Intervista a R. Scott Bakker

Prince of Nothing trilogyCirca un anno fa è finalmente approdata nelle nostre librerie una saga ben conosciuta all’estero: ‘La Seconda Apocalisse’, a firma di Richard Scott Bakker, di cui Mondadori ha pubblicato in un unico volume la prima trilogia (Il principe di Nulla).

La storia, ambientata in una terra immaginaria chiamata Eärwa, dall’atmosfera vagamente bizantina e medio orientale, ha come filo conduttore una Guerra Santa scatenata per la riconquista della città sacra di Shimeh. Durante il conflitto si intrecciano i percorsi di personaggi come Kellhus, un monaco misterioso dotato di percezione e intelligenza sovraumane, il tormentato barbaro Cnaiür, e poi Achamian, uno stregone, la sua donna Esmenet, scaltra prostituta alla ricerca di riscatto sociale, e molti altri. Sullo sfondo aleggia una minaccia più grande di qualunque intrigo umano, il ritorno di un’entità malefica, il Non-Dio, che già una volta millenni prima ha messo in pericolo l’esistenza stessa del mondo.

Uno scarno riassunto come questo non rende tuttavia ragione alla ricchezza e alla qualità di questi romanzi, che rientrano nella speculative fiction, sfoggiando però una originalità espressiva e di contenuti che li affranca dagli stereotipi del genere… e come tolkieniani noi tutti sappiamo bene che ciò può accadere, ma non è così frequente.

Quindi ho deciso di essere breve, perché preferisco lasciar parlare il suo autore, da me contattato sull’onda della genuina meraviglia che questi libri mi hanno ispirato e che, dopo decenni passati a vagabondare in mondi fantastici letterari, non credevo che avrei più provato.

Richard Scott BakkerRichard Scott Bakker, canadese dell’Ontario, ha compiuto studi letterari ma ha competenze e pubblicazioni che spaziano dalla filosofia alle neuroscienze; più volte è stato nominato ai Locus Awards e, con i romanzi della Seconda Apocalisse, dall’inizio degli anni 2000 è diventato un punto di riferimento nel genere grimdark, anche se l’impronta filosofica e psicologica della sua narrazione ne rende difficile l’incasellamento. Bakker ha dichiarato più volte che tra gli autori che lo hanno maggiormente ispirato c’è proprio J.R.R. Tolkien e ha gentilmente acconsentito a rilasciare questa intervista, per la quale lo ringraziamo e che siamo felicissimi di pubblicare in esclusiva per l’AIST

(English version available here).

Difendere la Terra di Mezzo: l’intervista

Il mondo è davvero pieno di pericoli, e vi sono molti posti oscuri; ma si trovano ancora delle cose belle, e nonostante che l’amore sia ovunque mescolato al dolore, esso cresce forse più forte.
J.R.R. Tolkien

Il padre del fantasy secondo tantissimi (ma l’heroic fantasy esisteva anche da prima di lui) colui che ha letteralmente definito il concetto di fantastico creando non solo una delle saghe più amate (e lette) nell’ultimo secolo, ma un autore in grado di realizzare un vero e proprio mondo ed epopea è senza dubbio J.R.R. Tolkien, un autore infinito che non si terminerà mai di leggere, amare e in alcuni casi studiare. Il professore di Oxford difatti è un caso unico nella storia della letteratura e proprio per moltissimi motivi, che si trovano all’interno della nuova edizione del libro scritto da Wu Ming 4, merita di essere studiato con serietà nel giusto quadro critico. Se da tempo sono numerosi a livello internazionale i saggi sulle sue opere, in Italia solo negli ultimi anni è arrivato il momento di fare un bilancio per trovare un nuovo modo di raccontare un autore fondamentale, che va ben oltre il genere fantasy in cui troppo spesso viene relegato. Il titolo dell’opera per molti tolkieniani non è nuova, “Difendere la Terra di Mezzo” di Wu Ming 4, si tratta una critica militante nella quale si cerca di analizzare, studiare, e in questo caso difendere appunto, uno dei mondi più straordinari creati dalla penna di uno scrittore.
Wu Ming 4 DifendereQuesto testo in uscita il 30 agosto per Bompiani è una terza edizione, ovviamente ampiamente rivista, del primissimo saggio dall’omonimo titolo uscito in Italia nel 2013. Si legge, dall’introduzione dello stesso Wu Ming 4, che la rivisitazione di questo testo ha permesso di offrire una panoramica sull’opera divenuta ormai un classico del Novecento, come in molti casi ha permesso di realizzare una riflessione critica che privilegi la contestualizzazione storica e le suggestioni letterarie rispetto ad altri tipi di approcci e infine, con l’occasione del cinquantenario della morte, ha offerto l’occasione per riproporlo alla Bompiani con una rivisitazione del testo e le citazioni aggiornate alle ultime traduzioni. “Difendere la Terra di Mezzo” è diviso in due parti: la prima è incentrata sul fenomeno letterario e sui suoi echi negli adattamenti cinematografici; la seconda, che entra nel vivo dei testi, è dedicata alla poetica di Tolkien ed è proprio grazie allo studio e analisi del professore come scrittore e uomo, che Wu Ming 4 riesce a raccogliere ed ampliare il proprio contributo alla riscoperta dell’autore de Il Signore degli Anelli, sempre in sintonia con i maggiori esperti in materia.

A: Leggendo il tuo libro sembra che Tolkien sia un autore strutturato quasi a livelli (proprio come Minas Tirith), in Difendere la Terra di Mezzo qual è il vero albero bianco da difendere?

Wu MIng 4WM4: È una bella immagine questa. È vero che Tolkien è un autore a strati, ma soprattutto è in movimento. La sua opera-mondo è in divenire, perché è talmente complessa e stratificata, appunto, ed è ormai raccontata ed espansa attraverso una tale varietà di mezzi narrativi, che di volta in volta offre spunti nuovi a vecchi e nuovi lettori. Questo significa che non c’è un albero bianco, cioè un cuore di verità, da difendere, perché quella verità è sempre parziale e sempre ridefinita. L’albero bianco è il punto all’orizzonte verso cui indirizziamo la nostra ricerca, e si sposta insieme a noi. Casomai la Terra di Mezzo va difesa dagli approcci semplicistici, dalle letture sbrigative e superficiali, che sono sempre state una iattura per Tolkien, ma anche dalla tentazione di chiuderla dentro un confine una volta per tutte, di trasformarla in una zona di comfort per eletti difensori dell’ortodossia tolkieniana, magari facendo di Tolkien un guru filosofico-spirituale. Bisogna essere capaci di mantenere aperto quel confine. Oggi il titolo Difendere la Terra di Mezzo, più che come una chiamata alle armi, a me suona come un riferimento manualistico, nel senso di “Curare la Terra di Mezzo”, prendersene cura.

A: Che cosa è cambiato nel tempo nelle varie edizioni del libro?

Libro: "Difendere la Terra di Mezzo" di Wu Ming 4WM4: Dalla prima edizione del 2013 alla seconda del 2018 sostanzialmente era cambiata la copertina (in peggio), ed è stata aggiunta una seconda appendice. Questa nuova edizione con un nuovo editore invece ha subito una discreta risistemazione. Non solo ho migliorato alcune formulazioni, ma soprattutto ho aggiunto qua e là diverse cose e ne ho tolte altre, perché nel frattempo, trascorsi gli anni, molto è cambiato e c’era bisogno di aggiornamenti. Così come dovevano essere aggiornate tutte le citazioni dai testi di Tolkien che nel frattempo sono stati ritradotti. Ci sono poi cose che mi sono venute in mente o mi si sono meglio chiarite in questi dieci anni, discutendo con altri, e le ho quindi inserite nel testo. E ovviamente anche in questo caso c’è una nuova copertina. Nelle prime due edizioni in copertina c’erano spade e scudi. Si intendevano gli attrezzi per difendere la Terra di Mezzo. Ora, in questa edizione definitiva, in copertina c’è un Ent che avanza minaccioso. È la stessa Terra di Mezzo che si muove in propria difesa. Ai tolkieniani dovrebbe evocare le famose parole di Barbalbero: «È assai probabile che andiamo incontro alla nostra fine: l’ultima marcia degli Ent. Ma se restassimo a casa senza fare niente, la sorte giungerebbe comunque, prima o poi.» In questo caso il riferimento è alla nostra Terra, al mondo primario che stiamo uccidendo, del quale la Terra di Mezzo diventa una metafora. Parlerò proprio di questo il 2 settembre a Dozza, alle celebrazioni di Tolkien 50.

A: Sei uno dei saggisti tolkieniani più noti in Italia, hai scritto numerosi testi sul Professore, ma trovi sempre un nuovo spunto per raccontare questo autore così grande. Da dove nasce il tuo stimolo di ricerca?

WM4: Credo dal fatto che Tolkien è una miniera inesauribile. Non si finisce mai di scoprirlo. Quando credi d’averlo inquadrato, salta fuori un dettaglio che offre uno spunto di rilettura. Più volte in questi dieci anni ho frenato il mio interesse per Tolkien, convinto di avere dato quello che potevo dare. Ma dopo un po’, per qualche motivo, mi sono sempre trovato a riprenderlo in mano e a scovarci qualcosa di nuovo. A questo punto credo di dovermici rassegnare.

A: Ti è capitato in varie occasioni di essere coinvolto in dispute sulle riletture politiche dell’opera di Tolkien. Perché secondo te soprattutto in Italia Tolkien viene da sempre politicizzato?

WM4: Bisognerebbe chiederlo a quei politici italiani che nel corso dei decenni lo hanno sbandierato come fonte d’ispirazione politica, buon’ultima l’attuale presidente del consiglio. Per certi versi sarebbe solo auspicabile che i politici, di qualunque colorazione, leggessero Tolkien. Magari per trovarci qualche spunto di riflessione critica sull’attuale modello di sviluppo, che invece si accaniscono a difendere con le unghie e con i denti, oppure sulla corruzione morale indotta dall’esercizio del potere, al quale però paiono affezionatissimi. Francamente, al di là delle dichiarazioni e degli slogan, mi pare che le fonti d’ispirazione della nostra classe politica non siano proprio letterarie, per così dire. Io credo che gli studi tolkieniani abbiano tutto da perdere nel lasciarsi mettere il cappello in testa da costoro. Ma si sa che l’Anello della Visibilità è forte e più di uno ne rimarrà irretito.

