A dicembre la prima asta degli artisti tolkieniani

Un momento dell'astaLa casa d’aste italiana Finarte presenta per la prima volta al mondo un’asta esclusivamente dedicata all’arte de “Il Signore degli Anelli”: disegni, illustrazioni e dipinti dei maggiori artisti internazionali che dagli anni ’60 ad oggi hanno prestato il loro talento all’opera di J.R.R. Tolkien. Una possibilità unica ed irripetibile, costituita da oltre cento opere originali dei più rappresentativi interpreti della Terra di Mezzo. E si potrà scegliere tra ben 45 artisti di fama internazionale.

 

Lotro, un trailer per Before the Shadow

Lotro - The Lord of the Rings onlineThe Lord of The Rings Online è stato rilasciato molti anni fa e ha costantemente ricevuto l’attenzione dei suoi sviluppatori. È un MMORPG che consente ai giocatori di viaggiare attraverso la leggendaria Terra di Mezzo. In tutti questi anni The Lord of the Rings Online ha attratto – e mantenuto – una comunità creativa ed entusiasta sin dal lancio nel 2007: ancora oggi ha oltre 2 milioni di giocatori totali.

Mondadori pubblica Il grande libro di Tolkien

Libri e libreriaEsce il 22 novembre per Mondadori Electa Il grande libro di J.R.R. Tolkien. Guida alla Terra di Mezzo e dintorni: storia, luoghi, personaggi, traduzione della terza edizione di The Complete Tolkien Companion di James Edward Anthony Tyler (1943-2006), autore e studioso tolkieniano britannico. Il libro è stato uno dei più venduti su Tolkien, inserito nel 1977 nella Top Ten del New York Times, rivisto e aggiornato ben due volte come “The New Tolkien Companion” (1979) e “The Complete Tolkien Companion” (2002). Si tratta di una vera e propria enciclopedia di più di 600 pagine, ricche di nomi e riferimenti minuti a personaggi, luoghi, creature ed eventi (più o meno noti) della Terra di Mezzo, contenuti nelle principali opere del Professore, dallo Hobbit al Signore degli Anelli, dal Silmarillion alle Avventure di Tom Bombadil, di cui si analizzano le poesie e le voci più importanti. Il volume è stato tradotto e curato per l’edizione italiana dall’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, che ha selezionato un gruppo di lavoro formato da Lorenzo Pierangeli, Matteo Stefani e Tania Todeschi. Qui di seguito, una loro nota di traduzione.

Audio dell’AIST: ecco i Quaderni di Arda 3

Shippey-Gruppo-di-StudioL’ultima edizione di Fantastika, la Biennale di arte fantastica tenutasi a Dozza (BO) lo scorso settembre, ha riunito dopo quattro anni di attesa artisti, illustratori, relatori, ospiti, espositori, volontari, organizzatori e pubblico per un fine settimana all’insegna del fantastico. Tra le numerose conferenze, Roberto Arduini e Wu Ming 4, rispettivamente direttore e caporedattore dei Quaderni di Arda hanno presentato il terzo numero della rivista, con un’interessante coda finale di domande e risposte con il pubblico.

I Lai del Beleriand, la presentazione a Lucca

Cop Lucca locandina Ted NasmithLasciata alle spalle un’edizione di Lucca Comics & Games che resterà nella storia se non altro per le benedette condizioni climatiche (circostanza probabilmente irripetibile: chi frequenta Lucca lo sa) diamo qui conto del secondo appuntamento dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani (AIST) con la casa editrice Bompiani riguardo alla collaborazione al progetto di traduzione della History of Middle-earth, la serie di dodici volumi contenente gli scritti postumi di J.R.R. Tolkien curati dal figlio Christopher.

A Oxford c’è un nuovo professor Tolkien

Marion TurnerForse non tutti sanno che a Oxford c’è una cattedra universitaria dedicata a J.R.R. Tolkien. Si tratta della cattedra di letteratura e lingua inglese istituita presso l’ Università di Oxford nel 1980. La cattedra di Tolkien è dedicata allo studio dell’inglese e delle letterature affini del periodo 1066-1550. Il suo titolare è uno dei nove professori senior della Facoltà di inglese che assumono un ruolo di leadership nella ricerca, insegnamento e amministrazione. Il Professore della cattedra Tolkien è anche Professorial Fellow del Lady Margaret Hall, uno dei College che costituiscono l’Università di Oxford. Il ruolo è dotato di due lasciti privati, di cui uno di John e Jeanne Griffiths, che hanno anche conferito a Jeremy Griffiths la cattedra di paleografia inglese medievale. Il detentore inaugurale della cattedra è stato il professor Douglas Gray e dopo di lui altri due grandi studiosi di letteratura inglese hanno ricoperto questa prestigiosa carica. E ora ne è stato nominato uno nuovo.

La strenna di Bompiani: Mr. Bliss in cartonato

BompianiSi avvicina il Natale e Bompiani, la casa editrice delle opere di J.R.R. Tolkien, prepara le sue strenne natalizie. Insieme alla riproposizione del Signore degli Anelli in tre volumi con nuove copertine con fascetta dedicata alla serie tv, usciranno una serie di novità e riproposizioni: I Lai del Beleriand, terzo volume della Storia della Terra di Mezzo (History of Middle-Earth) con traduzione di Luca Manini; L’arte dello Hobbit, ristampa del bellissimo cofanetto a cura di Hammond & Scull, in brossura; L’arte del Signore degli Anelli, volume inedito finora in italiano, in brossura. Ma la chicca più bella è Mr. Bliss in un formato cartonato. È un libro che non veniva ristampata dal 2000 e che è disponibile anche in ebook, un’avventura “automobilistica” che probabilmente prese vita dalla goffaggine nella guida dell’autore…
Mr. Bliss - fronte“Mr. Bliss” è infatti una favola scritta ed illustrata dall’autore negli anni ’30, ma pubblicata postuma. La storia racconta le vicende del signor Bliss, personaggio parzialmente autobiografico. Si tratta di un raffinato signore che indossa cappelli torreggianti, vive in una casa dai soffitti alti per passarci facilmente ed è il felice proprietario di Giraniglio, un buffo animale dal collo lungo che tiene in giardino. La sua vita tranquilla cambia quando una mattina, dopo colazione, decide di comprare un’automobile gialla con le ruote rosse e si mette in viaggio per far visita agli amici. Tra incontri inaspettati (con orsi, persone curiose e persino arrabbiate), deviazioni impreviste e i guai dell’alta velocità Mr. Bliss imparerà una lezione di vita importante: certi viaggi (se non tutti) sono migliori se fatti con lentezza.

Tolkien tra i teologi: un convegno il 21-22/10

Convegno Tolkien tra i TeologiTolkien era un teologo? Ora un convegno negli Stati Uniti se ne occupa e tra gli ospiti ha ben due relatori italiani key notes, di cui uno è un socio AIST. Si tratta di un simposio digitale internazionale sponsorizzato dalla Houston Baptist University volto ad esplorare il pensiero teologico di Tolkien portandolo in dialogo con altre figure della storia della teologia, dal periodo patristico al moderno. Il simposio si svolgerà su Zoom da venerdì 21 a sabato 22 ottobre e comprenderà dieci interventi principali con alcuni dei maggiori esperti mondiali della teologia di Tolkien, oltre a sessioni di approfondimento di altri studiosi. Tutti gli interventi principali saranno resi disponibili in formato digitale per la lettura da parte dei partecipanti prima del simposio. Le sessioni programmate saranno dedicate a discussioni di gruppo e domande e risposte con tutti i partecipanti. Le sessioni di approfondimento seguiranno il tradizionale formato della conferenza, con i relatori che leggeranno i loro articoli dal vivo e inviteranno a domande e risposte alla fine. La visione del convegno è a pagamento (40 dollari).

The One Ring, dal 25 ottobre il supplemento

TheOneRing_LakeTown_smallLa nuova edizione del gioco di ruolo The One Ring, ambientato nel mondo de Il Signore degli Anelli di JRR Tolkien e progettato da Francesco Nepitello, è diventato il gioco di ruolo da tavolo di maggior successo di sempre su Kickstarter quando è terminato il 4 marzo 2021, superando i 2 milioni di dollari, nonché il nuovo punto di riferimento per chi vuole vivere un’avventura di gioco di ruolo nella Terra di Mezzo. Ora la casa editrice svedese Free League Publishing ha annunciato la data di uscita di Ruins of the Lost Realm. Gli appassionati della Terra di Mezzo, desiderosi di esplorare le terre dell’Eriador, dovranno attendere il 25 ottobre 2022. I preordini sono già stati aperti sullo store online dell’editore e danno accesso immediato alla versione in digitale in PDF, completa.

Asta record per la lettera di Tolkien sulle rune

The library of Edward R. LeahyUna lettera in cui John Ronald Reuel Tolkien spiega lo sviluppo delle rune e delle lingue utilizzate nel suo romanzo Lo Hobbit,  è stata venduta per 107.100 dollari. È un record mondiale per una missiva autografa dello scrittore inglese. Il lotto è stato aggiudicato a un collezionista che ha chiesto di restare anonimo, pagando oltre tre volte il prezzo della stima minima, durante l’asta di Christie’s a New York. L’asta si è tenuta il 6 ottobre 2022 ed era dedicata alla collezione di libri e manoscritti di Edward R. Leahy (titolo dell’asta: Valuable and Important Books and Manuscripts from the Library of Edward R. Leahy), che ha totalizzato quasi 4,5 milioni di dollari. La lettera di Tolkien è del 3 agosto 1943 ed è stata spedita dalla sua casa a Oxford, in Northmoor Road. I banditori dell’asta in maniera molto enfatica hanno nominato questa lettera la Stele di Rosetta della Terra di Mezzo (“Rosetta Stone of Middle Earth”). Per la cronaca, questo lotto era stato acquistato durante una precedente asta di Sotheby’s del 4 maggio 1995, lotto 252.

A Lucca Comics 2022 Tolkien fa il pieno!

Lucca panoramaNell’anno della serie tv di Prime Video “Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere”, Lucca Comics & Games celebra l’opera di J.R.R. Tolkien con il poster di Ted Nasmith e la sua HOPE. Ma la scoperta (o riscoperta) della Terra di Mezzo passa anche dal programma culturale che la manifestazione ha organizzato, all’interno del palinsesto di Luk For Fantasy, con Bompiani, la casa editrice che pubblica le opere del Professore di Oxford in Italia. Ma quest’anno non cambia solo la formula dei Tolkien Seminar, che non saranno più su prenotazione, ma cambia la prospettiva. Grazie alla nuova collaborazione con Lucca Comics & Games, l’Associazione Italiana Studi Tolkieniani porta nella città toscana non solo le sue competenze, ma incontri con una serie di personalità di spicco nel mondo tolkieniano nell’ambito di progetti editoriali e artistici. È il caso di Luca Manini, traduttore per Bompiani di moltissime opere di Tolkien, che presenterà il suo ultimo lavoro su I Lai del Beleriand. Soprattutto è il caso di Ted Nasmith, autore del poster di Lucca Comics & Games 2022 e di una mostra presente a Palazzo Ducale, è uno dei più abili illustratori contemporanei, e non si può parlare di arte fantasy senza nominarlo. È lui, infatti, ad aver dato corpo alla fantasia di tutti i fan di Tolkien. Dal 1987 le sue opere compaiono nei celebri calendari dedicati a Tolkien (edizioni successive saranno 1990, 2002, 2003, 2004, 2009) e nel 1997 viene pubblicata la prima edizione illustrata da lui de Il Silmarillion, la cui edizione italiana è stata pubblicata nel 2004 da Bompiani.

