (divisa in sei volumi!) è su uno scaffale assieme ad altri faldoni, al minuto 2:39. Naturalmente, il giorno dopo lo scherzo è stato svelato!

(Gran parte dell’articolo è frutto della preziosa traduzione
di Daniela Mastroddi, che ringraziamo per il lavoro)
 

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SPECIALE LO HOBBIT – LA BATTAGLIA DELLE CINQUE ARMATE
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SPECIALE LO HOBBIT – LA DESOLAZIONE DI SMAUG
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SPECIALE IL SIGNORE DEGLI ANELLI
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LINK ESTERNI
– Vai al Blog di Peter Jackson
– Vai alla pagina Youtube di Peter Jackson
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Lo Hobbit fan film: intervista al regista

Hobbit Animato 2014 LogoPoco più di un mese fa vi abbiamo parlato del progetto di uno studio olandese che stava realizzando un nuovo film d’animazione The Hobbit, di cui vi mostriamo il suo teaser trailer. Oggi vi offriamo un’intervista esclusiva con il regista, Johan Zandbergen, che con grande gentilezza risponderà alle nostre domande. In primo luogo, vorremmo ribadire ancora una volta il nostro sincero ringraziamento a Johan Zandbergen, direttore creativo della Cosmic Creations e regista del nuovo fan film d’animazione ispirato all’opera di J.R.R. Tolkien. Inoltre, vorremmo anche estendere i ringraziamenti a Robbert Webbe, Direttore Commerciale della Cosmic Creations.
Locandina Lo Hobbit fan filmDopo aver studiato tecnologia grafica al Da Vinci College di Leida, nel 2001 Zandbergen si iscrive alla prestigiosa Grafisch Lyceum di Rotterdam, dove ha conseguito quattro anni più tardi una laurea in Graphic Design, nel 2005. Dopo il periodo di formazione, Zandbergen ha rapidamente acquisito grande esperienza in diverse agenzie grafiche, anche se il fatto che ha segnato la sua futura carriera è stato quando ha iniziato a lavorare per un canale televisivo per bambini. A questo lavoro Zandbergen ha potuto combinare la sua passione per l’intrattenimento, il cinema e l’animazione grafica. Il progetto sullo Hobbit rimase in una situazione di stallo e l’animazione diventò un hobby per Zandbergen, fino a quando, assieme a Robbert Webbe, ha deciso di creare la sua compagnia: la Cosmic Creations.

