Saggi AIST – Robert Tally e gli Orchi

Copertina Saggi AISTCitando (scherzosamente ma rispettosamente) René Magritte, potremmo iniziare la presentazione del Saggio AIST di questo mese con Ceci n’est pas un article (“questo non è un saggio”). Perché, come la pipa di Magritte, non lo è pur essendolo? Perché, essendo partiti dall’intenzione di pubblicare il saggio “Let Us Now Praise Famous Orcs: Simple Humanity in Tolkien’s Inhuman Creatures”, pubblicato su Mythlore Volume 29, 1 #3, Fall/Winter 2010, ci è stata offerta direttamente da Robert Tally la possibilità di pubblicarne un’edizione riveduta, ampliata, molto più recente e non disponibile online. Quello René Magritte, Ceci n’est pas une pipeche presentiamo è infatti il Capitolo VI del volume Representing Middle-earth: Tolkien, Form, and Ideology (McFarland 2023), dal titolo, solo leggermente diverso, “Let Us Now Praise Famous Orcs: Simple Humanity in Middle-earth’s Inhuman Creatures”.

Saggi AIST: Reid risponde a Williams

Copertina Saggi AISTNel mese di settembre avevamo pubblicato il saggio di Verlyn Flieger dal titolo “L’arco e la chiave di volta” (lo trovate qui); nel mese di ottobre abbiamo poi pubblicato la “risposta” di Donald T. Williams al saggio di Flieger (la trovate qui), nella quale lo studioso proponeva un punto di vista diverso sullo stesso argomento, incentrato sull’elemento religioso che Tolkien aveva definito come «insito nella storia». Concludiamo ora la “conversazione” a distanza con la “controrisposta” di Robin A. Reid, tradotta dal socio AIST Paolo Pizzimento, nella quale la studiosa non risparmia critiche al saggio di Williams.

Tolkien and the Mystery of Literary Creation. La Recensione

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Lo scorso 3 Luglio 2025 è stato pubblicato per la Cambridge University Press il saggio di Giuseppe Pezzini Tolkien and the Mystery of Literary Creation. Pezzini è Fellow e Tutor presso il Corpus Christi College di Oxford e Professore Associato di Lingua e Letteratura Latina all’Università di Oxford. Classicista di formazione, ha pubblicato ampiamente sulla lingua e letteratura latina, sulla commedia romana, sulla filosofia antica del linguaggio e sulla teoria della narrativa, antica e moderna. Con ulteriori interessi nella critica testuale e nelle discipline umanistiche digitali, è anche un importante studioso tolkieniano; ha ricevuto nel 2021 il Philip Leverhulme Prize ed è attualmente Tolkien Editor per il Journal of Inklings Studies.

Di seguito pubblichiamo la recensione del saggio di Giuseppe Pezzini redatta da Claudio Antonio Testi, saggista e socio AIST.

Saggi AIST: Williams risponde a Flieger

Copertina Saggi AISTA volte succede che un saggio pubblicato da uno studioso susciti la reazione di altri studiosi interessati allo stesso argomento. Questo può tradursi in dibattiti pubblici vis à vis in occasione di meeting o convegni o, come in questo caso, nella produzione di un secondo saggio concepito per rispondere al primo. Nel mese di settembre abbiamo pubblicato il saggio di Verlyn Flieger dal titolo “L’arco e la chiave di volta” (lo trovate qui), nel quale la studiosa statunitense si concentrava sulla personalità del Professore, nella quale trovava, motivandole, delle profonde “contraddizioni”, sostenendo che proprio queste sarebbero state il terreno fertile alla base della sua produzione accademica e letteraria. Ebbene, il Saggio AIST che vi proponiamo questo mese è stato scritto da Donald T. Williams proprio in risposta a quello di Flieger, dal quale lo studioso prende spunto per proporre un punto di vista diverso.

Il nuovo numero di «ContactZone» dedicato allo Hobbit

Giunge alle stampe il nuovo numero (2, 2024) di «ContactZone», con una ricca selezione monografica di articoli interamente dedicati allo Hobbit. Il volume, intitolato Nel tempo di Bilbo Baggins: (ri)leggere The Hobbit di J.R.R. Tolkien, è curato da Oriana Palusci (Università “l’Orientale” di Napoli) e Giuseppe Pezzini (Corpus Christi College di Oxford) e ospita i saggi di alcuni tra i più importanti Tolkien scholars della scena internazionale.

Saggi AIST: Flieger, L’Arco e la Chiave di Volta

Copertina Saggi AISTDopo la pausa agostana, proseguendo una tradizione rinverdita da qualche tempo a questa parte, proponiamo ai nostri lettori un nuovo “Saggio AIST”. Per questo mese di settembre è ancora la volta di Verlyn Flieger, che come sempre ringraziamo, che ci parla stavolta dell’autore anziché dell’opera – o meglio dell’autore attraverso l’opera – riuscendo, con il consueto inimitabile stile, nella non trascurabile impresa di offrire una lettura profondamente interessante partendo dalla premessa, peraltro del tutto veritiera per chi abbia davvero studiato un po’ Tolkien, “di qui in avanti non vi dirò nulla che non sappiate già”.

Non è da tutti.

Saggi AIST, Janet Croft: Il Nome dell’Anello

La pubblicazione dei Saggi AIST prosegue con un prezioso contributo di Janet Brennan Croft dedicato a un tema assai caro all’autrice, ovvero il rapporto tra le potenze del male e del linguaggio inquadrate nella loro degradazione lungo il corso delle Ere di Arda. Si tratta di un aspetto vitale del Legendarium tolkieniano, nel quale la questione linguistica acquisisce, com’è noto, un’importanza centrale e procede di pari passo con la grande tematica della “Luce frantumata” già oggetto degli studi di Verlyn Flieger nel seminale saggio Schegge di Luce. Croft analizza la questione con la competenza e l’attenzione al dettaglio che da sempre la contraddistinguono, offrendo riflessioni preziose su aspetti relativamente poco considerati dell’opera di Tolkien.

