È Natale, le Lettere di J.R.R. Tolkien ai figli

Immagine dalle Ogni dicembre, poco prima di Natale, una busta con un francobollo proveniente dal Polo Nord arrivava per i figli di J.R.R. Tolkien. All’interno c’era una lettera scritta in fretta e furia e dei bellissimi disegni o schizzi a colori. Le lettere portavano la firma di Babbo Natale in persona. Chi le scriveva era in realtà il compassato professore di Oxford, che dieci anni dopo si sarebbe trovato a scrivere Lo Hobbit e in seguito il suo capolavoro, Il Signore degli Anelli. La prima delle Lettere di Babbo Natale porta la data del 1920 ed è rivolta al primogenito di casa Tolkien, John, che all’epoca ha soltanto tre anni. L’ultimo messaggio, invece, risale al 1943 ed è indirizzato alla quarta e ultima figlia dello scrittore, Priscilla, già quattordicenne ma, a quanto pare, decisamente restia a troncare i rapporti con il caro vecchio «Babbo Natale». Infilate in buste bianche di neve, ornate di disegni, affrancate con francobolli delle Poste Polari e contenenti narrazioni illustrate e poesie, in tutti quegli anni esse continuarono ad arrivare a casa Tolkien, portate dal postino o da altri misteriosi ambasciatori per i figli del professore: oltre John e Priscilla anche per Michael e Christopher. Le lettere erano anche contraddistinte da differenti grafie: energica anche se un po’ tremolante quella di Babbo Natale; grossolana e all’occorrenza scorretta quella del suo principale aiutante l’irruente Orso Polare; raffinata e filiforme infine quella dell’elfo Ilbereth, che fa la sua comparsa nel 1936, proprio quando Tolkien sta ultimando la stesura dello Hobbit. Babbo Natale vive al Polo Nord, nella grande Casa di Roccia. Immagine dalle Con lui vivono l’Orso Polare e i cuccioli suoi nipoti, tra cui Paksu e Valkotukka (“Grasso” e “Pelobianco”); gli Uomini-di-neve e i loro bambini; gli Gnomi Rossi e gli Elfi (uno dei quali è appunto Ilbereth, che diventerà segretario di Babbo Natale). L’Orso Polare (detto, in lingua artica, anche “Karhu”) lo aiuta a confezionare i pacchi con i doni; Paksu e Valkotukka gli scombinano l’organizzazione della casa; le renne lo accompagnano nei viaggi; gli Elfi difendono tutti contro i Folletti; e Babbo Natale, tra un fuoco d’artificio dell’Aurora Boreale e una visita dell’Uomo della Luna (impegnato a mettere ordine tra le stelle), passa il tempo, oltre che a consegnare doni, a descrivere (a disegnare) con ordinato disordine il disordinato ordine del suo mondo.

La Terra di mezzo di J.R.R. Tolkien con i mattoncini Lego

Frodo testimonial di Ormai manca meno di un anno all’uscita del primo dei due film dedicato da Peter Jackson allo Hobbit di J.R.R. Tolkien. Ed ecco che scendono in campo i big del mercato. Dopo libri di HarperCollins, giochi da tavolo, i videogiochi, anche i più piccoli potranno ora godersi la loro versione delle opere di Tolkien in versione giocattolo. Warner Bros e Lego hanno annunciato una partnership che assegna al leader mondiale nei giocattoli da costruzione i diritti esclusivi del marchio per sviluppare una serie di giochi basati sul Signore degli Anelli e Lo Hobbit. L’accordo di licenza permette l’uso a tutti i personaggi, all’ambientazione e alla storia dei due libri e alle rispettive trasposizioni cinematografiche.
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Così la serie “Il Signore degli Anelli” della Lego uscirà nel giugno 2012 negli Stati Uniti, mentre e “Lo Hobbit: un viaggio inaspettato” è prevista entro la fine dell’anno. «Solo la Lego, con la propria esperienza nella campo dei giochi da costruzione, è in grado di rendere giustizia agli ambienti incredibilmente fantasiosi del mondo del Signore degli Anelli e dello Hobbit», ha detto Karen McTier, vice presidente esecutivo. «Questi film danno vita a mondi e personaggi incredibili e siamo entusiasti di poter offrire ai fan un’esperienza di gioco per loro nuova e intrigante». Poi, in concomitanza con l’uscita al cinema di Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato, la cui premiere è prevista per il 14 dicembre 2012, arriveranno le serie ispirate al nuovo film di Peter Jackson. «La nostra collaborazione con Warner Bros. ha raggiunto numerosi successi in tutto il mondo nel campo dei giocattoli da costruzione con linee come “Harry Potter” e “Batman”», ha detto il vicepresidente Jill Wilfert. «È particolarmente eccitante poter creare ora una serie basato sulla Terra di Mezzo di Tolkien, non solo perché sappiamo che favorirà il gioco creativo e il mondo del collezionismo, ma anche perché sono i libri di cui i nostri fan ci chiedevano da anni di creare una serie». Informazioni sulla serie e omini da collezione da entrambe le collezioni saranno svelati in un secondo momento sul sito dedicato espressamente dalla Lego.

A Natale in regalo il trailer dello Hobbit!

Locandina film A un anno dall’uscita nelle sale del primo dei due film dedicati allo Hobbit di J.R.R. Tolkien, il regista Peter Jackson fa un altro regalo agli appassionati. Quello che tecnicamente viene chiamato il “teaser trailer” de Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato dovrebbe arrivare entro questo Natale, il 21 dicembre (negli USA e forse anche online) insieme a Le Avventure di Tintin: il Segreto dell’Unicorno (in Italia è già uscito nelle sale). Il teaser è stato mostrato durante il festival Butt-Numb-A-Thon, che si tiene ogni anno in Texas durante il compleanno di Harry Knowles, un appassionato cinefilo proprietario del sito di cinema Ain’t it cool. Presente all’evento, a quanto pare, c’era anche Elijah Wood, che interpreta Frodo Baggins anche in alcuni flashback del film, e che ha commentato con un tweet: «Non è stato forte quel trailer? Non vedo l’ora di vederlo…!». Sul sito della manifestazione in Texas gli organizzatori hanno scritto che il film «è più basato sui personaggi che epico, ma è come tornare nel caldo abbraccio di un vecchio amico che non vedevi da tanti anni».

Ecco Lo Hobbit di Reiner Knizia, il gioco da tavolo

Gioco da tavolo: A oggi non esiste davvero supporto multimediale che non possa vantare un prodotto di merchandising o una trasposizione ludica di una delle opere di J.R.R. Tolkien. Tra questi, l’ultimo in ordine di tempo è l’ennesima fatica di Reiner Knizia, uscita per Fantasy Flight Games e ora localizzata in italiano da Giochi Uniti. Il gioco da tavolo Lo Hobbit è stato presentato a Lucca Games 2011, e l’Associazione romana studi Tolkieniani ha avuto la possibilità di provarlo in anteprima. È stata l’occasione per vedere quanto di astratto il grande autore tedesco, specializzato in giochi di logica e abilità in cui i dadi non c’entrano quasi mai, ha saputo infondere in uno dei più bei racconti di narrativa del Novecento.

La Biblioteca di Bilbo: J.R.R. Tolkien va finalmente a scuola!

Libro: "La biblioteca di Bilbo"«Conosco la metà di voi soltanto a metà; e nutro, per meno della metà di voi, metà dell’affetto che meritate». Bilbo Baggins, hobbit benestante ed educato, voleva sicuramente fare un complimento alla sterminata orda dei suoi parenti e amici, riuniti per festeggiare il suo 111esimo compleanno. La frase però è ambigua e un pochino sarcastica, come del resto voleva essere il suo discorso di addio in pubblico. Chi meglio di lui poteva, quindi, essere il testimonial di un libro dedicato ai bambini e ai ragazzi, che si offre come strumento didattico per la promozione della lettura tra i ragazzi. Un libro soprattutto per insegnanti, bibliotecari ed educatori, ma al tempo stesso anche per genitori e lettori giovani adulti. È questi in sintesi l’idea che ha portato alla pubblicazione di La biblioteca di Bilbo – Percorsi di lettura tolkieniani nei libri per ragazzi (144 pagine – euro 10), edita da Effatà, casa editrice che da sempre si occupa del mondo della scuola, scritto da Roberto Arduini, Cecilia Barella e Saverio Simonelli. Proprio gli autori, saranno presenteranno La biblioteca di Bilbo mercoledì 7 dicembre 2011 alle ore 18, presso lo Spazio Ragazzi/Area Incontri della Fiera della piccola e media editoria al Palazzo dei Congressi di Roma. Sul sito della Compagnia del Libro l’editore ha cortesemente messo a disposizione dei lettori l’indice e le prime pagine del libro. In attesa dell’evento, ne parliamo con Cecilia Barella, collaboratrice della trasmissione La Compagnia del Libro che da anni si occupa di letteratura per ragazzi.

