Warner: Serkis nel 2026 in Caccia a Gollum

Warner BrosOrmai in quasi in tutto ciò che riguarda la trasposizione cinematografica e videoludica delle opere di JRR Tolkien si sfiora il ridicolo. A oltre 20 anni dalla trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson e a oltre 10 da quella dello Hobbit, Hollywood guarda ancora lì, è fissata e non riesce a concepire un film originale che non sia legato a quella produzione. Per non parlare delle tematiche, che devono per forza essere esattamente quelle. Siamo lontanissimi dalla sperimentazione, dalla spericolatezza, dalla voglia di stupire che hanno caratterizzato tutti gli adattamenti del capolavoro di Tolkien dagli anni ’50 a Jackson compreso… qui la parola d’ordine è: fare tanti soldi col minimo sforzo, soprattutto intellettuale. Ma andiamo con ordine e diamo la notizia: nel 2026 uscirà al cinema un film su Gollum prodotto da Jackson, scritto da Fran Walsh e Philippa Boyens, diretto e interpretato da Andy Serkins. La notizia finisce qui. Ma c’è tanto altro da dire.

Scompare Bernard Hill, il Théoden di Peter Jackson

TheodenE così anche re Théoden ci ha lasciati. Nel 2020 era toccato a Sir Ian Holm, l’interprete di Bilbo nella trilogia del Signore degli Anelli; pochi giorni fa è scomparso Bernard Hill, attore iconico di due di quei film, che tutti i tolkieniani ricordano nei panni del re dei Rohirrim mentre arringa i suoi cavalieri prima dell’ultima carica di cavalleria.
Ci sono attori che diventano talmente famosi da sopravvivere a qualunque personaggio possano avere interpretato in carriera. Hill non era tra questi, aveva recitato in molti film importanti, ma mai da protagonista e il suo viso è associato a quello di alcuni celebri ruoli.

Tolkien e i fumetti, un amore mai sbocciato

Lo HobbitIl rapporto fra Tolkien e l’illustrazione è stato lungo e prolifico; fra calendari, artbook, edizioni illustrate di libri e giochi, sono innumerevoli le creazioni artistiche dedicate alle opere del professore che hanno contribuito a formare l’immaginario della Terra di mezzo. Lo stesso, però, non si può dire per la Nona Arte. Sono, infatti, ancora relativamente pochi i fumetti ispirati alle opere o alla vita di Tolkien. Approfittiamo, dunque, della prossima uscita di The Mythmakers: The Remarkable Fellowship of C.S. Lewis & J.R.R. Tolkien, una graphic novel di impronta biografica incentrata sul rapporto fra i due Inklings, per proporre una panoramica sui fumetti tolkieniani. Lo scorso novembre, a Lucca, la mostra Other Minds and Hands: JRRT50 – nella sezione curata da Oronzo Cilli – ripercorreva questo rapporto dividendolo in quattro categorie, che coincidono in parte con le seguenti qui riportate.

Adattamenti

La storia degli adattamenti a fumetti delle opere del professore può essere fatta risalire al 1964, quando la casa editrice inglese Fleetway Publications (poi acquisita nel 2016 dalla Rebellion Developments) contattò la Allen & Unwin con l’intento di pubblicare un adattamento a puntate dello Hobbit. L’idea iniziale, che prevedeva un insieme di immagini accompagnate da brevi didascalie estratte dal romanzo, fu però abbandonata per una versione ridotta e a puntate, con 83 illustrazioni in bianco e nero di Fergusson Dewar. Il cosiddetto Princess Hobbit fu così pubblicato in 15 episodi su (The New) Princess (and Girl) – una rivista a fumetti per giovani ragazze – fra l’ottobre del 1964 e il gennaio del 1965 e costituisce, allo stesso tempo, la prima edizione illustrata (da un altro artista) dello Hobbit in inglese e l’unica versione ridotta del romanzo approvata dall’autore. Dopo questo avvicinamento al mondo del fumetto, occorre aspettare il 1979 per avere l’unico vero e proprio adattamento a fumetti del Signore degli Anelli. Sulla scia del film di Bakshi, uscito l’anno precedente, vengono infatti pubblicati 3 volumi sceneggiati dall’americano Nicola “Nick” Cuti, con i disegni dell’artista spagnolo Luis Bermejo Rojo. Questi sono usciti sotto la licenza Middle-earth Enterprises fra il 1979 e il 1981, in svariati paesi europei (Danimarca, Finlandia, Germania, Islanda, Italia, Jugoslavia, Norvegia, Olanda, Spagna e Svezia), ma, sorprendentemente mai, nei paesi anglofoni. L’edizione jugoslava, curiosamente, è l’unica ad essere stata pubblicata in bianco e nero. Anche se i disegni sono quelli distintivi del tratto di Luis Bermejo, il fumetto segue da vicino la trama e le scelte del film di Bakshi : È Legolas (e non Glorfindel) a incontrare Aragorn e i 4 Hobbit in viaggio verso Rivendell, Boromir è rappresentato come uno pseudo-vichingo degli anni 80 e la storia resta incompiuta dopo la vittoria del Fosso di Helm. Nonostante questi limiti, il fumetto resta gradevole e i disegni, specialmente in alcuni casi, apprezzabili. In Italia i 3 volumi, editi da Rizzoli, si trovano tuttora sul mercato dell’usato. Libro: copertina italiana de "Lo Hobbit a fumetti"Si possono, invece, definire quantomeno particolari gli adattamenti de Lo Hobbit e de Il Signore degli Anelli, realizzati, senza alcuna autorizzazione da parte della Tolkien Estate, sulla rivista a fumetti Bulgara Duga. Lo Hobbit è stato pubblicato fra il 1986 e il 1989 (numeri 25, 27, 28, 29, 31, 32, 33, 34 e 35). Il Signore degli Anelli fra il 1989 e il 1992 (numeri 36, 38, 39, 40, 41, 42) e si interrompe con Lo Scioglimento della Compagnia, quando con la transizione del paese verso la democrazia, la rivista fu cancellata. Le scelte stilistiche sono decisamente diverse dalle classiche rappresentazioni della Terra di mezzo e dei suoi abitanti a cui siamo abituati. Allo Hobbit bulgaro segue il ben più famoso adattamento del 1989 con i testi di Chuck Dixon e i disegni di David T. Wenzel. Le illustrazioni fiabesche di Wenzel trovano la loro collocazione ideale ne Lo Hobbit a fumetti, che, oltre ad essere probabilmente il più noto è senz’altro quello meglio riuscito. Il fumetto ha avuto un’edizione rivista nel 2006, con l’aggiunta di 30 illustrazioni di Wenzel e nel 2012 in vista dell’uscita dell’adattamento cinematografico. Quest’adattamento, inoltre, ha avuto, in un certo senso, sia un prequel, che un sequel: è del 1977 infatti Middle-earth – The World of Tolkien Illustrated, dove un giovane Wenzel illustra alcune scene dello Hobbit, scelte e descritte da Lin Carter; due anni dopo la pubblicazione de Lo Hobbit a fumetti, invece, le illustrazioni di David Wenzel accompagneranno il testo il Robb Walsh che prova a re-inventare il passato pseudo-storico del popolo dei nani con The Kingdom of the Dwarfs.  Nonostante non si possa definire un vero e proprio adattamento, ma si tratti piuttosto un’opera derivata, merita di essere quantomeno menzionato il fumetto del 2011, sceneggiato da Brian Wood e disegnato da Simon Coleby, realizzato nel 2011 come tie-in del gioco The Lord of the Rings: War in the North. Intitolato Agandaûr – il nome del principale antagonista del gioco – il fumetto, di 16 pagine in totale, sarebbe stato pubblicato in formato unicamente digitale e distribuito agli acquirenti del gioco in pre-ordine, via Amazon e Toys ‘R’ Us. Parliamo al condizionale in quanto non sono reperibili online informazioni ulteriori sull’effettiva distribuzione di questo tie-in, anche se Brian Wood, ha confermato di averlo sceneggiato e, a suo dire, è stato distribuito.

Biografie

Anche le graphic novel di carattere biografico si contano, per ora, sulle dita di una mano. La prima biografia a fumetti, a noi nota, risale al 2017 ed è stata realizzata sia in inglese che in spagnolo: J.R.R. Tolkien: The True Lord of the Rings. Sceneggiata da Brian McCathy e Michael Lent e illustrata da Luis Chichon, è edita da Bluewater Productions e, nelle sue 25 pagine, si sofferma sui punti salienti della vita del professore e su alcune delle fonti di ispirazione delle sue opere. Le altre due biografie a fumetti ad oggi note sono state pubblicate oltralpe nel 2019, entrambe probabilmente sulla scia del film Tolkien, uscito poco prima nelle sale. Si tratta di Tolkien. Rischiarare le tenebre, scritta da Willy Duraffourg e illustrata da Giancarlo Caracuzzo, uscita in Italia per Renoir Comics e J.R.R. Tolkien et la bataille de la Somme: Dans un trou sous la terre, sceneggiata da Emmanuel Beaudry con i disegni di Corentin Lecorsier, inedita in Italia e pubblicata in Francia da À Contresens Éditions. Come nel caso del film, entrambe le biografie si concentrano sugli anni della guerra, sicuramente la parte della vita dello scrittore inglese più movimentata ed evocativa. < Proprio di questi giorni è invece l’annuncio di un nuova pubblicazione a fumetti di stampo biografico. Si tratta di The Mythmakers: The Remarkable Fellowship of C.S. Lewis & J.R.R. Tolkien una creazione dell’artista John Hendrix dedicata all’amicizia e all’influenza reciproca fra i due noti scrittori inglesi. Questa pubblicazione, la cui uscita in inglese per la casa editrice Abrams Fanfare è prevista nel settembre di quest’anno, dovrebbe alternare, nello stile dell’autore elementi puramente narrativi, a tavole a fumetti.
A questa notizia si aggiunge quella del crowdfunding lanciato da Voyage Comics per finanziare una nuova biografia a fumetti probabilmente incentrata sulla fede cattolica dello scrittore di Oxford. Voyage Comics aveva già pubblicato Jonah’s Voyage to Atlantis ispirato alla traduzione fatta da Tolkien del Libro di Giona.

