Gli anelli del Potere: note su ”L’Occhio”

ATTENZIONE SPOILER

Non c’è molto da dire su questa settima puntata della serie Gli Anelli del Potere. Si tratta di un episodio di raccordo, che di fatto si svolge tutto durante il fall out dell’Orodruin, e durante il quale non accade praticamente niente di significativo. Non è un grande spoiler dire che assistiamo alla nascita di Mordor, gli spettatori l’avevano senz’altro intuito già alla fine della puntata precedente. Le trovate interessanti di questa prima stagione riguardano quasi esclusivamente gli Orchi e gli Hobbit, e la nascita di Mordor per eruzione vulcanica è una di queste. Infatti le ceneri che oscurano il sole consentiranno agli Orchi di muoversi e agire anche di giorno con disinvoltura, senza bisogno di ingombranti tabarre e tendaggi protettivi.

Galadriel & TheoPer il resto sembrerebbe di assistere alla messa in discussione del fanatismo di Galadriel, la quale si sente responsabile della catastrofe in cui si è risolta la spedizione numenoreana nella Terra di Mezzo, che è pure costata la vista alla regina. Se non fosse che la regina stessa la scavalca, uscendosene con una dichiarazione d’intenti che suona come un lugubre: “Ritorneremo!”.
Insomma 1-0 per Adar il Padre degli Orchi e la sua razza dannata in cerca di una terra («This is our land now. It is our home»), che al momento risulta il personaggio più simpatico. I Numenoreani se ne tornano oltremare scornati, mentre Galadriel e Helbrand galoppano verso il Lindon, a ricevere la probabile “lavata di capa” da re Gil-Galad.

Serie tv 004Nel frattempo gli autori trovano il modo di infilare tre immancabili citazioni tolkieniane. La scena che vede Galadriel e il giovane Theo nascosti sotto un tronco, con un orco sopra di loro che annusa l’aria, richiama immediatamente quella più celebre del Signore degli Anelli, in cui gli hobbit vengono fiutati dal Cavaliere nero.
Poco prima, nel dialogo tra i due personaggi, Galadriel è riuscita a citare la scena del colpo di fulmine tra Beren e Luthien («We met in a glade of flowers. I was dancing and he saw me there») riferendosi all’incontro col marito Celeborn – che qui viene dato per «lost», probabilmente in vista di una rentrée successiva -; e cita anche quasi testualmente la visione provvidenziale della storia che Gandalf fornisce nel medesimo romanzo: «There are powers beyond darkness at work in this world».
Ganci buoni per il gioco degli appassionati, divertissement postmoderni degli autori, che ovviamente non possono rivitalizzare una puntata dall’andamento piatto e quasi priva di colpi di scena. Nemmeno l’apparente morte di Isildur può far drizzare qualche capello, perché anche a essere completamente digiuni di materia tolkieniana, il cliché è talmente urlato che nessuno spettatore può bersela, e il dolore del padre Elendil sfuma nello stucchevole.
NoriUn tentativo di svegliare il pubblico viene fatto nelle altre due sottotrame. Lì va appena un poco meglio. Gli Harfoot/Pelopiedi si trovano finalmente alle prese con una “storta” nelle loro solide abitudini e sono costretti ad abbandonare la via già tracciata. Ci sono volute sette puntate perché questo tema, di cui fin dall’inizio si fa carico il personaggio di Nori, trovasse uno sbocco narrativo. Alla buon’ora.
E ovviamente il mistero sull’identità dell’uomo caduto sulla Terra di Mezzo si infittisce, con l’aggiunta delle tre inquietanti inseguitrici (una delle quali sembra la versione albina di Anne Lennox da giovane). La dinamica però è farraginosa: prima gli Hobbit spediscono via l’uomo delle stelle, poi, quando scoprono che è inseguito da tre vestali incendiarie, decidono di andare ad avvertirlo, perché in fondo ha fatto loro del bene. Decidetevi.
Durin IIIE poi c’è la sottotrama del mithril, quella che vede al centro Elrond e Durin Jr.
Che dire? In sette puntate non è successo ancora niente. Si sono evocati tramacci incrociati, tradimenti, si sono visti siparietti comici e drammatici, nonché abbozzi spionistici, ma i fatti stanno a zero. Cosa si salva, quindi? Più che il rapporto d’amicizia tra Elrond e Durin quello conflittuale tra Senior e Junior. Vero è che non è niente di originale: un conflitto generazionale tra maschio alfa e maschio beta. Però introduce per lo meno un elemento discorde nel tema dinastico, quello che connota fortemente i Nani tolkieniani, schiacciati dal peso dell’albero genealogico che portano sulle spalle. Almeno Durin è in rotta col padre perché non vuole abbandonare l’amico Elrond al suo destino di decadenza e spegnimento progressivo. Il vecchio invece se ne sbatte degli Elfi, dice che il loro destino è segnato e non dipende da lui salvarli. Niente di nuovo sotto il sole, ma almeno c’è un conflitto in famiglia degno di ogni serial, ancorché corredato di nasoni finti e barbe lunghe fino ai piedi.
Ciliegina sulla torta: nelle viscere di Khazad-Dûm si cela un balrog. Non è una sorpresa per i fan tolkieniani, ma… perché proprio identico a quello di Jackson? Davvero non era rimasto un avanzo di fantasia per pensarlo almeno un po’ diverso?
LennoxManca soltanto un episodio alla fine di questa prima stagione e viene da fare almeno una considerazione. Gli autori avrebbero dovuto mostrare più coraggio, lasciare perdere tanto il gioco citazionista, quanto la continuità estetica con ciò che era già stato portato sullo schermo.
Per mettere in scena la Seconda Era ci voleva un visionario; uno che tradisse i cliché invece di collezionarli con metodo in ossequio allo sguardo postmoderno, per lavorare invece meglio sugli archetipi (che non sono proprio la stessa cosa). Ma anche uno che rappresentasse Celebrimbor come un fabbro ferraio coperto di bruciature e sporcizia; Galadriel come un’avventuriera in cerca della propria fortuna e con un passato ambiguo da farsi perdonare; i Nani come dei metallari divisi tra avidità e onore; e i Numenoreani come Conquistadores in cerca di territori da colonizzare.
Sarebbero state scelte tanto più forti rispetto a una mezza via, in cui si è reinventata la storia banalizzandola, senza discostarsi più di tanto dall’immaginario jacksoniano. La materia su cui lavorare c’era, c’è ancora forse. Resta da sperare – senza garanzie – in qualche buon cliff hanger nell’ultimo episodio e nella capacità degli strapagati scriptwriters amazonici di fare finalmente decollare questa storia nella seconda stagione.