La didattica nella scuola1) La Biblioteca di Bilbo è un titolo intrigante. Il protagonista dello Hobbit è un personaggio conosciuto e lega le due opere principali di Tolkien. È stato scelto per questo motivo? «Sì, certamente questo è uno dei motivi, ma non solo. Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli sono un libro nel libro perché Tolkien finge che sia Bilbo che inizia a scrivere questa storia, poi continuata da Frodo, che porta a termine l’avventura dell’anello e che a sua volta passa il testimone a Sam, che dovrà continuare a scrivere lì dove egli ha interrotto la cronaca della Terza Era. Bilbo quindi è uno scrittore, a modo suo, e non facciamo fatica ad immaginare una libreria nella sua casa, dove si trovano anche delle carte geografiche. Da qui il titolo del nostro libro, che di fatto tratta molti titoli oltre a quelli di Tolkien, naturalmente».

"The Hobbit", edizione del 19372) Perché avete deciso di scrivere un libro dedicato
allo Hobbit e al Signore degli Anelli?
«Il libro è dedicato alla Terra di Mezzo, e il lettore più esperto e scaltro sa che si tratta in fondo è la nostra Terra. Questo mondo emerge bene in tutta la sua varietà nelle due opere che sono anche quelle più conosciute e più lette di Tolkien, quelle alle quali i ragazzi si accostano più volentieri. Quindi era ovvio riferirci a questi due romanzi in un libro di divulgazione alla lettura per ragazzi. Inoltre, non lo neghiamo, tra un anno o poco più uscirà l’atteso film su Lo Hobbit, e questo libro non è stato ancora studiato come merita in Italia, dove in genere è citato come “premessa” al Signore degli Anelli. Speriamo di aver contribuito a far conoscere qualcosa di più anche dello Hobbit».

I bambini e la scuola3) Tolkien e la scuola. È una tematica di cui si parla molto in Italia? «No, direi proprio di no, ed è un peccato. Per molti critici sembra quasi che parlare di Tolkien come autore per ragazzi significhi sminuirlo. Oppure che sminuisca il critico stesso parlare di alcune opere di Tolkien come letteratura per ragazzi – campo non facile perché casomai servono competenze tutt’altro che scontate. Tolkien era padre, e sappiamo che inventava storie per i figli e molte di queste sono diventate libri. Non è quindi inverosimile parlare di questo scrittore a scuola. Onestamente credo che Il Signore degli Anelli sia una lettura difficile da associare al programma scolastico soprattutto per la sua lunghezza. Ma lo Hobbit no, e può essere letto tanto dai pre-adolescenti quanto dagli adolescenti più grandicelli, la fascia di età in cui – secondo i rapporti statistici – i lettori forti (i bambini) diventano deboli fino a perdersi. Ho visto diversi lavori prodotti all’estero riguardo a Tolkien nel mondo della scuola: guide alla lettura, adattamenti teatrali per spettacoli di classe, e così via. La Società Tolkieniana inglese ha perfino una sezione con un gruppo di lavoro dedicato alla scuola. La biblioteca di Bilbo contiene 10 saggi per approfondire l’opera di Tolkien e 11 percorsi di lettura, ad uso di tutti i lettori naturalmente ma noi abbiamo pensato in modo particolare agli insegnanti, ai bibliotecari, a tutti coloro che si occupano di promozione della lettura tra i ragazzi».

Disegno di J.R.R. Tolkien: "The Hall at Bag-End, Residence of Bilbo Baggins Esquire"4) Quanto i percorsi di lettura possono essere di aiuto nella didattica a scuola? «In generale, credo che i percorsi e le guide alla lettura siano apprezzati dagli insegnanti perché forniscono loro degli strumenti di lavoro, li facilitano un po’ tra le tante attività che devono portare avanti tra programmi, compiti, ecc. Non è un caso che le case editrici per ragazzi spesso producano guide alla lettura per le loro collane o i libri di maggior successo. Certo, tutto questo riguarda gli insegnanti di buona volontà perché non mi sembra che esista l’educazione alla lettura come disciplina scolastica, tutto è lasciato all’
iniziativa dei singoli docenti. Per fortuna esistono insegnati intraprendenti, ma anche bibliotecari e librai che sempre più affiancano l’attività ordinaria con iniziative di promozione della lettura. Noi speriamo di fornire loro un piccolo strumento e anche di invogliare coloro che ancora non lo fanno. Sappiamo che i ragazzi che leggono Tolkien in genere se ne appassionano, e se sono arrivati fino in fondo al libro in genere sono lettori forti, che vogliono leggere ancora. Sarebbe un peccato perdere questa occasione. Ciascun percorso tematico del nostro libro è strutturato per fasce d’età (scuola elementare, media e superiore). Con questo vogliamo anche dire che non ci sono temi o generi letterari adatti a un’età o a un’altra, dipende da come si affrontano ma ci sono libri diversi per affrontarli in età diverse. Tolkien può suggerire infiniti argomenti ad un insegnante, noi gliene suggeriamo alcuni… Ma non escludo che tra un po’ di tempo non ne avremo anche altri».

Schizzo di Tolkien: "Dwarves marching from The Shire"5) Perché avete scelto il viaggio come metafora delle opere di Tolkien e linea guida del libro? «Sia Lo Hobbit che Il Signore degli Anelli raccontano un viaggio, con tanto di andata e ritorno, e abbiamo pensato di strutturare il libro proprio come un viaggio lungo il quale il lettore, come un Hobbit che non è mai uscito dalla Contea, incontra diversi paesaggi, creature e popoli. Diciamo la verità, Tolkien ha scelto scaltramente una struttura narrativa vecchia quanto il mondo e sempre di successo: il viaggio. Dall’Esodo biblico all’Odissea, dal’Eneide alla Divina Commedia, da Gulliver alla letteratura di viaggio dei nostri giorni, il viaggio è metafora della vita stessa, del percorso dell’individuo nel tempo, metafora immediatamente riconosciuta da qualunque tradizione letteraria del mondo. Inoltre permette al narratore di avere infinite possibilità di portare avanti la storia, tra incontri, incidenti, sorprese… E chi siamo noi per mettere in discussione tutto questo?».

La didattica a scuola6) Avete inserito nei percorsi di lettura qualche autore normalmente non associato a Tolkien? «Sì, credo che abbiamo inserito molti autori “non-tolkeniani”, se mi permettete la semplificazione, e spiego perché. Innanzitutto, il nostro punto di vista non si è focalizzato tanto sul genere fantastico quanto sui temi che emergono dai libri di Tolkien, e questi li ritroviamo anche in altri romanzi molto diversi tra loro. Del resto ritengo anche molto discutibile la classificazione dello scrittore inglese sotto il genere fantastico, è semplicemente la classificazione più comoda perché è il creatore di un mondo e questa è l’evidenza che salta più agli occhi. Ma possiamo parlare del Signore degli Anelli, ad esempio, anche se stiamo analizzando romanzi di avventura, o di formazione, o di guerra. Tornando alla domanda, il secondo criterio che ci ha guidato è stato non limitarci agli autori che avevano una relazione diretta con lo scrittore inglese perché facevano parte del suo bagaglio culturale o perché si erano a loro volta ispirati a lui. Nella preparazione dei percorsi di lettura ci siamo permessi di non essere così filologicamente esatti come invece siamo nei saggi. Come ho detto, abbiamo selezionato i libri anche in base all’affinità nei temi e nel messaggio generale, come dire: “Se di Tolkien ti è
piaciuto questo, puoi ritrovarlo anche qui…”».

Illustrazione di Peter de Seve: "Gollum e Bilbo" - http://www.peterdeseve.com/7) Negli ultimi anni in Italia lo studio di Tolkien è molto maturato, grazie anche alla casa editrice Marietti e ad autori come Saverio Simonelli, uno degli autori di questo volume, ma anche Andrea Monda e Franco Manni. Ci possono essere linee di sviluppo successive? «Credo di sì, certo, siamo solo all’inizio, in Italia Tolkien non è un autore in fondo molto conosciuto. Gli autori che hai citato hanno avuto il grande merito di iniziare a presentarci Tolkien scrittore in modo competente e rigoroso, e anche di metterlo in relazione alla letteratura e alla filosofia del suo tempo (e del suo passato, che per lui contava molto). Poi, in questi anni sono stati tradotti i libri dei maggiori critici anglosassoni di Tolkien, è nato un gruppo di studio italiano che è entrato in contatto con gli accademici stranieri. Negli ultimi due anni c’è anche la casa editrice Effatà che ha preso una linea di divulgazione diretta ai giovani e alla scuola – il nostro è il secondo titolo. Questo per esempio è un campo tutto nuovo. L’importante è che il lavoro continui a essere competente e rigoroso. Non so perché, ma Tolkien è un autore che forse più di altri è stato vittima di fanatici appassionati che si sono improvvisati commentatori, qualcuno è riuscito anche a pubblicare dei libri; forse anche grazie al vuoto che c’è stato per anni. Ora mi sembra che capiti più raramente, la musica è cambiata».

