Un’agenzia letteraria a capo della Tolkien Estate

Sito web Tolkien EstateLa Tolkien Estate entra in una nuova era. Dopo la gestione illuminata e personale di Christopher Tolkien, dopo una breve transizione che ha rivoluzionato i rapporti interni ed esterni (soprattutto con l’editore HarperCollins), la fondazione custode delle opere letterarie dello scrittore de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit entra a far parte del grande gruppo Curtis Brown Heritage, che la rappresenterà in tutto ciò che riguarda gli aspetti commerciali ed editoriali.

Il nuovo accordo

Norah PerkinsL’annuncio è stato dato non appena i responsabili di Curtis Brown Heritage e Tolkien Estate hanno trovato l’accordo.  «Sono lieto, a nome di Curtis Brown, di dare il benvenuto a una delle più grandi proprietà letterarie del mondo nella nostra agenzia», ​​ha dichiarato Jonny Geller, CEO di Curtis Brown. «Tutti noi, cresciuti con la passione per la lettura, siamo stati influenzati e affascinati dalle opere di J.R.R. Tolkien e ci impegniamo a contribuire a far conoscere a una nuova generazione di lettori il piacere duraturo di questi grandi libri». «È un grande onore e una gioia collaborare con la Tolkien Estate per preservare e celebrare la straordinaria eredità letteraria di J.R.R. Tolkien e contribuire ad avvicinare nuovi lettori, spettatori e ascoltatori, alla sua scrittura», ha affermato Norah Perkins, responsabile di Curtis Brown Heritage. «Sono entusiasta di unirmi alla Tolkien Estate per la prossima parte di questo viaggio».
La Tolkien Estate, che continua a essere gestita dai familiari dell’autore, ha dichiarato in una nota: «Come famiglia, siamo profondamente consapevoli della responsabilità di prenderci cura delle opere letterarie e dell’eredità di J.R.R. Tolkien. Ci impegniamo a mantenere vive le sue storie per le generazioni future. In Curtis Brown Heritage abbiamo trovato partner che condividono questa passione e siamo lieti di collaborare con loro».

Cosa cambierà in futuro

Christopher TolkienLa Tolkien Estate è custode di tutte le opere e dell’eredità di Tolkien pubblicate durante la sua vita, e custode congiunto delle opere pubblicate dopo la sua morte, insieme alla neocostituita Christopher Tolkien Estate. Il terzo figlio dello scrittore inglese, infatti, è stato esecutore testamentario letterario tra il 1973 (anno della scomparsa del padre) e il 2017 e in quegli anni ha selezionato, composto, in parte scritto e infine pubblicato ben 24 nuovi libri lavorando sui manoscritti inediti di J.R.R. Tolkien.
Il Curtis Brown Group, con sede a Londra e fondato nel 1899, detiene il Curtis Brown Heritage, lanciato nel 2016 con l’obiettivo di gestire alcune delle più amate proprietà letterarie del mondo; rappresenta già le proprietà di Douglas Adams, A.A. Milne e Barbara Taylor Bradford. A sua volta, il Curtis Brown Group fa parte di United Talent Agency (UTA) a seguito di un’acquisizione avvenuta nel 2022. Heritage vanta una comprovata esperienza nella gestione creativa e sensibile dei patrimoni letterari di amati scrittori britannici (tra cui quelli di Douglas Adams, Iain Banks, Gerald Durrell, Laurie Lee, Fay Weldon, A.A. Milne e Barbara Taylor Bradford) e di alcuni dei più grandi storici, poeti e filosofi del XX secolo (tra cui Isaiah Berlin, E.H. Carr, Nevill Coghill, C.L.R. James, Iris Murdoch e Stephen Spender).
Curtis-Brown-HeritageQuesta sembra un’opportunità per l’agenzia letteraria di spremere il più possibile valore da quella proprietà. In fondo, rimangono solo 18 anni prima che il copyright su Il Signore degli Anelli scada nel Regno Unito e nel resto del mondo (in 90 Paesi è già scaduto) e non mi stupisce che gli eredi stiano cercando di sfruttare la situazione finché possono. L’alleanza fornisce alla Tolkien Estate un’ampia gamma di competenze in settori come la gestioni dei marchi, podcast, talenti digitali, sponsorizzazioni, diritti media, analisi dei dati e altro ancora. Curtis Brown Heritage ha fatto sapere che continuerà comunque a collaborare con tutti i partner storici dell’Estate, tra cui Embracer e HarperCollins.

La questione dei diritti

Sceneggiatori "lo Hobbit": Peter Jackson, Philippa Boyens e Fran WalshLa società svedese Embracer detiene la maggior parte dei diritti cinematografici delle due opere di Tolkien, dopo averli acquistati nel 2022. Prima l’azienda si chiamava Middle-earth Enterprises, ma qualche mese fa è stata rimodellata e divisa come Fellowship Entertainment. Da questa linea discendono i progetti legati ai prossimi film del Signore degli Anelli, che sono realizzati dal team vincitore dell’Oscar per le precedenti trilogie de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit: Peter Jackson, Fran Walsh e Philippa Boyens, che si sono riuniti per produrre almeno due nuovi film per la Warner Bros Pictures e la New Line Cinema. Il primo, Caccia a Gollum (The Hunt for Gollum) è previsto per il 2027.
Un accordo diverso – che non passa per Embracer ma coinvolge tutti gli altri attori legati ai diritti – ha visto nel 2017 Tolkien Estate e Tolkien Trust (la fondazione di famiglia dedita alla beneficenza) con HarperCollins cedere i diritti televisivi a Amazon Prime Original per la produzione, con Amazon MGM Studios e in collaborazione con New Line Cinema (una divisione di Warner Bros. Entertainment), della serie TV The Lord of The Rings: The Rings of Power. Dopo il lancio nel 2022, Amazon sta preparando ora la terza stagione della serie, che dovrebbe uscire anch’essa nel 2027.

 

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LINK ESTERNI
– Vai al sito web della Tolkien Estate
– Vai al sito web del gruppo Curtis Brown Heritage
– Vai al sito web del Tolkien Trust

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Dozza, il 22/6 Peter Grybauskas su Tolkien

Uno degli ultimi volumi inediti pubblicati di J.R.R. Tolkien in inglese è stato il volume che per la prima volta ha messo insieme The Battle of Maldon seguito da The Homecoming of Beorhtnoth (in Italia qualcosa di simile era stato già fatto per Bompiani a cura di Wu Ming 4), pubblicato da HarperCollins il 30 marzo 2023. A curarlo è Peter Grybauskas, accademico alla Maryland University, allievo di Verlyn Flieger, tra i più attivi e noti studiosi tolkieniani e amico dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, con cui ha realizzato diversi progetti editoriali in passato, tra cui la partecipazione a C’era una volta lo Hobbit (Marietti, 2012) e a molte conferenze in Italia e negli Stati Uniti. Per l’occasione, Grybauskas verrà a Dozza domenica 22 giugno e dalle 15 alle 16,30 terrà una conferenza sul The Homecoming of Beorhtnoth di Tolkien e sul suo lavoro sui manoscritti originali consultati alla Bodleian Library di Oxford. Un evento imperdibile e aperto al pubblico!

La pubblicazione in inglese

Peter GrybauskasIl libro presenta per la prima volta in assoluto la traduzione in prosa di J.R.R. Tolkien de La Battaglia di Maldon insieme al trattamento definitivo de Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm e i saggi che l’accompagnano; è inclusa anche e mai pubblicata prima la lezione di Tolkien dal titolo The Tradition of Versification in Old English, un saggio di ampio respiro sulla natura della tradizione poetica. Impreziosito da note e commenti di Grybauskas, il volume rappresenta un’edizione critica di queste opere in cui il curatore sostiene in modo convincente che, ad eccezione di BeowulfLa battaglia di Maldon potrebbe essere stato «il poema in inglese antico che ha maggiormente influenzato la narrativa di Tolkien» e in particolare all’interno delle pagine del Signore degli Anelli.
Battle of MaldonLa conferenza di Tolkien su “La tradizione della versificazione in inglese antico” è una risorsa preziosa per coloro che non possono andare a Oxford a leggere gli scritti di Tolkien alla Bodleian Library. La traduzione di Tolkien de “La battaglia di Maldon” fu fatta in prosa, molto probabilmente come appunti per le sue lezioni sul poema. Quello che dice – o non dice – sulla sua interpretazione della parola “ofermod”, che è centrale nel suo breve saggio che accompagna “The Homecoming”, dovrebbe interessare gli studiosi di Tolkien. Secondo Anna Smol – nel saggio dei Quaderni di Arda #3 – quelli di “The Homecoming” sono i migliori versi allitterativi di Tolkien. Come scritto, “The Homecoming” è già disponibile in stampa in varie edizioni, ma questa pubblicazione contribuisce sicuramente a dare a questo poema in versi una più meritata visibilità.

L’intervista

Per l’occasione ne abbiamo parlato con l’autore. Peter, presentati e dicci come hai conosciuto Tolkien e qual è il tuo personaggio preferito, quello un po’ sottovalutato?
«Certo. Insegno letteratura fantastica e giornalismo enogastronico all’Università del Maryland e scrivo quando il tempo me lo permette su Tolkien. Più recentemente, sono l’autore di A Sense of Tales Untold: Exploring the Edges of Tolkien’s Literary Canvas (Kent State UP 2021) e curatore di The Battle of Maldon: with The Homecoming of Beorhtnoth (HarperCollins, 2023).
La mia “storia delle origini” è abbastanza scontata. Avevo fratelli maggiori ed ero già cresciuto a pane e Redwall, Prydain e brutti videogiochi prima che Il Signore degli Anelli prendesse il sopravvento, mi pare fosse quando frequentavo la prima media. Poi ho avuto la fortuna di imbattermi nei seminari universitari della professoressa Verlyn Flieger alla UMD.
I personaggi preferiti e sottovalutati? Hmm… Radagast? Telchar? Sador? Ho un debole per i poeti dimenticati, quindi forse Dírhavel».
Durante la tua ricerca, quanto materiale hai letto che, secondo te, potrebbe formare la base per future pubblicazioni?
«Personalmente, ho appena scalfito la superficie del materiale (per lo più) accademico a disposizione dei ricercatori alla Bodleian. Ce n’è un sacco, e senza dubbio innumerevoli gemme sparse in giro, ma è difficile valutare quanta parte sarebbe adatta per la pubblicazione. Sarà interessante vedere se le restrizioni sul materiale del Legendarium saranno mai allentate. Niente potrà mai scalzare La Storia della Terra di Mezzo come principale cronaca della crescita del Legendarium, ma, come credo che Bill Fliss ricordi ai visitatori di Marquette (riguardo ai manoscritti del Signore degli Anelli): l’archivio contiene molto più di quanto potesse stare in 4 volumi di HoMe».
Puoi parlarci un po’ di com’è stato il processo, sia per la ricerca del libro che per ottenere l’approvazione per la pubblicazione? Altri studiosi di Tolkien come Janet Brennan Croft hanno proposto in passato edizioni ampliate di Beorhtnoth e sono state rifiutate.
«Homecoming è stato un mio interesse particolare fin dai tempi dell’università e l’argomento della mia primissima pubblicazione (su Mythlore, a cura di Janet!). Ma immagino che il progetto sia davvero nato da un viaggio di ricerca a Oxford che è finito fuori controllo: cercando alcune cose di cui avevo letto nella pubblicazione di Thomas Honegger su Tolkien Studies, continuavo a trovare sempre più cose che volevo esplorare. Quando sono tornato a casa ho elaborato una proposta per l’edizione. Immagino fosse una proposta abbastanza buona, e soprattutto, i tempi erano giusti. Ripensandoci, credo che quello che abbiamo prodotto si attiene abbastanza alla visione originale. Volevo davvero mettere in evidenza Homecoming soprattutto, ma anche cercare di soddisfare gli studiosi desiderosi di più lavoro accademico e i fan che potessero essere curiosi di sapere se si possono tracciare collegamenti con il Legendarium. Probabilmente così facendo non ho soddisfatto nessuno!
Sono contento di non aver saputo che Janet e altri avevano proposto idee simili in passato! Un saluto a lei e a Thomas Honegger, Łukasz Neubauer, Anna Smol, Stuart Lee e altri che stanno facendo un lavoro fantastico su Homecoming. Sono sicuro che altri avrebbero fatto un ottimo lavoro. È stato un onore inaspettato, ma sono decisamente orgoglioso del tentativo».
Cosa ti ha motivato a scrivere sui suoi lavori? Ne può valere la pena a livello accademico?
«Tolkien ha il vizio di farci diventare tutti almeno medievisti onorari. Trovo Homecoming l’esempio più sfacciato di come Tolkien abbia saputo mescolare così bene e fruttuosamente le sue ricerche accademiche e le sue attività creative. A proposito, non è forse la risposta definitiva a chi dice che chi studia Anglistica non guadagnerà mai un soldo?».
Dal tuo punto di vista come insegnante alla University of Maryland (seguendo l’eredità di Verlyn Flieger), come si è evoluta e modificata la ricezione e l’interesse per Tolkien negli anni trascorsi lì, sia tra gli accademici che tra gli studenti? E hai qualche idea su cosa potrebbe riservare il futuro?
«Dalla parte degli studenti, i posti e l’interesse sono rimasti costanti, anche se mi sembra che abbiamo più lettori al primo approccio che “nerd” navigati: Il Signore degli Anelli è un classico che incuriosisce o che vogliono affrontare per la prima volta. C’è davvero un bel numero di professori (Chip Crane, Vessela Valiavitcharska, ecc.) e una storia di studi tolkieniani alla Maryland su cui vorremmo costruire. Con Chip, siamo anche i coordinatori del programma di studio all’estero della UMD su Tolkien a Oxford. Siamo contenti, inoltre, di aver fatto aprire gli studi tolkieniani anche a studenti di altre facoltà tramite crediti formativi. Questo, in un certo senso, onora il lavoro fondamentale di Verlyn all’università, e offre qualcosa di abbastanza unico e aperto a tutte le facoltà. Un sacco di studenti STEM sono affamati di storie…».
Negli ultimi anni c’è stata una spinta enorme per l’adattamento di IP esistenti a film/serie tv. Mi chiedevo se avessi qualche pensiero da condividere su Gli Anelli del Potere, o anche in generale sull’idea dell’adattamento esistente e del potenziale futuro delle opere di Tolkien in film o serie tv.
«Guardo la maggior parte degli adattamenti con interesse e trepidazione. E ho anche giocato ad alcuni videogiochi (che ricerca!), anche se le mie simpatie sono decisamente verso il materiale originale. Ho provato a scrivere un po’ su quella pesante eredità di scrittura nelle “lacune di Tolkien” nell’ultimo capitolo del mio libro del 2021. Però, nulla rispetto a Galadriel che ha nuotato fino alla Terra di Mezzo!».

 

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LINK ESTERNI:
– Vai al sito dell’Università del Maryland
– Vai alla pagina di Peter Grybauskas
– Vai alla pagina del  dipartimento di Inglese con il corso avanzato

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Il Natale con Tolkien: le lettere da Babbo Natale

Lettere Babbo NataleBen cento anni fa, il 23 dicembre 1924, Michael e John Tolkien ricevono una lettera davvero particolare: una calligrafia tremolante in rosso e nero, una firma a forma di stella e un messaggio breve, ma chiaro su chi sia il mittente: Babbo Natale quell’anno non ha molto tempo per scrivere, però manda saluti affettuosi; la slitta lo sta aspettando. Si tratta della terza lettera scritta da Babbo Natale per i figli di J.R.R. Tolkien, la terza di una tradizione iniziata quattro anni prima, nel 1920, che legherà intimamente i bambini al Father Christmas che il padre crea per loro sotto forma epistolare. Le lettere continueranno ad arrivare per più di vent’anni, stimolando l’immaginazione e la fantasia dei piccoli Tolkien. Infatti, quando si creano miti o si lavora su quelli già esistenti, come fa Tolkien con il suo Babbo Natale, intrecciandoli all’infanzia si alimenta una delle abilità imprescindibili per l’essere umano: quella di creare storie. Ma da dove proviene tutto ciò?

Le fonti

George MacDonaldPer tutta la vita, Tolkien ha amato non solo scrivere storie ma soprattutto raccontarle. I primi destinatari dei racconti sono sempre stati i figli, piccoli ascoltatori che hanno assorbito negli anni non solo le storie inventate dal padre ma anche quelle di altri autori. Tanti dei libri che Tolkien possedeva, infatti, sono stati letti a Michael, John, Priscilla e Christopher, come nel caso di George MacDonald e delle sue fiabe. Quest’ultimo autore viene ricordato anche nel saggio “Sulle fiabe” (1947) come uno di quelli che più hanno segnato la capacità immaginativa e poi creativa dello scrittore, che nello stesso saggio afferma di aver letto le storie di MacDonald proprio ai suoi bambini, tra cui una in particolare, La principessa e i goblin (1911). Seppur marginale, questa fonte ci dice moltissimo su ciò che arriverà alle orecchie dei piccoli figli tramite le lettere da Babbo Natale e, successivamente, con Lo Hobbit. Il racconto di MacDonald, infatti, ispira la lettera del 1932 in cui Orso Polare si perde in grotte abitate da perfidi goblin e questi attaccano la dimora di Babbo Natale, per poi essere sconfitti da Orso Polare e dagli Gnomi Rossi.

La mitologia nelle lettere

Lettere di Babbo NataleUna varietà di personaggi fanno la loro comparsa gradualmente nelle Lettere e sembrano comporre una vera e propria mitologia intima e familiare dell’autore. Coloro che abitano il Polo Nord non sono, infatti, introdotti in maniera canonica, ma appaiono piuttosto come protagonisti di una mitologia più ampia e, a un occhio attento, come delle vere e proprie rielaborazioni. Che la mitologia personale di Tolkien creata con il Legendarium influenzi anche opere minori come Le Lettere è stato confermato dallo stesso autore in diverse occasioni (Lee, 2014). Come per il caso dei goblin, le Lettere possono essere considerate una variazione sul tema anche per quanto riguarda lo sviluppo degli Elfi nella loro evoluzione dalle fiabe vittoriane e gli Gnomi de I racconti perduti di Tolkien fino agli Elfi saggi e austeri de Il Signore degli Anelli e il Silmarillion. Composti molto prima delle Lettere da Babbo Natale, I Racconti Perduti influenzano le prime nel profondo tanto quanto le prime poesie scritte dall’autore. Una del 1915, in particolare, “La casa piccina del gioco perduto” sembra ricordare l’atmosfera gioviale del cottage di Babbo Natale e, in una fase successiva, anche quella della casa di Bilbo ne Lo Hobbit.

Una complessa operazione narrativa

Immagine dalle "Lettere di Babbo Natale" di J.R.R. TolkienTuttavia, l’operazione di Tolkien nelle Lettere da Babbo Natale è ancora più complessa. Oltre alla creazione di una mitologia personale e molto intima che dona ai suoi bambini, l’autore rielabora miti già esistenti che provengono dalla sua esperienza culturale e dai suoi studi. Father Christmas, infatti, era una figura già conosciuta in Inghilterra nella prima metà del ventesimo secolo. Si tratta di un personaggio ancora di successo nonostante la popolarità crescente dell’americano Santa Claus, personificazione del Natale nelle isole britanniche dalla sua prima apparizione nel quindicesimo secolo e poi rilanciato durante l’epoca vittoriana. Il Babbo Natale di Tolkien, quindi, accorpa diverse tradizioni che all’inizio del Novecento iniziano a mescolarsi. Tra quella anglosassone su un omone in abiti dorati che ricorda il fantasma del Natale presente di Dickens, quella europea di San Nicola che porta i doni ai bambini e quella americana di Santa Claus vestito di rosso, Tolkien rielabora e si appropria di queste tre figure per plasmarne una propria. Per quanto riguarda, invece, i suoi studi, anche nelle Lettere compaiono quelle lingue da lui a lungo studiate e inventate, che alimentano l’impianto narrativo delle storie dal Polo Nord. Infatti, in una lettera Babbo Natale riporta le iscrizioni dei goblin di cui sopra, un vero e proprio alfabeto pittografico che Orso Polare si ritrova a decifrare. Le Lettere di Babbo Natale - nuova edizioneIn un’altra ancora, sono gli elfi di Babbo Natale a mostrare ai piccoli Tolkien la loro lingua definita “elfica” che ricorda, appunto, il Quenya. In un gioco competitivo, anche Orso Polare decide di mostrare le sue rune ai bambini, un tipo di scrittura non dissimile dalle rune naniche di altre opere tolkieniane.

Ciò che è alla base delle Lettere da Babbo Natale è forse l’elemento più importante che rende quest’opera “minore” di gran spessore. Tolkien riesce a costruire delle fondamenta solide per quella che non si può nemmeno canonicamente chiamare opera letteraria. Infatti, le Lettere non sono state scritte per la pubblicazione ma più come un esercizio letterario intimo e familiare, un regalo di un padre per i propri figli. Nonostante il piccolo obiettivo che si erano poste all’inizio, le Lettere sono l’esempio letterario perfetto di una rielaborazione di miti culturali e world-building che non fanno che sottolineare la capacità immaginativa e creativa del Professore.

 

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Le lingue di Tolkien al Michaelmas Club

Exeter CollegeUn articolo del Telegraph dello scorso 24 giugno riporta una sorprendente scoperta effettuata dal professor Simon Horobin mentre svolgeva alcune ricerche negli archivi del Magdalen College di Oxford per il suo libro C.S. Lewis’s Oxford, uscito a maggio per le edizioni della Bodleian Library. Fra i documenti ospitati dagli archivi del college, dove  C.S. Lewis insegnò fra il 1925 e il 1954, si trovano anche i verbali del Michaelmas Club, fondato nel 1928 e composto da studenti e da alcuni professori, fra cui lo stesso Lewis. L’analisi di questi documenti ha rivelato che, nel giugno del 1930, Tolkien fu invitato, probabilmente dall’amico C.S. Lewis, a parlare di Lingue di propria invenzione. L’importanza di ciò sta nel fatto che, finora, si pensava che Tolkien avesse parlato pubblicamente delle lingue da lui create solo l’anno successivo, quando presentò il suo saggio A Secret Vice (Un Vizio Segreto), presso un club letterario del Pembroke College.

I Verbali del Michaelmas Club

Del contenuto del discorso tenuto da Tolkien al momento si conosce solo quanto riportato nei verbali del Michaelmas Club: «All’ultima riunione del Trinity Term, 1930, le seguenti attività extra-didattiche sono state trattate:

(iii) Il professor Tolkien ha letto un paper sulle lingue di propria invenzione. Percorrendo l’evoluzione di queste attraverso varie forme elementari come “l’Animalico” o il “Nevbosch” (“Nuovo Nonsenso”), ha fornito due filologie altamente sviluppate da lui stesso e ha letto poemi in questo linguaggio. Era un linguaggio dalle caratteristiche labiali parecchio fluide e particolarmente adatto alla poesia. È impossibile riassumere o elencare il contenuto e lo spirito di questo saggio. A chi leggesse questo resoconto potrebbe sembrare solo un brillante passatempo intellettuale, un ulteriore sviluppo dell’odioso cruciverba. Tale impressione non potrebbe essere più sbagliata. Queste filologie complete da lui create si collocano in modo naturale in un sistema mitologico personale. Sfortunatamente molti membri, incluso il segretario, sono stati costretti dalla pressione degli esami ad andarsene prima della discussione, così che non posso scrivere dell’ulteriore approfondimento di questi argomenti sconosciuti che certamente ha avuto luogo».

Questi verbali sono esposti alla mostra C.S. Lewis Words & Worlds fino al 16 settembre 2024 presso l’Old Library del Magdalen College di Oxford. Purtroppo non sappiamo se il saggio presentato da Tolkien al Michaelmas Club sia stato preservato e quanto differisca dal successivo Un Vizio Segreto.

Le parole del Prof. Horobin

È interessante analizzare alcune delle dichiarazioni fatte da Horobin al Telegraph relativamente a questa scoperta; in particolare, sulla possibilità che Lewis e i suoi studenti non esprimessero ammirazione per le invenzioni linguistiche di Tolkien, il professore sostiene: «…penso che l’avrebbe presa molto sul personale. Questo avrebbe potuto rafforzare la sua opinione che esse fossero solo qualcosa di personale. Traeva molto piacere individuale dal suo lavoro e penso che avrebbe continuato a rielaborare le sue lingue. Ma avrebbe potuto non condividerle mai».
“Quest’affermazione, per quanto congetturale, è condivisibile. Lo stesso Tolkien, nella lettera 163 scrive: «Se avessi tenuto conto del mio diletto più che degli stomaci dei potenziali lettori, nel libro ci sarebbe stato molto più elfico».
Horobin afferma inoltre: «…è assolutamente comprensibile che la prima volta che Tolkien scelse di presentare questo saggio profondamente personale fosse di fronte alla persona [N.d.T. Lewis] con cui aveva già iniziato ad aprirsi e a condividere il suo lavoro e il cui incoraggiamento fu determinante per i suoi scritti mitologici».
«Come Tolkien in seguito disse dell’influenza di Lewis sui suoi scritti: ‘Il debito impossibile da ripagare che ho nei suoi confronti non è perché abbia avuto su di me “influenza”, come generalmente la si considera, ma per il puro e semplice incoraggiamento.’ [N.d.T. Lettera 276]».
Pembroke College Oxford«La risposta entusiastica che il saggio di Tolkien ricevette, come scritto nel libro dei verbali del Michaelmas Club, dev’essere stata un fattore importante nell’incoraggiarlo a perseverare nel suo lavoro, del cui valore era molto incerto».
L’importanza di C.S. Lewis nel sostenere Tolkien nella sua attività letteraria è indubbia; ciò nonostante sembra quantomeno azzardato affermare che Tolkien non fosse certo del valore del proprio passatempo linguistico. Piuttosto, come si evince da molte sue lettere (come la precedentemente citata 163), sospettava che il suo vizio segreto potesse non interessare ad altre persone.
L’intervento di Tolkien al Michaelmas Club conferma ancora una volta l’importanza del ruolo giocato dai club letterari nella realizzazione di molte sue opere. Numerosi suoi scritti, infatti, furono letti in quei contesti prima di essere pubblicati; basti pensare alla Caduta di Gondolin, letto nel 1920 all’Exeter College’s Essay Club, al Cacciatore di Draghi che, nel 1938, aveva intrattenuto e divertito i membri della Lovelace Society, o allo stesso Signore degli Anelli, i cui capitoli furono letti agli Inklings da Tolkien e dal figlio Christopher durante la stesura del romanzo.