Gli anelli del Potere: note su ”L’Occhio”

ATTENZIONE SPOILER

Non c’è molto da dire su questa settima puntata della serie Gli Anelli del Potere. Si tratta di un episodio di raccordo, che di fatto si svolge tutto durante il fall out dell’Orodruin, e durante il quale non accade praticamente niente di significativo. Non è un grande spoiler dire che assistiamo alla nascita di Mordor, gli spettatori l’avevano senz’altro intuito già alla fine della puntata precedente. Le trovate interessanti di questa prima stagione riguardano quasi esclusivamente gli Orchi e gli Hobbit, e la nascita di Mordor per eruzione vulcanica è una di queste. Infatti le ceneri che oscurano il sole consentiranno agli Orchi di muoversi e agire anche di giorno con disinvoltura, senza bisogno di ingombranti tabarre e tendaggi protettivi.

Galadriel & TheoPer il resto sembrerebbe di assistere alla messa in discussione del fanatismo di Galadriel, la quale si sente responsabile della catastrofe in cui si è risolta la spedizione numenoreana nella Terra di Mezzo, che è pure costata la vista alla regina. Se non fosse che la regina stessa la scavalca, uscendosene con una dichiarazione d’intenti che suona come un lugubre: “Ritorneremo!”.
Insomma 1-0 per Adar il Padre degli Orchi e la sua razza dannata in cerca di una terra («This is our land now. It is our home»), che al momento risulta il personaggio più simpatico. I Numenoreani se ne tornano oltremare scornati, mentre Galadriel e Helbrand galoppano verso il Lindon, a ricevere la probabile “lavata di capa” da re Gil-Galad.

Serie tv 004Nel frattempo gli autori trovano il modo di infilare tre immancabili citazioni tolkieniane. La scena che vede Galadriel e il giovane Theo nascosti sotto un tronco, con un orco sopra di loro che annusa l’aria, richiama immediatamente quella più celebre del Signore degli Anelli, in cui gli hobbit vengono fiutati dal Cavaliere nero.
Poco prima, nel dialogo tra i due personaggi, Galadriel è riuscita a citare la scena del colpo di fulmine tra Beren e Luthien («We met in a glade of flowers. I was dancing and he saw me there») riferendosi all’incontro col marito Celeborn – che qui viene dato per «lost», probabilmente in vista di una rentrée successiva -; e cita anche quasi testualmente la visione provvidenziale della storia che Gandalf fornisce nel medesimo romanzo: «There are powers beyond darkness at work in this world».
Ganci buoni per il gioco degli appassionati, divertissement postmoderni degli autori, che ovviamente non possono rivitalizzare una puntata dall’andamento piatto e quasi priva di colpi di scena. Nemmeno l’apparente morte di Isildur può far drizzare qualche capello, perché anche a essere completamente digiuni di materia tolkieniana, il cliché è talmente urlato che nessuno spettatore può bersela, e il dolore del padre Elendil sfuma nello stucchevole.
NoriUn tentativo di svegliare il pubblico viene fatto nelle altre due sottotrame. Lì va appena un poco meglio. Gli Harfoot/Pelopiedi si trovano finalmente alle prese con una “storta” nelle loro solide abitudini e sono costretti ad abbandonare la via già tracciata. Ci sono volute sette puntate perché questo tema, di cui fin dall’inizio si fa carico il personaggio di Nori, trovasse uno sbocco narrativo. Alla buon’ora.
E ovviamente il mistero sull’identità dell’uomo caduto sulla Terra di Mezzo si infittisce, con l’aggiunta delle tre inquietanti inseguitrici (una delle quali sembra la versione albina di Anne Lennox da giovane). La dinamica però è farraginosa: prima gli Hobbit spediscono via l’uomo delle stelle, poi, quando scoprono che è inseguito da tre vestali incendiarie, decidono di andare ad avvertirlo, perché in fondo ha fatto loro del bene. Decidetevi.
Durin IIIE poi c’è la sottotrama del mithril, quella che vede al centro Elrond e Durin Jr.
Che dire? In sette puntate non è successo ancora niente. Si sono evocati tramacci incrociati, tradimenti, si sono visti siparietti comici e drammatici, nonché abbozzi spionistici, ma i fatti stanno a zero. Cosa si salva, quindi? Più che il rapporto d’amicizia tra Elrond e Durin quello conflittuale tra Senior e Junior. Vero è che non è niente di originale: un conflitto generazionale tra maschio alfa e maschio beta. Però introduce per lo meno un elemento discorde nel tema dinastico, quello che connota fortemente i Nani tolkieniani, schiacciati dal peso dell’albero genealogico che portano sulle spalle. Almeno Durin è in rotta col padre perché non vuole abbandonare l’amico Elrond al suo destino di decadenza e spegnimento progressivo. Il vecchio invece se ne sbatte degli Elfi, dice che il loro destino è segnato e non dipende da lui salvarli. Niente di nuovo sotto il sole, ma almeno c’è un conflitto in famiglia degno di ogni serial, ancorché corredato di nasoni finti e barbe lunghe fino ai piedi.
Ciliegina sulla torta: nelle viscere di Khazad-Dûm si cela un balrog. Non è una sorpresa per i fan tolkieniani, ma… perché proprio identico a quello di Jackson? Davvero non era rimasto un avanzo di fantasia per pensarlo almeno un po’ diverso?
LennoxManca soltanto un episodio alla fine di questa prima stagione e viene da fare almeno una considerazione. Gli autori avrebbero dovuto mostrare più coraggio, lasciare perdere tanto il gioco citazionista, quanto la continuità estetica con ciò che era già stato portato sullo schermo.
Per mettere in scena la Seconda Era ci voleva un visionario; uno che tradisse i cliché invece di collezionarli con metodo in ossequio allo sguardo postmoderno, per lavorare invece meglio sugli archetipi (che non sono proprio la stessa cosa). Ma anche uno che rappresentasse Celebrimbor come un fabbro ferraio coperto di bruciature e sporcizia; Galadriel come un’avventuriera in cerca della propria fortuna e con un passato ambiguo da farsi perdonare; i Nani come dei metallari divisi tra avidità e onore; e i Numenoreani come Conquistadores in cerca di territori da colonizzare.
Sarebbero state scelte tanto più forti rispetto a una mezza via, in cui si è reinventata la storia banalizzandola, senza discostarsi più di tanto dall’immaginario jacksoniano. La materia su cui lavorare c’era, c’è ancora forse. Resta da sperare – senza garanzie – in qualche buon cliff hanger nell’ultimo episodio e nella capacità degli strapagati scriptwriters amazonici di fare finalmente decollare questa storia nella seconda stagione.

 

Torna in libreria Il Fabbro di Oxford di WM4

La casa editrice Eterea ripubblica in una nuova edizione ampliata Il fabbro di Oxford, di Wu Ming 4 (€19). Rispetto alla prima edizione del 2019 è stata aggiunta una corposa appendice (otto articoli), che raccoglie gli scritti dell’autore sulla nuova traduzione del Signore degli Anelli e la scoperta dello stile letterario tolkieniano. Nel quadriennio trascorso, il volume aveva già venduto circa un migliaio di copie, un risultato dignitoso per una collettanea monografica e per una piccola casa editrice di settore come Eterea, che oggi ha coraggiosamente deciso di riproporlo in una nuova veste.

Cover Fabbro di OxfordSe è vero che un libro non va giudicato dalla copertina, come vuole il detto, è altrettanto vero che l’occhio vuole la sua parte. Lo dimostrano le polemiche sulle copertine “marziane” del Signore degli Anelli, respinte dai fan tolkieniani. La nuova copertina del Fabbro di Oxford è ancora di Ivan Cavini, tecnica mista su cartoncino colorato. L’illustrazione coglie Gandalf il Bianco in un raro momento di quiete e cattura l’essenza del personaggio: seduto su una cassa di legno, appoggiato al bastone, in un vicolo di Minas Tirith, in attesa della deflagrazione della battaglia, come indica la spada che porta al fianco. Immerso negli oggetti della vita quotidiana, su un sedile di fortuna, in un attimo di raccoglimento, il vecchio mago è inconfondibile e perfettamente rappresentato nella sua doppia natura di “pellegrino” giramondo e condottiero. Una doppia dimensione che rimanda facilmente a quella del suo stesso creatore, da un lato ordinario professore universitario e padre di famiglia, dall’altro mitopoieta e demiurgo di mondi fantastici senza eguali.

Riportiamo qui alcuni estratti dai paratesti e da una lunga recensione di Franco Pezzini uscita all’epoca della prima pubblicazione.

Dalla prefazione di Edoardo Rialti, “Accogliere il visitatore”:

Tolkien fuma la pipaLa presente raccolta è tutta importante e di gran pregio ma contiene alcune autentiche gemme: il celebre raffronto tra Sam Gamgee e i Tommies della Prima guerra mondiale si allarga alla contemporaneità letteralmente disarmante di un Faramir rispetto alle neo-mitologie militari contemporanee, pervertimenti dell’autentico eroismo cui “il fabbro di Oxford” oppone costantemente salutari antidoti, espliciti o impliciti, dal Beorhtnoth al Signore degli Anelli: «Tolkien mette in bocca ai personaggi letterari riflessioni che sono evidentemente frutto della sua disillusione di reduce di una guerra contemporanea. Le riflessioni che trae sono problematiche e contraddittorie, perché tengono assieme il valore dell’eroismo guerriero e la critica al bellicismo che da esso può derivare». Vi si ripercorrono, suggestivamente a ritroso, alcuni crocevia tra archeologia, filologia e narrativa dell’infanzia, antichi tumuli e giardini moderni, cortocircuiti che consentono di inquadrare meglio l’elusivo mistero di Tom Bombadil alla luce del (Peter) Pan di Barrie e Kenneth Grahame. La ricca analisi del cammino e dell’evoluzione di Aragorn dalle ombre opprimenti del suo passato fino alla piena assunzione del ruolo di monarca moderno2 riesce addirittura a mostrarne le affinità con l’umiltà conquistata da Bilbo nel riconoscersi creatura molto piccola in un mondo ben più vasto: «Aragorn accetta di non essere l’eroe principale della storia e solo così può finalmente intraprendere il cammino verso la regalità». La galleria dei ritratti femminili mostra come Tolkien sappia approfondire e al tempo stesso audacemente ribaltare alcuni tòpoi su fate incantatrici, fanciulle guerriere, principesse elfiche. Edoardo RialtiSpicca soprattutto il magnifico studio sull’insinuarsi dell’autorità burocratica «della società disciplinare moderna, per dirla con Foucault» nella Contea infettata da Sharkey-Saruman e le sue diverse strategie rispetto alla corruzione di Rohan («se per controllare una società feudale occorre influenzare il monarca, per prendere il controllo di una società borghese occorre impadronirsi del potere economico»), così come sulla rivolta degli Hobbit, che non si limiterà a ristabilire le condizioni precedenti della loro «mezza-repubblica, mezza-aristocrazia». Analisi, percorsi, raffronti che possiedono tutti il tratto distintivo d’ogni critica riuscita, quello di indurre nel lettore il desiderio di tornare alle pagine, alle scene citate e studiate, con occhi ed entusiasmo rinnovati, mostrando come l’opera tolkieniana convogli e fondi tradizioni e sfide letterarie stratificate e complesse, che vi assumono una luminosità e intensità nuova».