– Sito ufficiale della casa editrice Effatà
– Sito ufficiale della Compagnia del Libro
– Sito della Società Tolkieniana inglese


 

Videogiochi, mondi virtuali e la Terra di Mezzo

Edward CastronovaNel 2001 Edward Castronova definiva se stesso “un economista fallito”: aveva scelto un campo poco popolare – la ricerca sul welfare – e pubblicato alcuni studi che, a quanto poteva dire, «non avevano mai influenzato nessuno». Aveva rimediato un insegnamento alla California State University, una scuola statale che non gli poteva offrire nemmeno un dottorato. Per giunta, la moglie lavorava in un’altra città e durante la settimana viveva da solo. Per riempire le serate, si mise a giocare ai videogiochi. Libro: Scelse un multiplayer online chiamato EverQuest, un “mondo virtuale” ispirato alle opere di J.R.R. Tolkien, frequentato all’epoca da più di mezzo milione di giocatori nel mondo. Poi gli venne un’intuizione. Oggi Castronova è docente associato in Telecomunicazioni presso la Indiana University, contribuisce al blog TerraNova e si dedica proprio allo studio, da un punto di vista economico e sociale, dei synthetic worlds, mondi virtuali dove più utenti si incontrano. Sull’argomento ha pubblicato alcuni libri d’enorme successo, il primo dei quali ha venduto milioni di copie ed è stato tradotto anche in Italia: Universi Sintetici. Come le comunità online stanno cambiando la società e l’economia (Mondadori, 2007). Cosa può dirci del mondo reale un gioco online, ispirato a Tolkien, pieno di elfi e nani guerrieri? Moltissimo.

“Giù le mani dal copyright!”, per J.R.R. Tolkien la malattia cresce

Logo della Ci risiamo. Si avvicina un nuovo periodo di vacche grasse, con la prossima uscita dei due film di Peter Jackson su Lo Hobbit, e subito schizza alle stelle la bramosia per i milioni di euro che verranno sborsati dagli appassionati di J.R.R. Tolkien. La Tolkien Estate e la Middle-earth Enterprises sono già partite alla carica. La prima è la società che gestisce i diritti degli scritti di Tolkien per conto degli eredi dello scrittore inglese, sempre più impegnata in battaglie legali contro fan e autori, per lo più sconosciuti, che producono opere ispirate al “Legendarium” tolkieniano o che contemplano la presenza del professore stesso come protagonista. Il caso più eclatante riguarda la novella Mirkwood, scritta dall’americano Steve Hilliard, facendogli guadagnare però molta notorietà e moltissimi dollari. Nel 1968, Tolkien aveva venduto i diritti di commercializzazione de Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli alla United Artists, che a sua volta li vendette a Saul Zaentz nel 1976. La Middle-earth Enterprises (che prima si chiamava Tolkien Enterprises) è, così, la divisione della Saul Zaentz Company, che detiene, in esclusiva mondiale, Due loghi Middle-earth Enterprises e Tolkien Enterprisestutti i diritti dei titoli dei due capolavori di Tolkien, dei nomi dei personaggi e dei luoghi, degli oggetti e degli eventi narrati nei romanzi. Negli anni la compagnia ha ceduto a destra e manca le licenze di sfruttamento per la realizzazione di film, di videogiochi e di tutto il vasto indotto che si è creato dalla trilogia di Peter Jackson. Così, ecco che si moltiplicano le azioni legali contro chiunque nel mondo osi utilizzare il nome Tolkien a fini commerciali.

Verlyn Flieger: «J.R.R. Tolkien, autore che ha anticipato i tempi»

Locandina Tolkien SeminarTra pochi giorni, dal 25 al 26 novembre 2011 si terrà a Modena il primo dei Tolkien Seminar italiani, organizzato dall’Istituto filosofico di studi tomistici e dalla nostra Associazione, con il patrocinio della Tolkien Society inglese e della Provincia di Modena. Sarà anche l’occasione di un confronto diretto all’interno del Gruppo di studio sullo Hobbit con chi analizza e insegna negli Usa le opere del Professore di Oxford. Il momento pubblico del seminario si svolgerà venerdì 25 novembre, nella sede della Camera di Commercio di Modena (via Ganaceto, 134). Alle ore 21, a ingresso libero, sarà possibile ascoltare Verlyn Flieger e Giovanni Maddalena nella conferenza Mito e verità: la narrazione tra realtà e mistero. In vista del seminario, abbiamo già pubblicato un intervento del professor Maddalena. Ora, in esclusiva, pubblichiamo un’intervista alla professoressa americana, considerata la maggiore studiosa di Tolkien a livello mondiale insieme a Tom Shippey. Ha infatti curato Sulle Fiabe e Il fabbro di Wootton Major, dirige la rivista accademica Tolkien Studies: An Annual Scholarly Review, ha vinto ben due Mythopoeic Award per i suoi studi e in questi mesi sta dando alle stampe una raccolta di suoi saggi (Green Suns and Faerie, ne abbiamo parlato qui) e il suo secondo romanzo, The Inn at Corbies’ Caww.

1) Come si è interessata alle opere di Tolkien? Quando ha letto per la prima volta Il Signore degli Anelli?
«Mi sono sempre piaciuti il mito e le fiabe, fin da quando ho imparato a leggere. Sono cresciuta con le storie di Re Artù, Robin Hood, Giasone e gli Argonauti, la Bella e la Bestia e Jack e la pianta di fagioli. Nell’inverno 1956-57 mi prestarono Il Signore degli Anelli da un mio collega delle Biblioteca Folger Shakespeare a Washington. Avevo appena finito un corso in traduzione del Beowulf e riconobbi subito i riferimenti anglosassoni e arturiani nel romanzo. Rimasi impressionata dalla cultura di Tolkien, specialmente perché all’epoca non sapevo che fosse un professore e uno studioso. Non sapevo nemmeno come pronunciare il suo nome».

2) Sono tanti anni che include Tolkien nei suoi corsi all’Università del Maryland. Qual è ora la sua idea sull’insegnamento delle opere di Tolkien?
Verlyn Flieger«È difficile rispondere. Più insegno Tolkien e più diviene complicato insegnarlo. La sua opera è al tempo stesso
medievale, moderna e post-moderna; combina aspetti di epica, romance, fiaba e tragedia. È insieme profondamente ispirata e profondamente pessimista. C’è molto da insegnare agli studenti di scuola inferiore, superiore e anche all’università, soprattutto ora che è passata la moda legata ai film di Peter Jackson. Penso sia importante vedere Tolkien nel contesto culturale del suo secolo, per ricordare che quella dello scrittore è la generazione sopravvissuta alla Prima Guerra Mondiale. William Morris, Lord Dunsany e George MacDonald possono anche essere state le sue influenze più immediate, mai i suoi pari sono Ernest Hemingway, Siegfried Sassoon, Robert Graves, T.S. Eliot e Ezra Pound. Tolkien non avrebbe potuto fare quel che ha fatto con Frodo se se non fosse passato attraverso l’esperienza della guerra».

3) Tolkien, quindi, merita di essere inserito nei corsi universitari con gli altri grandi scrittori inglesi come Chaucer, Shakespeare e Milton?
«Assolutamente sì. Tolkien è uno dei grandi scrittori della letteratura inglese ed è rappresentativo della sua epoca come Shakespeare, Chaucer e Milton lo furono della loro».

4) Cosa insegna di Tolkien nei suoi corsi all’università?
«Ho iniziato nel 1974 circa, includendolo in un corso sulla letteratura fantastica (l’argomento era come Il Signore degli Anelli veniva letto negli anni Sessanta e Settanta), ma ho subito realizzato come Tolkien fosse realmente un medievista, con connessioni alle prime opere inglesi come Beowulf e tarde opere medievali come la Morte D’Arthur di Malory. Volevo allora mostrare come lo scrittore non avesse soltanto scritto racconti di letteratura fantastica, ma opere immerse in profondità nella più durevole letteratura inglese. E non era sufficiente conoscere sommariamente le opere medievale, ma gli studenti doveva leggersele molto bene per comprendere la tradizione cui Tolkien faceva riferimento».