GUARDA L’INTERVISTA DI PAOLO NARDI

 

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Estate 2023: un’ondata di libri su JRR Tolkien!!!
– Leggi l’articolo Difendere la Terra di Mezzo: il nuovo libro di Wu Ming 4
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– Leggi l’articolo Odoya pubblica Wu Ming 4. Un altro libro su Tolkien?

LINK ESTERNI:
– Vai al sito dell’Wu Ming Foundation
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Arthuan Rebis, l’Arpa e la Terra di Mezzo

«Se in sogno o no non lo sapeva, Frodo sentì un canto soave nella testa: una canzone che sembrava giungere come una fioca luce dietro una grigia cortina di pioggia e diventare poi sempre più forte, in modo da trasformare tutto quel velame in vetro e argento finché, quando fu riavvolto, una campagna verdeggiante si schiuse in lontananza innanzi a lui sotto una repentina aurora.»
(J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli)

La musica di Arthuan Rebis è come il sogno ricorrente di Frodo: apre il velo su un altrove. Con grazia ed energia. La citazione da Tolkien non è arbitraria perché Arthuan Rebis è stato ospite al primo Tolkien Studies Day di Sarzana il 29-30 luglio 2022. Ha tenuto un emozionante concerto sabato sera, e nel pomeriggio dello stesso giorno ha inaugurato la manifestazione insieme al direttore artistico, Valentino Giannini, con letture dalle opere del professore di Oxford e l’esecuzione con l’arpa celtica di composizioni originali del musicista sulla poesia di Tolkien, è il caso di “Elbereth” cantata in Sindarin, e su altri temi e culture vicini allo scrittore.
Arthuan Rebis è uno straordinario musicista: la qualità creativa, tecnica, e culturale della sua musica è molto alta, ma è altrettanto vero che è una musica dell’anima.
Benché ci siano generi musicali di riferimento (ad esempio, l’ampio spettro del folk moderno), le sue composizioni scaturiscono dalla sua ricerca culturale e spirituale.
Arthuan Rebis è il nome d’arte di Alessandro Arturo Cucurnia, compositore e concertista internazionale, dottore in Musica all’università di Pisa, musicista polistrumentista, tra gli strumenti che suona: arpa celtica, nyckelharpa, esraj, hulusi, bouzouki, chitarra, flauti, cornamuse, percussioni, tastiere e anche la sua stessa voce, che modula nel canto armonico. Dal 2007 gestisce il proprio studio di registrazione.
Arthuan Rebis è anche uno studioso di tradizioni musicali e spirituali d’Oriente e d’Occidente, in particolare sciamanesimo e Buddhismo tibetano (traducendo gli insegnamenti del Lama Lodro Tulku Rinpoche), di miti delle culture antiche europee ed extraeuropee (collabora con il grecista Angelo Tonelli). Sono frutto di questi studi anche la sua attività di operatore sonoro attraverso trattamenti con il letto armonico, e il libro Musica e Sapienza, antiche tradizioni musicali e spiritualità (ed. Agorà&Co, 2013).
Dopo una lunga stagione di concerti in Italia e in Europa, abbiamo l’occasione di intervistare Arthuan Rebis.

Ubaldini, l’uomo che portò Tolkien in Italia

Entrata AstrolabioMilioni di lettori italiani hanno letto Il Signore degli Anelli negli ultimi 50 anni, da quando venne reso disponibile nella nostra lingua a oggi, avendo così la possibilità di conoscere la Terra di Mezzo e seguire le avventure dei suoi protagonisti. Aragorn, Gandalf, Éowyn, Legolas, Gimli e tutti gli altri eroi scaturiti dalla fervida immaginazione di J.R.R. Tolkien sono stati conosciuti anche nel Bel Paese e, dopo le trilogie cinematografiche di Peter Jackson, sono personaggi noti praticamente a tutti. Ma all’origine di tutto questo c’è un nome
che in Mario Ubaldinipochissimi conoscono, quello di un uomo che lesse e credette in quel sogno portato su carta e volle farlo tradurre per pubblicarlo in italiano. Per conoscere questa storia bisogna risalire molto indietro nel tempo, tornando addirittura alla metà degli anni Sessanta del secolo scorso. E si può farlo anche grazie a chi lo conobbe bene e ci ha aperto le porte della sua casa editrice. È ora di conoscere meglio Mario Ubaldini.

I Racconti Incompiuti: intervista agli artisti

Unfinished TalesGiovedì 1 ottobre è stata ufficialmente pubblicata in inglese la nuova edizione dei Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra di Mezzo, a segnare il quarantesimo anniversario della sua prima apparizione nel 1980 per la George Allen & Unwin. È la prima volta che il libro viene pubblicato in edizione illustrata, e l’editrice HarperCollins ha ingaggiato per l’occasione tre dei più grandi nomi nel campo artistico tolkieniano. Ted Nasmith, Alan Lee e John Howe hanno già illustrato opere di Tolkien fra cui Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli e Il Silmarillion e, ovviamente, molti calendari. Trovarli tutti e tre in questa nuova edizione dei Racconti Incompiuti è un regalo speciale e le loro nuove illustrazioni sono meravigliose. Spero vi piacciano le mie conversazioni (leggermente rivedute per questioni di chiarezza) con questi artisti, che hanno tutti trovato il tempo per chiacchierare con me nonostante i loro impegni.

Fatica: «Tolkien come Kipling e Shakespeare»

Tolkien è un classico della letteratura del Novecento e la nuova traduzione lo dimostra. Il lavoro di Ottavio Fatica, che ha ritradotto Il Signore degli Anelli per Bompiani, di cui è appena uscito il primo volume, mette in evidenza tutta la forza della narrazione dello scrittore inglese. È il traduttore stesso a rivelarlo in un’intervista su Il Venerdì di Repubblica.

Esclusiva AIST: intervista a Cate Blanchett/Galadriel

Roma: red carpet ad AuditoriumCome sempre per amore dei suoi lettori l’AIST coglie ogni occasione per incontrare i protagonisti delle opere derivate o legate a J.R.R. Tolkien, soprattutto quando si tratta degli attori delle due trilogie di Peter Jackson! Questa volta il 19 ottobre abbiamo seguito la bellissima Cate Blanchett alla Festa del Cinema di Roma 2018 e siamo riusciti lungo l’arco della giornata a strapparle alcune risposte dedicate alla sua esperienza con Tolkien e le riprese dei film. Nella seconda giornata della Festa del Cinema, l’attrice premio oscar si è resa protagonista di due incontri.
Cate BlanchettIl primo è stato la conferenza stampa del film Il mistero della casa del tempo, regia di Eli Roth, in cui è in coppia con l’attore Jack Black. E dopo il red carpet, la sua giornata si è conclusa con l’incontro con il pubblico. L’attrice due volte premio Oscar è stata salutata con particolare calore da un pubblico giovane e per lo più femminile. Sorridente e con un’ironia mai sopra le righe e sempre in equilibrio con la sua eleganza, ha parlato di cinque dei film da lei interpretati: Bandits (2001), Diario di uno scandalo (2006), Io non sono qui (2007), Il curioso caso di Benjamin Button (2008), Carol (2015).

L’AIST intervista Sam Gamgee/Sean Astin

Sean AstinLa 14esima edizione della Festa dell’Unicorno di Vinci si è conclusa. Ormai da anni un appuntamento imperdibile per gli amanti del fantasy e della letteratura fantastica, quest’anno ha visto ospite Sean Astin, famoso per aver interpretato il ruolo del piccolo Mikey Walsh nel film i Goonies e l’hobbit “Sam Gamgee” nella trilogia del Signore degli Anelli. Recentemente ha recitato nella seconda stagione della serie tv Stranger Things, interpretando la parte di Bob Newby. Sean Astin è figlio d’arte: sua madre era l’attrice Patty Duke (la piccola Anna del film Anna dei miracoli, per cui vinse l’Oscar nel 1962) e suo padre l’attore John Astin (interprete del ruolo di Gomez nella Famiglia Addams). Ha debuttato giovanissimo e nel cinema il suo primo ruolo è stato quello di Mikey Walsh nel cult I Goonies (1985), scritto da Stephen Spielberg e Columbus e diretto da Richard Donner. A Vinci si è sottoposto a una giornata intensa, piena di panel a teatro, foto e autografi per i suoi ammiratori, una chiacchierata sul palco e infine, i momenti esclusivi con 15 appassionati. L’AIST ha avuto l’opportunità di porre alcune domande al famoso attore, e per questo si ringrazia calorosamente l’organizzazione della Festa dell’Unicorno. Buona lettura!

Artisti Tolkieniani: parla Elena Kukanova

Elena KukanovaAll’inizio del mese di giugno ha aperto le sue porte la straordinaria mostra Tolkien: Maker of Middle-earth (Tolkien: il Creatore della Terra di Mezzo), tenuta presso la Weston Library e di cui vi abbiamo proposto il resoconto redatto dai nostri soci Stefano Giorgianni e Roberta Tosi, che hanno attraversato la Manica per questa esposizione imperdibile di manoscritti, mappe ed illustrazioni realizzate da Tolkien stesso. Oggi approfondiremo assieme a voi un altro aspetto dell’arte tolkieniana, con la traduzione di un’intervista ad una artista russa che sta godendo di grande popolarità nel web, ovvero Elena Kukanova che l’anno scorso vinse il premio come miglior artwork della Tolkien Society con l’opera Maglor.
La traduzione è stata realizzata della nostra collaboratrice Elena Sanna (potete leggere l’originale qui: Talks with Tolkien artist: E. Kukanova ad opera di Eva Z.).

Ciao! Cominciamo: vuoi dirci qualcosa di te?
Certo, mi chiamo Elena e sono un’artista professionista, laureata all’Ilya Glazunov Academy. Al momento (l’intervista risale al 2013, NdT) sono ritrattista ufficiale del Teatro accademico centrale dell’esercito russo, e una galleria espone i ritratti che ho fatto a tutti gli attori. Scusate se mi do delle arie sin dall’inizio.