L’intervista

Registi: Johan ZandbergenCome è nata l’idea di fare un film d’animazione dello Hobbit? «Mi sono innamorato dello Hobbit di Tolkien quando l’ho letto da bambino. L’idea per il film d’animazione è sorta intorno al 2001, quando è uscito il primo film del Signore degli Anelli. Volevo mostrare la mia versione della storia. A causa di altre priorità non ho iniziato, almeno finché la mia conoscenza dell’animazione non ha raggiunto sufficiente livelli per realizzare un buon film. Ora che Peter Jackson sta mettendo al cinema i suoi meravigliosi film dello Hobbit, mi sono sentito che era il momento giusto per riprendere il progetto, proprio nel momento in cui il mondo è pronto per Lo Hobbit». Hai parlato con Middle-Earth Enterprises, Warner Bros. e MGM? Non siete preoccupati dei possibili problemi legali che potrebbero sorgere? «No, il nostro film dello Hobbit è una produzione no-profit, non destinato alla vendita». Secondo le notizie circolate, lo script sarà il più fedele possibile al libro, mantenendo l’essenza della fiaba, è vero? Puoi dirci qualcosa di più? «Sì e no. A differenza dei film di Peter Jackson, la nostra versione seguirà rigorosamente la storia del libro Lo Hobbit, senza altre storie parallele, ma ci saranno lievi aggiustamenti qua e là, che alcuni appassionati lettori potranno apprezzare e altri meno. Il cambiamento
più grande sarà l’assenza di alcuni Nani.
Abbiamo deciso così perché, per dare maggior personalità ciascuno di essi, la pellicola sarebbe stata troppo breve per far giustizia a tutti». Quanti Nani saranno dunque nel film? Chi sono quelli eliminati? «Il numero dei Nani della compagnia sarà ridotto a sei. Abbiamo Fili, Bombur, Balin, Dwalin, Norin e naturalmente Thorin».  Fan film: Lo Hobbit - ThorinMolti artisti di tutto il mondo hanno illustrato l’opera di Tolkien per decenni, ti è stato difficile trovare uno stile per la vostra animazione? «No, in realtà è uno dei motivi per cui ho scelto di fare un film sullo Hobbit, in quanto penso che il mio stile personale ben si adatta al meraviglioso mondo di Tolkien. Ho visualizzato la Terra di Mezzo e i personaggi nella maniera in cui li vedo durante la lettura del libro, in alcuni punti è simile a ciò che avete già visto, in altri no». Quali sono state le vostre influenze principali per la creazione di questo film? «In primo luogo le storie di Tolkien stesse, ma la mia ispirazione principale sono le pellicole del Signore degli Anelli di Peter Jackson. Quelle pellicole mi hanno talmente emozionato che non potevo aspettare oltre per vedere Lo Hobbit adattato al grande schermo. Quando sembrava che il film non venisse realizzato ho pensato di farne una mia versione animata. All’uscita dell’adattamento di Peter Jackson, io per primo non vedevo la necessità di una mia versione, fino a quando ho scoperto che quello che stava facendo era molto diverso da ciò che avevo in mente». Sei stato influenzato dalle versioni precedenti del Signore degli Anelli e dello Hobbit, dalle trasposizioni di Peter Jackson, alla pellicola animata di Ralph Bakshi, Jules Bass e Arthur Rankin? «Ho visto la versione Rankin/Bass dello Hobbit e mi è piaciuta, ma non è stata fonte di ispirazione per questa mia versione. I nostri stili, sia nel modo di raccontare la storia che nel disegno, sono molto diversi». Da quando abbiamo dato la notizia del progetto, che è stato accolto con grande entusiasmo, una delle domande che ci hanno fatto con maggior frequenza è se il film sarà in 2D o 3D. «Anche se usiamo moderne tecniche d’animazione, sarà un classico vecchio stile, disegnato a mano e in 2D». Fan film: Lo Hobbit - GollumCi puoi parlare, allora, di queste tecniche d’animazione, dell’intero processo per dare vita alla storia? «I set e i personaggi sono disegnati in digitale e si muoveranno con la tecnica chiamata “keyframe animation”, che è un modo veloce per favorire l’animazione fotogramma per fotogramma. Sebbene i disegni saranno in 2D, essi sono collocati in un ambiente 3D, dove vengono “colpiti” da una telecamera virtuale». A quanto ammonta il budget del vostro fan film? «A poco più di cinquemila euro! Sono pochissimi e saranno inviestiti soprattutto per i doppiatori e le public relation». Nel teaser trailer viene detto che la premiere del film si terrà a dicembre di quest’anno. Puoi darci maggiori dettagli? «Purtroppo è in ritardo di un anno a causa di un altro grande progetto di animazione, ma prometto che sarà valsa la pena di aspettare. Prima della premiere del dicembre 2014 vi darò molti aggiornamenti riguardo ai progressi». Ora l’ultima domanda. Il film uscirà solo in inglese o si potrà vedere con sottotitoli in
altre lingue come spagnolo, tedesco, francese e italiano?
«Al momento del rilascio sarà disponibile solamente l’inglese, ma poi potranno uscire versioni sottotitolate».

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LINK ESTERNI:
– Vai al sito della casa di produzione Cosmic Creations
– Vai alla Pagina Facebook del progetto

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Lo Hobbit massacrato: uno sviluppo sulle rune

Mappa di Thror«Bilbo, ragazzo mio, va’ a prendere la lampada e illuminiamo un po’ questa!». E alla luce di una grossa lampada dall’ombra rossa, spiegò sulla tavola un pezzo di pergamena che somigliava molto a una mappa. «Questa fu fatta da Thror, tuo nonno, Thorin», disse Gandalf: «È una pianta della Montagna» […] «Vedete quella runa sulla parte orientale e la mano che la indica dalle altre rune? Questo è il segno di un passaggio alle Sale Inferiori», disse lo stregone. Questo è uno dei passaggi chiave de Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien: lo stregone Gandalf mostra alla compagnia dei nani il modo in cui entrare nella tana del drago Smaug, segnalando la presenza delle rune. La mappa apparteneva a Thror, nonno di Thorin, per questo si spiegano le rune naniche. Leggendo il libro si capirà anche che ci sono due diversi tipi di rune sulla mappa, ma non vogliamo svelare nulla di più al lettore. Peccato che per il lettore italiano la questione sia molto più complicata!