 

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Resi pubblici alcuni manoscritti di Tolkien

Mostra alla Bodleian LibraryUn tesoro di inestimabili manoscritti e lettere scritti dai J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis è stato generosamente donato al pubblico dominio dalla famiglia di un collezionista privato. Questa mossa significativa è stata orchestrata come parte di un accordo con il governo per eludere le passività fiscali dovute per la successione. Gli oggetti donati contengono bozze di opere famose di entrambi gli autori, corrispondenza personale e altri documenti che forniscono una visione unica del loro processo creativo e della loro amicizia. Questi tesori sono stati protetti attraverso il programma Acceptance in Lieu (AiL).

La collezione di Walter Hooper

C.S. LewisLa collezione di manoscritti e libri di Tolkien e CS Lewis, oltre a oggetti personali di quest’ultimo, apparteneva al critico letterario Walter Hooper (1931-2020). Dopo la morte di Lewis, Hooper assunse il ruolo di suo esecutore letterario e in seguito è stato autore di una fondamentale biografia su di lui (C.S. Lewis. A biography – 1974) e de C.S. Lewis: A Companion and Guide (1996). Nella collezione c’è materiale scritto da Lewis e curato da Hooper che è stato pubblicato dopo la morte di Lewis, inclusi Selected Literary Essays (1969) e Of Other Worlds (1982). Gli oggetti personali appartenenti a Lewis includono la sua scrivania, pipe e un paio di occhiali. Il materiale di Lewis include anche la sua copia personale del Principe Caspian, il raro libro Spirits in Bondage (scritto sotto l’alias “Clive Hamilton”) e un taccuino relativo a Boxen, un mondo immaginario che Lewis creò da bambino, prima di Narnia. Libro: Spirits in bondageLa Commissione giudicante dell’AiL ha considerato i libri, i manoscritti e gli effetti personali, accettati dal patrimonio di Walter Hooper, preminenti secondo il primo, secondo e terzo criterio, in condizioni accettabili e con un giusto valore. I libri e i manoscritti assegnati in modo permanente alla Bodleian Library e i beni personali allo Story Museum di Oxford. Considerato lo stretto collegamento del materiale con Oxford, il Gruppo ha raccomandato che tali desideri di assegnazione fossero subordinati a condizioni. I manoscritti e i libri saranno presto accessibili al pubblico. La collezione, significativa non solo per il suo valore monetario ma anche per la sua importanza culturale, è destinata a fornire a ricercatori e appassionati un accesso senza precedenti alle opere degli scrittori.

I manoscritti di Tolkien

Cover Tom Bombadil 2014La raccolta include una corrispondenza inedita tra CS Lewis e Tolkien, amici e colleghi a Oxford che condividevano interessi comuni in letteratura, mitologia, linguistica e nel mondo accademico. Questi documenti racchiudono la storia di un’amicizia letteraria, offrendo una ulteriore finestra intima sulla loro visione del mondo. I manoscritti di Tolkien si riferiscono a Le Avventure di Tom Bombadil e Futhorc: The Runes usati da Thorin Scudodiquercia. Nello Hobbit, Tolkien infatti usò le rune dell’inglese antico, o Futhorc, per mostrare la scrittura dei Nani sulla mappa di Thrór. Molti lettori furono incuriositi dall’uso delle rune sulla sovraccoperta del libro e sulla Mappa e inviarono domande a Tolkien, chiedendo se fossero reali e se potessero essere lette. Così la prefazione dello Hobbit (edizione del 50° anniversario e successive) spiega l’uso delle rune dell’inglese antico e aiuta il lettore a leggere la mappa (sebbene le traduzioni siano rivelate anche alla fine del capitolo 3).
Per quanto riguarda, invece, i manoscritti de Le Avventure di Tom Bombadil, si tratta di una raccolta di sedici poesie o canzoni pubblicate insieme nel 1962, molte delle quali furono pubblicate per la prima volta negli anni ’20 e ’30, molto prima che Tolkien iniziasse a scrivere Il Signore degli Anelli. Nel 2014 è stata pubblicata un’edizione estesa del volume a cura di Wayne G. Hammond e Christina Scull. Oltre le sedici poesie pubblicate nel 1962, insieme ai disegni originali di Pauline Baynes, questa nuova edizione include anche versioni precedenti delle poesie, laddove esistono versioni precedenti (come scritto, alcune di queste sono state pubblicate su riviste e giornali che ora sono difficili da trovare) e contiene una poesia con “Tom Bombadil”, Once upon a time (in Italia pubblicata in C’era una volta Lo Hobbit). Inoltre, dal manoscritto di Tolkien è stato tratto il predecessore della poesia Perry-the-Winkle (Pierino il goloso), intitolato The Bumpus, e il frammento di una storia in prosa con Tom Bombadil, nei giorni di “Re Bonhedig”.
Tutti questi materiali saranno esposti al pubblico per la prima volta allo Ashmolean Story Museum e alla Bodleian Library di Oxford nel 2024, secondo quanto affermato da Richard Ovenden, bibliotecario di Bodleian Library dell’Università di Oxford.

 

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LINK ESTERNI:
– Vai al sito di Bibliothèque Nationale de France

All’asta la prima poesia di Tolkien pubblicata

Asta da Richard Winterton per una lettera di TolkienIl 18 luglio si concluderà la vendita di Libri, Manoscritti e Musica dal Medioevo alla Modernità della celebre casa d’aste Sotheby’s di Londra. In quell’occasione verrà bandita una copia del volume Oxford Poetry 1915, che rappresenta non solo una perla per collezionisti, ma anche un bellissimo esempio di “all star team” in un unico volume. Tra talenti in erba del calibro di Dorothy L. Sayers, Aldous Huxley e Naomi Mitchison, primus inter pares, compare anche un ventitreenne J.R.R. Tolkien, con la sua poesia Goblin Feet.

Il volume all’asta

Sayers poetryOxford Poetry è la più celebre rivista letteraria annuale con sede a Oxford, fondata nel 1910 da Basil Blackwell, e ha avuto tra i suoi redattori, oltre ai già citati Sayers e Huxley, anche poeti e scrittori del calibro di Robert Graves, Vera Brittain, Kingsley Amis, e molti altri pezzi da novanta della letteratura britannica del Novecento. Il volume del 1915 è nel suo involucro originale con la firma autografa di Sayers e le sue correzioni al proprio contributo alla breve raccolta, una poesia intitolata Lay, scritta durante il suo ultimo anno di studi all’Università di Oxford. La stima è di 1.800-2.600 sterline.
Il libro, oltre alla prima apparizione a stampa di Aldous Huxley, contiene i versi di Naomi Mitchison, che in seguito divenne non solo una celebre autrice di romanzi storici e fantasy, ma anche tra le prime estimatrici delle opere di Tolkien. Fu infatti lettrice in anteprima del Signore degli Anelli, quando la George Allen & Unwin le inviò le bozze. Celebre è la sua recensione del romanzo apparsa sul New Statesman nel 1954, e la corrispondenza epistolare che intrattenne con Tolkien in quel periodo.

Goblin Feet

Goblin FeetIl contributo di Tolkien all’annuario, Goblin Feet, è una poesia scritta il 27-28 aprile 1915 per Edith Bratt, sua futura moglie, pubblicata per la prima volta proprio in Oxford Poetry, 1915. È quanto di più vicino possibile alla rappresentazione vittoriana delle fate si possa immaginare nelle opere di Tolkien: Edith aveva espresso la sua simpatia per «la primavera, i fiori e gli alberi, e i piccoli elfi» e la poesia con i suoi riferimenti alle «piccole corna dei folletti incantati… i loro piedini felici» rispecchia queste preferenze. Fu composta negli stessi giorni di You and Me / and the Cottage of Lost Play (Io e te e la Casetta dei Giochi Perduti) nel Libro dei Racconti Perduti vol. I. Chiaramente, la poesia ha lasciato un segno indelebile. È stata ristampata in almeno sette antologie nell’arco di quattro decenni e forse alcune altre che si sono perse. Fatte le dovute proporzioni, “Goblin Feet” è quindi stata un successo di Tolkien prima della sua ascesa nella letteratura per ragazzi dal 1937 con Lo Hobbit. Tuttavia, oggi non è di facile reperibilità: nella Biografia, Carpenter ne cita solo la prima parte e la poesia non è mai stata ristampata per intero se non nello Hobbit Annotato (LH IV n. 10). Così, essa viene riprodotta qui di seguito, mentre una traduzione completa in italiano è fornita in C’era una volta… Lo Hobbit (Marietti 2012, pp.60-61):

I am off down the road
Where the fairy lanterns glowed
And the little pretty flitter-mice are flying
A slender band of gray
It runs creepily away
And the hedges and the grasses are a-sighing.
The air is full of wings,
And of blundery beetle-things
That warn you with their whirring and their humming.
O! I hear the tiny horns
Of enchanted leprechauns
And the padded feet of many gnomes a-coming!

O! the lights! O! the gleams! O! the little twinkly sounds!
O! the rustle of their noiseless little robes!
O! the echo of their feet – of their happy little feet!
O! the swinging lamps in the starlit globes.

I must follow in their train
Down the crooked fairy lane
Where the coney-rabbits long ago have gone.
And where silvery they sing
In a moving moonlit ring
All a twinkle with the jewels they have on.
They are fading round the turn
Where the glow worms palely burn
And the echo of their padding feet is dying!
O! it’s knocking at my heart-
Let me go! O! let me start!
For the little magic hours are all a-flying.

O! the warmth! O! the hum! O! the colours in the dark!
O! the gauzy wings of golden honey-flies!
O! the music of their feet – of their dancing goblin feet!
O! the magic! O! the sorrow when it dies.

Christopher Tolkien, nel Libro dei Racconti Perduti vol. I, riferisce che il padre disse: «Vorrei che quella piccola cosa infelice, che rappresenta tutto ciò che sono arrivato (così presto) a disprezzare ardentemente, potesse essere sepolta per sempre». Questa abiura dei propri albori poetici fu dovuta evidentemente alla cesura percettiva ed esistenziale rappresentata dalla partecipazione alla Prima guerra mondiale. Tolkien partì per la Francia imbevuto di letteratura vittoriana ed edoardiana – e in particolare di quella rilettura bucolica e incantata del mondo fatato che si era affermata a cavallo tra XIX e XX secolo – e tornò dal massacro della Somme con il rigetto per le fatine gentili e scampanellanti. Da quella cesura nacquero la sua nuova prosa e poesia fantastica. Ecco quindi che leggere Goblin Feet, una poesia scandita dal battere dei piedini danzanti dei Goblin, e poi leggere il capitolo dello Hobbit ambientato nelle grotte dei Goblin, dove il rumore dei piedi strascicati si mescola a quello delle catene, dà la precisa misura di quella trasformazione poetica.
Illustrazione goblin feetVerlyn Flieger ha trattato questo argomento al convegno del 2015 patrocinato dall’AIST “La generazione perduta: J.R.R. Tolkien e l’esperienza degli autori inglesi nel primo conflitto mondiale”: «Dal punto di vista artistico, questo passaggio dal fatato al realistico non fu una transizione inusuale per quel tempo. Gli storici della letteratura hanno già rilevato la trasformazione della narrativa prima e dopo la Grande guerra, da J.M. Barrie, H.H. Munro, Lord Dunsany e Max Beebholm, a Ford Madox Ford, Erich Maria Remarque e Ernest Hemingway. Quello che è interessante di Tolkien è che scrisse da entrambi i lati della cesura. Iniziò con il ‘piccolo popolo’ in una ‘piccola’ casetta tintinnante di campanelle elfiche, piena di bambini e di ‘gioiose aspettative’. Tornato dalla guerra nel 1917, mantenne le creature fantastiche, ma cambiò completamente il loro mondo. Non soltanto tramite il passaggio dalla poesia alla prosa, ma soprattutto con il passaggio dalla nostalgia al presente, dalle finestre keatsiane sul magico al qui e ora, dalle barche fatate, gli allegri marinai, le torri perlacee e i giochi perduti, alla Caduta di Gondolin, alle macchine da guerra e agli strumenti di morte sul campo di battaglia. […] La Prima guerra mondiale mise muscoli e tendini nel mondo fantastico di Tolkien. Ciò che emerse dopo la guerra fu una sorprendente combinazione di vecchio e nuovo». (V. Flieger, “Faërie and War: How Experience Changes Art”, in AA.VV., La generazione perduta, a cura di S. Giorgianni, Del Miglio, 2017, p. 160-161).
Goblin Feet, la poesia rinnegata da Tolkien, è quindi un importante termine di paragone nel percorso di questo originale autore, che si formò in un mondo e sviluppò la sua prosa in un altro, quest’ultimo completamente stravolto dal trauma insormontabile della Grande guerra, che fu anche una formidabile matrice letteraria.

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Il Silmarillion, scoperto un manoscritto inedito

Asta Heritage Auctions È stato ritrovato un importante manoscritto di Tolkien, di cui si sapeva pochissimo e i cui contenuti erano solo stati descritti in maniera sommaria. E un grosso contributo al ritrovamento è stato dato anche dall’AIST. Il manoscritto ha il titolo di Concerning … ‘The Hoard’, era stato visto solo per un’asta negli anni Ottanta, e che potrebbe cambiare la visione che si ha di un capitolo del Silmarillion e del popolo dei Nani della Terra di Mezzo. Ma è meglio cominciare dal principio!

La composizione de Il Silmarillion

Copertina del SilmarillionAlla morte di J.R.R. Tolkien, il figlio Christopher si prese la responsabilità di proseguirne l’opera, giungendo a pubblicare nel 1977 la sua grande incompiuta, Il Silmarillion. Già dall’inizio aveva dovuto mettere in fila l’immensa mole di manoscritti inediti, cercando una coerenza quasi impossibile da raggiungere. Ma già all’epoca, Christopher era consapevole di quale tipo di operazione stava facendo e in maniera intellettualmente onesta, così scrisse nell’introduzione al Silmarillion: «… Mi è risultato evidente che lo sforzo inteso a presentare, in un unico volume, materiali così disparati – di offrire Il Silmarillion quale è in realtà, un atto di creazione continua, la cui evoluzione è durata oltre mezzo secolo — non avrebbe che ingenerato confusione, obnubilando quanto vi è di essenziale. Ragion per cui mi sono accinto a elaborare un testo unico, scegliendo e ordinando i materiali in modo tale da attribuire loro l’aspetto di una narrazione più coerente e priva di contraddizioni…». E poi ancora: «Il lettore non si aspetti di trovare un’assoluta coerenza (né nell’ambito del Il Silmarillion stesso, né tra questo e altri scritti di mio padre dati alle stampe), che del resto potrebbe essere raggiunta, semmai, soltanto a prezzo assai caro e oltretutto inutile».
Fu un lavoro notevole realizzato in pochi anni (1973-77) e il risultato è stato dare ai lettori la terza grande opera di Tolkien, quella che è alla base delle altre due e si pone come sfondo mitologico ed epico di tutta la Terra di Mezzo. Il volume è ottimo, ma già da tempo la critica accademica ha mostrato quanto Il Silmarillion in realtà sia in gran parte frutto di scelte fatte dallo stesso Christopher: tagli pesanti di personaggi (specie delle figure femminili), delle titolazioni dei capitoli, degli annali, e esclusione di intere parti che invece dovevano far parte (secondo Tolkien) de Il Silmarillion (la storia-cornice del marinaio Eriol, la storia di Earendil, un finale troppo frettoloso e senza la Dagor Dagorath). Infatti, salvo qualche accenno qua e là, Christopher per lo più non mostra il passaggio finale: la sua creazione effettiva dell’opera pubblicata, con l’assistenza di Guy Gavriel Kay (che allora era uno studente laureato, ma sarebbe poi diventato un autore fantasy di successo a pieno titolo). Lo stesso Christopher ammette il suo errore: «L’opera pubblicata non ha “cornice”, né suggerimenti sulla propria natura e su come sia venuta a crearsi (entro il mondo immaginato). Ora penso che questo sia stato un errore» (Il libro dei Racconti perduti, Vol.1, p.11).
Quindi, come spiega Christopher nella Prefazione a The War of Jewels [WotJ] (il secondo dei due volumi della Storia della Terra di Mezzo che copre il “Silmarillion successivo”), «l’opera pubblicata non è comunque un completamento, ma una costruzione concepita con i materiali esistenti. Nuovi materiali sono ora messi a disposizione […] e con essi diventa possibile una critica al Silmarillion “costruito”» (WotJ X).
Molte delle differenze tra Il Silmarillion rielaborato da Christopher e la History non sarebbero esistite se – afferma Christopher – egli fosse venuto prima a conoscenza dell’esistenza di questi scritti.

Il manoscritto ritrovato

Ted_Nasmith_-_The_NauglamirIn uno dei capitoli finali del Quenta Silmarillion, il XX “Della rovina del Doriath”, non più toccato dall’inizio degli anni ’30, Christopher dovette costruire una narrazione praticamente partendo da zero (The War of Jewels, parte 3, cap. 5 “Il racconto degli anni”). È a questo livello che si può ora contestualizzare la scoperta del manoscritto Concerning … ‘The Hoard’ che tratta proprio degli argomenti della rovina del Doriath. Si tratta di un manoscritto di J.R.R. Tolkien, allegato da lui in una lettera a Eileen Elgar del 1964 (insieme alla tabella Kinship of the Half-elven). Il manoscritto, composto da nove pagine, fornisce uno schema de Il Silmarillion collegandolo alla sua poesia ‘The Hoard’ (Il Tesoro). Tolkien aveva risposto a una missiva in cui Elgar aveva fatto diverse osservazioni sulla poesia, pubblicata ne Le Avventure di Tom Bombadil nel 1962. L’argomento della poesia è l’avidità: un vecchio tesoro elfico viene preso da un nano, un drago e un uomo. Ognuno di loro è consumato dall’avidità di possedere il tesoro finché a sua volta non viene ucciso e anche il proprietario successivo viene consumato dall’avidità finché non è ucciso a sua volta. La storia riecheggia eventi della Prima Era della Terra di Mezzo, in particolare la storia di Túrin Turambar, Glaurung e Mîm nel Nargothrond. Tolkien risponde nella lettera: «… ‘The Hoard’ pretende di raccontare in breve la storia di uno dei “tesoreggiamenti” della leggenda. […]». Infatti, il testo contiene diversi ammonimenti: «I Silmaril erano diventati per Fëanor, simboli e strumenti di potere: si definiva “Il Signore delle Luci”»; «i Figli dei Valar aiutati dai resti degli Elfi e dei Dúnedain (o Uomini dell’alleanza elfica), sconfissero il Signore Oscuro in quella che fu chiamata l’“Ultima battaglia”».
Presumibilmente Tolkien non fece una copia di questo manoscritto, e per il resto non lasciò traccia nelle sue carte per assistere Christopher nel suo lavoro su Il Silmarillion. L’esistenza stessa di questo manoscritto era sconosciuta almeno finché un suo estratto non è apparso in Sotheby’s English Literature and English History, il 6-7 dicembre 1984. Le uniche informazioni disponibili erano quelle disponibili sul catalogo e riprodotte su Beyond Bree nel maggio 1985 : il manoscritto era stato venduto per circa duemila sterline a un non meglio identificato “Chris J Sawyer”, presumibilmente un libraio. Scrivendo del manoscritto, Wayne G. Hammond e Christina Scull avevano commentato che quest’ultima esaminò il manoscritto in uno dei giorni di visione prima dell’asta da Sotheby’s, e scoprì che «fornisce qualche indicazione dei pensieri attuali di Tolkien su alcune parti del Silmarillion». Aveva appena letto The Book of Lost Tales, Part Two (pubblicato il 16 agosto 1984) e l’aveva recensito per Beyond Bree, quindi quel testo le era ben presente; e in relazione a esso, aveva notato gli sviluppi di Tolkien dai Racconti Perduti così come le differenze dal Silmarillion pubblicato. Per quanto riguarda la rovina del Doriath, la storia raccontata nel manoscritto del 1964 è in realtà più vicina alla Quenta Noldorinwa (non pubblicata fino al 1986) che a quella The Nauglafring in The Book of Lost Tales, ma differisce per alcuni aspetti da qualsiasi versione pubblicata: ad esempio, prima di iniziare a lavorare sul tesoro, i Nani accettano il pagamento di un decimo dei metalli grezzi. Thingol, tuttavia, è ancora ucciso fuori Menegroth, con Tolkien che fornisce due possibili ragioni per cui i Nani sono stati in grado di passare la Cintura di Melian.
NauglamirChristopher Tolkien nei “Vagabondaggi di Húrin”, scritto della fine degli anni ’50 e uno dei capitoli più interessanti della “Guerra dei Gioielli” e di tutta la Storia della Terra di Mezzo, scriveva: «Mio padre non tornò mai più a raccontare gli ulteriori vagabondaggi di Húrin. Siamo arrivati qui al punto più lontano della narrazione dei Giorni Antichi che raggiunse con il suo lavoro sul Silmarillion, a seguito della Seconda Guerra Mondiale e de Il Signore degli Anelli». «Per la storia della Nauglamir e la distruzione del Doriath, la caduta di Gondolin e l’attacco ai Rifugi, dobbiamo tornare a più di un quarto di secolo prima alla Quenta Noldorinwa o prima». Nel 1990 Christopher era quindi convinto nessuno scritto del padre successivo alla Quenta Noldorinwa, scritta negli anni 30, raccontasse la storia di come la collana dei Nani e la maledizione del drago, portarono alla Caduta del Doriath.

Un cambio di prospettiva

Con le poche informazioni dell’asta del 1984, durante le vacanze di Natale 2021, un socio AIST – Valerio Merenda – si è messo alla ricerca di Chris J. Sawyer per poi scoprire che si trattava del proprietario della libreria antiquaria Chas J Sawyer, che nel 1984 era a Londra e si trasferì nel Kent, nel 1986. Qualche mese dopo, a febbraio 2022, queste ricerche lo hanno portato a contattare la biblioteca Grolier Club’s librarian che gentilmente ha fornito i registri di vendita della libreria antiquaria e a sorpresa si è potuto sapere per certo che il manoscritto era stato acquistato da una famosa libreria antiquaria di Santa Barbara: Maurice F. Neville – Rare Books. Purtroppo Maurice F. Neville chiuse nel 1987 e la maggior parte dei suoi libri fu messa all’asta negli anni proprio da Sotheby’s. Grazie all’aiuto di Jeremy Edmonds di TolkienGuide e poi anche Pieter Collier, si è riusciti a contattare lo stesso Neville, che ha rivelato di aver comprato il manoscritto per un cliente privato. Sempre a febbraio Collier è riuscito a contattare l’acquirente (che sfortunatamente è poi morto un paio di settimane dopo). Collier stava per acquistare il documento, ma esso fa parte di un fondo e con la sua morte, questa eredità è finita direttamente all’asta. I legali della famiglia si sono rifiutati di toglierlo dal fondo che alla fine andrà in vendita su Heritage Auctions, che ha deciso, per la felicità di tutti i lettori del professore, di rendere disponibile le scansioni ad alta risoluzione di questo manoscritto in rete.
AuthorIl ritrovamento di questo splendido manoscritto è fondamentale perché se Christopher lo avesse avuto in mano durante la stesura de Il Silmarillion, avrebbe modificato radicalmente il capitolo “Sulla Caduta del Doriath”. Questo capitolo, come ci mostra in modo dettagliato Arda Reconstructed, è quello che si discosta maggiormente dai manoscritti originali di Tolkien (per ragioni all’epoca validissime). Lo stesso Christopher ne spiega i motivi in The War of Jewels: «Questa storia non è stata concepita alla leggera o facilmente, ma è stato il risultato di una lunga sperimentazione tra concezioni alternative. In questo lavoro Guy Kay ha avuto un ruolo importante e il capitolo che ho finalmente scritto deve molto alle mie discussioni con lui. È, ed era, ovvio che si stava compiendo un passo di un ordine diverso da qualsiasi altra “manipolazione” della scrittura di mio padre nel corso del libro… Sembrava a quel tempo che ci fossero elementi inerenti alla storia della Rovina del Doriath così com’era che erano radicalmente incompatibili con Il Silmarillion come previsto, e che qui ci fosse una scelta inevitabile: o abbandonare quella concezione oppure alterare la storia. Penso ora che questa fosse una visione errata, e che le indubbie difficoltà avrebbero potuto, e avrebbero dovuto essere, superate senza oltrepassare così tanto i limiti della funzione editoriale».
E ancora successivamente: «Nel Silmarillion pubblicato ho escluso La storia dei briganti e del Tesoro del drago… Inserirla, come mi sembrava, avrebbe comportato una riduzione enorme, anzi un’intera rivisitazione di un genere che non volevo intraprendere; e poiché la storia è intricata, temevo che ciò avrebbe prodotto un fitto groviglio di affermazioni narrative senza tutte le sottigliezze, e soprattutto che avrebbe sminuito la spaventosa figura del vecchio, il grande eroe, Thalion l’Incrollabile, portando ancora più lontano gli scopi di Morgoth, come era destinato a fare. Ma mi sembra ora, molti anni dopo, un’eccessiva manomissione del pensiero e delle intenzioni effettive di mio padre: sollevando così la questione se si sarebbe dovuto intraprendere il tentativo di fare un Silmarillion “unificato”».
La storia degli anni ’30, così come concepita da Tolkien non dava alcuna giustificazione sul come l’esercito dei Nani avesse potuto superare la cintura di Melian. La soluzione scelta da Christopher fu quella di abbandonare la versione del tesoro maledetto portato dai fuorilegge nel Doriath e di semplificarla facendo portare da Hùrin una collana forgiata per Finrod Felagund, facendo morire Thingol da solo ucciso dai Nani incaricati di unire la collana al Silmaril e facendo arrivare l’esercito dei Nani solo successivamente.
La storia raccontataci da Tolkien in Concerning … ‘The Hoard’ è molto più vicina a quella degli anni 30, ma ci fornisce un motivo molto semplice per il non funzionamento della Cintura: «Tornati nelle loro roccaforti sulle montagne, complottarono vendetta, e non molto tempo dopo scesero con un grande esercito e invasero il Doriath. Questo prima era stato impossibile, a causa della Cintura di Melian, un recinto invisibile mantenuto dal suo potere e dalla sua volontà, attraverso il quale nessuno con intenzioni malevoli sarebbe potuto passare. Ma o questo recinto era stato derubato del suo potere dal male interiore, o Melian lo aveva rimosso per il dolore e l’orrore per le azioni che erano state compiute. L’esercito dei Nani entrò nel Doriath e la maggior parte dei guerrieri di Thingol morirono. Le sue sale furono violate e lui stesso ucciso».
Tutto questo Christopher non poteva sapere nel ’77, ma se avesse avuto il documento avrebbe cambiato un intero capitolo del Silmarillion
Quindi, se si avesse avuta traccia molto prima di Concerning … ‘The Hoard’, l’unico errore dichiarato come tale da Christopher nel Silmarillion sarebbe stato corretto e ci sarebbero state frasi come questa: «A difesa dell’onestà dei Nani, tuttavia, si può dire che nulla fu sottratto da tutti i suoi tesori tranne il tesoro di Nargothrond».
Per la cronaca, l’asta si svolgerà a Dallas il 16 luglio presso Heritage Auctions e la base da cui si parte per le offerte è di 15mila dollari. Il lotto include la rara tabella genealogica intitolata “La parentela dei mezzelfi” (Kinship of the Half-elven), la lettera firmata alla signora Eileen Elgar nella trasmissione del manoscritto, e il manoscritto stesso. [Aggiornamento: l’intero lotto è stato poi comprato da un privato anonimo per 150mila dollari il 16 luglio 2022].