Parodie e altre curiosità

Probabilmente perché per realizzarle non occorre acquistare costosi diritti, sono invece molte le parodie delle opere di Tolkien. La prima, ispirata al Signore degli Anelli e a  Lo Hobbit, è stata pubblicata sul numero 23 di Plop! del Dicembre 1976, dalla DC Comics. Si tratta di The King of the Ring di Wallace Wood. Dopo questa, occorrerà aspettare gli anni 2000 e i film di Peter Jackson per vederne realizzate di nuove; fra queste sono famose negli Stati Uniti quelle uscite sulla rivista MAD fra il 2002 e il 2004. Venendo all’Italia, fra le migliori figura senz’altro Il Signore dei Ratti di Leo Ortolani pubblicato per la prima volta in Italia nel 2004 da Panini Comics e ristampato successivamente 4 volte. Dell’anno precedente è Il Signore dei Porcelli, autoprodotto da Barbara Barbieri e Stefano Bonfanti nel 2003 e poi ristampato in una nuova veste a colori nel 2014. Del 2016 è, invece, L’Anello dei Signori di Carlo Lauro e Roberto Megna, il cui nome d’arte, Dick & Cok, è tutto un programma. Si inserisce in questo panorama la recente iniziativa editoriale di Mirage Comics, che l’anno scorso ha proposto al pubblico la serie Cronache di Arda, il cui primo volume Le avventure di Sottocolle vanta le matite di Mirko Babboni Umberto Sacchelli e la sceneggiatura del nostro Roberto Arduini. Delle Cronache di Arda è già stato annunciato un secondo volume dal titolo I Cacciatori di FrodoNaturalmente anche i nostri cugini d’oltralpe non hanno potuto esimersi dal realizzare parodie del capolavoro di Tolkien; fra queste è a noi noto L’Essayeur des anneaux che vede ben 22 artisti d’oltralpe rendere omaggio all’unico anello.
Fra le parodie, o quantomeno fra le storie fortemente ispirate al Signore degli Anelli, si possono annoverare anche alcuni adattamenti disneyani molto cari al pubblico italiano Topolino e La Spada di Ghiaccio di Massimo De Vita, del 1982, e Paperino e il Signore del Padello che, scritta da Giorgio Pezzin e disegnata da Franco Valussi, apparsa per la prima volta del 1995.
Concludiamo questa panoramica sugli adattamenti Tolkieniani a fumetti con un paio di curiosità: esiste un altro adattamento a fumetti del Signore degli Anelli, è italiano ed limitato ad un solo capitolo. Nel Dicembre del 1985, infatti, la rivista a fumetti Il Giornalino (numero 49), pubblica l’adattamento in 3 pagine dell’Assalto al Guado di Gran Burrone con i testi di Renata Gelardini e i disegni di Paolo Piffarerio. Vi figura un Aragorn che assomiglia più a Chuck Norris in Walker Texas Ranger che al Viggo Mortensen dei film di Peter Jackson. Un’altra curiosità si trova nel numero 1 del 1998 di Lanciostory Più, dove viene pubblicata la storia Dietro lo Specchio. In questa, i giovani Gabriel e Alice si trovano in un mondo fantastico dopo aver attraversato uno strano specchio. Qui vengono aiutati dal professor Tolkien a sconfiggere alcune creature che provengono da suoi romanzi. Molte, naturalmente, sono le citazioni e gli omaggi alle storie create da Tolkien, nei fumetti, ma elencarle qui in modo esaustivo sarebbe probabilmente impossibile. Se conoscete però altri fumetti tolkieniani non esitate a segnalarcelo nei commenti.

 

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo A Rimini c’è Tolkien tra fumetti e cartoon
– Leggi l’articolo La Magia dell’Anello, non solo mostra a Milano
– Leggi l’articolo La magia dell’Anello: a Cartoomics 2013 omaggio a Tolkien

 

LINK ESTERNI:
– Vai al sito web di Abrams Books
– Vai al sito web del museo WOW di Milano
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Bomporto, il 6 aprile l’AIST a Fantasticamente

BomportoTorna per il secondo anno consecutivo a Bomporto, in provincia di Modena, “Fantasticamente”, la manifestazione dedicata al fantastico che si terrà presso la Biblioteca Comunale “J.R.R. Tolkien” il 6 aprile in collaborazione con l’AIST, Associazione Italiana Studi Tolkieniani. Della biblioteca dedicata al Professore vi avevamo già raccontato nel 2019, quando per l’occasione inaugurale si tenne la prima “Festa del Fantasy” locale, con tanto di laboratori per ragazzi, laboratori di lingue elfiche, una caccia al tesoro, tavole rotonde, incontri con gli editori e gli artisti, oltre alla conferenza “Potere e Magia” tenuta da Claudio A. Testi, con accompagnamento musicale dei giovani del Mithril Duo. Durante l’evento, era stato proiettato il lungometraggio animato Il Signore degli Anelli di Ralph Bakshi (1978), la pellicola che ha in parte ispirato la trilogia di Peter Jackson. Tra gli altri, oltre a Claudio Testi, erano presenti gli artisti Ivan Cavini, Fabio Porfidia, Davide Romanini, Emanuele Manfredi, Livia De Simone e l’esperta di lingue elfiche Sara Gianotto.

La recensione: Tolkien. Artista e Illustratore

IUn’importante lacuna nella bibliografia italiana tolkieniana si è colmata il 10 gennaio 2024 con la pubblicazione di J.R.R. Tolkien. Artista e illustratore, traduzione di Alberto Gallo del volume inglese J.R.R Tolkien. Artist and Illustrator.
Curato dai noti studiosi Wayne G. Hammond e Christina Scull e pubblicato originariamente nel 1995 – il testo è stato rivisto nel 2004 in occasione dell’uscita di una seconda edizione – da Harper Collins, questo testo si inserisce nell’ormai cospicuo numero di scritti dedicati al Tolkien illustratore.
Fra questi ricordiamo: Immagini, mai più ripubblicato in Italia dopo l’edizione Bompiani del 2002; L’Arte dello Hobbit e L’Arte del Signore degli Anelli, recentemente ristampati da Bompiani; Tolkien – Il Creatore della Terra di Mezzo, traduzione italiana del catalogo dell’omonima mostra di Oxford del 2018 e Tolkien: Voyage en Terre du Milieu, catalogo – purtroppo mai tradotto in italiano – dell’esposizione tenutasi alla BnF di Parigi nel 2019.
Se queste mostre sono state fondamentali nel rendere noto al pubblico il talento artistico del professore oxoniense, J.R.R. Tolkien. Artista e illustratore è stato una dei primi libri interamente dedicati al Tolkien illustratore. Con le sue 208 pagine, nelle quali vengono riprodotte 200 opere – fra dipinti, disegni e schizzi – alternate a lunghe descrizioni e digressioni biografiche, questa pubblicazione non può mancare nelle librerie degli appassionati  e degli studiosi interessati alla produzione artistica del professore di Oxford.

Gli Anelli del Potere: tutte le novità della serie tv

Serie tv Gli Anelli del Potere seconda stagioneIl Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere dovrebbe tornare ufficialmente per una seconda stagione entro la fine del 2024. La serie è ambientata nella Seconda Era della Terra di Mezzo, quasi 5.000 anni prima degli eventi della Compagnia. dell’Anello. La serie approfondisce la forgiatura degli Anelli del Potere, incluso l’Unico Anello di Sauron, che deciderà il destino della Terra di Mezzo. La prima stagione degli Anelli del Potere è stata fortemente contestata dai lettori appassionati del Signore degli Anelli per le modifiche apportate all’opera originale di J.R.R. Tolkien e per aver ignorato l’amato adattamento cinematografico di Peter Jackson.
Serie tv 006La prima stagione di The Rings of Power è andata in onda nel 2022, lasciando un intervallo particolarmente lungo tra il finale e la seconda stagione. Per fortuna, l’attesa per i nuovi episodi si sta rapidamente avvicinando alla fine. Il pubblico può aspettarsi che la stagione 2 di The Rings of Power inizi finalmente ad essere trasmessa su Prime Video prima della fine del 2024, anche se una data di uscita esatta non è stata ancora annunciata.
A differenza della maggior parte degli altri film e serie in produzione a metà del 2023, la stagione 2 di The Rings of Power non è stata influenzata dallo sciopero di scrittori e attori dello scorso anno. La stagione aveva appena terminato la produzione quando sono iniziati gli scioperi, lasciando di conseguenza invariata la data di uscita. Cosa c’è da sapere sulla prossima stagione e quando gli appassionati dovrebbero aspettarsi di vederla in anteprima su Prime Video?

Amazon espande i diritti per gli Anelli del Potere

Cop-Anelli-del-PotereLa serie Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere di Amazon Studios si sta addentrando in aree della storia della Terra di Mezzo dove nessun adattamento era mai arrivato prima. La serie tv, ambientata nella Seconda Era , sta costruendo una storia basata sul materiale originale delineato, ma scarso, che Tolkien compose su quell’epoca (che precede la storia del Signore degli Anelli di molte migliaia di anni. Gli showrunner JD Payne e Patrick McKay hanno già fatto sapere di avere un accesso piuttosto limitato al materiale originale. Ciò ha reso il loro compito gigantesco, molto più difficile da portare a termine. Come già chiarito nella prima stagione, il duo creativo ha escogitato una varietà di personaggi e trame non canoniche per riempire la trama mentre cercano di creare una storia coerente con gli appunti e i riassunti di Tolkien, finora invano. Comicon di San Diego- Payne e McKayOra, il noto canale informativo Fellowship of Fans ha rivelato che entrando nella stagione 2, Payne e McKay potrebbero aver ottenuto l’accesso a un po’ più di materiale originale su cui lavorare. Le voci affermano che per l’imminente arco narrativo della seconda stagione dello show nella regione orientale della Terra di Mezzo di Rhûn, il team ha ottenuto un accesso speciale a un paio di testi al di fuori del loro accordo sui diritti primari con Amazon. Se lo scoop fosse vero, potrebbe dare ad Amazon Studios il diritto di utilizzare una coppia di personaggi che in precedenza sarebbe stato difficile incorporare nella loro storia. Potrebbe anche indicare che lo show (che è previsto per cinque stagioni) potrebbe potenzialmente espandere i suoi diritti di narrazione man mano che procede, senza dubbio a seconda di quanti soldi sono disposti a sborsare in cambio del permesso di fare riferimento a particolari aspetti del vasto mondo di Tolkien.

