L’AIST (Associazione Italiana Studi Tolkieniani), in collaborazione con Eterea Edizioni e con il Museo delle Religioni “Raffaele Pettazzoni”, promuove un convegno di studi interdisciplinare dal titolo Oralità e scrittura nella Terra di Mezzo. Tradizioni della voce, trasmissioni manoscritte e interpretazioni del Legendarium tolkieniano, per indagare lo statuto e il ruolo dell’oralità e della scrittura nella Terra di Mezzo e inquadrare il loro rapporto all’interno del Mondo Secondario creato da J.R.R. Tolkien.
Nel nostro Mondo Primario, il passaggio dall’oralità alla scrittura e, in seguito, alle moderne tecnologie della comunicazione ha costituito una trasformazione tale da influenzare profondamente la cognizione, la cultura e la società umana. Molti studiosi hanno approfondito la questione:
da Milman Parry e Albert Lord, coi loro scritti pionieristici sull’epica orale, a Eric A. Havelock e Paul Zumthor, che hanno indagato il passaggio dall’oralità alla scrittura nell’antica Grecia e nel Medioevo romanzo, fino a Marshall McLuhan e Walter J. Ong, interessati ai profondi cambiamenti culturali innescati dall’evoluzione dei media moderni.
Tolkien, da filologo e studioso di opere letterarie medievali, guardò sempre con grande attenzione alla questione dei rapporti tra oralità e scrittura e la mise a tema nelle sue opere letterarie. Desiderava, ad esempio, che “Il Silmarillion” – così come lo concepiva nella sua mente – assumesse la forma di «una compilazione, un compendio narrativo steso tardivamente sulla scorta di fonti assai diverse (poemi, annali, racconti di tradizione orale) trasmesse per retaggio antichissimo» (Il Silmarillion, p. 6) affinché replicasse o, per dir meglio, ricreasse il carattere essenzialmente “cumulativo” del mito del Mondo Primario. Nel fondamentale saggio Sulle fiabe, inoltre, propose l’allegoria del “Calderone del Racconto”, ovvero della tradizione narrativa nella quale gli “ingredienti” (storia, racconto popolare, leggenda e mito etc.) sono gettati in epoche diverse, cambiano durante la “cottura” e contribuiscono al sapore della “minestra”, ogni porzione della quale è una storia (Il Medioevo e il fantastico, pp. 189 ss.). Ed ancora, nel Signore degli Anelli ricorse ad un complesso meccanismo metanarrativo, il Libro Rosso della Marca Occidentale, di cui si presentava come il “traduttore”, non senza descriverne la multiforme tradizione manoscritta e le intrinseche complessità (Il Signore degli Anelli, pp. 26 ss.).
Come nel Mondo Primario, insomma, anche nel Mondo Secondario di Tolkien quello fra oralità e scrittura è uno degli elementi dialettici su cui si è costruita un’intera cultura. La questione, finora indagata solo in parte dagli studiosi tolkieniani, merita di essere affrontata alla luce di un approccio interdisciplinare consapevole dei recenti sviluppi degli studi sul tema. Gli organizzatori accolgono quindi con favore proposte di relazione che esplorino il ruolo di oralità e scrittura e il loro rapporto nella Terra di Mezzo, in particolare in relazione ai seguenti filoni di ricerca:
- Le relazioni tra la mitopoiesi tolkieniana e le mitografie del Mondo Primario;
- La tradizione orale degli Elfi e la sua messa per iscritto nel “Silmarillion”;
- I sistemi di scrittura della Terra di Mezzo (sarati, tengwar, cirth, etc.);
- La questione delle voci autoriali e dei punti di vista nel “Silmarillion” progettato da Tolkien e nella sua versione pubblicata;
- La questione delle voci autoriali e dei punti di vista nello Hobbit e nel Signore degli Anelli;
- Il Libro Rosso in quanto elemento narrativo e in quanto dispositivo metanarrativo;
- Le Traduzioni dall’Elfico di Bilbo Baggins e il loro rapporto con il Silmarillion;
- Biblioteche e archivi della Terra di Mezzo (Valforra, Minas Tirith etc.);
- La cultura dei popoli «saggi ma incolti» (Il Signore degli Anelli, p. 459);
- La relazione tra le lingue della Terra di Mezzo e l’inglese utilizzato da Tolkien in quanto “lingua di destinazione”;
- I proverbi, gli indovinelli e le canzoni della Terra di Mezzo;
- Questioni di taglio generale su oralità e scrittura che facciano il punto sul dibattito contemporaneo sul tema.