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Per la Tolkien Estate un sito con 12 foto e disegni inediti

Sito web Tolkien EstateA quasi 50 anni dalla morte spuntano ancora nuove fotografie e dipinti inediti di J.R.R. Tolkien. Ma stavolta l’operazione è per così dire “ufficiale” perché tutto avviene in famiglia. La Tolkien Estate, ente che tutela la memoria e le opere dell’autore de Il Signore degli Anelli ha rinnovato il suo sito web ufficiale, aggiungendovi per l’occasione tanto nuovo materiale, incluse bozze di manoscritti e lettere e sezioni sulla calligrafia di Tolkien e una linea temporale della sua vita. Tra il nuovo materiale ci sono anche registrazioni audio e videoclip con Tolkien e Christopher, il figlio terzogenito ed erede letterario delle sue opere.

Esplorando il sito web

Sito web vecchio Tolkien EstateLa Tolkien Estate – l’ente giuridico che gestisce e cura i diritti di pubblicazione e sfruttamento degli scritti di Tolkien – si è dotata in un proprio sito ufficiale soltanto pochi anni fa. Il sito apparve il 4 novembre 2006, al momento dell’annuncio di un nuovo volume di Tolkien, I Figli di Húrin, libro poi pubblicato 17 aprile 2007. Pensato per quell’occasione, il sito web inizialmente risentiva della novità editoriale dell’ultimo inedito di Tolkien, cui tutto il sito web era dedicato. Tutto girava intorno al volume I Figli di Húrin, e c’era anche le pagina delle Faq. Alla Tolkien Estate erano dedicate appena due pagine del sito e nessun altra opera dello scrittore era nominata. Il sito web rimase così fino al 9 marzo 2009, quando in vista dell’uscita de La Leggenda di Sigurd and Gudrún (pubblicato poi il 5 maggio 2009), si trasformò in versione temporanea della sito ufficiale della Tolkien Estate. A dirla tutta, il sito aveva cambiato poco, con una maggiore presenza dedicata all’ente giuridico e le pagine promozionali sull’inedito del momento, mentre rimaneva la preponderanza delle pagine dedicate a I Figli di Húrin. Una frase nella Home Page avvertiva che «il sito web completo sarà tradotto in francese e spagnolo, speriamo che questo possa essere utile ad alcuni dei tanti lettori di Tolkien non anglofoni». Il sito web rimase in modalità provvisoria per anni, aggiungendo solo le nuove pubblicazioni, come La Caduta di Artù (2013) e la traduzione del Beowulf (2014). Bisognerà attendere il 25 marzo 2015 per vedere la versione completa e in tre lingue del sito web ufficiale, con una grafica rinnovata e moltissime nuove pagine, una struttura coerente e funzionale, oltre a tanto materiale inedito. Diviso in quattro grandi macro-aree (Scrivere, Apprendimento, Pittura, Percorsi), il sito permetteva di navigare nella vita dello scrittore, nelle sue opere e tra i maggiori studi a lui dedicati, aprendo un’ampia sezione sulle sue opere artistiche: dalle illustrazioni alle mappe, dai disegni e bozzetti alla calligrafia, con una selezione di fotografie della famiglia.

Una nuova veste grafica

Sito web Tolkien EstateLa versione attuale del sito web, prima annunciata e poi rilasciata il 26 febbraio 2020, precisamente alle 00.01 GMT, si è adeguata ai tempi per così dire. Una nuova veste grafica, infatti, ora accoglie tutte le pagine, con la maggior parte del materiale precedente razionalizzato meglio pur rimanendo lo stesso. Al posto delle quattro macro-sezioni, c’è una divisione più canonica Scrivere (il vecchio Scrivere) con le opere letterarie messe in maniera più chiara o Pittura (il vecchio Pittura) in cui le tipologie sono distinte nettamente in tre: illustrazioni, mappe e calligrafia. Secondo una dichiarazione inviataci via e-mail, il sito contiene 12 oggetti inediti, inclusi i dipinti di Tolkien di fiori e uccelli esotici, una bozza di manoscritto di The Homecoming of Beorhtnoth Beorhthelm ‘s Son (1953) e fotografie dell’autore e della sua famiglia. Seppur le illustrazioni sono meno del precedente sito, le mappe sono ben 11, 6 in più, mentre la calligrafia presenta una versione rara del Racconto di Turin in alfabeto rumiliano. Le sezioni Studi, Lettere e Vita non fanno altro che ricalcare parti precedenti, ma in maniera più chiara, come scritto. Tra gli inediti pubblicati ora, si trova l’immagine di una pagina di un manoscritto inedito de Il Ritorno di Beorhtnoth, figlio di Beorhthelm (nella timeline), sei dipinti sia di ambientazione immaginaria sia reale, e cinque fotografie, con scatti mai visti prima di Tolkien e della sua famiglia. Completamente nuova è la sezione Audio-visivi, che raccolgono due documentari su Tolkien (1968 e 1992), due interviste audio (1964 e 1965) e ben 9 letture di brani fatte dallo stesso Tolkien, tutte cose già note e reperibili in rete, ma qui meglio organizzate. Nella sezione Lettere, ben 8 su 13 sono nuove, anche se già tutte inserite nel volume omonimo Lettere 1917-1973.
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Regole più strette

Tolkien EstateMa con il sito sono arrivate le linee guida sulle domande frequenti (FAQ). La Tolkien Estate ha tenuto a ribadire la proprietà intellettuale legata all’opera: il copyright non deve essere violato, pena aveva subire l’ira legale dei detentori dei diritti. Quindi, bisogna ricordare che i lavori derivati ​​senza permesso non sono ammessi. Ad oggi, afferma sul sito la Tolkien Estate, che la sua missione e dovere è «proteggere l’integrità degli scritti e delle opere d’arte originali di Tolkien e prende molto sul serio il diritto d’autore». Ciò significa che non puoi copiare alcuna parte degli scritti o delle immagini di Tolkien o creare materiale che faccia riferimento a personaggi, storie, luoghi, eventi o altro materiale contenuto in una qualsiasi delle sue opere». Per quanto riguarda chi vorrebbe creare una fanzine su Tolkien, attenzione quindi: Tolkien è ormai un marchio protetto, il cui utilizzo è semplicemente vietato. Pena di essere contattato tempestivamente dai legali degli eredi.

 

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Tolkien Studies: nel 2022 la Cronologia di ISdA

Cop-Tolkien Studies 2La prestigiosa rivista Tolkien Studies ha annunciato il suo primo supplemento in assoluto: A Chronology of The Lord of the Rings. L’annuncio è giunto, come di consueto, sul blog di David Bratman, che insieme a Michael D.C. Drout e Verlyn Flieger, dirige la rivista accademica che da anni guida gli studi relativi alle opere di J.R.R. Tolkien. Come sempre da qualche anno, la pubblicazione della rivista Tolkien Studies: A Scholarly Annual Review, edita dalla West Virginia University Press avviene in duplice formato: cartaceo con copertina flessibile e sul sito Project MUSE.

L’annuncio di Bratman

David BratmanEcco l’annuncio per esteso. «A nome dei miei co-editori, Michael D.C. Drout e Verlyn Flieger, e me stesso, desidero annunciare uno speciale numero supplementare al vol. 19 della rivista Tolkien Studies. Il materiale per questo numero speciale è ora nelle mani del nostro editore, West Virginia University Press, e il volume dovrebbe essere pubblicato in copertina morbida e online su Project MUSE nella primavera del 2022. Il contenuto di questo numero è costituito da un documento, insolitamente grande sia per dimensioni che per importanza: Tolkien Studies n.19La cronologia de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, a cura, con introduzione, note e commenti, di William Cloud Hicklin. Insieme a questo documento ci sarà una prefazione di William Fliss e un’introduzione speciale degli editori». Fliss, tra l’altro, ha già trattato questa vicenda in un suo saggio su Mythlore. Si tratta quindi della pubblicazione completa del manoscritto che Christopher Tolkien aveva etichettato come MSS-4 (Time Schemes e Synoptic Time-Scheme and related mss.) conservati alla Markette University (precisamente il Marquette MSS 4/2/18) e che Wayne Hammond e Christina Scull chiamano “Scheme”. È questo il lavoro da cui Hammond e Scull hanno attinto ampiamente per scrivere il loro The Lord of the Rings: A Reader’s Companion con interessanti frammenti di trama supplementare. In The Hunt for the Ring: Time Scheme, ad esempio, i due studiosi rivelano l’informazione che Gollum è stato catturato e fuggito dagli orchi vicino a Lórien e che Sauron fece uccidere Shagrat dopo aver ricevuto la notizia di un prigioniero fuggito dalla torre di Cirith Ungol.

La Cronologia del Signore degli Anelli

Pag. 6 della ChronologyDurante la stesura de Il Signore degli Anelli, Tolkien scoprì che per mantenere sincronizzati tutti i movimenti dei suoi personaggi – sempre con scrupolosa attenzione alle distanze percorse – doveva elaborare uno schema temporale “sinottico”. Questo è un documento affascinante, mai pubblicato prima. William Cloud Hicklin ha dato nuovi dettagli: «[Tolkien] iniziò con schemi temporali lineari, cioè elencando tutti gli eventi di ogni giorno in una singola sequenza. Man mano che la storia cresceva nella complessità narrativa, tuttavia, queste si rivelarono inadeguate e quindi, quando iniziò quello che oggi è il Libro V nell’ottobre 1944, le discrepanze cronologiche che si erano insinuate nel testo lo portarono a creare uno schema temporale in colonne parallele, permettendogli di giorno dopo giorno per seguire le azioni dei suoi vari gruppi di personaggi. Questa prima cronologia “sinottica”, che Christopher Tolkien designò S, si esaurì quando il Libro V si sviluppò nel 1946 e fu sostituita da un’altra, che chiamerò S2. S2 rimase la cronologia di lavoro almeno fino all’aprile 1948 (c’è una nota datata) e quasi certamente fino a dopo il completamento della storia quell’estate, anche se lo schema temporale stesso si interrompe dopo la battaglia del Pelennor. S2 servì quindi da veicolo per la conversione di Tolkien del calendario, che era stato il gregoriano durante la stesura del libro, al nuovo calcolo della Contea. La cronologia finale, S3, fu il terzo e ultimo di questi schemi “sinottici”, scritto molto probabilmente verso la fine della prima fase di lavoro sulle Appendici intorno al 1949-50, e sicuramente dopo che la prima stesura del racconto era stata completata. Anche in quel momento la cronologia non era stata stabilita, e Tolkien modificò le cose con sua soddisfazione sia nella creazione, sia nelle successive correzioni, di S3 che a loro volta portarono a revisioni nel testo.
Chronology 02Ciascuno dei tre schemi temporali sinottici può essere associato a un grande sconvolgimento cronologico: S con gli adeguamenti richiesti nell’ottobre 1944; S2 con l’aggiunta di un mese trascorso mentre la Compagnia era a Lórien; e S3con il rinvio da parte di Tolkien della Battaglia del Pelennor e la conseguente rielaborazione di tutti i tanti fili convergenti su Minas Tirith. Un ulteriore grande sconvolgimento, portato a termine da correzioni a S2 e incarnato in S3, fu la conversione del calendario in calcolo della Contea. Il risultato finale è stato il testo pubblicato de Il Signore degli Anelli e una cronologia coerente in tutti i punti, salvo qualche piccola svista, con l’Appendice B, “La storia degli anni”. S3 è il precursore della sezione molto compressa “I Grandi Anni” dell’Appendice B; le date e gli eventi (quasi) del tutto concordano con esso e in effetti molte delle voci pubblicate si leggono come se fossero state abbreviate direttamente da quelle qui riportate. Sebbene quasi certamente debba esserci stato uno stadio intermedio, nessuno dei testi sopravvissuti di “The Tale of Years” ha una sezione paragonabile a “The Great Years”, solo voci annalistiche per il 3018 e il 3019, e se tale stadio intermedio esistesse ora è perduto.
La pronta disponibilità dell’Appendice B non rende questa Cronologia una semplice bozza o curiosità! S3 si può dire che rappresenti, nonostante il suo modo laconico, il resoconto più completo di Tolkien degli incidenti del grande racconto, non solo quelli narrati nella narrazione ma anche quelli che traspaiono fuori scena. Era inteso come una versione finale: “canonica”, per chi ama il termine. Contiene moltissime informazioni non presenti nelle Appendici che sono di notevole interesse; questo è particolarmente vero per quanto riguarda le azioni e le motivazioni che si verificano per la maggior parte sullo sfondo durante Il Signore degli Anelli. […]
Chronology 03Hicklin continua in un altro messaggio: «Questo fatto penso sia importante per comprenderne la natura: non è un documento “di lavoro”, in cui possiamo vederlo sviluppare le sue idee come con le bozze nella HoME, ma più nella natura di un documento “di riferimento” come le Appendici, facendo parte della stessa esigenza, anche se non credo fosse destinato alla pubblicazione, piuttosto come base per il materiale pubblicato.
Le prime due pagine (un foglio), scritte su carta a righe da 13 pollici nel modo normale, sono uno schema temporale lineare della storia da Hobbiton all’ingresso in Lorien. I successivi sei (tre fogli) usano la stessa carta ma sono orientati al paesaggio e divisi in colonne per le dramatis personae (queste cambiano costantemente secondo necessità), con una riga per ogni data, dal 15 gennaio al 7 marzo. La pagina successiva, la nona, seguì l’esempio; ma si è trasformata in un guazzabuglio di alterazioni, barrature, inserimenti, frecce direzionali e alla fine è diventata un tale caos che Tolkien l’ha scartata (è stata trovata separatamente negli archivi) e l’ha sostituita. Da questo momento ha usato pagine bianche da libretti d’esame, il suo mezzo abituale per la stesura. Come spesso accade, ciò che era iniziato come una copia “finale” era diventato solo un lavoro grossolano (è anche possibile che abbia semplicemente finito la carta dell’altro giornale!). Le nuove pagine 9-11 continuano lo schema temporale multicolonna fino alla caduta di Sauron il 25 marzo. Il retro della pagina 11 è stato lasciato vuoto e 12-14 tornano alla modalità lineare verticale, non essendo più necessarie le colonne, fino al ritorno di Sam a Bag End il 6 ottobre 1421. A un certo punto, sono propenso a pensare molto più tardi, intorno al 1954, mentre lavorava a “The Great Years”, Tolkien annotò alcune voci in stile Appendice B sul retro di pag.11, tutte dedicate agli eventi globali dopo la caduta della Torre Nera. Seguono poi più di 15 pagine del mio blaterare su quanto sopra, e un numero empio di note a piè di pagina. Il blaterare in realtà copre molto di più di questo documento, perché mi sono ritrovato a descrivere nel bene e nel male lo sviluppo di tutte e tre le cronologie “sinottiche” e la loro interrelazione con lo sviluppo della narrazione stessa. Questo vale anche per S3: sebbene la storia fosse “finita”, fare S3 ha indotto Tolkien a rivedere completamente la settimana che precedette il Pelennor, e di conseguenza a riscrivere tutti i molti, molti passaggi convergenti su Minas Tirith».

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Tolkien Studies, rivelati i contenuti del num. 17
– Leggi l’articolo Pubblicato il libro Tolkien Studies, rivelati i contenuti del num. 15
– Leggi l’articolo Pubblicato il libro Tolkien e i Classici II
– Leggi l’articolo Due recensioni “italiane” nei Tolkien Studies
– Leggi l’articolo Tolkien Studies, rivelati i contenuti del num. 14
– Leggi l’articolo Tolkien Studies, rivelati i contenuti del num. 12
– Leggi l’articolo Una foto inedita per i Tolkien Studies n. 11
– Leggi l’articolo Tolkien Studies: ecco il numero undici (2014)
– Leggi l’articolo Ecco i Tolkien Studies 10: c’è un saggio italiano
– Leggi l’articolo Pubblicati i Tolkien Studies, vol. 8

LINK ESTERNI
– Vai al sito web della rivista dei Tolkien Studies

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Pubblicato in inglese «La Natura della Terra di Mezzo»

Carl HostetterDopo più di un anno di attesa, esce finalmente un altro inedito di J.R.R. Tolkien, forse l’ultimo dopo la scomparsa di Christopher Tolkien, il figlio e curatore letterario delle opere dello scrittore inglese. Ne avevamo già scritto in due occasioni, per dare la notizia nel giugno 2020 – sfuggita al sito dell’editore Usa Houghton Mifflin, ma poi cancellata – e per la conferma ufficiale dell’uscita del volume e per rivelarne la copertina. Oggi è nelle librerie fisiche anglosassoni e in quelle online The Nature of Middle-Earth a cura di Carl F. Hostetter, lo studioso statunitense a cui Christopher aveva ceduto il materiale per pubblicarlo. In effetti, era una scelta quasi naturale, visto che alcuni dei saggi presenti sono stati pubblicati in passato proprio dallo stesso Hostetter. Il titolo «La natura della Terra di Mezzo» è stato scelto perché il volume contiene gli ultimi testi di Tolkien dedicati sia in senso letterale che metaforico al suo mondo immaginario. Tra i temi trattati ci sono molti saggi dedicati alle lingue elfiche, l’immortalità elfica, i regni di Númenor e Gondor, la natura dei Valar e persino chi potrebbe farsi crescere la barba.

I contenuti

The Nature of Middle-earthA ben guardare, il volume era atteso da molto più tempo, cioè da ben 25 anni. Si tratta, infatti, di un vero e proprio inedito, il primo dalla fine della pubblicazione de The History of Middle-earth. Tutti i volumi successivi per la maggior parte non riguardavano la Terra di Mezzo oppure erano rimaneggiamenti di testi già pubblicati. Così, è corretta la prospettiva di chi parla di questo libro come del tredicesimo volume non ufficiale de The History of Middle-earth. Del resto, la struttura e lo stile enciclopedico del volume, come la vasta gamma di argomenti trattati, ne fanno una lettura perfetta per coloro che hanno apprezzato I Racconti Incompiuti e la stessa History. Andando quindi ad analizzare la lista dei contenuti riportati, si può intuire come in realtà non sarà un libro completamente nuovo: un piccola parte dei testi è già stata pubblicata, infatti. Scorrendo l’indice completo, si può capire come The Nature of Middle-earth contiene molti testi già pubblicati nella rivista Vinyar Tenwgar come la Ósawne-kenta (testo sulla trasmissione del pensiero negli Elfi pubblicato in VT n. 39, pp. 21-34) e Rider to The White Rider (pubblicato in appendice come verso del Koivienémi manuscript in VT n. 27, pp. 40-41). Il primo testo non è un novità per i lettori italiani, perché è contenuto nel volume La Trasmissione del pensiero degli elfi (Marietti editore, 2008, 176 pagine) curato dall’AIST. Lo stesso volume italiano contiene i saggi Notes on Órë e soprattutto Eldarin Hands, Fingers, and Numerals (saggio lungo pubblicato originariamente in VT n. 46-49 dal 2005 al 2007 a cura di Patrick Wynne) che ora in Nature of Middle-earth vedono i testi molto ridotti rispetto alle pubblicazioni precedenti (le parti omesse riguardano quasi interamente brani focalizzati su questioni linguistiche). Anche se il titolo è diverso, Elvish Reincarnation, le riflessioni di Tolkien sulla reincarnazione sono in parte pubblicati in Morgoth’s Ring (pp. 361-366), in parte accennati nello stesso volume (p. 363-364) e in The Peoples of Middle-earth (pp. 390-391). Tutti questi testi, però, sono stati già tradotti in Francia e in Italia, dove è stato pubblicato La reincarnazione degli Elfi e altri scritti Libri: "La reincarnazione degli Elfi"(Marietti editore, 2016, 122 pagine) curato dall’AIST, traduzione del libro francese “L’effigies des Elfes”, a cura di Michaël Devaux con l’assistenza del medesimo Carl F. Hostetter che ora cura il nuovo testo. Lo stesso volume italiano contiene The Númenórean Catastrophe & End of “Physical” Aman. Alcuni estratti denominati “Elvish Time” che erano stati pubblicati da Verlyn Flieger nel suo libro A Question of Time sono stati riportati nel capitolo XXI della prima parte intitolato Notes on Elvish Time-reference: il testo fornito in A Question of Time è fondamentalmente ciò che è chiamato il “Testo 1” da Hostetter. Un altro saggio è Fate and Free Will, la cui pubblicazione in Tolkien Studies: Volume 6 (2009, pp.183-188) è stata curata da Carl F. Hostetter, mentre il saggio Spirit fu curato a pubblicato da Christopher Gilson nel n. 17 della rivista specialistica Parma Eldalamberon del 2007 (qui è il capitolo XII della seconda parte). Altro saggio pubblicato è The Rivers and Beacon-hills of Gondor (testo sulla storia dei fiumi di Gondor edito in VT n. 42, p. 14). Quest’ultimo saggio ha la particolarità di non essere mai stato pubblicato nella sua interezza, sebben parti di esso siano state pubblicate ne I Racconti Incompiuti e le parti rimanenti furono pubblicate su Vinyar Tengwar nel 2001. Il testo sulla rivista era basato su una versione destinata da Christopher Tolkien alla pubblicazione in The Peoples of Middle-earth (il dodicesimo volume della HoME), ma non era poi stato incluso a causa dei limiti di spazio. Quindi, il testo c’è, ma in volumi separati e di difficile reperibilità. Il nuovo libro di Tolkien conterrà anche una moltitudine di testi inediti come quelli che si descrivono in dettaglio le terre, la flora e la fauna di Númenor e le vite dei Númenóreani, di particolare interesse vista l’imminente serie Amazon. In particolare, Of the Land and Beasts of Númenor, di cui Christopher Tolkien ha pubblicato solo una parte ne  I Racconti Incompiuti con il titolo di A Description of the Island of Númenor, ma lo studioso Edouard Kloczko, che ha potuto visionarlo a Oxford, il testo originale di Tolkien è tre volte più lungo. Nonostante tutti questi saggi già noti, però, bisogna precisare che il numero dei testi inediti è di gran lunga superiore (rispettivamente sono 10 editi e 54 inediti) e fornisce uno sguardo dettagliato su una moltitudine di aspetti della Terra di Mezzo, rivelando ad esempio una insospettata propensione di Tolkien per la matematica in un’epoca in cui non esistevano né computer, né calcolatrici per fare i conti più scientifici.
Carl HostetterVisto che tutti i testi già editi sono sparsi tra gli ultimi volumi della HoME e le riviste specialistiche, come scritto non è un caso che il curatore sia Hostetter, che è a capo della Elvish Linguistic Fellowship che cura da anni la pubblicazione di Vinyar Tengwar e Parma Eldalamberon, dedicate appunto agli scritti di Tolkien sulle lingue elfiche e le altre lingue da lui inventate. Lavora come ingegnere informatico per la NASA dal 1985 e ha anche co-curato Tolkien’s Legendarium: Essays on The History of Middle-earth e ha contribuito a Tolkien: Maker of Middle-earth, e diversi numeri dei Tolkien Studies. Hostetter ha poi chiarito: «È vero che La Natura della Terra di Mezzo conterrà del materiale precedentemente pubblicato sulle riviste specializzate; ma la stragrande maggioranza del materiale è inedita».