Dagli Usa nuove risorse per gli studi tolkieniani

Gandalf in the library of Minas TirithJ.R.R. Tolkien è ormai considerato, giustamente, come uno degli autori più importanti del ‘900, apprezzato in egual misura dal fandom e dalla critica. Soprattutto all’estero, ma oramai anche in Italia, gli studi sulla vita e sulle opere del professore oxoniense, anche a livello accademico si stanno moltiplicando sempre più.
Proprio per questo, negli anni, sono stati sviluppate e rese disponibili in rete da fan e studiosi, numerose risorse di ausilio alla comprensione e allo studio di Tolkien e dei suoi scritti.
Questa serie di approfondimenti vuole raccogliere, alcune fra queste risorse al fine di renderle note (qualora già non lo fossero) e facilmente disponibili ai fan e agli studiosi italiani.
In questo articolo ci si concentrerà sul progetto delle “Lettere” del sito web Tolkien Guide, sul tool “Search Tolkien” del Digital Tolkien Project e sul Tolkien Art Index.

Il progetto “Lettere” di Tolkien Guide

Lettere TolkienIl sito Tolkien Guide creato da Jeremy Edmonds è un sito molto noto fra gli appassionati e gli studiosi di Tolkien e specialmente fra i collezionisti. Sul sito si possono trovare articoli molto interessanti e precisi sulle svariate edizioni dei libri del professore che si sono susseguite negli anni e approfondimenti su temi particolari: di particolare interesse sono per esempio i due approfondimenti dedicati rispettivamente alla mostra Tolkien: Maker of Middle-earth tenutasi a Oxford nel 2018 e alla sua controparte francese Tolkien: Voyage en Terre du Milieu tenutasi alla BnF di Parigi nel 2019.
Recentemente al sito sono state aggiunte due funzionalità molto utili: quella del Calendario che permette di visualizzare i moltissimi eventi dedicati a Tolkien nel mondo e quella delle Lettere a cui è dedicato il presente approfondimento.
Le Lettere di J.R.R Tolkien pubblicate e disponibili al pubblico nell’omonimo libro edito da Humphrey Carpenter sono attualmente 354. A queste, con la nuova edizione delle lettere, prevista per questo autunno, si aggiungeranno 150 lettere inedite, mentre le originali 354, che erano state a volte tagliate per motivi di spazio, verranno riportate nello stato originale previsto dall’editore.
L’ammontare di lettere scritte dal professore di Oxford è però di gran lunga superiore: alcune naturalmente sono state citate, e quindi parzialmente pubblicate, nei numerosi testi di critica dedicati a Tolkien, altre invece non sono mai state pubblicate e se ne conosce l’esistenza e a volte il contenuto, semplicemente perché sono state battute all’asta e acquistate da qualche collezionista.
LetteraFra queste lettere (probabilmente nell’ordine di alcune migliaia) alcune hanno, naturalmente, scarsa rilevanza dal punto di vista dello studio biografico del professore, altre, come, per esempio, la lettera indirizzata a Elena Jeronimidis Conte, in cui il professore fornisce alla traduttrice dello Hobbit alcune indicazioni sulla traduzione, sono di sicuro interesse per studiosi e appassionati. Il progetto – che non si limita alle lettere di Tolkien padre, ma sembra voler includere anche le lettere di Christopher e forse altre lettere rilevanti – si propone di catalogare tutte queste lettere (al momento nel database sono incluse 1252 lettere) e di fornire al pubblico informazioni sul loro contenuto, su dove siano state (anche parzialmente pubblicate, e su dove siano eventualmente reperibili (una biblioteca, il sito di una casa d’asta, etc.).
Il sito fornisce inoltre un identificativo progressivo unico ad ogni lettera, costituendo in questo modo un valido strumento per la citazione di una determinata lettera (soprattutto quando questa non sia stata inclusa nella raccolta di Carpenter). Un ottimo sistema di ricerca permette inoltre di ricercare all’interno delle lettere con diversi metodi: una o più parole, un’intera frase, mittente, destinatario, per data, etc. Il progetto – già adesso, ma soprattutto quando verrà ultimato – sarà una risorsa molto utile per tutti gli studiosi e gli appassionati che siano intenzionati ad approfondire ulteriormente lo studio della vita e delle opere del professore.

Il Digital Tolkien Project e lo strumento Search Tolkien

Digital Tolkien ProjectJames Tauber è uno studioso tolkieniano che si occupa principalmente di digital humanities e cioè, in breve, dell’utilizzo di strumenti e risorse digitali al fine della ricerca in campo letterario. Sono molte le iniziative del Digital Tolkien Project, dalla creazione di versioni “markup” dei testi principali di Tolkien, all’analisi computazionale di tali testi.
Fra queste però, quella di più facile fruizione per il pubblico e forse quella nello stato più avanzato è quella relativa al toolSearch Tolkien”. Il tool è un “semplice” motore di ricerca che permette di ricercare parole e frasi fino a sette parole all’interno delle opere di Tolkien e di risalire ai libri e ai relativi capitoli e paragrafi in cui questa parola o frase è contenuta. L’attuale versione del tool è in grado di cercare nel testo dello Hobbit, del Signore degli Anelli, del Silmarillion, dei Racconti Incompiuti e delle Lettere, ma probabilmente sarà presto esteso a tutte le opere del professore (naturalmente stiamo parlando delle versioni originali in lingua inglese). Per esempio, la parola Bombadil compare 66 volte: 37 volte nel Signore degli Anelli, 28 nelle Lettere, e 1 sola volta ne I Racconti Incompiuti. Il riferimento ai punti esatti del libro in cui la parola o frase si trova viene dato attraverso un “sistema di citazioni” univoco (per esempio i riferimenti ai paragrafi del Signore degli Anelli vengono dati nel formato “..”.

Il tool “Tolkien Art Index”

Un altro esperto di software e appassionato di Tolkien è Erik Mueller-Harder, che ha sviluppato varie risorse digitali utili all’analisi delle opere tolkieniane.
Fra queste spicca sicuramente il Tolkien Art Index, progetto che si pone l’obiettivo di indicizzare tutta l’opera artistica di J.R.R. Tolkien.
Al momento il sito indicizza ben 546 opere d’arte, indicando per ognuna, in quali pubblicazioni è possibile trovarne una riproduzione.
Un utile sistema di ricerca, dotato di tag e svariate altre features, permette di navigare facilmente il sito web. Fra le altre risorse a cui Erik ha contribuito a realizzare, c’è il nuovo sistema Anduin, sviluppato recentemente per navigare i manoscritti del Signore degli Anelli in possesso della Biblioteca Marquette. Di questa nuova risorsa, che presenta tutte le diverse bozze del Signore degli Anelli, è possibile comprendere le potenzialità navigando nel sito online; purtroppo però è possibile vedere le scansioni dei manoscritti originali solo tramite un viaggio in loco. Un interessante articolo sull’argomento può essere letto qui.

 

Francia, ancora mostre ed eventi su JRR Tolkien

Logo Tolkien 50A un mese dal cinquantesimo anniversario della scomparsa di Tolkien le iniziative dedicate al professore oxoniense continuano a moltiplicarsi. Recentemente abbiamo pubblicato una panoramica sugli eventi e le mostre organizzati in Inghilterra, in Francia e in Italia in occasione di questa importante ricorrenza; a questi se ne aggiungeranno, nelle prossime settimane, altri due che avranno luogo, ancora una volta, in Francia e che potrebbero solleticare anche l’interesse degli appassionati italiani.

Sur Les Terres de L’Unique

Sur_les_Terres_de_l'UniqueIn questi giorni (dal 23 al 24 Settembre), si svolge infatti a Plouha in Bretagna, l’ormai consueto evento Sur Les Terres de L’Unique, organizzato dal 2018 dall’omonima associazione. La manifestazione è caratterizzata da svariate iniziative: sfilate in costume, racconti, sessioni di combattimento medioevale, animazioni, musica e, naturalmente, conferenze. Fra i nomi degli ospiti spiccano sicuramente sia quello di Ted Nasmith, impegnato con una conferenza il 23 e con un concerto il 24, sia quello di Stéphane Arson, che recentemente ha ridisegnato tutte le mappe dell’Atlante della Terra di Mezzo per l’edizione francese curata dalla casa editrice Bragelonne.

L’Héritage de Tolkien

Dal 3 ottobre al 10 novembre, la mediateca André Malraux di Chauny ospiterà l’esposizione L’Héritage de Tolkien, una mostra itinerante già presentata in almeno altre due occasioni: nel 2018 a Plouha e nel 2021 a Montévrain.
La mostra si prefigge l’obiettivo di «far conoscere, o approfondire, il genere fantasy» attraverso una selezione di 15 serie di fumetti (o manga), fornendo, per ognuna di queste, alcune note biografiche sugli autori, una breve sinossi della storia e come questa si rapporta con i canoni del genere definiti dal “padre del fantasy”.
Fra le opere esposte ricordiamo: Siegfried di Alex Alice, pubblicato in Italia da Panini, che adatta a fumetti la leggenda di Sigfrido e dei Nibelunghi; Bjorn il Morfirio di Thomas Lavachery e Thomas Gilbert, adattamento a fumetti dell’omonima serie di romanzi dello stesso Lavachery, editi in Italia da Gallucci; Lanfeust de Troy di Christophe Arleston e Didier Tarquin, inedito in Italia, che racconta le avventure del giovane fabbro nel mondo di Troy, dove la magia fa parte integrante della vita quotidiana; Seven Deadly Sins del mangaka Nakaba Suzuki, pubblicato in Italia da Star Comics, dove si narra di come sette terribili guerrieri siano l’unica speranza per salvare il regno di Britannia; Elfi, la prima serie di fumetti ambientata nel mondo immaginario delle Terre di Aran, creata nel 2013 da Jean-Luc Istin e Nicolas Jerry e pubblicata in Italia da Panini.