Saggi AIST: Flieger, Lúthien ed Edith

Scrivere saggiProseguiamo la pubblicazione dei Saggi AIST con un contributo di Verlyn Flieger, la cui vicinanza alla nostra Associazione non smette di inorgorglirci. Il saggio in questione è stato scelto per noi dalla stessa Flieger, fatto che interpretiamo come indicativo del trattarsi di una riflessione cui l’autrice tiene particolarmente.

 

 

David Bratman sulla Christopher Tolkien Conference

Locandina Christopher Tolkien Centenary ConferenceDopo quello di Verlyn Flieger sulla potenza letteraria degli Hobbit proseguiamo nella pubblicazione di articoli a firma di esperti tolkieniani internazionali. È ora la volta di David Bratman, che ringraziamo per la gentile concessione. L’articolo che segue (in calce il link all’originale) è il breve resoconto di alcuni interventi presentati alla Christopher Tolkien Centenary Conference, organizzata congiuntamente dalla Tolkien Society e dalla Mythopoeic Society e tenutasi il 23 e 24 novembre 2024 in occasione del centenario della nascita di Christopher Tolkien.

Flieger: gli Hobbit? Sono una potenza letteraria

Four HobbitsPer gentile concessione dell’autrice pubblichiamo la traduzione italiana dell’articolo comparso sulla rivista online LitHub il 24 giugno 2024 sulla tarda aggiunta dei personaggi più iconici di Tolkien (link all’articolo originale in calce). La professoressa statunitense, fra i maggiori studiosi di Tolkien a livello mondiale insieme a Tom Shippey, ha curato Sulle FiabeIl fabbro di Wootton Major, ha diretto per ventidue anni la rivista accademica Tolkien Studies: An Annual Scholarly Review, ha vinto ben due Mythopoeic Award per i suoi studi e ha dato alle stampe una raccolta di suoi saggi (Green Suns and Faerie) e il suo secondo romanzo, The Inn at Corbies’ Caww.

Saggi AIST: Drout su Beowulf: Mostri e Critici

Scrivere saggiDopo aver ripreso la pubblicazione dei Saggi AIST nel gennaio scorso con il saggio di Tom Shippey dal titolo Le due visioni di Tolkien sul Beowulf, una osannata, l’altra ignorata. Ma abbiamo davvero capito?, proseguiamo ora con un saggio dello studioso statunitense Michael D.C. Drout, che chiude il cerchio aperto con il precedente. In realtà sarebbe il contrario, nel senso che nella realtà è il saggio di Drout che precede quello di Shippey, come testimoniato dal fatto che quest’ultimo cita Drout più volte, ma nel nostro caso è stato l’interesse suscitato dal saggio di Shippey a farci decidere di tradurre questo, così possiamo dire che sì, è questo saggio a chiudere il cerchio.

Saggi AIST: le due visioni di Tolkien sul Beowulf

Scrivere saggiPer la delizia di quei lettori appassionati di J.R.R. Tolkien che hanno finito i suoi romanzi e vogliono approfondire sempre più le loro tematiche, dopo una “pausa” piuttosto lunga, riprendiamo i Saggi AIST, ovvero quei contributi di soci, non-soci ed esperti italiani o quelle traduzioni di saggi inglesi, francesi o tedeschi che hanno lo scopo di far conoscere sempre più la grandezza dello scrittore inglese, che l’Associazione Italiana Studi Tolkieniani pubblica su questo sito web a carattere aperiodico. L’elenco dei saggi si può trovare in calce all’articolo.
Tom ShippeyTom Shippey non ha bisogno di presentazioni; insieme a Verlyn Flieger è universalmente riconosciuto come il più autorevole esperto di Tolkien a livello internazionale ed è autore, tra innumerevoli altri tutti di altissimo livello, dei notissimi saggi J.R.R. Tolkien: la via per la Terra di Mezzo (Marietti 1820, tradotto e curato da un team che comprendeva molti odierni soci AIST) e J.R.R. Tolkien: autore del secolo (Simonelli Editore, fuori catalogo), due pietre miliari imprescindibili per chiunque voglia studiare, o anche semplicemente approfondire, la figura e le opere di Tolkien. Tom è anche un amico di vecchia data dell’Istituto Filosofico Studi Tomistici di Modena, dell’Università di Trento e dell’AIST, che in collaborazione lo hanno condotto in Italia per ben quattro volte tra il 2010 e il 2022.

I Collected Poems di Tolkien: la recensione

Collected PoemsGiunge alle stampe The Collected Poems of J.R.R. Tolkien, in un’edizione curata da Christina Scull e Wayne G. Hammond; un’opera – certamente tra le più importanti degli ultimi anni nel panorama tolkieniano – attesa a lungo dagli studiosi e dagli appassionati. Tre corposi volumi, per un totale di 1500 pagine, presentano gran parte dell’opera poetica dello scrittore inglese con un ricco apparato di annotazioni storico-biografiche. I pregi sono evidenti; non mancano, tuttavia, alcuni aspetti che lasciano perplessi.

Saggi AIST: Tolkien e il pensiero dialogico

Martin BuberPer gli appassionati di J.R.R. Tolkien che hanno letto i suoi romanzi e vogliono approfondire le loro tematiche, ecco un nuovo Saggio AIST, cioè una di quelle traduzioni di saggi inglesi, francesi o tedeschi o studi originali in italiano che hanno lo scopo di far conoscere sempre più la grandezza dello scrittore inglese. L’Associazione Italiana Studi Tolkieniani pubblica i saggi su questo sito web a carattere aperiodico, ma con una cadenza di almeno uno ogni sei mesi. L’elenco dei saggi si può trovare in calce all’articolo.
Alberto QuagliaroliQuesta volta presentiamo il saggio Suggestioni dialogiche da JRR Tolkien di Alberto Quagliaroli. Sacerdote della Congregazione dei Vincenziani, saggista di Piacenza e redattore storico della rivista Endòre, Quagliaroli ha partecipato alla stesura del volume La falce spezzata, per l’editore Marietti 1820 (2009) con “Immortalità elfica come esperimento narrativo-letterario” e ha pubblicato numerosi articoli, tra cui “I requisiti di un racconto fantastico secondo il saggio Sulle Fiabe di Tolkien” nel numero 22 della rivista Endòre, nel marzo 2020, in cui in parte affronta tematiche simili al presente saggio AIST, anzi si può dire che questo saggio sviluppa la stessa linea di pensiero dell’articolo.