Quando hai letto per la prima volta i libri di Tolkien? Che impressione ti hanno fatto?
Ho cominciato a leggere Tolkien (in russo) quando avevo sedici anni. Devo dire che le sue opere hanno avuto un impatto notevole sulla mia personalità. All’epoca non c’era nient’altro che volessi leggere, e non me ne importava proprio nulla dei classici russi che dovevo leggere a scuola. Dopotutto avevo sedici anni.

Quanto è vasta la tua conoscenza della Terra di Mezzo? Ti consideri una nerd tolkieniana?
Devo confessare che al momento non ammonta a granché: avevo sedici anni sedici anni fa. Sto rileggendo i libri, ma stavolta in inglese. È davvero una sfida, visto che sono prevalentemente francofona.

Quando sono usciti i film, molti personaggi e scene sono stati rimpiazzati, nella mente dei lettori, dagli attori e le scenografie. È successo anche a te? Hai cercato di evitarlo?
Il film mi piace davvero tanto, e Peter Jackson è un grande, non ci piove. E gli attori… hanno tutta la mia ammirazione per il loro lavoro fantastico, ma non hanno prevalso sulla mia visione personale. Le scenografie erano davvero perfette, Peter è proprio un genio. E i costumi! Quelli non erano affatto male.

Ora potresti dirci qualcosa su di te e i tuoi lavori? Sei un’artista di professione, o l’arte è solo un hobby? Quando hai cominciato, e chi o cosa ha influenzato il tuo stile?
Sono una professionista, e non separo il lavoro dagli hobby. Scherzi a parte, ho cominciato più o meno a tre anni, rovinando la carta da parati dei miei, e per fortuna non mi hanno punita. All’inizio l’ispirazione mi veniva dalla pittura fiamminga, quindi Dürer, Holbein, ecc.

A giudicare dalle tue opere sembra che I Figli di Húrin sia la tua parte preferita. Che cosa ti porta a scegliere quali episodi illustrare?
I ricordi, forse? In pratica, questo è il libro che mi ha colpito di più. Una storia drammatica, che secondo me eclissa quella di Romeo e Giulietta.

Dove trovi l’ispirazione per i tuoi quadri, non solo per quanto riguarda il tema, ma anche dal punto di vista artistico? Usi dei modelli?
Dovrei dire di sì, ma in realtà non lo faccio. Tutte le mie opere nascono nella mia testa. Per i personaggi femminili poso io stessa, e mio marito posa per quelli maschili. Uso moltissimo le foto, ma la maggior parte sono fatte in casa. A parte quelle con lucertole. Certo, molte cose mi ispirano, ma è una storia troppo lunga da raccontare.

I tuoi quadri tradizionali sono straordinari. Hai una tecnica segreta per mischiare gouache, acquerelli e matite colorate?
Per questa tecnica mi sono ispirata a Somov e Benois. Non lo dico per vantarmi, ma è un lavoro davvero meticoloso e ci vuole tanta pratica.

Potresti farci vedere un’illustrazione tolkieniana di cui sei particolarmente orgogliosa?

Anglachel - Elena Kukanova

E qualcosa di un altro fandom, o un lavoro originale, di cui vai fiera?
Mi dispiace, sceglierne uno è troppo difficile, ma di solito è l’ultimo lavoro che ho completato.

Un’immagine che rispecchia come ti senti al momento?
The Spring of Arda - Elena Kukanova

Il lavoro più difficile?
First Snow - Elena Kukanova
L’acqua mi ha dato davvero tanti problemi.

C’è qualcuno nella tua vita (anche su deviantArt) che ti ha ispirato o sostenuto, come artista? Puoi anche dirci perché, se ti va.
Di certo i miei genitori, mio padre, che aveva copiato e conservato una parte di quel mio primo disegno (erano dei conigli parecchio stravaganti). Ho avuto l’ispirazione per le illustrazioni tolkieniane grazie ad alcune opere che avevo visto su deviantArt.

C’è qualche artista su deviantArt che secondo te non ha l’attenzione che merita?
Marisoly – Molto professionale, molto insicura, davvero originale, la adoro!

Sono proprio d’accordo! Purtroppo è difficile da contattare, e non conferma nessuna richiesta, anche se vorrei proprio ospitarla nel nostro gruppo. Ecco qualcuna delle sue opere:

Su deviantArt ci sono molti gruppi dedicati a Tolkien. Ne consigli qualcuno? O anche altri a tema fantastico?
È difficile scegliere, sono tutti sul mio argomento preferito. Ma di certo posso raccomandare EldritchShores e GoldenIllustration

C’è altro che vorresti dire ai fan di Tolkien e dei tuoi lavori?
Qui ho trovato una cerchia di spiriti affini, e mi date un sacco di energia, amici miei… ma non sono un vampiro, visto che faccio di tutto per ripagarvi. E i vostri calorosi commenti hanno davvero un grande valore per me! Grazie di tutto.

Spero di aver risposto a tutto.

Con affetto
Elena

Ti ringraziamo per l’intervista, è stato davvero un piacere parlare con te!

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo La mostra a Oxford: ci siamo stati per voi!
– Leggi l’articolo Apre oggi la mostra su Tolkien a Oxford!
– Leggi l’articolo Al TolkienLab di Modena l’arte di J. R. R. Tolkien

LINK ESTERNI:
– Vai alla pagina DeviantArt – Talks with Tolkien artist: E. Kukanova
– Vai alla pagina DeviantArt di Elena Kukanova
– Vai alla pagina DeviantArt di Marisoly
– Vai alla pagina DeviantArt di EldritchShores
– Vai alla pagina DeviantArt di GoldenIllustration

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Tra Medioevo e Medievalismo

Medioevo fra noi 2018Dopo il resoconto del convegno Il Medioevo fra noi (che potete leggere qui, svoltosi tra Urbino e Gradara dal 7 al 9 giugno, abbiamo scelto di approfondire l’argomento, così pertinente agli studi tolkieniani, ponendo alcune domande a due dei giovani studiosi presenti, Riccardo Facchini e Davide Iacono, tra i saggisti del volume Medievalismi italiani (secoli XIX-XX) che è stato presentato il secondo giorno, nonché ideatori della pagina divulgativa MediaEvi, il Medioevo al Presente. Ringraziando ancora per la loro disponibilità Riccardo e Davide, vi proponiamo questa “doppia” intervista per valicare ancora una volta la frontiera tra Medioevo e Medievalismo.

Partiamo dalle origini: da dove nasce il vostro interesse per la storia, nello specifico per il Medioevo? Cosa vi affascina in particolare di questo periodo storico?
Davide – Sin da piccolo sono stato sempre molto curioso. Adoravo sfogliare le enciclopedie,
magari quelle dei miei genitori, un po’ vecchiotte ma riccamente illustrate. Credo sia stato lì che si fissarono nel mio immaginario i cavalieri e i castelli. Furono gettati i semi insomma! Iniziai poi a leggere di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Mi ricordo in particolare un cartone animato, Prince Valiant (un adattamento del fumetto di Harold Foster) che mi restò impresso. Uno dei primi libri che lessi sul medioevo storico si chiamava L’avventura del Medioevo. È ancora lì, con le sue suggestive illustrazioni.
Riccardo – Anche per me l’infanzia ha avuto un ruolo fondamentale nel mio avvicinamento
al Medioevo, seppur al Medioevo sognato e immaginario. Credo però che il punto di svolta fu quando, durante le medie, per Natale mi fu regalata un’edizione di Dungeons&Dragons!

Parlando invece di medievalismo, quando avete scoperto che per questo Medioevo ridisegnato esiste un termine specifico e come?
Davide e Riccardo – Fondamentale si è sicuramente rivelata la lettura di Medioevo Militante (Einaudi 2011), di Tommaso di Carpegna Falconieri, docente di storia medievale all’Università di Urbino. Un testo imprescindibile per lo studio dei medievalismi, soprattutto per quanto riguarda la loro dimensione politica e per i risvolti che questo fenomeno ha nel mondo attuale. Ricordiamo con piacere anche le lezioni di Umberto Longo, docente alla Sapienza di Roma e relatore di Davide per la tesi magistrale, il quale, durante le sue lezioni, compie continui rimandi al nesso fondamentale che c’è tra medioevo e medievalismo. Ricordiamo il giorno che proiettò alcuni dipinti dei preraffaelliti, accostandoli ad alcune immagini tratte dai film de Il Signore degli Anelli o da quelli di Harry Potter, per dimostrare come il canone medievale, creato da quel gruppo straordinario di artisti, abbia anche ora oggi influenza nel nostro immaginario, come un orizzonte mentale comune.

Per quale motivo proporreste a qualcuno di cominciare ad approcciarsi a questo campo di studi?
Davide – Chiunque si accosti allo studio della storia medievale vi arriva spesso attraverso la visione di un film, la lettura di un libro, una conoscenza magari infantile – stereotipata – dell’epoca. Inoltre è importante notare che scrivere di storia significa sempre e comunque, innanzitutto, “raccontare” una storia tra le numerose storie, la cui retorica narrativa proietta mentalità, cultura, concezione, e generale – posso dire una parolaccia? – Weltanschauung dello storico. Pensare di presentare le cose “tali quali esse sono avvenute” è un’assurdità, se non una presunzione, positivista. Fare storia significa avere la consapevolezza di creare un prodotto culturale, attraverso il quale lo storico scopre il passato e lo ricrea. In particolare poi lo studio dei medievalismi consente allo storico medievista di tornare ad occupare quel posto nella società civile che aveva un tempo. Quando l’ISIS parla di ritorno del Califfato; quando i presidenti degli States evocano le crociate; o – come soprattutto nell’Europa dell’Est – vengono rispolverati i modelli e i miti del medievalismo ottocentesco per sostenere spinte nazionaliste; lì lo studioso di storia medievale, che si colloca tra la realtà del passato medievale e queste distorsioni operate dal presente, può dare un serio e autorevole contributo nel decifrare l’attualità. Si pensa spesso alla medievistica come ad una materia quasi erudita, polverosa, fatta da studiosi chiusi in torri di avorio dediti al solo studi di codici indecifrabili; un po’ come i re di Numenor irretiti dall’araldica, dalle genealogie, dall’astrologia mentre il regno di Gondor versava in rovina (e per certi versi è vero…). Lo studio dei medievalismi
avvicina la storia medievale, e chi la studia, al suo presente.