The War of the Rohirrim posticipato a fine 2024

Gli effetti dello sciopero promosso dagli sceneggiatori di Hollywood si fa sentire anche nella Terra di Mezzo: The War of the Rohirrim, la cui uscita era prevista per il 12 aprile 2024, sarà trasmesso nelle sale cinematografiche a partire dal 13 dicembre 2024. La produzione, diretta dal regista giapponese Kenjy Kamiyama, è stata coinvolta in un domino iniziato con il posticipo di Dune: Parte Due, la seconda pellicola di Denis Villeneuve ambientata sul pianeta di Arrakis, che ha causato un rimescolamento del calendario delle uscite cinematografiche del 2024. Lo spostamento di Dune ha determinato il rinvio di Godzilla X Kong, che a cascata ha obbligato New Line Cinema e Warner Bros a ritardare l’uscita di The War of the Rohirrim. Gli sceneggiatori di Hollywood sono in sciopero da maggio e sono sostenuti dagli attori, che si sono uniti alla protesta nel mese di luglio: le richieste principali prevedono una maggiore tutela per le condizioni di lavoro, più trasparenza in materia di diritto d’autore e la salvaguardia degli autori dalle minacce dell’intelligenza artificiale.

The War of the Rohirrim: un’eroina al comando

War Rohirrim «Peter Jackson e Fran Walsh mi hanno chiesto di portarvi i loro saluti». È stata sufficiente questa frase per far scrosciare di applausi la sala del centro Bonlieu ad Annecy, nel sud-est della Francia, mercoledì 13 giugno, in occasione della presentazione delle prime immagini del film The Lord Of The Rings: The War Of Rohirrim (Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim) durante l’edizione 2023 del Festival Internazionale dell’Animazione. Sebbene Jackson non sia coinvolto nella produzione di questo film, la co-sceneggiatrice delle trilogie del Signore degli Anelli e Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien, Philippa Boyens, è produttrice esecutiva del progetto. Sono stati mostrati due estratti (l’inizio e una scena di dialogo) di pochi minuti oltre a un breve teaser. Ecco un resoconto della tavola rotonda.

Serie tv, accuse di plagio per Amazon e Tolkien Estate

TribunaleIn California, uno scrittore di nome Demetrious Polychron ha infatti intentato una causa da 250 milioni di dollari per violazione del copyright contro Jeff Bezos, diversi dirigenti di Amazon Studio e gli eredi di J.R.R. Tolkien. Nella causa, Polychron ha affermato di aver creato, scritto e pubblicato un libro originale intitolato The Fellowship of the King e di aver ideato un’intera serie di sette libri, The War of the Rings.

Fan film, ecco Battles of the Fords of Isen

Battles of the Fords of IsenUno degli attestati d’amore più belli per le opere di J.R.R. Tolkien dimostrato dai lettori sono proprio i fan film, quelle produzioni cinematografiche oramai saldamente professionali fatte «dagli appassionati di Tolkien per gli appassionati di Tolkien», senza scopo di lucro. L’ultimo in ordine di tempo è Battles of the Fords of Isen – A Lord of the Rings Fan Film. Si tratta di un film senza scopo di lucro solo per uso privato e non è destinato alla vendita di alcun tipo. Non è in alcun modo affiliato, sponsorizzato o approvato da Middle-earth Enterprises, gli eredi o il patrimonio di J.R.R. Tolkien, Peter Jackson, New Line Cinema, HarperCollins Publishers Ltd. o qualsiasi delle rispettive affiliate o licenziatari.

Serie Amazon, solo un terzo del pubblico ha finito di vederla

morfydd clark AmazonDopo molti mesi, è tempo di tornare a parlare della serie televisiva di Amazon Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere. Che la serie avesse deluso molti appassionati lettori di J.R.R. Tolkien non è una novità, ma ora ci sono anche dati oggettivi in merito alle visualizzazioni, da una fonte che è sempre stata ritenuta attendile. Già i dati di Nielsen relativi ai minuti guardati delle serie originali avevano fatto classificare The Rings of Power al 15esimo nel 2022.

Warner Bros rinnova i diritti di LOTR: altri film in arrivo

Warner BrosDopo una trattativa durata più di un anno per rinnovare i diritti sui film, i giochi e il merchandising de Il Signore degli Anelli, Warner Bros Discovery conferma che è stato raggiunto un accordo a lungo termine con i nuovi proprietari Embracer Group che vedrà in futuro più film cinematografici della Terra di Mezzo. Così durante la chiamata sugli utili trimestrali della Warner Bros Discovery (WBD), il Ceo David Zaslav ha annunciato che è stato firmato un nuovo accordo di licenza per consentire a New Line Cinema di produrre più film del Signore degli Anelli.

Il calendario di Tolkien quest’anno ne fa 50!!!

Sono passati 50 anni dal primo Tolkien Calendar, una tradizione che non tramonta mai: dal 1973, per ogni anno è stato prodotto almeno un calendario ufficiale di Tolkien, con la sola eccezione del 1983. In alcuni anni, addirittura sono stati prodotti due calendari ufficiali, e ciò dovuto alle diverse edizioni nello stesso anno delle case editrici britannica e statunitense. I calendari di Tolkien hanno una importanza particolare, perché sono stati l’espressione visuale della Terra di Mezzo, ancora prima del film di Ralph Bakshi e di quelli di Peter Jackson, facendo sognare milioni di appassionati e diventando in breve oggetti di culto collezionatissimi.
Inoltre, i migliori “calendaristi” hanno avuto un ruolo fondamentale nelle opere cinematografiche e anche nella recente serie Amazon. Alan Lee e John Howe si sono trasferiti in Nuova Zelanda per dieci anni come conceptual designers per The Lord of the Rings e The Hobbit di Peter Jackson, e a loro si deve gran parte dei concept per costumi, armi, armature, paesaggi, architetture e creature dei sei film. John Howe è anche il principale concept artist della serie Amazon The Rings of Power. Negli anni, al calendario “ufficiale” si sono aggiunte altre pubblicazioni, prima amatoriali prodotte dagli appassionati per gli appassionati, poi sempre di maggiore qualità, raggiungendo negli ultimi anni degli elevatissimi standard artistici e tipografici. Anche per il 2023, come vedremo, sono numerosi i calendari dedicati a J.R.R. Tolkien. Oltre ad avere un elevato valore artistico e collezionistico, i calendari di Tolkien sono sempre stati da cinquant’anni un graditissimo regalo di Natale fra gli appassionati tolkieniani.

Arriva a Natale in tv Il Signore degli Anelli

Compagnia degli AnelliLa Compagnia dell’Anello, Le Due Torri e Il Ritorno del Re sono usciti nel mondo in successione a fine dicembre durante i primi anni 2000 e quindi restano indelebilmente legati a questa stagione. Forse sarà questo il motivo per cui a più di venti anni dalla sua uscita al cinema, la saga cinematografica di Peter Jackson – adattamento dal celebre romanzo di J.R.R. Tolkien – torna in tv in tempo per Natale. Diretta dal regista neozelandese e basata sull’omonimo romanzo di Tolkien, su Canale 20 arriva in prima serata la trilogia completa, in versione extended de “Il Signore degli Anelli”. Jackson è riuscito a portare sullo schermo un’opera che si riteneva impossibile. Con La Compagnia dell’Anello il regista neozelandese dava inizio a una trilogia che si sarebbe conclusa tre anni dopo. In mezzo incassi stratosferici, critiche esaltanti e un bottino di premi Oscar. Tra miti e leggende, progetti grandiosi e nuovi effetti speciali, il percorso di Peter Jackson, cineasta neozelandese è divenuto punto di riferimento per gli appassionati di cinema e di Tolkien di tutto il mondo. La sua trilogia si è dimostrato anche un vero e proprio record di incassi al botteghino, facendo anche il pieno di premi: ben 17, di cui ben 11 a “Il ritorno del Re”. Notevole è anche il cast radunato per il kolossal, proprio come il libro fonte d’ispirazione per altre pellicole di genere fantastico: Elijah Wood, Ian McKellen, Orlando Bloom, Viggo Mortensen, Liv Tyler, Christopher Lee, Sean Astin e Andy Serkis nei panni del celeberrimo Gollum.

