La notizia è confermata. Il 30 ottobre sarà in libreria il primo volume del Signore degli Anelli, nella nuova traduzione di Ottavio Fatica e con la consulenza dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani. A distanza di sei mesi uno dall’altro – cioè in primavera e autunno dell’anno prossimo – usciranno il secondo e il terzo volume.
La copertina scelta per questa nuova edizione ha destato non poche perplessità tra i fan, perché pare si tratti di una fotografia satellitare della superficie del pianeta Marte. Scelta bizzarra. Forse si è voluto suggerire un richiamo al paesaggio di Mordor… chissà. In effetti le descrizioni di Tolkien e soprattutto la resa cinematografica di Jackson richiamano un deserto roccioso. Oppure è perché quella superficie potrebbe sembrare vagamente anche corteccia o ferro arrugginito… Tant’è, a scuola qualcuno ci diceva sempre che non si giudica un
libro dalla copertina. Se poi pensiamo a quante copertine ha avuto Il Signore degli Anelli, è difficile trovarne una del tutto soddisfacente. Certi classici della narrativa sono “incopertinabili”, vale a dire che contengono troppa materia, troppe storie, troppi significati, per poterli sintetizzare in una sola immagine d’impatto, e forse il motivo della scelta di Bompiani potrebbe proprio essere quello di sganciare il libro da ogni associazione a un genere, sottolineando così la sua natura di “classico”.
Al di là del colpo d’occhio, comunque, ciò che sorprenderà sarà la nuova traduzione.
A questo proposito è facile prevedere due cose.
La prima è che, conoscendo l’ambiente del fandom, le polemiche sorgeranno sulla resa del nome del tal personaggio o del tal luogo; le resistenze saranno forti, dopo cinque decenni durante i quali ci si è affezionati a certi nomi e toponimi. È probabile che alcune scelte verranno rigettate, contestate, ecc. Se siamo cresciuti con un certo nome hobbit nelle orecchie, fa effetto vederlo reso diversamente in italiano (anche se magari avviene su una base etimologica svelata da Tolkien stesso nei suoi consigli ai traduttori, come nel caso della parola «buck», presente in molti nomi composti). Ci sta. Parte della sfida di una nuova traduzione era questa ed è stata accettata.
In questo senso la consulenza fornita dall’AIST è stata importante, ma sempre partendo dalle scelte del traduttore, al quale ovviamente è sempre spettata anche l’ultima parola. Se dovessimo quantificare i suggerimenti accolti nella versione finale di questo primo volume, potremmo parlare di un 80-85%. Significa che, al netto di alcune riserve più o meno rilevanti (di cui si potrà discutere diffusamente in seguito), l’accordo ha superato di gran lunga il disaccordo.
La seconda reazione prevedibile sarà una certa meraviglia nel rendersi conto che una traduzione letteraria più fedele allo stile originale restituisce alla pagina di Tolkien un’ariosità e una scorrevolezza finora sconosciute. Lo sforzo del nuovo traduttore è stato precisamente quello di rendere lo stile di Tolkien, basato su un registro medio che ogni tanto si innalza o si abbassa bruscamente, a seconda di quale personaggio stia parlando, o di cosa stia citando; oppure ancora si arricchisce di arcaismi, giocando sull’attrito che creano questi effetti.
Se a parlare è il semianalfabeta Hamfast Gamgee, il padre di Sam, il registro linguistico è basso e sgrammaticato, costellato di parole come drownded per drowned, o vittles per victuals, e fa ricorso a usi gergali, come quello del verbo to learn (registrato anche dall’Oxford English Dictionary come uso “vulgar”) nel significato di to teach: «Mr. Bilbo learned him his letters». Laddove la precedente traduzione rendeva tutto questo in italiano corretto, cioè con «annegato», «mangiare» e «Il padrone gli ha anche insegnato a leggere e scrivere», Fatica traduce con «affocato», «pappatoria», «Il signor Bilbo gli ha imparato a leggere e a scrivere», utilizzando storpiature lessicali e forme gergali in uso anche nella parlata italiana bassa.
Insomma, il romanzo recupera in italiano la sua diversità di registri linguistici. Incluso ovviamente quello aulico, delle poesie e canzoni presenti nel testo, che, quando necessario, sono state rese con uno stile arcaico, prediligendo una versificazione breve, non appesantita dalla trasposizione in italiano e incentrata sulla metrica e la sonorità (un esempio è la resa della celeberrima poesia di Bilbo su Aragorn «All that is gold does not glitter…»).
