Era il 1959 quando fu chiesto a Clive Staples Lewis se avesse, in qualche modo, influenzato le opere dell’amico J.R.R. Tolkien, o se gli incontri settimanali degli Inklings, il gruppo oxoniense da loro fondato, potessero aver sortito tale effetto. Lewis rispose che nessuno influenzava Tolkien in alcun modo, e che tanto valeva cercare di influenzare un Bandafferra – un Bandersnatch, in lingua originale, creatura mitologica sfuggente e aggressiva creata dalla mente di Lewis Carroll.
È da questa premessa che nasce Bandersnatch: C. S. Lewis, J. R. R. Tolkien, and the Creative Collaboration of the Inklings di Diana Pavlac Glyer (2016, The Kent State University Press, con illustrazioni di James A. Owen). E secondo l’autrice, l’affermazione di Lewis non corrisponde completamente al vero.
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La mostra a Oxford: ci siamo stati per voi!
Sulla mostra evento dedicata all’arte di Tolkien,
Tolkien: Maker of Middle-earth e inaugurata soltanto pochi giorni fa, il 1 giugno, sono già state spese molte parole, articoli e approfondimenti (noi ne abbiamo scritto qui). Quello però che non è stato raccontato è l’emozione, per chi non ha avuto ancora la fortuna di andarci, di arrivare a Oxford: la città in cui Tolkien ha insegnato e vissuto. per gran parte della sua vita.
Attraversare le vie dove lui è stesso passato, incontrare per strada i professori che insegnano agli atenei e che indossano ancora le toghe che troviamo nelle sue fotografie, vedere i college e il giardino botanico e magari fare anche una pausa, tra fish and chips e club sandwich, a The Eagle and Child, il pub rinomato per i ritrovi degli Inklings, non rappresenta una gita come un’altra.
Perché a Oxford, in qualche modo, ci si sente più vicini al Professore, come se lo avessimo appena visto uscire dalla porta del pub, con la pipa in mano, pronto per incamminarsi verso casa e riprendere i suoi scritti, da dove li aveva lasciati, o per tornare verso la Bodleian Library, ad approfondire qualche dettaglio linguistico. Il solo lasciarsi coinvolgere da tutto questo, rende lo studioso o il fan di Tolkien quasi pronto per fare poi il suo ingresso nell’imponente Weston Library, di Broad Street, dove una grande insegna indica che quello è il posto giusto: oggi si può incontrare davvero J.R.R. Tolkien, attraverso la testimonianza del suo lavoro, del suo pensiero, della sua arte. Noi l’abbiamo fatto per voi, con l’auspicio che possa diventare un incentivo per andarci di persona.
Tolkien Toast: 126° anniversario e Lettere
Il 3 gennaio del 1892 nasceva a Bloemfontein (Sudafrica) J. R. R. Tolkien: da molti considerato il padre del genere fantasy (o perlomeno colui che ha portato alla creazione di un certo canone della letteratura fantasy), nonché professore presso le università di Leeds e Oxford, dove insegnò lingua e letteratura anglosassone e inglese. In questo giorno di festa per gli appassionati tolkieniani cade anche l’uscita ufficiale della nuova traduzione delle lettere di Tolkien: Lettere 1914/1973. Dopo tanti anni fuori catalogo, l’epistolario del Professore torna ad essere finalmente accessibile ai lettori italiani, nella nuova traduzione di Lorenzo Gammarelli (socio, saggista e traduttore AIST), edita da Bompiani.
Tolkien Birthday Toast: brindate al Professore
L’attenzione per la cronologia e le date contraddistingue l’opera tolkieniana e tra di esse i compleanni sono un’occorrenza da non sottovalutare, dalla festa a lungo attesa del centoundicesimo compleanno di Bilbo, agli inizi del Signore degli Anelli (e Frodo lo celebra lo stesso giorno), al fatto che Sméagol trovi l’Unico proprio il giorno del suo compleanno.
Nel Fabbro di Wootton Major, forse meno noto, c’è un compleanno che segna un momento altrettanto cruciale: il figlio del fabbro del villaggio, il giorno del suo decimo compleanno si imprimerà sulla fronte una stella fatata che segnerà il corso della sua vita e il suo avventurarsi nel reame di Feeria.