Gli Anelli del Potere: se non c’è trascendenza

Serie tv 002La serie televisiva Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere ha senz’altro imposto l’attenzione degli appassionati, al netto delle (legittime?) polemiche sull’attinenza al canone del professore oxoniense – in termini di coesione narrativa e caratterizzazione – sulle modalità di rappresentazione televisiva del corpus tolkieniano a vent’anni di distanza dalla prima trilogia cinematografica di Peter Jackson. Si sono evidenziati i meriti degli sforzi di Amazon in termini di impatto visivo e cura scenica, ma bisogna altresì sottolineare la volontà degli sceneggiatori di ridurre ai minimi termini ogni riferimento esplicito alla dimensione trascendente del Legendarium. Tale scelta è evidente sin dal breve prologo offerto nel primo episodio: Valinor è presentata come la terra della Luce, “alimentata” dai due Alberi Telperion e Laurelin; di essi, come del resto delle Terre Immortali, non è data alcuna notizia circa l’origine e, fatta salva una corsiva e vaga menzione su una “Grande Musica” primigenia, la voce di Galadriel null’altro comunica sulla nascita di simili prodigi di Arda o sulle entità (gli Ainur, “I Santi”) che l’hanno foggiata. Si è obiettato che queste scelte siano dettate da oneri di natura eminentemente legale, legate cioè all’indisponibilità dei diritti necessari a mettere in scena anche quei protagonisti. Una simile critica, ancorché non del tutto infondata, non dà ragione della corsiva allusione ai “Valar” (sic) dalla voce di un dubbioso Celebrimbor, per ben due volte nel corso della serie; o del richiamo a Eru Ilúvatar (chiamato “L’Uno”) nella conversazione tra Galadriel e l’elfo corrotto dall’Ombra Adar prima, nonché tra la stessa Galadriel e Halbrand-Sauron poi. Serie tv 004Questi sparuti cenni sono lasciati languire e non sono approfonditi per dare sostanza all’antefatto, né per delineare il sostrato escatologico che informa le vicende di Eä – di tutto il creato, non soltanto Arda (il mondo). È un aspetto che è stato forse poco rilevato dalla critica, quasi non fosse necessario per la riproposizione di Tolkien nel primo ventennio del secolo corrente.
Si avverte lo scorporamento del divino dal metafisico, che procede quindi su due direttrici coincidenti: da una parte l’ultramondano è depauperato a mero ricordo magmatico, che pare non aver mai avuto credito nel reggere l’ordito della storia sino al principio della serie. Alla Luce di Valinor vengono conferite proprietà profilattiche, un potere proattivo, energetico, a conservazione della vita degli Elfi se opportunamente veicolata attraverso la sua fonte più ricca: il mithril. Amazon GaladrielL’acciaio argentato, nei testi di Tolkien nulla più che metallo preziosissimo lavorato dai Nani ed ambitissimo nella fabbriceria o nell’artigianato, viene investito di proprietà magiche ulteriori rispetto all’incredibile malleabilità e resistenza concesse da Tolkien: per tramite di una leggenda apocrifa (sic), che vede il metallo creato grazie all’infusione combinata di energia benefica (di un elfo senza nome!) e negativa (di un Balrog, con quello a contesa) nei pressi di un albero alla base del quale, celato nella montagna, si nascondeva uno dei Silmaril. Un fulmine – ex abrupto – cade sull’albero durante il duello e invade la montagna: donde la comparsa del mithril, per dissoluzione del gioiello di Fëanor. Esso racchiude in sé la luce degli Alberi, della quale gli elfi hanno bisogno per preservare la propria immortalità senza partire anzitempo per Aman, il Continente Beato dove il dominio dei Valar conserva la Creazione dalla corruzione, ritardando così l’abbandono della Terra di Mezzo. Il mithril risolve quindi il problema dello svanire degli Elfi. Amazon Rings of PowerNiente viene detto sulla differenza tolkieniana tra fëa (spirito) che rimane incorrotto e hröa (corpo) che si consuma: nel procedere delle Ere, gli Elfi (creature immortali) sbiadiscono nel corpo per effetto di tale consunzione fino a che il hröa persiste come semplice memoria dello spirito e gli Elfi appaiono così invisibili agli occhi dei mortali, a meno che non dimorino in Aman. Nella serie Amazon si parla invece di opportunità di “saturare gli Elfi” con un rimedio scientifico che annulla Valinor e la metafisica elfica.
Contemporaneamente, però, gli sceneggiatori hanno scelto di tenere viva una strada “religiosa” attraverso il personaggio di Adar, l’elfo corrotto divenuto Padre degli Orchi, che per sua stessa ammissione sembra cercare un ruolo da divinità per poter creare un nuovo mondo (possibilità riservata soltanto a Eru). Egli riassume una visione superomistica che auspica il superamento dei propri limiti attraverso l’ascensione al soglio divino, considerata possibile – in maniera imprecisata – ma che, di per sé, appare completamente irrituale nella teogonia tolkieniana. Infatti non è dato mai il caso di una creatura terrena – elfo o uomo – che desideri o tenti di divenire uno dei Valar (posto che essi siano da considerare delle vere e proprie divinità) o di sostituirsi a Eru medesimo. orchiScegliere di caratterizzare un triagonista quale Adar mediante una tensione spirituale così intesa muove la bilancia della sorte dalle mani del Creatore a quelle di un attore mondano, quasi sovrapponendo immanenza e trascendenza. Sembra che simili scelte indichino una sottesa volontà di proporre a mezzo televisivo un’immagine della spiritualità quasi esclusivamente pragmatica, improntata all’ottenimento di benefici concreti per gli individui e per la società, e quindi del tutto priva di una dimensione teleologica – più congeniale al Legendarium – che sussume l’individuo e lo tende verso una dimensione trascendente a un tempo personale e collettivistica, informando tutta la diacronia dell’epos tolkieniano e sostanziandosi ognitempo nel disegno di Eru. Ne deriva una musica disfonica, i cui canti afoni rassomigliano le discordanze di Melkor: la frustrazione e la sconfitta dell’Eco sulla Voce.

A dicembre la prima asta degli artisti tolkieniani

Un momento dell'astaLa casa d’aste italiana Finarte presenta per la prima volta al mondo un’asta esclusivamente dedicata all’arte de “Il Signore degli Anelli”: disegni, illustrazioni e dipinti dei maggiori artisti internazionali che dagli anni ’60 ad oggi hanno prestato il loro talento all’opera di J.R.R. Tolkien. Una possibilità unica ed irripetibile, costituita da oltre cento opere originali dei più rappresentativi interpreti della Terra di Mezzo. E si potrà scegliere tra ben 45 artisti di fama internazionale.

 

Gli anelli del Potere: note su ”L’Occhio”

ATTENZIONE SPOILER

Non c’è molto da dire su questa settima puntata della serie Gli Anelli del Potere. Si tratta di un episodio di raccordo, che di fatto si svolge tutto durante il fall out dell’Orodruin, e durante il quale non accade praticamente niente di significativo. Non è un grande spoiler dire che assistiamo alla nascita di Mordor, gli spettatori l’avevano senz’altro intuito già alla fine della puntata precedente. Le trovate interessanti di questa prima stagione riguardano quasi esclusivamente gli Orchi e gli Hobbit, e la nascita di Mordor per eruzione vulcanica è una di queste. Infatti le ceneri che oscurano il sole consentiranno agli Orchi di muoversi e agire anche di giorno con disinvoltura, senza bisogno di ingombranti tabarre e tendaggi protettivi.

Galadriel & TheoPer il resto sembrerebbe di assistere alla messa in discussione del fanatismo di Galadriel, la quale si sente responsabile della catastrofe in cui si è risolta la spedizione numenoreana nella Terra di Mezzo, che è pure costata la vista alla regina. Se non fosse che la regina stessa la scavalca, uscendosene con una dichiarazione d’intenti che suona come un lugubre: “Ritorneremo!”.
Insomma 1-0 per Adar il Padre degli Orchi e la sua razza dannata in cerca di una terra («This is our land now. It is our home»), che al momento risulta il personaggio più simpatico. I Numenoreani se ne tornano oltremare scornati, mentre Galadriel e Helbrand galoppano verso il Lindon, a ricevere la probabile “lavata di capa” da re Gil-Galad.

Serie tv 004Nel frattempo gli autori trovano il modo di infilare tre immancabili citazioni tolkieniane. La scena che vede Galadriel e il giovane Theo nascosti sotto un tronco, con un orco sopra di loro che annusa l’aria, richiama immediatamente quella più celebre del Signore degli Anelli, in cui gli hobbit vengono fiutati dal Cavaliere nero.
Poco prima, nel dialogo tra i due personaggi, Galadriel è riuscita a citare la scena del colpo di fulmine tra Beren e Luthien («We met in a glade of flowers. I was dancing and he saw me there») riferendosi all’incontro col marito Celeborn – che qui viene dato per «lost», probabilmente in vista di una rentrée successiva -; e cita anche quasi testualmente la visione provvidenziale della storia che Gandalf fornisce nel medesimo romanzo: «There are powers beyond darkness at work in this world».
Ganci buoni per il gioco degli appassionati, divertissement postmoderni degli autori, che ovviamente non possono rivitalizzare una puntata dall’andamento piatto e quasi priva di colpi di scena. Nemmeno l’apparente morte di Isildur può far drizzare qualche capello, perché anche a essere completamente digiuni di materia tolkieniana, il cliché è talmente urlato che nessuno spettatore può bersela, e il dolore del padre Elendil sfuma nello stucchevole.
NoriUn tentativo di svegliare il pubblico viene fatto nelle altre due sottotrame. Lì va appena un poco meglio. Gli Harfoot/Pelopiedi si trovano finalmente alle prese con una “storta” nelle loro solide abitudini e sono costretti ad abbandonare la via già tracciata. Ci sono volute sette puntate perché questo tema, di cui fin dall’inizio si fa carico il personaggio di Nori, trovasse uno sbocco narrativo. Alla buon’ora.
E ovviamente il mistero sull’identità dell’uomo caduto sulla Terra di Mezzo si infittisce, con l’aggiunta delle tre inquietanti inseguitrici (una delle quali sembra la versione albina di Anne Lennox da giovane). La dinamica però è farraginosa: prima gli Hobbit spediscono via l’uomo delle stelle, poi, quando scoprono che è inseguito da tre vestali incendiarie, decidono di andare ad avvertirlo, perché in fondo ha fatto loro del bene. Decidetevi.
Durin IIIE poi c’è la sottotrama del mithril, quella che vede al centro Elrond e Durin Jr.
Che dire? In sette puntate non è successo ancora niente. Si sono evocati tramacci incrociati, tradimenti, si sono visti siparietti comici e drammatici, nonché abbozzi spionistici, ma i fatti stanno a zero. Cosa si salva, quindi? Più che il rapporto d’amicizia tra Elrond e Durin quello conflittuale tra Senior e Junior. Vero è che non è niente di originale: un conflitto generazionale tra maschio alfa e maschio beta. Però introduce per lo meno un elemento discorde nel tema dinastico, quello che connota fortemente i Nani tolkieniani, schiacciati dal peso dell’albero genealogico che portano sulle spalle. Almeno Durin è in rotta col padre perché non vuole abbandonare l’amico Elrond al suo destino di decadenza e spegnimento progressivo. Il vecchio invece se ne sbatte degli Elfi, dice che il loro destino è segnato e non dipende da lui salvarli. Niente di nuovo sotto il sole, ma almeno c’è un conflitto in famiglia degno di ogni serial, ancorché corredato di nasoni finti e barbe lunghe fino ai piedi.
Ciliegina sulla torta: nelle viscere di Khazad-Dûm si cela un balrog. Non è una sorpresa per i fan tolkieniani, ma… perché proprio identico a quello di Jackson? Davvero non era rimasto un avanzo di fantasia per pensarlo almeno un po’ diverso?
LennoxManca soltanto un episodio alla fine di questa prima stagione e viene da fare almeno una considerazione. Gli autori avrebbero dovuto mostrare più coraggio, lasciare perdere tanto il gioco citazionista, quanto la continuità estetica con ciò che era già stato portato sullo schermo.
Per mettere in scena la Seconda Era ci voleva un visionario; uno che tradisse i cliché invece di collezionarli con metodo in ossequio allo sguardo postmoderno, per lavorare invece meglio sugli archetipi (che non sono proprio la stessa cosa). Ma anche uno che rappresentasse Celebrimbor come un fabbro ferraio coperto di bruciature e sporcizia; Galadriel come un’avventuriera in cerca della propria fortuna e con un passato ambiguo da farsi perdonare; i Nani come dei metallari divisi tra avidità e onore; e i Numenoreani come Conquistadores in cerca di territori da colonizzare.
Sarebbero state scelte tanto più forti rispetto a una mezza via, in cui si è reinventata la storia banalizzandola, senza discostarsi più di tanto dall’immaginario jacksoniano. La materia su cui lavorare c’era, c’è ancora forse. Resta da sperare – senza garanzie – in qualche buon cliff hanger nell’ultimo episodio e nella capacità degli strapagati scriptwriters amazonici di fare finalmente decollare questa storia nella seconda stagione.