Thomas Honegger: Bilbo è veramente lo zio di Frodo?

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Gloria Larini socia AIST e dell’Associazione Italiana di Cultura Classica “Atene e Roma” (Delegazione di Siena), ha recensito per noi l’ultimo lavoro di Thomas Honegger, «’Uncle me no uncle!’ Or Why Bilbo Is and Isn’t Frodo’s Uncle» pubblicato su “Journal of Tolkien Research” 9, 1/4 (2020): 1-11. Sull’argomento avevamo già pubblicato una interessante riflessione ad opera di Alessandro Mazza, nel novembre 2018, in La parentela di Bilbo e Frodo: facciamo chiarezza
, e indirettamente anche in L’opportunità perduta da Jackson: la morte dei nipoti, traduzione dell’articolo di  Anna SmolJackson’s Lost Opportunity: The Death of Sister-Sons

Nuovo saggio AIST: Non c’è bisogno di eroi

Gandalf legge manoscrittiPer la delizia di quei lettori appassionati di J.R.R. Tolkien che hanno finito i suoi romanzi e vogliono approfondire sempre più le loro tematiche, tornano i Saggi AIST, cioè quelle traduzioni di saggi inglesi, francesi o tedeschi o studi originali in italiano che hanno lo scopo di far conoscere sempre più la grandezza dello scrittore inglese, che l’Associazione Italiana Studi Tolkieniani pubblica su questo sito web a carattere aperiodico, ma con una cadenza ormai di almeno uno ogni sei mesi. L’elenco dei saggi si può trovare in calce all’articolo.
Studiosi: Thomas HoneggerStavolta presentiamo il saggio ‘We don’t need another hero’ Problematic Heroes and their Function in Some of Tolkien’s Works, di Thomas Honegger. Ringraziamo tantissimo il traduttore, Umberto De Tomi. Honegger è uno degli studiosi tolkieniani più importanti al mondo, è professore ordinario di studi medievali inglesi presso l’Università Friedrich Schiller di Jena (Germania), dove ricopre la carica di Direttore dell’Istituto di Anglistica e Americanistica. Membro della Deutsche Tolkien Gesellschaft, e del comitato scientifico delle riviste “Hither Shore” e “I Quaderni di Arda”. È fondatore e direttore della casa editrice Walking Tree Publishers, interamente dedicata agli studi sull’opera di Tolkien. È membro onorario dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani.

Saggi Hobbit: Sugli Istari e sui loro bastoni

Ritornano i Saggi Hobbit!
Si tratta di saggi brevi così nominati per via della loro lunghezza volutamente contenuta (ma non trascurabile) e perché redatti secondo quelli che Tolkien descrive essere i gusti hobbit: nella Prefazione al Signore degli Anelli è infatti scritto che gli hobbit “si dilettavano a riempire meticolosamente libri interi di cose che già sapevano, in termini chiari e senza contraddizioni.”.
Il proposito di questa rubrica è di fornire basi solide e affidabili su cui poter costruire altri ragionamenti e ci auguriamo che i nostri lettori vorranno aggiungere nei commenti le loro riflessioni ed opinioni.
I quattro saggi apparsi finora sono incentrati sugli Anelli del Potere, gli Orchi, la sorte di Frodo e Riguardo agli Hobbit.
Il saggio di oggi è dedicato agli Istari: quei personaggi dall’apparenza di vecchi saggi che erano stati mandati a contrastare Sauron e a persuadere Uomini d Elfi ad unirsi contro di lui. La maggior parte dei dati proviene, come era facile aspettarsi, dal saggio Gli Istari presente ne I Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra di Mezzo.