Dall’introduzione dell’autore, “Il demiurgo reazionario”:

Wu Ming 4«Il presente volume raccoglie i testi degli interventi pubblici che ho tenuto sull’opera di J.R.R.Tolkien nel quadriennio 2014-2017, vale a dire nel periodo successivo alla pubblicazione del mio saggio sullo stesso autore, Difendere la Terra di Mezzo (Odoya, 2013). Queste pagine danno conto di come è proseguita la mia riflessione a partire da quel nucleo iniziale. Si tratta per lo più di interventi d’occasione, molto diversi quindi l’uno dall’altro per tono e taglio. Alcuni sono contributi a convegni accademici, altri sono conferenze pubbliche tenute presso librerie, oppure in festival letterari e fiere librarie; altri ancora sono rielaborazioni di articoli apparsi sul web.
Va da sé che un materiale così eterogeneo non poteva comporre un saggio organico. Nondimeno mi è parso utile raccoglierlo per avere la misura di come è andato avanti un certo lavoro divulgativo su Tolkien, se non altro fino al momento in cui ho deciso di sospenderlo, esattamente due anni fa, per dedicarmi prevalentemente al versante editoriale.
In questa seconda edizione del volume, una corposa appendice dà conto proprio degli sviluppi su quel versante, raccogliendo gli articoli da me scritti in occasione della ritraduzione del Signore degli Anelli. Dal fitto dibattito nel biennio 2019-2020 infatti sono scaturite nuove prospettive e intuizioni soprattutto sullo stile letterario di Tolkien.
Il comune denominatore dei testi in questo volume è l’indagine sul lavoro artigiano di Tolkien, cioè sulla sua attività di narratore che ha prodotto le storie grazie alle quali è diventato uno degli autori più letti al mondo. Ho cercato di illustrare il modo in cui ha costruito i personaggi e le storie attingendo alla grande conoscenza della propria materia di studio – la filologia e la letteratura medievale – e come sia riuscito ad attualizzare quest’ultima attraverso l’invenzione narrativa e stilistica. Ma ho anche indagato la sua capacità di declinare temi al tempo stesso universali e legati all’epoca attuale, pur rimanendo estraneo agli stilemi “modernisti”.
Credo fosse abbastanza inevitabile che un certo condizionamento professionale spingesse la ricerca in questa direzione. Ogni romanziere si trova davanti ai medesimi problemi quando deve mettere un personaggio sulla pagina: occorre procurarsi la materia prima da cui trarlo, per poi fonderla, versarla in un nuovo stampo, batterla e temprarla; infine perfezionarla a suon di lima e olio di gomito. C’è molto da imparare dal tipo di lavoro sugli archetipi narrativi e leggendari messo in pratica da Tolkien. La sua officina narrativa rimane un ottimo esempio di come si possano trarre nuove storie dalla materia antica e di come si possano far riverberare e collidere creativamente epoche letterarie molto distanti tra loro.
Soprattutto, la sua produzione letteraria ricorda agli inventori di mondi quanto lavoro, conoscenza e cura, siano necessari per produrre quell’Incantesimo che Tolkien stesso indicava come la massima aspirazione dell’artista. Ma ricorda anche quanto sia necessario porre al proprio tempo grandi domande, in una chiave non pacificante, che narri il conflitto col dato senza sconti; almeno quanto si debba evitare di inseguire le tendenze letterarie o lasciarsi appiccicare una qualunque etichetta. È quando la scrittura rimane imprendibile e affronta il corpo a corpo con la storia che diventa vera.
Questo è il motivo fondamentale per cui Tolkien è sempre riuscito a smentire ogni tentativo di liquidazione, a eludere ogni incasellamento, ogni semplificazione o sovrainterpretazione, seguitando a parlare a milioni di lettori».

Dalla recensione di Franco Pezzini “Tolkien 2019: i mostri, gli eroi, i critici colpiscono ancora”, sul blog Carmilla online (18/07/2019):

«Senza piaggerie – di cui l’autore del libro non ha bisogno – studi come questo sono un esempio eccellente del tipo di critica oggi necessaria in materia di fantasy (e non solo, ma limitiamoci al particulare). Benvenute le opere compilative ad ampio raggio, che se felicemente realizzate possono essere preziose per inquadrare il fenomeno nella sua latitudine; benvenuto anche un certo approccio ruspante in chiave fandom. Ma se non andiamo a incalzare nel rispetto della relativa complessità i singoli testi, la genesi, le fonti, le convinzioni di un autore – anche quando non dice ciò che ci piacerebbe sentire, e tenendo distinti la sua soggettività storica e l’impatto di opere che vanno oltre lui – ci fermeremo alla rifrittura delle stesse banalità e dei soliti travisamenti. In un tempo come il nostro in cui la banalizzazione è premiata, e il successo diluviale di un genere popolare come il fantasy vede un inevitabile scarto tra quantità e qualità delle voci, sia in termini di narrativa che di riflessione sulla medesima (gli autori si propongono spesso come critici tramite web e social), Il fabbro di Oxford è un prezioso richiamo alla complessità. […]
In questo ideale prosieguo al bellissimo Difendere la Terra di Mezzo dell’autore (Odoya, 2013, nuova edizione 2018) troviamo testi d’interventi, lezioni, risposte a opere – di vario impatto pubblico – uscite sul tema tolkieniano. Materiale molto vario, dalla comunicazione accademica alla ripresa di contributi volutamente non “tecnici”: dove però il critico riesce a mantenere una coerenza anche stilistica con rigore di contenuti (ricchissimi) e limpidezza di forma. A smarcare dagli angolini chiusi del fandom attraverso lo sguardo a un intero panorama sulla letteratura del Novecento – con cui Tolkien dialoga o di cui almeno condivide crisi o reazioni – e insieme a fornire pagine dalle incalzanti argomentazioni e dall’inattaccabile comprensibilità».

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ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Il Fabbro di Oxford il 18 ottobre a Cosenza
– Leggi l’articolo Ottobre 2019: ecco dove trovare l’AIST
– Leggi l’articolo Il Fabbro di Oxford, il nuovo libro di WM4
– Leggi l’articolo La prefazione di Rialti al Fabbro di Oxford
– Leggi l’articolo Il Fabbro di Oxford in tour: Cesena 1° tappa
– Leggi l’articolo Il Fabbro di Oxford in Umbria: Gubbio e Perugia
– Leggi l’articolo 10 ottobre: il Fabbro di Oxford al TolkienLab
– Leggi l’articolo Un nuovo corso di WM4 all’Università di Trento

LINK ESTERNI:
– Vai al blog di Wu Ming, Giap
– Vai alla pagina facebook di Eterea Edizioni
– Vai alla pagina facebook dell’associazione Nova Gulp
– Vai all’evento facebook “ Presentazione Il Fabbro di Oxford a Cosenza

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Risposta a un articolo di Ivano Sassanelli

Claudio Testi - studio 2018PREMESSA

Nel suo documentato articolo “La tematica religiosa in Tolkien: analisi di alcune vie interpretative” (Mareghett A. – Sassanelli I., “Vive in fondo alle cose la freschezza più cara”, Aracne, Roma, 2022 pp. 91-117), Ivano Sassanelli ancora una volta presta attenzione a Santi Pagani nella Terra di Mezzo di Tolkien (ESD, Bologna, 2014). Qui, pur negli apprezzamenti, mi rivolge alcune critiche a cui mi sento obbligato a dare breve replica, in aggiunta a quanto già da me rilevato in un precedente articolo, convinto che il dibattito, se fatto in maniera seria, non pregiudizialmetne orientata e documentata è sempre utile

Nella prima parte del citato saggio Sassanelli afferma che nel dibattito sulla religione in Tolkien vi sono state due direttrici fondamentali: quella che considera l’opera di Tolkien Pagana e/o/aut Cristiana [par. 1.1 nel suo saggio] e quella che considera il suo mondo poco religioso perché vi vede un Dio immensamente lontano [1.2]. Egli poi [2] illustra quattro approcci alternativi, tra quali appare anche il suo, esposto ne Il Vangelo di Gollum e poi ribadito nella conclusione [3]). Santi Pagani è discusso soprattutto nella prima parte e parzialmente nella seconda.

PAGANO, CRISTIANO, CATTOLICO, RELIGIOSO

L’articolo esordisce con l’invito, del tutto condivisibile, a basare lo studio dell’opera tolkieniana soprattutto sui suoi testi di Tolkien (pp. 92-93), dopo di che, all’inizio del paragrafo 1.1, afferma:

“le aggettivazioni “pagana” e “cristiana”, non essendo mai state richiamate dall’autore come elementi descrittivi dei suoi racconti, risultano piuttosto essere prevalentemente (se non esclusivamente) tipiche del Mondo Primario, ossia del mondo dell’autore, del lettore e degli studiosi e mal si conciliano col Mondo Secondario della Terra di Mezzo in cui non sussistono, dal punto di vista religioso e storico, gli stessi presupposti riscontrabili nel “nostro mondo). Per queste motivazioni solo le “fonti”, i “principi generali” (poi esemplificati nel testo) o i “motivi particolari” (poi usati nella storia narrata) possono essere definiti o descritti come “pagani”, “cristiani”, “cattolici”, “moderni”, “pre–moderni”, “post–moderni”, “tradizionali” e cosi via. (“La tematica..”, p.93, corsivi aggiunti)

Sassanelli dice qui che è errato attribuire gli aggettivi di “cristiano” o “pagano” (così come quelli di “cattolico”, “moderno” ecc…: si veda la seconda frase) ai racconti di Tolkien in quanto:
a) l’autore non li ha mai usati
b) sono prevalentemente tipici del mondo primario.

Ovviamente una tale posizione implica una critica a Santi Pagani ove questi aggettivi vengono “massicciamente” usati perché si sostiene sostanzialmente che il mondo di Tolkien è specificamente pagano ma in armonia col cristianesimo e per questo la sua opera è cattolica (cfr. Santi Pagani, pp. 100-101).