Parlando delle rappresentazioni fantastiche ispirate al Medioevo, non si può non parlare di Tolkien: qual è il vostro rapporto con questo autore, con i suoi precursori ed il genere letterario che ne è derivato?
Davide – Il mio incontro con Tolkien è stato un po’ combattuto. Mi spiego meglio. Un giorno alcuni amici, era il lontano 2002, mi invitarono al cinema. Mi portarono a vedere La
Compagnia dell’Anello
. Era un film fantasy, dicevano. Esco dalla sala molto contrariato.
“Cos’è questa cosa che cerca di imitare male il medioevo!”, sbottai. All’epoca avevo timidamente già iniziato a leggere i saggi di Le Goff e, come tutti i neoconvertiti, ero molto zelante. Questo medioevo “finto” non mi piaceva per niente! Poi, sempre grazie a quei farabutti dei miei amici, è stato amore. Iniziai a leggere i libri; a vedere e rivedere versioni estese e contenuti speciali nei dvd. Ero incantato da quel mondo neomedievale, così verosimile, che Tolkien – per il tramite di Peter Jackson – era riuscito a evocare. Lo studio del medievalismo, al quale sono approdato con la laurea magistrale, è adesso fondamentale per leggere ancora più in profondità, criticamente, la Terra di Mezzo. Ho potuto dare un nome e un senso alla mitopoiesi di Tolkien. Un autore che però spesso risulta ancora incompreso, e trattato come una sorta di santino. Per comprenderlo – secondo l’ottica del medievalismo – credo sia da intendere Tolkien, e il suo legendarium, come il canto del cigno della lunghissima stagione del medievalismo vittoriano: fenomeno che terminerà, durante la Grande Guerra, con le ultime folli cariche degli ufficiali a cavallo – che nel cuore portavano l’immagine di re Artù e dei suoi cavalieri – contro poco cortesi nidi di mitragliatrici. Dopo l’esperienza dei brutali combattimenti in trincea, il medievalismo britannico gradualmente ha
abbandonato il mondo reale – finendo di idealizzare la società britannica come una nuova Camelot – per rifugiarsi nel regno della fantasia. La Caduta di Gondolin, il primo racconto completo ambientato nella Terra di Mezzo, non è che una metafora neomedievale, della drammatica esperienza di Tolkien sui campi della Somme. Il giovane filologo credo abbia trovato in quel mondo – per certi versi accogliente e rassicurante – dopo la brutalità delle trincee e la morte dei suoi amici, un rifugio mentale. Questo lo racconta molto bene John Garth in Tolkien e la grande guerra.

Voi gestite la pagina facebook MediaEvi, il Medioevo al Presente: com’è nata l’idea di creare una pagina facebook dedicata al medievalismo?
Davide – L’idea nasce appunto dalla volontà di divulgare lo studio e l’interesse per il medievalismo. Un fenomeno culturale che ha le sue radici nell’Europa del Romanticismo ma che perdura ancora oggi (vi invitiamo ad approfondire la voce Medievalismo compilata da me
e Riccardo). Il medioevo, il suo sogno, è e sarà costantemente rielaborato, reinventato, raccontato. Ognuno di noi – inclusi i medievisti di professione – ha la sua idea di quell’epoca così lontana ma allo stesso tempo così vicina, che prescinde largamente da quello che è il medioevo storico. Quello di MediaEvi è anche un modo per raccontare una disciplina – diremmo fare storytelling – e occupare in maniera intelligente, seria (non seriosa!) e divertente, uno spazio. La comunicazione di una disciplina passa anche dai social. È un modo per dire: “Noi – noi studiosi di storia medievale e di medievalismi – esistiamo”.

Nella vostra esperienza, quale sembra essere la forma di medievalismo che suscita maggior interesse all’interno dei social network, e secondo voi per quale ragione?
Riccardo – Bisogna ammettere che il nostro pubblico è molto variegato. Si va dai giovanissimi, o dagli amatori, fino a giovani studiosi di storia e stimati ricercatori! Esclusi i meme, una vera e propria miniera di like, ma anche un modo – immediato e ironico – per comunicare la storia, possiamo però affermare con una certa sicurezza che la forma di medievalismo che affascina maggiormente il nostro pubblico è quello artistico, architettonico, in qualche modo legato alle arti visive. I nostri post sui castelli neomedievali o sugli artisti preraffaeliti sono lì a dimostrarlo.

MediaEvi era tra i media partner del convegno Il Medioevo fra noi, tenutosi di recente, e voi siete stati tra i relatori. Si trattava già della quinta edizione di questa manifestazione: parlateci della strada percorsa finora, quali sono stati gli ostacoli e le soddisfazioni maggiori, come siete entrati a far parte della compagnia.
RiccardoIl Medioevo fra Noi nasce dal desiderio di tre affermati studiosi – Tommaso di Carpegna Falconieri (Università di Urbino), Umberto Longo (Sapienza) e Francesca Roversi Monaco (Università di Bologna) – di sdoganare accademicamente lo studio dei medievalismi. Rispetto alla prima edizione, svoltasi nella rocca di Gradara in un afoso pomeriggio di luglio nel 2014, sono stati fatti passi da gigante e in questo un ruolo importante è stato ricoperto anche dal sostegno offerto fin dall’inizio dall’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo che, nella persona del presidente Massimo Miglio, non ha mai fatto mancare il suo supporto.

Al convegno Il Medioevo fra noi avete presentato il volume Medievalismi italiani (secoli XIX-XX), una raccolta di saggi di vari studiosi sul medievalismo in Italia: com’è nato questo progetto?
Riccardo – Durante le numerose conversazioni intrattenute con il professor di Carpegna in merito allo stato della ricerca sui medievalismi in Italia, ci siamo resi conto che gli studiosi nostrani hanno spesso affrontato il tema (pensiamo a Giuseppe Sergi, Renato Bordone, al recentemente scomparso Raffaele Licinio…), senza però al tempo stesso aver contribuito alla formazione di un organico orizzonte di ricerca nazionale, di una sorta di “scuola”, dedicata allo studio del medievalismo. Questi studi, infatti, hanno spesso mancato di organicità e consapevolezza. Per questo si è sentito il bisogno di pubblicare un volume che raccolga unicamente contributi sul medievalismo, con l’auspicio di contribuire alla nascita, se non una vera e propria scuola storiografica, almeno di una nuova sensibilità accademica nei confronti di questa affascinante disciplina.

Un’ultima domanda, guardando al futuro: avete già in programma di presenziare ad altri eventi dedicati all’età di mezzo o, magari, alla Terra di Mezzo?
Davide – Abbastanza certa sarà la nostra partecipazione al Festival del Medioevo, che si terrà dal 26 al 30 settembre nella bianca città di Gubbio. Il tema di quest’anno, come ci ha svelato in anteprima Federico Fioravanti (l’ideatore del Festival) a Gradara, saranno i barbari: un argomento che richiama, immediatamente, all’attualità.
La Terra di Mezzo l’abbiamo sfiorata lo scorso anno per l’appunto al Festival del Medioevo, nel
nostro intervento dedicato alle città incantate dell’immaginario medievalista. Tra le molte non
abbiamo mancato di considerare, la capitale del regno di Gondor, Minas Tirith.

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Il Medioevo, e il Fantastico, fra noi
– Leggi l’articolo Festival del Medioevo: una sessione per Tolkien

LINK ESTERNI:
– Vai al sito del Festival del Medioevo
– Vai alla pagina facebook di MediaEvi, il Medioevo al Presente
– Vai al sito del Festival del Medioevo
– Vai al sito dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo

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Ritradurre Il Signore degli Anelli: l’intervista

Loredana LipperiniAbbiamo chiesto di ripristinare le “Venti righe”, abbiamo riportato in libreria le Lettere dopo 10 anni di assenza facendolo tradurre da Lorenzo Gammarelli e ora Bompiani ci ha chiesto aiuto per tradurre il capolavoro di Tolkien. A cinquant’anni dalla prima versione italiana de Il Signore degli Anelli poi più volte rimaneggiata – l’ultima nel 2003 -, tornerà così in una nuova traduzione finalmente all’altezza della sfida La Compagnia dell’Anello in tutta la sua generosa, esuberante, ludica malìa. Abbiamo indicato alla casa editrice un traduttore d’eccezione: Ottavio Fatica. Si tratta di un traduttore letterario di tutto rispetto: dopo aver esordito con Adelphi, ha lavorato a lungo per Theoria ed Einaudi e da diversi anni è consulente a tutto campo per Adelphi. Ha vinto il Premio letterario internazionale Mondello per la traduzione di Limericks di Edward Lear, nel 2007 il Premio Monselice per la traduzione di La città della tremenda notte di Rudyard Kipling. Nel 2009 ha vinto il Premio Nazionale per la Traduzione e nel 2010 il Premio Procida – Isola di Arturo – Elsa Morante per la traduzione de Il crollo di Francis Scott Fitzgerald. Tra i suoi lavori migliori, la traduzione dell’opera omnia di Rudyard Kipling, Moby Dick di Herman Melville e centinaia di altri scrittori inglesi e statunitensi.
Salone del Libro di TorinoAl prossimo Salone del libro di Torino, sabato 12 maggio, ore 14:00 nella sezione L’AutoreInvisibile curata da Ilide Carmignani, Ottavio Fatica e Roberto Arduini, presidente dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, dialogheranno su Tradurre Il Signore degli Anelli. Coordina Alessandro Mari della Scuola Holden. Per avere un assaggio di quell’incontro, pubblichiamo l’intervista integrale che Loredana Lipperini ha realizzato in esclusiva a Ottavio Fatica, di cui una parte è stata pubblicata su La Repubblica del 29 aprile 2018. Ringraziamo l’autrice per la cortesia.