Qui di seguito il sommario:

Foreword
Editorial Practices
Abbreviations & Conventions
Part One: Time and Ageing
Introduction
The Valian Year
Valinorian Time-Divisions
Of the Time in Arda
Time-scales
Natural Youth and Growth of the Quendi
The Awaking of the Quendi
The March of the Quendi
Eldarin Traditions Concerning the “Awakening”
Time-scales and Rates of Growth
Difficulties in Chronology
Ageing of Elves
Concerning the Quendi in their Mode of Life and Growth
Key Dates
Calculation of the Increase of the Quendi
A Generational Scheme
Note on the Youth of Growth of the Quendi
Generational Schemes
Elvish Ages & Númenórean
Elvish Life-cycles
Time and its Perception
Notes on Elvish Time-reference
A Fragment from The Annals of Aman
A Fragment from The Grey Annals

Part Two: Body, Mind and Spirit
Introduction
Beauty and Goodness
Gender and Sex
Eldarin Hands, Fingers, and Numerals
Hair
Beards
Descriptions of Characters
Mind-Pictures
Knowledge and Memory
Ósanwe-kenta
Notes on Órë
Fate and Free Will
The Knowledge of the Valar
Spirit
The Visible Forms of the Valar and Maiar
Elvish Reincarnation
From The Statute of Finwë and Míriel
Death

Part Three: The World, its Lands, and its Inhabitants
Introduction
Dark and Light
The Primal Impulse
Powers of the Valar
The Making of Lembas
Note on Elvish Economy
Dwellings in Middle-earth
The Founding of Nargothrond
Manwë’s Ban
Elvish Journeys on Horseback
Rider to “The White Rider”
Lives of the Númenóreans
The Ageing of Númenóreans
Of the Land and Beasts of Númenor
Note on the Consumption of Mushrooms
The Númenórean Catastrophe & End of “Physical” Aman
Galadriel and Celeborn
Silvan Elves and Silvan Elvish
Note on the Delay of Gil-galad and the Númenóreans
Note on Dwarvish Voices
Note on the Dwarf Road
From The Hunt for the Ring
The Rivers and Beacon-hills of Gondor

Appendices
Metaphysical and Theological Themes
Glossary and Index of Quenya Terms

Index

 

The Nature of Middle-earthDETTAGLI TECNICI

Titolo: The Nature of Middle-earth
Curatore: Carl F. Hostetter
Editore: HarperCollins Publishers Ltd
Formato: cartonato
Pagine: 400
Data: 2/09/2021
Dimensioni: 149 x 228 mm
Peso: 270 grammi
ISBN: 10 0008440573
ISBN: 13 9780008440572

 

 

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Svelata la copertina del libro inedito di Tolkien
– Leggi l’articolo Nel 2021 uscirà un altro inedito di JRR Tolkien
– Leggi l’articolo La Trasmissione del pensiero degli elfi
– Leggi l’articolo La reincarnazione degli Elfi e altri scritti

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Leggere Tolkien: le altre opere sulla TdM

Tutti gli appassionati di J.R.R. Tolkien sanno benissimo quanto sia affascinante leggere i libri dello scrittore inglese, perché significa immergersi in un mondo molto vasto, coerente e pieno di tantissimi dettagli e scelte molto ponderate. Naturalmente, questa è una consapevolezza che si acquisisce col tempo perché la prima e più importante scoperta di ogni lettore è la bellezza delle storie della Terra di Mezzo, un mondo immaginario molto simile al nostro. E proprio qui ci si accorge di quanto importante sia leggere i libri di Tolkien iniziando dal migliore e seguendo l’ordine giusto. In un primo articolo, infatti, abbiamo iniziato l’argomento affrontando il tema dei primi passi: Come iniziare a leggere Tolkien? La scoperta è la libertà assoluta del lettore in questa scelta, ma ci sono tante belle curiosità nell’articolo… Poi, abbiamo affrontato il tema: Leggere Tolkien: c’è un ordine giusto? Anche in questo caso, molte sono le scoperte che nascono da una domanda in apparenza così semplice! Con questo articolo si vuole proseguire sulla stessa strada, andando ad approfondire le opere che non sono tra le più note.

L’elenco delle altre opere di Tolkien sulla Terra di Mezzo

Le copertine della HoMeSe forse tutti gli appassionati del Professore conoscono Lo Hobbit, il Signore degli Anelli e il Silmarillion, bisogna sapere che in realtà vi sono altre opere che riguardano la Terra di Mezzo, e che formano il cosiddetto Legendarium.
Esse sono:

    • Le Avventure di Tom Bombadil (1978) (titolo originale: The Adventures of Tom Bombadil, 1962) ) è una raccolta di sedici poemi della tradizione Hobbit, di cui solo i primi due riguardano Tom Bombadil, che comprendono bestiari e fiabe.
    • I Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra di Mezzo (1981) (titolo originale: Unfinished Tales of Nùmenor and Middle-earth (1980) – anche noto semplicemente come Unfinished Tales) anche noti semplicemente come Racconti Incompiuti:  sono un insieme di storie scritte ma mai completate da J.R.R. Tolkien, pubblicate con la curatela del figlio Christopher Tolkien.  I racconti riguardano episodi di tutte e tre le Ere, pertanto è bene leggerli solo dopo aver letto Lo Hobbit, il Signore degli Anelli e il Silmarillion. Non fa parte della Storia della Terra di Mezzo malgrado sia il primo libro pubblicato con un apparato di note abbastanza consistente.  Chi trovasse tale apparato di note poco interessante valuti bene se proseguire con la lettura della Storia della Terra di Mezzo, che è assai più frammentata e ha un apparato di note mediamente più ampio.
    • La Storia della Terra di Mezzo (titolo originale: The History of Middle-earth – talvolta abbreviata dagli appassionati in HoMe) si compone di 12 volumi – più un tredicesimo di indici – pubblicati postumi da Christopher Tolkien e contenenti abbozzi, storie abbandonate, storie interrotte, poemi non completati e riflessioni su svariati aspetti della Terra di Mezzo; talvolta contengono diverse versioni di uno stesso testo. Tutti e dodici contengono un corposo apparato di note esplicative che li rende più adatti ad uno studioso che a un lettore. È previsto che tutti i volumi vengano tradotti entro il 2026.
    Di seguito i titoli dei 12 volumi (più il volume degli indici) con un breve elenco degli elementi principali che li compongono:
    1. Il libro dei Racconti Perduti – Prima parte (2022) (titolo originale The Book of Lost Tales, Part One (1983); tradotto una prima volta come Racconti Ritrovati (1986) ) e
    2. Il libro dei Racconti Perduti – Seconda parte (2022) (titolo originale The Book of Lost Tales, Part Two (1984); tradotto una prima volta come Racconti Perduti (1987) ): Insieme contengono la primissima stesura (datata negli anni a cavallo del 1920) dei racconti che poi verranno pubblicati, postumi, nel Silmarillion. Di particolare interesse, a mio avviso, la prima versione della storia della caduta di Gondolin;
    3. I Lai del Beleriand (2022) (titolo originale The Lays of Beleriand (1985) ): diverse versioni in versi, mai completate, della storia dei figli di Húrin e della storia di Beren e Lúthien;
    4. La formazione della Terra di Mezzo (2023) (titolo originale The Shaping of Middle-earth (1986): contiene altre versioni delle storie pubblicate successivamente nel Silmarillion, la prima mappa del Beleriand, le prime versioni degli “Annali del Beleriand” e degli “Annali di Valinor”;
    5. La Strada Perduta e Altri Scritti (2023) (titolo originale The Lost Road and Other Writings (1987)): contiene la prima versione della storia della caduta di Numenor, “La Strada Perduta” (una storia che parla di reincarnazione) oltre a versioni successive degli annali del Beleriand e di Valinor
    6. Il ritorno dell’ombra (2024) (titolo originale: The Return of the Shadow (1988) (anche noto come: The History of The Lord of the Rings, vol.1)): contiene alcune bozze (comprese le varie versioni abbandonate dell’inizio della storia) di gran parte della Compagnia dell’Anello;
    7. The Treason of Isengard (1989) (anche noto come: The History of The Lord of the Rings, vol.2): contiene altre bozze dei capitoli che compongono grossomodo i primi tre libri del Signore degli Anelli;
    8. The War of the Ring (1990) (anche noto come: The History of The Lord of the Rings, vol.3): contiene le bozze dei capitoli dalla fine del terzo libro a tutto il quinto;
    9. Sauron Defeated (1992) (anche noto come: The History of The Lord of the Rings, vol.4): contiene le bozze del sesto ed ultimo libro del Signore degli Anelli” e di parte delle Appendici. Inoltre comprende le Notion Club Papers e un’altra versione della caduta di Númenor;
    10. Morgoth’s Ring (1993) (anche noto come: The Later Silmarillion ,vol.1): contiene la più recente versione dell’Ainulindale e di alcune delle storie poi pubblicate nel Silmarillion, oltre all’interessante dibattito “Athrabeth Finrod ah Andreth”;
    11. The War of the Jewels (1994) (anche noto come: The Later Silmarillion, vol.2): contiene la più recente versione degli ultimi capitoli del Silmarillion oltre a molto altro materiale;
    12. The Peoples of Middle-earth (1996): contiene ulteriori bozze e commenti sul Prologo e sulle Appendici del Signore degli Anelli oltre a molti degli ultimi scritti di Tolkien riguardanti la Terra di Mezzo;
    13. The History of Middle-earth Index (2000): questo volume raccoglie gli indici dei precedenti 12 volumi;
  • L’Ultima canzone di Bilbo (2003?) (in originale: Bilbo’s Last Song, 1990): È una poesia scritta da Bilbo, in procinto di lasciare la Terra di Mezzo, e da lui recitata ai Porti Grigi;
  • I Figli di Húrin (2007) (titolo originale:The Children of Húrin, 2007): Sintetizza in un solo racconto le diverse versioni della storia dei figli di Húrin. È basato in gran parte sulla versione della storia pubblicata nei Racconti Incompiuti;
  • Beren e Lúthien (2017) (titolo originale: Beren and Lúthien, 2017): raccoglie le versioni della storia di Beren and Lúthien, comprese quelle in versi pubblicate ne  I Lai del Beleriand. L’apparato di note è ridotto, rispetto alla Storia della Terra di Mezzo;
  • La Caduta di Gondolin (2018) (titolo originale: The Fall of Gondolin, 2018): raccoglie diverse versioni della storia della caduta di Gondolin e del viaggio di Earendil, tutte già pubblicate. Ha un apparato di note ridotto, rispetto alla Storia della Terra di Mezzo:
  • The Nature of Middle Earth, (2021): raccoglie altri brani e frammenti, alcuni già editi (taluni anche in italiano). Ha un corposo apparato di note, e viene considerato un ufficioso quattordicesimo volume della Storia della Terra di Mezzo.
  • The Fall of Numenor, (2022): raccoglie e sistematizza in un ordine cronologico il materiale già pubblicato riguardante la Seconda era.

Riguardo al Legendarium di Tolkien c’è un altra opera estremamente interessante: l’epistolario. Pubblicato nel 1981 come The Letters of J.R.R. Tolkien (in italiano tradotto una prima volta come La realtà in trasparenza (1990) e, successivamente, come Lettere 1914/1973 (2018)) con la curatela di Humphrey Carpenter e con l’assistenza di Christopher Tolkien, non è stato inserito nell’elenco precedente sia perché non è un’opera di narrativa, sia perché certamente Tolkien non prevedeva che le sue lettere sarebbero state pubblicate. Ciò nonostante è un libro essenziale per conoscere il Tolkien uomo e, ancora di più, il Tolkien scrittore, capace di darci un punto di vista unico, e per certi versi privilegiato, sulla sua stessa opera.

Con questo articolo termina la nostra breve analisi riguardo l’approccio di lettura al Legendarium di Tolkien. Il primo articolo può avervi aiutato  a decidere quale opera leggere per prima; il secondo articolo vi ha forse orientato riguardo all’ordine da seguire per continuare a leggere le opere più note del professore oxoniense. Con questo articolo potete decidere come proseguire.
E poi? Poi, a parte le riletture (consigliatissime, e magari nell’originale inglese)  c´è la nostra bibliografia.

Aggiornamento del 8 dicembre 2021

A Lucca Comics and Games è stata data la notizia della traduzione in italiano di tutta la History of Middle-earth, come spiegato in questo articolo. Il presente articolo sarà aggiornato via via che nuove informazioni saranno disponibili.

ARTICOLI PRECEDENTI:

– Leggi l’articolo Come iniziare a leggere Tolkien? I primi passi
– Leggi l’articolo Leggere Tolkien: c’è un ordine giusto?
– Leggi l’articolo Il Signore degli Anelli, quale edizione leggere?
– Leggi l’articolo Quale edizione comprare dello Hobbit?

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Quell’elfo di Tolkien, erede di Babbo Natale

Dimitra FimiAbbiamo l’onore di pubblicare un articolo* e il relativo delizioso video di Dimitra Fimi, docente di letteratura fantastica e per ragazzi presso l’Università di Glasgow, grande e acuta studiosa di J.R.R. Tolkien e socia onoraria dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani. Nel suo articolo, Fimi rivela un lato nascosto delle opere di Tolkien, particolarmente legato al giorno del Natale. Tutti gli appassionati, infatti, sanno che Tolkien scrisse per i suoi figli le letterine, con tanto di illustrazioni, busta, francobollo e timbro postale che venivano dal Polo Nord, che furono poi raccolte nel volume Lettere da Babbo Natale. Ma non tutti sanno che nelle prime versioni degli scritti della Terra di Mezzo, c’era già un elfo che proveniva dalla tradizione natalizia. Non anticipiamo oltre… Buona lettura!!!

La notte prima di Natale

Libro: The Night before ChristmasSeguendo la tradizione di famiglia, il libro della buonanotte che ho letto a mio figlio di quasi quattro anni alla vigilia di Natale è stato La notte prima di Natale, alias Una visita da San Nicola, di Clement Clarke Moore**. Ho usato la vecchia copia della poesia che mi aveva letto mia madre, un libro riccamente illustrato da Douglas Gorsline. Mentre lo leggevo ad alta voce, mi è venuta in mente un’altra poesia: Over Old Hills and Far Away (1915) di J.R.R. Tolkien. Questa è una delle uniche due poesie che parlano dell’elusivo personaggio chiamato Tinfang Warble, variamente descritto come un «leprawn» (secondo l’ortografia idiosincratica di Tolkien è l’equivalente di «leprechaun»), un essere fatato (fay), un elfo o uno spirito pittoresco di origine mista. Tinfang Warble appare anche ne I Racconti Ritrovati (The Book of Lost Tales), la prima bozza di quello che conosciamo oggi come Il Silmarillion.
Tinfang WarbleIn Over Old Hills and Far Away, Tinfang Warble è chiaramente una creatura “fatata”, simile ad altri esseri simili (spesso piccoli o addirittura minuscoli) nelle prime poesie di Tolkien***. Tinfang è descritto come un «vecchio elfo» dai capelli bianchi, che è, tuttavia, un allegro suonatore di cornamusa, vispo e agile, che corre con fervore e danza, e alla fine attira l’oratore del poema a seguire il suo canto.
Twas the Night Before Christmas – probabilmente una delle poesie natalizie più famose di sempre – parla, ovviamente, della visita notturna di San Nicola per lasciare regali ad alcuni bambini la vigilia di Natale, spiato dal padre, che si sveglia per assistere al suo arrivo. Allora qual è la connessione? Ho cercato di mostrare una serie di parallelismi e somiglianze in queste versioni codificate a colori delle due poesie, che spiegherò più avanti. Poesie a confronto - Dimitra FimiPer cominciare, il metro delle due poesie le collega immediatamente. Sono entrambi scritti in tetrametro anapestico, un metro piuttosto insolito per la lingua inglese, la cui morfologia si adatta molto meglio alle composizioni giambiche. Questo fatto da solo rende i misuratori anapestici sia ritmici che memorabili – forse uno dei motivi del successo di Twas the Night Before Christmas. Per illustrare questo, si possono confrontare le sillabe accentate delle linee di apertura di ogni poesia:

  • Twas the night before Christmas, when all through the house (Moore)
  • It was early and still in the night of June, (Tolkien)

Le due aperture sembrano suonare anche in altri modi: in entrambe le prime righe abbiamo un’indicazione del tempo (la notte prima di Natale contro una notte di giugno) e la prima bozza di Tolkien era ancora più vicina a quella di Moore, abbreviando “It was” con “Twas”: «Twas a very quiet evening once in June». Sebbene la poesia di Tolkien si svolga in estate, mentre la poesia di Moore sia enfaticamente ambientata in un’inverno nevoso, Tolkien descrive i capelli bianchi di Tinfang Warble che sono scintillanti «come il gelo in una luna invernale» (v. 23). La luna di Moore, d’altra parte, è anche associata alla luce intensa: poiché cade «dalla neve appena caduta» (v. 13) e dona «uno splendore di mezzogiorno agli oggetti sottostanti» (v. 14). Sole/luna, estate/inverno: qui abbiamo una serie di metafore e immagini miste.
Tinfang Warble I nostri due protagonisti, San Nicola e Tinfang Warble, mostrano inoltre di avere una serie di somiglianze, non solo a livello lessicale, ma anche in termini di immagini. Sono entrambi piccoli, piccoli, perfino minuscoli: San Nicola è «piccolo» e guida una slitta «in miniatura» trainata da «minuscole» renne (vv. 16-17); mentre Tinfang Warble ha «piedini» e un «corpicino snello» (vv. 29 e 35). Entrambi hanno la capacità di saltare in alto (su per il camino, v. 52, o su per aria, v. 31, rispettivamente) ed entrambi ridono felicemente. Soprattutto, sono entrambi vecchi, con i capelli bianchi – infatti, San Nicola è memorabilmente descritto come un «vecchio elfo allegro» (v. 45) mentre Tinfang Warble è «il vecchio elfo» (v. 52). È stato quest’ultimo parallelo, insieme alla metrica di entrambe le poesie, che inizialmente ha stimolato il mio interesse a guardare più da vicino e confrontare queste due composizioni.
Libro: The Night before ChristmasAnche i narratori delle due poesie mostrano notevoli somiglianze: entrambi si svegliano di notte, sentono qualcosa nel sonno, ed entrambi si avvicinano alle rispettive finestre per scoprire cosa sta succedendo (rispettivamente v.10-11 e 5-6) . Entrambi poi spiano i loro visitatori ultraterreni, sebbene l’oratore di Tolkien faccia un ulteriore passo avanti seguendo Tinfang, quasi compulsivamente.
Nell’immagine a colori qui a fianco che riporta il confronto tra le due poesie, ho notato alcune altre connessioni – meno pronunciate – in termini di struttura, lessico e immagini.
Ora, ovviamente, non c’è niente di natalizio nel poema di Tolkien, ma c’è decisamente qualcosa di elfico nel poema di Moore. La poesia di Moore era certamente tanto popolare in Gran Bretagna dalla seconda metà del XIX secolo in poi quanto lo era dall’altra parte dell’Atlantico, e c’erano numerose edizioni illustrate che divennero onnipresenti e molto influenti nella formazione del moderno, ora universale, immaginario legato a Babbo Natale. La poesia di Moore è stravagante e allegra e non si prende troppo sul serio – una marcata differenza dal tono nostalgico e malinconico della poesia di Tolkien. Per me, invece, l’immagine del minuscolo «vecchio elfo» dai capelli bianchi che si muove agilmente e attira l’attenzione di chi parla, sollevandolo dal suo letto, è un allettante collegamento tra le due poesie, sottolineato musicalmente dai loro ritmi anapestici.
Libro: Lettere da Babbo NataleSe questo è mai stato uno spunto per lui, si può ricordare che Tolkien ha creato in seguito una mitologia del Natale (parallela al suo legendarium della Terra di Mezzo) nelle sue Lettere da Babbo Natale – di cui quest’anno la casa editrice HarperCollins ha pubblicato la splendida Centenary Edition con continui e nuovi ritocchi a testi e illustrazioni – e il suo personaggio centrale – l’equivalente britannico di San Nicola/Babbo Natale – è davvero stravagante e vestito di rosso e bianco (una tradizione che ha avuto origine con le prime illustrazioni della figura americana – in contrasto con gli abiti solitamente verdi delle prime raffigurazioni di Babbo Natale). Ma mi piace pensare che anche Tinfang Warble abbia qualcosa di natalizio in sé – se non altro una vaga eco di quel «vecchio e allegro elfo» di Moore.
Buon Natale!

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Note e fonti

* L’articolo è stato pubblicato per la prima volta il 31 dicembre 2016 (lo trovate qui), ma in questa nuova versione contiene il video di 8 minuti che lo commenta.

** Sebbene la paternità del poema sia contestata, alcuni studiosi hanno sostenuto che sia stata scritta da Henry Livingston, Jr .; si può vedere qui  per una panoramica della controversia.

*** Per le creature “fatate” di Tolkien nella sua mitologia primitiva, plasmate dal folklore, dal fairylore vittoriano e dai dipinti delle fate, vedere i capitoli 2, 3 e 4 del mio libro, Tolkien, Race and Cultural History, così come il mio articolo qui.

“Over Old Hills and Far Away” può essere trovato in I Racconti Ritrovati (The Book of Lost Tales I, pp. 108-10).

“A Visit from St Nicholas” non è protetto da copyright ed è possibile accedervi gratuitamente online: ecco qui una buona versione.

 

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo A Trento un convegno: Tolkien e la traduzione
– Leggi l’articolo Ben 6 convegni in 10 anni: ecco il lavoro dell’AIST
– Leggi l’articolo Tolkien e la letteratura il resoconto di Trento

LINK ESTERNI:
– Vai al sito del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’università di Trento

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Leggere Tolkien: c’è un ordine giusto?

CopertinaTutto parte da una domanda. Anzi, da una moltitudine di domande! Ogni mese, sono tantissimi gli appassionati di J.R.R. Tolkien che chiedono quale sia il modo migliore per leggere le sue opere, l’ordine di lettura più coerente, il modo sincero per affacciarsi al mondo letterario di Tolkien, soprattutto per godere al meglio l’esperienza d’immersività in questo universo immaginario… Dopo l’articolo dedicato ai primi passi di chi si avvicina alle opere del professore per la prima volta, con consigli su quale libro iniziare per primo, è ora il momento di concentrare l’attenzione sul possibile ordine di lettura della maggior parte delle sue opere, in modo da godersele al meglio. Bisogna da subito sfatare un mito: il modo giusto non esiste! O meglio, visto che i lettori sono numerosi, di età diverse, con approccio e maturità diverse, non può esistere UN SOLO modo giusto di leggere Tolkien. Ce ne sono ovviamente molti e la scelta del migliore è per forza di cose soggettiva, cioè è in mano al singolo lettore, in base alla sua età, maturità, cultura, sensibilità e soprattutto disponibilità. In ogni caso, leggere un libro prima o dopo non pregiudica la comprensione o la godibilità delle opere. In questo articolo si proverà a elencare e analizzare le scelte più diffuse riguardo all’ordine di lettera delle opere del Professore, riflettendo ogni volta sui pro e i contra di ogni singola scelta.
Tra i lettori italiani delle opere di Tolkien sono molte le questioni aperte legate all’ordine di lettura della sue opere. Tre sono i metodi più diffusi, che si potrebbero chiamare “ordine cronologico”, “ordine di pubblicazione” e “ordine filologico”. In aggiunta, si potrebbe seguire perfino un “ordine canonico” e un “ordine narrativo”, ma la cosa si può fare più complicata. Inoltre, aleggiano sulla scelta alcune questioni di fondo: si è già letto qualcosa di Tolkien? È una prima lettura o una rilettura? Si sono viste le due trilogie cinematografiche di Peter Jackson? A quale scopo si vuole leggere o rileggere? Per studio o per passione? Infine, la questione più spinosa: come considerare Il Silmarillion pubblicato da Christopher Tolkien nel 1977? A tutte queste domande si proverà a dare una risposta.