Il principio sopra enucleato da Sassanelli è però molto “forte” e impegnativo da “sostenere”, anche alla luce dei alcuni testi tolkieniani, che Sassanelli, conosce bene e che correttamente ricorda:

Certamente qualcuno potrebbe osservare che Tolkien stesso nella lettera (n. 165) del giugno 1955 inviata alla Houghton Mifflin Co., ha affermato: ≪In ogni caso io sono cristiano; ma la “Terza Era” non era un mondo cristiano≫; oppure che nella bozza di lettera (n. 186) dell’aprile 1956 destinata a Joanna de Bortadano, egli scriveva: “La storia in realtà e la storia di cosa e accaduto nell’anno X a.C., e si dà il caso che sia accaduta a persone che erano in quel modo!” (“La tematica…”, p.96)

Per spiegare come la lettera 165 non contraddica il principio proposto da Sassanelli, secondo il quale l’aggettivo “cristiano” non è stato richiamato dall’autore per descrivere i suoi racconti, scrive:

In primo luogo nella lettera del 1955, Tolkien ha affermato la non cristianità della Terza Era come risposta tanto al rischio dell’allegoria quanto alle critiche secondo cui nel suo racconto non era presente la religione. Ciò ha condotto l’oxoniense a sottolineare che il suo Legendarium era stato impostato su un mondo monoteista di “teologia naturale” (“La tematica…”, p. 97, corsivi aggiunti)

Un rilievo giusto questo di Sassanelli, che però non mi pare riesca a “parare il colpo”. Che Tolkien affermi che il suo è un mondo non cristiano in cui però è presente un monoteismo basato sulla teologia naturale, non toglie il fatto che egli stesso usi l’aggettivo “cristiano” per caratterizzare ciò che un suo racconto non è1.

Sassanelli in merito considera anche un’altra lettera “problematica”, la 142, ove Tolkien come noto afferma che “Il SDA è un’opera fondamentalmente religiosa e cattolica”. Da ciò infatti segue ovviamente che “il SDA è un’opera cattolica”, ma anche che è un’opera “cristiana”, dato che il cattolicesimo è una certa interpretazione del cristianesimo. Per evitare l’inferenza Sassanelli spiegherà che questi aggettivi vanno riservati alle fonti e non all’opera, ma anche facendo ciò non riuscirà a evitare una contraddizione (cfr. sotto IV.).
Inoltre, non si capisce perché, mentre “pagano” e “cristiano” non si possono applicare ai racconti di Tolkien in quanto tipici del mondo primario, Sassanelli poi applichi ai medesimi racconti gli aggettivi “religioso” (cfr. sotto IV), “monoteista” e “di teologia naturale” che sono anch’essi tipici del Mondo Primario. In questo senso l’applicazione inversa (che rimprovera, peraltro correttamente, al mio approccio: si veda la citazione sotto riportata al paragrafo III) è a mio avviso inevitabile: è infatti impossibile studiare un’opera senza approcciarla e qualificarla con termini usati in primis per il nostro mondo.

Per questo il seguente rilievo, che nega la qualifica di accademico a una marea di studi tra cui, oltre al mio, anche quelli di Shippey, Flieger e… di Tolkien medesimo, è molto discutibile:

Ciò implica che in nessun caso, soprattutto in un contesto di riflessione accademica, la Terra di Mezzo può essere associata a un periodo storico e a un mondo “pagano”, “precristiano”, “cristiano”, “cattolico”, “moderno” o “pre–moderno” che sia. (“La tematica…”, p. 103)

DIO, NATURALE E SOPRANNATURALE

Nella parte 1.2 del suo saggio Sassanelli esamina poi il filone che vede la lontananza e quasi l’assenza di Dio nelle vicende della Terra di Mezzo (p.103 ss.). Qui gli autori di riferimento sono soprattutto Shippey, Flieger e Wu Ming 4, ma si accenna ancora a Santi Pagani:

Una delle problematiche più evidenti di quest’ultima impostazione, riguarda il fatto che ogni affermazione, da parte di critici e studiosi, circa l’intervento diretto di Dio, dei Valar o di qualsivoglia entità soprannaturale nel Mondo Secondario dell’oxoniense, risulterebbe, di per ciò stesso, una “cristianizzazione dell’opera tolkieniana”.
Ciò, però, come si vedrà nelle pagine seguenti, non può essere condiviso in quanto le categorie concettuali di “naturale” e “soprannaturale” — la cui esistenza, compresenza e correlazione costituiscono l’ossatura dell’essenza “religiosa” della narrativa tolkieniana e segnatamente de Il Signore degli Anelli — non possono essere equiparate a quelle di “pagano” e “cristiano”, in quanto, come detto in precedenza, e come evidenziato dalle stesse parole di Testi quando afferma “Tenendo ben ferme le distinzioni e definizioni sopra espresse e applicandole all’opera tolkieniana” (corsivo nostro), questa eguaglianza e quest’accostamento sono da identificarsi non tanto come un’interpretazione delle opere del Professore ma, piuttosto, come una semplice “applicazione” (da noi definita inversa) al Mondo Secondario tolkieniano di concetti tipici del Mondo Primario e del tutto estranei alla Terra di Mezzo. A voler usare le parole di Tolkien si potrebbe dire che le ossa del bue portano con se questi attributi del Mondo Primario — in quanto da esso derivano — ma una volta che esse entrano nel calderone della narrazione del Mondo Secondario, la minestra che ci viene ammannita dall’autore non può più avere le stesse categorie del Mondo Primario, pena vedere realizzata una “applicazione inversa”” (“La tematica…”, p. 106, corsivi aggiunti)

Il brano mi offre l’opportunità di chiarire un punto di Santi Pagani che da qualcuno è stato frainteso, ovvero quello della relazione tra l’esistenza di Dio e il paganesimo. A volte ho l’impressione che chi legge Santi Pagani consideri “paganesimo” sinonimo di “ateismo”. Nel mio libro ho invece chiaramente detto che il paganesimo non implica l’ateismo (Santi Pagani pp. 135-136) e che anzi l’esistenza di Dio è un contenuto proprio della cultura pagana, come attesta ad esempio l’opera pagana di Aristotele, che arriva a dimostrare l’esistenza di un motore immobile (Santi Pagani, p. 133). Il concetto di “paganesimo” inteso come inconciliabile col cristianesimo e negante la trascendenza di Dio è invece propria degli approcci di Curry e Madsen, che io critico aspramente (Santi Pagani pp. 49 sgg.)2. Per questo, almeno per quanto riguarda la mia prospettiva, non è vero, come dice Sassanelli, che un intervento di Dio implica la cristianizzazione di un’opera. Eru nel Legendarium è una presenza innegabile e quando Tolkien, vuol dirci che Eru fa qualcosa, lo scrive chiaramente senza alcun bisogno di trovare significati nascosti tramite complicate interpretazioni dei suoi testi, come ben si vede nell’affondamento di Nùmenor:

Ilùvatar però sfoderò il proprio potere, mutando la faccia del mondo; e un grande abisso si spalancò nel mare tra Nùmenor e le Terre Imperiture, e le acque vi si precipitarono, e il frastuono e il fumo delle cateratte salì al cielo, e il mondo ne fu scosso. E tutte le flotte dei Nùmenóreani furono trascinate nell’abisso, dove si sprofondarono e vennero per sempre inghiottite (Il Silmarillion, Akallabéth, corsivi aggiunti)

Questo però non implica che allora il Silmarillion sia cristiano. Ripeto: la presenza e l’intervento di Dio sono presenti anche nella cultura pagana e non sono specifici di quella cristiana. Quello che è invece è specifico di questa cultura e che riguarda quello che io indico come piano soprannaturale e frutto di una rivelazione a cui l’uomo, con le solo forze della ragione non può accedere, è ad esempio la Uni-Trinità di Dio, e la sua incarnazione-morte-resurrezione et similia (Santi Pagani p. 96). Ecco perché è vero che in Santi Pagani si propone una equivalenza tra pagano-naturale e cristiano-soprannaturale: ma questa è una semplice questione di vocabolario, per quanto non gratuita, e ogni autore può usare certe “definizioni” nella misura in cui le spieghi chiaramente (cfr. Santi Pagani, pp. 96-99).
Proprio su questa terminologia ho l’impressione che tra me e Sassanelli vi sia un fraintendimento. Quando afferma che l’armonia tra naturale e soprannaturale sia interna ai racconti di Tolkien, mi pare infatti che consideri “soprannaturale” come sinonimo di “Divino” o in qualche modo “legato a Dio”. Dice ad esempio:

Infatti la letteratura tolkieniana può essere, a giusta ragione, definita una “divine narrative” oppure un “De vera religione” narrativo in cui la presenza del “religioso” (ossia del dialogo tra “naturale” e “soprannaturale”) risulta continua, seppur in molti casi non direttamente ed esplicitamente percepibile. (“La tematica…”, p. 115)

Se così stanno le cose, allora anche io accetto questo discorso senza problemi. E questo discorso è compatibilissimo con la prospettiva di Santi Pagani in cui, ripeto, “soprannaturale” indica ciò che è specifico della rivelazione giudaico-cristiana.

CONTRADDIZIONE E CONCLUSIONE

Mi pare infine che la proposta di Sassanelli abbia al suo interno una contraddizione perché:
Da un lato afferma che l’aggettivo “cristiano”, pagano”, “cattolico” non possono essere usati per caratterizzare l’opera di Tolkien perché usati principalmente per il mondo primario. Per questo egli dice che al limite possono essere usati per caratterizzare le fonti dell’opera di Tolkien (le ossa del bue: cfr. supra II)
Dall’altro, oltre a non dare una convincente spiegazione delle lettere 165 e 142 e della differenza tra “pagano” e “religioso” rispetto allo loro origine nel mondo primario (cfr. supra II.), dice esplicitamente delle narrazioni di Tolkien che:

Tali opere sono:
a) “Religiose” (nella narrazione);
b) “Cattoliche” (nelle fonti);
c) “Santificate” (nella loro essenza eucatastrofica). (“La tematica…”, p. 115)

Ora, se come scrive Sassanelli le “opere [di Tolkien] sono Cattoliche nelle fonti”, ne segue banalmente che sono Cattoliche almeno sotto un certo aspetto, e quindi sono Cattoliche e anche “Cristiane” (cfr. supra II.). Allo stesso modo, se io sono modenese nelle origini, allora sono anche “genericamente” modenese, come lo è chi è modenese per adozione, e sarà anche vero che entrambi siamo italiani. Ecco che quindi Sassanelli usa l’aggettivo “Cattolico” (e quindi “Cristiano”: cfr. supra II) proprio per caratterizzare l’opera di Tolkien (la minestra, e non le ossa), contraddicendo così il principio da lui enucleato (II). Per evitare questa aporia, Sassanelli avrebbe invece dovuto scrivere che “le fonti dell’opera di Tolkien sono cattoliche”: ma questo fatto banalmente vero, dovrebbe essere enunciato unitamente a un altro fatto, pure questo banalmente vero, in base al quale “le fonti delle opere di Tolkien sono (anche) pagane”, cosa che invece Sassanelli non fa.

Concludendo, la proposta di Sassanelli, il cui contenuto è molto argomentato e ben documentato, continua a non apparirmi, specie nelle intuizioni più profonde, in antitesi con la prospettiva di Santi Pagani, la cui più semplice articolazione evita però molte complicazioni e pericolose contraddizioni.