Le Nere Lame: intervista a Marco Scicchitano

cop - Educare nella Terra di MezzoSabato 21 aprile, dalle ore 16,15 alle 18.00 a Roma l’Associazione Italiana Studi Tolkieniani sarà ospite del seminario Educare nella Terra di Mezzo, che si terrà presso il centro culturale Benedetto XVI della parrocchia Santa Maria Consolatrice (piazza Santa Maria Consolatrice, 00159). L’ingresso è libero (ci si può iscrivere alla pagina Facebook Educare nella Terra di Mezzo). Ne abbiamo già scritto in precedenza: è un progetto culturale che affronta l’aspetto educativo delle opere di J.R.R. Tolkien, senza però escludere il gioco. Durante l’incontro, organizzato da Labgdr in collaborazione con Cattonerd, interverrà come relatore anche lo psicologo Marco Scicchitano, che illustrerà il progetto “Le Nere Lame”, laboratorio di giochi di ruolo dal vivo a tema tolkieniano, che insegna a stimolare l’immaginazione e l’uso delle regole del comportamento collaborativo, sviluppare amicizie e buone capacità di problem soling, favorendo inoltre lo sviluppo di abilità di Teoria della Mente. Per l’occasione abbiamo voluto approfondire il progetto e capirne il valore educativo facendo un’intervista direttamente all’ideatore.

Esclusiva AIST: intervista a Martin Freeman

La XXIII edizione di Romics ha celebrato Martin Freeman, con l’assegnazione del primo Romics d’Oro mai attribuito a un attore. Il divo britannico è uno straordinario interprete di personaggi che dalla letteratura e dai fumetti sono passati al cinema, dalla televisione al teatro, in un’ottica assolutamente transmediale. Freeman è passato così dalla Guida galattica per autostoppisti a The Office a Fargo, dai film Marvel al supernatural thriller con Ghost Stories che uscirà nelle sale il 19 aprile. Ma uno dei ruoli più amati è quello di Bilbo Baggins nei tre adattamenti del romanzo di J.R.R. Tolkien Lo Hobbit (Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato, Lo Hobbit – La desolazione di Smaug e Lo Hobbit – La battaglia delle cinque armate, usciti rispettivamente nel 2012, nel 2013 e nel 2014). L’attore britannico Martin Freeman, che ha incontrato ieri i suoi numerosissimi fan al Pala Romics, dove ha discusso della sua carriera artistica, dei suoi film più celebri, delle sue passioni e dei suoi progetti futuri.
Martin FreemanNel corso dell’incontro, preso d’assalto da migliaia di fan di Freeman nel padiglione 8 della Fiera di Roma, si è parlato anche della prossima stagione di Sherlock e del nuovi film in uscita. «Non mi piace incasellarmi in generi filmici specifici», ha detto l’attore, «preferisco essere coinvolto in belle storie e in belle sceneggiature. È stato un caso, infatti, aver interpretato ruoli dotati di una precedente vita letteraria. Non nego, però, che lavorare a sceneggiature tratte da libri è molto bello, perché infonde più ricchezza all’attore che deve interpretarli». E proprio a Romics, l’AIST ha ottenuto la possibilità  di fare un’intervista in esclusiva a Martin Freeman tutta dedicata al suo rapporto con Tolkien, il ruolo di Bilbo Baggins e sulla nuova serie tv. Buona lettura!

Le “nuove” Lettere: l’intervista al traduttore

Tolkien - Lettere 1914-1973Avevamo annunciato, ad aprile, l’arrivo di una nuova traduzione delle Lettere di Tolkien e la fatidica data si avvicina: il 3 gennaio 2018, dopo essere stato fuori catalogo per tanti anni, torna ad essere disponibile l’epistolario del Professore oxoniense. Dall’acquisizione della Bompiani da parte del Gruppo Giunti, si è instaurata una collaborazione tra quest’ultimo e l’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, che ci ha permesso di segnalare numerosi errori presenti in varie traduzioni delle opere tolkieniane, portando così ad un miglioramento delle edizioni italiane. Interpellati su quale opera necessitasse prioritariamente di una revisione, abbiamo suggerito non una semplice ristampa riveduta delle Lettere, ma una nuova traduzione. Lorenzo Gammarelli, socio, saggista e traduttore AIST, ha ricevuto l’onere o l’onore di questo compito: ritradurre le lettere del Professore. Già curatore delle edizioni italiane del Cacciatore di draghi e del Fabbro di Wootton Major, della traduzione del volume critico Tolkien e la Grande Guerra di John Garth, Gammarelli è anche studioso tolkieniano, i cui saggi sono apparsi nei volumi All’ombra del Signore degli Anelli (Delmiglio editore), La falce spezzata e C’era una volta…Lo Hobbit (Marietti 1820).
A meno di una settimana dalla fatidica data, vi proponiamo un’intervista col nostro traduttore!

Prima cosa: perché Lettere 1914-1973 e non più La realtà in trasparenza?
«Premesso che il titolo viene scelto dall’editore, non nascondo di avere fortemente caldeggiato questo cambiamento. Il motivo principale è per allinearsi al titolo inglese (e delle altre lingue in cui le lettere sono state tradotte). Poi, per una sorta di onestà intellettuale nei confronti del lettore: sono convinto che il titolo di un testo non narrativo debba riflettere il reale contenuto del libro. Infine, anche perché ho sempre trovato la realtà in trasparenza un titolo forse poetico ma inadatto e poco pertinente, e per me francamente inspiegabile».

Come sei diventato il traduttore delle Lettere?
Lorenzo Gammarelli«In modo decisamente non casuale. Dopo le note vicende societarie che l’hanno riguardata, e forse proprio per rimarcare una discontinuità con il passato, la casa editrice Bompiani ha deciso che era giunto il momento di ripubblicare le Lettere, che da troppi anni erano ormai fuori catalogo; ha chiesto consiglio all’Associazione italiana studi tolkieniani, che attualmente nel nostro Paese è la più importante associazione dedicata allo studio dell’opera di Tolkien, e insieme hanno deciso che non sarebbe stato sufficiente ripubblicarle, ma che stato necessario ritradurle completamente. L’AIST ha suggerito di assegnare a me l’incarico, e dato che la Bompiani già mi conosceva, perché avevo lavorato come curatore delle nuove edizioni del Cacciatore di draghi e del Fabbro di Wootton Major, ecco fatto!
O quasi: in realtà, prima di dare il via, la Bompiani ha dovuto sottoporre il mio nome alla HarperCollins e alla Tolkien Estate, rispettivamente casa editrice inglese e società che detiene i diritti letterari dell’opera di Tolkien, per chiederne l’approvazione. Devo confessare che la settimana in attesa di una risposta da Londra è stata piuttosto ansiogena».

Particolari difficoltà?
«Per me le lettere più difficili da tradurre sono state quelle in cui Tolkien affronta tematiche religiose: il linguaggio di Tolkien, solitamente molto chiaro, si fa più involuto e complicato: ci si trovano termini poco comuni, termini comuni ma con accezioni particolari, costruzioni sintattiche che in inglese non ci si aspetterebbe, citazioni con riferimenti ad autori non famosissimi, spesso con qualche cambiamento, cosicché è anche impossibile risalire alla frase originale».

Lettere - nuova traduzione
Perché sono così importanti le Lettere?
«Sappiamo (in gran parte dalle lettere stesse) che Tolkien non era un fautore del biografismo, e anzi considerava impertinenti i tentativi di leggere la sua opera attraverso dettagli biografici, quindi è molto importante dare alle Lettere il giusto valore come inestimabile fonte di informazioni biografiche e sul pensiero di Tolkien, ma senza spingersi oltre, e soprattutto senza usarle per far dire a Tolkien quello che vogliamo dire noi».

Qual è stata la scoperta più interessante o sorprendente che hai fatto traducendo le Lettere?
«Ovviamente già conoscevo le lettere, e le avevo già lette. Ritraducendole, però, ho potuto apprezzare l’umanità di Tolkien, e quanto, diversamente dalla vulgata comunemente diffusa, fosse informato e interessato al mondo e agli avvenimenti che lo circondavano».

L’ultima edizione inglese delle Lettere è caratterizzata da un indice molto ricco: è stato tradotto?
«Questa edizione delle Lettere ha un indice, più corposo rispetto a quello della vecchia edizione italiana, ma che non si avvicina nemmeno alla complessità e completezza di quello inglese. Considerate che l’indice inglese è stato compilato nel corso di svariati anni da Christine Scull e Wayne Hammond, i due massimi esperti di bibliografia tolkieniana; per quello italiano abbiamo dovuto fare in poco più di un mese».

Come mai direttamente in edizione economica? Non sarebbe stato meglio pubblicare prima un’edizione rilegata?
«Questo dipende da considerazioni editoriali che spettano unicamente all’editore, e sulle quali come traduttore non ho alcuna voce in capitolo. Anche a me sarebbe piaciuta una bella edizione rilegata, ma possiamo sempre sperare: se quella economica dovesse vendere molto, la Bompiani potrebbe forse prenderla in considerazione; quindi, comprate tutti il libro!».

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Dal 3 gennaio 2018 le lettere di Tolkien
– Leggi l’articolo Annunciata una nuova traduzione per le Lettere di Tolkien
– Leggi l’articolo Le Lettere di Tolkien finiscono fuori catalogo

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Marche, il programma dei Cavalieri del Mark

Cavalieri del MarkI Cavalieri del Mark, divenuti associazione nel gennaio 2016, organizzatori di eventi tolkieniani fin dal principio, propongono anche questo autunno un serie di incontri che approfondiranno le opere del Professore. Già promotori della mostra su Lo Hobbit dal titolo In te c’è più di quanto tu creda: l’avventura umana secondo Tolkien ne Lo Hobbit che si tenne a Castelfidardo dal 23 aprile al primo maggio, lo smial marchigiano continua la sua crescita. Per l’occasione abbiamo intervistato Giuseppe Scattolini, presidente dei Cavalieri del Mark: buona lettura!