 

Gli Anelli del Potere: note sul sesto episodio

ATTENZIONE AGLI SPOILER

Serie tv 001Alla fine di questo sesto episodio degli Anelli del Potere, quasi interamente dedicato ai combattimenti e concluso dallo stapparsi dell’Orodruin, dove sappiamo verrà forgiato l’Unico Anello, verrebbe da dire: finalmente un po’ d’azione. Non si tratta ancora delle grandiose battaglie a cui ci aveva abituato Jackson, perché in questa fase della storia le forze del male si stanno ancora riorganizzando, e non proprio coordinandosi alla perfezione, a quanto pare. Ma almeno si combatte, due sottotrame finalmente si intrecciano e – forse di conseguenza – anche i dialoghi acquistano più significato rispetto a quanto si è ascoltato finora.
Le citazioni jacksoniane in questo sesto capitolo si sprecano. L’atmosfera di attesa degli orchi al villaggio degli uomini cita alla lettera quella prima della battaglia del Fosso di Helm ne Le Due Torri, con tanto di voce fuori campo sulle immagini rallentate di donne, vecchi e bambini, e immancabile messaggio di speranza molto tolkieniano.
Il primo scontro con i cattivi invece ha una dinamica molto simile alla Battaglia di Baywater, quella con la quale sul finale del Signore degli Anelli (romanzo, non film) gli hobbit insorti sconfiggono gli usurpatori della Contea. Nella serie c’è l’aggiunta del fuoco ed è una scena notturna, ma l’idea di chiudere i nemici tra due barricate fatte con i carri e bersagliarli di frecce è un’evidente citazione letteraria.
Serie tv 002Bisogna tuttavia riconoscere che questi scontri armati sono più realistici di quelli jacksoniani. Innanzi tutto perché avvengono tra piccoli contingenti, poche centinaia o addirittura decine di combattenti, tutti interpretati da attori in carne e ossa. E in secondo luogo perché la fatica del corpo a corpo traspare di più, e l’unica che compie prodezze marveliane è la solita Galadriel, quando arriva con i rinforzi (ecco un’altra citazione, della cavalcata dei Rohirrim, anche se in questo caso sono numenoreani). Lei in effetti mentre combatte a cavallo pare un cosacco del circo di Mosca, ma tutti gli altri sono assai più normali nel modo di combattere, e con meno “addizioni digitali” rispetto ai guerrieri di Jackson.
Serie tv 003Arondir, l’elfo eroico che è rimasto a combattere con gli Uomini, lo fa in effetti con la destrezza tipica della sua razza, ma senza esibirsi nei “numeri” del Legolas interpretato da Bloom. Può perfino capitargli di essere trascinato giù da un tetto e di soccombere sotto la presa di un orco enorme, salvo intervento provvidenziale dell’amata Bronwyn. Dopodiché la gente (di qualunque razza sia) negli scontri muore perché viene infilzata da una lama o trafitta da una freccia o calpestata dai cavalli, e le ferite sanguinano sul serio, anche copiosamente. Come quella della stessa Bronwyn, che quasi ci lascia le penne (e casomai la cosa del tutto inverosimile è trovarla a battaglia vinta abbastanza in forma per colloquiare con la regina Mìriel e per acclamare il nuovo re Halbrand).
Ma inutile girarci attorno, perdendosi negli scontri armati. Perché la questione affrontata di peso in questo sesto episodio è quella degli Orchi.
Serie tv 004Lo spietato Adar, interpretato da un mesmerico Joseph Mawle, senz’altro il migliore attore della serie in scena finora, aveva già lasciato intendere di avere una visione politica. Qui finalmente la esplicita. Non solo nel discorso iniziale alle sue truppe orchesche, che chiama “fratelli” e “figli”, e che incita a prendersi un posto (non al sole) nella Terra di Mezzo. Soprattutto lo fa nel dialogo con Galadriel che lo ha catturato. I ruoli sono invertiti rispetto alla prima apparizione, quando era Adar nel ruolo di carceriere e l’elfo Arondir in vincoli. Galadriel lo interroga e le cose che gli dice lasciano trasparire la metà in ombra dell’elfa eroica; ombra che finora era stata soltanto evocata a parole. Galadriel riversa su Adar – elfo nero “orchizzato” – tutto il suo disprezzo per gli orridi Orchi. Di contro, Adar rivendica il fatto che gli Orchi sono esseri senzienti, «ognuno ha un nome e un cuore», e che sono stati anch’essi creati dall’Uno, cioè da Eru, e in un secondo tempo corrotti. Insomma anche gli Orchi sarebbero creature di Dio, secondo Adar, e di conseguenza avrebbero diritto a vivere e ad avere un posto in cui farlo.
Serie tv 005Questo fa precipitare dentro la serie uno dei grandi dilemmi irrisolti dell’opus tolkieniano, che a quanto pare gli autori non hanno avuto remore ad affrontare (si vedrà poi come e se lo risolveranno). Vale a dire l’irriducibile questione degli Orchi, che Jackson non s’era nemmeno immaginato di toccare. Sappiamo che nel corso del tempo Tolkien tornò a riflettere a più riprese sulla natura degli Orchi, i quali gli creavano un problema concettuale e teologico. Da buon cattolico non poteva digerire una razza di creature senzienti irredimibili per natura. Qualche lettore glielo fece notare, e all’amico Auden che gli chiedeva lumi su questo, Tolkien dava una risposta aperta (Lettera 269).
Nei Myths Transformed (HoMe X) passa in rassegna una serie di possibili soluzioni dell’origine e della natura di questa razza “derivata”, per così dire, e teologicamente così scomoda, ma alla fine si risolve a degradare gli Orchi al rango di bestie. «The Orcs were beasts of humanized shape», cioè sono privi di anima razionale. E a dimostrazione di questo dice che il loro modo di parlare è solo un riflesso di quello di Melkor, un po’ come i pappagalli ripetono le parole che sentono dal padrone, o come i cani che abbaiano per riprodurne la parlata, e possono pure ribellarsi per istinto, ma non per questo esercitano il libero arbitrio.
morfydd clark AmazonSe però uno legge Il Signore degli Anelli non ha affatto questa sensazione, ma tutto il contrario. Gli Orchi appaiono come una razza dotata di linguaggio e cultura e di una propria natura, ancorché pervertita e perversa. Quella a cui approdò Tolkien nel suo rimuginare a posteriori sa tanto di una soluzione di comodo, che potesse mettere buoni i teologi cattolici (o la sua coscienza di cattolico).
Ciò nonostante sul piano letterario – e qui sta la grandezza – gli Orchi rimangono un problema aperto. Rispetto al quale Adar può dunque dire la sua, e sentirsi sputare in faccia tutto il disprezzo razzista di una Galadriel nelle vesti (letteralmente) di novella Giovanna d’Arco, disposta a minacciare torture sugli orchi prigionieri per farlo confessare, e dichiaratamente votata allo sterminio della loro razza corrotta. «Anche se ci mettessi tutta questa Era, giuro di sradicarvi fino all’ultimo», dice l’eroina della serie. Non paga, prefigura di lasciare lo stesso Adar per ultimo, in modo che prima di essere giustiziato, possa vedere scomparire tutta la sua genìa.
Di fronte a questa dichiarazione di crudeltà genocida, la risposta di Adar è forse la più saggia possibile: «Pare che io non sia l’unico Elfo vivo che è stato trasformato dall’oscurità. Forse la tua ricerca del successore di Morgoth doveva cessare nel tuo specchio».
Serie tv 006Ecco che alla fine di questo sesto episodio verrebbe da dire anche un’altra cosa: finalmente un po’ di complessità. I buoni non sono del tutto buoni. I cattivi non sono del tutto cattivi. «Ci sono più cose tra il cielo e la terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia», diceva Amleto. Si potrebbe aggiungere anche la teologia. E poi segnare un punto per la letteratura e la drammaturgia.