 

NOTE

1 Sorvolo sulla spiegazione della lettera 186 perché a mio avviso qui non si dice altro se non che l’ambientazione era fatta in un’epoca anteriore alla nascita di Cristo.
2 Mentre scrivo queste note leggo il medesimo fraintendimento nel libro di Giuseppe Scattolini (Guidami Luce Gentile, L’Arco e la Corte, 2022), che equipara la mia posizione a quella della Madsen (Guidami…, p. 235) e ritiene che per me la verità pagana sia più ampia di quella cristiana (p. 193), cosa che esplicitamente nego citando anche Newman (Santi Pagani p. 175) che invece secondo Scattolini ribalta la mia posizione. Per questo non caspico bene perché egli mi rimproveri di non aver riportato il nome dell’oratorio “S.Filippo Neri” quasi volessi occultare qualcosa (Guidami…, p. 179 nota 518). Né in Santi Pagani si trova affermato che i piani naturale e soprannaturale sono separati o che il primo non sia originariamente ordinato al secondo, come invece mi fa dire Scattolini opponendomi a Danielou (Guidami…, p.233). Distinguere infatti non significa separare o dividere estrinsecamente: io del resto condivido la lezione teologica di De Lubac sul nesso tra naturale e soprannaturale (Santi Pagani p. 169, 175) e dico esplicitamente che “tra il piano della Natura e quello della Sopra-Natura non c’è separazione ma profondo legame” (Santi Pagani, p. 107) e che secondo il cattolicesimo i due piani “risultano essere non separati” (p.166).

DOCUMENTI
– Leggi la recensione su The Journal of Inklings Studies
– Leggi la recensione su Hither Shore

ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Santi Pagani, risposta di Testi alle recensioni all’estero
– Leggi l’articolo Santi Pagani, quante recensioni all’estero!
– Leggi l’articolo Santi Pagani, ecco il carteggio Monda-Testi
– Leggi l’articolo Santi pagani, la recensione di Wu Ming 4 (1 parte)
– Leggi l’articolo Santi pagani, la recensione di Wu Ming 4 (2 parte)

LINK ESTERNI:
– Vai al sito della Walking Tree Publishers
– Vai al sito di Journal of Tolkien Research

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Gli Anelli del Potere: note sul sesto episodio

ATTENZIONE AGLI SPOILER

Serie tv 001Alla fine di questo sesto episodio degli Anelli del Potere, quasi interamente dedicato ai combattimenti e concluso dallo stapparsi dell’Orodruin, dove sappiamo verrà forgiato l’Unico Anello, verrebbe da dire: finalmente un po’ d’azione. Non si tratta ancora delle grandiose battaglie a cui ci aveva abituato Jackson, perché in questa fase della storia le forze del male si stanno ancora riorganizzando, e non proprio coordinandosi alla perfezione, a quanto pare. Ma almeno si combatte, due sottotrame finalmente si intrecciano e – forse di conseguenza – anche i dialoghi acquistano più significato rispetto a quanto si è ascoltato finora.
Le citazioni jacksoniane in questo sesto capitolo si sprecano. L’atmosfera di attesa degli orchi al villaggio degli uomini cita alla lettera quella prima della battaglia del Fosso di Helm ne Le Due Torri, con tanto di voce fuori campo sulle immagini rallentate di donne, vecchi e bambini, e immancabile messaggio di speranza molto tolkieniano.
Il primo scontro con i cattivi invece ha una dinamica molto simile alla Battaglia di Baywater, quella con la quale sul finale del Signore degli Anelli (romanzo, non film) gli hobbit insorti sconfiggono gli usurpatori della Contea. Nella serie c’è l’aggiunta del fuoco ed è una scena notturna, ma l’idea di chiudere i nemici tra due barricate fatte con i carri e bersagliarli di frecce è un’evidente citazione letteraria.
Serie tv 002Bisogna tuttavia riconoscere che questi scontri armati sono più realistici di quelli jacksoniani. Innanzi tutto perché avvengono tra piccoli contingenti, poche centinaia o addirittura decine di combattenti, tutti interpretati da attori in carne e ossa. E in secondo luogo perché la fatica del corpo a corpo traspare di più, e l’unica che compie prodezze marveliane è la solita Galadriel, quando arriva con i rinforzi (ecco un’altra citazione, della cavalcata dei Rohirrim, anche se in questo caso sono numenoreani). Lei in effetti mentre combatte a cavallo pare un cosacco del circo di Mosca, ma tutti gli altri sono assai più normali nel modo di combattere, e con meno “addizioni digitali” rispetto ai guerrieri di Jackson.
Serie tv 003Arondir, l’elfo eroico che è rimasto a combattere con gli Uomini, lo fa in effetti con la destrezza tipica della sua razza, ma senza esibirsi nei “numeri” del Legolas interpretato da Bloom. Può perfino capitargli di essere trascinato giù da un tetto e di soccombere sotto la presa di un orco enorme, salvo intervento provvidenziale dell’amata Bronwyn. Dopodiché la gente (di qualunque razza sia) negli scontri muore perché viene infilzata da una lama o trafitta da una freccia o calpestata dai cavalli, e le ferite sanguinano sul serio, anche copiosamente. Come quella della stessa Bronwyn, che quasi ci lascia le penne (e casomai la cosa del tutto inverosimile è trovarla a battaglia vinta abbastanza in forma per colloquiare con la regina Mìriel e per acclamare il nuovo re Halbrand).
Ma inutile girarci attorno, perdendosi negli scontri armati. Perché la questione affrontata di peso in questo sesto episodio è quella degli Orchi.
Serie tv 004Lo spietato Adar, interpretato da un mesmerico Joseph Mawle, senz’altro il migliore attore della serie in scena finora, aveva già lasciato intendere di avere una visione politica. Qui finalmente la esplicita. Non solo nel discorso iniziale alle sue truppe orchesche, che chiama “fratelli” e “figli”, e che incita a prendersi un posto (non al sole) nella Terra di Mezzo. Soprattutto lo fa nel dialogo con Galadriel che lo ha catturato. I ruoli sono invertiti rispetto alla prima apparizione, quando era Adar nel ruolo di carceriere e l’elfo Arondir in vincoli. Galadriel lo interroga e le cose che gli dice lasciano trasparire la metà in ombra dell’elfa eroica; ombra che finora era stata soltanto evocata a parole. Galadriel riversa su Adar – elfo nero “orchizzato” – tutto il suo disprezzo per gli orridi Orchi. Di contro, Adar rivendica il fatto che gli Orchi sono esseri senzienti, «ognuno ha un nome e un cuore», e che sono stati anch’essi creati dall’Uno, cioè da Eru, e in un secondo tempo corrotti. Insomma anche gli Orchi sarebbero creature di Dio, secondo Adar, e di conseguenza avrebbero diritto a vivere e ad avere un posto in cui farlo.
Serie tv 005Questo fa precipitare dentro la serie uno dei grandi dilemmi irrisolti dell’opus tolkieniano, che a quanto pare gli autori non hanno avuto remore ad affrontare (si vedrà poi come e se lo risolveranno). Vale a dire l’irriducibile questione degli Orchi, che Jackson non s’era nemmeno immaginato di toccare. Sappiamo che nel corso del tempo Tolkien tornò a riflettere a più riprese sulla natura degli Orchi, i quali gli creavano un problema concettuale e teologico. Da buon cattolico non poteva digerire una razza di creature senzienti irredimibili per natura. Qualche lettore glielo fece notare, e all’amico Auden che gli chiedeva lumi su questo, Tolkien dava una risposta aperta (Lettera 269).
Nei Myths Transformed (HoMe X) passa in rassegna una serie di possibili soluzioni dell’origine e della natura di questa razza “derivata”, per così dire, e teologicamente così scomoda, ma alla fine si risolve a degradare gli Orchi al rango di bestie. «The Orcs were beasts of humanized shape», cioè sono privi di anima razionale. E a dimostrazione di questo dice che il loro modo di parlare è solo un riflesso di quello di Melkor, un po’ come i pappagalli ripetono le parole che sentono dal padrone, o come i cani che abbaiano per riprodurne la parlata, e possono pure ribellarsi per istinto, ma non per questo esercitano il libero arbitrio.
morfydd clark AmazonSe però uno legge Il Signore degli Anelli non ha affatto questa sensazione, ma tutto il contrario. Gli Orchi appaiono come una razza dotata di linguaggio e cultura e di una propria natura, ancorché pervertita e perversa. Quella a cui approdò Tolkien nel suo rimuginare a posteriori sa tanto di una soluzione di comodo, che potesse mettere buoni i teologi cattolici (o la sua coscienza di cattolico).
Ciò nonostante sul piano letterario – e qui sta la grandezza – gli Orchi rimangono un problema aperto. Rispetto al quale Adar può dunque dire la sua, e sentirsi sputare in faccia tutto il disprezzo razzista di una Galadriel nelle vesti (letteralmente) di novella Giovanna d’Arco, disposta a minacciare torture sugli orchi prigionieri per farlo confessare, e dichiaratamente votata allo sterminio della loro razza corrotta. «Anche se ci mettessi tutta questa Era, giuro di sradicarvi fino all’ultimo», dice l’eroina della serie. Non paga, prefigura di lasciare lo stesso Adar per ultimo, in modo che prima di essere giustiziato, possa vedere scomparire tutta la sua genìa.
Di fronte a questa dichiarazione di crudeltà genocida, la risposta di Adar è forse la più saggia possibile: «Pare che io non sia l’unico Elfo vivo che è stato trasformato dall’oscurità. Forse la tua ricerca del successore di Morgoth doveva cessare nel tuo specchio».
Serie tv 006Ecco che alla fine di questo sesto episodio verrebbe da dire anche un’altra cosa: finalmente un po’ di complessità. I buoni non sono del tutto buoni. I cattivi non sono del tutto cattivi. «Ci sono più cose tra il cielo e la terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia», diceva Amleto. Si potrebbe aggiungere anche la teologia. E poi segnare un punto per la letteratura e la drammaturgia.

 

Ecco il terzo numero dei Quaderni di Arda

Shippey-Gruppo-di-StudioSabato 17 settembre, durante Fantastika, al Centro Studi tolkieniani “La Tana del Drago” di Dozza, è stato presentato il terzo numero dei «Quaderni di Arda», dal titolo Beowulf a Oxford: lo stile di Tolkien (Eterea Edizioni, € 25). Non era scontato che la rivista dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani arrivasse a battezzare il suo terzo numero in quattro anni. Non solo perché si tratta di uno sforzo completamente volontario, ma anche perché rispetto ai primi due numeri la novità è che questa volta il volume non poggia sugli atti di un convegno con l’aggiunta di altri articoli. Infatti il numero 3 si compone di tredici saggi originali inediti, dei quali ben otto sono stati scritti da studiosi Aist e soltanto i due tradotti dall’inglese non sono stati scritti per l’occasione. Per un’associazione piccola e relativamente giovane come la nostra è un risultato straordinario. Questo riguarda anche la qualità dei saggi contenuti in questo n. 3, che non ha nulla da invidiare a quelli precedenti, e che affronta un territorio pressoché inesplorato.