Un’anomalia italiana

Lo Hobbit (edizione Adelphi)«Confrontando le rune della Mappa di Thror con la trascrizione in lettere moderne, se ne può scoprire l’alfabeto – si legge nella prefazione –, adattato alla lingua moderna, e si può anche leggere il titolo in runico all’inizio». Dovrebbe essere semplice, ma non è così! Il giovane lettore anglofono del primo romanzo di Tolkien si può divertire provando a decifrare le iscrizioni runiche, ma il lettore italiano non è altrettanto fortunato, poiché alcuni editori nostrani non hanno giudicato importante dedicare attenzione a questo aspetto. La mappa di Thror, inoltre, risulta abbastanza diversa a seconda di quale edizione italiana dello Hobbit si legga.
Nelle edizioni Adelphi dello Hobbit, ad esempio, le iscrizioni runiche presenti nel romanzo sono tradotte in italiano, tranne la runa che indica la porta segreta. Nel testo infatti viene detto che è contrassegnata con una P (“porta”), mentre nella mappa c’è la runa D (“door”, in inglese). A guardar meglio, in effetti, la runa che indica la porta è una P fatta male, ottenuta dalla D della mappa inglese togliendo l’asta di destra.
Nello Hobbit Annotato Rusconi (prima edizione) e in varie edizioni tascabili (Bompiani) e rilegate (Mondadori) degli anni ’80, la mappa è una copia dell’edizione Adelphi e nulla cambia.
Nello Hobbit Annotato Bompiani (revisione del 2004) l’unico cambiamento è che la runa che indica la porta è stata trasformata in una vera e propria P, con un netto miglioramento.
L’anno prima, nel 2003, sempre Bompiani aveva pubblicato un’edizione illustrata da Alan Lee, nella quale la mappa era stata trattata malissimo: quella pubblicata, infatti, è chiaramente una scansione in bassa risoluzione (si vedono i pixel), in cui la cornice inferiore è tagliata; le rune poi sono schizofreniche: quelle sotto la mano che indica la porta sono in italiano, quelle lunari invece sono in inglese. La runa che indica la porta è
sempre la P “fatta male”.
Copertina Lo Hobbit - nuova traduzione Bompiani 2012Nel 2012 Bompiani ha pubblicato con grande enfasi una nuova traduzione dello Hobbit. Peccato però che l’editor o il grafico che si sono occupati della pubblicazione abbiano fatto un lavoro quanto meno superficiale. La mappa è la stessa dell’edizione illustrata del 2003, in cui le rune sono alcune in italiano e altre in inglese; la porta è indicata dalla P fatta male; la scansione è sempre in bassa risoluzione; la cornice inferiore è sempre tagliata.
La nuova edizione illustrata da Alan Lee conserva la stessa mappa, mentre in quella Annotata la mappa pubblicata è completamente in inglese (sia le scritte in caratteri latini sia le rune), nonostante la didascalia della mappa dica che: «Nella trascrizione le rune della colonna di sinistra suonano così: LA PORTA E’ ALTA (…)»

L’introduzione

Disegno di Alan LeeStessa triste sorte della Mappa di Thror è capitata a quella sorta di introduzione che precede il racconto vero e proprio dello Hobbit, nella quale Tolkien parla proprio delle rune, spiegando (sommariamente) come leggerle, e riportando la trascrizione delle rune presenti sulla mappa di Thror. O almeno, questo accade nelle edizioni Adelphi, nelle edizioni Rusconi e nelle vecchie edizioni Bompiani. Come per la Mappa di Thror, tutto si complica a partire dall’edizione illustrata da Alan Lee pubblicata da Bompiani nel 2003: qui il testo dell’introduzione è uguale a quello dell’edizione Adelphi (e quindi fa riferimento a rune lunari che, come abbiamo visto sopra, non sono le stesse presenti sulla mappa pubblicata nello stesso libro). Tuttavia, per motivi un po’ misteriosi è rimasto in inglese il titolo: le rune scritte in alto, anziché «Lo Hobbit o la riconquista del tesoro» (come nell’edizione Adelphi) o «Lo Hobbit o andata e ritorno» (come nell’edizione Annotata del 2004) si leggono: «The Hobbit or there and back again». Nelle nuove edizioni Bompiani, potendo scegliere, hanno scelto male: il titolo resta in inglese, le rune nel testo sono in italiano e quindi non corrispondono a quelle lunari sulla mappa.