Saggi AIST: «Il dono negletto» di Nannerini

Registi: Peter JacksonOggi abbiamo il piacere di proporre ai nostri lettori il saggio inedito di Nicola Nannerini, intitolato “Il dono negletto”: cultura di massa ed escatologia tolkieniana ne Il Signore degli Anelli. Articolato in cinque parti, il testo si apre con una breve introduzione in cui viene presentata la struttura del saggio ed il fine del medesimo. L’autore, ben consapevole della difficoltà di fornire una descrizione definitiva di un campo quale quello della “cultura di massa”, intende comunque indagare la trasformazione che essa ed i mass media, soprattutto il cinema nell’adattamento di Peter Jackson, hanno attuato nei confronti di quelli che erano gli elementi e i temi fondanti dell’opera tolkieniana. Sebbene infatti si possa rintracciare nel testo l’intento di parlare di questioni universali, più profonde del viaggio dell’eroe o della guerra che pur sono presenti (dove le due forze contrapposte, bene e male, vengono spesso presentate con assolutismi che non caratterizzano l’universo di Tolkien, fondato sul libero arbitrio e quindi sulla possibilità di scelta), sono queste ultime a ricevere il maggior risalto nella cultura popolare. Quali sono quindi queste tematiche centrali, fondanti per il libro?
Le due copertine della Falce Spezzata e The Broken ScytheTolkien lo dichiara espressamente nella sua lettera a Joanna de Bortadano del 1956 (lettera numero 186): Io penso che neanche il Potere o il Dominio siano il vero punto principale della mia storia. […] Il vero tema per me riguarda qualcosa di molto più permanente e difficile: Morte e Immortalità. Un intero volume di critica incentrato su queste tematiche è apparso nel 2009: La falce spezzata. Morte e immortalità in J. R. R. Tolkien, raccolta di saggi a cura di Roberto Arduini e Claudio Antonio Testi (casa editrice Marietti 1820, tradotto anche in inglese per i tipi della prestigiosa casa editrice dedita agli studi tolkieniani Walking Tree Publishers). Nannerini esplora nel terzo paragrafo le varie forme in cui viene affrontata la morte e l’immortalità, connettendole con l’influenza della religione che Tolkien professava, parte integrante del suo pensiero e pertanto non prive di un forte effetto su molte delle figure centrali, influenza che l’autore del saggio approfondisce nel dettaglio.
Ciononostante, il cinema ha riservato alla tematica della morte un ruolo secondario, ritenendolo, come analizza Nannerini, poco attraente per il pubblico moderno, a causa dell’evoluzione della società negli ultimi secoli e delle differenti interpretazioni che essa ha dato al Signore degli Anelli dal momento della sua pubblicazione negli anni ‘50. Viene quindi analizzata nel quarto paragrafo la ricezione dell’opera da parte del grande pubblico, mostrando come ad essa vengano attribuiti i messaggi più disparati, fino ad arrivare a trattare il Legendarium a cui è legata come una religione (si veda su questo argomento anche l’intervento al Tolkien Society Seminar di quest’anno tenuto da Markus Davidsen, Honouring the Valar, Seeking the Elf Within: the Curious History of Tolkien Spirituality and the Religious Affordance of Tolkien’s Literary Mythology, di cui abbiamo pubblicato un breve sunto scritto da Claudio Testi, che vi ha assistito).
Trattando infine il saggio le conclusioni dell’autore sugli aspetti affrontati, non indugiamo oltre nel presentarvi questa ricerca, lasciandovi il piacere della scoperta e della lettura e sperando che questo breve sunto vi ha incuriosito.
Vi auguriamo buona lettura!

Scarica il saggio di Nicola Nannerini: «“Il dono negletto”: cultura di massa ed escatologia tolkieniana ne Il Signore degli Anelli».

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Saggi AIST: le fonti per fare ricerca su Tolkien
– Leggi l’articolo Saggi: «Ariosto e C.S. Lewis» di Edoardo Rialti
– Leggi l’articolo I saggi dell’AIST: La Contea di Saruman
– Leggi l’articolo I saggi dell’AisT: Tolkien e Platone
– Leggi l’articolo Bilbo uno sbandato? Per la Contea era così
– Leggi l’articolo Il perfetto gentilhobbit
– Leggi l’articolo I saggi dell’Arst: Noblesse oblige di Tom Shippey
– Leggi l’articolo Tolkien e la catabasi
– Leggi l’articolo Tolkien Society Seminar 2018: il resoconto

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Ritornano i saggi Hobbit: Riguardo agli Hobbit

Frodo in the ShireRitornano i Saggi Hobbit!
Si tratta di saggi brevi così nominati per via della loro lunghezza volutamente contenuta (ma non trascurabile) e perché redatti secondo quelli che Tolkien descrive essere i gusti hobbit: nella Prefazione al Signore degli Anelli è infatti scritto che gli hobbit “si dilettavano a riempire meticolosamente libri interi di cose che già sapevano, in termini chiari e senza contraddizioni.”.
Il proposito di questa rubrica è di fornire basi solide e affidabili su cui poter costruire altri ragionamenti e ci auguriamo che i nostri lettori vorranno aggiungere nei commenti le loro riflessioni ed opinioni.
I tre saggi apparsi finora sono incentrati sugli Anelli del Potere, gli Orchi e la sorte di Frodo. Il saggio di oggi è dedicato proprio della Gente Piccola: un saggio Hobbit sugli Hobbit!

Tornano i saggi Hobbit: ecco la sorte di Frodo

Departure at the Grey Havens, by Ted NasmithTornano i Saggi Hobbit!
Si tratta di saggi brevi così nominati per via della loro lunghezza volutamente contenuta (ma non trascurabile) e perché redatti secondo quelli che Tolkien descrive essere i gusti hobbit: nella Prefazione al Signore degli Anelli è infatti scritto che gli hobbit “si dilettavano a riempire meticolosamente libri interi di cose che già sapevano, in termini chiari e senza contraddizioni.”.
Il proposito di questa rubrica è di fornire basi solide e affidabili su cui poter costruire altri ragionamenti e ci auguriamo che i nostri lettori vorranno aggiungere nei commenti le loro riflessioni ed opinioni.
Dopo i primi due saggi proposti ai nostri lettori, incentrati rispettivamente sugli Anelli del Potere e sugli Orchi, l’argomento che viene affrontato oggi è il viaggio di Frodo all’Ovest. Norbert Spina analizza i motivi e le implicazioni dell’inusuale destino del Portatore dell’Anello.

Come sanno tutti i lettori de Il Signore degli Anelli, alla fine del romanzo i portatori degli Anelli vanno ad Ovest.
Nel libro non molto è spiegato del perché anche a Bilbo e Frodo sia permesso partire verso Aman, anche se ci sono alcuni indizi. Per esempio le parole di Frodo, quando i quattro Hobbit e Gandalf stanno ritornando verso la Contea. Ecco come Tolkien descrive la scena:

“Finalmente i passi degli Hobbit si volsero verso casa. Erano desiderosi di rivedere la Contea, ma da principio cavalcarono lentamente, perché Frodo si era sentito a disagio. Giunti al Guado del Bruinen si era fermato, riluttante ad avventurarsi nel fiume; ed essi si accorsero che per qualche tempo i suoi occhi non vedevano né loro né le cose circostanti. Era stato silenzioso per tutto il giorno. Era il sei di ottobre.
Sam and Shelob - John Howe“Stai soffrendo, Frodo”, disse Gandalf dolcemente, cavalcandogli a fianco.
“Be’… sì”, disse Frodo. “È la spalla. La ferita fa male, e il ricordo dell’Oscurità pesa su di me. Fu esattamente un anno fa”.
“Ahimè! Vi sono ferite che non guariscono mai del tutto!”, disse Gandalf.
“Temo che per la mia sarà così”, disse Frodo. “Non esiste un vero ritorno. Anche tornato nella Contea, essa non mi parrà più la stessa, perché io sono cambiato.
Sono ferito da pugnale, pungiglione e denti, e da un gravoso fardello. Dove troverò riposo?”.
Gandalf non rispose.”