In un’ora al Bla: ”Le lingue” di Tolkien

Biblioteca FioranoRaccontare i grandi classici o gli autori di culto della letteratura internazionale attraverso uno sguardo qualificato e un riflesso inedito. Questo lo scopo di “In un’ora al Bla”, la rassegna di incontri proposta dalla biblioteca di Fiorano Modenese, con il sostegno di Fondazione di Modena e l’apporto organizzativo dell’associazione Lumen. Ad aprire la rassegna è, mercoledì 28 settembre alle 18,30, ‘Le lingue’ di Tolkien, incontro condotto da Michela Canepari (Università di Parma) incentrato sulla capacità dell’autore di culto di creare, assieme a nuove lingue, interi mondi ricchi si costrutti culturali.

Gli Anelli del Potere: note dopo 5 episodi

Se si dovesse valutare la serie tv Gli Anelli del Potere da un punto di vista “tolkieniano” bisognerebbe innanzi tutto rilevare una cosa evidente. Non potendo raccontare nel dettaglio le vicende della Prima Era (dato che i diritti del Silmarillion non erano nella disponibilità), e dovendo raccontare la Seconda Era basandosi solo sulle appendici del Signore degli Anelli, gli autori hanno fatto una scelta radicale. Non solo hanno riassunto e semplificato l’intera Prima Era in un prologo a volo d’uccello, ma soprattutto hanno reinventato le vicende della Seconda Era con assoluta spregiudicatezza. Tuttavia l’hanno fatto mantenendo una cornice tolkieniana, cioè una serie di riferimenti a eventi e personaggi del passato (Morgoth, Fëanor, Eärendil, ecc.), reinterpretando alcuni personaggi della storia originale (Galadriel, Elrond, Elendil, ecc.) e inventandosene altri di sana pianta (Halbrand, Arondir, i proto-hobbit, ecc.) che agiscono dentro quella cornice.

ValinorOvviamente questo è già sufficiente a scontentare il fandom più conservatore e geloso, che grida alla lesa maestà e guarda la serie con la matita rossa in mano. All’estremo opposto ci sono invece i fan che apprezzano qualunque cosa riguardi la Terra di Mezzo, e tanto più quindi una serie che ha la pretesa di trasporre – ancorché in modo liberissimo – ciò che sullo schermo non era mai stato trasposto. Si potrebbero definire gli innamorati di Tolkien non gelosi. Nel mezzo c’è quella parte del fandom rassegnata a sentire l’odore delle storie di Tolkien senza ritrovarcisi, e guarda gli episodi con un approccio disincantato o divertito, ovvero con snobistico distacco, per il gusto di vedere cos’hanno combinato questi quattrinai yankee.
Per onore di cronaca bisognerebbe citare anche il sottoinsieme assai chiassoso dei fan tolkieniani che se la prendono con la serie perché “fa politica sfruttando Tolkien”, riferendosi al fatto che – come in quasi ogni serie fantastica anglosassone di ultima generazione – è stato scelto un cast multietnico che non rispecchia la cromaticità epidermica nel testo letterario. In Italia di uso politico dell’opera di Tolkien, anche se di segno diametralmente opposto, ne sappiamo qualcosa, quindi dovremmo essere vaccinati, ma tant’è. Certo è che tra tutte le licenze poetiche e le libertà di riscrittura che si sono presi gli autori della serie, quella del cast multicolore è veramente la meno impattante, soprattutto perché le caratteristiche delle razze della Terra di Mezzo sono invece rispettate piuttosto fedelmente. E dal punto di vista tolkieniano è quello che conta.

Difficile assegnare delle percentuali numeriche alle varie categorie di spettatori, ma sono abbastanza riconoscibili nei commenti che si incontrano nel web, con tutte le sfumature possibili tra l’una e l’altra, ovviamente. La sensazione è che ce ne sia per tutti, ovvero che i produttori abbiano deciso di correre il rischio massimo, contando magari anche su una parte di spettatori non-fan che vanno a ingrossare la schiera di quelli che guardano la serie facendo il gioco del “canonico/non canonico”.

MirielUn altro elemento narrativo che salta agli occhi è la centralità assegnata ai personaggi femminili, figlia dei tempi attuali. A Tolkien veniva imputato di averne inseriti pochi nelle sue storie e sempre in ruoli secondari. Ciò non toglie che i suoi personaggi femminili fossero belli e significativi, e dunque suggerissero una presa di spazio che una riscrittura contemporanea non può che mettere in atto. Ad esempio la sottotrama degli Harfoot, i proto-hobbit, completamente inventata, ha al centro una protagonista femminile, Elanor (il nome che sappiamo sarà della primogenita di Sam e Rose Gamgee), che ricorda non poco i protagonisti maschili dei due romanzi di Tolkien, con tanto di personaggio-spalla “buffo”, anch’esso femminile (Poppy). Anche la sottotrama numenoreana è in gran parte imperniata sulla rivalità/alleanza tra Galadriel e la regina reggente Mìriel – contrapposizione anche visiva, trattandosi di due attrici etnicamente agli antipodi – con i personaggi maschili a fare da corollario. E pure le vicende degli Uomini del Sud hanno una protagonista donna, la madre single Bronwyn, accanto all’elfo Arondir, con il quale trapela un’affinità elettiva, per così dire. Meno centrale per ora il personaggio femminile di Disa nella sottotrama che si sviluppa intorno all’amicizia accidentata tra l’elfo Elrond e il nano Durin. Va detto però che ruba la scena a tutti ogni volta che compare, dando vita a siparietti comici ai quali i Nani – forse per colpa dell’imprinting jacksoniano – sembrano destinati.

Proto-HobbitUn altro aspetto della serie è l’indagine antropologica sui vari popoli di Arda. Di ciascuno vediamo almeno un rituale, un’usanza, un aspetto centrale della società. Vale per i proto-hobbit che commemorano i membri della tribù persi durante le migrazioni; vale per Numenor, con tutto il suo sfarzo, le gilde artigiane, la corte; vale per gli Elfi, con tanto di leggende apocrife; vale perfino per gli Orchi, che venerano un “Padre”.
Questi ultimi sono Orchi primordiali, mezzi talpe e mezzi vampiri, con elmi ricavati da teschi di animali, che scavano gallerie sotterranee e si riparano dall’odiata luce solare con mantelli e tendaggi. Vengono mostrati, per altro, nella goblinesca – e quindi si potrebbe azzardare “filologica” – attività di rendere schiavi gli altri affinché lavorino al posto loro (leggasi Lo Hobbit).

Elanor BrandipiedeUna nota particolare la merita l’ipotesi narrativa sui proto-Hobbit, rappresentati come un popolo seminomade, costretto a mimetizzarsi nel paesaggio, non avendo altri strumenti di difesa dai pericoli del mondo esterno. Una spiegazione questa di una caratteristica tipica degli Hobbit tolkieniani. Implicitamente si suggerisce che una volta diventato stanziale e sedentario, quel popolo non riuscirà a cancellare completamente le tracce del proprio passato ancestrale. E allora ecco la “tookishness” che ogni tanto affiorerà in un hobbit, scatenandogli la voglia di partire e vedere il mondo, affezione da cui Elanor “Nori” sembra già colpita. Ma ecco anche la canzone della migrazione, della quale retrospettivamente si troverebbe una sopravvivenza in un verso della poesia di Bilbo su Aragorn: «Not all those who wander are lost».
Ci sono altri easter eggs che gettano ponti tra gli Harfoot e gli Hobbit, dei quali almeno due si possono segnalare: l’evidente somiglianza fisiognomica tra Dylan Smith, l’attore che interpreta Largo Brandyfoot, e Dominic Monaghan, l’attore che interpretava Merry Brandybuck nella prima trilogia di Jackson, forse a suggerire una discendenza tra i “Brandy”; e la prima parola pronunciata da Elanor alla sua entrata in scena: «hundred-eleven», gli anni di Bilbo all’inizio del Signore degli Anelli, quelli che si celebrano alla festa attesa a lungo.

StranieroDella resa visiva di Arda vale forse la pena parlare solo per dire che è spettacolare. La montagna di soldi spesi lì si vede tutta, sia che si tratti di riprese di paesaggi reali sia che si tratti di ricostruzioni digitali di ambienti urbani, skylines di città, isole, ecc. Almeno su questo è difficile non compiacersi di come è stata rappresentata la visione tolkieniana, in continuità con quella dei film di Jackson. Anzi, forse la critica che si potrebbe muovere è di essere rimasti fin troppo in continuità e non avere osato di più.
AdarImmancabile il “toto-personaggio” innescato astutamente dagli autori: chi è il misterioso uomo caduto dal cielo? Chi è il misterioso Elfo (?) che gli orchi chiamano “Padre”? Chi sono le misteriose figure androgine biancovestite che indagano sul cratere del meteorite? Chi è davvero Halbrand? Eccetera. Alla fine della prima stagione probabilmente alcune di queste domande troveranno risposta. Nel frattempo contribuiscono a tenere alta l’attenzione, a trasformare la visione in un gioco.

Uno dei veri punti deboli della serie sembra invece essere finora quello ritmico-narrativo, sul quale si sono spese non poche critiche. Le prime cinque puntate sono lente, di fatto preparano l’avvio degli eventi senza che accada ancora nulla di eclatante. Per questo scopo cinque ore sono troppe rispetto ai ritmi a cui siamo abituati oggi. Paradossalmente forse non lo sarebbero state per Tolkien, che nel Signore degli Anelli impiega tutto il libro I e ben due capitoli del libro II (in tutto 270 pagine nell’edizione inglese) per apparecchiare la missione dell’eroe e spiegare il contesto in cui si svolgerà. Ma noi non siamo nati alla fine del XIX secolo, e non ci nutriamo di romanzi ottocenteschi, viviamo qui, oggi, e pretendiamo di non addormentarci davanti allo schermo, ma di essere catturati dalla vicenda entro la prima ora. Altrimenti la soglia d’attenzione comincia a calare, WhatsApp chiama, qualcuno suona alla porta, il pensiero della prossima bolletta del gas si insinua infingardo. Non siamo al buio di una sala insieme ad altre decine di persone, ma nel nostro domicilio, magari facendo colazione, o cenando, o stravaccati sul divano alla fine di una giornata di lavoro, col sonno che incombe.

morfydd clark AmazonPoi ci sono le critiche sull’intreccio. Sì, perché, come è noto, non sempre la libertà che ci si prende viene spesa al meglio. E allora alcune semplificazioni negli snodi narrativi, alcune gratuite e repentine sterzate della trama, e soprattutto le poche sfumature psicologiche dei personaggi non possono che fare storcere il naso ai palati più sgamati. Soprattutto nella sottotrama numenoreana, non solo gli intrighi di palazzo sono risolti piuttosto ingenuamente e certi personaggi stereotipati; non solo le tensioni sociali sull’isola sono tirate via; ma soprattutto il personaggio di Galadriel risulta un motore fin troppo immobile per far ruotare gli eventi intorno a sé. Quando il personaggio principale di una linea narrativa è poco sfaccettato e si presenta invece come monolitico, risulta difficile appassionarcisi, per quanto iconica sia la sua figura e per quanto un’interprete come Morfydd Clark, con la sua aura celtica e un taglio d’occhi davvero particolare, sia nella parte.