Lo smial è attivo da alcuni anni. Siete cresciuti e avete fatto tesoro di quali esperienze?
«Sì, il nostro smial è cresciuto. Senza nemmeno accorgersene, I Cavalieri del Mark hanno passato un altro anno insieme. La nostra amicizia si è approfondita, e col tempo abbiamo via via maturato la nostra identità. Sono state le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare e le esperienze e gli errori, e le cose buone, che abbiamo fatto insieme, a farci scoprire quello che noi oggi chiamiamo “il nostro metodo”, che è la strada attraverso cui noi camminiamo e seguiamo le orme del Professore di Oxford, J.R.R. Tolkien, secondo l’eredità che ci ha lasciato».

Ci può spiegare meglio il vostro metodo?
«Per rispondere devo fare una lunga premessa, partendo dalle molte particolarità e limitazioni del nostro smial».

Avete avuto difficoltà all’inizio?
«Sì. Solitamente, e che io sappia, nessun gruppo di tolkieniani in Italia ha mai dovuto affrontare, o ha mai affrontato, una realtà come quella che ci siamo trovati davanti. Anzitutto, il primo problema che abbiamo avuto è stato quello della distanza. Mentre tutti gli altri in Italia e in giro per l’Europa ed il mondo frequentano i Tolkieniani della propria città o vicino casa propria, il nostro gruppo si è trovato ad affrontare anzitutto una distanza geografica non del tutto indifferente. Maturare un’amicizia attraverso la frequentazione costante e settimanale, o magari giornaliera, permette di rendere i legami più solidi. Noi ci abbiamo invece messo molti mesi a conoscerci, ed ancora non ci conosciamo davvero bene. Alcuni di noi si vedono solo poche volte, due o tre, ogni anno, ed è già una stima al rialzo.
Inoltre, tra noi non ci sono studiosi di Tolkien. Mi sono reso conto che se due persone non si conoscono ma hanno un interesse di studi in comune possono rompere il ghiaccio iniziando a parlarne. Io mi ricordo ancora il nostro primo incontro, nell’ottobre del 2015, quando non sapevamo nulla dell’altro e mai abbiamo saputo impostare un discorso su Tolkien: abbiamo sempre e solo avuto la nostra passione da condividere.
Infine, anche le nostre provenienze culturali, relative alla visione del mondo, alla politica, al credo religioso, sono diverse!».

I Cavalieri del MarkQuindi, solo col tempo avete trovato il vostro metodo?
«Il panorama tolkieniano con cui abbiamo dovuto confrontarci era vasto, con vari gruppi ed associazioni in competizione, e nessuno pronto a fidarsi di noi. Solo l’AIST lo ha fatto fin da subito: una cosa che non dimenticheremo mai. Inoltre abbiamo notato un distacco che, per quanto evidente, pochi cercano di colmare, tra studiosi di Tolkien, che mettono in campo bibliografie chilometriche, e gli appassionati come noi, lasciati tristemente a parlare solo dei film o dei personaggi preferiti del Signore degli Anelli, e la cui massima ambizione è un tatuaggio con la traslitterazione (nemmeno la traduzione) del proprio nome in elfico, o simili.
Ecco, noi ci siamo ritrovati gettati in tutto questo, esattamente come accadde a Bilbo, in un’avventura certamente più grande di noi. Ma, piano piano, abbiamo trovato la nostra strada: siamo stati in effetti quasi “costretti” dalle circostanze a mettere in pratica ed a fare nostra l’eredità di Tolkien. Non che la lettura di Tolkien ci abbia dato come evidenti e necessarie tutte queste cose. Ma, proprio grazie ai nostri “limiti”, abbiamo dato un valore alla diversità intensissimo e cruciale, cardinale, perché abbiamo capito, con Tolkien, che la crescita dell’identità avviene davvero solo attraverso una comprensione reciproca, e che la comprensione reciproca avviene, di contro, realmente solo se si dà valore alle identità e si permette loro di crescere insieme, non ‘a fianco’ l’una dell’altra, ma l’una “dentro” l’altra».

E come avete messo in pratica il vostro “metodo”?
«Abbiamo iniziato dal web, anche se non era immediato o auto-evidente il progetto della nostra pagina. È iniziato giusto per far conoscere la nostra associazione. Ma con questo è piano piano cresciuto il nostro metodo, e via via sempre più è questo che abbiamo proposto alle persone. Farci conoscere non è stato facile, abbiamo lavorato tanto, sia sulla pagina Facebook che dal vivo, e vediamo sempre più partecipazione, sempre più voglia di essere “vivi” delle persone. Certamente, affinché un progetto e un metodo del genere abbiano realmente presa e significato, e se ne vedano gli effetti, ci vorrà del tempo, ma il paragone migliore è quello con “l’albero”: più il tempo passa, più il tronco si fortifica, le foglie crescono e divengono più belle, ed in primavera arrivano i fiori e i frutti, e questo perché le radici si ramificano sempre più e vanno sempre più a fondo. Noi abbiamo deciso di non gettare il nostro seme sui sassi, dove presto fiorisce ma alla prima intemperia viene sradicato perché non ha forza. Abbiamo scelto di coltivare la terra buona, e di non avere fretta, e di vedere crescere questa pianta. Ci vorrà quanto ci vorrà, fiorirà. Anche qui seguiamo Tolkien: il significato del suo albero delle storie non sta solamente nel fatto più visibile che ogni foglia e ramo dell’albero rappresentano una storia, ma piuttosto come le fiabe mettano in noi radici e danno frutto, seppure nel tempo ed in modo inaspettato».

Nel concreto cosa siete riusciti a organizzare. Potete descriverci quelle di quest’anno?
«Il nostro programma si divide ormai in due semestri. Lo smial marchigiano dei Cavalieri del Mark ha organizzato una serie di interventi tra gennaio e maggio scorso, approfondendo diversi aspetti delle opere tolkieniane. Abbiamo poi ripreso le attività il 23 settembre scorso riunendoci a Montegranaro per festeggiare lo Hobbit Day, il compleanno di Bilbo e Frodo Baggins. E dal 7 ottobre abbiamo iniziato il nostro programma autunnale, con un incontro sulle opere cosiddette minori di Tolkien».

Libri: The SilmarillionIn calce mettiamo le attività del programma. In futuro avete altri progetti?
«Per il futuro abbiamo progetti, o meglio, la volontà di proseguire per questa strada. Mentre il senso del programma che pensiamo annualmente rispecchia la nostra volontà di aprire sempre di più Tolkien alla comprensione e all’amore e alla passione delle persone, abbiamo un obiettivo molto chiaro e più a lungo termine: 1) far innamorare le persone del Silmarillion. Non ci si può limitare a leggere Tolkien solo nelle sue opere più conosciute e popolari, Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli. Per questo vogliamo realizzare una mostra sul Silmarillion.
2) Concretamente, in futuro abbiamo in mente di fare un convegno sulle lettere, che verranno, grazie all’AIST, ripubblicate il prossimo 3 gennaio. 3) Pensiamo poi sia fondamentale fare almeno un tentativo di mettere in piedi un seminario di lingua inglese, per imparare insieme l’inglese, appunto, sui testi di Tolkien: così ho fatto io da auto-didatta, e se trasmetto tutte le altre mie esperienze vorrei provare a trasmettere anche questa, che credo possa essere più che importante per permettere alle persone di mettersi a leggere Tolkien in piena autonomia, senza dipendere sempre dagli altri e dalle loro traduzioni. 4) Inoltre, il prossimo 22 settembre saremo a Dozza con i nostri amici di AIST, a FantastikA, per tenere un incontro sugli Hobbit in occasione dell’anniversario di nascita di Bilbo e di Frodo, e sarà bello festeggiare con loro questa data. Per il resto, potremmo anche fare altro, sempre tenendo come stella polare l’apertura totale di tutti i testi di Tolkien, per promuoverne una conoscenza integrale, perché non esistono né testi secondari né opere minori, per nessun autore e in modo particolare, ne siamo convinti, per il Professore di Oxford e Leeds (perché forse altro punto che viene sempre un po’ messo in secondo piano è che per anni Tolkien ha insegnato anche a Leeds, mentre Oxford è sempre sulla bocca di tutti)».

Un ultimo pensiero prima di salutarci?
«Infine, vorrei riassumere in poche parole la nostra esperienza, riportando quanto scrissi sulla nostra pagina qualche tempo fa: “Sono diventato davvero un tolkieniano perché qualcuno me lo ha detto. Fu Roberta Tosi, presidente degli Argonath di Verona, a chiamarmi così per la prima volta. “Tu sei un tolkieniano vero, un tolkieniano doc” mi diceva. Da quella volta, per me è rimasto quello il significato di “essere tolkieniano”. Non significa avere le medesime convinzioni del Professore. Non significa conoscere le sue opere a memoria. Non significa nemmeno vivere facendo dei suoi testi un codice etico e teorico entro cui racchiudere la propria vita. Essere un tolkieniano significa… non so dirlo bene. Amare, farsi ispirare, raccogliere e fare propria l’eredità che Tolkien, come un padre, ci ha lasciato. In qualche modo, essere tolkieniani significa essere suoi figli. Egli ci ha resi tali dischiudendo il suo cuore nelle sue opere, nel dono del suo genio e di tutto sé stesso. Ed allora, proprio come dei figli, dobbiamo oggi appressarci a ciò che di lui è vivo, che è la sua eredità che vive in noi, e che siamo noi”. Di qui, la mia e la nostra eterna amicizia e gratitudine a chi ci ha dato tanto, come Roberta e gli Argonath di Verona, e a chi fin da subito ha avuto fiducia in noi, l’AIST, in special modo nelle persone di Roberto Arduini e Claudio Antonio Testi. Senza Tolkien, nostro padre, noi, suoi figli, non saremmo qui a raccontarlo».

Stàlteri e Torbidoni: la musica in Tolkien è magia

Arturo Staltieri e Federica TorbidoniCome già annunciato nell’articolo Tolkien al Salone del Libro di Torino 2017!, l’AIST parteciperà al 30° edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, dove Tolkien e il fantastico saranno sotto i riflettori come non mai: la mostra di illustratori italiani Lords for the Ring, la lectio magistralis di Wu Ming 4 sabato 20 e la sera dello stesso giorno, il concerto di musiche ispirate al Signore degli Anelli di Arturo Stàlteri al piano e Federica Torbidoni al flauto, alle ore 20.00 al Borgo Medievale, in Viale Virgilio 107 Parco del Valentino.
L’AIST ha intervistato per i suoi lettori i due musicisti, indagando il loro rapporto con la musica e con Tolkien.