 

Gli Anelli del Potere: note dopo 5 episodi

Se si dovesse valutare la serie tv Gli Anelli del Potere da un punto di vista “tolkieniano” bisognerebbe innanzi tutto rilevare una cosa evidente. Non potendo raccontare nel dettaglio le vicende della Prima Era (dato che i diritti del Silmarillion non erano nella disponibilità), e dovendo raccontare la Seconda Era basandosi solo sulle appendici del Signore degli Anelli, gli autori hanno fatto una scelta radicale. Non solo hanno riassunto e semplificato l’intera Prima Era in un prologo a volo d’uccello, ma soprattutto hanno reinventato le vicende della Seconda Era con assoluta spregiudicatezza. Tuttavia l’hanno fatto mantenendo una cornice tolkieniana, cioè una serie di riferimenti a eventi e personaggi del passato (Morgoth, Fëanor, Eärendil, ecc.), reinterpretando alcuni personaggi della storia originale (Galadriel, Elrond, Elendil, ecc.) e inventandosene altri di sana pianta (Halbrand, Arondir, i proto-hobbit, ecc.) che agiscono dentro quella cornice.

ValinorOvviamente questo è già sufficiente a scontentare il fandom più conservatore e geloso, che grida alla lesa maestà e guarda la serie con la matita rossa in mano. All’estremo opposto ci sono invece i fan che apprezzano qualunque cosa riguardi la Terra di Mezzo, e tanto più quindi una serie che ha la pretesa di trasporre – ancorché in modo liberissimo – ciò che sullo schermo non era mai stato trasposto. Si potrebbero definire gli innamorati di Tolkien non gelosi. Nel mezzo c’è quella parte del fandom rassegnata a sentire l’odore delle storie di Tolkien senza ritrovarcisi, e guarda gli episodi con un approccio disincantato o divertito, ovvero con snobistico distacco, per il gusto di vedere cos’hanno combinato questi quattrinai yankee.
Per onore di cronaca bisognerebbe citare anche il sottoinsieme assai chiassoso dei fan tolkieniani che se la prendono con la serie perché “fa politica sfruttando Tolkien”, riferendosi al fatto che – come in quasi ogni serie fantastica anglosassone di ultima generazione – è stato scelto un cast multietnico che non rispecchia la cromaticità epidermica nel testo letterario. In Italia di uso politico dell’opera di Tolkien, anche se di segno diametralmente opposto, ne sappiamo qualcosa, quindi dovremmo essere vaccinati, ma tant’è. Certo è che tra tutte le licenze poetiche e le libertà di riscrittura che si sono presi gli autori della serie, quella del cast multicolore è veramente la meno impattante, soprattutto perché le caratteristiche delle razze della Terra di Mezzo sono invece rispettate piuttosto fedelmente. E dal punto di vista tolkieniano è quello che conta.

Difficile assegnare delle percentuali numeriche alle varie categorie di spettatori, ma sono abbastanza riconoscibili nei commenti che si incontrano nel web, con tutte le sfumature possibili tra l’una e l’altra, ovviamente. La sensazione è che ce ne sia per tutti, ovvero che i produttori abbiano deciso di correre il rischio massimo, contando magari anche su una parte di spettatori non-fan che vanno a ingrossare la schiera di quelli che guardano la serie facendo il gioco del “canonico/non canonico”.

MirielUn altro elemento narrativo che salta agli occhi è la centralità assegnata ai personaggi femminili, figlia dei tempi attuali. A Tolkien veniva imputato di averne inseriti pochi nelle sue storie e sempre in ruoli secondari. Ciò non toglie che i suoi personaggi femminili fossero belli e significativi, e dunque suggerissero una presa di spazio che una riscrittura contemporanea non può che mettere in atto. Ad esempio la sottotrama degli Harfoot, i proto-hobbit, completamente inventata, ha al centro una protagonista femminile, Elanor (il nome che sappiamo sarà della primogenita di Sam e Rose Gamgee), che ricorda non poco i protagonisti maschili dei due romanzi di Tolkien, con tanto di personaggio-spalla “buffo”, anch’esso femminile (Poppy). Anche la sottotrama numenoreana è in gran parte imperniata sulla rivalità/alleanza tra Galadriel e la regina reggente Mìriel – contrapposizione anche visiva, trattandosi di due attrici etnicamente agli antipodi – con i personaggi maschili a fare da corollario. E pure le vicende degli Uomini del Sud hanno una protagonista donna, la madre single Bronwyn, accanto all’elfo Arondir, con il quale trapela un’affinità elettiva, per così dire. Meno centrale per ora il personaggio femminile di Disa nella sottotrama che si sviluppa intorno all’amicizia accidentata tra l’elfo Elrond e il nano Durin. Va detto però che ruba la scena a tutti ogni volta che compare, dando vita a siparietti comici ai quali i Nani – forse per colpa dell’imprinting jacksoniano – sembrano destinati.

Proto-HobbitUn altro aspetto della serie è l’indagine antropologica sui vari popoli di Arda. Di ciascuno vediamo almeno un rituale, un’usanza, un aspetto centrale della società. Vale per i proto-hobbit che commemorano i membri della tribù persi durante le migrazioni; vale per Numenor, con tutto il suo sfarzo, le gilde artigiane, la corte; vale per gli Elfi, con tanto di leggende apocrife; vale perfino per gli Orchi, che venerano un “Padre”.
Questi ultimi sono Orchi primordiali, mezzi talpe e mezzi vampiri, con elmi ricavati da teschi di animali, che scavano gallerie sotterranee e si riparano dall’odiata luce solare con mantelli e tendaggi. Vengono mostrati, per altro, nella goblinesca – e quindi si potrebbe azzardare “filologica” – attività di rendere schiavi gli altri affinché lavorino al posto loro (leggasi Lo Hobbit).

Elanor BrandipiedeUna nota particolare la merita l’ipotesi narrativa sui proto-Hobbit, rappresentati come un popolo seminomade, costretto a mimetizzarsi nel paesaggio, non avendo altri strumenti di difesa dai pericoli del mondo esterno. Una spiegazione questa di una caratteristica tipica degli Hobbit tolkieniani. Implicitamente si suggerisce che una volta diventato stanziale e sedentario, quel popolo non riuscirà a cancellare completamente le tracce del proprio passato ancestrale. E allora ecco la “tookishness” che ogni tanto affiorerà in un hobbit, scatenandogli la voglia di partire e vedere il mondo, affezione da cui Elanor “Nori” sembra già colpita. Ma ecco anche la canzone della migrazione, della quale retrospettivamente si troverebbe una sopravvivenza in un verso della poesia di Bilbo su Aragorn: «Not all those who wander are lost».
Ci sono altri easter eggs che gettano ponti tra gli Harfoot e gli Hobbit, dei quali almeno due si possono segnalare: l’evidente somiglianza fisiognomica tra Dylan Smith, l’attore che interpreta Largo Brandyfoot, e Dominic Monaghan, l’attore che interpretava Merry Brandybuck nella prima trilogia di Jackson, forse a suggerire una discendenza tra i “Brandy”; e la prima parola pronunciata da Elanor alla sua entrata in scena: «hundred-eleven», gli anni di Bilbo all’inizio del Signore degli Anelli, quelli che si celebrano alla festa attesa a lungo.

StranieroDella resa visiva di Arda vale forse la pena parlare solo per dire che è spettacolare. La montagna di soldi spesi lì si vede tutta, sia che si tratti di riprese di paesaggi reali sia che si tratti di ricostruzioni digitali di ambienti urbani, skylines di città, isole, ecc. Almeno su questo è difficile non compiacersi di come è stata rappresentata la visione tolkieniana, in continuità con quella dei film di Jackson. Anzi, forse la critica che si potrebbe muovere è di essere rimasti fin troppo in continuità e non avere osato di più.
AdarImmancabile il “toto-personaggio” innescato astutamente dagli autori: chi è il misterioso uomo caduto dal cielo? Chi è il misterioso Elfo (?) che gli orchi chiamano “Padre”? Chi sono le misteriose figure androgine biancovestite che indagano sul cratere del meteorite? Chi è davvero Halbrand? Eccetera. Alla fine della prima stagione probabilmente alcune di queste domande troveranno risposta. Nel frattempo contribuiscono a tenere alta l’attenzione, a trasformare la visione in un gioco.

Uno dei veri punti deboli della serie sembra invece essere finora quello ritmico-narrativo, sul quale si sono spese non poche critiche. Le prime cinque puntate sono lente, di fatto preparano l’avvio degli eventi senza che accada ancora nulla di eclatante. Per questo scopo cinque ore sono troppe rispetto ai ritmi a cui siamo abituati oggi. Paradossalmente forse non lo sarebbero state per Tolkien, che nel Signore degli Anelli impiega tutto il libro I e ben due capitoli del libro II (in tutto 270 pagine nell’edizione inglese) per apparecchiare la missione dell’eroe e spiegare il contesto in cui si svolgerà. Ma noi non siamo nati alla fine del XIX secolo, e non ci nutriamo di romanzi ottocenteschi, viviamo qui, oggi, e pretendiamo di non addormentarci davanti allo schermo, ma di essere catturati dalla vicenda entro la prima ora. Altrimenti la soglia d’attenzione comincia a calare, WhatsApp chiama, qualcuno suona alla porta, il pensiero della prossima bolletta del gas si insinua infingardo. Non siamo al buio di una sala insieme ad altre decine di persone, ma nel nostro domicilio, magari facendo colazione, o cenando, o stravaccati sul divano alla fine di una giornata di lavoro, col sonno che incombe.

morfydd clark AmazonPoi ci sono le critiche sull’intreccio. Sì, perché, come è noto, non sempre la libertà che ci si prende viene spesa al meglio. E allora alcune semplificazioni negli snodi narrativi, alcune gratuite e repentine sterzate della trama, e soprattutto le poche sfumature psicologiche dei personaggi non possono che fare storcere il naso ai palati più sgamati. Soprattutto nella sottotrama numenoreana, non solo gli intrighi di palazzo sono risolti piuttosto ingenuamente e certi personaggi stereotipati; non solo le tensioni sociali sull’isola sono tirate via; ma soprattutto il personaggio di Galadriel risulta un motore fin troppo immobile per far ruotare gli eventi intorno a sé. Quando il personaggio principale di una linea narrativa è poco sfaccettato e si presenta invece come monolitico, risulta difficile appassionarcisi, per quanto iconica sia la sua figura e per quanto un’interprete come Morfydd Clark, con la sua aura celtica e un taglio d’occhi davvero particolare, sia nella parte.