(Il Signore degli Anelli VI.7 “Verso Casa”)

Sfortunatamente alla traduzione italiana è sfuggita una frase, riportata qui sopra in tondo. Frodo risente della ferita del pugnale Morgul, del veleno di Shelob, dell’amputazione del dito dovuta ai denti di Gollum ma, soprattutto, alla lunga lotta contro l’Anello e l’effetto combinato di queste ferite, ma più ancora del suo viaggio difficile e pericoloso verso Monte Fato lo stanno in qualche modo cambiando, come probabilmente sta iniziando a capire lui stesso.

Ma c’è già chi ha percepito che Frodo potrebbe essere stato ferito più profondamente di quanto egli stesso abbia compreso. Arwen è la prima a capire che Frodo potrebbe aver necessità di andare all’Ovest: non per niente è figlia di Elrond, e tramite lui discendente di Lúthien, oltre ad essere nipote di Galadriel, e ha la saggezza di lunghi anni (ben oltre 2500). Pertanto dice a Frodo:

Arwen - John Howe“Io ti farò un dono. Perché io sono la figlia di Elrond: non partirò con lui quando si recherà ai Porti, perché la mia scelta è quella di Lúthien, e anch’io ho scelto come lei allo stesso tempo il dolce e l’amaro. Ma in vece mia partirai tu, Portatore dell’Anello, quando giungerà l’ora, e se lo vorrai. Se la tua ferita sarà ancora dolorante e il ricordo del tuo fardello sarà pesante sul tuo cuore, allora potrai recarti a ovest, finché tutte le tue ferite e stanchezze non siano sanate. Ma ora prendi questo in memoria di Gemma Elfica e di Stella del Vespro, i fili che si sono intrecciati con te nel tessuto della tua vita!”.
Ella prese una gemma bianca come una stella che pendeva sul suo petto da una catena d’argento, e la mise al collo di Frodo. “Quando ti sentirai turbato dal ricordo della paura e dell’oscurità”, ella disse, “questo ti sarà di aiuto”.

(Il Signore degli Anelli Vi.6 “Molte separazioni”)

E pian piano anche Frodo si rende conto di essere cambiato molto di più di quanto lui stesso pensasse e, come molti “reduci” di guerra si sente fuori posto, non riesce a reinserirsi nella sua “vecchia vita”.
Lo dice chiaramente a Sam, verso la fine del libro:

“Ma”, disse Sam, e le lacrime incominciarono a sgorgargli dagli occhi, “credevo che anche voi voleste godervi la Contea, per anni e anni, dopo tutto quello che avete fatto”.
“Anch’io lo credevo, un tempo. Ma sono stato ferito troppo profondamente, Sam. Ho tentato di salvare la Contea, ed è stata salvata, ma non per merito mio. Accade sovente così, Sam, quando le cose sono in pericolo: qualcuno deve rinunciare, perderle, affinché altri possano conservarle.

(Il Signore degli Anelli III.9 “I Porti Grigi”)

Frodo in Ithilien - Donato GiancolaMa Frodo è torturato solo dal ricordo degli orrori passati? O c’è altro ad angustiarlo?
Discorrendo con Gandalf a casa Baggins, all’inizio della sua avventura Frodo dice “Vorrei tanto salvare la Contea, se potessi farlo” (Il Signore degli Anelli I.2 “L’ombra del Passato”). Ed è probabilmente questa idea di potere tornare a casa come il “salvatore della Contea” – oltre alla comprensione dell’importanza della missione – a spingerlo ad accettare di incamminarsi da Gran Burrone per trovare la via verso la Voragine del Fato; e ad accettare, quando già è a Mordor, che la sua missione sarà senza ritorno – dato che non ha viveri per sostentarsi per l’eventuale viaggio di ritorno da Mordor.
Ma, alla fine, lui cede alla tentazione e si arroga l’Anello. Fallisce la missione, in un certo senso.
Si potrebbe discutere se ciò sia vero, ma non ce n’è bisogno. In proposito Tolkien è stato chiarissimo, nelle Lettere, ove spiega perché a Frodo (e Bilbo e, si dice, anche a Sam) sia consentito un riposo di riflessione e ricerca della serenità al di là del Mare:

“[Frodo] dapprima sembra non avere alcun senso di colpa (1); recupera la salute e la pace. Ma allora pensa di aver dato la propria vita in sacrificio: si aspettava di morire molto presto. Ma non andò così, e si può vedere l’inquietudine/insoddisfazione/disagio crescere in lui. Arwen fu la prima a riconoscere in lui tali segni e gli diede il suo gioiello per confortarlo, e pensò a un modo per guarirlo.
Lentamente “esce di scena” dicendo e facendo sempre meno. Credo sia chiaro, per un lettore attento, che quando i momenti bui lo investivano e lui era conscio di esser stato “ferito da un coltello, da un pungiglione e da un gravoso fardello” non erano solo incubi di orrori passati ad affliggerlo, ma anche un irragionevole autoincolparsi: vedeva se stesso e ciò che aveva The Tower of Cirth Ungol - Donato Giancolafatto come un completo fallimento. ‘Malgrado io possa tornare nella Contea, non mi sembrerà la stessa perché io non sono più lo stesso”. Questa in realtà era una tentazione dell’Oscurità, un’ultima scintilla di orgoglio: il desiderio di tornare come “l’eroe”, non soddisfatto di essere solo un mero strumento del Bene. Ed era mista con un’altra tentazione, più oscura e (in un certo senso) più meritata in quanto, comunque lo si voglia spiegare, in realtà lui non ha gettato l’Anello con un gesto volontario: era tentato di rimpiangerne la distruzione e di desiderarlo ancora. ‘Se n’è andato per sempre, e ora tutto è buio e vuoto’ sussurra mentre si risveglia dalla malattia nel 1420 (2).
‘Ahimé, ci sono malattie che non si possono curare completamente’ disse Gandalf (3) – non nella Terra di Mezzo. Frodo fu mandato o ebbe il permesso di andare oltre il Mare per guarirlo, se ciò era possibile, prima che morisse. Alla fine avrebbe dovuto “andarsene”: nessun mortale poteva o può vivere per sempre sulla terra, o nel Tempo. Così andò contemporaneamente a un purgatorio e a una ricompensa, per un po’: un periodo di riflessione e di pace per raggiungere una maggiore consapevolezza della propria posizione, in umiltà e in grandezza, vissuto ancora nel tempo tra le bellezze naturali di “Arda Incorrotta”, la Terra non guastata dal male.”