Arturo Stàlteri 01Pianista e compositore romano dalla originale cifra stilistica, Arturo Stàlteri (a destra, nella foto di Dino Ignani) è noto per essere il conduttore di importanti programmi radiofonici come “Primo Movimento” e “Il Concerto del Mattino” in onda su Radio3; di pari prestigio è anche il suo percorso artistico che si è sviluppato attraverso una lunga e importante carriera: dai primi esperimenti nell’ambito del progressive italiano con i Pierrote Lunaire negli anni ’70, per giungere alle collaborazioni con Rino Gaetano e nel recente passato anche con Franco Battiato, inseriti nel lavoro In Sete Altère, e nei due imperdibili volumi di Flowers fino alle riletture di Philip Glass e di Brian Eno.
Sono moltissime le opere di Stàlteri ispirate a Tolkien: del 2004 è Rings – Il Decimo Anello, pubblicato dalla Materiali Sonori e dedicato alla saga dell’Anello. Il suo interesse per le figure femminili del fantasy e delle science-fiction lo ha poi portato a incidere nel 2009 Half Angels, album dedicato a personaggi come Galadriel, Trinity, Æon Flux e Fiordiluna. Anche nel suo ultimo album Préludes, pubblicato lo scorso 9 settembre, che contiene ventidue brani, tutti preludi inediti ispirato a scritti di grandi autori classici, è presente Èowyn nella cui trama pianistica si ritrova il sempre amatissimo Tolkien. Con questa nuova produzione discografica Stàlteri propone un lavoro di grande spessore artistico-musicale, trasportando chi lo ascolta nel suo mondo fantastico, grazie ad una scrittura immediata e coinvolgente.

Hai sempre suonato o è una passione nata in età adulta?
A sei anni decisi che avrei suonato il pianoforte. Iniziai subito a studiarlo e non ho mai smesso…

Quando si pensa a un compositore e pianista come te, lo si immagina sepolto tra spartiti e note, immerso nella scrittura davanti al pianoforte. Come lavori davvero?
Quando studio composizioni di altri, effettivamente divento tutt’uno con lo spartito. Quando compongo la mia musica (tranne rare eccezioni in cui improvvisamente una melodia nasce nella mia mente), semplicemente comincio a improvvisare sulla tastiera, senza pensare troppo: di solito accade qualcosa…

Si può dire esista una musica classica tolkieniana?
Direi di sì, anche se Tolkien ha ispirato artisti in ogni campo della musica, dal folk, alla classica, al rock, al jazz… però personalmente trovo che le atmosfere dei suoi libri evochino un mondo musicale di ambientazione nordica, lontano nel tempo. Quindi penso a suggestioni sonore che raccontino il mistero e l’inconoscibile. Credo che la musica celtica possa essere un buon punto di partenza.

Cosa ti ha portato a occuparti di musica tolkieniana?
Era inevitabile! Una volta iniziato a leggere la Trilogia, nel lontano 1974, ho pensato subito che avrei dovuto creare delle musiche che ne divenissero la “mia” colonna sonora, e mi sono messo immediatamente in cerca di altri artisti che avessero fatto la stessa cosa!

Se dovessi definire il ritmo nella musica tolkieniana, cosa diresti?
Non so, è difficile spiegarlo… è un autore che si muove in molte direzioni. La sua scrittura, e le sue vicende, possono ispirare frasi musicali incantate, dilatate e oniriche, oppure melodie molto intense, con ritmi ossessivi e di grande potenza drammatica.

La musica tolkieniana è una forma d’arte o semplice intrattenimento?
Dipende da chi la compone! Comunque è arte, assolutamente…

Nel contesto internazionale lo studio della musica classica tolkieniana è particolarmente vivace?
Nel contesto internazionale è viva più che mai… continuamente appaiono nuovi contributi. Personalmente continuo a prediligere il lavoro dell’indimenticabile Bo Hansson. Anche il Tolkien Ensemble ha realizzato delle belle incisioni, e trovo molto convincente l’omaggio dei Mostly Autumn.

Che spazio trova la musica tolkieniana in Italia?
In Italia lo spazio non è enorme. Mi sembra, ad esempio, che nel sud i musicisti lo ignorino quasi completamente. Ma potrei sbagliare…

Se dovessi consigliare 3 opere ispirate a Tolkien, su cosa punteresti?
Sicuramente, come dicevo, Music Inspired by Lord of the Rings di Bo Hansson. Poi A Night in Rivendell, del Tolkien Ensemble e, per concludere, Music Inspired by the Lord of the Rings, dei Mostly Autumn.

Federica TorbidoniFederica Torbidoni (a sinistra nella foto di Giovanni Matarazzo), diplomata in flauto al Conservatorio “G. Briccialdi “ di Terni con il massimo dei voti, ha suonato come primo flauto e solista nell’Orchestra da Camera di Ancona da quando aveva solo 15 anni. Dopo aver seguito corsi di perfezionamento, nel 1991 è stata primo flauto nell’Orchestre Acadèmie Internationale de Pontarlier e successivamente ha collaborato con L’Orchestra “G. Briccialdi” di Terni, L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, L’Orchestra Giovanile della Marsica, Orchestra dell’Istituzione Sinfonica Di Roma. Dal 1990 fa parte dell’Ensemble Nino Rota con il quale svolge un’intensa attività concertistica in tutta Europa e non solo, suonando nei teatri di importanti città quali ad esempio Roma, Milano, Stoccolma, Lisbona, Lione, Zagabria. Sempre con l’Ensemble Nino Rota ha inciso numerosi CD ed effettuato registrazioni per la Rai e per la Televisione Nazionale Portoghese.

Hai sempre suonato o è una passione nata in età adulta?
Ho iniziato da bambina per volontà di mia madre di continuare la tradizione della sua famiglia che contava diversi musicisti. Ma qualche anno di studi dopo c’è stata come una illuminazione, una rivelazione, all’improvviso ho sentito che quella non solo era l’unica passione della mia vita, ma che sarebbe stata la mia unica attività futura.

Quale è stato il motore che ha innescato in te la passione per il flauto in particolare?
L’oggettivizzazione di questa passione si è verificata nel momento in cui ho cominciato a suonare con gli altri. Ho sentito che avevo trovato un modo più naturale e bello di esprimermi (sono una persona timida e riservata se non introversa) e comunicare, con un linguaggio e degli argomenti (la musica appunto) di una oggettiva bellezza, lontano dalla banalità, l’insensibilità e la crudeltà del mondo comune.

Cosa significa per te suonare il flauto? Quale è la storia che accompagna questo tipo di strumento e quali tipologie di flauto suoni?
È attraverso il flauto che ho fatto le esperienze più belle: per esempio i viaggi in tutto il mondo grazie soprattutto al gruppo dove suono dal 1995, il Nino Rota Ensemble, tra i primi gruppi in Italia a proporre in versione di musica da camera le più belle colonne sonore dei film che hanno fatto la storia del cinema, scritte da autori del calibro di Rota, Morricone, Cipriani, Piovani a anche stranieri. Ma non solo esperienze esterne quanto soprattutto all’interno di me; la continua sfida a migliorarsi sempre, il raggiungimento di obiettivi l’avvicinarsi all’idea di perfezione e contemporaneamente vivere in un mondo leggermente “sopraelevato“ da quello reale in un mondo quasi fiabesco e qui entra in gioco l’aspetto Tolkeniano: per me il flauto è una specie di oggetto magico per il suo aspetto, per il suo metallo pregiato e per la sua fattura complessa, tanto che nei laboratori dove è prodotto viene forgiato al pari di una spada quale poteva essere Anduril; e anche il suo suono, che è un respiro che parte da dentro e tagliando sapientemente la fredda imboccatura di metallo, crea melodie il cui timbro fa pensare a ere passate.

Quali sono stati i musicisti che hanno influito sulla tua formazione?
La mia formazione musicale è classica : studi in Conservatorio e perfezionamento in Accademie in Italia e all’estero. Amo tutta la musica classica dal Barocco fino alle avanguardie contemporanee, amo tutti gli autori classici con assoluta devozione per Mozart gli impressionisti francesi la scuola russa e Nino Rota.

Come è il tuo rapporto con lo strumento nella vita di tutti i giorni?
Come ho già detto la mia vita è quotidianamente legata allo studio ma trovare tempo per esercitarmi, fare le prove, ascoltare, non rappresenta mai un problema anzi è vitale; suono sempre, il suonare mi aiuta quando non sono in condizioni fisiche perfette, o psicologiche forse perché è una attività collegata alla respirazione profonda e quindi una sorta di pratica ascetica e meditativa.

Che tipo di repertorio affronti con Arturo?
Ho conosciuto Arturo grazie alla comune passione per il mondo nordico, Islanda in particolare e tutta l’iconografia le leggende e la musica ad essa collegata (voglio citare il gruppo post rock Sigur Ros del quale siamo entrambi fan ). Questo incontro e successiva collaborazione con lui è stato per me un regalo inaspettato e prezioso perché finalmente ho potuto suonare tutta quella musica che fino a quel momento avevo solo ascoltato e amato.

Ci saranno dei vostri brani inediti in futuro?
Ho provato a rivolgere questa domanda ad Arturo ma poi mi è venuta in mente la frase de Il Signore degli Anelli detta da Frodo a Gilmor : “non rivolgerti agli Elfi per un consiglio, perché ti diranno sia no che sì ….”. Comunque mi auguro di sì.