Nato a Bloemfontein (Sudafrica) il 3 gennaio del 1892, Tolkien, l’uomo che ci ha raccontato di Feeria e della Terra di Mezzo, festeggerebbe oggi il 125esimo compleanno e, come ogni anno, coloro che amano le sue opere non mancano di celebrare questa lieta ricorrenza.
Una targa a J.R.R. Tolkien al Pembroke College
Oxford è una città che svolse un ruolo fondamentale nella vita di Tolkien, nella cui università egli trascorse gran parte della propria vita, prima come studente all’Exeter College e poi come professore di anglosassone e di lingua e letteratura inglese. Nella città il genio di Tolkien viene già celebrato durante l’Oxonmoot, evento ospitato in uno dei college dell’università ed organizzato dalla Tolkien Society nel fine settimana più vicino al compleanno di Bilbo e Frodo (che cade il 22 settembre), e, in maniera permanente, nell’Oxford University Parks, dove crescono due alberi nominati Telperion e Laurelin e dove è stata affissa una targa commemorativa dedicata a Tolkien su una delle panchine (leggi il nostro articolo Telperion e Laurelin si trovano a Oxford). Eppure secondo gli appassionati delle opere del professore si potrebbe fare ancora di più ed un nuovo omaggio a Tolkien è già in programma.
A Birmingham nuove idee per la torre di Tolkien
I luoghi tolkieniani sono sempre affascinanti, così come lo è scoprire in che modo il Professore ha raccolto ispirazioni dalla realtà che lo circondava, per poi rielaborarle e inserirne echi nelle sue storie. Si pensa che uno di questi luoghi possa essere la Perrott’s Folly, una torre di pietra alta circa trenta metri che si trova a Edgbaston, alla periferia di Birmingham. Già a prima vista sembra essere un luogo che merita di essere scoperto e che racconta una storia interessante, come suggerisce il nome inconsueto. Venne infatti costruita nel 1748 da John Perrott, ufficialmente come padiglione di caccia; la leggenda però narra che il suo vero scopo fosse osservare le infedeltà della moglie, o forse, la sua tomba (ne abbiamo già parlato qui). Successivamente divenne una stazione di osservazione meteorologica, per poi essere chiusa nel 1979.
Owen Barfield, Tolkien e la teoria del linguaggio
Il 14 dicembre non è una data molto nota fra gli appassionati tolkieniani. Oltre alla pubblicazione del decimo volume della The History of Middle-earth, Morgoth’s Ring, negli Stati Uniti, v’è ben poco da ricordare in questo giorno. Eppure c’è una persona molto importante per la formazione di J.R.R. Tolkien che è scomparsa il 14 dicembre di diciotto anni fa; si tratta del filosofo, scrittore e poeta Owen Barfield (1898-1997). Membro degli Inklings, tanto da esserne definito il primo e ultimo, il suo ruolo fu fondamentale nella creazione degli universi di Arda e Narnia (Il leone, la strega e l’armadio e Il principe Caspian sono stati dedicati da Lewis ai figli di Barfield). Conosciamo dunque Owen Barfield e sfioriamo, in modo molto superficiale, le sue teorie (per una spiegazione più dettagliata leggete l’articolo di Giovanni Maddalena).
Chi era Owen Barfield?
Nato a Londra il 9 novembre 1898, il più vecchio dei due figli di Arthur Owen Barfield, avvocato londinese, ed Elizabeth Shoults Barfield, fervente femminista e suffragetta, studiò presso la Highgate School e dopo il servizio militare prestato durante la Grande Guerra si iscrisse al Wadham College, uno dei collegi che fanno parte dell’università di Oxford, dove conseguì, nel 1920, la laurea in Lingua e Letteratura Inglese. Non intraprese la carriera accademica, a differenza di Tolkien e C.S. Lewis, tanto che dal 1934 la sua professione divenne quella di avvocato nella capitale britannica (suo padre era proprietario dello studio Barfield&Barfield),
mestiere che svolse sino al 1959, anno in cui andò in pensione ed a partire dal quale si rivolse allo studio delle materie che realmente lo appassionavano. Parallelamente al suddetto lavoro Barfield continuò ad interessarsi di letteratura e filosofia ed alcuni dei suoi libri, fra cui Saving the Appearances: a Study in Idolatry (1957), tradotto in italiano nel 2010 per la casa editrice Marietti, riscossero un discreto successo negli Stati Uniti. Proprio nel Paese della bandiera a stelle e strisce il filosofo del linguaggio svolse numerose conferenze e si dedicò all’insegnamento in diversi atenei dall’inizio degli anni Sessanta. Il suo interesse concerneva in maniera specifica, sin dal periodo di studi accademici, sull’antroposofia derivante dagli insegnamenti di Rudolf Steiner, in particolare il suo campo di ricerca si concentrava sulla comune evoluzione della coscienza e del linguaggio. In Poetic Diction, Barfield sostenne che la percezione e il linguaggio sono interconnessi ed interdipendenti, e che l’una dà origine all’altro.