Le rune naniche

Mappa di ThrorIl sistema di scrittura illustrato nella mappa di Thror non è un’invenzione di Tolkien. Quando scrisse Lo Hobbit, dovendo usare delle rune, gli venne spontaneo usare quelle di un vero alfabeto, quello usato per le iscrizioni in anglosassone (inglese antico). L’alfabeto runico, detto fuþark (il segno þ corrisponde al suono th dell’inglese think) dai primi 6 segni che lo compongono era usato dalle antiche popolazioni germaniche (come ad esempio Angli, Sassoni e Juti). Tolkien prese in prestito la versione anglosassone e tarda (principalmente usata tra il 700 ed il 1200 d.C.), come spiega in una lettera (n. 25): «Quelle usate da Thorin e compagni, per scopi speciali, erano comprese in un alfabeto di trentadue lettere (nella sua piena applicazione) simile, ma non identico, alle rune delle iscrizioni anglosassoni.
Esiste indubbiamente una connessione storica tra i due alfabeti». Tolkien, infatti, non sembrava essere soddisfatto di prendere così come era il sistema anglosassone e lo modificò secondo le proprie necessità: nella sua concezione, anche se il loro aspetto richiama quello delle vere rune nordiche, le rune naniche sono organizzate in maniera molto più rigorosa, seguendo le regole della linguistica.
Cirth rune naniche di TolkienQuando, però, ampliò il mondo dello Hobbit nel Signore degli Anelli, rendendolo un tutt’uno con il mondo delle leggende elfiche che aveva già inventato ma mai pubblicato, si pose il problema: è plausibile che i Nani in un passato mitico usino le rune anglosassoni che conosciamo?
Onestamente, si rispose di no, ma (come suo solito) escogitò un abile escamotage per spiegare l’apparente errore nello Hobbit. Ecco cosa scrisse nell’introduzione al volume: «Le rune erano lettere antiche, originariamente ottenute intagliando o graffiando legno, pietre o metalli, ed erano pertanto sottili e spigolose. Al tempo di questa storia solo i nani ne facevano uso regolare, specialmente per documenti privati o segreti. In questo libro le loro rune sono sostituite dalle nostre antiche rune, che ormai sono note solo a poche persone». Così i Nani effettivamente usavano rune per scrivere, come spiegato dettagliatamente anche nelle Appendici al Signore degli Anelli. Il nuovo sistema di scrittura, era adattato alle sue lingue elfiche, da cui i Nani avevano mutuato la propria lingua, il Khuzdul. Tolkien, però, in qualità di “curatore” dell’edizione inglese dello Hobbit (nella finzione, la traduzione in inglese di un antico testo, il Libro Rosso dei Confini Occidentali, scritto nel linguaggio comune della Terra di Mezzo, l’Ovestron), per rendere il tutto più intellegibile al lettore aveva sostituito l’inglese all’Ovestron, e le rune anglosassoni a quelle naniche. Queste ultime, così, risultano soltanto simili ma non uguali alle rune storiche usate dalle popolazioni germaniche.
frammento della Mappa di ThrorPrima di concludere, si può notare come nella Compagnia dell’Anello, primo capitolo della trilogia che il regista neozelandese Peter Jackson ha dedicato al Signore degli Anelli di Tolkien, quando Gandalf entra nella casa di Bilbo e curiosa tra le mappe in soggiorno, ne prende una incorniciata: è proprio la Mappa di Thror, riconoscibile dal Drago Rosso, dalla Montagna Solitaria e dalla mano sulla sinistra che indica le rune naniche. Vista l’attenzione e la cura dedicata ai libri di Tolkien persino dal cinema, è un vero peccato che lo stesso impegno non ce l’abbiano gli editori italiani, Bompiani per prima…