5) Lei ha curato la nuova edizione del saggio Sulle Fiabe. Perché pensa che questo saggio sia così centrale per comprendere Tolkien? E che impatto ha avuto sulla critica che studia il mito e la letteratura fantastica?
Verlyn Flieger al Convegno "Tolkien e la Filosofia"«Il saggio Sulle Fiabe è la discussione migliore e più completa che conosca su cosa siano il mito e le fiabe, a cosa servano e perché siamo perennemente popolari. Esplorando queste tematiche Tolkien stava al tempo stesso sviluppando la sua teoria della sub-creazione, su come rendere credibile il Mondo Secondario. Leggendolo, così, questo saggio offre anche uno sguardo al pensiero di Tolkien sulle sue opere. Lo scrisse nel 1938, subito dopo la pubblicazione dello Hobbit, ed è chiaro che stava già trovando gli errori commessi in quel libro e ragionando su come correggerli nel suo “nuovo Hobbit”, che poi diverrà Il Signore degli Anelli. Nel complesso, il saggio è divenuto il testo di riferimento per la critica sulla letteratura fantastica e sulla sua scrittura. È lo stesso per l’altro suo saggio famoso su Beowulf e i mostri; si può non essere d’accordo con quel che c’è scritto, ma non lo si può ignorare. Quel testo ha cambiato il volto della critica, rendendola meno tassonomica come era stata con Vladimir Propp, e più teoretica. Sfortunatamente, dopo Tolkien, gli scrittori di fantasy hanno troppo spesso seguito la lettera e non lo spirito di quel che aveva scritto. Questi hanno solo enfatizzato gli aspetti superficiali di un Mondo Secondario – per esempio, i draghi o la magia, senza un approfondimento “storico”. Quando Tolkien scrisse Sulle Fiabe e iniziò Il Signore degli Anelli, stava già lavorando sulla mitologia del Silmarillion da oltre
vent’anni. Aveva tutto quello sfondo da cui attingere».

6) La sua area specialistica di studio è la mitologia comparata. In cosa questa disciplina può aiutare nello studio delle opere di Tolkien?
Illustrazione di Georgij Adamovič Stronk - Kullervo«Tolkien stesso fu uno studioso di miti comparati vedendo i profondi legami che uniscono tutte le mitologie, le verità universali che esprimono sulla condizione dell’uomo, e colse anche le distinzioni culturali che rendono ogni mito unico per la società che lo genera. Tolkien amava il Kalevala, la mitologia del popolo finnico, perché era così diverso dai più familiari miti europei con cui era cresciuto. Il suo più grande eroe epico, Túrin Turambar, ha aspetti del Sigurd uccisore di draghi del mito nordico/islandese, l’assenza di auto-conoscienza dell’Edipo di Euripide, ma è stato modellato essenzialmente sulla tragedia dello “sfortunato Kullervo” del mito finnico».

7) Con Splintered Light (Schegge di Luce, Marietti 2006) e A question of time lei ha evidenziato l’importanza centrale delle tematiche legate alla “luce” e al “tempo” in Tolkien. Pensa che ci siano altri temi centrali nelle sue opere?
"Schegge di luce" di Verlyn Flieger«Sì, un tema importantissimo è quello della “morte”, più evidente nel Simarillion che nel Signore degli Anelli, ma presente anche lì. Una delle più belle poesie è il lamento allitterativo per i guerrieri caduti nella battaglia dei Campi del Pelennor. La “possessività” è un altro tema, il desiderio di tenere per sé qualcosa. L’elemento centrale della trama nel Signore degli Anelli è la necessità di lasciar andare le cose a cui si è legati: Pipino si disfa persino della sua spilla, Sam sacrifica i suoi utensili per cucinare, ma quando viene il momento, Frodo non riesce ad abbandonare l’Unico Anello, e questo causa la sua caduta e la sua tragedia. Questo ci porta al tema a esso legato, quello della “perdita”. Molto di ciò che c’è di bello e meraviglioso della Terra-di-mezzo svanirà per sempre».

8 ) Nel suo saggio Tolkien On Fairy-Stories lei e l’altro autore Douglas A. Anderson scrivete che l’analisi che Tolkien fa dei racconti di fate «anticipa il pensiero modernista e post-modernista della sua epoca e quello successivo» (pag. 20). Può spiegarci cosa intendete?
«Posso comparare Il Signore degli Anelli alla Terra Desolata di T.S. Eliot, un classico della letteratura modernista, in quanto entrambi descrivono un mondo frammentato, un mondo in decadenza, afflitto dalla guerra e incerto sulle sue verità. Quando Aragorn dice a Éomer: “Bene e male non sono cambiate
rispetto al passato”, Tolkien sta parlando del e al suo secolo travagliato, che non era per nulla sicuro di esser nel giusto. È proprio quel che stava facendo Eliot. Tolkien è uno scrittore post-modernista in quanto il suo testo interroga sé stesso, parla di sé, è conscio di sé stesso come testo. Nella scena tra Sam e Frodo sulle scale di Cirith Ungol, Sam si domanda in che tipo di storia si trovano, e come la gente in una storia reagisce diversamente dalla gente che la ascolta. Egli vuole essere in “un grande librone con lettere rosse e nere”. Quando Frodo dice, “Perché Sam, ascoltarti mi rende allegro come se la storia fosse già scritta”, il lettore realizza che il racconto è già scritto, lo sta tenendo in mano in quel momento e che Sam non lo sa. Questa è la quintessenza del post-moderno. Non ci può avere più meta-narrazione di questa».

9) Quale è stata, secondo lei, l’influenza di Tolkien sulla letteratura fantastica nel suo complesso?
«Tolkien ha permesso di far considerare seriamente la fantasy. Se Tolkien non avesse scritto Il Signore degli Anelli, George Lucas non avrebbe potuto produrre Guerre Stellari. Il suo impatto è stato enorme, e non ha generato il genere Fantasy più di quanto non ne sia un’espressione. Gli scrittori che si sono ispirati a lui, sono per lo più semplici imitatori, che hanno replicato gli elementi superficiali delle sue opere – un piccolo eroe o un anti-eroe, una quest, un oggetto magico, una mappa con luoghi esotici, alcune parole in corsivo per rappresentare un’altra lingua. Ciò che non hanno saputo riprodurre è l’umanità di Tolkien, il suo senso profondo che ci si trova in un mondo caduto, con le gioie e dolori che segnano le caratteristiche della sua Terra-di-mezzo».

Nuovo libro Verlyn Flieger10) Quando verrà pubblicata la sua nuova antologia di saggi, intitolata Green Suns and Faërie: Essays on J.R.R. Tolkien? Ci sono altre pubblicazioni in vista?
«Spero uscirà per dicembre. Mi aspettavo uscisse insieme al mio ultimo romanzo fantasy The Inn at Corbies’ Caww, ma è stato pubblicato a settembre. La mia raccolta di saggi era programmata per l’agosto scorso, ma fattori legati all’editore, la Kent State University Press, lo hanno ritardato oltremodo. Si tratta di una collezione di saggi [ISBN 978-1-60635-094-2; prezzo negli Usa 24.95 dollari, intorno ai 18 euro] che riunisce molte delle mie conferenze tenute in questi anni, con l’aggiunta di alcuni studi inediti. In copertina appare l’immagine The Glittering Caves of Aglarond di Ted Nasmith».

Roberto Arduini

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Un museo in Svizzera tutto per J.R.R. Tolkien

Museo Gmec a Jenins, in SvizzeraNon capita spesso di venire in possesso di notizie in anteprima. Anzi, a noi capita spesso ma di solito nel mondo anglosassone se ne è già parlato! Beh, quando capita, vogliamo far le cose per bene. E visto che in rete non se ne è scritto, c’è solo qualche frammento qua e là, ecco un articolo su quello che sarà un museo dedicato a J.R.R. Tolkien, in costruzione in Svizzera e aprirà nel 2013, tanto per darci tempo di preparare i bagagli! Si chiamerà “Greisinger Middle Earth Collection” si trova a Jenins, paesino nel Cantone dei Grigioni di appena 847 abitanti al confine con il Liechtenstein. Abbiamo parlato con l’artista che si occupa delle scenografie.

George R.R. Martin parla di J.R.R. Tolkien

George R.R. Martin11.11.11. Una data emblematica che segna il debutto televisivo su Sky Cinema di una delle serie TV più attese della stagione, Il Trono di Spade (Game of Thrones), adattamento targato HBO della saga best seller di George R.R. Martin Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, pubblicata in Italia da Mondadori e tra le più popolari mitologie letterarie degli ultimi anni. Le rendiamo omaggio proponendo una lunghissima intervista allo scrittore americano tutta dedicata al suo rapporto con J.R.R. Tolkien e Il Signore degli Anelli. Attenzione agli spoiler, naturalmente (li contengono i punti 6 e soprattutto 7), ma per correttezza diciamo che non siamo volati negli Usa per incontrarlo, ma abbiamo selezionato da una cinquantina di quotidiani anglosassoni (Usa e Gb) tra i più autorevoli tutte quelle risposte in cui Martin parlava di Tolkien. Ne risulta così una sorta di antologia, cui abbiamo aggiunto solo le domande per renderla coerente. Tutte le parole delle risposte sono però rigorosamente di Martin!

1. Le sue opere hanno un debito con J.R.R. Tolkien?
«Sono un fan accanito di Tolkien. Ho letto i suoi libri da ragazzo, mentre frequentavo la scuola media e poi le superiori. Le sue opere hanno avuto un’influenza profonda su di me. Avevo letto altra letteratura fantasy prima e ne ho letta anche dopo. Ma non ho amato nessun altro romanzo come quelli di Tolkien. Certo, non ero il solo. Il successo dei libri di Tolkien ha ridefinito la Fantasy moderna. In quegli anni, Tolkien era visto come una sorta di alieno. La sua era considerata una di quelle rare opere che appaiono una volta ogni tanto e hanno un successo enorme per ragioni che nessuno comprende. Nessuno si sognava però di pubblicare altri libri di questo genere. Solo negli anni ’70 furono pubblicati Le Cronache di Thomas Covenant di Stephen R. Donaldson e de La spada di Shannara di Terry Brooks, che sono stati i primi tentativi reali di seguire le orme di Tolkien… entrambi con successo. E che aprirono la strada a molti altri “imitatori di Tolkien”».