Comitato Scientifico:
Roberto Arduini (Eterea Edizioni, AIST);
Igor Baglioni (Museo delle Religioni “Raffaele Pettazzoni”);
Cecilia Barella (Eterea Edizioni, AIST);
Alessandro Campus (Università di Roma Tor Vergata);
Andrea Ercolani (CNR);
Stefano Giorgianni (Traduttore e autore, AIST);
Paolo Nardi (Autore e divulgatore, AIST);
Oriana Palusci (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”);
Paolo Pizzimento (Università degli Studi di Messina, AIST);
Organizzazione:
Roberto Arduini (Eterea Edizioni, AIST);
Igor Baglioni (Museo delle Religioni “Raffaele Pettazzoni”);
Stefano Giorgianni (Traduttore e autore, AIST);
Alessandro Leonardi (AIST);
Paolo Pizzimento (Università degli Studi di Messina, AIST);
Gli studiosi interessati possono inviare una proposta di relazione di non oltre 2.000 battute, comprensiva di due o tre fonti bibliografiche di riferimento, entro e non oltre il 30 aprile 2025 all’indirizzo: paolo.pizzimento@unime.it. La proposta dovrà comprendere un titolo e un abstract, una breve nota biografica dell’autore, un recapito di posta elettronica e un recapito telefonico.
L’accettazione delle proposte di relazione sarà comunicata via posta elettronica agli interessati entro il 15 maggio 2025. Il convegno si terrà in presenza da venerdì 11 a domenica 13 luglio 2025 nei comuni dei Castelli Romani e la partecipazione sarà gratuita.
Date da ricordare:
Chiusura della Call for Papers: 30 aprile 2025.
Comunicazione di accettazione delle proposte: 15 maggio 2025.
Convegno: 11-13 luglio 2025.
I partecipanti al convegno potranno alloggiare nelle strutture convenzionate, usufruendo di una riduzione sul normale prezzo di listino delle stesse. Sono previste visite serali gratuite ai musei e ai monumenti dei comuni presenti nell’area dei Castelli Romani. Il programma delle visite sarà reso noto contestualmente al programma del convegno.
È prevista la pubblicazione degli Atti a cura di Eterea Edizioni previa peer review finale delle relazioni.
Per informazioni: paolo.pizzimento@unime.it.
Bibliografia di riferimento:
- Dufau, Jean-Christophe, Mythic Space in Tolkien’s Work (The Lord of the Rings, The Hobbit and The Silmarillion), in Thomas Honegger (ed.), Reconsidering Tolkien, Zollikofen, Walking Tree, 2005, pp. 107-128.
- DuPlessis, Nicole, Bridging Orality and Literacy in The Lord of the Rings: the “Wise but Unlearned” among the Cultures of Middle Earth.
- Flieger, Verlyn, Myth and Truth in Tolkien’s Legendarium, in There Would Always Be a Fairy Tale, Kent (OH), The Kent State University Press, 2017, pp. 157-164.
- Gymnich, Maryon, Reconsidering the Linguistics of Middle-earth: Invented Languages and Other Linguistic Features in J.R.R. Tolkien’s The Lord of the Rings, in Thomas Honegger (ed.), Reconsidering Tolkien, Zollikofen, Walking Tree, 2005, pp. 7-30.
- Hammond, Wayne. Books, Literature, and Literacy in Middle-earth, «Mallorn», 26, 1989, pp. 35-38.
- Havelock, Eric A., La Musa impara a scrivere. Riflessioni sull’oralità e l’alfabetismo dall’antichità al giorno d’oggi, trad. di M. Carpitella, Roma-Bari, Laterza, 2005.
- Havelock, Eric A., Cultura orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone, trad. di M. Carpitella, Roma-Bari, Laterza, 2019.
- Lord, Albert B., The Singer of Tales, Cambridge (MA), Harvard University Press, 1960.
- McLuhan, Marshall, La Galassia Gutenberg, trad. di Stefano Rizzo, Roma, Armando Editore, 1991.
- Ong, Walter J., Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, trad. di Alessandra Calanchi, Bologna, Il Mulino, 2011.
- Parry, Milman, L’epiteto tradizionale in Omero. Saggio su un problema di stile omerico, trad. di Michele Loré, Cerenasco (TO), Ivo Forza Editore, 2016.
- Tolkien, J.R.R., Il Silmarillion, trad. di Francesco Saba Sardi, Milano, Bompiani, 2001.
- Tolkien, J.R.R., Il medioevo e il fantastico, trad. di Carlo Donà, Milano, Bompiani, 2004.
- Tolkien, J.R.R., Il Signore degli Anelli, trad. di Ottavio Fatica, Milano, Bompiani 2021.
- Vanderbeke, Dirk, Language, Lore and Learning in The Lord of the Rings, in Thomas Honegger (ed.), Reconsidering Tolkien, Zollikofen, Walking Tree, 2005, pp. 129-152.
- Zumthor, Paul, La presenza della voce: introduzione alla poesia orale, trad. di Costanzo Di Girolamo, Bologna, Il Mulino 2001.
- Zumthor, Paul, La lettera e la voce. Sulla “letteratura” medievale, trad. di Mariantonia Liborio, Bologna, Il Mulino 1990).