Inoltre, egli ipotizzò che nel principio il linguaggio non separava l’astratto dal concreto e nemmeno distingueva il letterale dal figurativo o dal metaforico. Nella teoria barfieldiana la conoscenza umana proviene da una realtà percepita da rappresentazioni (immagini mentali e linguistiche), che formano e sono inscindibili dalla coscienza. Una coscienza dunque costruita mediante metodo scientifico, un percorso di creazione della coscienza di approccio epistemologico. Il linguaggio è perciò parte imprescindibile della coscienza, elemento partecipante attivo della percezione della realtà, espressione del senso, della maniera in cui si percepiscono le cose.
Influenza su J.R.R. Tolkien
In molti punti delle sue teorie della concezione del linguaggio, Barfield incontrava il pensiero di Tolkien, al punto tale che quest’ultime ebbero un fortissimo impatto sulla visione della funzione e del potere della lingua(ggio) nell’opera tolkieniana. Dopo aver letto Poetic Diction nel 1928, il Professore oxoniense fece notare a Lewis che il concetto barfieldiano di antica unità semantica aveva modificato il suo modo di vedere il linguaggio. A quel tempo l’embrionica glottopoiesi e mitologia tolkieniana giunsero quindi ad un punto di rottura e cominciarono ad essere concepite come noi le conosciamo, ovvero come ciò che si può osservare soprattutto all’interno de Il Silmarillion. Tolkien concretizzò ciò che Barfield aveva ipotizzato, centralizzando la coscienza umana come generatrice e riflettore del linguaggio. Nell’universo tolkieniano coscienza, linguaggio, mito e leggenda sono interdipendenti e si sostengono a vicenda, nascendo ed esistendo in relazione gli uni agli altri. Di conseguenza si evince che non può esserci mito senza linguaggio che lo possa esprimere, lingua senza esseri umani che possano parlarla, esseri umani senza mito che possa esprimere il loro mondo.
ARTICOLI PRECEDENTI
– Vai all’articolo J.R.R. Tolkien contro T.S. Eliot: ha ragione Owen Barfield?
LINK ESTERNI
– Vai alla pagina di “Salvare le apparenze” sul sito della casa editrice Marietti
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Un Natale senza Tolkien: Bompiani non fa strenne
Il titolo è volutamente provocatorio, ma purtroppo ci apprestiamo a dare un annuncio tutt’altro che lieto. L’arrivo delle festività natalizie era ormai solito portare agli appassionati tolkieniani italiani varie novità da poter riporre sotto l’albero, ma quest’anno questa felice usanza verrà meno: Bompiani, l’editore che detiene i diritti di traduzione, non ha in programma uscite relative il mondo del professore oxoniense per il dicembre 2015 (e neanche per il gennaio 2016!). Eppure di pubblicazioni in attesa di essere importate nel nostro mercato editoriale non v’è certo penuria, in particolare spiccano tre libri: The Story of Kullervo, curata da Verlyn Flieger, The Art of The Lord of the Rings, di Tolkien stesso, ed il sesto volume delle Cronache dal set, dedicato all’ultimo film de Lo Hobbit (La Battaglia delle Cinque Armate).
The Story of Kullervo
The Story of Kullervo è un’opera di J.R.R. Tolkien, non ancora apparsa in lingua italiana, ma già potenzialmente nota ai lettori anglofoni dal 2010, anno in cui apparve nel settimo volume dei «Tolkien Studies», prima di essere ristampata nell’agosto del corrente anno in un formato più fruibile per il grande pubblico dalla HarperCollins. L’opera si ispira ad uno dei personaggi del Kalevala di Elias Lönnrot, il poema nazionale finlandese, e prosegue la pubblicazione degli scritti di Tolkien che ripercorrono le vie di antiche epiche, riproponendo arcaiche leggende in una nuova luce attraverso la rielaborazione personale del professore. Secondo lo studioso Douglas A. Anderson, Tolkien stesso ammise che nel leggere un’opera medievale, il suo istinto non era quello di sottoporla ad uno studio critico, ma di scrivere a sua volta un testo che appartenesse alla stessa tradizione.