(Bozze della lettera 246, alla sig.ra Eileen Elgar del settembre 1963 – traduzione mia)

Quindi Frodo non ha bisogno solo di essere curato “delle ferite di pugnale, pungiglione e denti, e di un grosso fardello” ma deve venire a patti con il suo aver fallito, non essere stato all’altezza delle sue stesse aspettative. Ha quindi bisogno di un periodo di riflessione in cui accettare il suo ruolo di “mero strumento del bene”, di capire che nessun mortale avrebbe potuto portare a termine la missione, e che lui si è speso completamente, non avendo, quindi, nulla da rimproverarsi. Che è poi il motivo perché, pur avendo fallito, viene da tutti encomiato: più di così lui non poteva fare. Ed è il motivo perché, più sopra, ho scritto che Frodo ha fallito “in un certo senso”.

Infine vorrei sottolineare che, come abbiamo letto poco sopra, Frodo e Bilbo rimangono mortali. Non è dato ai Valar il potere di togliere “il dono di Iluvatar” (cioè la morte) agli Uomini; e agli Hobbit, che sono una branca della razza Umana, come specificato da Tolkien nella lettera 131.

Note:
1. Signore degli Anelli, VI.3 “Monte Fato”
2. il 13 marzo, anniversario della sua cattura da parte di Shelob e poi degli orchi (ndN)
3. Il Signore degli Anelli, VI.9 “Verso Casa”

ARTICOLI PRECEDENTI: I SAGGI HOBBIT
– Leggi l’articolo su Gli Anelli del Potere
– Leggi l’articolo su Gli Orchi
– Leggi l’articolo su Riguardo agli Hobbit.
– Leggi l’articolo su Gli Istari e i loro bastoni
– Leggi l’articolo su Denethor: c’è del metodo in questa follia
– Leggi l’articolo su Gli Elfi sono vegetariani? Ecco cosa dice Tolkien
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Saggi AIST: le fonti per fare ricerca su Tolkien

Studiosi: Janet Brennan CroftIl saggio che oggi proponiamo è Risorse bibliografiche per ricerche letterarie su J. R. R. Tolkien di Janet Brennan Croft (scaricalo qui), originariamente pubblicato dal Journal of Tolkien Research, nel primo numero del terzo volume (2016). Il saggio – tradotto egregiamente da Elena Sanna – è pensato per offrire un aiuto a studenti e studiosi che approcciano per la prima volta una ricerca letteraria approfondita sulle opere di Tolkien. La guida si focalizza sulle fonti anglofone americane, ma include anche siti e pubblicazioni europee. Chi desiderasse prendere visione del saggio in inglese, lo troverà qui.

Janet Brennan CroftJanet Brennan Croft è autrice, editor ed è a capo dei servizi di accesso alla biblioteca dell’Università dell’Oklahoma.
I suoi articoli sono apparsi non solo sul Journal of Tolkien Research, ma anche su Mythlore (la rivista della Mythopoeic Society, di cui è l’editor), Mallorn (la rivista della Tolkien Society), nei Tolkien Studies, nonché nel volume J.R.R. Tolkien Encyclopedia: Scholarship and Critical Assessment (a cura di Michael D.C. Drout, Routledge, 2006).
Tra i libri da lei curati figurano Tolkien on Film: Essays on Peter Jackson’s The Lord of the Rings (Mythopoeic Press, 2005), Tolkien and Shakespeare: Essays on Shared Themes and Language (McFarland & Co Inc, 2007), Tolkien in the New Century: Essays in Honor of Tom Shippey (McFarland, 2014), Perilous and Fair: Women in J.R.R. Tolkien’s Work and Life (Mythopoeic Press, 2015).
Croft è anche l’autrice del libro War and the Works of J.R.R. Tolkien (Praeger Publishers, 2004).

Riviste: Journal of Tolkien ResearchIl Journal of Tolkien Research è una rivista online ad accesso libero, il cui contenuto è a disposizione dei lettori gratuitamente. Agli utenti è consentito leggere, scaricare, distribuire, stampare i testi degli articoli per intero, senza dover prima chiedere il consenso dell’autore o dell’editore: si tratta quindi di una risorsa particolarmente preziosa. Lo scopo della rivista è di fornire materiale di ricerca di alta qualità basato sulle opere di Tolkien, così come testi basati sulle sui suoi scritti. Gli approcci presentati sono multidisciplinari e interdisciplinari, e comprendono anche settori quali quello dei media, degli adattamenti, le declinazioni ludiche, le creazioni dei fan e la ricezione da parte del pubblico.