Locandina "Games of Thrones"2. Scrivere Il Trono di Spade è stata la sua reazione al Signore degli Anelli?
«Non è esattamente così. Ogni scrittore dialoga con tutti gli altri scrittori, e chi si occupa di Fantasy dialoga con gli altri scrittori del genere. Da appassionato di Tolkien, ho preso molto spunto da lui. Ha avuto un’influenza enorme su di me e Il Signore degli Anelli è una montagna che si staglia su ogni altra opera di Fantasy scritta prima e dopo. Ha modellato tutta la Fantasy moderna. Ci sono alcune sue scelte che ormai fanno parte del canone Fantasy: tutto il concetto dell’Oscuro Signore, la battaglia tra Bene e Male, l’influenza penetrante di quest’ultimo a tutti i livelli. Sono tutti elementi che Tolkien ha gestito brillantemente, ma che nelle mani dei suoi innumerevoli imitatori hanno prodotto una sorta di cartone animato! Non c’è più bisogno di un Oscuro Signore, né di altri elementi così radicali. Ho veramente odiato alcune delle opere scritte dopo Tolkien. Mi sembra che alcuni imitatori abbiano copiato l’autore inglese senza capirlo, prendendo le cose peggiori di lui. Mi spiego, amo
Tolkien, ma non penso che sia perfetto. Così volevo scrivere qualcosa che fosse una risposta a quel poco di Tolkien che non mi piaceva, ma sopratutto ai suoi imitatori, che si sono ispirati proprio a quel poco».

3. Partiamo dalle somiglianze. Quali elementi del Signore degli Anelli ha voluto riprendere?
«Non è facile dirlo. Ci sono cose delle opere di Tolkien che mi erano presenti anche a livello inconscio mentre scrivevo. Quando iniziai, nel 1994, volevo scrivere una trilogia e i diritti furono venduti come una trilogia. Ma, come scrive Tolkien a proposito del Signore degli Anelli, “la storia è cresciuta mentre la narravo”. Quello schema è finito fuori dalla finestra prima che avessi completato il primo libro: avevo scritto già 1300 pagine e la conclusione era ancora lontana! La storia è così cresciuta a cinque libri pubblicati e altri due in programma: sette in tutto. Sicuramente, poi, Westeros somiglia molto alla Quarta Era di Tolkien, l’Era degli Uomini descritta alla fine del Signore degli Anelli. Dopo la partenza degli Elfi, la Terra-di-mezzo rimane in mano agli Uomini, con tutti i limiti che questo comporta. L’autore tentò anche un seguito, The New Shadow, che poi abbandonò, ma in cui sono delineati tutti gli elementi dei miei libri: intrigo, violenza, politica, complotti…
Tolkien lo scrive in maniera esplicita nel romanzo: gli Elfi stanno scomparendo e andando via. Anche nei miei libri ci sono Razze Antiche, ma sono molto meno visibili rispetto agli Elfi e ai Nani di Tolkien. Se ne vedono pochi. Gli elementi fantastici vengono fuori lentamente. Nel Trono di Spade c’è pochissima fantasy. Nei libri successivi aumenta sempre più, perché la magia sta tornando nel mondo. Ma anche al suo massimo, quando arriverò al settimo volume e la magia sarà un elemento determinante, non sarà mai così potente come la si può trovare all’inizio dei libri di questo genere, con tutta una serie di oggetti magici a disposizione. È un elemento essenziale del genere, ma bisogna saper dosare la magia. È come il sale nella minestra: un pizzico le dà un buon sapore, ma troppo sale la rovina».

Scaffale Libri4. La magia può essere un buono spunto per parlare delle differenze con Tolkien?
«Anche in Tolkien c’è pochissima magia, mentre nei suoi imitatori abbonda. Questa è veramente una grande differenza tra me e chi ha voluto prendere la “parte peggiore” dell’autore inglese. Per me è fondamentale il realismo. La mia è una Fantasy con un basso contenuto di magia. In questo senso, ho seguito le orme di Tolkien perché, se si legge bene Il Signore degli Anelli come feci io quando stavo scrivendo i miei libri, si vede benissimo che la Terra-di-mezzo è un mondo magico nel senso che è un mondo pieno di meraviglie, ma in realtà c’è pochissima magia. Non si vede mai Gandalf lanciare un incantesimo o sparare una palla di fuoco! Se c’è un combattimento, lo stregone tira fuori la spada… Certo, crea fuochi d’artificio e il suo bastone brilla nel buio. Ma si tratta di cose minime. Anche gli anelli magici, anche il potentissimo Unico Anello: tutto quel che vediamo è che rende le persone invisibili. Si suppone che l’Unico Anello abbia un grande potere di dominio, ma quando Frodo se lo infila non può dare ordini ai Nazgul che lo circondano. Non è così semplice. È un potere sconosciuto, un potere pericoloso. È questo tipo di magia che va descritta. Un errore grave che ho visto fare da un’enormità di imitatori di Tolkien è proprio l’abuso di magia, la creazione di mondi ad alto contenuto di magia. Ci sono mondi in cui maghi, streghe e stregoni possono distruggere interi eserciti, ma appunto in cui esistono ancora
eserciti! È un controsenso: se qualcuno può dire “abracadabra” e distruggere un esercito di diecimila guerrieri, perché c’è bisogno ancora di radunare un esercito? Questi scrittori non si curano del realismo: se esistono dei maghi così potenti come possono esistere ancora re e signori? Perché non sono i maghi che dominano quel mondo?».

5. A proposito di realismo, anche Tolkien ha scritto storie realistiche?
«Normalmente sì, ma ci sono alcuni filoni meno realistici nel Signore degli Anelli. Aragorn, ad esempio, giunge a reclamare il regno di Gondor, in cui l’ultimo re risaliva a ben mille anni prima. Alla fine del romanzo, il Sovrintendente ne riconosce la legittimità. Questo perché onore e lealtà sono alla base dei miti anglosassoni, finnici, celtici e scandinavi che ispirarono Tolkien nella scrittura del romanzo. Ma la realtà è veramente infima. Se Tolkien fosse stato più realistico, i Sovrintendenti si sarebbero autoproclamati Re molto tempo prima della Guerra dell’Anello. E se Aragorn avesse reclamato il trono, il re in carica avrebbe subito organizzato una sbrigativa e poco onorevole esecuzione per l’ultimo “Erede legittimo” e i suoi seguaci. Nei miei libri, è re il poco raccomandabile Robert Baratheon: è grasso, ubriaco e si annoia troppo facilmente per governare effettivamente! Sono anche un appassionato di romanzi storici. E il contrasto tra questo genere e moltissima Fantasy è drammatico. Molti imitatori di Tolkien hanno ambientato le loro storie in mondi semi-medievali, ma il loro è un Medioevo più simile a Disneyland! Ci sono alcuni tasselli, ci sono i regni e le guerre, ma non sono minimamente verosimili. Sembrano mondi fatti di cartone. I limiti del genere storico è che i lettori sanno già come va a finire la storia. Se si legge un romanzo sulla Guerra delle Due Rose e si vedono i piccoli principi di una casata entrare nella Torre di Londra, si sa già che non ne usciranno vivi… Il Fantasy permette ancora l’incertezza. Volevo unire gli elementi migliori di questi due generi: il realismo dei romanzi storici con il fascino, la magia e la meraviglia del Fantasy. Volevo che il lettore si chiedesse sempre: “Cosa accadrà ora? Il mio personaggio preferito morirà?”. Volevo questo tipo di suspence».