Sviluppo del 6 febbraio 2013

titolo_Rune_HobbitNelle librerie, da qualche giorno, si trovano la quinta edizione (ovvero ristampa) dello Hobbit con le illustrazioni di Alan Lee e la terza edizione (ovvero ristampa) dello Hobbit Annotato.
A prima vista, questo ci dice solamente che Lo Hobbit sta vendendo molto bene, dato che le prime edizioni
dei due volumi sono rispettivamente di luglio e di novembre. Se controlliamo bene i libri, però, ci accorgiamo che c’è qualcosa di molto interessante: rispetto alle prime edizioni, nell’introduzione (immagine a destra) è cambiato il titolo scritto in rune!
Come ho spiegato sopra, nelle prime edizioni quel titolo era inopinatamente rimasto in inglese, forse perché il curatore l’aveva scambiato per una decorazione. Ora però, nelle edizioni più recenti, il titolo è cambiato, e si legge: “Lo Hobbit o andata e ritorno”. Il sottotitolo non corrisponde a quello usato (Un viaggio inaspettato), ma almeno è la corretta traduzione di quello inglese; c’è solo da chiedersi come potranno fare i lettori ignari a leggerlo. Anche nelle Mappe c’è stato qualche piccolo cambiamento. In quella di Thror, le rune lunari sono rimaste ancora in inglese, ma almeno “Bosco Atro” è stato cambiato in “Boscotetro”: come traduzione può non piacere e a me non piace, ma se non altro così la mappa è coerente con il testo; ora manca ancora da correggere Smog in Smaug, e magari riscansionare la mappa in alta risoluzione. Nella Mappa delle Terre Selvagge (che per pietà non avevo in precedenza commentato) sono stati corretti “Bosco Atro” in “Boscotetro”, “Forraspaccata” in “Gran Burrone” e “Hobbitopoli” in “Hobbiton”; mancano solo Carroccia (nella nuova traduzione è “Carrock”), e ancora una volta Smog al posto di Smaug: anche qui, le nuove traduzioni possono non piacere, ma la mappa deve essere coerente con il testo, altrimenti non serve a nulla.
Insomma, pare proprio che la Bompiani, quando vuole, sia in grado di apportare correzioni ai libri che pubblica. Viene allora da farsi due domande:
1) Perché queste correzioni non sono state pubblicizzate in alcun modo? Forse per non dover sostituire a chi le ha comprate le copie errate dei libri?
2) Perché mai, dopo dieci anni, ancora non siano state reinserite le famose venti righe mancanti del Signore degli Anelli?
(Un ringraziamento ai frequentatori della pagina Facebook “Roba da Tolkieniani”, per il prezioso aiuto).

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Tom Shippey a Modena. E un corso su Tolkien!

Alcuni membri del gruppo degli InklingsIn occasione dell’uscita del film di Peter Jackson Lo Hobbit, l’Istituto filosofico di Studi Tomistici di Modena ha organizza una serie di iniziative volte ad appronfondire la conoscenza di J.R.R. Tolkien e delle sue opere. Una conferenza pubblica e un corso tutti dedicati all’autore del Signore degli Anelli. Non solo si potrà assistere a una lectio magistralis di uno degli studiosi di Tolkien più famosi al mondo, ma si potrà partecipare al primo corso di questo genere in Italia sullo scrittore.

La conferenza di Tom Shippey


Tom ShippeyA Modena, venerdì 11 Gennaio 2013, alle ore 21, presso la sala conferenze dell’hotel Raffaello (strada per Cognento 5, Modena), si svolgerà la conferenza dal tema Lo Hobbit: dal film al libro. A tenerla sarà Tom Shippey, docente di filologia inglese all’università di Oxford, dove ha insegnato sovrapponendosi cronologicamente con Tolkien, insegnando le stesse materie, acquisendo quindi un’intima familiarità con i poemi e i linguaggi che hanno formato lo stimolo principale per l’immaginazione dello scrittore. In seguito è stato professore all’Università di Leeds, dove anche Tolkien aveva insegnato all’inizio della sua carriera. Ha conosciuto personalmente Tolkien, col quale ha avuto una corrispondenza epistolare. Oggi è in pensione, dopo aver insegnato all’Università di Saint Louis (Stati Uniti). Nella serata si esaminerà il film confrontandolo col libro. Sarà disponibile il servizio di traduzione simultanea. L’ingresso è gratuito.
In attesa dell’evento si può leggere il saggio che Shippey ha gentilmente concesso all’ArsT (traduzione di Wu Ming 4): Noblesse Oblige: Images of Class in Tolkien, pubblicato nell’antologia Roots and Branches: Selected papers on Tolkien (Walking Tree Publishers, 2007).