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Due recensioni “italiane” nei Tolkien Studies
– Leggi l’articolo Tolkien Studies, rivelati i contenuti del num. 14
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Tornano i saggi Hobbit: ecco gli Orchi

Disegno di J.R.R. Tolkien: Tornano i Saggi Hobbit! Si tratta di saggi brevi così nominati per via della loro lunghezza volutamente contenuta (ma non trascurabile) e perché redatti secondo quelli che Tolkien descrive essere i gusti hobbit: nella Prefazione al Signore degli Anelli è infatti scritto che gli hobbit “si dilettavano a riempire meticolosamente libri interi di cose che già sapevano, in termini chiari e senza contraddizioni.”. Il proposito di questa rubrica è di fornire basi solide e affidabili su cui poter costruire altri ragionamenti e ci auguriamo che i nostri lettori vorranno aggiungere nei commenti le loro riflessioni ed opinioni. Dopo il primo saggio proposto ai nostri lettori, incentrato sugli Anelli del Potere, l’argomento che viene affrontato oggi sono gli Orchi tolkieniani: da sempre al centro di numerose discussioni, Norbert Spina ci offre una panoramica di questa razza oscura.

Nel legendarium tolkieniano le creature malvagie più numerose sono sicuramente gli Orchi (orchetti, nella traduzione italiana del 1971).
La loro origine non è chiara, principalmente perché Tolkien non riuscì a “risolvere” il problema degli Orchi: come scrittore gli erano necessari dei nemici che i “buoni” potessero uccidere senza dubbi o sensi di colpa, ma come cattolico l’idea di una intera razza “perduta” oltre ogni possibilità di redenzione non era per lui accettabile.
Non si sa “come” siano nati gli Orchi. Forse dalla corruzione di Elfi, dovuta a lunghe e crudeli torture (1); forse dall’accoppiamento di Maiar di basso rango con primati (2). Certo è che nel legendarium tolkieniano solo Eru può creare, e il male può solo corrompere: pertanto non sono stati creati da Melkor o da qualunque suo emulo successivo.

Riguardo alla riproduzione degli Orchi, esistono Orchi di sesso femminile visto che ne Il Silmarillion è scritto che: “Gli Orchi infatti prendevano vita e si moltiplicavano nello
stesso modo dei Figli d’Ilúvatar”
(3). Allo stato “naturale” gli Orchi si suddividono in tribù o gruppi poco numerosi e molto litigiosi. Ci vuole l’imposizione di un qualche Oscuro Signore per costringere gli Orchi a generare e allevare figli. Infatti la (ri)nascita di un signore malefico è spesso sottolineato da frasi come “Esseri malefici ricominciano a moltiplicarsi”. Con queste premesse i fan ipotizzano che “da qualche parte” esistano “orc farm” in cui i piccoli Orchi vengono allevati/selezionati. Quelli con “patologie” nelle old orccapacità relazionali – quali, amicizia, empatia – non arrivano all’età adulta.

Non si sa nulla nemmeno della longevità degli Orchi. Se fossero Elfi corrotti potrebbero perfino essere “immortali” come gli Elfi (4). Che siano o meno (potenzialmente) immortali la loro memoria è lunga. Infatti ne Lo Hobbit riconoscono a vista le spade Glamdring e Orcrist, segno che la loro descrizione era stata tramandata, o che molti orchi ancora le ricordavano dalla Prima Era. Ne Il Signore degli Anelli i due capitani Gorbag e Shagrat ricordano (o, comunque, sanno di) eventi accadute molto tempo addietro (5). Infine Borg figlio di Azog viene ucciso a un’età non inferiore ai 140 anni (6).
Va detto che sotto la macro categoria “Orchi” sono spesso accomunate diverse creature, come qui sotto schematizzato.

1. Gli orchi: orc e goblin
Goblins-001-Nel Lo Hobbit Tolkien usò solo il termine goblin per le creature che ne Il Signore degli Anelli appaiono con entrambi i nomi indifferentemente e ne il Silmarillion solo come orc. In italiano solitamente tutte queste creature sono tradotte come orchi oppure orchetti.
Sono creature basse (tant’è che Sam e Frodo possono fingere di essere orchi, a Mordor) con braccia lunghe, molto forti e gambe storte. Sono principalmente la “bassa manovalanza”, delle creature maligne, malvagie e crudeli usate spesso come combattenti o come esploratori/segugi, benché siano noti anche orchi molto scaltri che sanno cose molto riservate, quali Grishnákh che riesce a eludere l’accerchiamento della pattuglia di Éomer portandosi dietro Merry e Pipino per impossessarsi dell’Anello, di cui conosce l’esistenza.

2. I grandi Orchi: Uruk, hobgoblin e altro
Ne Lo Hobbit Tolkien usò la parola goblin per gli Orchi di dimensioni normali e hobgoblin per descrivere gli esemplari più robusti (7). Ne il Signore degli Anelli, invece, gli esemplari più robusti sono spesso chiamati Uruk-hai (8), e sono sempre utilizzati come guerrieri. Uruk è una parola del Linguaggio Nero (9) inventato da Sauron perché fosse parlato dalle sue creature;  -hai dovrebbe essere un suffisso, nella stessa lingua, per definire gruppi. Non è però chiaro se esista una unica “razza” di Uruk-hai o se ogni gruppo selezionato di Orchi particolarmente prestanti possa fregiarsi di tale nome. In particolare non è chiaro se gli Uruk-hai impiegati da Saruman Hildebrandt: provenissero da Mordor o se fossero invece il prodotto di selezioni effettuate ad Isengard dallo stregone, che aveva incrociato anche uomini e orchi.
Si noti che gli Uruk-hai “di Saruman” riescono a correre e combattere anche sotto il sole, al contrario degli Orchi “normali” che al sole si indeboliscono molto. Ad Aragorn, mentre insegue con Gimli e Legolas gli orchi di Saruman che hanno rapito Pipino e Merry, ciò sembra dovuto al potere di Isengard che rafforza gli Orchi e spossa i “Tre cacciatori”; ma potrebbe anche essere una caratteristica di tutti gli Uruk-hai, o quantomeno di quelli impiegati da Saruman (10).