1) Ordine di lettura per pubblicazione (originale)

leggere libri TolkienSi tratta dell’ordine più “naturale” e forse il più diffuso, con numerose varianti. Il libro più comprato e letto in Italia è ovviamente Il Signore degli Anelli, cui segue Lo Hobbit e poi Il Silmarillion. È lecito pensare che la maggioranza dei lettori abbia letto le opere di Tolkien in questo ordine. Se si segue però l’ordine di lettura per pubblicazione (con Lo Hobbit per primo) le cose vanno meglio e si hanno numerosi vantaggi: innanzitutto, si va dal più semplice al più difficile, come trama, personaggi e stile. Tono e stile de Lo Hobbit sono leggeri e fiabeschi e sono la giusta introduzione al mondo di Tolkien. Seguendo le vicende di Bilbo Baggins si inizia a esplorare la Terra di Mezzo, conoscendo insieme al protagonista i diversi popoli e le tante regioni che lo compongono. In realtà, la trama e lo stile crescono lentamente e, quindi, negli ultimi capitoli il lettore si trova dentro una saga epica a tutti gli effetti. Si può così affrontare la lettura de Il Signore degli Anelli per poi passare alla mitologia della Terra di Mezzo con Il Silmarillion, che ha uno stile aulico fin dall’inizio.
E gli altri libri? Ecco la lista completa:
– Lo Hobbit
– Il Signore degli Anelli
– Il Silmarillion
– I Racconti Incompiuti
– Figli di Húrin
– Beren e Lúthien
– La Caduta di Gondolin
– Racconti Ritrovati
– Racconti Perduti
– tutti gli altri

2) Ordine di lettura per cronologia (interna)

reading Tolkien booksÈ impossibile fare un ordine di lettura seguendo la cronologia esterna, cioè la sequenza di composizione delle storie fatta da Tolkien. Ad esempio, ha iniziato a scrivere Il Silmarillion subito dopo la Prima Guerra Mondiale, ci ha lavorato tutta la vita, ma non è riuscito a completarlo. È però possibile seguire un ordine di lettura seguendo la cronologia interna, cioè seguendo la sequenza degli avvenimenti della Terra di Mezzo dalla creazione fino alla Quarta Era. Seguendo questo ordine Il Silmarillion deve essere il primo ad essere letto. Questo libro è propedeutico agli altri perché pone alcune coordinate temporale e sul piano della narrazione necessarie per districarsi nella lettura di opere non così ordinate schematicamente come i Racconti Incompiuti, Perduti, Ritrovati oppure di argomento monografico come I Figli di Hurin, La Caduta di Gondolin e Beren e Luthien. Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli dovrebbero essere letti per ultimi, nonostante che siano opere compiute. La controindicazione è un po’ insita in questo ordine, perché si giunge alla fine ai romanzi più famosi, mentre in genere Il Silmarillion piace di più dalle successive riletture, quando si ha un po’ chiaro il quadro e si notano più dettagli. Comunque, ecco l’ordine con cui l’insieme di romanzi e racconti di Tolkien dovrebbe essere letto:
– Il Silmarillion
– I Racconti Incompiuti
– Beren e Lúthien
– I Figli di Húrin
– La Caduta di Gondolin
– Lo Hobbit
– Il Signore degli Anelli
– L’ultima canzone di Bilbo
– Le avventure di Tom Bombadil
– Racconti Ritrovati
– Racconti Perduti
– tutti gli altri

3) Ordine di lettura filologico (per studio)

Studying TolkienTolkien, come tutti i grandi autori, si può leggere in diversi modi. I bambini di 6-10 anni sono affascinati dal suo linguaggio “fiabesco”, mentre gli adolescenti sono sicuramente presi dalle gesta eroiche dei protagonisti e non pensano alle tematiche generali, alle allusioni e a tutte le ispirazioni che invece affascinano i lettori adulti e perfino gli studiosi. Se l’approccio alle opere di Tolkien è quello del cultore e non del semplice lettore, e senza nulla togliere al lettore, allora è necessario intraprenderne lo studio in maniera “scientifica”, così come avviene per un “documento” da parte del paleografo, del filologo, dello storico… Seguendo questo criterio, l’ordine di lettura filologico dovrebbe prevedere per prima cosa tutti i volumi della History of Middle-Earth (HOME, se non sai cos’è puoi leggere qui). Si tratta di una serie di 12 volumi di cui solo i primi due tradotti in italiano, quindi vanno letti in inglese. Sono testi da studiare più che da leggere: contengono la maggior parte dei manoscritti di Tolkien in una selezione ragionata fatta da Christopher Tolkien. Volendo, li si potrebbe confrontare con le diverse edizioni pubblicate.
L’ordine in questo modo è il seguente:
– I Racconti Ritrovati
– I Racconti Perduti
– La Caduta di Gondolin
– Beren e Lúthien
– I Racconti Incompiuti
– I Figli di Húrin
– i volumi 3 e 4 della HOME
– The History of The Hobbit
– Lo Hobbit
– i volumi dal 6 al 9 della HOME (The History of The Lord of the Rings)
– Il Signore degli Anelli
– i volumi dal 10 al 12 della HOME
– L’ultima canzone di Bilbo
– Le avventure di Tom Bombadil

4) Ordine di lettura filologico narrativo (per studio)

Libri: History of Middle-earthMa si potrebbe veramente seguire l’ordine di composizione di Tolkien, partendo da La Caduta di Gondolin, cominciando addirittura dal secondo racconto del libro, la Caduta vera e propria. È un percorso molto impegnativo, perché significa entrare nella logica che le opere di Tolkien non sono (soprattutto) il risultato di una premeditata preparazione per la pubblicazione, quanto il frutto di una continua riscrittura e rivisitazione di una mitologia in cui ogni racconto cresce e influenza gli altri, ne è influenzato e cresce di nuovo. Un lavoro di questo genere potrebbe essere estremamente tedioso in prima lettura, ma se il lettore è determinato potrà davvero fare un’esperienza unica, che gli permetterà poi di comprendere e apprezzare le opere maggiori Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli in modo sconosciuto alla stragrande maggioranza dei normali lettori.
L’ordine in questo modo diventa il seguente:
– La Caduta di Gondolin (dal secondo racconto)
– Beren e Lúthien (a partire da “Il Racconto di Tinúviel”)
– I Racconti Ritrovati
– I Racconti Perduti (che contiene “La Caduta di Gondolin” e “Il Racconto di Tinúviel”)
– I Racconti Incompiuti
– i volumi 3 e 4 della HOME
– The History of The Hobbit
– Lo Hobbit
– i volumi dal 6 al 9 della HOME (The History of The Lord of the Rings)
– Il Signore degli Anelli
– i volumi dal 10 al 12 della HOME
– L’ultima canzone di Bilbo
– Le avventure di Tom Bombadil

5) Ordine di lettura canonico

Edizione pirata per la Ace Books di The Lord of the Rings del 1965Questo è l’ordine di lettura è molto più delicato e soggettivo. Tolkien non produsse mai una mitologia unificata, sistematica e totalmente coerente. Anche i libri pubblicati mentre era in vita, non soddisfecero mai completamente lo scrittore. Per quanto riguarda le storie della Terra di Mezzo, che sono l’oggetto di questo articolo, mentre Tolkien era vivo furono pubblicati solo Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli, Le avventure di Tom Bombadil e The Road Goes Ever On. Di questi, inoltre, Lo Hobbit fu riveduto due volte e Il Signore degli Anelli una volta, entrambi a causa di incongruenze. Quindi, alcuni lettori considerano “canonici” soltanto questi libri. È ovvio che la scelta è molto restrittiva e pregiudica la lettura di tutta la mitologia e i Tempi Antichi degli Elfi sulla Terra di Mezzo. Un secondo blocco di storie, infatti, è relativo a quelle pubblicazioni curate postume da Christopher Tolkien, ma in forma narrativa. Questa visione, di solito, accomuna la stragrande maggioranza dei lettori e comprende Il Silmarillion, i Racconti e le Grandi Storie. Seguendo questo ordine di letture viene fuori il seguente elenco che ha due fuochi: gli eventi della fine della Terza Era e poi lo sfondo mitologico con le prime due Ere della Terra di Mezzo. Ecco l’elenco:
– Lo Hobbit
– Il Signore degli Anelli
– L’ultima canzone di Bilbo
– Le avventure di Tom Bombadil
e poi:
– Il Silmarillion
– I Racconti Incompiuti
– I Racconti Ritrovati
– I Racconti Perduti
– La Caduta di Gondolin
– Beren e Lúthien
– I Figli di Húrin

6) Ordine di lettura a ondate

silmarillion homeCome si è visto, sono tanti i piani di lettura di un corpus come quello tolkieniano che è estremamente complesso. Superato il livello della prima lettura, una lettura più approfondita richiede per forza un metodo critico. Nel caso di una o più riletture cadono molti dei limiti esposti negli elenchi precedenti. Tralasciando le opere ancora non tradotte, Il Silmarillion può essere una buona base di partenza, con tutti i suoi limiti, per poi proseguire nella lettura dei Racconti e poi le Grandi Storie. Sotto questo aspetto, alla luce di una lettura fresca de Il Silmarillion, i libri successivi acquistano spessore e divengono di gran lunga più interessanti. Ancor maggiore è l’effetto se si decide di leggere i libri maggiori di Tolkien: rileggere Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit dopo aver letto Il Silmarillion è un’esperienza del tutto nuova, la bellezza dell’universo tolkieniano acquista profondità poetica nelle sfumature di tutti i personaggi e nella comprensione dei vari racconti e poesie in esso contenuti che si riferiscono ai tempi antichi. Una lettura del genere porta con sé la rilettura dei racconti, almeno i Racconti Incompiuti e (se si vuole) delle Lettere. E questo può portare alla rilettura almeno de Il Signore degli Anelli perché moltissimi dettagli e spiegazioni si trovano in questi ultimi due libri che danno nuova luce al capolavoro di Tolkien. Lo stesso si può dire del rapporto tra i Racconti e le Grandi Storie e in parte alcuni dei volumi della HOME, che si espandono, compenetrano e arricchiscono a vicenda. Si vede così che la lettura “a ondate” aiuta il lettore a comprendere i moltissimi livelli di cui le opere principali di Tolkien sono composte e lo fanno entrare sempre più nel mondo secondario creato dallo scrittore in tutta una vita di perfezionamenti delle storie.
Un ordine di lettura a ondate può essere il seguente:
– Il Silmarillion
– Lo Hobbit
– Il Signore degli Anelli
– Il Silmarillion
– I Racconti Incompiuti
– Lettere
– Il Signore degli Anelli
e relativamente ai Tempi Antichi:
– Il Silmarillion
– I Racconti Incompiuti
– I Racconti Ritrovati
– I Racconti Perduti
– La Caduta di Gondolin
– Beren e Lúthien
– I Figli di Húrin
– Il Silmarillion

La questione Silmarillion

Il Silmarillion - edizione Bompiani (angoli smussati)Si è già accennato al fatto che una parte degli appassionati di Tolkien NON considera Il Silmarillion un’opera canonica. Anche se l’autore vi lavorò per tutta la vita, l’opera rimase incompiuta. La critica tolkieniana distingue oggi tra Il Silmarillion, libro pubblicato nel 1977 da Christopher Tolkien, e Il Grande Silmarillion, l’opera a cui il Professore lavorava e che comprende molte storie pubblicate nei Racconti e nella HOME. Una visione estrema di questo punto di vista porta però i lettori a considerare “spurie” tutte le opere postume, comprese quelle più narrative come i Racconti e le Grandi Storie. Se si seguisse questo ordine di lettura, ecco l’ultimo elenco, molto scarno in effetti, relativo alle sole pubblicazioni in vita da parte dell’autore:

– Lo Hobbit
– Il Signore degli Anelli
– Le avventure di Tom Bombadil

Per concludere, se siete giunti fin qui avrete capito come conti poco l’ordine della prima lettura, perché dopo quella, se Tolkien vi piace lo leggerete infinite altre volte e alcuni libri più di altri!!! Buona lettura.

 

 

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Come iniziare a leggere Tolkien? I primi passi
– Leggi l’articolo Leggere Tolkien: le altre opere sulla Terra di Mezzo
– Leggi l’articolo Il Signore degli Anelli, quale edizione leggere?
– Leggi l’articolo Quale edizione comprare dello Hobbit?
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Come iniziare a leggere Tolkien? I primi passi

CopertinaChi si avvicina a J.R.R. Tolkien è solitamente confuso dalla vastità del suo universo immaginario e dal miglior ordine in cui leggere i suoi libri. Le opere più famose si svolgono negli ultimi anni della storia del suo Legendarium, con moltissimi accenni al passato. Dall’altro lato, le storie che compongono lo sfondo mitologico e storico sono relativamente complesse e non hanno collegamenti evidenti con le opere più famose. Inoltre, in molti casi le storie-capitoli-saggi si sovrappongono tra loro o si svolgono simultaneamente, differendo solo per l’ampiezza dei dettagli. I lettori più appassionati stupiscono per la loro conoscenza del Legendarium e di solito hanno letto più di una volta le opere. Ad esempio, si può leggere prima Il Signore degli Anelli, poi Lo Hobbit e qualche tempo dopo di nuovo Il Signore degli Anelli, alla luce del retroscena ritrovato ne Lo Hobbit. Lo stesso si può fare con Il Silmarillion. Ma qual è l’opera migliore da cui iniziare a leggere Tolkien? C’è un ordine giusto o preferibile? Non c’è una risposta unica a questa domanda perché ogni lettore è diverso e diverse sono le esigenze che lo portano ad avvicinarsi a Tolkien.
Si può iniziare col dire che un lettore completamente a digiuno delle storie di Tolkien quasi non esiste. Se si sta avvicinando allo scrittore inglese è perché un amico o un parente gliene avrà parlato bene, descrivendo qualcosa del suo mondo e delle sue storie, oppure perché avrà giocato a un videogioco, un boardgame, un gioco da tavolo o di ruolo, o ancora avrà visto almeno uno dei film delle due trilogie di Peter Jackson. Si può dare, quindi, per scontato che il lettore completamente ignaro delle opere  di Tolkien non esista. Partendo da questo dato di fatto, si può ipotizzare che le minime conoscenze più diffuse sull’autore possano scoraggiare il neofita. Tolkien ha fama di essere uno scrittore difficile, complesso, lunghissimo e a volte noioso… ma lo scrittore non è nulla di tutto questo!!!

I primi passi

copÈ lecito domandarsi da quale libro iniziare a leggere Tolkien. Se chiedete a loro, moltissimi lettori vi risponderanno che in realtà lo scrittore inglese ha scritto troppo poco sulla Terra di Mezzo!!! Quei lettori vorrebbero molte più storie perché sono affascinati dai libri letti, anche se sono tanti. È una fase ultima di un percorso che deve avere avuto un inizio. Cercando di sintetizzare al massimo le esperienze di lettura, si può dire che il miglior modo di entrare nella Terra di Mezzo è iniziare dalle sue opere più famose. Le principali opere di Tolkien, infatti, sono probabilmente le più belle, le più complete e quelle meglio conosciute. Il libro più comprato e letto in Italia è ovviamente Il Signore degli Anelli, cui segue Lo Hobbit e poi Il Silmarillion. È lecito pensare che la maggioranza dei lettori abbia letto le opere di Tolkien in questo ordine. Quindi, restringendo il campo di lettura a queste tre opere, si può affermare che l’ordine appena elencato sia il più “naturale” e forse il più diffuso. Ma ognuna delle tre può rappresentare l’inizio del viaggio nella Terra di Mezzo e per ognuna di esse ci sono ottime ragioni.

Iniziare da Lo Hobbit

The Hobbit 1937Se si decide di iniziare con Lo Hobbit si hanno numerosi vantaggi. Il libro nasce come “fiaba della buonanotte” per i figli dello scrittore. È il libro che Tolkien ha scritto per primo ed è considerato una fiaba letteraria al pari di Alice nel Paese delle Meraviglie o Il vento tra i salici, ma esattamente come queste opere, ha numerosi livelli di lettura, una profondità che già C.S. Lewis – amico di Tolkien e autore delle Cronache di Narnia -, mise in evidenza: «Bisogna capire che questo è un libro per bambini solo nel senso che la prima delle numerose letture deve essere intrapresa nella scuola materna. […] risulterà divertente ai lettori più piccoli e, solo anni dopo, alla decima o dodicesima lettura, essi cominceranno a capire quale abile maestria e profonda riflessione ne abbiano fatto un qualcosa di così compiuto» (Times Literary Supplement, 2 ottobre 1937). Ciononostante, tono e stile de Lo Hobbit sono leggeri e fiabeschi e sono la giusta introduzione al mondo di Tolkien perché può essere letto senza avere molti retroscena e dettagli storici in mente. Seguendo le vicende di Bilbo Baggins si inizia a esplorare la Terra di Mezzo, conoscendo insieme al protagonista i diversi popoli e le tante regioni che lo compongono. In realtà, la trama e lo stile crescono lentamente e, quindi, negli ultimi capitoli il lettore si trova dentro una saga epica a tutti gli effetti. Avendo concluso Lo Hobbit, si può così affrontare la lettura de Il Signore degli Anelli che è un romanzo compiuto e che parte dallo stesso tono del precedente per divenire subito una saga. Infine, si può passare alla mitologia della Terra di Mezzo con Il Silmarillion, che ha uno stile aulico fin dall’inizio. L’unica controindicazione per iniziare da questo libro è solo il rischio di apparire troppo “leggero” al lettore che si avvicini al testo magari avendo visto la trilogia cinematografica del Signore degli Anelli di Jackson, ma sarà perfetto per capire le numerose libertà che il regista neozelandese si è preso nella seconda trilogia, basata proprio su Lo Hobbit.

Iniziare da Il Signore degli Anelli

Lord of the Rings 1954-55Iniziare da Il Signore degli Anelli è la cosa più naturale, come già scritto, perché si tratta del capolavoro di Tolkien che gli ha dato fama in tutto il mondo. Potrebbe essere uno splendido libro per entrare nella Terra di Mezzo, che può far apprezzare la profondità e la bellezza del suo universo immaginario. La vera genialità dello scrittore è che, sebbene Elfi, Nani e re degli Uomini siano personaggi importanti, la storia è incentrata sulla gente letteralmente piccola, gli hobbit. Sono persone semplici e normali a cui piace un buon pasto e starsene a casa tra i loro amici. Non sono fatti per l’avventura. Insomma, gli hobbit siamo noi. Questa saga non riguarda l’elevato e il potente, ma tratta delle persone normali che decidono di fare la cosa giusta ed essere coraggiosi quando l’avventura e i tempi bui li travolgono. I nostri eroi hobbit non ottengono poteri speciali o scoprono di essere eletti, o diventano re; loro continuano ad andare avanti perché si preoccupano della loro casa e delle persone che amano. Il romanzo di Tolkien ha molte altre qualità: è anche una storia sul trauma, sul non commettere errori, non riguarda solo la speranza, sull’importanza della scelta, e della scelta di sperare di fronte a una terribile oscurità. Anche la persona più piccola può fare la differenza, semplicemente rimanendo coraggiosa e vera. Ci sono però alcune controindicazioni per iniziare da questo libro: è il “seguito” naturale de Lo Hobbit e ne completa la storia (quella di Bilbo, almeno); il romanzo ha molte allusioni al mondo più grande e alla storia antica di Arda. Inoltre, la mole del volume (circa 1300 pagine) potrebbe scoraggiare i più giovani. C’è, infine, chi ha trovato difficile superare il Prologo e i primi capitoli, ritenuti “troppo lenti” (quantomeno nella traduzione della Alliata).

Iniziare da Il Silmarillion

Silmarillion 1977Sono molti gli appassionati che sostengono che bisogna leggere Il Silmarillion, Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli in quest’ordine, perché è l’ordine effettivo in cui si svolgono gli eventi. Pubblicato dopo la morte di Tolkien, fornisce la cosmogonia e le storie dei Tempi Antichi di Arda. Iniziare a leggere le sue dal Il Silmarillion può fornire al lettore moltissime informazioni sul suo mondo immaginario. Il Silmarillion è il fertile alveo dal quale si dipartono – ed in virtù del quale possono essere meglio comprese – tutte le altre opere dello scrittore inglese. È un’opera che riveste, nel quadro della sua produzione letteraria, un ruolo di primo piano, non solo in senso cronologico, ma anche sul piano tematico e formale. Il Silmarillion si avvale di uno stile elevato ed aulico, che ricorda, nei suoi cataloghi genealogici, le cronache antiche e medievali. L’inclusione di brani poetici e un sapiente gioco metaletterario impreziosiscono l’opera ed offre un’interessante variazione al ritmo della lettura e del racconto. La controindicazione per iniziare da quest’opera può essere quella che si tratta di un testo meraviglioso, ma non facile e a tratti quasi troppo asciutto. Come già accennato, inoltre, le storie che compongono lo sfondo mitologico e storico sono relativamente complesse e non hanno collegamenti evidenti con i libri più famosi. Il Silmarillion piace di più dalle successive riletture, quando si ha un po’ chiaro il quadro e si notano più i dettagli. Infine, lo scrittore ne Lo Hobbit e ne Il Signore degli Anelli gioca molto sul fatto di citare eventi, luoghi personaggi delle ere più antiche e sconosciute per dare al lettore un senso di profondità, il gusto misterioso di epoche remote e scomparse.

Per concludere, qualsiasi sia l’ordine con cui si inizia… buona lettura!

 

 

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– Leggi l’articolo Leggere Tolkien: c’è un ordine giusto?
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– Leggi l’articolo Quale edizione comprare dello Hobbit?
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Tolkien e la storia sui viaggi nel tempo

InklingsDurante il periodo di pausa dalla scrittura del Signore degli Anelli – dal 1944 al 1946 – il Professore mise mano a una vecchia scommessa con l’amico C.S. Lewis che lo sfidava a scrivere una storia sui viaggi nel tempo. All’epoca Tolkien aveva cominciato e rapidamente abbandonato un romanzo, The Lost Road, ma nell’inverno ’45-’46 la vecchia sfida tornò a interessarlo e buttò giù “in una quindicina di giorni” (così dice in una lettera a Unwin, pur se Christopher Tolkien credeva che il padre avesse impiegato alcuni mesi) le circa centodieci pagine che compongono The Notion Club Papers, romanzo che però lasciò incompiuto per dedicarsi nuovamente al Signore degli Anelli. Il testo rimase inedito fino al 1992, quando fu pubblicato in Sauron Defeated, il nono volume della History of Middle-Earth. Si rivelò così al mondo un’opera strettamente connessa al legendarium.

Le carte del Notion Club

manoscritto Notion Club PapersA prima vista, The Notion Club Papers non sembra essere collegato alla Terra di Mezzo: l’azione avviene nel Mondo Primario, il mondo reale. Il romanzo viene presentato come la raccolta di verbali dei vivaci incontri di un fittizio gruppo di discussione letteraria (il Notion Club del titolo) nella Oxford di fine anni ’80. Un gruppo eterogeneo composto da accademici di molteplici discipline e diversi atenei, che si riuniscono a intervalli regolari nei loro alloggi privati sparsi per la città. Oggetto degli incontri del club sono “conversazioni, dibattiti, e la discussione di ‘carte’, sia in poesia che in prosa, scritte e lette dai suoi membri”; la mente corre agli Inklings, richiamo accentuato da un sottotitolo che Tolkien valutò per l’opera, “frammento di un’apocrifa saga degli Inklings, redatto da un imitatore negli anni Ottanta”. Il lettore viene portato ad aspettarsi nulla di più che una carrellata di pur interessantissime disquisizioni letterarie, linguistiche, e filosofiche; ma la sorpresa è dietro l’angolo.
La prima metà della Parte Prima, “The Ramblings of Ramer”, è occupata da una lunga discussione sulla fantascienza; oggetto di discussione è la cornice narrativa, e vengono spese parole molto dure su quanto possa essere credibile utilizzare navi spaziali per trasportare i protagonisti di un romanzo su un altro pianeta; ma Tolkien è meno interessato a esporre le proprie convinzioni sui tòpoi del genere fantascientifico, quanto piuttosto a dare una cornice a questo romanzo. Quando l’azione di inventare una storia viene definita vedere, la discussione vira bruscamente, e viene rivelata la capacità del Professor Michael Ramer di “vedere” in sogno luoghi ed epoche sconosciuti. La seconda metà della Parte Prima è dedicata ai “Ramblings” di Ramer propriamente detti, ovvero alla sua descrizione di tale processo e di alcune visioni. Si tratta di esperienze extrasensoriali particolarmente vivide, tra cui spiccano una Grande Onda che ricopre ogni cosa (sogno ricorrente di Tolkien, e poi di Faramir) e parole che richiamano subito alla mente le lingue inventate da Tolkien.
Sauron Defeated - vol 9 HoMECon la Parte Seconda, “The Strange Case of Arundel Loudham”, il romanzo si trasforma in una storia di re-incarnazioni e viaggi nel tempo – i due fenomeni sono strettamente legati – quando, oppresso dalle discussioni del circolo e dalle rivelazioni di Ramer, il filologo Arry Lowdham rivela la sua peculiare capacità di “udire” echi di linguaggi sia conosciuti ma assai antichi che sconosciuti; la storia trova infine il suo culmine quando una tempesta di portata quasi apocalittica si abbatte su Oxford e sull’intera Inghilterra; Passato e Presente si incontrano e i membri del circolo assistono attoniti a una regressione a un’incarnazione precedente di Lowdham e di un altro membro, l’amico Wilfrid Jeremy. Il passato che essi rivivono, tuttavia, non pare appartenere a questo mondo; va ben oltre la storia conosciuta, è il passato dai confini sfumati delle leggende, e l’episodio porta il lettore a porsi la stessa domanda che si pongono i protagonisti nel corso dei loro dibattiti: “Se tornassi indietro troveresti il mito che si dissolve nella storia o la storia che si dissolve nel mito?”
La risposta è intrigante: “Una volta qualcuno, non ricordo chi, ha detto che la distinzione tra storia e mito potrebbe non avere significato fuori dalla Terra. […] Forse la catastrofe di Atlantide fu la linea di demarcazione?”

Atalante, Colei che è Caduta

The Eagle and the ChildÈ proprio la catastrofe di Atlantide che ri-vivono i protagonisti, pur se il nome che “risveglia” i loro ricordi in un crescendo stimolato da tante altre “parole-fantasma” è simile tanto quanto è dissimile: Atalante, che significa “Colei che è caduta” in una delle lingue che Arry Lowdham “ode”. L’appellativo si riferisce però soltanto all’isola dopo il disastro; sia Arry Lowdham che Michael Ramer hanno un altro nome per essa, un nome che Ramer ha “visto” e Lowdham “udito”: Nūmenōr.
Così The Notion Club Papers trova infine la sua direzione e si configura come trait d’union tra il Mondo Secondario di Tolkien e il nostro: Numenor è Atlantide, e Arda altro non è che la Terra. Le “parole-fantasma” che Lowdham sente echeggiare nella mente non sono solo frammenti delle lingue inventate da Tolkien – specificamente Quenya e Númenóreano, riconoscibili grazie ai lunghi esempi illustrati da Lowdham nonostante egli le chiami “Avalloniano” e “Adunaico” – ma anche di Antico Inglese, lingua che Tolkien insegnò a Oxford. Lo stesso Lowdham rivela che il suo nome completo è Alwin Arundel, bastardizzazione di Ælfwine Éarendel. Éarendel è non solo il tolkieniano Ëarendil, oltre che il termine Antico Inglese che fu la scintilla per la creazione del legendarium, ma è anche il nome della nave a bordo della quale il padre di Lowdham scompare quand’egli è un bambino; Ælfwine, Amico degli Elfi, è l’Eriol dei Lost Tales, cui viene narrata la storia del mondo e che poi la narrerà a sua volta, ma è anche l’Elendil di Númenór, a un tempo antenato e precedente incarnazione di Lowdham, il cui padre Amandil sparì alla ricerca di Valinor. La coppia padre-figlio si ripete nel romanzo, con riferimenti a personaggi storici o quasi, figure dai contorni sfumati presenti nelle cronache medievali.
L’intreccio tra Mondo Primario e Secondario, già sottolineato nel climax del romanzo con la regressione di Lowdham e Jeremy a identità Númenóreane, viene infine confermato nelle ultime pagine, quando essi narrano agli altri membri del Notion Club di un’altra regressione, questa volta a un periodo storico documentato: i due si sono infatti ritrovati nel X secolo, alla corte del leggendario Re Sceafa. È qui che Tolkien interruppe The Notion Club Papers, con un intrigante accenno a molte altre storie a venire.
InklingsGli appunti di Tolkien mostrano che intendeva sviluppare ulteriormente il romanzo e legarlo in modo ancora più inequivocabile al suo legendarium: i personaggi anglosassoni, Ælfwine e Tréowine (ovvero le incarnazioni precedenti di Lowdham e Jeremy), sarebbero salpati per l’Ovest e avrebbero trovato e preso la Via Diritta; la narrazione sarebbe stata frammentata da visioni di incarnazioni probabilmente precedenti alla caduta di Numenor, data la menzione di un “racconto del Beleriand”. Infine, la catastrofe sarebbe stata ri-vissuta nuovamente. È poi di particolare interesse un breve appunto, che lascia perplesso persino Christopher Tolkien: “Fai la storia di Atlantide e abbandona la saga di Eriol, usando Loudham [sic], Jeremy, Guildford e Ramer.” Forse anche gli ultimi due personaggi avrebbero mostrato un’affinità per questa particolare forma di viaggio nel tempo tramite memoria; Ramer, ovviamente, aveva già descritto esperienze simili, mentre Guildford non spicca in modo accentuato nel romanzo, se non fosse che è proprio lui a indicare nell’incarnazione il modo migliore per giungere su un mondo. Forse i quattro avrebbero viaggiato insieme, le loro menti unite, così come viene accennato durante una delle discussioni del Club: «Immagino che sarebbe il tipo di cosa che viene fatta meglio da una o due persone che agiscono di concerto». Forse avrebbero poi narrato le loro vicissitudini al resto del Club. Ma Tolkien non terminò mai il romanzo; il mistero delle carte del Notion Club rimase insoluto, a causa dell’impossibilità di gestire adeguatamente i molteplici piani temporali e della stessa complessità della matassa che Tolkien stava cercando di dipanare.