Il corso su J.R.R. Tolkien


Convegno "Tolkien e la filosofia": pubblicoLa conferenza di Tom Shippey sarà l’avvio ideale del corso di approfondimento, intitolato Con lo Hobbit alla scoperta di Tolkien. Il corso si terrà dal 15 gennaio a tutto il mese di febbraio. ogni martedì sera alle ore 21, presso la sede dell’Istituto Filosofico di Studi Tomistici (in via san Cataldo 97, Modena – tel: 059/821811). Il Corso si prefigge d’introdurre alla conoscenza della vita e dell’opera di J.R.R.Tolkien. I docenti sono tra i maggiori esperti di Tolkien in Italia. L’eterogeneità dei testi analizzati nel programma del corso vuole riflettere, sia pure sinteticamente, diverse prospettive culturali e letterarie nell’approccio critico a Tolkien. La lettura delle opere dell’autore inglese terrà conto di alcuni elementi: la tecnica narrativa, il punto di vista, la struttura basata sulla successione dei capitoli e l’introduzione dei personaggi, le caratteristiche del linguaggio, le dimensioni
narrative dello spazio e del tempo, il paesaggio, il rapporto tra il linguaggio realistico del novel e quello onirico e fantastico del romance. Dopo una premessa generale, il programma esplora, attraverso l’analisi di alcuni testi specifici, una varietà di rappresentazioni dell’eroe/eroina, partendo dall’epica classica per arrivare alla ‘crisi’ e alla ‘morte’ dell’eroe/eroina e alla sua rinascita nella cultura di massa.

Seduta di FirenzePartendo dalla teoria tolkieniana del fantastico in On Fairy-Stories (il saggio Sulle Fiabe, rintracciabile anche in italiano), si analizzeranno la creazione di un nuovo personaggio e di un universo fantastico (la Terra di Mezzo). Una particolare attenzione sarà rivolta a Lo Hobbit di Tolkien, che riflette una certa visione dell’identità inglese, nei processi di definizione della Englishness e delle sue variazioni. La tecnica narrativa, che utilizza gli espedienti della children’s literature: la voce autoriale sentenziosa, a tratti rassicurante, a tratti scherzosa. La struttura tripartita del romanzo, scandita dagli incontri principali di Bilbo: con Gandalf e poi la compagnia dei Nani, in cui Bilbo Baggins entra suo malgrado come “scassinatore”; l’incontro con Gollum, la gara degli indovinelli e la comparsa dell’Unico Anello, che rende invisibili; l’incontro con Smaug e la conquista del tesoro. La figura dello hobbit come eroe moderno e disincantato sarà il filtro attraverso cui leggere le opere dell’autore. Altri aspetti analizzati saranno: lo Hobbit e Il Signore degli Anelli come quest romance e le varie tappe del viaggio; alleati (tra cui Gandalf, ma anche Aragorn, Faramir e Thorin) e antagonisti, tra cui Smaug, il drago, figura mitica e terrificante. I popoli della Terra di Mezzo, tra cui gli esseri umani e la figura di Bard, l’arciere che uccide il drago.

Il calendario


Il calendario delle lezioni prevede:
15 Gennaio: Tra letteratura e filologia. Relatore: Franco Manni
22 Gennaio: Le lingue nella Terra di mezzo. Relatori: Roberto Fontana e Gianluca Comastri
29 Gennaio: Che cos’è una fiaba? Relatori: Mario Enrico Cerrigone e Claudio Testi
5 Febbraio: Tolkien illustratore e l’arte del Novecento. Relatrice: Giovanna Caselgrandi
12 Febbraio: Processo allo Hobbit. Relatore: Claudio Testi
19 Febbraio: Un fenomeno culturale. Relatore: Wu Ming 4
26 Febbraio:: Dal libro al grande schermo. Relatori: Roberto Arduini e Alberto Crespi

Per iscriversi al corso, è necessario inviare una email a info@istitutotomistico.it.
Costo complessivo: 60 euro. Si può partecipare anche a singoli incontri, al costo di 10 euro. II pagamento si può effettuare prima di ogni incontro, direttamente all’ingresso.