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Tolkien Day, intervista agli Holy Martyr

Pochi giorni fa è stata annunciata la presenza degli Holy Martyr al Tolkien Day 2017, evento che si terrà al MACRO 128, lo spazio presso il Museo di Arte Contemporanea di Roma (Via Nizza 138, 00198 Roma), organizzato dall’Associazione Italiana Studi Tolkieniani in collaborazione con Ludomaniacs. La partecipazione del gruppo Epic metal italiano è dovuta alla recente pubblicazione dell’album Darkness Shall Prevail, disco interamente ispirato dalle opere di J.R.R. Tolkien. Abbiamo quindi incontrato la mente del gruppo, Ivano Spiga, per discutere della genesi e dello sviluppo del quarto full-length degli Holy Martyr. L’intervista è pubblicata in collaborazione con Metal Hammer Italia ed è stata realizzata dal caporedattore Stefano Giorgianni, autore del libro J.R.R. Tolkien Il Signore del Metallo (Tsunami edizioni, 2016), opera che sarà presentata anch’essa durante il Tolkien Day.

Delattre: Tolkien? Prima la parola poi il mito

Convegno FranciaNon manca molto all’inizio del corso Aist 2016, in collaborazione con Accademia Medioevo nell’ambito del ciclo unico Il Medioevo attraverso Tolkien, che coinvolgere gli appassionati di J.R.R. Tolkien in una serie di conferenze, workshop, visite guidate, attività didattiche e stage a Roma e in vari luoghi sui Castelli romani (Lanuvio, Frascati, Genzano e Nemi): il primo appuntamento è il 30 gennaio. Ancor di più, l’attesa è grande per il corso di lingue elfiche del Tolkien Lab di Modena, lo spazio tolkieniano modenese gestito dall’Istituto Filosofico di Studi Tomistici e dall’Associazione italiana studi Tolkieniani, che inizierà il 30 marzo. Proprio per preparare i lettori a tutte queste attività proponiamo un’intervista che mette in evidenza come l’autore dello Hobbit e del Signore degli Anelli fu anche un poeta e filologo medievale che nel dar forma all’universo della Terra di Mezzo creò delle lingue immaginarie molto elaborate. Intervistiamo Charles Delattre, docente di lingua, letteratura e mitologia greco-romana all’Université Paris Ouest Nanterre La Défense, che ha preso parte al «Dictionnaire Tolkien» pubblicato da CNRS Éditions (ne abbiamo parlato qui).

“The Story of Kullervo”: ecco la seconda parte

The Story of KullervoDopo aver discusso nella prima parte dell’intervista con Verlyn Flieger dei dettagli inerenti alla pubblicazione di “The Story of Kullervo”, il nuovo volume di J.R.R. Tolkien da lei curato per HarperCollins in uscita il 27 agosto in Inghilterra, il 27 ottobre negli Stati Uniti e a dicembre in Italia per Bompiani, ecco la seconda parte dell’intervista, più approfondita sul legame tra Kullervo, Túrin e Il Silmarillion. Il volume contiene 192 pagine ed è in vendita sul sito della casa editrice inglese HarperCollins, e sui principali store online, in copertina rigida a un prezzo di circa 24 euro (19,99 sterline) e in ebook a circa 14 euro (9,99 sterline).

“The Story of Kullervo”: ne parla Verlyn Flieger

Tolkien scriveHa sorpreso tutti l’annuncio di un nuovo libro di J.R.R. Tolkien, in uscita il 27 agosto in Inghilterra, il 27 ottobre negli Stati Uniti e, si spera, per dicembre in Italia. La sorpresa è dovuta al fatto che, contrariamente a quanto riportato da molti media generalisti italiani e copiati su alcuni siti web, il nuovo testo non è per nulla inedito, della sua esistenza si sapeva benissimo da più di 30 anni (è citato nelle Lettere e nella Biografia di Humphrey Carpenter) ed era addirittura stato pubblicato nel 2010.
Tolkien studenteSi tratta di “The Story of Kullervo”. Ripubblicare il testo, seppur rivisto, ha il solo scopo di mantenere l’attenzione sullo scrittore inglese e soprattutto il ritmo di un «inedito» l’anno che HarperCollins sta tenendo con gli inediti di Tolkien dal 2010 a oggi. Sono, infatti, ben cinque i testi pubblicati (The Children of Hurin, Sigurd e Gudrun, Beowulf e ora The Story of Kullervo) e in alcuni casi con un’operazione più che discutibile (The Fall of Arthur).
Nel caso attuale, ripubblicare un testo del 2010 ha il solo merito di rendere più fruibile al grande pubblico cose già note agli studiosi e oggetto da tempo di dibattiti, soprattutto negli Usa.

Intervista esclusiva ai Blind Guardian

Blind GuardianCi sono autori che segnano indelebilmente la storia letteraria, pagine che non verranno mai cancellate e che non si perderanno mai nelle sabbie del tempo, opere che si tramandano di generazione in generazione stregando milioni di persone in tutto il globo. J.R.R. Tolkien può senza alcun dubbio esser annoverato fra i più influenti scrittori del XXI secolo, uno dei massimi esponenti dell’arte scrittoria, filologica e linguistica dell’intera tradizione, i suoi scritti continuano ancor oggi ad affascinare nuove schiere di lettori in ogni parte del pianeta, con un nutrito esercito di appassionati, studiosi ed accademici intenti a svelare di giorno in giorno i lati più nascosti dell’impareggiabile ed inesauribile mole di componimenti prodotti e lasciati in eredità dall’autore inglese.

Cartoomics, ecco tutti i segreti di Ivan Cavini

Ivan Cavini: Balrog in progressA volte capita che ci si perda dietro alle cose, rincorrendo impegni e raccontando eventi. Se poi si tratta di roba di qualità, la penna scorre da sé. E di alta qualità si tratta quando si parla di Ivan Cavini, uno degli artisti italiani più conosciuti dagli appassionati di Tolkien. Ce ne siamo occupati più volte, raccontando tutto il suo lavoro nella realizzazione, nell’allestimento e nell’inaugurazione del Greisinger Museum, un museo tutto dedicato alla Terra di Mezzo, raccontando tutto il suo lavoro nell’organizzazione di FantastikA 2014, manifestazione che si è tenuta a Dozza nel settembre scorso che ha avuto un sorprendente successo di pubblico. In tutto questo tempo, però, ci siamo accorti che mai abbiamo raccontato l’artista. Certo, dalle sue produzioni, qualcosa si intravede, ma mai abbiamo avuto l’occasione di raccontare Ivan. Allora, mettetevi comodi, perché questa è la volta buona. Mentre l’AisT è a Cartoomics, proponiamo l’intervista all’artista tolkieniano.

Cartoomics, Ladavas: «Shippey? Uno spasso»

Studiosi: Alberto LadavasMilano quest’anno è centro delle attenzioni della nostra Associazione. Dopo le Serate Boreali con la casa editrice Iperborea, è ora la volta del Cartoomics Movies, Comics and Games 2015, la rassegna milanese dedicata al fumetto, ai giochi e al cinema, che si terrà a Fiera Milano Rho (Padiglioni 16 e 20) dal 13 al 15 marzo 2015. L’AisT parteciperà con uno stand e tre interventi nello spazio dedicato al fantasy. Con una prima edizione che risale al 1992, ormai la manifestazione può vantare grandi numeri: l’anno scorso ben 55.000 visitatori hanno visitato il salone durante i 3 giorni di esposizione.
Locandina Cartoomics 2015Si tratta però di appuntamento che si evolve di anno in anno, arricchendosi di novità e “contaminazioni” con settori che fumetto non sono, ma che dal mondo dei comics traggono linfa vitale: cinema, gadget, fantasy e fantascienza, cosplay. Per tre giorni, quindi, nella fiera il divertimento sarà all’insegna dell’immaginario. Nello stand ufficiale saranno in mostra le illustrazioni di Ivan Cavini, artista tolkieniano tra i più eccelsi che sarà presente in fiera per regalare al pubblico sessioni di sketch e autografi. Per promuovere l’iniziativa, vi proponiamo un’intervista ad Alberto Ladavas, socio dell’Aist e membro del Comitato Scientifico della collana “Tolkien e dintorni” della casa editrice Marietti 1820. L’occasione è ghiotta in vista del suo intervento alla manifestazione milanese sui dieci anni della collana di libri dedicata alla saggistica sulle opere di J.R.R. Tolkien.

Montanini a FantastikA: «Disegnerò Tolkien»

04 (copyright Alessio Vissani) MontaniniAvere l’opportunità di parlare di persona con un artista delle sue opere, il suo stile, la sua visione dell’arte e del mondo è sempre una grande opportunità di crescita. E se il nome dell’artista è Angelo Montanini e l’argomento è lo scrittore J.R.R. Tolkien, già si può dire che le sue parole potranno interessare i lettori del nostro sito! Perché Montanini è l’artista più famoso dell’arte tolkieniana in Italia: «padrino di Fantastika 2014», è docente di anatomia dell’immagine figurativa presso lo Ied moda Lab di Milano e docente d’illustrazione all’Accademia delle Belle Arti “Galli” di Como. Ma per gli appassionati di Tolkien, Montanini ha fatto la storia dell’illustrazione fantastica in Italia, avendo annoverato collaborazioni con case editrici come Rusconi, Mondadori, Longanesi, Editrice Nord e la Società Tolkieniana Italiana (per cui ha realizzato diversi calendari), mentre per quanto riguarda l’estero è universalmente noto per la pubblicazione del gioco di carte del Signore degli Anelli edito dalla I.C.E. nel 1995-96 e per il quale Montanini ha realizzato tantissime tavole (il suo Unico Anello è stata la carta più famosa dell’intero gioco).
Manuale di MERPDal 1996 al 1999 ha svolto anche l’attività di coordinamento artistico per la casa editrice Stratelibri di Milano, collaborando alla realizzazione di vari moduli di gioco, con illustrazioni sia di copertina che interne del Manuale di gioco di ruolo per Il Signore degli Anelli (Girsa), ma anche per Stormbringer, Fantasy Warriors e altri). L’artista sarà tornerà alla nuova edizione di FantastikA, che si svolgerà dal 16 al 17 maggio 2015 a Dozza, in provincia di Bologna, e per l’occasione ha voluto rivelarci qualche novità. Pubblichiamo l’intervista in video registrata durante Fantastika 2014, con le novità che Montanini ha voluto aggiungere. Il video è a fondo pagina e sul nostro canale Youtube.