 

ARTICOLI PRECEDENTI:
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Sulle orme di Aelfwine: 10 curiosità sugli Elfi

ElfiCosa avrà pensato Aelfwine quando, naufrago sulle sponde dell’Isola Solitaria, gettò lo sguardo su Tavrobel, e udì alcuni Elfi tirare in sacca la sua nave? Quanta deve essere stata la sua meraviglia nell’esser ricevuto come ospite (inatteso!) da Pengholodh dei Noldor ed aver udito i racconti e le tradizioni degli Eldar tanto da trasmetterli al suo popolo, una volta tornato in patria? Di certo, la narrazione della Musica degli Ainur e degli altri principali scritti di quel grandissimo erudito, per bocca di colui che li compose, è un evento raro per un mortale: così inusitato, da suscitare un’intensa curiosità in chiunque desideri apprendere qualche nozione circa i Primogeniti. Proprio seguendo le orme di Aelfwine e quanto da lui appreso, sarà possibile conoscerne dieci caratteristiche essenziali.

  1. Creature dotate di linguaggio

    Simona Calavetta: "Elfi e stelle"Per comprendere i Primogeniti, figli del Creatore Eru e primo popolo a risvegliarsi in Arda, “il Mondo”, è opportuno far attenzione alle parole: sono proprio gli Elfi a insegnarcelo. Il nome stesso che hanno scelto per se stessi, Quendi, dona gran valore al linguaggio e alla conversazione: esso significa “Coloro che Parlano con Voci”; fu scelto quando, al primo sguardo sulla volta stellata, non riuscirono a trattenere l’estatica meraviglia di fronte allo splendore del firmamento, dando voce al proprio stupore. Per un Elfo, le parole sono il fulcro dell’esperienza sensibile, il modo in cui lo spirito si desta e si mostra al Mondo, partecipando in esso. Così tanto il linguaggio esprime lo spirito che gli Elfi, se lo desiderano, tacciono la propria voce e parlano in silenzio. Quando praticano questa trasmissione del pensiero, il Sanwe-latya, lasciano che sia il mero movimento veicolo della propria volontà.

  2. Prediletti dai Valar

    Ted Nasmith: "Nascita degli Elfi"Il desiderio d’espressione, di intesa comune attraverso la parola consentì a tutti i Quendi di riunirsi attorno a tre gloriose figure carismatiche le quali si distinguevano non soltanto per maestà, ma soprattutto per il modo di intendere e di interpretare la propria vita. In ragione di queste manifeste virtù, i Valar, gli spiriti soprannaturali preposti alla cura del mondo, accettarono che il loro congiunto Orome recasse presso le loro dimore questi tre grandi Signori dei Quendi, ritenendo tale popolo il più prossimo a loro tra tutte le genti di Arda.

  3. I tre clan degli Elfi

    Tre Clan ElficiAl ritorno di Ingwë, Finwë ed Elwë, molti tra i primogeniti li acclamarono come sovrani, ne adottarono il modo di parlare e li seguirono nel loro viaggio verso le Terre Immortali nel lontano occidente per incontrare, all’unisono, i Valar. In quell’istante dai Quendi si formarono gli Eldar, il “Popolo delle Stelle”, divisi in tre stirpi – ognuna foggiando una lingua a propria immagine: i seguaci del primo si chiamarono Vanyar, “I Luminosi”, per le loro chiome chiare e dorate; quelli del secondo Noldor, “I Saggi”, in ragione dell’amore per la conoscenza e per l’arte che dimostravano; quelli del terzo Teleri, “Gli Ultimi”, i più tardi – e numerosi – a unirsi al lungo pellegrinaggio. Alcuni degli Elfi, pur tuttavia, si mostrarono nolenti e restii a lasciare le placide sponde di Ciuviénen, “Le Acque del Risveglio” da cui tutti i Primogeniti si erano affacciati alla vita per obbedire alla chiamata dei Valar: essi decisero di abbandonare gli Eldar, procedendo sparsi e poco uniti: per questo, vennero denominati Avari, “I Riluttanti”: anch’essi sancirono questa scelta modellando a loro piacere una lingua d’uso. Tra le molte, due spiccano sulle altre, per importanza: il Quenya, l’ “Alto Elfico” praticato dai Noldor, e il Sindarin, la “Lingua Grigia” dalla stirpe di Elwë.

  4. La divisione degli Elfi

    La divisione dei QuendiNon fu certo, però, questa l’unica spaccatura fra i Quendi: percorrendo la Terra di Mezzo, furono proprio i Teleri a dividersi: Elwë, che ormai governava i Teleri col fratello Olwë per il gran numero dei suoi congiunti, fu l’ultimo ad arrivare presso il Beleriand, la vasta regione costiera dai cui approdi gli Eldar avrebbero solcato le acque per Aman. Di lì a poco Elwë si smarrì, còlto dall’amore per Melìan la Maia, e abbandonò il fratello alle Terre Immortali. Olwë divenne così il signore dei Falmari “Il Popolo delle Onde”, quei Teleri che giunti nel dominio dei Valar amano più di tutti il Mare, pur perdendo, a sua volta, seguito: Lenwë, che era con lui, ed altri congiunti che lo apprezzarono, presero a cuore le foreste, divennero i Nandor, “Coloro che Ritornano” dimorando nelle selve; Nowë, accompagnò il suo signore fino alle sponde del Beleriand, ma si innamorò di quei lidi e scelse quella come sua dimora, divenendo il signore dei Falathrim, “Il popolo della Baia”, i più abili armaioli tra gli Eldar. Elwë, ricomparso alcuni anni dopo in compagnia di Melian, reclamò un’ampia parte del Beleriand per sé e i seguaci che si erano attardati, in sua assenza, a cercarlo: egli divenne quindi il sovrano dei Sindar, “I Grigi” come ebbero nome coloro che lo seguivano, in onore dell’argentea chioma del loro re.

  5. La strada della violenza: i fratricidi

    Alberto dal Lago: "Fratricidio di Alqualondë"Gli Eldar, tuttavia, così divisi, non erano soliti perdersi in lotte intestine. Il loro sentimento di fratellanza, sebbene non assoluto e incontestato, non vacillò mai così tanto da squassare irrimediabilmente l’indole pacifica e nostalgica con la quale trascorrevano la propria esistenza. Il prezzo che pagheranno quando sceglieranno la via della violenza reciproca sarà tanto orribile da essere ineffabile, onta indelebile nella loro eterna memoria: tre volte gli Eldar hanno trovato la morte per mano dei propri simili: la prima, quando Fëanor, coi suoi sudditi, massacrò i Falmari ad Alqualondë, l’“Attracco del Cigno” e sarà chiamato Il Fraticidio di Alqualondë; la seconda, allorché i figli di Fëanor attaccarono il regno dei Sindar, nel tentativo di recuperare uno dei maestosi Silmaril (i fulgenti gioielli di pura luce) chiamato Il Secondo Fratricidio; la terza, mentre, inseguendo Elwing che proprio quel casto gioiello aveva sottratto alla loro brama, misero a sacco il rifugio dove i sopravvissuti tra i Grigi trovarono accoglienza, chiamato Il Terzo Fratricidio.

  6. Una vita lunga ma non eterna

    Film Peter Jackson: gli Elfi lasciano la Terra di MezzoNonostante questa grave onta, che tormenta senza riposo la loro perpetua longevità, gli Elfi restano ad ogni buon conto uniti nei costumi. Racconta infatti Aelfwine, non senza stupore, che queste questi usi sono generalmente osservati come leggi da tutti gli Eldar per l’eternità: l’invecchiamento essendo lento quanto quello del mondo, crescano nel corpo molto lentamente, non così nello spirito. Difatti, non periscono se non nel corpo e solo di morte violenta, reincarnandosi dopo molto tempo.

  7. L’amore per la creazione

    Elfi FabbriAdorano ed eccellano nelle arti, senza distinzione; e sebbene le donne si dedichino maggiormente alla guarigione alla filatura e alla preparazione del pane, prediligendo gli uomini altre forme di artigianato e il mestiere delle armi, tali divisioni non impediscono alcuna commistione d’interessi reciproca: se occorre, gli uni possono dedicarsi alla medicina e le altre brandire una spada. Il loro ingegno creativo è senza pari, eguagliato talvolta, soltanto da alcuni maestri artigiani dei Nani.

  8. Quattro nomi per ogni Elfo

    Simona Calavetta: ElfaL’estro che dimostrano, del pari ad ogni altra caratteristica che li definisce tra i loro simili – e per le altre schiatte – è svelato nei loro nomi. È assai comune che gli Eldar ne abbiano più d’uno. Secondo Aelfwine, i Noldor sono coloro che meglio rappresentano questa tradizione. I genitori concedono alla propria prole un nome ciascuno: per primo il padre donerà al figlio un nome che ne metta in risalto le caratteristiche fisiche, e che diventerà, di norma, quello d’uso regolare. Del resto, lo stesso Tolkien lo scrive in una lettera (n. 165): «Per me, prima viene il nome e poi la storia»». Quando i figli crescono, la madre ne sceglie per loro un secondo, ad uso quasi esclusivamente familiare e affettivo, l’amilessë: questo nome completava la descrizione fisica o caratteriale del pargolo, rivelandone talora i più reconditi moti dell’animo; una madre conosceva così profondamente ciò che muoveva i rampolli che esso poteva perfino lasciar intravedere scampoli del loro fato: l’amilessë si diceva tercenyë, “che conferisce discernimento”. La sua estrema rarità era equivalente alla sua importanza. Il matronimico ed il patronimico accompagnavano i bambini Anke Eissmann: "Family portrait"dalla culla, ma una volta adulti, altri due nomi potevano comparire, liberamente scelti: il climessë, il “nome scelto”, coglieva infatti ciò che il singolo pensava di sé, o di ciò che aveva conseguito; l’epessë, il “nome seguente”, era un epiteto onorifico concesso da un congiunto o da un altro degli Eldar a celebrarne la fama.

  9. L’amore e il matrimonio

    Elfi matrimonioQuest’ultimo rivestiva particolare importanza nella trasmissione dei sentimenti: non era infrequente fosse l’amato o il coniuge a concepirlo. A tal riguardo occorre precisare che per gli Eldar l’amore interpersonale era annoverato tra le massime aspirazioni, parimenti alla paternità. La ricerca, l’espressione e il sugello del maggiore e più fulgido tra i loro sentimenti avveniva secondo le circostanze: essendo il connubio inscindibile tra carnalità e unione di spirito, in tempi di pace si procedeva a una cerimonia che riuniva le famiglie dei innamorati: dopo almeno un anno dal fidanzamento, avvenuto entro il primo secolo di vita, la coppia, in possesso del reciproco dono di due anelli d’argento a testimonianza della volontà di sposarsi, offriva un banchetto. Durante questa celebrazione, la coppia si mostrava ai convitati e, in presenza dei rispettivi genitori, riceveva la benedizione delle nozze: il padre dello sposo invocava Manwe, Signore dei Valar a testimone della sacra unione, e la madre della sposa si univa a quest’invocazione invocando Varda, sua consorte e Signora delle Stelle, prima di rivolgere una preghiera finale a Eru. Poi, gli sposi sfilavano dalle loro dita gli anelli d’argento, custodendoli comunque per sempre; ne ricevevano subito due in oro, che calzavano ciascuno al dito indice della mano destra. A questo dettame i Noldor aggiungevano un rituale ulteriore: oltre agli anelli d’oro, il padre dello sposo e la madre della sposa sommavano anche un gioiello contornato da una collana. Infine, marito e moglie univano le loro membra: e congiunti rimanevano anche oltre la morte. Se invece i tempi fossero stati ostili, era sufficiente l’unione del corpo per sancire, da sola, gli indissolubili vicoli nuziali.

  10. La reincarnazione degli Elfi

    Libri: "La reincarnazione degli Elfi"Il tema della reincarnazione è di enorme importanza per la comprensione del suo Legendarium, tanto che ha impegnato Tolkien per oltre sessant’anni, che ha cambiato idea diverse volte. In una lettera del 1954 scrive: «La “reincarnazione” può ben essere cattiva teologia (sicuramente questo, piuttosto che metafisica) se è applicata all’umanità […]. Ma non capisco come persino nel Mondo Primario un teologo o un filosofo, a meno che non siano più informati sui legami tra spirito e corpo di quanto io non creda possibile, possa negare la possibilità della reincarnazione come modo di esistere, prescritta per alcuni tipi di creature razionali incarnate […]. Questa è una legge biologica del mio mondo immaginario». Quel che spinge Tolkien a molti cambiamenti non sono tanto convinzioni «confessionali», quanto motivazioni interne alla narrazione e alla ricerca di coerenza del mondo secondario. La tematica è fondamentale per comprendere le relazioni tra anima razionale (fëa) e corpo (hröa), e l’immortalità elfica, intesa come perenne legame degli Elfi con Arda, alla quale anche se uccisi potevano tornare reincarnandosi. Così, la maggior parte degli Elfi che muoiono nella Terra di Mezzo, rinascono sempre in Aman – la terra dei Valar – , da cui poi possono (Glorfindel) o meno (Finrod) ritornare nella Terra di Mezzo.

Nicola Nannerini

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Tolkien’s Lost Chaucer: a settembre l’inedito

Canterbury Tales e TolkienIl 2019 continua la tradizione editoriale stabilitasi negli ultimi anni che vede l’annuncio di una nuova pubblicazione inedita tolkieniana dal 2013: il lungo silenzio che aveva seguito l’uscita del racconto breve Roverandom nel 1998 era stato rotto prima da The Children of Húrin nel 2007, seguito due anni dopo da The Legend of Sigurd and Gudrún, che aprì il filone delle rielaborazioni di tradizioni letterarie medievali, a cui seguì nel 2013 The Fall of Arthur, Beowulf con Sellic Spell (2014), The Story of Kullervo (come volume a sé stante nel 2015, ma già apparso nei Tolkien Studies n. 7), The Lay of Aotrou and Itroun (2016), per poi tornare ai Grandi Racconti della Terra di Mezzo con Beren and Lúthien (2017) e, l’anno scorso, con The Fall of Gondolin. Per il 26 settembre 2019 la casa editrice Oxford University Press ha annunciato l’uscita del volume Tolkien’s Lost Chaucer a cura del professor John M. Bowers dell’Università del Nevada a Las Vegas, studioso di letteratura in inglese medio, che già il primo dicembre del 2017 tenne presso l’Università dell’Arkansas una conferenza in merito, dal titolo Tolkien as a Chaucerian: The Reeve’s Tale.
John M. Bowers - 2Il mugnaio violento presente nel Racconto del fattore (The Reeve’s Tale) ha molti echi in campo tolkieniano: dall’esperienza personale in giovane età, quando uno dei mugnai di Sarehole spaventava John e il fratello Hilary, al campo accademico con il saggio Chaucer as a Philologist: The Reeve’s Tale del 1934 a quello creativo, con l’influenza nel Signore degli Anelli.
John M. Bowers ha già pubblicato vari studi sulla letteratura medievale inglese quali The Crisis of the Will in Piers Plowman (Catholic University of American Press, 1986), The Politics of ‘Pearl’: Court Poetry in the Age of Richard II (D. S. Brewer, 2001) e An Introduction to the ‘Gawain’ Poet (University Press of Florida, 2012), approfondendo Chaucer in particolare nei volumi The Canterbury Tales: Fifteenth-Century Continuations and Additions (Western Michigan University TEAMS Medieval Institute Publication, 1992, rev. 1999) e Chaucer and Langland: The Antagonistic Tradition (University of Notre Dame Press, 2007).

La storia e i contenuti

Prima pagina del Knight's Tale - Ellesmere manuscriptIl Clarendon Chaucer, come è conosciuto questo lavoro di Tolkien, fu la sua peggior impresa editoriale. L’idea era molto semplice: l’editore voleva seguire il successo del volume Reader of Fourteenth Century Verse and Prose di Kenneth Sisam con un libro simile su Geoffrey Chaucer per gli studenti universitari. Tolkien aveva fornito al libro di Sisam il Glossario, ma come suo solito, lo aveva consegnato troppo tardi per essere incluso nella prima edizione. Visto che i testi di Chaucer sarebbero stati quelli già stampati dalla Oxford University Press, la Clarendon Press affidò a Tolkien il compito di realizzare note esplicative ed un glossario per il Clarendon Chaucer, una selezione di brani e versi di Chaucer. Tolkien ci iniziò a lavorare nel 1922, ma tra angoscianti ritardi e confusioni – tutti dettagliati già da Peter Gilliver in un saggio del 2008: The Word as Leaf: Tolkien as Lexicographer and Philologist – trent’anni dopo ancora non si era giunti alla pubblicazione. Così nel 1951 la casa editrice rinunciò al progetto e, anche se Tolkien consegnò i propri appunti affinché un altro studioso portasse a compimento l’opera, l’impresa venne considerata chiusa.

Prima della pubblicazione nel 2006 del J.R.R. Tolkien Companion and Guide di Wayne G. Hammond e Christina Scull l’esistenza stessa del Clarendon Chaucer era conosciuta solo agli studiosi. Dopo anni di quiescenza, il professor Bowers con l’aiuto anche di Peter Gilliver (tra gli autori del volume di critica The Ring of Words, che affronta il lavoro di Tolkien all’Oxford English Dictionary) ha spulciato negli archivi della casa editrice, scovando bozze, note e appunti di Tolkien, oltre a una presentazione di George Gordon, amico e sponsor del professore. Grazie anche a lettere e conferenze ancora inedite, Tolkien’s Lost Chaucer permetterà quindi ai lettori di esplorare come il Professore percepisse la lingua e la narrativa chauceriane, nonché l’influenza del poeta sulle opere tolkieniane.
Ecco cosa troverete nel volume in uscita a settembre:

  • Prologue: Concerning Chaucer
  • Unexpected Journeys
  • Four Chaucerians: Walter W. Skeat, Kenneth Sisam, George Gordon, and C.S. Lewis
  • Tolkien as Editor: Text and Glossary
  • The Chaucerian Incubus: The Notes
  • Tolkien as Chaucerian: The Reeve’s Tale
  • Chaucer in Middle-Earth
  • Appendices
  • Works Cited

Tolkien e Chaucer

Geoffrey ChaucerTolkien incontrò Chaucer già in giovane età, cominciando a leggere i Canterbury Tales a soli dieci anni, fino ad arrivare a tenere diversi corsi accademici su di lui. In quanto professore di lingua e letteratura inglese, Tolkien inevitabilmente si occupò anche del poeta che viene generalmente considerato l’iniziatore della tradizione letteraria inglese, sebbene il suo punto di vista in merito fosse assai differente, come asserisce chiaramente nella lettere n. 32 dove confuta l’erronea concezione che Chaucer sia stato il primo poeta inglese, e che prima di lui tutto fosse muto e barbarico. Questo ovviamente non è vero, ed è forse sbagliato anche come modo per enfatizzare il fatto che egli possedeva un singolare genio, che in ogni periodo avrebbe prodotto opere di gusto originale. Personalmente non associo il nord alla notte o all’oscurità, specialmente non in Inghilterra, dei cui 1200 anni di tradizione letteraria Chaucer si trova nel mezzo, piuttosto che all’inizio. Inoltre a me non sembra primaverile, ma autunnale (anche se dell’inizio dell’autunno) e non regale ma borghese.
Copertina Tolkien e i ClassiciEppure il Professore vedeva nel poeta medievale anche un modello, verso il quale è debitore per la struttura di alcune opere, lo stile, i modi di dire, alcuni personaggi e l’ambiente sociale in cui si muovono. Tra gli studiosi che hanno esplorato i legami delle opere tolkieniane con la poetica di Chaucer oltre a Bowers figurano anche William H. Green e Jane Chance, ma ai lettori che hanno poca confidenza con la lingua inglese segnaliamo, per approfondire ulteriormente il rapporto tra i due maestri della letteratura, il saggio L’oste e il mugnaio: la gente comune in Geoffrey Chaucer e J.R.R. Tolkien di Roberto Arduini (presidente AIST) pubblicato nel primo volume Tolkien i Classici. Questo studio è stato presentato anche alla conferenza del 10 marzo 2015, parte del ciclo dei TolkienLab, in collaborazione con l’Istituto Filosofico di Studi Tomistici a Modena.

DATI ESSENZIALI

Titolo: Tolkien’s Lost Chaucer
Autore: John Ronald Reuel Tolkien
Pagine: 360 pagine, con 15 illustrazioni
Editore: Oxford University Press
Collana: Literary Studies – Early & Medieval
Curatore: John M. Bowers
Dimensione: 23.4 × 15.3 cm
ISBN – EAN: 9780198842675
Prima edizione: settembre 2019
Prezzo: 25 sterline (circa 29 euro)

ARTICOLI PRECEDENTI:
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– Leggi l’articolo A Modena il 10 marzo ecco Tolkien e Chaucer
– Leggi l’articolo Ad agosto La Caduta di Gondolin di Tolkien
– Leggi l’articolo Esce in Gran Bretagna The Fall of Gondolin!
– Leggi l’articolo Esce Beren e Lúthien di J.R.R. Tolkien
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– Leggi l’articolo “The Story of Kullervo”: ecco la seconda parte
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– Leggi l’articolo Esce The Fall of Arthur: scarica l’introduzione
– Leggi l’articolo Esce il nuovo Tolkien Companion and Guide
– Leggi l’articolo Il crowdfunding per il mulino di Tolkien

LINK ESTERNI:
– Vai al sito dell’Oxford University Press
– Vai alla pagina del professor John M. Bowers
– Vai al sito dell’Università dell’Arkansas

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Ad agosto La Caduta di Gondolin di Tolkien

Edizioni deluxe Signore degli AnelliDopo giorni di indiscrezioni e rischio di un pesce d’aprile prolungato, finalmente è ufficiale: questa estate avremo un nuovo inedito di J.R.R. Tolkien. HarperCollins ha annunciato che, per la prima volta, pubblicherà The Fall of Gondolin il 30 agosto di quest’anno. Fin dal 26 marzo il volume era comparso su Amazon.fr elencato semplicemente come Untitled di Tolkien, quindi c’era stata molta speculazione tra gli appassionati su quale fosse l’argomento e se davvero fosse un nuovo titolo.
Amazon.frSul sito dei Tolkiendil, che informalmente rappresenta la società tolkieniana francese, ci erano stato diverse ipotesi, che poi si sono diffuse come un’onda a tutti gli altri siti specializzati, compresi quelli in italiano. Passato il primo di aprile, prima Amazon.co.uk ha iniziato a prendere preordini, poi la Società Tolkieniana inglese ha aiutato a diffondere la notizia, e infine è giunto il comunicato ufficiale di HarperCollins.

L’ultima delle Grandi Storie del Silmarillion

Libro: Fall of GondolinCurato da Christopher Tolkien e illustrato da Alan Lee, The Fall of Gondolin seguirà lo stesso formato di Beren e Lúthien pubblicato l’anno scorso, e nel contenuto la storia sarà separata rispetto ai testi che mostreranno come questa narrativa si sia evoluta nel corso degli anni. Questa è la prima volta che la storia della Caduta di Gondolin è pubblicata come volume indipendente e raccoglie tutte le versioni della storia pubblicate finora. Come tale si può dire appunto che questo libro sia il culmine di un lavoro di oltre quarant’anni di ricerca da parte del figlio dell’autore. La Caduta di Gondolin è uno dei tre Grandi Racconti del Silmarillion, accanto ai Figli di Húrin e Beren e Lúthien. Questa bellissima storia narra l’ascesa e la caduta di un grande regno elfico, che si svolge millenni prima degli eventi del Signore degli Anelli. Questo libro riunisce tutti gli scritti esistenti al riguardo in un unico volume in modo da presentare la storia per intero.
Ultimo ora in ordine di pubblicazione indipendente, La Caduta di Gondolin fu in realtà il primo dei racconti della Prima Era a essere composto – la prima versione fu scritta durante la convalescenza di Tolkien a Great Haywood, nello Staffordshire, all’inizio del 1917. J.R.R. Tolkien soldato (1916)Lo scrittore era stato rimpatriato dalle trincee della Prima Guerra Mondiale per una grave malattia che lo aveva colpito e che lo tenne in ospedale per lungo tempo. Questa prima versione è l’unica completa della storia ed è compresa ne I Racconti Perduti, la prima fase della mitologia di Tolkien. Una versione compressa della storia è stata scritta tra il 1926 e il 1930 per armonizzarla con l’ormai molto cambiato Silmarillion. Molto più tardi, probabilmente nel 1951, Tolkien iniziò a lavorare su un resoconto completamente nuovo che termina bruscamente quando Tuor raggiunge la città nascosta di Gondolin. Questo meraviglioso frammento è stato pubblicato nei Racconti Incompiuti con il titolo Of Tuor and his coming to Gondolin e mostra una grande espansione del racconto precedente, senza arrivare però fino alla caduta finale della città.
Esiste anche un poema inedito e intitolato The Lay of the Fall of Gondolin di cui alcuni versi sono citati nel volume The Lays of Beleriand. In quei 130 versi pubblicati Tolkien raggiunge il punto in cui i draghi attaccano la città; da questo si può supporre che, anche se fosse stato completato, sarebbe stato molto più breve delle lunghe versioni poetiche di The Lay of Leithian e Narn i Chîn Húrin. Christopher Tolkien ha descritto l’abbandono di questa storia da parte di suo padre come «uno dei fatti più tristi dell’intera storia dell’incompletezza».
Il nuovo libro di Tolkien sarà pubblicato da HarperCollins nella versione originale inglese e la data di uscita prevista è il 23 agosto 2018, con edizione copertina rigida, flessibile ed e-book. È possibile prenotare il volume anche nella versione deluxe pubblicata da HarperCollins per 89,45 euro. Il libro sarà pubblicato il 30 agosto negli Stati Uniti da Houghton Mifflin Harcourt e in altre lingue da numerosi editori Tolkien in tutto il mondo. Per quanto riguarda l’Italia l’editore Bompiani ha già comprato i diritti anche se al momento non si sa la data di uscita. Su Amazon.it si può già prenotare il libro in inglese. Il prezzo è di 23,33 euro per la copertina rigida e di 21,46 euro per la copertina flessibile. Nella versione inglese, The Fall of Gondolin ha una lunghezza di 304 pagine e contiene come detto le illustrazione di Alan Lee. HarperCollins ha anche annunciato che il calendario ufficiale di Tolkien includerà le illustrazioni tratte dal libro e sarà pubblicato lo stesso giorno. Come con la pubblicazione di Beren e Lúthien l’anno scorso, l’editore ospiterà una serie di eventi di lancio con Alan Lee.