Poi ovviamente ci sono anche vere e proprie restituzioni di senso rispetto al passato. Per esempio quella degli Hobbit non è più l’Assemblea Nazionale, che faceva pensare al Terzo Stato di Danton e Robespierre, in un mondo in cui, per altro, il concetto di «nazione» non esiste; i pony non sono più “puledri”; i Warg non sono lupi “mannari”; il Farthing, frazione di un quarto di superficie, non è più “Decumano”, che in latino rimanda al numero dieci e a una linea retta; né compare l’incomprensibile “Gaffiere” o il moderno “Sovrintendente”; non si ricorre a traslitterazioni fonetiche (com’era Tuc per Took), ecc.
Ma al di là delle singole scelte lessicali, per quanto vistose, ciò che colpisce è ancora il generale e sottile affinamento della lingua di Tolkien in traduzione, che rende la lettura più fluida e scorrevole.
È auspicabile che alla fine di questo lungo lavoro, Fatica produca un saggio critico sullo stile di Tolkien, come in Italia nessuno ha mai fatto. Tanto più che adesso nessuno più di lui è titolato a farlo.
Infine, è il caso di ricordare che la nuova edizione fa a meno della datata introduzione di Elémire Zolla, nella quale venivano inusitatamente svelati trama e finale del romanzo, e lascia soltanto la prefazione di Tolkien alla seconda edizione, cioè le parole dell’autore stesso. Anche questo segna una bella discontinuità rispetto al passato. Auta i lómë, Aurë entuluva!
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Per festeggiare degnamente lo Hobbit Day, il compleanno di Bilbo (e Frodo) Baggins, oggi proponiamo ai lettori tolkieniani uno dei nostri resoconti: la settimana scorsa,
La fine di settembre è un periodo speciale per gli appassionati di J.R.R. Tolkien. Il 22 settembre si festeggia lo Hobbit Day, giornata che è anche parte della Tolkien Week. Lo Hobbit Day commemora il compleanno di Bilbo e Frodo Baggins, raccontato nel Signore degli Anelli: fu la American Tolkien Society, società successivamente chiusa e poi ricostituita, a proclamare per prima lo Hobbit Day e la Tolkien Week nel 1978, così definendoli: «La Tolkien Week si osserva nella settimana contenente il 22 settembre che è sempre festeggiato come lo Hobbit Day». A causa delle discrepanze tra il calendario della Contea degli Hobbit e il calendario gregoriano, c’è un certo dibattito su quando celebrare lo Hobbit Day, dal momento che l’attuale compleanno sarebbe tra il 12 settembre e il 14 secondo nostro calendario, come spiegato nelle Appendici del Signore degli Anelli (a questa differenza temporale abbiamo anche dedicato un approfondimento:
Dopo il 
tradotte in inglese le raccolte di saggi degli studiosi dell’AIST (quattro libri per la Walking Tree Publishers); dopo avere fondato un soggetto editoriale specializzato con già tre libri all’attivo (Eterea Edizioni); viene naturale dare continuità a questo percorso tramite una rivista.
di temi come Tolkien e la filosofia, o morte e immortalità, o della sintesi tra matrici pagane e cristiane nel Legendarium o ancora della comparazione tra Tolkien e i classici della letteratura – è perché l’approccio praticato dalle nostre parti è in effetti originale e disinibito. Con le dovute eccezioni, the italian way non si basa tanto sulla millimetrica mappatura della materia e sul perseguimento di una sempre maggiore specializzazione, quanto piuttosto su un doppio movimento. Da un lato un movimento centripeto, che suggerisce nuovi punti d’accesso all’opera di Tolkien, anche da angolazioni inattese; dall’altro un movimento centrifugo, che muove dal Legendarium tolkieniano verso nuovi territori, cercando di tracciare l’eredità di un autore che è a tutti gli effetti un classico del Novecento, ma ancora estremamente influente sulla produzione letteraria e artistica.
molto più ampio, ed è assolutamente aperta ai contributi esterni. Dalle fonti antiche e medievali che ispirarono la subcreazione tolkieniana alle influenze che questa ha avuto e continua ad avere sulla letteratura contemporanea e sull’immaginario collettivo, il campo di ricerca è pressoché sconfinato e può essere esplorato senza inibizioni, ma con il necessario rigore metodologico. Ecco perché la squadra di collaboratori italiani dei Quaderni di Arda, oltre alla filologia germanica e romanza, alla letteratura inglese, alla linguistica e alla traduzione, copre materie e campi d’interesse apparentemente disparati e annovera ad esempio un insigne latinista, o uno studioso di letteratura fantascientifica, o ancora un’antropologa del mondo antico o perfino un geografo. La sfida è proprio questa: riflettere sulla creazione di mondi fantastici, sul contributo dell’immaginazione fantastica alla letteratura, sul rapporto tra mondo primario e mondo secondario, usando la subcreazione tolkieniana come un prisma attraverso cui guardare a tutto questo.