6. Il ritorno dalla morte di Gandalf è un elemento che trova realistico?
«Penso che Gandalf doveva restare morto! Se si fa resuscitare un personaggio, se lo si fa tornare dalla morte, penso che debba essere un’esperienza radicale. Per quanto ammiri Tolkien, penso sempre più che Gandalf non sarebbe dovuto tornare. È incredibile la sequenza della Compagnia dell’Anello, in cui lo stregone affronta il Balrog sul ponte di Khazad-dûm e cade nell’abisso, dicendo la frase: “Fuggite, sciocchi!”. Una scena incredibile, che mi ha affascinato con la sua potenza evocativa. Poi, torna indietro dalla morte come Gandalf il Bianco e come se fosse cresciuto, come un’evoluzione dovuta a quell’esperienza. Beh, non ho mai amato Gandalf il Bianco quanto invece amo Gandalf il Grigio, e non mi è mai piaciuto il fatto che fosse tornato. Penso che la storia sarebbe stata ancor più forte se Tolkien l’avesse lasciato morire definitivamente a Moria. I miei personaggi che ritornano dalla morte sono peggiorati dall’esperienza. In un certo senso, non sono nemmeno più gli stessi personaggi. Il corpo può essere in movimento, ma qualche aspetto del loro animo è cambiato o trasformato, e hanno perso qualcosa. Uno dei personaggi che più volte è tornato dalla morte è Beric Dondarrion della Fratellanza Senza Vessilli. Ogni volta che rivive ha perso qualcosa in più di se stesso. Fu inviato in missione prima della sua prima morte. Fu inviato in missione per far qualcosa ed è come se fosse aggrappato a quest’ultima. Ha dimenticato le altre cose, ha dimenticato chi fosse o dove vivesse. Ha dimenticato la donna con cui avrebbe dovuto sposarsi. Porzioni della sua umanità si perdono ogni volta che torna dalla morte.
Ricorda solo la missione. La sua carne sta cadendo, ma questa cosa, questo scopo che aveva è parte di ciò che lo anima e che lo ha riportato indietro dalla morte. Penso che questa perdita, questa trasformazione, si veda bene anche in alcuni dettagli degli altri personaggi che sono tornati dalla morte».

Tyrion7. Un’altra differenza con le opere di Tolkien?
«Tyrion Lannister è un buon esempio di quel che intendo per realismo. Tyrion non è umorale, battagliero, ossessionato dall’oro come i Nani in Tolkien. Non è nemmeno Gimli. Tyrion è realmente un nano, affetto da acondroplasia (forma di nanismo che colpisce solo braccia e gambe), uno scherzo per i passanti e un imbarazzo per la sua famiglia (anche il resto dei Lannister è “deforme”, ma nell’animo!). Tyrion è in fuga perché alla fine di Tempesta di Spade ha colpito a morte il padre di Lord Tywin col dardo di una balestra mentre era seduto sul gabinetto. Raggiungiamo poi Tyrion all’inizio di Una danza con i Draghi oltre il Mar Stretto ancora in uno stato di choc per le sue azioni».

8. La lotta tra Bene e Male è presente nei suoi libri?
«Questo è un altro punto importante. La battaglia tra Bene e male è un tema fondamentale del genere Fantasy. Credo, però, che sia perlopiù interiore al singolo individuo, nelle decisioni che deve prendere. I malvagi non devono essere vestiti di nero ed essere per forza brutti. È una delle cose che Tolkien ha fatto: sono elementi che nei suoi scritti funzionano meravigliosamente, ma nelle mani dei suoi imitatori sono divenuti troppo, troppo stereotipati. Quelle creature orchesche sempre vestite di nero… sempre brutte e con deformità nel corpo o nel volto… Si può dire subito se un personaggio sia malvagio se è brutto. Poi, gli eroi di Tolkien sono tutti personaggi molto attraenti, e questo elemento, ovviamente, è divenuto un cliché nelle mani degli imitatori di Tolkien. Non mi fraintenda, amo Tolkien. Voglio puntualizzare questo fatto perché non sembri che lo stia denigrando. La mia è una reazione ai suoi scritti».

9. È un punto importante, si spieghi meglio.
«La mia è un’epica per un’epoca più profana, disillusa e ambivalente rispetto a quella in cui visse Tolkien. Lui era un veterano della Somme, un soldato della Prima Guerra Mondiale e Il Signore degli Anelli è stato in parte scritto durante la Seconda Guerra Mondiale (e pubblicato nel 1954-55). Tolkien scrisse in un’epoca in cui veramente sembrava che la guerra fosse il destino della civiltà. Tutto questo si riflette sulla stessa Terra-di-mezzo. Guardiamo la mappa: il mondo è diviso in due parti in lotta. Hobbit, Nani, Elfi e Uomini si alleano per combattere l’Oscuro Signore Sauron. Il continente di Westeros è invece un’unica nazione che riunisce i Sette Regni: non due, ma sette. Westeros è nel caos, basta che una pedina cada per far saltare tutto il banco. “Molti uomini buoni sono stati pessimi re”, dice uno dei personaggi, “e alcuni uomini malvagi sono stati ottimi regnanti”. Neanche Dio decide cosa sia giusto o sbagliato. Ognuno ha il suo Dio: ce ne sono sette».

Riprese Sean Bean10. È per questo che nelle sue opere ci sono moltissimi personaggi ambigui, che non sono né bianchi né neri, diciamo “grigi”, a diversi livelli?
«Sì, amo i personaggi grigi e in Tolkien ce ne sono molti. Non è vero che ci siano solo bianchi o neri. Uno dei miei
preferiti nel Signore degli Anelli è Boromir
. Per molti aspetti incarna l’eroe tradizionale. È il principe, l’erede designato al trono di un regno antico e potente di cui va fiero; è un grande e valoroso guerriero. Alla fine soccombe alla tentazione dell’Anello. Ma, si riscatta e muore eroicamente per proteggere degli innocenti. C’è uno straordinario senso di grandezza intorno alla sua figura. Anche nella scelta di prendere l’Anello, c’è l’idea di fare il bene del suo regno. Questo tema mi ha sempre interessato. Un altro personaggio interessantissimo è Saruman: lo Stregone Bianco che è stato dalla parte del Bene letteralmente per centinaia, se non migliaia di anni. Gli stregoni non sono, infatti, uomini, ma Maiar, creature dalla vita lunghissima. Eppure, alla fine anche Saruman soccombe e fa una fine patetica. Ecco due esempi magnifici di personaggio grigio! Del resto, in tutti noi c’è una parte malvagia e una buona, ci sono rarissimi casi di perfezione e ci sono rarissimi casi di veri e propri orchi. L’antagonista [villain] dell’eroe è in realtà un eroe per la fazione avversa e l’eroe stesso è un nemico malvagio per chi gli si oppone. Ecco, io puntavo a rendere questa idea».

11. Se Il Signore degli Anelli è stato un modello iniziale per la sua saga, ne ha seguito anche la struttura?
«Sì, anche questo è un punto comune. Nella costruzione generale, proprio il capolavoro di Tolkien è stato il mio modello. L’autore inglese inizia da un particolare, da una scena quasi familiare, la festa di compleanno di Bilbo nella Contea, un piccolo angolo dimenticato della Terra-di-mezzo. Da lì, i personaggi si aggiungono lentamente e la scena si allarga sempre più. All’inizio ci sono Frodo e Sam, poi vengono Merry e Pipino, poi a Brea si aggiunge Aragorn e a Gran Burrone si unisce il resto della Compagnia. In seguito, avviene il contrario: da un certo punto, si perdono pezzi. Prima Gandalf, poi Boromir muoiono, poi Frodo e Sam attraversano da soli il fiume, mentre Merry e Pipino sono portati via dagli Orchi e quel che rimane della Compagnia li insegue. Si ha la sensazione che mentre il gruppo cerca di riunirsi il mondo diventi sempre più grande. L’ottica si allarga sempre più per seguire tutti i differenti percorsi. Il mio schema è stato molto simile. Si inizia a Winterfell e tutti eccetto Daenerys si trovano lì. Anche personaggi che non vi appartengono come Tyrion. Partono tutti insieme e lentamente iniziano a dividersi. In un certo senso la mia saga è più grande del Signore degli Anelli perché i personaggi da seguire sono moltissimi e ci sono molte separazioni. È sempre stato il mio intento, come avviene nel Signore degli Anelli: i protagonisti si separano tutti per poi tornare a riunirsi di nuovo tutti insieme. Forse, però, mi sono attardato un po’ troppo. Avrei dovuto iniziare questa seconda fase due libri fa!».

12. È una bella sfida, allora. Anche il finale della saga sarà ispirato a Tolkien?
«Sono rimasto molto soddisfatto da come finisce Il Signore degli Anelli, lasciatemelo dire. Non è prevedibile: mentre lo leggevo anche da ragazzo avevo la sensazione che l’Anello sarebbe finito nel vulcano. I protagonisti non stavano andando a consegnare a Sauron il dominio della Terra-di-mezzo. Ma sono rimasto veramente sorpreso dal fatto che Frodo non ce l’abbia fatta. Portandosi dietro Gollum, il modo in cui è avvenuta la distruzione dell’Anello è una parte stupefacente della fine del romanzo. E poi c’è la devastazione della Contea. Quando ho letto il libro a 13 anni, non capivo perché c’era questo capitolo. I protagonisti hanno vinto, perché c’erano ancora queste pagine di racconto? Ma rileggevo il libro ogni due anni e ogni volta, apprezzavo sempre più quel che Tolkien aveva deciso di fare. È una sorta di triste elegia sul prezzo della vittoria. Ora penso che la devastazione della Contea sia uno dei punti fondamentali della narrazione
di Tolkien: gli dà ancor più spessore e profondità. Spero di essere in grado di scrivere un finale così profondo e acuto. Insomma, una fine della saga simile a questa!».

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J.R.R. Tolkien contro T.S. Eliot: ha ragione Owen Barfield?