– Vai al sito dell’Istituto Filosofico di Studi Tomistici
Scarica il saggio di Tom Shippey: “Noblesse Oblige: Images of Class in Tolkien

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Sviluppi: Barker, Lego e la febbre da copyright

Almeno una volta ogni sei mesi siamo costretti a farlo. Dobbiamo tornare su argomenti già trattati. In gergo si chiama “follow-up”: seguito, ancor meglio “sviluppo di una notizia”. Bene noi ne abbiamo troppe che premono per non occuparcene. Quindi, stavolta un bell’articolo composito, che rende giustizia a tutti i nostri “follow-up”, in attesa del Tolkien Reading Day di sabato 24 e domenica 25 marzo.

Se ne è andato M.A.R. Barker, il “Tolkien dimenticato”

M.A.R. BarkerLo scrittore e linguista statunitense M.A.R. Barker è scomparso venerdì scorso nella sua casa di Minneapolis all’età di 83 anni. Ne avevamo parlato qui a proposito della crezione di “Empire of the Petal Throne”, uno dei primi giochi di ruolo inventati. Nato come Phillip Barker, professore in pensione dell’Università del Minnesota, dove ha insegnato lingua Urdu (lingua del Pakistan) e Storia dell’Asia meridionale, Barker è autore di una decina di romanzi fantasy, cinque dei quali dedicati a Tekumel, il mondo in cui si svolge “Empire of the Petal Throne”. Tekumel è stato paragonato alla Terra-di-mezzo di J.R.R. Tolkien e del “Signore degli Anelli”, non in termini letterari ma per quanto riguarda la profondità dell’ambientazione, i miti e il sostrato linguistico. Nel 2009 il quotidiano tedesco Der Spiegel ha pubblicato un articolo sulla vita di Barker intitolato “Il Tolkien dimenticato”. Baker iniziò la carriera accademica nel 1958 insegnando all’Institute of Islamic Studies della McGill University di Montreal (Canada), Il gioco di ruolo "Tekumel"dove è stato professore fino al 1972. Nel 1960 venne inviato alla Punjab University, dove compì importanti studi sull’urdu. Barker utilizzò le sue esperienze in India e in Asia per creare Tekumel nel 1974. “Empire of the Petal Throne” era un gioco pieno di culture incredibilmente selvagge e totalmente estranee ai giocatori di ruolo medi americani. In esso il sistema e l’ambientazione lavoravano insieme per produrre un mondo che, per la sua forte caratterizzazione, faceva sentire chi ci giocava come se stesse davvero vivendo in Tekumel. Il gioco purtroppo non ebbe molto successo, forse perché tutte queste particolarità rendevano il gioco troppo complesso e alieno. Non erano probabilmente i tempi giusti per un gioco che ancora oggi è validissimo.