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Dopo esser passato nella seconda parte di Dicembre nel resto del mondo, Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim arriva finalmente al cinema anche da noi. È approdato infatti in sala il 1° gennaio 2025, dopo una lunghissima attesa più che giustificata, dato che il film diretto da Kenji Kamiyama si porta dietro alcune interessanti e inedite premesse. Innanzitutto, si tratta di un’opera in stile anime, una tecnica finora mai utilizzata per un adattamento del Legendarium, ma, ancora più importante, è il fatto che il film rappresenta un prequel della trilogia di Peter Jackson, diventando così un capitolo ufficiale della saga del Signore degli Anelli, iniziata 25 anni fa e continuata qualche decennio successivo con Lo Hobbit.
L’anno appena concluso ha portato con sé novità su diversi fronti che l’AIST ha raccontato, celebrato e vissuto insieme a tutti i soci, socie e appassionati del mondo Tolkieniano. Abbiamo respirato aria di novità, pur storcendo il naso per alcune cose che non sono state accolte con l’entusiasmo sperato. Tuttavia, in definitiva, il 2024 non è stato tutto da buttare, soprattutto se si considera il panorama italiano. Per festeggiare i 133 anni dalla nascita del Professore, un piccolo resoconto delle attività, eventi e manifestazioni più rilevanti dell’anno passato.









Il film è così un documento interessante arricchito di dettagli non così scontati, in grado di affrontare le più importanti tematiche a cui era legato Tolkien in vita. Si veda per esempio la sua visione della Storia, della perduta mitologia britannica, e del rapporto tra uomo e natura, in senso non ambientalistico fine a sé stesso, ma costruttivo di una visione più ampia e in un certo qual modo nostalgico. Il tutto è avvalorato da numerosi interventi di importanti esperti orbitanti soprattutto intorno all’accademia franco-tedesca degli studi tolkieniani: Thomas Dillinger, John Garth, Thomas Honegger, ma anche Stuart Lee, Vincent Ferré, Annika Röttinger, Dimitra Fimi, Marcel R. Bülles e Martin S. Monsch.

Gli appassionati tolkieniani potrebbero andare a vedere il film di Matt Brown Freud, l’ultima analisi – basato sull’incontro immaginario tra un Sigmund Freud morente e il professor C.S. Lewis, nel 1939 – anche solo per vedere riassunto il rapporto tra Tolkien e l’amico e collega Lewis nei flash-back della vita di uno dei due protagonisti. Soprattutto potrebbero gustarsi la celebre passeggiata sull’Addison’s Walk, nel parco del Magdalen College di Oxford, durante la quale Tolkien, con i suoi ragionamenti sul mito pagano e sul mito incarnato cristiano, diede avvio al processo di conversione di Lewis; ma anche lo scampolo di riunione degli Inklings all’Eagle and Child, con la bonaria insofferenza per le lunghe letture di Tolkien. Certo risulta piuttosto implausibile che Freud avesse sentito nominare gli Inklings e in particolare conoscesse Tolkien al punto da considerarlo “brillante”, come lo definisce in un dialogo iniziale, visto che a quella data era noto soltanto come autore dello Hobbit e non pare che il padre della psicanalisi si interessasse di narrativa fantastica, né tanto meno di filologia germanica. Tuttavia è l’unica strizzata d’occhio che il film si concede quando viene tirato in ballo il padre degli Hobbit.
Freud è morente proprio mentre il mondo inaugura un nuovo grande massacro, dopo quello da cui Lewis è uscito con una ferita, un trauma da esplosione, e una promessa all’amico morto che gli condizionerà la vita. Ma perché, nell’ora più buia dell’Europa, cercare il confronto proprio con quest’uomo più giovane e tanto diverso? Perché pretendere di confutare Dio per morire ancora più convinto delle proprie convinzioni? Per tutto il film è questa la domanda che aleggia sulla vicenda e che gli stessi personaggi si fanno. Ovviamente la risposta non è fornita dai dialoghi bensì dalla trama stessa, o proprio dalla situazione che racconta. Un momento estremo, per la storia mondiale e per un uomo che ha fatto la storia del pensiero occidentale, il quale sa benissimo che dentro ogni essere umano c’è un potenziale tiranno, un piccolo Hitler irrazionale da tenere a bada e da sconfiggere. Dall’altra parte c’è uno che, senza rinnegare la ragione né la necessità di difendersi, ma rigettando il meccanicismo del “Dottor Sesso”, ribadisce il paradossale messaggio evangelico, l’amore per il prossimo, nonostante e anzi forse soprattutto perché il prossimo è tutt’altro che amabile e la storia sembra sprofondare di nuovo in un baratro senza fine. I due non hanno niente in comune, se non l’essere umani, due esseri umani che si trovano nel frangente estremo: la fine della vita individuale per uno di loro, che di lì a tre settimane praticherà su di sé l’eutanasia per porre fine alla propria sofferenza, e la guerra che mette a repentaglio la vita di tutti. Quei due non saranno mai d’accordo sull’esistenza di Dio, eppure potranno continuare a parlarne fino all’ultimo istante, perfino sotto le bombe, perfino a un passo dalla morte, perché farlo è continuare a porsi la questione del senso dell’esistenza e della storia, la questione cui l’umanità non può sottrarsi, quella con la Q maiuscola. E perché domandarsi significa precisamente essere umani.