"Salvare le apparenze" di Owen BarfieldLa nostra poesia e, più in generale, la nostra letteratura rivelano una concezione positivista della realtà e del linguaggio che blocca la vera creatività? È la tesi sostenuta da Poetic Diction, “un saggio sul significato”, pubblicato da Owen Barfield nel 1927 e ripubblicato l’anno scorso in Inghilterra. Barfield sviluppò le sue idee alternative sul linguaggio in Saving the Appearances, di cui nel 2010 è uscita la traduzione italiana: Salvare le apparenze, per la casa editrice Marietti.
Barfield è il teorico degli Inklings, il gruppetto informale di autori costituito tra gli altri da C.S. Lewis e J.R.R. Tolkien. I due celebri scrittori devono molto a Barfield e alla sua teoria del significato, come è ben raccontato da Carpenter (Gli Inklings, Marietti 2011); in particolare, è una conversazione con Tolkien su questa teoria che pare abbia rappresentato il passo decisivo di Lewis dall’ateismo all’anglicanesimo.

La teoria del significato è quella dell’unità semantica originaria. Secondo Barfield, contrariamente a molti indirizzi linguistici degli ultimi due secoli, all’inizio della storia della coscienza e del linguaggio umano si trova una profonda unità di realtà-linguaggio-significato. All’inizio nominare qualcosa voleva dire anche esprimerne il significato e attestarne la realtà. Questo plesso unitario è l’essenza del principio poetico, un principio sintetico della nostra ragione che si rivela ancora in ogni capacità creativa di significato, capacità che non riguarda solo la letteratura o l’arte, ma anche la matematica o la scienza. Alcuni membri del gruppo degli InklingsTale unità semantica originaria si sarebbe poi progressivamente divisa in una molteplicità di significati specializzati secondo un principio logico-analitico, che aiuta a precisare le espressioni e a suddividere le funzioni ma allontana anche dalla ricchezza iniziale. In questo senso all’inizio del linguaggio non ci sarebbero le famose “radici” che indicavano qualche percezione puramente fisica ed elementare, da cui poi si sarebbe sviluppato il nostro linguaggio per via di progressive astrazioni metaforiche. Al contrario, all’inizio del linguaggio ci sarebbe una percezione di realtà piena di significato (“significati concreti”) che poi avrebbe trovato una progressiva specificazione anche attraverso l’uso delle “radici”. Gli uomini primitivi non difettavano in percezione di significati astratti quanto in espressione. Le “radici” stesse rappresenterebbero uno stadio nel quale una primitiva
espressività cerca di dare forma distinta a un’enorme percezione di significati. Un’eco di questo percorso si trova nella ricchezza di significati delle parole antiche. “Pneuma” significa sia “spirito” che “vento” o “soffio” mentre successivamente i significati sono distinti e isolati. La storia della coscienza vista dal punto di vista della poesia dovrebbe dunque raccontare anche il percolare dei significati all’interno della nostra espressività. La poesia è un’espressione estetica (diction) dell’unità semantica originaria ed è quindi innanzi tutto una forma di conoscenza della realtà e dei significati.

Owen BarfieldVisto che si tratta di un’espressione ha bisogno del principio logico-analitico, ma quest’ultimo è vano senza la capacità di immergersi nell’unità originaria. L’equilibrio fra i due principi, il poetico e il logico, è ciò che definisce un “grande” poeta. Lo strumento principe del grande poeta è la metafora, intesa come un principio raffigurativo (pictorial) di quei significati che si vogliono esprimere.
Nella metafora, dunque, il poeta non trova solo una bella figura, ma dando un nuovo significato a parole o espressioni, fa conoscere nuovi aspetti di quella realtà originaria che egli non può inventare ma che il suo pensiero può aiutare a mettere in luce. Anzi, senza l’opera del poeta, quei significati non sarebbero mai emersi e in questo senso egli è collaboratore della creazione o, per dirla con Tolkien, sub-creatore. In tale prospettiva anche una nuova teoria scientifica o matematica che esprime una relazione della realtà è una creazione poetica.
Perché questa teoria della creatività dovrebbe accusare di positivismo la poesia e, più in generale, la conoscenza della nostra epoca? Perché, secondo Barfield, la poesia contemporanea nasce da una concezione della realtà come estranea alla nostra conoscenza e al nostro pensiero.

Articolo gentilmente concesso dall’autore e apparso sul sito “Il Sussidiario”.

Locandina Tolkien SeminarDal 25 al 26 novembre 2011 si terrà a Modena il primo dei Tolkien Seminar italiani, con il patrocinio della Tolkien Society inglese e della Provincia di Modena. Sarà anche l’occasione di un confronto diretto all’interno del Gruppo di studio sullo Hobbit con chi analizza e insegna negli Usa le opere del Professore di Oxford. Il momento pubblico del seminario si svolgerà venerdì 25 novembre, nella sede della Camera di Commercio di Modena (via Ganaceto, 134). Alle ore 21, a ingresso libero, sarà possibile ascoltare Verlyn Flieger e Giovanni Maddalena nella conferenza Mito e verità: la narrazione tra realtà e mistero.

 



La Guerra del Nord sbagliata del Signore degli Anelli

Videogioco Sono anni di vacche grasse per gli appassionati di J.R.R. Tolkien. Mentre il 14 dicembre 2012 si avvicina sempre più con l’uscita nei cinema del primo dei due film di Peter Jackson dedicato allo Hobbit, sono molte le iniziative annunciate, che riguardano anche altri ambiti. Uno di questi è quello dei videogiochi, dove la scena è dominata da tutti gli eventi raccontati nel Signore degli Anelli. Dopo Il Signore degli Anelli: la Conquista, dopo Il Signore degli Anelli: L’avventura di Aragorn, dopo Il Signore degli Anelli: Ombre di Angmar ora è la volta del Signore degli Anelli: La Guerra del Nord. Da oggi al 4 novembre 2011 il mondo di Tolkien tornerà così a farci visita sui nostri Pc e Console (Xbox 360 e Playstation 3) con questo nuovo videogioco marchiato Warner Bros e SnowBlind Studios. Ma, a differenza della massa degli altri titoli, questo gioco non ci metterà in mano in prima persona le vicende di Frodo, Aragorn, Gandalf e soci, rivestono particolare importanza i tre nuovi protagonisti: il Nano Farin, l’Elfa Andriel e il Ramingo Eradan. Secondo gli sviluppatori lo spunto per la storia è dato da una frase di Gandalf il Bianco: «Con la sua lunga mano, Sauron avrebbe potuto compiere azioni malvagie al Nord. Eppure, tutto ciò è stato evitato grazie al manipolo di eroi che gli si sono opposti». Peccato, però, che Tolkien non l’abbia mai scritta questa frase!

L’Arst a Lucca Comics and Games 2011

Lucca Comics and Games 2011Dopo i film di Peter Jackson il nome di John Ronald Reuel Tolkien è conosciuto in tutto il mondo. Ma lo era anche prima, visto che Il Signore degli Anelli è uno dei libri più venduti con oltre 160 milioni di copie distribuite. E in cima alle vendite ci sono altre sue opere come Lo Hobbit, che diverrà presto un film, e Il Silmarillion. Quanti però conoscono veramente il messaggio del Professore di Oxford? Quanti vorrebbero approfondire in maniera seria alcuni dei temi da lui trattati? A portare l’autore del Signore degli Anelli a Lucca e rispondere a queste domande ha pensato la nostra Associazione, che dal 2005 promuove in Italia lo studio e la conoscenza della vita e delle opere di Tolkien. Sarà possibile conoscerci a Lucca Comics and Games 2011, dove avremo uno stand (A617, padiglione Carducci), inserito nella cornice del nuovo Luk for Fantasy, in cui protrete trovare il frutto di tutte le nostre fatiche: gadget, shopper, abiti della Terra-di-mezzo e sopratutto l’offerta libraria della collana Tolkien e dintorni, grazie alla collaborazione con la casa editrice Marietti 1820 e l’Istituto filosofico di studi tomistici.

In giro per il mondo con Frodo e Bilbo

Cartello preso in prestito dalla Nuova ZelandaUno degli “effetti collaterali” del successo planetario della trilogia cinematografica di Peter Jackson è quello di aver fatto diventare reale la Terra-di-mezzo. In senso letterale. Dal 2001 è, infatti, possibile visitare in Nuova Zelanda i set per Gran Burrone, Minas Tirith, la foresta di Fangorn e molte altre location celebri della saga. Tra le zone più belle spiccano le verdi colline di Matamata, nell’Isola del Nord, il set usato per ricreare Hobbiton e la Contea degli Hobbit, da dove tutto ebbe inizio. Tra le varie costruzioni spicca la fattoria privata messa a disposizione dai proprietari (la Alexander family) per essere usata come casa Baggins, dimora di Bilbo e Frodo. Alla visita dei set dei film è seguita la creazione di un vero e proprio parco giochi, la Pequena Tierra Media, una sorta di Disneyland della Terra-di-mezzo costruita nel 2003 nella Sierra Norte in Spagna, a due passi da Madrid. Ma il fenomeno più recente è lo spuntare in varie parti del globo di diverse case Hobbit, in cui si può pernottare «per vivere una vera “vita Hobbit”», come recita uno dei loro slogan. Qualcuna merita però di essere segnalata.