La malattia si espande: tocca a un pub di Southampton

Pub "The Hobbit"Ci risiamo ancora una volta! Lo avevamo segnalato più volte, l’ultima volta qui. Si avvicina un nuovo periodo di vacche grasse, con la prossima uscita dei due film di Peter Jackson su Lo Hobbit, e subito sale la bramosia del famigerato copyright. La febbre a 40 stavolta ce l’ha la Middle-earth Enterprises, la divisione della Saul Zaentz Company, che detiene i diritti sul merchandising dei titoli dei due capolavori di Tolkien, dei nomi dei personaggi e dei luoghi, degli oggetti e degli eventi narrati nei romanzi. Secondo il punto di vista della compagnia californiana gli appassionati di Tolkien potrebbero confondere un pub con un gioco da tavola, un pupazzo di Gollum o un Dvd con un videogioco. Per questo ha iniziato a minacciare un’azione legale verso un pub di Southampton, nel Regno Unito, che da vent’anni a questa parte s’è sempre chiamato The Hobbit. Finora, però, non c’erano in ballo i milioni che con ogni probabilità genereranno tutte le attività collaterali ai film di Jackson, e quindi nessuno l’aveva disturbato. La Saul Zaentz ha così intimato ai gestori del pub di cambiare nome e rimuovere tutti i riferimenti all’opera di Tolkien entro la fine di maggio, oppure verranno portati in tribunale. «Non abbiamo le risorse per combattere» ha spiegato al Daily Echo la padrona del locale, Stella Roberts. «Non si tratta soltanto di cambiare il nome: riguarda la promozione, le decorazioni, proprio tutto. Non abbiamo mai pensato di rubare le idee a qualcuno: siamo dei grandi fan di Tolkien, e il nostro è un omaggio». Dovrebbero cambiar nome persino i cocktail serviti all’interno del locale. Il pub The Hobbit ha trovato diversi difensori: il quotidiano ha lanciato una campagna ed è nata anche una pagina su Facebook per difendere il locale. Stephen Fry e Ian McKellenGli attori Stephen Fry (che nel film Lo Hobbit interpreterà il Governatore di Pontelagolungo) e Ian McKellen (Gandalf naturalmente), ha fatto sapere Stella Roberts in un messaggio Twitter, hanno preso le difese del pub inglese, facendo sapere che dopo aver completato le riprese dei film faranno visita al pub. I due si sono offerti, se dovesse servire, anche di pagare i costi della licenza di sfruttamento (circa 76 euro l’anno). Su Twitter, Fry ha
commentato: «Ian e io siamo molto felici che la questione si stia risolvendo. Con il nostro contributo vogliamo soltanto che prevalga il buon senso».

Un mattoncino per domarli…

Lord of the Rings: modellini della LegoLa frase incisa sull’Unico Anello sarà presto sulla bocca di tutti gli appassionati dei mattoncini Lego. Come avevamo già annunciato qui, da giugno 2012 la Lego rilascerà negli Stati Uniti una serie di set ispirati al Signore degli Anelli. Dopo i primi poster promozionali, sono state recentemente diffuse le schede di ben 19 personaggi e 7 scenari ricostruiti con i mattoncini danesi. Poi, in concomitanza con l’uscita al cinema di Lo Hobbit: un viaggio inaspettato, la cui premiere è prevista per il 14 dicembre 2012, arriveranno le serie dedicate alle avventure di Bilbo Baggins, ovviamente con lo stesso titolo. Inoltre, per febbraio 2013 sono attesi altri set aggiuntivi. Sul sito dalla Lego espressamente dedicato, si possono vedere tutti i personaggi nei minimi particolari. Si tratta di 13 personaggi “buoni”: Frodo, Sam, Merry, Pipino, Gandalf, Aragorn, Legolas, Gimli, Boromir, Re Théoden, Èomer, Haldir e un soldato di Rohan. Solo 6 i personaggi “cattivi” (non del tutto riusciti, a dir la verità): Gollum, uno dei Nazgûl, un Orco di Mordor, un Uruk-hai, un “Berserk” Uruk-hai e Lurtz, personaggio, mai apparso nei libri, ma che nei film di Jackson è a capo di una banda di Uruk-hai. I sette set della serie sono:
Poster di Gollum della Lego– “L’arrivo di Galdalf”‚ la scena d’apertura del primo film, in cui lo stregone arriva nella Contea con il suo carretto carico di fuochi d’artificio;
– “Attacco a Colle Vento”‚ in cui Aragorn e gli Hobbit si difendono dall’arrivo degli Spettri;
– “Miniere di Moria”‚ il set che riproduce l’ingresso alle minirie e lo scontro contro il Troll di Caverna;
– “La fornace degli orchi”‚ la scena in cui gli orchi plasmano le proprie armi bianche;
– “L’esercito degli Uruk-Hai”‚ gli orchi di Saruman che marciano su Rohan;
– “La Battaglia del Fosso di Helm”‚ la scena del grande scontro tra l’esercito di Rohan e quello di Saruman;
– “L’attacco di Shelob”‚ in cui il gigantesco aracnide attacca Frodo avvolgendolo in un bozzolo di ragnatela.

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