Sebbene il Kalevala abbia visto la luce solo nel diciannovesimo secolo, è stato a lungo accomunato a testi medievali come la Canzone dei Nibelunghi o le Edda e pertanto non sorprende che abbia suscitato in Tolkien una reazione simile.
La riscoperta da parte dei lettori di questa differente vena creativa dell’autore inglese si può ritenere abbia avuto inizio con La leggenda di Sigurd e Gudrún nel 2009, per poi proseguire con La Caduta di Artù (2013) e Beowulf (2014), in Italia tutti editi dalla Bompiani. The Story of Kullervo non sarà, a differenza delle pubblicazioni appena menzionate, curata da Christopher Tolkien, ma dalla studiosa Verlyn Flieger, professore emerito di Mitologia e Studi medievali presso l’Università del Maryland.
Scritta durante il periodo degli studi ad Oxford (più precisamente tra gli anni 1912 e 1914), quest’opera è di particolare rilevanza, poiché reca in sé le prime scintille della futura produzione tolkieniana, ed è riconosciuta come fonte originaria della storia di Túrin Turambar contenuta nel Silmarillion. The Story of Kullervo presenta anche i primi esperimenti linguistici che porteranno alla nascita di una delle lingue elfiche, il Quenya.
The Story of Kullervo contiene un’introduzione, il racconto annotato e commentato The Story of Kullervo, la lista dei nomi in esso utilizzati, due saggi di Tolkien sul Kalevala ed un saggio di Verlyn Flieger, precedentemente pubblicato nell’ottavo volume dei «Tolkien Studies» (2011) e riproposto anche all’interno della raccolta di saggi dell’autrice Green Suns and Faërie: Essays on J. R. R. Tolkien (Kent State University Press, 2012).
The Art of The Lord of the Rings di J. R. R. Tolkien
Dopo la pubblicazione di L’arte dello Hobbit di J. R. R. Tolkien, uscito nel novembre del 2012 per la Bompiani, è in attesa di prosecuzione il viaggio alla scoperta di Tolkien come artista dell’immagine, col volume dedicato alle opere del professore inerenti al suo più noto capolavoro: The Art of The Lord of the Rings. Esso conterrà mappe, iscrizioni e schizzi realizzati dal professore oxoniense durante la stesura de Il Signore degli Anelli, per un totale di oltre 180 immagini, di cui la maggioranza inedite. Il volume, come L’arte dello Hobbit, è curato da Wayne G. Hammond e da Christina Scull, i quali hanno aggiunto un commentario alle immagini.
L’arte dello Hobbit e The Art of The Lord of the Rings permettono di comprendere maggiormente l’immaginazione dell’autore, quale visione avesse di ciò che raccontava, e possono inoltre offrire uno spunto per un paragone tra le realizzazioni visive offerte dal cinema (Jacksoniano e non) e quanto scaturito direttamente dalla mente e dalla mano di Tolkien.
The Hobbit: The Battle of the Five Armies Chronicles – The Art of War
The Hobbit: The Battle of the Five Armies Chronicles – The Art of War andrà a completare la serie dedicata all’epopea cinematografica di Peter Jackson ispirata a Lo Hobbit, la quale comprende attualmente cinque titoli: Lo Hobbit. L’arte di Un viaggio inaspettato (Bompiani, 2012), Lo Hobbit. Un viaggio inaspettato. Cronache dal set II. Personaggi e creature (Bompiani, 2013), Lo Hobbit. La Desolazione di Smaug. Cronache dal set III (Bompiani, 2013), Lo Hobbit. La Desolazione di Smaug. Cronache dal set IV. Armi e costumi. (Bompiani, 2014), Lo Hobbit. La Battaglia dei Cinque Eserciti. Cronache dal set V (Bompiani, 2014).