La reazione della critica e qualche considerazione

Bompiani: "Beren e Luthien"L’annuncio di questa nuova pubblicazione è stato una sorpresa anche per gli studiosi di Tolkien. Christopher Tolkien, che ora ha 93 anni, aveva scritto nella Prefazione di Beren e Lúthien che quello sarebbe stato «(presuntivamente) il mio ultimo libro nella lunga serie di edizioni degli scritti di mio padre». «Quella prefazione aveva una certo valore perché in qualche modo stava ricordando il suo primo incontro con il lavoro del padre», ha detto in un’intervista al Guardian John Garth, autore di Tolkien e della Grande Guerra (pubblicato in Italia da Marietti 1820), che analizza il contesto storico che portò alla stesura della prima storia di quello che sarà l’immenso mondo fantastico dello scrittore inglese. «È una storia di ricerca con un eroe riluttante che si trasforma in un vero eroe – è un modello per tutto ciò che Tolkien ha scritto in seguito. C’è un signore oscuro, il primo incontro con Orchi e Balrog – è davvero Tolkien che si sta tirando indietro per quello che avrebbe fatto in seguito». Lo studioso inglese sostiene che La caduta di Gondolin contenga la «più grande narrazione fatta da Tolkien di una battaglia al di fuori del Signore degli Anelli, ma il paragone più calzante col il romanzo può essere quella parte del libro in cui Tolkien ha tentato di raccontare tutta la storia nello stile romanzesco del Signore degli Anelli. Nella prima versione completa della storia, ti senti come se stessi leggendo L’Iliade. Nella versione incompleta lo stile è invece più naturalistico».
Studiosi: John Garth (foto © Erin Beck)A leggere attentamente la Prefazione di Beren e Lúthien, si trova un’importante nota che testimonia ancor di più l’onestà intellettuale di Christopher Tolkien: «Caratteristica essenziale di questo libro è mostrare gli sviluppi della leggenda di Beren e di Lúthien nelle parole di mio padre, in quanto il metodo impiegato è l’estrazione di passaggi da manoscritti assai più lunghi, in prosa o in versi, scritti nell’arco di molti anni». Ecco quindi qual è il senso anche di questo nuovo volume: l’eliminazione estrema dell’intervento filiale e l’intento lodevole di restituire un valore letterario e narrativo al materiale incompiuto, frammentario e scritto lungo un periodo di oltre mezzo secolo da J.R.R. Tolkien.
I figli di HurinLa pubblicazione de La caduta di Gondolin completerà uno dei sogni non realizzati di J.R.R. Tolkien: pubblicare come come libri a sé stanti ciascuno dei tre “Grandi Racconti” della Prima Era della Terra di Mezzo, che sono alla base del Silmarillion. Si tratta appunto di La caduta di Gondolin, il Lai di Beren e Lúthien (in versi) e I Figli di Húrin. Tolkien era incostante nel suo elenco, portando a volte il loro numero a quattro, perché la storia di Earendel, fuggito con i genitori dalla distruzione della città di Gondolin, era resa indipendente sotto il nome di Eärendel il Vagabondo. Quest’ultima storia però al contrario delle altre è l’unica ha non avere mai visto una narrazione completa e il pezzo più lungo è il Lay of Eärendel cantato da Bilbo nella sala di Elrond nel Signore degli Anelli.
Queste considerazioni rendono molto più interessante il lungo estratto presente su Amazon: «Dopo un resoconto minuzioso della Caduta di Gondolin, il racconto si conclude con la fuga verso sud di Túor e Idril con il bambino Eärendel che guarda indietro, da una fenditura nella montagna, alle macerie in fiamme della loro città. Erano in cammino verso una nuova storia, il Racconto di Eärendel, che Tolkien non ha mai scritto, ma che è abbozzato in questo libro da altre fonti».
Sembra quindi che Christopher abbia riunito tutti i frammenti di poesia e gli schemi tratteggiati rapidamente su ciò che è apparso sul Racconto di Eärendel – proprio come aveva già fatto nel penultimo capitolo dei Racconti Ritrovati (in originale The Book of Lost Tales, volume 2) e li abbia messi tutti insieme in una sezione a sé stante alla fine del libro. Se è così, sarà una motivazione in più per comprare il volume!

Ascolta l’intervista audio della BBC ad Alan Lee


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Il Silmarillion compie quarant’anni!

copertina Il Silmarillion“There was Eru, the One, who in Arda is called Ilúvatar; and he made first the Ainur, the Holy Ones, that were the offspring of his thought, and they were with him before aught else was made. And he spoke to them, propounding to them themes of music; and they sang before him, and he was glad.”
(Esisteva Eru, l’Unico, che in Arda è chiamato Ilúvatar; ed egli creò per primi gli Ainur, Coloro che sono santi, progenie del proprio pensiero, ed essi erano con lui prima che ogni altra cosa fosse creata. Ed egli parlò loro, proponendo loro temi musicali; ed essi cantarono al suo cospetto, ed egli ne fu lieto.)Eru Iluvatar - Jian Guo
Pochi tra gli appassionati tolkieniani non riconosceranno queste parole: così si apre l’Ainulindalë, “La Musica degli Ainur”, il primo capitolo del Il Silmarillion, la raccolta di leggende che, partendo dalla cosmogenesi, narra le antiche storie degli Elfi e degli uomini. Christopher Tolkien diede alle stampe Il Silmarillion 40 anni or sono, nel 1977, proprio questo stesso giorno (in Italia sarebbe apparso l’anno successivo). Invero questo settembre si prospetta come un mese di celebrazioni tolkieniane: oltre a festeggiare l’uscita del Silmarillion, giovedì 21 ricorre l’ottantesimo anniversario della pubblicazione de Lo Hobbit (1937) e venerdì 22 cade il compleanno di Bilbo e Frodo Baggings.

Di padre in figlio

Silmarillion 1977Le antiche storie degli Elfi (e degli uomini) che compongono l’odierno Il Silmarillion erano care a Tolkien, che le scrisse e riscrisse dal 1917 fino alla fine dei suoi giorni. Le storie variavano, così come variava lo stile e la forma in cui venivano raccontate. Dopo aver terminato Il Signore degli Anelli, Tolkien tentò di pubblicarle assieme al romanzo. Alcuni manoscritti appartenenti al corpus di testi da cui in seguito emerse Il Silmarillion di Christopher erano già stati proposti all’editore Allan&Unwin dopo il successo de Lo Hobbit, ma erano stati rifiutati: il Professore considerò quindi un altro editore, Collins, cercando di fargli comprendere l’importanza di queste antiche leggende, ma non ottenne il risultato sperato. Tolkien allora si rivolse nuovamente ad Allan&Unwin e le storie del passato elfico rimasero nell’ombra.
In vita, l’autore non stabilì quali varianti delle storie dovessero appartenere ad un’eventuale edizione del Silmarillion: il figlio Christopher, in quanto erede designato, alla morte del padre intraprese quindi un processo di selezione e composizione, assistito dallo scrittore Guy Kay negli anni 1974-75, che portò a dare infine alle stampe il libro che oggi conosciamo. Il Silmarillion, che era stato pensato idealmente come depositario di una tradizione composta da testi di differenti periodi, provenienti da varie fonti e scritti con diverse forme e stili, ha realmente un passato ricco di varianti, riscritture e interpretazioni.
Libro: Arda ReconstructedCome le scelte di Christopher plasmarono Il Silmarillion è ampiamente trattato nel volume Arda Reconstructed di Douglas C. Kane (potete leggere qui la recensione di Claudio Testi), ma che il risultato finale non soddisfacesse appieno il figlio è evidente. Christopher continuò anche dopo la pubblicazione del Silmarillion a dedicarsi agli scritti tolkieniani da cui Il Silmarillion era emerso e la maggior parte dei 12 volumi noti come History of Middle earth ne sono la prova. Si tratta di volumi dall’impostazione assai differente, dove ogni versione dei testi viene presentata e i brani sono intervallati dai commenti del curatore, risultando così meno scorrevoli come narrativa, ma permettendo uno studio molto più approfondito del pensiero e delle opere tolkieniane.

Altre menti e altre mani

“Alcuni dei racconti più vasti li avrei raccontati interamente, e ne avrei lasciati altri solo abbozzati e sistemati nello schema d’insieme. I cicli sarebbero stati legati in un grande insieme, e tuttavia sarebbe rimasto lo spazio per altre menti e altre mani che inserissero pittura e musica e dramma” (lettera n. 131)
nightfall-in-middle-earthAltre menti sono infatti state accese dall’opera di Tolkien, molte più di quante si possano qui elencare, e le storie del Silmarillion sono state raccontate dalle mani di artisti di ogni genere e livello. Trasformate in musica hanno risuonato in migliaia di echi, basti pensare alle tante sfumature metal, da Nightfall in Middle-Earth, il concept album della band tedesca Blind Guardian, alla realtà italiana degli Holy Martyr con Darkness shall prevail.
A lungo si è parlato di un adattamento cinematografico, come è successo per Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit, dell’idea di Peter Jackson e del perché tale film non fosse realizzabile, sebbene l’idea fosse talmente allettante da spingere i fan tedeschi a progettare un fanfilm. Anche l’antica arte della miniatura è stata rispolverata, con la realizzazione da parte di uno studente tedesco di Belle Arti di un meraviglioso Silmarillion miniato. L’arte figurativa, in tutte le sue sfumature, è stata forse la più produttiva: i più grandi artisti tolkeniani al mondo hanno illustrato le vicende narrate nel Silmarillion. Nomi come Alan Lee, Ted Nasmith e John Howe (che quest’anno sarà ospite a Lucca Comics and Games) non possono essere estranei agli amanti dell’opera tolkieniana, ma anche in Italia gli artisti pronti a dedicare alle prime Ere della Terra di Mezzo le proprie tele, fisiche o virtuali che siano, non mancano.
Crowfunding fantasy is comingL’AIST festeggia il quarantesimo anniversario della pubblicazione del Silmarillion con il suo crowdfunding per la realizzazione del calendario Lords for the Ring 2018, che sarà interamente dedicato alle antiche storie di Arda. Sei Lords e una Lady formano la nostra compagnia, già affermata dopo il successo del calendario 2017: Paolo Barbieri (che per primo ebbe l’idea nel 2016), Ivan Cavini, Lucio Parrillo, Angelo Montanini (art director), Edvige Faini, Dany Orizio e Alberto Dal Lago. Con l’intenzione di proporre nuove interpretazioni artistiche delle opere tolkieniane dopo l’enorme diffusione dell’interpretazione data dalle trilogie cinematografiche, ad ogni artista sono stati affidati due brani da tramutare in immagini, seguendo la propria vena creativa. Il 4 settembre è stato lanciato il crowdfunding per la realizzazione del progetto, che ha già raggiunto il primo obiettivo: la seconda edizione del calendario Lords for the Ring è confermata!
Ringraziamo ancora una volta i nostri sostenitori, che hanno partecipato numerosi e ci hanno permesso di raggiungere la quota necessaria molto, molto prima dei 40 giorni stabiliti come tempo massimo. Rimanete aggiornati su tutte le novità seguendo la pagina facebook Lords for the Ring – Tolkien Art Calendar, vi attendono ancora molte sorprese! Infine, vi aspettiamo numerosi a Lucca Comics & Games, dove troverete il calendario Lords for the Rings 2018 allo stand AIST al padiglione Carducci (conosciuto anche come padiglione Games)!

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Lords for the Ring 2018: prendi il tuo calendario!
– Leggi l’articolo Il viaggio con i Lords sta per ripartire!
– Leggi l’articolo Ecco come Christopher pubblicò il Silmarillion
– Leggi l’articolo Holy Martyr
– Leggi l’articolo Jackson e il Silmarillion: perché non lo farà?
– Leggi l’articolo Il Silmarillion di Tolkien secondo Peter Jackson
– Leggi l’articolo E in Germania si gira il Silmarillion di J.R.R. Tolkien
– Leggi l’articolo Un Silmarillion miniato per la gioia dei lettori di Tolkien
– Leggi l’articolo Ecco il crowdfunding per il calendario AIST!

LINK ESTERNI:
– Vai al sito eppela
– Vai alla pagina facebook Lords for the Ring – Tolkien Art Calendar
– Vai al sito di Ivan Cavini
– Vai alla pagina facebook di Lucio Parrillo
– Vai alla pagina facebook di Angelo Montanini
– Vai al sito di Paolo Barbieri

– Vai al sito di Edvige Faini
– Vai al sito di Dany Orizio
– Vai al sito di Alberto Dal Lago
– Vai al sito di Lucca Comics & Games

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Salmar, il Vala dimenticato

Fare ricerca nei testi di Tolkien

Il Silmarillion: mappa di ArdaCome ben sappiamo, l’universo tolkieniano è estremamente vasto e particolareggiato, e non è raro imbattersi in un nome che non conosciamo e che ci incuriosisce. Oppure, in un personaggio che ci piace molto e del quale vorremmo scoprire tutto il possibile: in questo caso, una generica ricerca su internet non è la soluzione, perché si rischia di trovare poche e spesso inaccurate informazioni. La scelta migliore è sempre quella di basarsi sui testi stessi, come suggerisce questo interessante articolo. Come rileva l’autore, uno degli aspetti più belli dell’opera tolkieniana è il gran numero di misteri e questioni lasciati irrisolti, che possono essere indagati da ogni lettore che voglia mettersi a cercare indizi e riferimenti disseminati nei testi. L’esempio che porta è quello di Salmar, un personaggio secondario del Silmarillion e generalmente poco conosciuto. Come fare allora per saperne di più?

Usate i libri

Il primo consiglio che dà è appunto quello di non limitarsi a fare una ricerca su Google: oltre al rischio di ottenere risultati lacunosi e imprecisi, ci si priverebbe del gusto della ricerca e della possibilità di scoprire i dettagli da sé, immergendosi nelle pagine dei libri.

Consultate gli indici

Ulmo e Tuor - Ivan CaviniIl Professore prima, e il figlio Christopher poi, hanno corredato di indici analitici tutte le opere maggiori, per dare la possibilità ai lettori di ritrovare velocemente le pagine dove un particolare personaggio, luogo o oggetto è menzionato.
Nel caso preso in esame, occorre scorrere la lettera “S” nell’indice del Silmarillion, dove alla voce “Salmar” troveremo specificato: “Un Maia che penetrò in Arda con Ulmo; artefice degli Ulumùri, i grandi corni di Ulmo.”
Ciò significa che abbiamo a che fare con un Maia al servizio di Ulmo; oltre a questo, andando a leggere alla pagina indicata, che si trova nel primo capitolo, scopriamo che: “Salmar è giunto con lui ad Arda, Salmar che costruì i corni di Ulmo, quelli che nessuno mai può dimenticare una volta che li abbia uditi”.

Scoprite l’etimologia

The Lost Road and other writings- History of Middle-earth 5Tutti i nomi presenti nei testi tolkieniani hanno una radice etimologica significativa. Tutti noi lettori di Tolkien sappiamo che lui scrisse le sue storie per dare un mondo e un popolo che le parlasse alle sue lingue elfiche, Quenya e Sindarin: per questo motivo, sicuramente il nome sul quale stiamo indagando avrà radice in una di queste due.
Il Silmarillion è dotato di un breve vocabolario che riporta le parole elfiche usate nel libro, perciò si può verificare se, dividendo in due la parola “Salmar”, è possibile scoprire qualcos’altro.
In questo caso il risultato è negativo, ma abbiamo a disposizione un’altra fonte, il quinto volume della History of Middle-Earth, The Lost Road and Other Writings, che riporta una lista più completa: sfortunatamente, nemmeno questa ci viene in aiuto.
Alla terza fonte consultata, però, scopriamo qualcosa: nell’appendice dei nomi dei Racconti Ritrovati, infatti, leggiamo che “il nome fa sicuramente parte dei derivati della radice SALA: salma ‘lira’; salmë ‘il suonare l’arpa’ ecc.”

Estendete la vostra ricerca (cercate altri libri)

Come già sappiamo bene, una delle caratteristiche più affascinanti della mitologia della Terra di Mezzo è l’incredibile abbondanza di dettagli che il Professore inserisce nelle sue storie. Ciò permette di trovare un personaggio in un libro, di seguirne le tracce in un altro, magari scoprendo le vicissitudini da lui affrontante o i suoi legami famigliari.
Racconti RitrovatiPerciò, quando si cercano informazioni specifiche, è sempre bene espandere la ricerca agli altri libri.
Nel nostro caso, stiamo cercando Salmar, un personaggio del Silmarillion: in quali altre storie potrebbe comparire? Ci sono i Racconti Incompiuti, che espandono alcune delle storie del Silmarillion, e i Racconti Ritrovati e quelli Perduti, che contengono le prime versioni del legendarium.
Nell’indice dei Racconti Incompiuti, nulla; ma in quello dei Racconti Ritrovati troviamo qualcosa: “Salmar: compagno di Ulmo, chiamato anche Noldorin, Lirillo e (gnomico) Golthariel”.
Come abbiamo già detto, molte delle storie contenute nella HoME, e quindi anche nei Racconti Ritrovati, sono le prime versioni scritte da Tolkien, che possono differire di molto rispetto alle versioni poi pubblicate. Perciò, qualsiasi informazione qui reperita riguardo a Salmar potrebbe non far parte del canone; abbiamo comunque la possibilità di vedere come l’autore ha costruito il personaggio e come l’ha modificato negli anni.

Racconti Perduti
Andiamo quindi a cercare tra le pagine del libro indicate dall’indice, per tracciare la figura di Salmar. Nel capitolo L’avvento dei Valar scopriamo che “a Valmar abitava anche Noldorin, molto tempo addietro conosciuto come Salmar; suonava le sue arpe e le sue lire, oppure sedeva ai piedi di Laurelin e diffondeva musica dolce da uno strumento ad arco”.
Infine, occorre anche dare un’occhiata ai Racconti Perduti. Qui troviamo una nota di Christopher Tolkien: “di Noldorin sappiamo inoltre che era il Vala Salmar, il gemello di Ómar-Amillo; che entrò nel mondo con Ulmo e che in Valinor suonava l’arpa e la lira e amava i Noldoli”.
In questo modo abbiamo esaurito la nostra ricerca. Ci sono altri frammenti di informazione sparsi qua e là, ma o sono troppo oscuri o non fanno che riportare parole simili al Silmarillion.
Qui inizia dunque la speculazione.

Speculare è divertente (ma siate cauti)!

arpaIl fatto che Salmar compaia nel Silmarillion con i riferimenti al “suonare l’Arpa” e alle “lire”, ci porta a riscontrare la corrispondenza con i primi bozzetti trovati nei Racconti Ritrovati.
Speculare e ipotizzare connessioni, chiedendosi “e se…”, “perché no…” è un’ottima cosa, ma è importante non esagerare, per non correre il rischio di inventarsi qualcosa di sana pianta senza alcun vero fondamento nei testi. Confrontarsi con altri studiosi è un’ottima abitudine in proposito.
Nel nostro caso, potremmo ipotizzare che Salmar, diversamente da Ossë, sia rimasto a Valmar durante gli avvenimenti del Silmarillion. E questo potrebbe portare a chiedersi se nel Silmarillion ci sono riferimenti specifici ad arpe in Valinor o al gemello sopra nominato: qui riparte la ricerca.

Divertitevi

Infine, l’ultimo e più importante consiglio.
Non importa quanto la vostra teoria sia inusuale, seguitela e andate a verificarla. Immergetevi profondamente nella vostra libreria tolkieniana e spulciate ogni pagina, ogni albero genealogico che riuscite a trovare; passate da un libro all’altro, cercate le radici etimologiche. Cercate finché non avrete analizzato ogni singolo indizio possibile.

Buona ricerca!

LINK ESTERNI:
– Vai all’articolo originale su A Tolkienist’s Perspective

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Yule, la festività invernale degli Hobbit

JólasveinarBuon Natale! O meglio, dovremmo dire «Buon Yule», come scrive J.R.R. Tolkien in una lettera (n. 347). L’equivalenza tra Natale e Yule è una delle lezioni trasmesse dalle sue opere, ma in realtà, come spesso accade, si tratta solo di un errore della traduzione italiana. Nello Hobbit pubblicato da Adelphi e tradotto da Elena Jeronimidis Conte, il termine “Yule-tide” appare infatti tradotto in italiano come “periodo natalizio”. Intervistato dall’Oxford Times (il 22 dicembre 1972), l’autore separava nettamente i due termini spiegando che «non c’è niente che non mi piace nel Natale, in particolare; io l’ho soltanto diviso in due. C’è “Yule”, che significa la parte dei regali, dell’albero di Natale e di queste cose; e poi c’è il “Natale”, che è la festa religiosa e della pace». Per capire meglio, passiamo in rassegna l’uso del termine nelle opere di Tolkien.

Yule nel Signore degli Anelli

David Wyatt: "Grey Havens" La parola Yule appare nel Signore degli Anelli unicamente nell’Appendice D e il termine originale “Midwinter” (in italiano reso con “Capodanno”) appare una volta sola all’interno della storia, nel capitolo I Porti Grigi. La festività in realtà cade due volte nell’arco temporale compreso all’interno della storia, ma la prima occorrenza si colloca nel periodo in cui la Compagnia si dirige a sud dopo aver lasciato Gran Burrone e di essa non viene fatta menzione. Nell’Appendice D viene illustrato il calendario della Contea, a cui appartiene la festività invernale, la quale occupa due giorni, l’ultimo dell’anno e il primo dell’anno successivo, il termine del mese Foreyule e la prima giornata di Afteryule (“Ante apritore” e “Postapritore” nella traduzione italiana). Le due giornate di Yule vengono dette in inglese “Yuledays” (“i giorni di Yule”), mentre in italiano sono “Primo Capodanno” e “Secondo Capodanno” ed esse erano collocate al di fuori del compunto dei mesi. Calendario della HobbitSecondo il calendario Hobbit le due giornate di Yule occupavano sempre lo stesso giorno della settimana, ovvero Highday e Sterday (venerdì e sabato). Yuletide, quindi è il “periodo del Capodanno” e non il “periodo natalizio” come tradotto nello Hobbit. Così è qui giustamente tradotto ed è spiegato come questo periodo durava in totale sei giorni, tre in un anno e tre nel successivo.
Il termine “Yule” appare anche all’interno della Guide to the Names in the Lord of the Rings, testo scritto da Tolkien a uso dei traduttori delle sue opere in un’altra lingua: in questo testo, “Yule” è presentato come la controparte invernale di “Lithe” (il “Giorno di Mezzo Anno” detto anche “Giorno di Mezza Estate”) e anche Yule sarebbe un termine estraneo alla lingua comune e come tale da mantenere invariato fatta eccezione per l’ortografia, la quale doveva adeguarsi alla lingua in cui il testo veniva tradotto (Tolkien riporta l’esempio tedesco e danese di “Jule”). Calendario della HobbitNella stessa occasione il professore suppone che, nonostante l’appartenenza al calendario Hobbit, una forma della parola “Yule” sia stata usata dai Northmen (“Uomini Nordici” nella traduzione del Signore degli Anelli) che formarono una notevole parte della popolazione di Gondor per indicare la festività di metà inverno e che in seguito fosse in uso anche a Rohan. Nello Hobbit, sulla via del ritorno a casa una volta terminata l’avventura coi Nani, Bilbo Baggins si ferma assieme a Gandalf nella casa di Beorn per lo “Yule-tide” appunto, e ci viene detto che lo passarono lì in allegria.