Era il 1959 quando fu chiesto a Clive Staples Lewis se avesse, in qualche modo, influenzato le opere dell’amico J.R.R. Tolkien, o se gli incontri settimanali degli Inklings, il gruppo oxoniense da loro fondato, potessero aver sortito tale effetto. Lewis rispose che nessuno influenzava Tolkien in alcun modo, e che tanto valeva cercare di influenzare un Bandafferra – un Bandersnatch, in lingua originale, creatura mitologica sfuggente e aggressiva creata dalla mente di Lewis Carroll.
Dopo il Taormina Film Fest, un altro grande evento dedicato al cinema si prepara a portare in Italia il biopic Tolkien prima del suo arrivo ufficiale nelle sale cinematografiche: è con piacere che accogliamo l’annuncio della proiezione in anteprima del film biografico proprio su Tolkien nel contesto prestigioso e pluri-acclamato del
Cosa c’è di meglio, nella stagione del sole cocente, che chiudersi in casa a serrande abbassate e passare il pomeriggio a rivedere un film che, nel bene e nel male, ha un posto speciale nel nostro cuore? E se invece di un film, fosse una trilogia? Peter Jackson si ci ha regalando addirittura due trilogie: sei film che dividono il pubblico tolkieniano ancora oggi, con continui confronti con i libri d’ispirazione e diverse opinioni sulla qualità dell’adattamento.
È facile che affrontando Tolkien si finisca col parlare anche di Martin, considerandolo un esempio opposto, sotto vari aspetti, al Professore, ma comunque un autore che tratta il fantastico e che ha riscosso un successo incredibile, le cui opere, oltre ad essere oggetto di una trasposizione televisiva, cominciano ad interessare anche il mondo degli studi accademici: un intervento dedicato a Martin, oltre a due su Tolkien, è stato presentato durante il convegno
Martedì 2 luglio è stato presentato in anteprima il film tanto atteso sulla vita di Tolkien, uscito già da alcuni mesi in lingua originale e previsto per le sale cinematografiche italiane per settembre inoltrato. La Redazione di
Li abbiamo visti combattere contro draghi e orchi, li abbiamo visti marciare con noi dalla Contea fino alla Montagna Solitaria: ma la trilogia cinematografica de Lo Hobbit, diretta anch’essa da Peter Jackson, la cui terza ed ultima parte è uscita nelle sale nel 2014, quasi cinque anni fa. E ora dove sono finiti gli attori principali, che per la prima volta hanno dato un volto umano a personaggi come Bilbo, Thorin o Thranduil?
Ritornano i Saggi Hobbit!
Quest’anno la proclamazione dei
Mi è stato chiesto di scrivere le avventure e le impressioni di un tolkieniano nella sua prima volta a
Molta della mia voglia di venire a provare questo tipo di gioco derivava dalla proposta di giocare nelle Nere Lame, il gruppo tolkieniano proveniente dalla Terra di Mezzo e militante nel campo di Brandis, che rappresenta l’ideale guerriero.
Ed adesso, tra i muri di cemento della mia città, posso solo sorridere pensando ai ricordi dei giorni appena trascorsi e sperare di tornare presto ad urlare al cielo “Senza meta: nessuna speranza!” e “Nere lame: lenire il dolore del mondo!“; con la voglia di combattere ancora con gli eroi venuti dalla Terra di Mezzo per deporre la corona della vittoria ai piedi di Alexandra Brandis. E non potrei non ricordare anche lei quindi: la Guardiana del campo, che ci ha trattato onorevolmente e, quando serviva, anche con pazienza. Che non ci ha fatto sentire servitori ma alleati, per quanto subordinati.
Quando torni da un larp e ti senti un magone dentro appena appaiono i palazzi di Roma a segnare che l’esperienza è finita … quando in macchina al ritorno rivedi nella mente le scene più belle che hai vissuto mentre la radio manda una canzone triste … allora è segno che tutto è andato nel migliore dei modi.