Firmato da Daniel Falconer della Weta Workshop, come i precedenti titoli, anche questo volume delle Cronache dal set, condurrà il lettore dietro le quinte del film presentando le varie fasi di progettazione e le idee prodotte dagli artisti coinvolti nel progetto, per offrire uno sguardo sempre più approfondito all’opera di Peter Jackson. Come anticipato dal titolo, The Art of War, lo studio si incentrerà in particolar modo sugli scontri che si susseguono nell’ultimo capitolo della trilogia, dall’assalto di Smaug a Città del Lago alla battaglia citata nel titolo stesso del film, delineando le differenze in campo bellico per ogni parte in scena.
ARTICOLI PRECEDENTI
– Vai all’articolo “The Story of Kullervo”: ne parla Verlyn Flieger
– Vai all’articolo “The Story of Kullervo”: ecco la seconda parte
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Tolkien sbarca alla Ecole Normale di Parigi
Che Tolkien stia prendendo sempre più piede nelle università è oramai dato di fatto. Quello di cui vogliamo portarvi a conoscenza oggi è un nuovo ciclo di seminari tolkieniani al dipartimento di Lingue e Letterature della Ecole Normale Supérieure di Parigi. Si tratta di una delle sedi più prestigiose della capitale francese, l’università dedicata all’istruzione di insegnanti, ricercatori delle università e degli enti di ricerca, da cui sono usciti molti tra i politici, statisti e scrittori transalpini, la cui succursale italiana è nientemeno che la Scuola normale superiore di Pisa. Il corso vedrà il patrocinio di Isabelle Pantin, docente di Lingua e Letteratura presso lo stesso ateneo e autrice del libro Tolkien et ses légendes, in collaborazione con l’Associazione Tolkiendil e sotto la responsabilità di Nils Renard. Il programma dettagliato degli incontri è ancora in fase di sviluppo, ma possiamo fornirvi qualche informazione riguardo all’obiettivo generale e sul primi appuntamenti.
Presto all’asta due lettere inedite di Tolkien
La florida corrispondenza tenuta da Tolkien è fonte di grande utilità per comprendere le sue opere e l’uomo dietro di esse, fornendo a studiosi ed appassionati dettagli altrimenti destinati all’oblio. Numerose lettere vennero date alle stampe nel 1981 dal figlio Christopher in una raccolta dal titolo The Letters of J. R. R. Tolkien (in italiano La realtà in trasparenza, volume edito prima dalla Rusconi nel 1990 e poi dalla Bompiani nel 2001, ora fuori catalogo), ma tale opera resta una selezione parziale. Questo mese due lettere di Tolkien ai fan stanno per essere messe all’asta ed entrare a far parte della collezione di qualche fortunato estimatore del professore oxoniense.
A Secret Vice, nel 2016 una nuova edizione
Una ghiotta novità editoriale sarà disponibile il prossimo anno per gli studiosi e gli appassionati tolkieniani interessati ad approfondire il rapporto del Professore con la creazione delle lingue. Il volume sarà un’edizione ampliata e rivista del saggio di Tolkien conosciuto come A Secret Vice, basato su una lezione tenuta da Tolkien ad Oxford sembra nell’agosto del 1930 o nel 1931 (altri studiosi propongono il 1926), nell’ambito di un congresso dedicato all’Esperanto. Una ventina d’anni più tardi, Tolkien rivide il manoscritto per una seconda presentazione, ma la sua pubblicazione fu solo postuma.
Esce Tolkien i Classici per l’editrice Effatà
Era il settembre del 2013 quando lanciammo il Call for Papers, in occasione del 40° anniversario della morte di J.R.R. Tolkien. Sotto il coordinamento del Gruppo italiano di Studi Tolkieniani e della casa editrice Effatà di Torino si aprivano allora i lavori di quello che era un nuovo modo di lavorare, seguendo l’esempio della critica internazionale e delle modalità applicate per ogni lavoro accademico. Diciotto mesi dopo, quell’idea è ora una realtà concreta, un volume intitolato Tolkien e i Classici, realizzato grazie all’apporto di un numeroso gruppo di studiosi italiani e stranieri e grazie a un accurato e approfondito lavoro di selezione, tutoraggio, curatela e analisi di tutti i testi pervenuti che ha richiesto un lavoro certosino da parte dei curatori, che sono quattro, ma che avrebbero dovuto essere molti di più! Sì, perché le proposte giunte sono state quasi il triplo di quelle attese e ognuna di esse è stata passata al vaglio critico per rispondere ai requisti di qualità accademica cui il progetto mirava. Ma Tolkien i Classici è molto più di un libro e ora ne andiamo a scoprire i dettagli.