Yule prima degli Hobbit

Tuuliky: "Athrabeth Finrod ah Andreth"Eppure Yule non appare solo nelle opere pubblicate in vita dal professore. Ritroviamo la festa invernale in tre volumi della History of Middle-earth, a cominciare da Morgoth’s Ring. All’interno della quarta parte di tale testo, intitolata Athrabeth Finrod ah Andreth (Il dibattito di Finrod e Andreth), la festività invernale viene usata come riferimento temporale:
«Now it chanced that on a time of spring Finrod was for a while guest in the house of Belemir; and he fell to talking with Andreth the Wise-woman concerning Men and their fates. For at that time Boron, Lord of the folk of Beor, had but lately died soon after Yule, and Finrod was grieved».
(Ora accadde che in primavera Finrod fosse, per un certo tempo, ospite nella casa di Belemir; e gli capitò di parlare con Andreth la Saggia riguardo gli Uomini e il loro fato. Poiché in quel periodo Boron, Signore della gente di Beor, era morto di recente, poco dopo Yule, e Finrod era addolorato).
Copertina War of JewelsLo stesso uso di Yule viene fatto nella terza parte del libro The War of the Jewels (The Wanderings of Húrin and Other Writings not forming part of the Quenta Silmarillion), all’interno della versione D2 del Tale of Years della Prima Era: nel 506-507 At Yule Dior fought the sons of Fëanor on the east marches of Doriath, and was slain. (A Yule Dior combatté i figli di Fëanor nelle marche orientali del Doriath e venne ucciso). Infine, nel volume The Peoples of Middle-earth, la versione D1 dell’Appendice D parla di Yule: in questa variante esso durava per tutta l’ultima settimana dell’anno e tutta la prima dell’anno successivo. Di maggior rilievo ancora erano i due giorni centrali, detti Yuledays (i Giorni di Yule), denominati Old Year’s Day o Yearsend (rispettivamente Giorno del Vecchio Anno e Fine anno) e New Year’s Day o Yearsday (Giorno del Nuovo Anno e Giorno dell’anno). Secondo questa versione l’inizio dell’anno dopo Yule era uso del Regno del Nord e venne infine adottato dagli Hobbit.

Yule prima di Tolkien

ceppo di yuleLa festività di Yule esisteva ben prima che Tolkien la descrivesse nelle sue opere. Si trattava in origine una festività pagana. Più precisamente Yule è la forma inglese del termine antico norreno jól, dall’origine ed etimologia assai discusse: Jacob Grimm (nella sua Geschichte der deutschen Sprache, Storia della lingua tedesca) suppose che derivasse da hjól, “ruota”, con riferimento al variare dei periodi di luce solare durante l’anno. La festa di jól era infatti legata all’inizio di un nuovo ciclo.
Jól durava tredici giorni e dodici notti (il termine stesso è un nome plurale in antico norreno) e da ciò derivava la parola Þrettándi, il tredicesimo, ovvero l’Epifania (il 6 gennaio), come l’inglese Twelfth-night (dodicesima notte). JólasveinarCiononostante questa festività veniva probabilmente celebrata poco dopo il Natale cristiano. Durante jól erano in corso molti festeggiamenti e storie di fantasmi, orchi e elfi erano connessi a questa ricorrenza. Un esempio sono gli Jólasveinar, i “ragazzi di Yule”, una sorta di goblin (tredici o dodici, uno per giorno del periodo festivo) figli della gigantessa Grýla, che venivano usati per spaventare i bambini. Poiché a jól la notte aveva raggiunto la sua massima lunghezza a scapito del giorno, si riteneva che i fantasmi acquisissero maggior potere: la festa era infatti legata anche al culto dei morti che facevano ritorno sulla terra. In Islanda era uso popolare considerare la sera di jól come la conclusione di un anno e pertanto gli anni di una persona potevano venir indicati col numero di notti di jól che aveva passato. Quando i missionari iniziarono la conversione dei popoli germanici, adattarono alla tradizione cristiana anche la festa di Yule, che venne trasformata nel Natale, mantenendo però alcune delle sue tradizioni originarie, com l’uso decorativo del vischio e dell’agrifoglio e l’albero di Natale.
Frimerki99In inglese antico era presente geol, termine a volte utilizzato per indicare l’intero mese di dicembre, il quale era chiamato anche œra geola, ovvero “fore Yule”, “anteriore a Yule”, mentre gennaio era œftera geola, “after Yule”, cioè “dopo Yule”. Ed è proprio questi nomi che si trovano nel calendario della Contea, Foreyule e Afteryule. Ancora una volta, si può vedere come Tolkien sia voluto tornare a questa forma antico inglese, come del resto scrive lui stesso nella Guide to the Names in the Lord of the Rings: «Tutti i nomi dei mesi del calendario della Contea sono forme logorate dei nomi in inglese antico». Si chiude un cerchio!
Inoltre, il termine collettivo inglese antico giuli indicava i due mesi di metà inverno, dicembre e gennaio. Solo successivamente, con l’avvento del Cristianesimo, la parola identificò un periodo più ristretto: i 12 giorni di festa della Natività. Fino all’XI secolo in cui venne adottato “Christmas” al suo posto per indicare il giorno della Natività stessa, ad eccezion fatta per i territori inglesi sotto il dominio danese.

ARTICOLI PRECEDENTI
calendario gregoriano e hobbit

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Il Libro di Giona sarà infine pubblicato

InklingsSe ne era parlato qualche anno fa, ma poi il libro non uscì. Ora riappare in una rivista. Il numero dell’ottobre 2014 del Journal of Inklings Studies (il Vol.4, n.2), una rivista confessionale dedicata al gruppo letterario di cui J.R.R. Tolkien fece parte, avrà infatti un numero speciale dedicato al rapporto dei diversi membri degli Inklings con la Bibbia. Tra gli argomenti trattati, ci saranno articoli sul paradosso di C.S. Lewis («Signore, bugiardo o pazzo»), l’uso di Lewis della Bibbia nei suoi colloqui alla RAF, Lewis e San Girolamo, e la filosofia della creazione secondo Tolkien. Il numero comprenderà la recensione originale di Charles Williams della Bibbia in inglese comune, ma soprattutto ci sarà un inedito lungamente annunciato: la traduzione che Tolkien fece del «Libro di Giona» per l’edizione inglese della Bibbia di Gerusalemme.

La pubblicazione

Riviste: Journal of Inklings StudiesLa traduzione di Tolkien del Libro di Giona come appare nella Bibbia di Gerusalemme è in realtà un lavoro collettivo: il testo fu redatto da Tolkien, ma fu poi curato da un editor impiegato per standardizzare lo stile, la grammatica e il vocabolario dei vari traduttori che contribuirono alla Bibbia di Gerusalemme. Grazie al consenso della Tolkien Estate, la rivista potrà così rendere disponibile la versione inedita della traduzione fatta da Tolkien e contenuta in un manoscritto alla Bodleian Library. Accompagnerà il testo un saggio di Brendan Wolfe per illustrare la storia e le caratteristiche della traduzione. Un libro su questa traduzione di Tolkien era già stato annunciato nel 2009. La casa editrice era la dalla Darton, Longman & Todd, editrice anche della Bibbia di Gerusalemme e il curatore del volume era proprio Brendan Wolfe, mentre la prefazione sarebbe stata firmata da Sir Anthony Kenny. Bibbia: Libro di GionaIl libro fu rimandato più volte e infine cancellato dalla pubblicazione, apparentemente a causa di una controversia legale. «Brendan Wolfe racconta la storia poco conosciuta di come Tolkien, allora all’apice della sua fama come l’autore del Signore degli Anelli – recitava la sinossi diffusa allora -, accettò di unirsi al gruppo di scrittori e studiosi cattolici che lavoravano sulla nuova traduzione della Bibbia in inglese nel 1960» . Il risultato fu la Bibbia di Gerusalemme, ancora oggi celebrata per il suo inglese elegante e senza tempo. Wolfe mostra le risonanze tra la storia di Giona e la balena, il contributo di Tolkien alla Bibbia di Gerusalemme e i temi trattati in altri suoi scritti». La Bibbia fu poi pubblicata nel 1966, subito dopo la conclusione del Concilio Vaticano II.

Un libro brevissimo

Bibbia: Libro di GionaFin qui la notizia. Ora le considerazioni. Il Libro di Giona è brevissimo: composto da soli 4 capitoli, descrive la predicazione del profeta Giona a Ninive con l’invito alla conversione per tutti i popoli, non solo gli Ebrei. Per la sua brevità il libro è stato inserito tra i cosiddetti profeti minori. In tutto sono tre pagine di testo. Come sempre, è sufficiente leggere le Lettere dello scrittore per saperne di più. Il 24 aprile 1957, Tolkien scrisse una lettera al nipote, George Michael Tolkien (la lettera è però riportata da Hammond e Scull), in cui si parla della traduzione: «Quando andrò in pensione, spero di essere inclusi in una nuova squadra che sta traducendo la Bibbia. Ho superato la prova: con una versione del Libro di Giona». Quindi, lo scrittore, aveva inviato la traduzione come test per essere ammesso nel gruppo. Un’altra lettera del 8 febbraio 1967 (n. 294) permette di scoprire ulteriori dettagli sulla vicenda. «Nominarmi tra i “principali collaboratori” è una cortesia che non merito da parte dell’editore della Bibbia di Gerusalemme. Sono stato consultato per lo stile di uno o due passaggi e per criticare alcu­ni apporti di altri collaboratori. Originariamente mi era stata affidata una notevole parte di testo da tradurre, ma dopo aver svolto del lavo­ro preliminare sono stato obbligato a rifiutare a causa di altri impe­gni, e mi sono limitato a portare a termine Giona, uno dei libri più brevi». "A Path from Rome"Infine, nella sua autobiografia A Path from Rome: An Autobiography (1985) Anthony Kenny, l’autore della prefazione al libro mai uscito, narra di un episodio relativo a Tolkien in quegli anni. Nipote di Alexander Jones, direttore generale della Bibbia di Gerusalemme, Kenny aveva una prospettiva di prima mano ai lavori sulla traduzione: ha descritto un incontro con lo scrittore dedicato alla sua traduzione e lo definisce «un collaboratore difficile». L’entità del contributo di Tolkien alla traduzione della Bibbia fu quindi limitata. Non c’è alcuna evidenza che Tolkien si sia occupato anche del «Lettera di Giuda» o al «Libro di Giobbe», come riportato da altri siti web. Fare un libro con solo tre pagine di traduzione di pugno di Tolkien, dunque, deve essere sembrato troppo anche alla Tolkien Estate e a Christopher Tolkien. Ci riserviamo di discutere delle «risonanze» tra Giona, la balena e le opere di Tolkien, dopo aver letto la rivista.

– Vai al sito del Journal of Inklings Studies

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Lettere di Babbo Natale: libro e mostra a Milano

Acquario di MilanoScrivere lettere a Babbo Natale è una tradizione antica, ma ricevere le risposte è il desiderio più bello di tutti i bambini. Almeno in un’occasione questo è avvenuto! Ogni dicembre una busta con un francobollo proveniente dal Polo Nord arrivava ai figli di J.R.R. Tolkien. All’interno c’era una lettera scritta in fretta e furia e dei bellissimi disegni o schizzi a colori. Le lettere arrivavano da Babbo Natale che, contravvenendo a quella che è una consolidata tradizione natalizia, rispondeva ai bambini descrivendo al contempo la sua casa, i suoi amici e gli avvenimenti successi là. Tutto finì, poi in un libro.

Posta dal polo nord

Libro: "Le lettere di Babbo Natale" di J.R.R. TolkienEra il 25 dicembre 1920, quando Tolkien cominciò a inviare ai propri figli (John, Michael, Christopher, Priscilla) lettere firmate Babbo Natale. Infilate in buste bianche di neve, ornate di disegni, affrancate con francobolli delle Poste Polari e contenenti narrazioni illustrate e poesie, esse continuarono ad arrivare a casa Tolkien per oltre trent’anni, , fino al compimento dei tredici anni dell’ultima figlia, portate dal postino o da altri misteriosi ambasciatori. La prima “spedizione” fu indirizzata al primogenito John, che allora aveva tre anni, dopo che aveva chiesto come fosse fatto Babbo Natale. Com’era uso dello scrittore, intorno alla figura di Babbo Natale cominciarono a comparire vari personaggi, l’Orso bianco del Nord, gli Elfi della Neve, gli Uomini-neve, gli Gnomi Rossi e gli Elfi, indispensabili nella difesa della sua casa e delle sue cantine-magazzino contro gli attacchi dei terribili goblin. Immagine dalle "Lettere di Babbo Natale" di J.R.R. TolkienPer meglio descrivere questo piccolo, ma complesso microcosmo, Tolkien arricchiva le sue lettere con disegni, cornici e alfabeti che a volte assumevano la forma di colorati logogrifi. Ma le lettere di Babbo Natale costituiscono anche la prima creazione di linguaggi elfici e di una mitologia nordica. Le lettere erano anche contraddistinte da differenti grafie: energica anche se un po’ tremolante quella di Babbo Natale; grossolana e all’occorrenza scorretta quella del suo principale aiutante l’irruente Orso Polare; raffinata e filiforme infine quella dell’elfo Ilbereth, che fa la sua comparsa nel 1936, proprio quando Tolkien sta ultimando la stesura dello Hobbit. Babbo Natale vive al Polo Nord, nella grande Casa di Roccia. Con lui vivono l’Orso Polare e i Cuccioli polari suoi nipoti, tra cui Paksu e Valkotukka («Grasso» e «Pelobianco»); gli Uomini-di-neve e i loro bambini; gli Gnomi Rossi e gli Elfi (uno dei quali, Ilbereth, diventerà segretario di Babbo Natale).

Una mostra a Milano

Acquario di MilanoGià lo scorso anno avevamo parlato di cartoline fatte a mano e Lettere di Babbo Natale in ebook. Quest’anno, invece, altre due iniziative coinvolgono direttamente l’Italia. L’ultima lettera di Babo Natale risale al 1943, indirizzata alla quarta e ultima figlia dello scrittore, Priscilla, ma una selezione apparve soltanto nel 1976, quando l’opera fu pubblicata a cura di Baillie Tolkien, seconda moglie di Christopher. Lo spunto per la raccolta fu dato da una mostra di disegni di Tolkien che si era tenuta quell’anno presso l’Ashmolean Museum. La prima edizione, intitolata The Father Christmas Letters, uscì per Allen&Unwin il 2 settembre del 1976 (il 19 ottobre l’edizione Usa di Houghton Mifflin), tre anni dopo la morte di Tolkien. Quando il libro fu ripubblicato nel 1999, furono aggiunte ulteriori lettere e disegni. Il volume fu rinominato Lettere da Babbo Natale e le varie lettere e i disegni erano disposte nel modo in cui erano state originariamente concepite. In Italia, il volume fu stampato da Rusconi nel 1980 (ristampato nel 1998), in cofanetto di 3 volumi nel 1994, poi passò alla Bompiani che lo ripubblicò nel 2000. Solo nel 2004 la casa editrice italiana ha accolto l’edizione ampliata, curata in questo caso da Marco Respinti. Tutto questo è raccontato anche all’Acquario di Milano dove è esposta una piccola mostra delle lettere di Tolkien. Invito per babbo NataleSono immagini buffe e di grande tenerezza che parlano di un modo di intendere il Natale che probabilmente è senz’altro bene non dimenticare. La mostra è curata da Elisabetta Polezzo e Domenico D’Urso ed è a ingresso gratuito dal 12 dicembre 2013 fino al 6 gennaio 2014. All’inaugurazione dell’11 dicembre scorso, lo stesso Babbo Natale ha letto le più divertenti tra queste lettere. C’è inoltre la possibilità di lasciare una propria letterina in una apposita cassetta della posta: alla fine della mostra, Babbo Natale e i suoi aiutanti sceglieranno la più bella che sarà premiata con una visita guidata gratuita alle vasche dell’Acquario.

Un libro per i più piccoli

Libro Edts«Il rapporto dei vostri figli con frutta e verdura è difficile? Fatevi aiutare da una favola di Tolkien». È questo lo spunto da cui sono partite Edvige Galluzzi e Michela Orsini per l’edizioni Ets, che hanno voluto scrivere una storia liberamente tratta dalle Lettere da Babbo Natale, poiché, scrivono nella prefazione le autrici, «è importante avvicinare il bambino all’arte ed educarlo al gusto del bello. Ciò contribuisce a stimolare la fantasia e la creatività dei nostri piccoli». L’effetto che la lettura delle lettere di Tolkien ha suscitato nei bambini è, infatti, quello di stupore e ilarità. Tutti si sono impegnati a illustrare le varie sequenze della storia, divertendosi a stampare con le mani, con sagome e con verdure , che si meravigliano nel vedere l’impronta delle loro manine trasformarsi in renne o in faccine su fantastici sfondi creati con ogni tipo di vegetale. «Da qui il contatto diretto con la natura», spiegano,
«che consente ai bambini di considerare gli alimenti e le verdure sotto diversi punti di vista, e non solo quello alimentare». Giocando, colorando, manipolando e scoprendo attraverso le differenti percezioni, ogni bambino è invogliato e spinto, poi ad assaggiare i cibi nel momento della mensa: in particolare la verdura è l’alimento che difficilmente viene avvicinato dai piccoli. Associare Tolkien come primo autore «fantastico e verdure» è da considerarsi una magica esplosione di colori. Un esempio di come genitori, tate e nonni possono avvicinare il bambino alla letteratura e renderla fruibile oltre che un’esperienza concreta. Babbo Natale e i fuochi d’artificio – da Lettere a Babbo Natale di Tolkien (36 pagine illustrate, 8,50 euro) è acquistabile qui.
Buone feste a tutti i lettori!

ARTICOLI PRECEDENTI:
È Natale, le Lettere di J.R.R. Tolkien ai figli
Lettere di Babbo Natale

LINK ESTERNI:
– Per comprare le Lettere di Babbo Natale
– Vai al sito ufficiale della casa editrice Bompiani
– Vai al sito dell’casa editrice Ets

 

Fan film, ecco Mr. Bliss: da penna a schermo

Registi:  Gennadij TishchenkoChi di voi non ha mai raccontato una storia ai propri figli? Chi non se l’è mai sentita riferire dai genitori? Chi non si è mai immaginato, da bambino, di fare un viaggio inconsueto, incontrando personaggi tanto curiosi quanto divertenti? Ebbene alcune persone hanno l’arte di materializzare queste storie, di raccontarle, di scriverle, di regalarle. J.R.R. Tolkien era uno di questi individui speciali e ciò non si evince soltanto dai suoi capolavori, bensì anche dalle opere “minori”. È questo il caso di “Mr. Bliss”, favola scritta ed illustrata dall’autore negli anni ’30, ma pubblicata postuma. La storia racconta le vicende del signor Bliss, personaggio parzialmente autobiografico, che, dopo aver comprato un’auto gialla con le ruote rosse,  compie un breve viaggio per recarsi da alcuni conoscenti. Il percorso sarà accidentato per il protagonista, che vivrà diversi incontri-scontri con orsi, persone curiose e persino arrabbiate. Nel 2004 la favola incontra la curiosità e il genio del regista russo Gennadij Tiščenko, che crea un’animazione dalle illustrazioni del Professore.

Genesi dell’opera

"Mr Bliss" di J.R.R. Tolkien“Mr. Bliss” nasce non solo dal grande talento favolistico del Professore, ma soprattutto dall’abitudine di Tolkien di creare storie inedite da raccontare ai suoi amati figli. Proprio ad alcuni giocattoli di John, Michael, Christopher e Priscilla si ispira l’opera in questione, tant’è vero che la macchinina del terzogenito si racconta sia stata alla base dell’idea iniziale della fiaba. Ma questo aspetto non fu il solo a scatenare la fantasia del Professore. Nel 1932 la famiglia Tolkien comprò un’automobile che prese il nome di Joe Old, ricavato dalle prime lettere della targa (JO 9184) e da quel momento iniziarono le avventure che verranno poi trascritte in “Mr. Bliss”. In quel tempo non esisteva alcun esame di guida, quindi il Professore si gettò al volante non appena apprese le manovre fondamentali. In breve tempo Tolkien si dimostrò abile nel guidare così come il signor Bliss, protagonista della sua opera. A dimostrazione di questa affermazione si ricorda un viaggio della famiglia presso Evesham, cittadina della contea di Worcestershire, dove risiedevano alcuni parenti fra cui Hilary, fratello dell’autore. La distanza da percorrere non era molta, ma dopo non molto dall’inizio del tragitto, Tolkien demolì un muretto di pietra uscendo di strada e bucò addirittura una ruota. Il risultato del breve viaggio fu che la moglie del Professore, per alcuni mesi, si rifiutò di salire in macchina, evidenziando la scarsa attitudine alla guida del marito. Si racconta che quando lo scrittore doveva attraversare un incrocio trafficato ad Oxford correva all’impazzata non facendo caso agli altri veicoli.
tolkien_old_joeNonostante ciò i Tolkien uscivano in auto per recarsi a bere il tè in una locanda rurale, molto simile a quella descritta ed illustrata in “Mr. Bliss”, od anche per stare all’aperto, non a caso i paesaggi delle illustrazioni della favola assomigliano in modo
impressionante all’Inghilterra di quei tempi. Nel racconto delle (dis)avventure del signor Bliss sono presenti anche altri elementi fondamentali, basti pensare alle figure dei tre orsi di peluche: Archie, Teddy e Bruno, anch’essi ispirati dai giocattoli dei figli del Professore. Dubbiosa è invece la provenienza del personaggio di Giraniglio (originale Girabbit) che potrebbe venire da un qualche gioco dei bambini, oppure direttamente dalla fantasia dello scrittore. Sicuramente il nome è un neologismo creato ad opera da Tolkien, un composto formato dalle parole inglesi giraffe + rabbit -> Gi(r)abbit (parola che poi si riflette nelle fattezze dell’animale, per metà giraffa e per metà coniglio), ma la cosa straordinaria è come esso può essere rapportato alla famosa figura dello Hobbit. Non ci si lasci ingannare dal solo accostamento sonoro dei due sostantivi, si pensi anche che ambedue vivono in delle tane (o buchi nel terreno se si preferisce) e amano mangiare, oltre ad una certa riluttanza ad abbandonare la loro amata casa. J.R.R. Tolkien propose “Mr. Bliss” agli editori nel 1936, ma il prezzo delle illustrazioni colorate ne bloccò la pubblicazione. Gli stupefacenti colori dell’opera ne ritardarono per più di 40 anni l’uscita. Il volumetto vide la luce soltanto nove anni dopo la morte del Professore, nel 1982.

L’animazione

tolkien_text_translationNel 2004 il regista russo Gennadij Tiščenko crea un cortometraggio d’animazione partendo dalle illustrazioni uscite dalla penna di J.R.R. Tolkien. L’adattamento, lungo c.ca 33 minuti, gode di una pregevole fattura (budget di c.ca 15’000 dollari), di un’autorevole traduzione (Igor’ Chazanov) e di un buon doppiaggio (Dmitrij Matveev). Alle spalle di Tiščenko è la Tolkien Texts Translation, associazione nata nel 1998 allo scopo di divulgare le opere del Professore in una corretta traduzione in lingua russa (non solo in cartaceo, anche audiolibri e appunto film).
Se l’articolo vi ha incuriosito non mancate all’appuntamento dell’Associazione Romana Studi Tolkieniani del 4 Dicembre presso la Libreria Altroquando, dove verrà proiettata per la prima volta in assoluto la versione italiana di “Mr. Bliss”!

GUARDA IL TRAILER

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– Sito della Tolkien Texts Translation
– Sito di Gennadij Tiščenko

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Utenti online

Il compleanno di Bilbo? Probabilmente è oggi!

CalendarioMolti sapranno che oggi, 12 settembre, è il compleanno di Ian Holm, l’attore che ha interpretato Bilbo Baggins nella prima trilogia di Peter Jackson, dedicata al Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien. Ma sicuramente sono pochi gli appassionati che sanno che, secondo un’interpretazione che illustrerò, è oggi anche il compleanno dello stesso Bilbo! Molto spesso mi sono interrogato, e come me molti altri, riguardo le date degli eventi nel Signore degli Anelli: prendiamo ad esempio il 22 settembre, il compleanno di Bilbo. E mi son chiesto: «Ma come dobbiamo intendere ’22 settembre’?». È il 22° giorno del nono mese (cioè il 22 uccellaio del calendario hobbit)? Oppure è la data che corrisponde al nostro 22 settembre (cioè il 2 invernume del calendario hobbit)? Per trovar la soluzione si può guardare l’Appendice B dell’opera di Tolkien: nell’anno 3019 si parla di 30 febbraio. Mi sembra chiaro, perciò, che i nomi dei mesi son stati “tradotti”. Per cui, ritornando alla domanda fatta in apertura, “22 settembre” deve essere inteso come inteso come “22 uccellaio”.

Il calendario della Contea
Il calendario della Contea

Ma per togliersi ogni dubbio, è sufficiente leggere ciò che ha scritto Tolkien stesso, nell’Appendice D del Signore degli Anelli:

«Nelle mie note e nella narrazione ho adoperato i nomi moderni sia dei giorni che dei mesi, benché naturalmente né gli Eldar né i Dùnedain né gli Hobbit li utilizzassero. Mi è parso indispensabile tradurre i nomi dall’Ovestron, per evitare confusioni, tanto più che le implicazioni stagionali dei nostri nomi sono più o meno simili a quelle della Contea».

Mi sembra chiaro, quindi, che “22 settembre” sia solo la traduzione di “22 uccellaio”.

A quale giorno del calendario gregoriano corrisponde il 22 uccellaio? In questa pagina è possibile consultare (e scaricare) il file contenente le due tabelle per la conversione da calendario gregoriano a calendario hobbit e viceversa. Sono anche spiegati i (semplici) calcoli che mi hanno portato alla loro creazione. Grazie ad esse è possibile controllare a quale data del nostro calendario corrisponda una qualunque data del calendario hobbit.
Basta fare attenzione e valutare se l’anno di cui vogliamo convertire la data sia o meno bisestile. Per esempio fu bisestile l’anno 1940 c.c., “l’anno del famoso raccolto e della incantevole estate” come scrive Tolkien nell’Appendice D.

Shire Calendar
Shire Calendar

Quindi tutti quelli che festeggiano il compleanno di Bilbo e Frodo il 22 settembre o la caduta di Barad-dur il 25 marzo sbagliano? In buona sostanza sì, perché hanno preso alla lettera le date dell’appendice B. Anche se l’importante è festeggiare gli eventi: se poi si sbaglia (in buona fede) di una decina di giorni, non è grave.
Per me, almeno.

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– Vai qui per le due tabelle per la conversione dal calendario gregoriano al calendario hobbit.

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