Elizabeth Cate BlanchettA poco servono i giochi di rimandi con cui gli autori hanno voluto evocare la precedente Galadriel, o meglio, la grande attrice che l’ha interpretata, Cate Blanchett. Sono almeno due riferimenti a chiave, che passano attraverso un altro personaggio, quello della regina Elisabetta I di cui l’attrice australiana ha vestito i panni in due film. La Galadriel degli Anelli del Potere pronuncia la fatidica frase «There is a storm in me» che riecheggia quel «I have a hurricane in me» di Blanchett-Elizabeth urlato davanti ai minacciosi ambasciatori spagnoli. E l’armatura che Galadriel indossa quando sale sulla nave numenoreana che dovrà portarla nella Terra di Mezzo è quasi identica a quella indossata dalla regina Elizabeth in una celebre scena del secondo film.
Il punto è che un personaggio così importante nella serie per ora non riesce a essere complesso, mostrando solo una maniacale forza di volontà, abilità guerriere da eroina Marvel, e un’ossessione cieca per la propria missione. Anche senza considerare la grande potenzialità dell’originale, questo deficit di scrittura del personaggio si fa notare perfino più delle azzardate invenzioni sul metallo mithril, o delle contraddittorie strategie del re Gil-Galad, et similia.
Più interessanti, perché ancora misteriosi, indubbiamente i personaggi dell’Uomo caduto sulla Terra (di Mezzo) e di Adar, il villain manifesto, interpretati da due attori davvero nel ruolo, Daniel Weyman e Joseph Mawle. Ben scritte finora le loro parti e ben interpretate. Almeno quanto quella di Sadoc, l’anziano leader degli Harfoot, che detiene la memoria storica e il libro divinatorio della tribù, affidata a Sir Lenworth George Henry CBE (una garanzia).

Amazon Rings of PowerA conti fatti, l’impressione è che questa serie seguiterà a far parlare di sé gli appassionati tolkieniani. Anche quelli che la respingono o la snobbano. Anzi, soprattutto quelli. E questo è comunque un risultato di audience che la produzione incassa. Chi se la godrà di più, invece, saranno gli spettatori dall’occhio talmente postmoderno da ridiventare ingenuo. Ce li si immagina – non senza un pizzico di celatissima invidia – come degli adulti bambini che non pretendono che la vicenda sia perfettamente coerente e realistica, o i personaggi profondi, o la storia aderente all’ortodossia tolkieniana, ma riescono a vedere la serie come una favola postmoderna, appunto: una storia relativamente semplice, a tratti anche bislacca, ma spettacolare e piena di riferimenti a quello che amano.

 

Reggio Fantastica 2022: Lingalad in concerto

Il 24 settembre 2022, presso il Centro Sociale Venezia in via Lombroso 3 a Reggio Emilia, si terrà la seconda edizione di Reggio Fantastica. Dalle 15.00 su maxi-schermo in aula interna si giocherà a titoli Nintendo Switch – come Mario Kart e Super Smash Bros. — e verranno organizzate sessioni di boardgames e giochi di ruolo, a cura dell’Associazione Culturale Ludicars. Alle 21.00 si esibiranno i Lingalad in concerto, storica band folk-rock con melodie ispirate alle voci dei boschi e alle opere fantasy di J.R.R. Tolkien e del Signore degli Anelli. La band ha suonato alla prima del film “Il Ritorno del Re” nel 2003, ricevendo plausi da Priscilla Tolkien, figlia del Professore di Oxford.
La cucina del Centro Sociale aprirà dalle 19:00 e si potrà mangiare gnocco fritto fatto a mano sotto le stelle prima dello spettacolo. L’evento è ad accesso gratuito e la prenotazione non è necessaria. Per informazioni: 377 3792367 (solo Whatsapp\Telegram) – centrosocialevenezia@gmail.com
L’evento è realizzato nell’ambito del progetto “Rosa dei Venti”. Il ricavato della cassetta delle offerte sarà devoluto a favore di Cooperativa Hikikomori Onlus, per aiutare le progettualità sul territorio di Reggio Emilia contro il ritiro sociale, abbandono scolastico e sindrome di Hikikomori.

Domenica a Gubbio la nuova Tolkien Session

Festival del Medioevo GubbioÈ Dinastie. Famiglie e potere il tema del Festival del Medioevo, in corso di svolgimento a Gubbio dal 21 al 25 settembre 2022. L’immagine scelta per l’ottava edizione, è ispirata al celebre ritratto di Federico da Montefeltro immortalato da Piero della Francesca. Un omaggio esplicito all’enigmatico condottiero, mecenate ed umanista del XV secolo, del quale quest’anno ricorrono i seicento anni della nascita, avvenuta proprio a Gubbio, il 7 giugno 1422. Il grande appuntamento culturale vede la presenza di storici, scrittori, scienziati, storici dell’arte, filosofi e giornalisti. Non mancano le serate culturali, con concerti di musica medievale, lezioni-spettacolo e tanto teatro, l’ormai consueta Fiera del Libro Medievale: oltre 40 case editrici per tutto quello che c’è da leggere sull’Età di Mezzo. Tantissime le opportunità di vedere all’opera e imparare segreti e curiosità dai miniatori, rievocatori di antichi mestieri, con tanti giochi, letture, animazioni, e anche la didattica e i laboratori per i più esigenti tra il pubblico. E in tutto questo, non poteva mancare J.R.R. Tolkien, profondo studioso e appassionato del Medioevo, nonché grande scrittore che ha saputo immaginare un Medioevo fantastico, alternativo, ma molto simile al nostro, pieno di magie, meraviglie e creature fiabesche.

Che bella Fantastika!!! Il resoconto dei soci

Si è conclusa ieri la Biennale di FantastikA (17-18 settembre 2022), una sesta edizione davvero speciale che ha riunito dopo quattro anni di attesa artisti, illustratori, relatori, ospiti, espositori, volontari, organizzatori e pubblico per un weekend all’insegna del fantastico. Tra gli eventi da ricordare le conferenze di Tom Shippey, la mostra di Carlo Zoli, lo spettacolo di artigianato Il Risveglio del Drago in piazza della Rocca che ha portato alla cottura a forno di uno splendido manufatto in terracotta dello Studio Ceramico Giusti… e ora la nuova Draghessa di Dozza farà compagnia a Fyrstan dentro alla fortezza! Ma sono stati tantissimi gli eventi, gli interventi e gli artisti presenti. Per non far torto a nessuno e regalare ai lettori un piccolo frammento delle emozioni provate durante la manifestazione, ecco un florilegio di impressioni e aneddoti da parte di alcuni soci e socie dell’AIST presenti a Dozza il 16-17-18 settembre:

Shippey-Gruppo-di-StudioQuella appena trascorsa è stata la mia prima partecipazione a Fantastika e la prima occasione di riunirmi con altri soci Aist. Ero già felice di poter esporre in Rocca e in maniera permanente alla Tana del Drago. Poi venerdì, terminati gli allestimenti, mi sono trovato catapultato a pranzare gomito a gomito con il professor Shippey e di certo non sono cose che capitano tutti i giorni. Passati i primi attimi di imbarazzo abbiamo cominciato a chiacchierare (di tutto fuorché di Tolkien) e ho scoperto una persona squisita e molto divertente. Lo stesso vale per la moglie Catherine con la quale sono entrato ancor più in confidenza. Sapere poi che hanno apprezzato i miei lavori artistici tanto da richiedermene uno è stata la vera ciliegina sulla torta. Una giornata Fantastika.
Matteo

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Antonello VendittiNon ci crederete, ma uno degli highlights per me è stato proprio stare “di guardia” alla mostra di Zani, perché mi ha dato l’opportunità di vedere l’Annatar di Antonello Venditti venire alla luce! La mattina alle 10, quando sono arrivato, mi sono detto “che bello!”, ma la sera alle 17 era completamente cambiato (non ci sono stato continuativamente ovviamente)! Per me, che ho le capacità artistiche di un’ameba, è stato veramente bello vedere come i vari passaggi successivi lentamente portavano a emergere la figura di Annatar con l’ombra di Sauron dietro, dapprima quasi indistinguibile dallo sfondo e poi sempre più visibile… ho visto su FaceBook il video delle pennellate finali, ma sarebbe stato bello avere il video completo di tutto il processo!
Valerio

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Come qualcuno ricorderà, a un certo punto, durante la traduzione delle conferenze, in preda all’ansia da performance mi rivolgo alla platea in inglese e a Tom Shippey in italiano… Il bello della diretta!
Barbara

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Durante i miei turni alla Tana ho notato un ragazzo elegante che si interessava ai libri in vendita al bookshop. Mi ha chiesto se avessimo una copia della nuova edizione del libro di Wu Ming 4, che gli ho venduto. Poi mi ha posto la fatidica domanda: cosa serve per diventare socio AIST?
Qualche ora dopo, lo vedo bazzicare di nuovo nel bookshop. Quando mi saluta e fa per andarsene, gli chiedo se l’anno prossimo l’avrei rincontrato come socio; al che, imbarazzato, mi dice che non se la sente di entrare in un’associazione di studiosi, perché lui non lo è. In più, mi dice, abita piuttosto lontano dalla sede di Dozza. Gli rispondo che io vengo da Trento e che scendo ogni mese per la sessione di gioco di ruolo alla Tana, ma che lo faccio spinta da passione: l’importante, come in ogni cosa, è avere buona volontà e tanta voglia di fare.
Lui è di Belluno; ah, mia mamma è di Belluno, anzi, di Cencenighe Agordino. Mi chiede se lo prendo in giro, suo padre è di Cencenighe, e hanno lo stesso cognome. Scoppiamo a ridere e per qualche secondo non sappiamo cosa dire. Effettivamente, solo io potevo incontrare un agordino a Dozza.
Ora stiamo ipotizzando insieme una radice comune, un Protosoppelsa o Ur-Soppelsa che, visti i due propropronipoti aderenti alla nicchia tolkieniana, sicuramente sarà stato appassionato di mitopoiesi, subcreazione e linguaggi.
Ecco, l’ho trovata una cosa talmente pazzesca che condividerla mi fa solo piacere.
Tania

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Stand-AISTSabato pomeriggio, stand Aist-Eterea.
Arriva Tom Shippey con la moglie.
Sfoglia alcuni libri, poi prende il primo volume dei Quaderni di Arda, edizione economica, e chiede quanto costa (25 euro).
Ci guardiamo e dico: “Ma non vorremo mica far pagare Tom Shippey?!”
Siamo d’accordo, e gli diamo il libro, dicendogli che per lui è in omaggio.
Ringrazia calorosamente e sorride, poi proseguono verso la rocca.
Che persona squisita!
Carla

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Più che dai fatti sono sempre stata rapita dall’immaginario iconografico della Terra di Mezzo. Realizzare una vera draghessa sputa fuoco al di là della difficoltà tecnica era un sogno che si è realizzato. È stato emozionante!
Sandra

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Ecco un ricordo.
Tom e la moglie hanno visitato la Tana del Drago. L’emozione più grande è stata quando sono entrati nella taverna, hanno sgranato gli occhi, e mi hanno detto che non avevano mai visto niente di simile.
Elisabetta