Elizabeth Cate BlanchettA poco servono i giochi di rimandi con cui gli autori hanno voluto evocare la precedente Galadriel, o meglio, la grande attrice che l’ha interpretata, Cate Blanchett. Sono almeno due riferimenti a chiave, che passano attraverso un altro personaggio, quello della regina Elisabetta I di cui l’attrice australiana ha vestito i panni in due film. La Galadriel degli Anelli del Potere pronuncia la fatidica frase «There is a storm in me» che riecheggia quel «I have a hurricane in me» di Blanchett-Elizabeth urlato davanti ai minacciosi ambasciatori spagnoli. E l’armatura che Galadriel indossa quando sale sulla nave numenoreana che dovrà portarla nella Terra di Mezzo è quasi identica a quella indossata dalla regina Elizabeth in una celebre scena del secondo film.
Il punto è che un personaggio così importante nella serie per ora non riesce a essere complesso, mostrando solo una maniacale forza di volontà, abilità guerriere da eroina Marvel, e un’ossessione cieca per la propria missione. Anche senza considerare la grande potenzialità dell’originale, questo deficit di scrittura del personaggio si fa notare perfino più delle azzardate invenzioni sul metallo mithril, o delle contraddittorie strategie del re Gil-Galad, et similia.
Più interessanti, perché ancora misteriosi, indubbiamente i personaggi dell’Uomo caduto sulla Terra (di Mezzo) e di Adar, il villain manifesto, interpretati da due attori davvero nel ruolo, Daniel Weyman e Joseph Mawle. Ben scritte finora le loro parti e ben interpretate. Almeno quanto quella di Sadoc, l’anziano leader degli Harfoot, che detiene la memoria storica e il libro divinatorio della tribù, affidata a Sir Lenworth George Henry CBE (una garanzia).

Amazon Rings of PowerA conti fatti, l’impressione è che questa serie seguiterà a far parlare di sé gli appassionati tolkieniani. Anche quelli che la respingono o la snobbano. Anzi, soprattutto quelli. E questo è comunque un risultato di audience che la produzione incassa. Chi se la godrà di più, invece, saranno gli spettatori dall’occhio talmente postmoderno da ridiventare ingenuo. Ce li si immagina – non senza un pizzico di celatissima invidia – come degli adulti bambini che non pretendono che la vicenda sia perfettamente coerente e realistica, o i personaggi profondi, o la storia aderente all’ortodossia tolkieniana, ma riescono a vedere la serie come una favola postmoderna, appunto: una storia relativamente semplice, a tratti anche bislacca, ma spettacolare e piena di riferimenti a quello che amano.

 

Reggio Fantastica 2022: Lingalad in concerto

Il 24 settembre 2022, presso il Centro Sociale Venezia in via Lombroso 3 a Reggio Emilia, si terrà la seconda edizione di Reggio Fantastica. Dalle 15.00 su maxi-schermo in aula interna si giocherà a titoli Nintendo Switch – come Mario Kart e Super Smash Bros. — e verranno organizzate sessioni di boardgames e giochi di ruolo, a cura dell’Associazione Culturale Ludicars. Alle 21.00 si esibiranno i Lingalad in concerto, storica band folk-rock con melodie ispirate alle voci dei boschi e alle opere fantasy di J.R.R. Tolkien e del Signore degli Anelli. La band ha suonato alla prima del film “Il Ritorno del Re” nel 2003, ricevendo plausi da Priscilla Tolkien, figlia del Professore di Oxford.
La cucina del Centro Sociale aprirà dalle 19:00 e si potrà mangiare gnocco fritto fatto a mano sotto le stelle prima dello spettacolo. L’evento è ad accesso gratuito e la prenotazione non è necessaria. Per informazioni: 377 3792367 (solo Whatsapp\Telegram) – centrosocialevenezia@gmail.com
L’evento è realizzato nell’ambito del progetto “Rosa dei Venti”. Il ricavato della cassetta delle offerte sarà devoluto a favore di Cooperativa Hikikomori Onlus, per aiutare le progettualità sul territorio di Reggio Emilia contro il ritiro sociale, abbandono scolastico e sindrome di Hikikomori.

Episodio 3: arrivano Númenor e Adar

Full-trailer 02 Amazon Rings of PowerLe reazioni del pubblico alla premiere de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere della scorsa settimana spaziavano da una grande e calorosa accoglienza per i magnifici (e costosi) effetti speciali, impressionante per le sue dimensioni, scetticismo ed entusiasmo per l’espansione incontrollata del canone tolkieniano e una scoraggiante campagna di bile sui social media mirato in parte contro il casting inclusivo e l’equilibrio tra eroi maschili e femminili. Ciò che è particolarmente irritante riguardo alle lamentele incentrate sulla razza e sul genere è che la storia raccontata da questa serie – simile a quella raccontata da JRR Tolkien nei suoi libri – riguarda in gran parte il modo in cui gruppi diversi superano i loro pregiudizi e superstizioni per una causa superiore. In altre parole: il punto sono proprio i vari modi in cui queste creature multiculturali appaiono e agiscono.

Amazon GaladrielNessuno di questi personaggi sta superando i propri pregiudizi o superstizioni nell’episodio 3 di questa settimana. Gli sceneggiatori stanno ancora delineando quanto sia profondamente nei guai la Terra di Mezzo. Con l’introduzione di Númenor siamo ancora nel world-building. Ma questo mondo che sembrava per lo più in pace sta iniziando, molto, molto gradualmente, a vedere come le radici delle vecchie alleanze stiano marcendo, e questo permette a qualcosa di ripugnante di filtrare dal basso. L’azione nell’episodio 3 (“Adar”) è principalmente distribuita in tre luoghi: un grande regno insulare che potrebbe rivelarsi fondamentale per il futuro della Terra di Mezzo; un terribile covo di orchi nelle Terre del sud; l’accampamento dei piedi di Harfoot.

Amazon MirielGaladriel e Halbrand (Charlie Vickers) vengono salvati e portati a bordo di una nave númenoreana capitanata nientemeno che da Elendil (Lloyd Owen) che avrà sicuramente un ruolo molto importante in The Rings Of Power. Arondir (Ismael Cruz Còrdova) è stato catturato dagli Orchi e portato in un campo per scavare passaggi sotterranei in modo che gli Orchi possano viaggiare durante il giorno. Gli Harfoot si preparano per la loro migrazione stagionale, e lo Sconosciuto (Daniel Weyman) viene scoperto. Il loro viaggio inizia con il carro di Nori Markella Kavenagh (Elanor ‘Nori‘ Brandyfoot) in fondo alla fila.

Amazon NumenorLa storia si svolge (per lo più) come un romanzo. “Adar” non fa vedere le storyline legate ai Nani, a Elrond o a Bronwyn. Invece, per circa due terzi di questo episodio trascorriamo lunghi periodi in ciascuno dei tre luoghi principali, in sequenze che si svolgono a lungo, come i capitoli di un libro.
L’episodio diventa più simile alla tv nel suo terzo finale, con più tagli trasversali tra le trame, fino a creare alcuni grandi e drammatici cliffhanger. Il più grande accade a Númenor, dove Galadriel ha approfittato degli archivi dell’isola per scoprire che il sigillo di Sauron è in realtà una specie di mappa e che rivela le intenzioni del nuovo Signore Oscuro di stabilire un regno completamente malvagio. La ricerca di Galadriel rivela che anche il suo compagno delle Terre del Sud Halbrand è una sorta di re riluttante, in stile Aragorn. Alla fine dell’episodio, Halbrand confessa la sua riluttanza a unirsi alla causa di Galadriel: «È stata la mia famiglia a perdere la guerra», dice. «Ed è stata la mia a iniziarla», risponde l’elfa. Ma è pronta a iniziare un attacco contro Sauron a prescindere. Secondo Míriel, questo è il «momento che temevamo» tanto atteso e di fondamentale importanza. Númenor sta per affrontare alcune scelte di vita o di morte, tutto perché «L’elfo è arrivato».

Uno dei misteri introdotti nella premiere della serie in due parti è stato risolto quasi istantaneamente in questo episodio. Negli ultimi secondi dell’episodio, Arondir viene trascinato davanti a qualcuno di nome Adar. Mentre gli orchi scandiscono il suo nome e si inchinano in deferenza, un personaggio si sposta nell’inquadratura offuscata, coi capelli scuri, pallido, imberbe e con quelle che sembrano orecchie a punta. Potrebbe essere Sauron (Adar significa “padre” in elfico, ed è certamente una figura paterna per queste creature), ma sembra troppo presto per Rings of Power per rivelare il suo antagonista principale (e strano per lui essere in queste trincee). Se si segue il canone, nessun elfo ha mai combattuto sotto il vessillo di Morgoth o di Sauron, ma Sauron fece catturare molti Elfi prima e durante la Guerra d’Ira della Prima Era. Visto ciò che Galadriel ha scoperto sulla magia nera di Sauron nelle lande più settentrionali, sembra del tutto possibile che Sauron possa torturare o stregare degli Elfi facendoli diventare leader degli orchi.

Matthias Freund