3. Gli incroci: mezz’orchi e uomini-goblin
Nel libro Saruman incrocia orchi e umani. I risultati di questo ibrido sono il tizio strabico incontrato a Brea (che poi si scopre essere una spia di Saruman “convinta” dai Nazgul a lavorare per loro) (11), molti combattenti visti uscire da Isengard da Pipino e Merry (12) e alcuni di quelli uccisi da Boromir difendendo i due hobbit, come ci dice Aragorn (13). Hanno dimensioni umane, anche se non è chiaro se siano più grandi degli Uruk-hai. Come gli esseri umani, dai quali sembrano derivare, non soffrono di alcuna debolezza in presenza del sole. Non si sa se i mezz’orchi siano fertili o sterili.
Non è chiaro nemmeno se ci sia un unico tipo di mezz’orchi (ad esempio con madri umane e padri orchi) o se esistano anche degli “uomini-goblin” (padri umani e madri orchesse? un genitore mezz’orco e un genitore orco? Non si sa) più simili dei primi agli Orchi. Gamling nella battaglia del Trombatorrrione afferma che esistono entrambi (14) i tipi. Se ciò sia dovuto a una sua specifica conoscenza dell’esistenza di due ibridi diversi oppure sia una sua ipotesi basata solo sull’aspetto “più orchesco” di alcuni dei “mezz’orchi” non è dato sapere.

Note:
1. Il Silmarillion, cap. 3
2. Come scritto nel capitolo Myths Transformed del volume Morgoth’s Ring
3. Il Silmarillion, cap. 3
4. Più correttamente, “longevità seriale”, come spiega nelle lettere 208 e 211
5. Gorbag dice: “c’è qualcuno che vaga qui intorno, più pericoloso del più dannato dei ribelli vissuti nei tempi malvagi, fin dal tempo del Grande Assedio. Qualcosa si è introdotta”.
Il Signore degli Anelli IV.10, traduzione mia.
Il “Grande Assedio” di cui parla è quello di Elendil e Gil-Galad a Mordor, alla fine della Seconda.
6. Suo padre Azog fu ucciso alle porte di Moria nel 2799: pertanto Borg, ucciso nella Battaglia dei Cinque Eserciti nel 2941 ha non meno di 142 anni
7. Malgrado gli hobgoblin nella letteratura precedente fossero esemplari di orchi più piccoli del normale. Da una nota alla Lettera 319: “l’affermazione che gli Hobgoblin siano “la specie più grossa” è il contrario dell’originale verità” (traduzione mia)
8. “Negli ultimi anni di Denethor I apparve per la prima volta, proveniente da Mordor, la razza degli Uruk, Orchi neri di notevole forza fisica, che nel 2475 invasero l’Ithilien e si impadronirono di Osgiliath”. – Il Signore degli Anelli, Appendice A
9. “Orchi è il nome dato a questo popolo malefico dalle altre genti, adottato in origine dai Rohirrim. In Sindarin il nome era orch, indubbiamente imparentato con il termine uruk nel Linguaggio Nero, benché questo venisse di solito esclusivamente applicato ai grossi Orchi soldati provenienti da Mordor e da Isengard”. – Il Signore degli Anelli, Appendice F
10. “Noi siamo gli Uruk-hai: non interrompiamo la battaglia né di notte né di giorno, né col sole né con la tempesta. Noi uccidiamo, col sole e con la luna”. – Il Signore degli Anelli, III.7
11. Frodo vide dietro una fitta siepe una casa scura e trascurata: l’ultima del villaggio. A una delle finestre notò una faccia olivastra ed equivoca dagli occhi strabici, che sparì di colpo. “Ecco dove si nasconde il tipo del Sud!”, si disse. “Pare proprio uno spirito maligno”.Il Signore degli Anelli I.9
12. “Vidi partire il nemico: […]. Molti portavano fiaccole, e il bagliore mi permise di distinguere i loro volti. La maggior parte erano Uomini normali, alquanto alti, bruni, seri, ma non particolarmente crudeli e malvagi. Ma ve ne erano altri orribili: alti come Uomini, col viso di Orchi, olivastri, equivoci, con occhi obliqui. Sapete, mi ricordarono subito quel tale del Sud a Brea; la somiglianza con gli Orchi non era però altrettanto palese”. – Il Signore degli Anelli III.9
13. “Aragorn, guardando i corpi dei caduti, disse: “Molti di costoro non provengono da Mordor. Alcuni sono del Nord, delle Montagne Nebbiose; chiunque conosca gli Orchi e la loro razza se ne può rendere conto. Altri mi sono del tutto ignoti. Dalla maniera in cui vestono non parrebbero neppure Orchi!”. Quattro soldati erano più alti, di carnagione bruna, con occhi obliqui, mani grandi e gambe massicce. Invece delle comuni scimitarre ricurve degli Orchi avevano spade corte e larghe e archi di legno di tasso, uguali a quelli degli Uomini.Il Signore degli Anelli III.1
14. “Ma queste creature d’Isengard, questi mezzi-orchi e uomini-goblin creati dall’infame arte di Saruman, non si scoraggeranno certo di fronte al sole”, disse Gamling.”Il Signore degli Anelli III.7

Saggi Hobbit: gli Anelli del Potere

Disegno di J.R.R. Tolkien: Inauguriamo oggi una nuova rubrica del nostro sito: i Saggi Hobbit!
Si tratta di saggi brevi così nominati per via della loro lunghezza volutamente contenuta (ma non trascurabile) e perché redatti secondo quelli che Tolkien descrive essere i gusti hobbit: nella Prefazione al Signore degli Anelli è infatti scritto che gli hobbit “si dilettavano a riempire meticolosamente libri interi di cose che già sapevano, in termini chiari e senza contraddizioni.”

Il proposito di questa rubrica è di fornire basi solide e affidabili su cui poter costruire altri ragionamenti e ci auguriamo che i nostri lettori vorranno aggiungere nei commenti le loro riflessioni ed opinioni.