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Ricordo… il moroso di una socia che si è fatto un mazzo quadrato per due giorni pur non essendo socio Aist. Massimo rispetto.
Stefano

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DozzaPer me è stato il battesimo di Dozza quindi ho talmente tante impressioni che non saprei da dove iniziare, e non so di quanto interesse possano essere. Ad ogni modo… sabato mattina mia sorella ed io, arrivando in macchina dalla direzione di Imola, abbiamo evidentemente sbagliato svincolo (poi ho saputo che forse era Toscanella) e ci siamo ritrovate su una bellissima strada lunga e serpeggiante, tra colline verdi di prati, siepi, macchie e qualche coltivazione. Ecco perché gli amici mi dicevano che Dozza è nella Contea! Non avevo colto la somiglianza il giorno prima arrivando dalla pianura proprio piatta! Poi sabato abbiamo avuto tutti i cambiamenti climatici possibili: dal vento impetuoso e sferzante, alla pioggia battente, al sole tiepido e luminoso. E la Tana del Drago è davvero un rifugio accogliente, dove tutti credo ritrovino qualcosa di casa – se non altro i libri – e in comune con gli altri ospiti.
Cecilia

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FantastikaHo partecipato a Fantastika per la prima volta e solo per questo è stata un’esperienza davvero emozionante e unica. E poi – Tom Shippey! Come molti, sono venuta a Dozza prima di tutto per lui. Mi dispiace solo di non essere riuscita a partecipare a tutte le tre conferenze da lui tenute (ma anche se solo per 5 minuti, l’ho monopolizzato per parlare della storia dell’inglese e della linguistica!!). Ci sono molte emozioni che sono difficili da descrivere.
La mostra di Zoli che molti ricorderanno per il caldo pazzesco, la ricorderò anche per le bellissime sculture. Incontri con gli amici, alcuni non li ho visti per anni! I tarocchi di Maria Distefano e una lunga ma molto chiara spiegazione delle regole della Caccia all’Anello da parte di Diego Landini, libri firmati (e non – la valigia si è appesantita, come si deve e come lo fa ad ogni viaggio!), il fantastico Annatar di Antonello Venditti (“Ti ringrazio per aver individuato il personaggio, di solito pensano sia Celebrimbor..”), l’orgoglio e la gioia di vedere come qualcuno prende dei libri allo stand di Eterea proprio perché li hai convinti tu che sia un’ottima scelta e un must-read assoluto…
Insomma, ringrazio tutti per questa esperienza.
Alena

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Tom Shippey che a tavola racconta della sua infanzia kiplinghiana nel Raj britannico… Ma anche due mie ex-studentesse trentine e un ex-studente che gli consegnano le loro tesi di laurea su Tolkien in inglese… Ma anche la Tana piena di gente, di varie età, diverso look, per buona parte sconosciuta… Ma anche quel pensiero, tornato a Bologna, stanco, digiuno e azzoppato: “We did it”.
Federico

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“Niente come tornare in un luogo rimasto immutato ci fa scoprire quanto siamo cambiati”. Il grandissimo Nelson Mandela, nella sua gloriosa e coraggiosa vita, ci ha donato dei tesori e pensieri da tramandare e credo che questo aforisma rispecchi perfettamente la mia emozione nel ritornare a FanstastikA. L’edizione del 2022 è stata un esplosione di emozioni per moltissimi, ma soprattutto il ritorno alla normalità per coloro che avevano vissuto l’ultima edizione prima della pandemia. Esatto, prima della pandemia, dove tutto è cambiato, ma una cosa è rimasta identica: la voglia di mettersi in gioco e creare qualcosa di fantastico. Il mio incarico da fotografo mi ha permesso, attraverso il mirino della macchina fotografica, di soffermarmi sugli sguardi del pubblico, degli addetti ai lavori, degli artigiani, dei bambini, degli ospiti speciali e degli artisti e in tutti brillava la luce dei Silmaril (se volessimo citare il professor Tolkien). Quella luce che ci permette di andare avanti, nonostante le difficoltà, con consapevolezza e coscienza, perché è vero che ogni manifestazione è unica, ma un castello sforzesco con un drago che si risveglia ogni due anni, che dona mostre, artisti da incontrare, conferenze da ascoltare e tanto altro ancora, dove lo trovate? Viva il drago Fyrstan e viva FantastikA, ci vediamo nel 2024.
Alessio

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Ivan CaviniQuest’anno è stata davvero dura. Non vi nascondo che domenica mattina appena ho visto la mia (santa) Patrizia, ho avuto una crisi di pianto e non mi era mai successo. Per fortuna il pubblico ha apprezzato e le soddisfazioni sono tante, poi sento tanti amici intorno a me, le strette di mano, gli abbracci, i vostri commenti positivi, e il pensiero va all’edizione del 2024 quando festeggeremo anche il nostro 10°anniversario dalla nascita dell’AIST. Ricordiamoci però che chi realizza tante cose con successo, riceve anche tanti attacchi, quindi restiamo uniti e teniamo la barra dritta. Torno a letto.
Ivan

 

ARTICOLI PRECEDENTI:
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– Leggi l’articolo Fantastika, il Tesoro del Drago il 17-18 settembre
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LINK ESTERNI:
– Vai al sito ufficiale di Fantastika
– Vai alla pagina facebook Centro Studi – la Tana del Drago
– Vai al sito ufficiale della Fondazione Dozza Città d’Arte
– Vai al sito di Ivan Cavini

 

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Episodio 3: arrivano Númenor e Adar

Full-trailer 02 Amazon Rings of PowerLe reazioni del pubblico alla premiere de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere della scorsa settimana spaziavano da una grande e calorosa accoglienza per i magnifici (e costosi) effetti speciali, impressionante per le sue dimensioni, scetticismo ed entusiasmo per l’espansione incontrollata del canone tolkieniano e una scoraggiante campagna di bile sui social media mirato in parte contro il casting inclusivo e l’equilibrio tra eroi maschili e femminili. Ciò che è particolarmente irritante riguardo alle lamentele incentrate sulla razza e sul genere è che la storia raccontata da questa serie – simile a quella raccontata da JRR Tolkien nei suoi libri – riguarda in gran parte il modo in cui gruppi diversi superano i loro pregiudizi e superstizioni per una causa superiore. In altre parole: il punto sono proprio i vari modi in cui queste creature multiculturali appaiono e agiscono.

Amazon GaladrielNessuno di questi personaggi sta superando i propri pregiudizi o superstizioni nell’episodio 3 di questa settimana. Gli sceneggiatori stanno ancora delineando quanto sia profondamente nei guai la Terra di Mezzo. Con l’introduzione di Númenor siamo ancora nel world-building. Ma questo mondo che sembrava per lo più in pace sta iniziando, molto, molto gradualmente, a vedere come le radici delle vecchie alleanze stiano marcendo, e questo permette a qualcosa di ripugnante di filtrare dal basso. L’azione nell’episodio 3 (“Adar”) è principalmente distribuita in tre luoghi: un grande regno insulare che potrebbe rivelarsi fondamentale per il futuro della Terra di Mezzo; un terribile covo di orchi nelle Terre del sud; l’accampamento dei piedi di Harfoot.

Amazon MirielGaladriel e Halbrand (Charlie Vickers) vengono salvati e portati a bordo di una nave númenoreana capitanata nientemeno che da Elendil (Lloyd Owen) che avrà sicuramente un ruolo molto importante in The Rings Of Power. Arondir (Ismael Cruz Còrdova) è stato catturato dagli Orchi e portato in un campo per scavare passaggi sotterranei in modo che gli Orchi possano viaggiare durante il giorno. Gli Harfoot si preparano per la loro migrazione stagionale, e lo Sconosciuto (Daniel Weyman) viene scoperto. Il loro viaggio inizia con il carro di Nori Markella Kavenagh (Elanor ‘Nori‘ Brandyfoot) in fondo alla fila.

Amazon NumenorLa storia si svolge (per lo più) come un romanzo. “Adar” non fa vedere le storyline legate ai Nani, a Elrond o a Bronwyn. Invece, per circa due terzi di questo episodio trascorriamo lunghi periodi in ciascuno dei tre luoghi principali, in sequenze che si svolgono a lungo, come i capitoli di un libro.
L’episodio diventa più simile alla tv nel suo terzo finale, con più tagli trasversali tra le trame, fino a creare alcuni grandi e drammatici cliffhanger. Il più grande accade a Númenor, dove Galadriel ha approfittato degli archivi dell’isola per scoprire che il sigillo di Sauron è in realtà una specie di mappa e che rivela le intenzioni del nuovo Signore Oscuro di stabilire un regno completamente malvagio. La ricerca di Galadriel rivela che anche il suo compagno delle Terre del Sud Halbrand è una sorta di re riluttante, in stile Aragorn. Alla fine dell’episodio, Halbrand confessa la sua riluttanza a unirsi alla causa di Galadriel: «È stata la mia famiglia a perdere la guerra», dice. «Ed è stata la mia a iniziarla», risponde l’elfa. Ma è pronta a iniziare un attacco contro Sauron a prescindere. Secondo Míriel, questo è il «momento che temevamo» tanto atteso e di fondamentale importanza. Númenor sta per affrontare alcune scelte di vita o di morte, tutto perché «L’elfo è arrivato».

Uno dei misteri introdotti nella premiere della serie in due parti è stato risolto quasi istantaneamente in questo episodio. Negli ultimi secondi dell’episodio, Arondir viene trascinato davanti a qualcuno di nome Adar. Mentre gli orchi scandiscono il suo nome e si inchinano in deferenza, un personaggio si sposta nell’inquadratura offuscata, coi capelli scuri, pallido, imberbe e con quelle che sembrano orecchie a punta. Potrebbe essere Sauron (Adar significa “padre” in elfico, ed è certamente una figura paterna per queste creature), ma sembra troppo presto per Rings of Power per rivelare il suo antagonista principale (e strano per lui essere in queste trincee). Se si segue il canone, nessun elfo ha mai combattuto sotto il vessillo di Morgoth o di Sauron, ma Sauron fece catturare molti Elfi prima e durante la Guerra d’Ira della Prima Era. Visto ciò che Galadriel ha scoperto sulla magia nera di Sauron nelle lande più settentrionali, sembra del tutto possibile che Sauron possa torturare o stregare degli Elfi facendoli diventare leader degli orchi.

Matthias Freund

 

Amazon e gli attori: no ai commenti razzisti

Cop Rings of PowerDalla messa in onda dei primi due episodi di questa serie, Il Signore degli Anelli: Gli anelli del Potere , su cui Amazon ha scommesso più di un miliardo di dollari per almeno cinque stagioni, i social network pullulano di proteste da parte degli utenti di internet parlano di una presunta “diversità forzata” nella scelta dei personaggi e di un tradimento dell’opera originale e di J.R.R. Tolkien, perché diversi ruoli vengono assegnati a persone di colore o ispaniche. È il caso della principessa nana Disa, interpretata da Sophia Nomvete o dell’elfo silvano, interpretato da Ismael Cruz Còrdova. Altri utenti di internet lo vedono invece come uno sviluppo gradito.