Sbarcano anche in Italia i Tolkien Seminar

Locandina Tolkien SeminarNe abbiamo sempre parlato con una punta d’invidia. Abbiamo segnalato ogni occasione di incontro all’estero, abbiamo presentato sempre il programma degli interventi, presentato i relatori e, quando possibile, abbiamo anticipato i contenuti delle diverse conferenze. Sì, i Tolkien Seminar sono un po’ il nostro pallino. Lezioni simili a quelle tenute all’università, curate da esperti, studiosi e saggisti di fama internazionale, per parlare delle opere di J.R.R. Tolkien, approfondirne le tematiche, illustrare la sua vita, creando un ambiente adatto in cui lo scrittore inglese possa essere lo stimolo per nuovi studi, nuovi lavori, nuove opere d’arte. Bene, ora tutto questo sarà anche una realtà italiana. Con profondo orgoglio possiamo annunciare che anche l’Italia avrà i suoi Tolkien Seminar, i seminari tolkieniani. Sulla scia del convegno di Modena, tenutosi il 24 maggio del 2010, per non far cadere un’esperienza che ha arricchito tutti quelli che vi avevano partecipato, l’Istituto Filosofico di Studi Tomistici di Modena in collaborazione con l’Associazione romana studi Tolkieniani, ha deciso di istituire un incontro annuale completamente dedicato agli studi delle opere di Tolkien e del gruppo degli Inklings.

Marietti pubblica “Tolkien e la filosofia”

Copertina libro Chi ben semina, ben raccoglie. Dopo otto volumi pubblicati nell’arco di cinque anni, la collaborazione dell’Associazione romana di studi Tolkieniani con la casa editrice  Marietti 1820 entra nel vivo. La collana Tolkien e dintorni è ormai matura e soprattutto inizia ad avere una sua personalità. E a dire la sua sulle cose. Poco più di un anno fa lIstituto Filosofico di Studi Tomistici, in collaborazione con l’ArsT, ha organizzato a Modena il 22 maggio 2010 un convegno che ha visto per la prima volta in Italia i più importanti studiosi tolkieniani a livello internazionale. È stata l’occasione, e ne abbiamo parlato qui, per discutere del rapporto tra l’autore del Signore degli Anelli con il pensiero filosofico occidentale. I più affermati studiosi di Tolkien, sia a livello internazionale (Tom Shippey, Verlyn Flieger, Christopher Garbowski) che italiano (Franco Manni, Andrea Monda, Wu Ming 4) hanno affrontato questa tematica che non era stata ancora studiata con quel rigore “filologico” e quella conoscenza testuale oggi necessari per evitare di applicare all’opera tolkieniana un apparato concettuale che, anziché valorizzarla, rischia di farne smarrire il senso profondo e l’autentica bellezza.

Bompiani pubblicherà la History of Middle-earth?

Sito Facebook di BompianiPiù di un anno fa, quando era ancora attivo il blog dell’Associazione romana studi Tolkieniani su blogspot, scrivemmo un articolo dal titolo Libri al Vapore, stigmatizzando l’abitudine di alcune case editrici di annunciare la pubblicazione di libri che poi non vedono la luce per anni. Pare proprio che a questa categoria si stiano per aggiungere i libri più desiderati e sospirati dagli appassionati italiani di J.R.R. Tolkien. Sulla pagina Facebook della Bompiani, infatti, un temerario ha avuto l’ardire di chiedere: «Volevo sapere se c’era qualche speranza che in futuro vengano tradotti i libri della History of Middle Earth di Tolkien». Fin qui nulla di strano; la parte sorprendente della storia è nella risposta: «Stiamo provvedendo a ritradurre questi libri», aggiungendo: «Poi stiamo partendo appunto da quello che esisteva già ritraducendolo e poi integrando quanto mancava».

Sette regali con J.R.R. Tolkien

La Tolkien Week finisce oggi, il compleanno di Bilbo e Frodo è appena trascorso (il 22 settembre) e per finire in bellezza ci si può buttare su quella che può essere l’oggettistica tolkieniana, che mai come in questo momento è più viva che mai. Con l’uscita del primo dei due film sullo Hobbit, il 14 dicembre del 2012, aspettiamoci un’esplosione di questa categoria. Quindi, è meglio toglierci il dente e parlarne subito. Se avete un amico appassionato di J.R.R. Tolkien volete fargli un regalo gradito, provate a spulciare nella lista seguente. Siamo sicuri che qualcosa che fa per voi la troverete!

J.R.R. Tolkien in Germania, Gran Bretagna e Usa

La fine di settembre è un periodo molto inteso per gli appassionati di J.R.R. Tolkien. Ben due eventi iniziano oggi e si annunciano ricchi di sorprese ed iniziative. Si tratta di manifestazioni diverse, ma che esprimono con la stessa intensità la passione per le opere del professore di Oxford. Si svolgono all’estero, precisamente in Germania e Gran Bretagna, ma ormai da anni vedono la partecipazione anche di molti appassionati italiani. Ma andiamo per ordine.

Anche in Italia Lo Hobbit uscirà il 14 dicembre 2012

Film Lo HobbitEcco quella che si chiama una notizia bomba. La Warner Bros ha smentito le voci che stabilivano il 1 gennaio 2013 come data di uscita del primo dei due film su Lo Hobbit, tratto dal romanzo di J.R.R. Tolkien, annunciando che il film arriverà praticamente in day and date con gli Stati Uniti ed il mondo intero. Questo significa The Hobbit: An Unexpected Journey (Un Viaggio Inaspettato molto probabilmente in italiano, seguendo la traduzione del libro) uscirà in Italia il 14 dicembre 2012!

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Il regista Peter JacksonA poco più di un anno dall’uscita del primo film dello Hobbit di Peter Jackson, ecco quindi una bella sorpresa per il pubblico italiano. La casa di distribuzione Usa ha già voluto diffondere la data d’uscita per quel che riguarda il mercato italiano. È anche possibile che ci siano variazioni future, ma l’uscita contemporanea in tutto il mondo, Italia compresa, sarà graditissimo agli appassionati italiani, che negli anni della trilogia cinematografica del Signore degli Anelli avevano organizzato addirittura dei tour oltrefrontiera (soprattutto in Francia e a Londra) pur di vedere con un mese di anticipo l’agognato film. Negli Stati Uniti d’America il film uscirà, mercoledì 12 dicembre 2012, e nel nostro paese pare ci dovrà attendere appena due giorni in più, venerdì 14 dicembre.

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Lo Hobbit (edizione Adelphi)Lo Hobbit è un film diretto da Peter Jackson e vede nel cast Martin Freeman, Richard Armitage, Aidan Turner, Hugo Weaving e Stephen Fry. Il romanzo omonimo di Tolkien è stato diviso in due parti dagli sceneggiatori (scritta da Peter Jackson, Philippa Boyens, Fran Walsh e Guillermo del Toro) e dovrebbe contenere eventi non racconti nel libro, da tratti dalle Appendici e dagli altri scritti dello scrittore inglese. Attualmente, i due capitoli cinematografici sono in lavorazione in Nuova Zelanda, saranno in 3D e, nel complesso, dovrebbero costare circa 500 milioni di dollari. Per deliziare gli appassionati di Tolkien, il regista ha deciso di lasciare ogni tanto dei doni sul suo blog: si tratta di un vero e proprio “dietro le quinte” dal set. Ma di tutto questo abbiamo già parlato. Appuntamento, quindi, per dicembre 2012, a meno che qualcuno non cambi idea un’altra volta…
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Video e immagini dal set dello Hobbit di Peter Jackson
Le immagini dello Hobbit di Peter Jackson
Lo Hobbit e il Tolkien Reading Day

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Un Silmarillion miniato per la gioia dei lettori di Tolkien

Pagina iniziale del Edel Silmarillion di Benjamin HarffChe la passione per J.R.R. Tolkien sviluppi la creatività non è un segreto, ma questa volta siamo giunti all’opera d’arte! Un codice miniato, come quelli medievali in stile irlandese, che riproduce il Silmarillion, completamente fatto a mano, a partire dalla carta, la copertina, il testo manoscritto e soprattutto le splendide miniature, con dei capilettera che prendono anche pagine intere. L’opera è il frutto di un anno di fatiche di uno studente tedesco, Benjamin Harff, che per l’esame finale all’Accademia di belle Arti, ha voluto creare una edizione di lusso, la Edel Silmarillion. La notizia è stata riportata su un sito tolkieniano tedesco, Der Herr der Ringe (Il Signore degli Anelli) e valorizzata da Tolkien Library, che ha fatto una lunga intervista all’autore.