 

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3 Comments to “Gli anelli del Potere: note su ”L’Occhio””

  1. Giovanni ha detto:

    Perché continuate a rosicare? È un’interpretazione cinematografica e basta. Perché volete rompere in ogni modo le scatole!

  2. un po’ di appunti sulla serie, alla luce del settimo episodio.

    se ripasso i momenti della stagione sembrano scampoli di leggenda appena narrati, come sfiorati dalla distanza.
    rivedendoli, mi accorgo che in un loro peculiare modo funzionano. non nella trama ma nel luccichio delle pupille, non nella costruzione dei fatti ma nei luoghi e nei costumi dei fatti.
    la serie coglie un aspetto di tolkien: la creazione di luoghi e mondi. in questo caso lo fa con le immagini, dà immagini alle parole dei libri.
    la trama è tolta, questo è un meraviglioso libro illustrato.
    la successione dei titoli di testa dichiara le priorità del prodotto: vengono nominati scenografi, costumisti, designer del mondo virtuale, responsabili effetti visivi e il compositore (come un collante tra le immagini). non mi era mai capitato di osservare una sequenza del genere.

    macbeth, adamo ed eva, michelangelo, la mela di biancaneve, la prima guerra mondiale, i bombardamenti della seconda, la pandemia (“andrà tutto bene”), la veggente cieca eccetera eccetera. la serie cita e frulla tutto (aspetto che non fa impazzire nessuno, a parte tarantino): mi chiedo se non sia un indizio di onnipotenza, oltre ad essere la prova che le idee siano finite qua fuori.
    ciò che non mi piace in assoluto è il naturalismo della violenza, l’indugiare sulle ferite eccetera. ma a che serve?

    galadriel mi sembra comunque efficace: le sue frasi potrebbero avere mille anni; il suo contegno è una cosmica rabbia che cova sotto la cenere, come se sentisse l’intera esistenza del male sulla sua pelle. credo sia questa la chiave del personaggio reso dalla morfydd clark. che peraltro buca lo schermo, attira i pixel, quando compare non serve più alcuna trama.

    infine due questioni.

    i poveri orchi alla ricerca della terra mi sembra una sonora patacca. non credo ci sia posto ammissibile per una terra d’orrore, di chi brucia, deturpa, strappa la vita (che siano orchi di prima o di adesso). al massimo un posto provvisorio. e infatti così sarà.

    il balrog deve essere uguale a quello venturo, e lo stesso mondo, come in star wars. qui non siamo dalle parti di un’opera artistica dettata dall’ispirazione ma di una sostanza omogenea.

  3. Valen ha detto:

    Mi spiace ma io personalmente sono di parere diametralmente opposto al tuo, Stefano.
    Mi pare evidente che molte giudizi rimangono nell’ambito del soggettivo, troppo soggettivo.
    Ho provato a farmi piacere questa serie, ma non ci sono proprio riuscito. E in questo settimo episodio ho trovato di nuovo tutte le cose che mi hanno deluso dall’inizio.
    Io non vedo scampoli di leggenda, ma cliché che non funzionano.
    Una storia si basa sulla trama, le immagini da sole non bastono. Se no fai un affresco, non una serie tv.
    Non mi interessa nulla della successione dei titoli, bensì quello che avviene prima.
    E per me è evidente che le criticità di questo prodotto televisivo stanno nella sceneggiatura, e in diversi casi nel casting.
    Galadriel è per me tutto fuorché efficace. Bocciata in pieno. Personaggio incoerente, fastidioso e interpretato da un’attrice che non buca per niente lo schermo.
    Oltre a ciò, tralasciando le questioni circa la fedeltà o meno al testo tolkieniano (ormai passate in secondo o terzo piano rispetto al resto), innumerevoli incoerenze e buchi di trama, personaggi senza profondità psicologica, attori dalle discutibili capacità recitative, peraltro non aiutati da dialoghi piatti (gli unici dialoghi che accendono qualche scintilla sono quelli mutuati dalla trilogia).
    E poi plot armor, incoerenze logiche a gogo, stereotipi noiosi, cose che non si possono trascurare se si vuol promuovere una serie in generale, e maggior ragione una pretenziosa come questa.
    Giacché una serie che si chiama “Il signore degli anelli” e che è la più costosa mai prodotta non può permettersi di tirar fuori robaccia simile. Anche se ha una fotografia maestosa e una cura straordinaria nella resa delle ambientazioni e dei costumi. L’estetica non basta.
    Preferisco di gran lunga una maggior cura nella trama e nei personaggi anche se con un’estetica minore piuttosto che il contrario.

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