Una delle caratteristiche che più distingue l’opera tolkieniana da quella di tanti altri scrittori è la profondità storica e mitologica del suo mondo, profondità che i lettori italiani possono apprezzare di più grazie al Silmarillion, la raccolta di leggende che pubblicò il figlio Christopher nel 1977, carissime al Professore e che tentò più volte di pubblicare, come dimostrano le sue lettere:
Si terrà i prossimi 1 e 2 giugno
Il weekend vedrà un programma ricco di incontri per tutti i gusti: sarà possibile visitare alcuni accampamenti storici e assistere – e partecipare – a esibizioni di scherma medievale, tiro con l’arco storico, cavalleria, falconeria e antichi mestieri. Non mancherà inoltre il Percorso Tematico nella Terra di Mezzo, in cui esperti tolkieniani guideranno compagnie di avventurieri attraverso i luoghi di Arda. I visitatori potranno anche rilassarsi passeggiando per il mercatino a tema, mentre i più piccoli potranno giocare nell’area loro dedicata (Casa Baggins). Per il terzo anno consecutivo, inoltre, sarà presente un’Area Games.
L’Associazione Italiana Studi Tolkieniani è da anni impegnata in progetti destinati a portare Tolkien nelle scuole, come i due attualmente in corso
Nel mare magnum del fandom tolkieniano (vi abbiamo parlato
interpretazioni della Terra di Mezzo come un calderone multiculturale di popoli.
La
Oggi Tolkien varca la soglia di un’altra scuola, entrando a far parte del programma di un liceo ferrarese dopo il successo crescente delle iniziative scolastiche tolkieniane degli ultimi anni, che ha visto l’AIST in prima linea grazie all’impegno costante di Elisabetta Marchi. Pedagogista, scrittrice e saggista, Elisabetta vive e lavora a Ferrara dove si occupa di formazione e progettazione nel sociale. Responsabile delle attività didattiche per l’AIST, cura la promozione della lettura di Tolkien nelle scuole e oggi ci presenta il suo ultimo progetto, che muove i primi passi in questo stesso giorno.
Non accenna ad arrestarsi il successo di J.R.R. Tolkien in Francia. Negli ultimi anni i tolkieniani d’oltralpe hanno avuto la fortuna di assistere a un fiorire di pubblicazioni e iniziative pregevoli, dedicate al creatore della Terra di Mezzo. I francesi si sono sempre dimostrati un pubblico attento e appassionato all’opera del Professore, con convegni, studi critici e nuove edizioni.
suo catalogo equivale a un riconoscimento di alto valore letterario, di cui non si può che gioire. La storia editoriale della Pléiade racconta del suo crescente successo: ideata nel 1931, essa diventa tra il 1950 e il 1960 la collana di riferimento per le pubblicazioni letterarie. Negli anni i francesi hanno imparato a riconoscere le sue pubblicazioni come testi di indubbio valore, soprattutto grazie alla minuziosa curatela estetica e testuale dei suoi volumi. I libri della Pléiade sono pensati non solo per soddisfare il piacere della lettura, ma anche per rispondere alle esigenze dello studioso.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un articolo sulla vera parentela che intercorre tra Bilbo Baggins e suo nipote Frodo Baggins, da lui anche adottato. L’articolo di Alessandro Mazza è stato il tema di discussione sul gruppo FB dell’Associazione e ha portato a fare chiarezza non solo circa la corretta traduzione da fare per la parentela tra i due Hobbit, ma anche a far capire a moltissimi lettori come questo argomento sia trattato diversamente in italiano e in inglese. Il fatto è che gli inglesi sono veramente come gli Hobbit: sono loro, infatti, ad avere un interesse quasi patologico per la genealogia, e quindi hanno sviluppato una terminologia che permette di descrivere molto precisamente rapporti di parentela o affinità con persone a cui in Italia non manderemmo nemmeno una partecipazione di matrimonio! Questo articolo, tutto sommato, può quindi essere considerato un piccolo puntiglio dell’autore. Ma concordiamo con lui che, visto che a molti Hobbit queste cose piacciano, ci sembra giusto essere il più precisi possibile. Buona lettura!
Abbiamo già avuto modo di
Aubusson tisse Tolkien è il nome del progetto che vede coinvolti la
tutti i tempi. I saggi proposti, spaziando tra confronti con la classicità, la modernità e la contemporaneità, hanno dimostrato quanto gli scritti del Professore di Oxford siano in grado di entrare in dialogo con le più importanti opere letterarie e filosofiche della storia umana.